[Evento] Ananke: Place de Grève

Evento di Capodanno - Aperto fino al 18.01.2023

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    STAND: LA FATTORIA DI FAWLEY
    Con Rory e Matìas. Il numero 9 fa vincere un pulcino.
    E loro hanno avuto la fortuna o la sfortuna di centrare la stessa boccia.,
    Che BFFOREVER


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    Comunque stare in compagnia di Froy ti rilassa. Capisci, dopo un’attentissima analisi cos’è che deve piacere tanto a Nadeja. Una delle cose, sicuramente - ma lo credi perché forse è saltato all’occhio solo a te - è il modo che ha di parlare. Ovviamente tu la sua voce non la senti, ma credi di essere bravo abbastanza da capire i torni in base all’espressione del volto, al modo in cui si muovono le labbra. Pensi che una buona aggiunta possa essere osservare la muscolatura della gola. Pensi che un collo grande e muscolo permetta la fuoriuscita di un suono più greve, ma ecco, questa è solo una supposizione tua.
    Però di Froy credi proprio questo: Che sappia parlarti così come sa scoppiettare il fuoco nel camino. Quando fuori fa freddo soprattutto perché si vive nel deserto e le luci nel ranch si fanno decisamente più soffuse. Tanto che è proprio quel camino ad illuminare tutto. A mettere a fuoco i dettagli più essenziali. Credi che Froy sia quanto più vicino al fuoco di quanto effettivamente riesca ad esserci Grace o anche Oswald. La sua è una fiamma bollente, ma che sa avvertirti del proprio calore. Non se ne vanta, te ne offre solo un po’.
    Froy sembra una buona persona e questo ti gonfia gli zigomi. Ti arrossa piano il volto, quasi come se al caldo potesse tenertici lui.
    Per questo credi che sarà un buon papà per Clio. Perché sì, spesso sbagli le tue prime impressioni, Thomas ha cercato di spiegartelo più volte, ma ora non fai a meno di convincerti che lui sia proprio l’uomo più giusto che tu conosca. Più giusto per loro due.
    Ma la tua attenzione viene immediatamente rapita da una figura familiare.
    Scorgi infatti Matìas con la coda dell’occhio e la smetti di parlare con Froy, di insegnargli quei pochissimi segni che conosci anche tu.
    Lo fa in un movimento, lento. In un voltar del capo che anticipa un sorriso. Hai un sorriso caldo per lui, così come Froy ne ha avuti con te. Perché credi che alle persone buone bisogna sorridere. Che faccia bene, in un certo verso. Come quel Mojito davanti al fuoco.
    \Ciao!\
    Lo dici con entusiasmo, certo, ma scuotendo semplicemente una mano in loro direzione. Che saluti prima Matìas, poi la sua amica.
    E su quest’ultima ti soffermi un po’, mentre per istinto ti spingi verso di lui per lasciargli tra le mani una manciata di palline.
    Non dovresti distrarti così, ma Froy non sa come questo potrebbe essere un problema. Che per forza di cose ti volti verso la fonte più ‘’rumorosa’’, anche se nel tuo caso si intende verso ciò che cattura - per un concetto di ‘’nuovo’’ - la tua attenzione.
    Tanto che le palline le passi subito anche a lei, ma nel lasciargliele tra le mani poi ti scosti, rendendoti conto solo troppo tardi di non aver premiato Matìas.
    ‘’Non ho gli occhi così grandi.’’
    Glielo hai letto dal labiale.
    E questa volta glielo dici a voce. Lo fai colpendo Froy con il gomito come per richiamarlo a te e fargli notare che, la tua disattenzione, ha portato il caso a fargli far centro nella medesima boccia. Una pallina sopra l’altra.
    ‘’Oh…magari questa è una fortuna di cui non parleremo a nessuno.’’
    Vedi? Se Froy fosse una cattiva persona non ti avrebbe mai fatto l’occhiolino, non ti avrebbe mai sorriso.
    Ed è lui a tirar fuori, un po’ come un mago col suo cilindro, due piccoli pulcini pigolanti.
    ‘’Carino vero?’’
    Azzarda in direzione di Matìas.
    ‘’Una pulce col suo pulcino.’’
    Come se si fosse messo d’accordo con Grace.
    E parla mentre tu rimbalzi da lui ai tuoi clienti e poi torni a sorridere a Matìas, indicandogli il pulcino come a chiedergli se gli piace.
    ‘’Come lo chiami?’’
     
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    Rory, Dave/Froy e.. il cuore in panne

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    «Ti interessa il tipo con gli occhi grandi?»

    Palese, mh? Se ci è riuscita Rory a capirlo, vuole dire che è veramente un bene che Adam non sia ancora tornato, e che la fila per lo zucchero filato sia bella lunga. Magari perché si mescolano tanti colori, magari perché boh si sarà distratto. Qualunque cosa ti va bene, perché quando ritrovi Dave il cuore li perde davvero alcuni battiti, e pure i tuoi occhi sembrano grandi adesso. In fondo, non è che tu sia riuscito a togliertelo dalla testa, ed a rapirti sono proprio stati i suoi occhi, di una profondità un po' dolorosa ma mai del tutto ingenua. Che qui, l'ingenuo sei tu.
    "Shhhh" le sussurri ridendo, quasi piegandoti su te stesso, nascondendo il muso nella spalla di Rory per qualche istante. Lo fai come se non ricordassi che Dave non può sentirti, come se in ogni rischiasse di essere troppo evidente.
    "Ah, così sicura eh? Vai con il... 9, mi piace il come numero." Che poi è lo stesso che centri tu, anche se in quei secondi sei così poco concentrato che quando Dave parla a te scorre un brivido lungo la schiena.
    Ti si ferma il tempo davanti. Scuoti piano la testa.. "No, no ma.. sono belli" ti esce che è un sussurro, tanto non serve alzare la voce, ti sente guardandoti... e si, così non rischi che Adam ti becchi davvero adesso a fare lo stupido svenevole con il ragazzo dello stand.
    Che poi tu lo conosca già e non gli abbia mai parlato di lui, beh è un'altra storia.
    Si come il fatto che dovrai nascondere un pulcino in dormitorio, cosa che non sarà facilissima ma non sai come hai la straordinaria sensazione che andrà tutto bene. "Cavolo Rory, sei un cecchino!"
    Le sorridi, soprattutto adesso che riesci a vedere come le coincidenze siano tanto brave a giocare con voi due.
    Ed a Froy.. beh, da quando bazzichi per di qua, a lui riservi sorridi che sono un po' più grati, più sicuri. Come se volessi ringraziarlo per quello che fa per Grace, non che tu ti senta un fratello maggiore, proprio no, ma.. ma lo ringrazi perché almeno Grace non può sentirsi solo anche con un destino così ignobile e stronzo. "Oh si, un pulcino dev'essere degno del suo nome.." ci ragioni un po', guardi la tua amica, poi i ragazzi, poi questo sgorbiettino giallo che ti si accoccola tra le mani, al calduccio. E ridi, stupido.
    Ridi quando decidi come chiamarlo, in base ad uno sciocco cartone animato. "D'Artagnan" per gli amici, "Arty". Lo affermi, senza staccare gli occhi da Dave.
     
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    Con Rory e Matias alla Fattoria






    17y.o. senior year. glen cove high school. squib. ny state accent. football player.




    Dobbiamo trovare un altro stand bollini in fretta, altrimenti rischio di essere io quello che farà la sfilata. La situazione inizia a essere molto più imbarazzante di quello che avevo preventivato. Il fatto che ci siano amici di famiglia soprattutto, quello porta un grande ripensamento, non voglio che Edie e Morgan sappiano quello che faccio quando esco e so che loro non lo verranno mai a sapere.
    Mi giro richiamato dalla sua voce, le parole scorrono veloci come se la presenza di suo fratello fosse una cosa complicata che dev’essere gestita in fretta, lontano da chiunque e lontano da me. «Vai vai, ci si ribecca dopo. Se non mi trovi chiamami» minimo il gesto della chiamata con la mano guardandolo andare via. Mi chiedo che rapporto abbia con lui, immagino conflittuale, come tutti i fratelli. Almeno questo mi è parso di intuire guardandomi in giro, io fratelli non ne ho e quelli acquisiti sono troppo piccoli per averci un rapporto da pari. Poi ci sono quelli sani e funzionali, ma ormai ho capito che di sano e funzionale nel mondo dei Cacciatori c’è ben poco.
    Resto solo con l’ultimo sorso di vodka lemon. Cerco un cestino senza vederlo, dovrò girare con questa roba in mano fino a che non ne troverò uno. Pazienza. Guardo tra la gente per ritrovare Rory, magari le lascio la bottiglia momentaneamente, non sarebbe carino presentarsi dalle Bishop e i Leroy con bottiglia di alcool vuota. Poco presentabile.
    La raggiungo, sta con un tipo che non conosco, non è di scuola. Il passo un po’ traballante ma mi reggo in piedi senza bisogno d’aiuto, l’importante è non creare problemi agli altri e poi si può bere quanto si vuole. Mi fermo vicino «E così sei tipa da circo» dico a Rory con un sorriso, poi all’altro faccio un cenno e il sorriso diventa più d’educazione che altro. «Oliver» mi presento solo con il nome e nessun gesto. Sollevo la mano con la bottiglia vuota facendo per agitarne il contenuto ormai finito «Vi offrirei dell’alcool ma l’ho appena finito.» Scrollo le spalle.
    Mi accorgo dopo che hanno dei pulcini in mano. Ha senso, lo stand si chiama Fattoria qualcosa. «Ci provo anche io» e se vinco lo regalo alla rossa. Raccatto una pallina e prego che la mia mira sia migliore di quella sperimentata all’ultimo stand.

    Oliver Çevik
    Crain.



    Fattoria: 20
    • 1d20
      20
    • Inviato il
      7/1/2023, 18:16
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    STAND: LA FATTORIA DI FAWLEY
    Con Oliver. Il numero 20 fa vincere una puffola pigmea.


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    - - -
    Fortuna che all'altro ragazzo ci pensa Froy. Che per una questione di abitudini e modi diversi di fare è molto più veloce di te, Dave, che per colpa del commento dell'amica di Matìas ora sei un po' ''fermo'' nella tua stessa psiche. Tanto che guardi il pulcino che il tuo amico stringe in mano ma con la testa sei altrove, su un pianeta che con questo non sembra nemmeno voler collidere. Non lo farà nemmeno per puro caso o meri allineamenti ancestrali. C'è la pace. O almeno, così sembra esserci fuori da te.
    ''Dai, se chiudi un occhio dovresti prendere bene la mira.''
    Froy si rivolge ad Oliver ma lanciando un'occhiata a Matìas. Una di quelle che profuma un po' di raccomandazione da parte di un genitore, anche se è conscio di non potergli dire nulla, non quando comunque Pulce ha già superato l'età per bere. Sono gli altri due a sembrare un po' troppo piccoli.
    Ma d'altronde Froy non è mai stato uno che rispetta certe regole, non quando comunque la compagnia circense ha viaggiato anche fuori dall'America e lì, beh, nessuno si preoccupava se terminavano gli spettacoli al limite del coma etilico. Persino Papà non se n'è mai preoccupato davvero.
    ''Oh, vedi!? Non avrete un trio di pulcini scalmanati, ma posso assicurarti che questa urla anche peggio.''
    E glielo comunica sfilando la pallina dalla boccia per tirarne su il foglietto che galleggia sul fondo. Dovrebbe leggere ciò che c'è scritto dentro, ma qui dietro voi avete un foglio con su scritto a quale boccia corrisponde tot animale. Ve lo siete imparati entrambi a memoria.
    E gliela fa apparire tra le mani la piccola puffola dalla criniera violacea. Più scura, sì, rispetto a quella che è stata vinta dall'altro bambino poco tempo fa.
     
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    Con Matìas, Oliver , Froy alla fattoria (propone di andare a giocare a Tagliatele la testa

    Era una cosa evidente, ma la conferma, i modi, sono invece qualcosa di diverso e meno scontato. Sono quei segnali che fanno capire quando c'è una possibilità di amicizia, non importa quanto durerà poi, sono le cose che non bisogna chiedersi ma solo pensare che sarà sempre poco. Mi mette subito a mio agio in un clima che conosco. Così rido, anche se con un istante di freezing quando si nasconde sulla mia spalla, la tocca, e a queste cose non sono più abituata, mi bruciano dentro. Torno a guardare il ragazzo dello stand che parla e si scambia sguardi con l'altro, più a suo agio nell'essere estremamente socievole.
    Mi fa sentire in colpa per un momento il fatto che mi abbia evidentemente sentito, anche se ho abbassato la voce. Non volevo mettere in imbarazzo Matìas, ma è una tempesta che non scoppia mai. Sono più io a pensare di aver sbagliato, ma la situazione è di per sé distesa. Me l'aveva detto David che loro sono così. Aperti, tranquilli.
    «9 sia» scivolo subito di nuovo nel gioco, prendo le palline guardando bene la ciotola numero nove. Come dice papà per sparare, la posizione è più importante dello sguardo. La direzione, lo è. Lancio e centro la stessa boccia di Matìas, e alzo i pugni con un certo entusiasmo e orgoglio. «Non sai quanto» e soffio sui pugni come fossero pistole fumanti. Davvero non sa quanto. Non sono un cecchino, ma rispetto a chi non è abituato a impugnare una pistola è facile considerarmi come tale. Io ho imparato a sparare all'età di nove anni. Me l'hanno insegnato come non hanno fatto quando dovevo capire come funzionano gli assorbenti e tutte le alternative che ci sono.
    Lo sottolineo anche al secondo ragazzo dello stand, quello con la giacca da membro della banda, con le nappe oro su tessuto nero. Glielo sottolineo con uno sguardo di intima sfida, divertito sì, ma vuole dire come non sia stato un caso. Ed è così che le persone pensano che un caso lo sia per davvero. Più difficile pensare che invece abbia alle spalle una certa pratica in alcune cose.
    Avrei dovuto capire quali premi si potessero vincere a questo stand, invece quando arriva è un attimo che mi emoziono alla vista di un pulcino, un attimo in cui penso che è ingiusto che lo abbia io. Non posso tenerlo. Dovrei nasconderlo a mio padre, e non posso insegnargli come non pigolare. Al massimo silenziare la mia stanza, quello ho imparato a farlo con la magia anche sulla camera, pure se lui me l'ha insegnato solo per nascondermi in caso ci sia una sparatoria a scuola.
    Ogni buon proposito va a farsi benedire quando prendo il pulcino fra le mani. Penso abbia freddo, lo avvicino al corpo che lo sento ancora un po' tremare. Forse è spaventato, troppi rumori, persone, estranei. Avrà bisogno di molte cure, è quello che dicevano in un servizio in cui parlavano dello scandalo dei pulcini che venivano regalati una volta ai bambini, e che morivano subito perché era troppo difficile tenerli e accudirli.
    «Bisogna scegliere un nome, tu come ti chiami?» mi rivolgo all'altro ragazzo, così da lasciare un po' di campo libero a Matìas per parlare. Se devo scegliere un nome, ha senso farlo usando la stessa iniziale di chi mi ha dato il pulcino, anche se così è evidente che mi si radicherà in testa, perché è una tecnica di memoria piuttosto efficace.
    Poi sento lo spostamento d'aria, e l'odore, e guardo Oliver che sento di avere uno sguardo per un momento affilato. «Non da circo in generale» bisogna vedere come tengono gli animali, se ce ne sono, cose di questo tipo «per ora questo ha la mia approvazione» guardo in automatico i ragazzi dello stand che non so se sono del circo o hanno sollo affittato uno stand. Una smorfia anche per Olly, che nel frattempo è passato alla generosa offerta di alcol. Molto da giocatore di football.
    Guardo la bottiglietta che ha in mano. Molto da giocatore di football.
    «Conta il pensiero» esce più infastidito di quel che pensassi. Non lo so perché mi senta così, come seccata. Non ha senso.
    Mi scatta la mano sul suo braccio in un moto completamente opposto. «Torniamo a casa insieme, dopo?» completamente opposto.
    E anche quella la tolgo, allontano un contatto che brucia, persino di più.
    Poi faccio spazio, gioca anche lui. Guardo Matìas, allungo una mano come a grattarmi il naso, così stavolta è più improbabile farmi sentire, di un passo più indietro rispetto lo stand e con la bocca coperta. «Allora?» indago su come sia andata, mentre Oliver tira la palla in una boccia all'estrema destra del gioco. Anche lui non ci scherza, nonostante barcolli un po'. Il tipo dagli occhi grandi dovrebbe essere impegnato con lui, quindi è più facile per Matìas darmi aggiornamenti adesso.
    Poi guardo l'animaletto che allungano verso Oliver. Ci metto un po' a capire cosa sia. Non ne ho mai vista una, la mia non è stata un'istruzione magica. Però un amico di mio padre, uno di quelli che lo aiuta più degli altri vista la posizione che occupa, è un agente dell'ufficio per il controllo dello Statuto di Segretezza dell'NMSF, uno che in trent'anni di carriera ancora sta a requisire roba magica venduta ai no mag sul mercato nero. Una volta raccontava che inaspettatamente il più del suo lavoro era evitare che vendessero puffole in piccoli centri urbani perché spopolavano fra le ragazzine e la vendita finiva in niente con guadagni discreti, da lì ho cercato di capire cosa fosse una puffola pigmea. E quella coincide in modo piuttosto impressionante con la sua descrizione.
    Guardo Oliver. Un momento di ansia e aria tesa. Lo guardo più degli altri, anche se cerco di non lasciarmi sfuggire neanche un'eventuale reazione di Matìas. I ragazzi dello stand, uno o entrambi, sono maghi, è ovvio. Violazione dell'articolo VIII dello statuto. Dovrei segnalarlo. Articolo XIII dello Statuto, per non essere complice della cosa.
    Però dovrei spiegare perché sono qui e un sacco di cose che mi metterebbero nei guai con mio padre in primis. Per ora conta di più capire la reazione di Oliver.
    «Anche gli altri stand hanno dei giochi? Vorrei farli tutti, andiamo, dai» mi alterno per dirlo a Matìas quanto a Oliver, preferisco allontanarmi da questo piccolo problema, e dimenticarmene. Anche se il fatto che Oliver abbia in mano una puffola riesco a dimenticarmelo con molta difficoltà.
    Giro il corpo per sporgermi appena verso di lui, cercando di avere una conversazione privata, che non sentano tutti. Cercando di non dare nell'occhio, ma c'è qualcosa che preme di più.
    «Sicuro che ai tuoi genitori stia bene un animale in casa? Forse dovresti lasciarlo qui, per i bambini che verranno» provo a indicare verso i giochi dei bambini, dove ce ne sono parecchi. Non so quanto possa apparire a disagio, ma se dovesse tenerla è probabile che qualcuno prima o poi vada da lui. Ci sono tante persone qui, altre che potrebbero segnalare che un no mag ha una creatura magica. O che ne davano in premio. Non voglio che un agente dell'NMSF arrivi a casa Çevik, requisisca la puffola, e cancelli loro la memoria. «Sembra il tipo di animale che ha bisogno di cure costanti, hai troppi impegni per stargli dietro» cerco di liquidarlo così, guardando con distacco la creatura e sperando vivamente che la lasci andare.
    Solo che sento la pressione diversa a non dar troppo spazio a questa cosa. Potrebbe chiedersi il perché della mia insistenza. Potrebbero chiederselo tutti. Riproverò dopo, nel caso, sperando che restiamo insieme. Ora torno a tentare di allontanarci da qui, con il busto rivolto a Matìas, così che possiamo muoverci tutti e tre. «Perché non proviamo quello, laggiù?» indico uno stand che emerge a tratti dalla folla, neanche dal lato opposto della strada ma oltre, sul sentiero superiore. Troneggia il titolo "Tagliatele la testa!" e sembra interessante.
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    "Ci vediamo dopo?" lo mimi in silenzio, sempre, con quella stilla di coraggio che non sai come riesci a prendere. Quasi fosse una lucciola che passando di là ti ha regalato un briciolo di sicurezza in più. Infatti non è che tu gliel'abbia posta come una vera e propria domanda, è sembrato.. un appuntamento?
    E si, ora possiamo anche dire che sei un po' nella merda, con Adam soprattutto. Motivo per cui si, ecco, la cogli al volo la possibilità di seminare ancora di più il tuo ragazzo.
    "Ehi.. Matìas" si magari distraiti, con l'amico di Rory che vi offrirebbe da bere se non avesse finito già tutto. Ci metti un secondo a fare due più due. Che lei - lo sai - è piccolina anche se non sembra il tipo a cui lo diresti ad alta voce, e lui è un suo compagno di classe, giusto?
    Però si, non sei la polizia degli alcolici, solo uno che non regge neanche mezzo mojito senza sentirsi leggero. "Meglio dai, io non sono capace di reggere niente" anche se ti esce come una risata, una un po' più dolce del dovuto, quando lanci un'altra occhiata a Rory.
    La creaturina che si è vinto il suo amico è, beh, forse più problematica di un pulcino, ma carina anche se in dormitorio riusciresti a nasconderla ancora peggio.
    "Alloraaa..." sussurri, ora che Dave è distratto, e Froy si fissa su Oliver. "Mi sa che devo lasciare il mio ragazzo.. hai visto quanto è carino.. e poi è.. beh, io l'ho già un po' conosciuto.. sembra.. " già, cosa sembra Matias? "Uno con una bella storia.." d'un tratto è come se tu di anni ne avessi 15, non lei, che ne ha già sedici. "Dici che potrei piacergli?" domanda stupidissima, si.
    E mentre i due parlottano, per un attimo ti distrai in cerca di Adam, che ora si che ti sta cercando a sua volta. "Ah si, questa è una fantastica idea! Mio fratello dice che è una bomba quindi.. dai, su!" che sei quasi il primo a correre verso la tenda, allungando le mani ed entrambi, ovviamente per non farti beccare dal tuo ragazzo. Ci sta quindi un occhiolino a Rory che consapevolmente è già un enorme aiuto. "Vediamo chi mente meglio"
     
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    Jonah e Dani



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    Sono venuta da sola, sembra più triste di quello che non sia. Sono una che va al cinema da sola, va a pranzo da sola, fa un sacco di cose da sola. Non ho ancora capito quanto mi pesi, è probabile che faccia parte di quelle cose che sono cause e conseguenze insieme, intrecciate davanti a una scelta che mi impone solitudine perché l’allontanamento è necessario, anche se poi la scelta stessa è richiesta di complicità, diversa, in un altro spazio sulla Terra che non sappia tanto di sudore e sangue.
    Annuisco a Jonah, «Sì, ma sapevo ci sarebbe stato qualcuno.» E sorrido a Danielle. Abbasso gli occhi, il gesto di portare indietro una ciocca di capelli va a vuoto perché è già incastrata dietro l’orecchio. Credo di aver interrotto qualcosa. Mi sento già di troppo, fantastico. Mi guardo intorno in cerca di un appiglio diverso e vedo in lontananza il bar. Non ci vorrei andare. Sarebbe un cliché. Però succede sempre, questa cosa, dev’essere una routine già consolidata nel DNA per noi e me la vorrei estrapolare per studiarla dall’esterno, non più dall’interno, rimuoverla con un’operazione chirurgica. E invece… faccio un cenno al bar con la mano «Vado al bar, ci troviamo lì dopo?» Una domanda dalla retorica fragile.
    Sono una Cacciatrice come tutti gli altri, sepolta in una cassa di birra, incastrata sul fondo. Cazzo sì, una birra, mi ci vuole proprio. Il pensiero solleva gli angoli delle labbra, raddrizza la schiena, più solido lo sguardo nell’agitare quella stessa mano dopo le risposte e anticiparlo laggiù, dalla pinta di birra, quando e se vorrà raggiungermi.

    «Down beneath the ashes and the stone, sure of what I've lived»


     
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    Con Rory e Matias, poi va un attimo da Clem e Jean a fare disagio






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    Rory sembra sempre che mi odi, e poi sia contenta della mia esistenza. Nel giro di pochi secondi. Volubile come neanche mio padre adottivo. Ora mi sento in colpa a dirle che dopo ho un altro impegno, ma non è per questo che mi viene in mente di invitarla. Tanto non ci vuole mica l’invito e mi farebbe piacere, anche perché a un certo punto diventa un gioco di sopportazione, specialmente quando sono tutti troppo ubriachi. Avrei anche la scusa per andarmene quando più mi gira senza sentirmi l’ammazzagioie del gruppo.
    «Dopo ho una festa da Troy» le rispondo. «Un nostro compagno di scuola» al suo amico Matìas, così ha detto di chiamarsi. C’è una situazione, qui, che non riesco a leggere nei dettagli ma non sono affari miei. Torno a Rory, «Se ti va ci andiamo insieme, ci sono i ragazzi della squadra e… vabbè tutti praticamente, al solito.» E infine di nuovo Matìas «Sei invitato anche tu.» Uno che non regge granché non so quanto si sentirebbe fuori posto a una festa da Troy, ma è scortese non invitarlo e così magari Rory si sentirebbe più a suo agio, con qualcun altro con cui sta bene insieme insomma.
    Il gioco poi lo vinco, non è un bollino e questo mi ritrattista ma è… un animale magico che io non dovrei conoscere. Porca puttana. Faccio finta di guardarlo stranito, anche se un po’ lo sono davvero, non l’ho mai visto un coso del genere. «Abbiamo cavalli e galline, non c’è problema. E poi mi serve per fare colpo con una ragazza laggiù» le strizzo l’occhio, facendo poi un cenno alla rossa che mi ha indicato Efrem prima.
    Seguo l’indicazione con gli occhi, lo stand “tagliatele la testa”, inquietante ma magari è divertente. «Vado a fare la mia consegna e poi vi raggiungo lì, okay? Mi pare di aver visto che servono quattro persone, vedo se riesco a recuperare la quarta.» Spingo la bottiglia vuota verso Rory così che la tenga o riesca a buttarla da qualche parte e mi allontano con questo animaletto strano. Un’ottima scusa, grazie Rory anche se nemmeno lo sapevi.
    Intercetto i due Leroy mentre sembrano allontanarsi verso non so dove. Alzo una mano per salutarli e attirare la loro attenzione, un sorriso più grande alla rossa prima di rivolgermi al più grande dei due. Con educazione. «Sera, ci siamo già incrociati a casa Crain all’inaugurazione dell’infermeria, il figlio di Edie e Morgan Crain,» mi indico la faccia come a sottolineare l’ovvio. «Vi ho visti da lontano e sono passato a salutare. Avete passato delle buone feste?» Educazione.
    Temo di sembrare troppo ubriaco, ma Rory non si è assicurata che io non sia venuto in macchina quindi magari non lo sembro poi così tanto.
    Diventa un sorriso più divertito quello sulle labbra, il tono che strizza ironia e la mano con la puffola che avanza verso la ragazza. «Ho vinto questa, non credo di poterla tenere. La vuoi?» Faccio un cenno al gruppo che si avvicina allo stand della testa o come si chiamava, «Noi stiamo andando a fare un gioco per cui servono quattro persone ma siamo solo in tre, ti va di venire?»

    Oliver Çevik
    Crain.



    Edited by hime. - 9/1/2023, 22:07
     
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    Con Oliver


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    clementine leroy. 16 y.o . cacciatrice
    Non avevi previsto l’arrivo di un’altra persona. A dir la verità hai sbagliato nel concentrare la tua attenzione solo a questa aria circoscritta. Un po’ come se non servisse tenersi tanto attenti quando si sta insieme a Jean. Che inconsciamente hai lasciato a lui il ruolo di fratello maggiore, che sì, lo sarà davvero, ma va anche detto che sei la prima, di solito, a prendere un po’ il sopravvento su di loro. A volerti prendere cura di loro come se fossero i tuoi piccoli e tu una grossa mamma chioccia.
    Quindi sì, quando senti quel ragazzo rivolgerti la parola ti dici di aver fallito, almeno oggi, in quel bisogno di attenzione che ti porta alla ricognizione. Hai abbassato la guardia, ma devi ammettere che è un allentare la presa fini troppo piacevole. Perché tornando indietro con il corpo, un po’ a ricomporti nelle spalle che rilassi e nella schiena che tiri su, lo guardi arrivando persino a sorridergli.
    ‘’Ciao…’’
    L’accento ti scivola sempre troppo facilmente sulla lingua. Quella sai bene come si arrovella in bocca. Come finisca per far intrecciarsi ai denti.
    ‘’Sì, sei Oliver.’’
    Gli rispondi tirando su l’angolo delle labbra, un po’ in un ghigno che serve semplicemente a te. Un po’ come a dimostrarti che hai una buona memoria e che certi dettagli non li lasci sfuggire, non quando si tratta di famiglie tanto vicine alla tua. Che i nomi tu li ricordi sempre troppo bene, anche se durante le presentazioni, quelle che prevedono la presenza di tante persone, ti ritrovi sempre basita come tutti gli altri.
    ‘’Oh…ehm…’’
    Ma avvicini le mani curvandone le dita quando lui inizia a parlarti della puffola pigmea che tiene nelle sue. Ti chiedi se ha senso far girare bestie del genere tra i no mag e perché, tra tutte le persone che conosce, la sta affidando proprio a te.
    ‘’Ok…suppongo che in una fattoria questa non stia così bene.’’
    Ma la agiti un po’ tra le mani, come se avesse una bomba nascosta da dover disinnescare. Aspetti solo di udirne il tintinnio nel suo stomaco.
    Non sei paranoica, vedi solo troppi film d’azione e spionaggio.
    ‘’Grazie Oliver.’’
    Ma lo sguardo ora lo rivolgi a Jean. Lo fai quando la puffola te la fai adagiare sulla spalla. E non vuoi chiedergli il permesso per allontanarti, d’altro canto forse per lui è meglio saperti presa con i giochi piuttosto che ad annoiarti tra i grandi con una birra che qui neanche potresti bere tra le mani.
    ‘’Mi faccio un giro e torno…ok?’’
    Lo informi solo, staccandoti per così tornare a rivolgere altri sorrisi ad Oliver.
    ‘’Questo è un modo carino e…tanto rumoroso per reclutare persone.’’
    Dici rivolgendoti alla puffola.
    ‘’Sono Clementine comunque.’’
    E per educazione ti presenti di nuovo, porgendogli una mano.
    ‘’E ho passato delle feste piacevoli. Certo, sarebbero state più movimentate se avessi bevuto quello che hai bevuto tu.’’
    Ne senti l’odore quando parla.
     
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    con Jonah e Evan

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    danielle troy . 31 y.o . cacciatrice . dal ranch degli ackerman
    place de greve
    A volte mi costringo a non pensare. Violento così certi pensieri: Imbavagliandoli ancor prima che possano venir al mondo. Prima che io possa diventarne madre e allora lì tutto sarebbe troppo, troppo difficile. A volte mi costringo ad essere ciò che non sono. A muovere il corpo secondo ciò che vorrebbero gli altri. A rilassare i muscoli a comando, a cambiare i connotati del viso. Un po’ come quando siamo al ranch e allora lì Dani ha un perso diverso, un volto diverso, persino una voce diversa. Un tono che cade meglio, che si fa più pesante, posato, come se facendo uscire la voce direttamente dal diaframma mi rendesse quanto più affidabile. Ricerco affiliazioni tramite queste piccole cose. Mi sforzo di essere questo per Declan, per tutti gli altri che vorrei tenere ben assestati sotto la mia attenzione: Una persona di cui fidarsi.
    Una persona di fiducia perché non fa mai le battute che ora rivolge a Jonah. Una di quelle che è lì quando serve, che risponde in cenni d’assenso, che parla solo quando viene interpellata e cacciando fuori sempre qualcosa di giusto. Mai una parola di troppo, mai un pensiero capace di peccare di frivolezza.
    Così non parlo nemmeno ora. Sorrido alle parole di Jonah, poi a quelle di Evan e non aggiungo nulla a quello che lei dice. Perché è diretta e da quello che pronuncia è davvero facile riuscire a cogliere tante, tante informazioni.
    E magari oggi non mi importa di leggere troppi significati dietro certi sguardi. Mi importa solo di vivere qualcosa che sia anche solo una concessione di libertà da casa Ackerman. Stupidamente, magari, anche se al ranch non è che io abbia voglia di tornarci, non ancora almeno. Non so se è una questione di sentirsela, ma ecco, stare a determinate miglia di distanza mi fa sentire meglio. Mi fa cancellare situazioni che so bene come sarebbero facilmente imprintabili nel mio cervello.
    Così Jonah lo guardo solo un’ultima volta. Lo faccio quando Evan gli da appuntamento al bar ed io capisco che quello no, non è il posto per me adesso. Anche se mi sono promessa di bere abbastanza da mandar a puttane ogni barriera.
    ‘’Vai.’’
    Glielo dico in un sibilare dolce che non prevede un imperativo. Non è qualcosa che gli sto comandando, né una concessione. Spero solo che possa trovar del buono anche qui. Anche adesso, nonostante il suo cinismo.
    ‘’Noi ci vediamo dopo.’’
    E guardo altrove. Lo faccio perché Jean lo sto cercando davvero, anche se così, sul momento, sento di non sapere bene cosa raccontargli.
    Come sono andate le vacanze? Potevano andare meglio, Jean. Potevano andare meglio, sono solo stata molto sfortunata.
     
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    la casa stregata
    con Remì & Chrysanthemum Sinister


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    oswald morales . mangiafuoco . circense . 26
    la casa stregata
    Las Palmas è un ricordo sempre troppo vivo. Un sogno che non reputeresti tale, non quando ogni suo dettagli sa assumere vita propria. Non quando le voci che senti sembrano troppo reali, troppo dettagliate. Las Palmas è un ricordo borderline, per certi versi. Un momento della tua vita che forse non avresti mai vissuto così bene se non fossi stato in compagnia di Leroy. E quanto ne ha accusato lui. Te li ricordi ancora i primi ansimi a strappar il fiato le prime notti passate al circo. Le notti passate a ricordargli, stupidamente, che non avrebbe mai smesso di respirare solo perché se lo sentiva. E che se fosse successo, tu saresti stato lì pronto a dargli i tuoi di respiri. Che i vostri genitori, quelli che vi avevano adottati insieme a Papà e poi educati alla magia elementale, non gli avrebbero mai permesso di andarsene così. Tutt’oggi, infatti, quando le cose sembrano peggiorare al punto da togliere il respiro anche a te, torni a dormire insieme a Leroy. Porti la sua schiena contro il tuo petto. Incastri il tuo volto tra i suoi capelli, gli lasci risalire una mano in petto e torni a vivere. A respirare, a ringraziare la vita per averti dato un fratello.
    Ti chiedi come sia stata Las Palmas per Remì. Cerchi di leggerglielo negli occhi, in tutte quelle cose che non ti ha mai raccontato o che hai imparato a leggere troppo tardi. E sorridi, di una dolcezza disarmante, quando ti parla di suo padre e di come adesso stia bene. Si vede che è un bambino felice, in effetti. Si vede che la sua nuova famiglia gli piace. E tu, scherzando, gli risponderesti che in effetti ha davvero un bel papà, ma non lo fai. Ti trattieni perché non siete coetanei. Perché Remì, per quanto tu possa percepirlo vicino e simile a te, resta solo che un bambino.
    Ma uno sguardo a quel ragazzo - perché forse avete la stessa età, è un padre davvero giovane - lo rivolgi sempre. Lo fai emozionandoti quando noti che anche lui si emoziona. Quando deve aver già compreso come leggere suo figlio. Questo è un discorso così delicato da stimolare gli occhi lucidi a tutti.
    ‘’Sono davvero felice, Remì.’’
    Ma lo dici guardando Chrysanthemum, come a complimentarti con lui per ciò che ha fatto. Silenziosamente, così come silenzioso e delicato è questo dialogo.
    ‘’Se a papà sta bene vengo con voi.’’
    Che non perderesti mai l’opportunità di passar del tempo insieme al piccolo.
    ‘’Dentro c’è anche Leroy, ma dobbiamo essere bravi nel trovarlo.’’
    Perché il viaggio è sicuramente una scoperta e ad ogni giro cambia. Lo fa soprattutto ora che tu non ci sei, che non sei lì ad animare i draghi con i tuoi giochi di fuoco.
    Cambia persino nella seduta, che su un carrello, anche se sarebbe meglio non farlo, ci entrate in tre: Tu accanto a Chrysanthemum e Remì in braccio a suo padre. Che non c’è motivo, comunque, di aver paura, di voler scappare, non quando dopo i primi metri, nel momento esatto in cui la luce delle lanterne del circo viene sostituita dall’oscurità, la casa inizia ad illuminarsi di luci meravigliose.
    A Leroy piacciono spettacoli del genere: Lui si emoziona quando ti vede danzare, Sissi. Per questo proietta sempre quei colori che gli sembra di vedere nelle tue fiamme. Un fuoco che anche se non è tuo adesso riscalda semplicemente i ricordi. Così viaggiate in un mondo che è fatto di luci e colori. Un mondo dove a far da sfondo c’è una canzone suonata al piano. Il ricordo che ha tuo fratello di quell’unica volta che hai provato a suonare uno strumento per poi fallire. TI rendi conto solo ora di come questo viaggio racconti semplicemente la storia del circo. Dei suoi abitanti.
    Che il nome di questa casa è appropriato solo perché è la vita ad essere spaventosa.
    Spaventa infatti il ringhio della tigre, un’ombra arancione che salta sopra le vostre teste. Spaventano le risate di Caleb, urla che si mischiano alle luci rosse e che nel farlo diventano grida d’esaltazione, applausi di commozione.
    Questo, ora ne hai la conferma, è il modo che ha Leroy per ricordarsi di essere uscito finalmente da Las Palmas.
     
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    Con papà Chrys & Ozzy a "La casa stregata"

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    remì sinister-çevik
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    lingua dei segni
    villa sinister
    Li tratti con calma, entrambi, un po' come vorresti essere trattato tu. Perché questo è stato uno degli effetti del vostro orfanotrofio. Forse è stato quello a toglierti la voce, a farti pensare che non ti servisse esprimerti come gli altri, che dopo il trauma di cui non hai ricordi, nessun altro meritasse di sentirti parlare. E si, magari un po' pesa, quando a Chrys vorresti dire più cose.. ma lui, lui ti capisce. Voi parlare lo stesso, sembrate fare lunghi discorsi solo con qualche carezza, o guardandovi.
    E \sta imparando\ Lo dici ad Oswald, che quel tuo linguaggio lo conosce forse un po' meglio. Glielo dici che Chrys sta imparando come muoversi con te, lo fai che hai gli occhietti un po' lucidi. Che così tu dimostri di essere finalmente felice, finalmente al tuo posto.
    Che lo senti dentro, un punto di luce che brilla intenso, succede se ritrovi qualcuno di Las Palmas e le tue due vita collidono piano una con l'altra. Non sono pianeti che si scontrano, ma rette parallele che si accarezzano l'una con l'altra ma senza - ancora - compenetrarsi. Oh se solo tu sapessi che ne sarà del vostro futuro, quanto spesso vedrai Oswald in casa tua.
    Ma ora non sai nulla, ora ti siedi sulle ginocchia di Chrys, in punta perché sei curioso e non ti vuoi perdere niente, e ti piace siano le sue braccia una cintura di sicurezza.
    E' raro che tu sorrida, anche se il mondo lo guardi intensamente, apri gli occhi, forse troppo grandi su un viso tanto pallido e sottile. Li punti su tutto quello che vedi, perché ti ricordi di Leroy. Ti ricordi che sapeva tranquillizzare quei bambini che poi.. beh poi finivano qui, o parlare con te che non capivi mai perché non potessi essere scelto. Certo ora lo sai, ti manca la magia.. o qualunque spunto di interesse si possa trovare. Per questo apprezzi ancora di più il modo in cui Chrys e Joshua ti hanno accolto, come se fossi una piccola gemma dal valore inestimabile. E sentirsi tanto amati è nuovo, è meraviglioso.
    Punti il musino all'insù anche quando la tigre che vi balza sopra ti fa tremare, e le risate di contorno ti appiattiscono contro Chrys, dura poco. Si, ma sei così preso che forse qui dentro ci faresti altri mille giri, fino ad imparare i pattern a memoria, gli schemi, le storie che ti mostrano.
    E guardi Oswald, quando i binari si avvicinano al termine. Lo fai che il cuoricino un po' ti pesa. Che vorresti rivederlo, ogni tanto, ma anche tenere quei ricordi molto lontani da te, che non sei ancora del tutto sicuro che la tua nuova vita.. durerà tanto da farti stare bene.
    Per questo sei molto silenzioso quando scendi dalle gambe di papà, che infili la manina nella borsa giusto per controllare che Cipria sia ancora lì, traendo un sospiro quando la senti respirare lentamente - assopita - dopo aver finito tutte le noccioline che le hai lasciato.
    E succede che qualche passo in più lo fai, verso Oswald, che ti stringi per un secondo alle sue gambe. Come a ringraziarlo di.. beh, tutto. Tutti i momenti in cui non ti ha fatto sentire del tutto uno scarto, a Las Palmas.
    \Saluta anche Leroy, per me\
    Glielo dici che il muso lo rialzi piano, indietreggiando fino a stringerti di nuovo a tuo padre, di nuovo a casa. Lo guardi, Chrys, che deve avere per te una pazienza ed un'adorazione infinite, un po' come tu ne hai per lui.
     
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    Con Chrys, Remì e Oswald

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    edric çevik . mago bianco . purificatore. 25
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    E va bene, si, non hai vinto nulla. Ma neanche eri qui per questo, tu. No, sono due giorni che non vedi Oswald, che tra una cosa e l'altra vi state forse dando il "tempo" di capire come le cose possano andare, come tu possa non essere un estraneo al Circo.
    Immagini di aver capito come funzioni per l'uomo che chiamano "Papà". E forse non hai così tanto da vendere per prendere fissa dimora nella tenda di Oswald. Ma diavolo se vorresti. E' che sei figlio della meditazione tu, carico di un livello di pazienza così impenetrabile da essere a volte fastidioso.
    Magari troppo dolce, il miele su qualcosa che è già zuccherato di suo. Non che tu sia sempre così, no, ci sono ancora i momenti in cui senti quella voce penetrare a fondo. Ti spinge giù.
    Ti ricorda quanto la violenza sia stata una dipendenza negli anni, come i segni che per fortuna Yaacov maschera bene. Così gli paghi l'affitto, così appaghi quella parte di te che deve sentire dolore.
    Non detti, in fondo, che pensi non possano nuocere a nessuno, meno che meno al tuo... ragazzo.
    Da cui si, ora torni a mani vuote, ora che hai vagato per le tende, respirato l'atmosfera di festa che ti ha portato ancora un secondo nel tuo mondo. Te lo ricordi bene. Una volta all'anno anche voi avevate un carnevale, certo quando la guerra con i Corrotti non era ancora tanto opprimente. Josh andava matto, ti sfidava in ogni cosa, ovviamente vincendo quasi su tutto. E Chrys.. era ancora Chrys.
    Ma devi scacciare via tutto, spingere la memoria in punti che adesso vagano a miliardi di anni luce da te. Te che cerchi Oswald, e quando lo trovi, ne ripercorri la schiena, non badi subito a chi ha davanti. Non ci pensi, sciocco, che invece lo sovrasti, infili le braccia in vita e te lo porti contro per un bacio veloce - ad occhi chiusi - trai capelli. "Bonsoir.."
    Si, a dirla tutta pensavi proprio che fosse solo, ma poi.. dio, poi l'hai visto chi ha davanti e nel riaprire gli occhi li hai sgranati del tutto. Esistono respiri che cambiano, colpi al cuore che non freni mai, non sai interrompere. E' Chrys, certo, quell'altro Chrys, quello che adesso - sai, da quando sei tornato - ha adottato un bambino. Uno tanto simile a.. lui.
    "Oh.. ehi, anche voi qui"
    Ti raddrizzi, una mano resta al fianco di Oswald, quasi incollata lì come fosse lui la tua cintura di sicurezza, anche quando i tuoi occhi cercano quelli di Chrys, quel verde terrificante. Smuove sempre un po' qualcosa, che pensi difficilmente dimenticherai. Sono ferite, le tue, per le quali sai chiedere perdono solo in ginocchio. "Ciao Remì.." che tu sei arrivato quando si erano già abbracciati, e Remì ti guarda solo - come sempre - accennando mezzo saluto.
     
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    I banchi iniziano a chiudere, la mezzanotte si avvicina.
    Occhi aperti e nasi in sù, per il Capodanno del Place de Grève
    Come da tradizione, sul grande orologio al centro del palco principale, si accendono i secondi del countdown di mezzanotte. Vengono vendute le ultime leccornie, approntati gli ultimi bollini e vinti gli ultimi premi, mentre le botteghe chiudono le serrande ed anche i circensi si avvicinano al palco.

    Lenti spettacoli di luci vi conducono agli ultimi secondi prima del nuovo anno.

    Grazie per aver partecipato al primo evento del Place de Grève ♥

    NB: La festa rimane aperta per i post di chiusura fino al 18 Gennaio.

     
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