Posts written by ·Shy.

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    Vorrei uscire dal gruppo zombies, però senza riesumare nessun pg (ormai poverini hanno le ragnatelone attaccata addosso). Preferisco ripartire da zero, ma credo che comunque io debba segnalarvelo qua
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    Grazie a tutti!! ❤❤
    Rob quanto tempo!! Certo se ho dubbi ti chiedo.. Lara (tu puzzi) mi ha già accennato a qualcosa. Comunque intanto do un'occhiata per farmi un'idea più concreta di cosa sia cambiato.
    Bea mi ricordo di te, perché avevi il mio stesso nome ma con un nome diverso come utente e mi avevi confuso (anche perché ci vuole poco a confondermi, lo ammetto). A tutti gli altri grazie di nuovo per il benvenuto!! Datemi un pochino di tempo per orientarmi e giuro che vi lancio *letteralmente* il primo pg
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    Ehm ciao amici!! Faccio schifo con le presentazioni, figurarsi con le presentazioni 2.0.
    Non so chi si ricorderà di me (sono passati secoli dopotutto). Coomunque per tutti sono Bea, Beatrice all’anagrafe, ed ero un’utente più o meno 3 anni fa. Avevo Lamya e altri pg di cui non ricordo minimamente il nome. Attualmente sono una studentessa *vecchia* di infermieristica, mi spiace per tutti i pazienti che passeranno da me, e ho 25 anni (quasi 26.. oddio mi sento male a pensarci). Vivo in toscana, ma appena posso mi faccio una giratina a Roma, città che amo alla follia. Eee boh che dire. Non scrivo in un gdr da un sacco, quindi perdonatemi perché farò abbastanza schifino all’inizio. Non vedo l’ora di ruolare e intramare pg con tutti voi.
    Ok direi che vi ho già tediato abbastanza! Corro a mangiare che ho fame (cosa c’è di più bello che mangiare?!) ❤
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    Ma bevenuto barra bentornato nel mondo del disagio :3
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    Felicity Daisy Johnson
    ecoempatica - mezza fata della terra - 22 anni - ingenua
    « if i wanted, i could destroy everything. but i'm a good girl »

    La situazione aveva preso una svolta inaspettata, un cambiamento talmente repentino che Felicity si ritrovò ancor più spiazzata, a tal punto da abbassare le braccia e lasciarle lì, inerme di fronte al pianto della copia. Non si trattava semplicemente di una persona da consolare, di qualcuno con una ferita aperta da abbracciare e stringere forte, no. In quel caso sarebbe stato naturale, facile per la ragazza che avrebbe saputo perfettamente come muoversi. Ma lì non c'era una persona qualunque. C'era lei. Nonostante la devastazione fisica che il corpo della manifestazione aveva dovuto subire, era pur sempre Felicity Johnson, con i suoi stessi dolori e paure. Capì di non essere sicura di poter affrontare tutto quello. Il docente le stava facendo affrontare una prova che le sembrò d'improvviso così dura, anche troppo per lei. Ogni singola parola che uscì dalle labbra della copia fu come una pugnalata allo stomaco della ragazza che annaspò, alla ricerca di aria. Il dolore era come le onde di un'oceano in tempesta, scalfendola in ondate sempre più maestose e spinta al limite, per un attimo, un solo attimo che però fu sufficiente per odiarsi, pensò di attaccarla pur di farla sta zitta. « No, no! » quasi urlò portandosi le mani alle orecchie, abbassando il capo in segno di una disperazione incontrollabile. Puntò lo sguardo verso un punto ben preciso, dove iniziava il bosco e dove solo lei sapeva esserci la strada verso il rifugio speciale della sua famiglia. Mosse il piede destro, con l'intenzione di scappare via da tutto. Dalla copia, dal luogo, da Diana.. da lei stessa in qualche modo. Qualcosa però si fece improvvisamente largo dentro di lei, inchiodandola sul posto. No, non poteva abbandonarla anche se voleva. Una, due.. decine di lacrime iniziarono a scorrere lungo il volto di Felicity, incapace di fermarle. « Scusami.. » sussurrò, posando lo sguardo appannato lungo i fili d'erba del prato. « scusami se ti ho fatta dubitare di te. Tu.. tu non c'entri niente con la loro morte » faceva male parlare, far uscire quelle dannate parole dalle labbra. La gola le doleva e i singhiozzi invece di cessare aumentarono, obbligandola a prendersi diverse frasi tra una parola e l'altra. « Era arrivato il loro momento. Si chiama destino » sperando che il tono fosse stato sufficientemente alto da essersi fatta sentire, smise di parlare per prendersi qualche secondo tutto per sè. Non spostò lo sguardo da terra mentre la mano destra andava ad asciugare le lacrime già quasi del tutto asciutte, grazie al vento impetuoso che fino a quel momento aveva smosso ogni cosa, anche se Fee intuì che si sarebbe calmato presto. Dovevano entrambe accettare che il suo discorso fosse totalmente vero e andare avanti, per poter vivere con serenità tutto ciò che il destino mettesse loro sulla strada. I ricordi dei genitori sarebbero mutati in dolci e preziosi frammenti di una vita passata che sempre avrebbero portato con loro, ricordandoli però con placida tranquillità. Felicity percepì di esserci vicino, di poter finalmente far diventare realtà quei pensieri. Ma la sua copia? Ci sarebbe riuscita? Rialzò lo sguardo verso il limitare della foresta, spostandolo poi sul corpo dell'altra. Quel corpo così ferito, sia dentro che fuori. Quasi senza pensarci due volte avanzò verso di lei, colmando lo spazio che le separava. Se le avesse dato il permesso l'avrebbe stretta a sè in un lungo abbraccio, talmente forte da farle sembrare per un attimo un tutt'uno. « Ti va di venire con me in un posto? » avrebbe sussurrato al suo orecchio, sciogliendosi di poco dall'abbraccio per poter così accarezzare la parte del volto bruciata della copia. Il sorriso che lei poteva scorgere sul volto di Felicity era un sorriso colmo di dolcezza. Se avesse accettato l'avrebbe presa per mano e portata con sè al rifugio speciale pieno di margherite. Si sarebbero sdraiate osservando il cielo, raccontandosi magari aneddoti divertenti su Talia e Leonard. Si, avrebbe fatto di tutto per farla star meglio. Voleva che anche lei capisse. Che potesse essere felice.
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    CITAZIONE (Raë @ 24/3/2017, 15:45) 
    Tenerissima? Argh. *afferra la radio* Annullare, Sergente. Questa non è un'esercitazione. Ripeto, annullare. La copertura è saltata E io che pensavo di essere riuscita nell'intento di sembrare una bisbetica in love ç_ç
    Tu! Avevamo una role in corso e sei sparita! Mi devi una role, sappilo, altrimenti scoppio a piangere e sarai responsabile del prossimo diluvio universale v.v
    Vita sociale? Cos'è? Si mangia?
    Bordeyolo forever!

    Pensavi male buahahahahahah


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    ...........................................
    ops. OPS. SCUSA. chiedo immenso perdono. Son tutta tua per ogni role che vorrai fare u.u quando vuoi, come vuoi e dove vuoi. faccina ammiccante riuscita male perchè non so fare le faccine ammiccanti mannaggia
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    Oddioo ma so chi sei *-* quella persona tenerissima che lavora in un posto magggggico.
    Non so se ti ricorderai di me, ma ci provo. Sono bea ed ero cherry sul paiolo <.<
    Son contentissima di vedere che sei approdata qui! Sappi che finirai in un covo di matti e la tua vita sociale diverrà pari a zero, ma non te ne pentirai.

    Benvenuta bella

    ps: Stranger things devasta tutti. Tutti.

    pps: non sai che dolore hai fatto rinascere in me con la scritta bordeyolo.. troppi ricordi
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    Felicity Daisy Johnson
    ecoempatica - mezza fata della terra - 22 anni - ingenua
    « if i wanted, i could destroy everything. but i'm a good girl »

    Le braccia erano inermi lungo il corpo, come se qualcosa le togliesse la forza o l'energia per riuscire a commettere anche il più piccolo movimento, mentre il collo incassato tra le spalle era un evidente tentativo di sparire, trovandosi da tutt'altra parte ma non di certo lì, ad affrontare un suo macabro riflesso. Eppure qualcosa la tratteneva da scappare, un turbamento che le nasceva dal suo più profondo essere. Un'improvvisa e tagliente raffica di vento mosse i capelli della ragazza, lasciando che lunghi ciuffi biondi le si posizionassero davanti al volto e lì restassero, visto che i muscoli di Fee non fecero neanche il più breve movimento per spostarli, impegnata ad osservare la sua copia. Il busto era spostato in avanti, i muscoli tesi ed i pugni serrati in un gesto che lasciava poco spazio anche al più piccolo dubbio nel capire l'emozione che l'attraversava. L'unico sopracciglio presente nel viso era abbassato, formando delle profonde rughe verticali sulla fronte. Fee poteva vedere i denti serrati lasciati scoperti dalle labbra sollevate in un ghigno di puro rancore, deformato dalle cicatrici della bruciatura. Tutto in lei sembrava voler urlare quanta rabbia stesse provando, ma era lo sguardo forse quello che riusciva a caratterizzarla di più. Quegli occhi trasparenti che conosceva così bene erano fissi su di lei, incastonati nelle tese palpebre che riusciva ad aprire solo parzialmente. C'era qualcosa in quello sguardo che la mente di Fee percepiva non solo come segnale di pericolo, no, nel profondo era come se stesse urlando una muta richiesta di aiuto. Un'aiuto che non avrebbe di certo chiesto o voluto, ma che la mezza fata voleva donarle senza nessun dubbio. Voleva comprendere, aiutare, prendersi cura di lei. Sapeva che prima iniziava a parlarle e meglio sarebbe stato, ma non appena aprì le labbra per dirle qualcosa, capì che non era quello l'esatto momento. La situazione di pericolo venne percepita prima dal suo corpo che dalla mente, in confusione e totalmente smarrita, ritrovandosi a reagire d'istinto liberando le ali sotto pelle, che formarono due buchi nella maglietta, per permetterle di tentare una schivata aerea all'indietro. Piegò le ginocchia staccandosi dal terreno e facendo un paio di metri al ritroso, provando a portarsi fuori area dal possibile pericolo e mettendosi davanti a Diana, per essere sicura di poterla proteggere se l'altra avesse tentato di attaccare anche lei. « Per favore calma » mormorò, portando i palmi delle mani davanti al corpo per tentare di farle capire che non voleva combattere « cosa... cosa avrei fatto ai nostri genitori? Vorrei capire. Posso sentire la rabbia e la disperazione che scorre furiosa in te. E' come se ti togliesse il fiato vero? » parlava con la solita dolcezza che la contraddistingueva. Non le importava che il suo riflesso smettesse di odiarla, non era quello il suo scopo, voleva solo aiutarla. Ogni volta che percepiva il dolore in un'altra creatura era come se il suo corpo si spegnesse, provando quella sensazione di angoscia e smarrimento che tanto odiava. Doveva aiutare, sempre. Era un dovere che fluiva nella sua mente fin da piccola. « So bene cosa significhi essere disperate » la rabbia era un'emozione che raramente nasceva in lei, ma la disperazione invece la conosceva molto bene, avendo perso entrambi i suoi amati genitori « e capisco che tu possa pensare di non avere scelta. Ti senti sopraffatta da tutte quelle orrende e crudeli emozioni negative, lo so. Ma usare la violenza non cambierà niente » un improvviso nodo in gola le impediva di parlare chiaramente, ma serrò la mascella e andò avanti, completando il suo discorso « Quindi ti prego, parliamo e confrontiamoci. Ma senza arrivare a tanto » Il battito cardiaco era accelerato per via della situazione e i brividi di freddo le scorrevano lungo il corpo, mentre annusando l'aria intorno a lei capì che la pioggia era davvero imminente. Aspettando in silenzio una sua risposta, tentò di calmarsi e ritrovare la concentrazione necessaria per tentare una diagnosi dell'aura e avere così informazioni sul riflesso. Era la sua copia e forse era uguale a lei, ma Fee non aveva niente da perdere, così provò.
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    scusate se scrivo qua ma non sapevo dove farlo per poter sentire entrambe ç.ç Sto rispondendo alla seconda lezione, ma mi è sorto un dubbio sul recupero. Non so bene le skill che ho sbloccato, se sono quelle tre o anche tutte quelle che per averle basta il completamento minimo della prima lezione, e neanche il voto. Scusate ancora la rottura, ma non so come muovermi nell'altra lezione sennò, causa skill :3
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    Felicity Daisy Johnson
    ecoempatica - mezza fata della terra - 22 anni - ingenua
    « if i wanted, i could destroy everything. but i'm a good girl »
    Il discorso dell'uomo che ormai ben sapeva chiamarsi Callaway riuscì a scuoterla in modo molto diretto. Dentro di sè sentiva di voler provare, di voler davvero mettersi alla prova, ma al tempo stesso il pensiero di essere costretta a fronteggiare una sua copia la spaventava. Cosa avrebbe visto? Quali antichi dolori sarebbero emersi da quella sfida? Incrociò le braccia intorno all'esile corpo in un goffo tentativo di protezione, come se in qualche modo cercasse conforto in un suo stesso abbraccio. Tentò di regolarizzare il battito cardiaco, inspirando a pieni polmoni l'aria dal sapore frizzante che quella mattina permeava nell'aula, insieme a tiepidi raggi di sole che con delicatezza filtravano attraverso le finestre e andavano a posarsi sulle chiare braccia, creando varie tonalità di pelle come un gioco che Fee trovava buffo. Le ali erano ben nascoste sottopelle, per evitare di essere osservata come un'essere da baraccone dagli altri universitari che erano "semplici" maghi. Fee infatti stava iniziando a percepire molte cose abitando in quelle strutture, cose che non aveva invece mai capito o affrontato quando la sua esistenza si limitava alla casa sul lago, con il boschetto adiacente. Fu lampante per la bionda vedere come quasi tutti i presenti fossero umani e che, nonostante si trovasse in una scuola magica, ben poche creature vivessero là dentro. Così aveva deciso di evitare di mostrarsi per quello che era veramente a tutti anche se, visto il suo carattere allegro sincero, sarebbe bastato scambiare due parole con lei perché rivelasse il suo essere un ibrido. Il braccio destro si stese lungo tutto il banco con la mano tesa, per riuscire ad osservare meglio il delicato anello posto all'indice. Da quando era diventato il suo catalizzatore non se ne separava mai e neanche lo avrebbe fatto, amando osservare le due pietre incastonate al centro e riuscendo a darle forza e a ricordarle che poteva farcela a rimettersi in pari con gli altri ben più avanti di lei. Spostò il palmo della mano verso il cristallo dalle sfumature perlacee posto sul banco, afferrandolo. Quella percezione di paura non si era attenuata, ma al tempo stesso si stava facendo strada una sempre più vivida sensazione di eccitazione al pensiero di poter avere la possibilità di vedere i suoi amati genitori. La prima lezione l'aveva fatta sentire spossata per la prova a cui era stata sottoposta, ma Fee non sarebbe mai stata abbastanza grata a Callaway per essere riuscito a darle l'occasione di rivedere Leonard e Talia. Il volto rivelò una nuova tranquillità, mentre lasciava scivolare il ciondolo con il cristallo lungo la chioma, mettendolo così al collo.

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    Sbatté un paio di volte gli occhi, osservandosi intorno. Riconobbe subito quel labirinto di specchi frutto di confusione durante la precedente lezione, ma adesso familiare al suo sguardo. Sguardo che venne prontamente abbassato quando il cristallo iniziò a brillare e a far fuoriuscire un'essenza scintillante che andò a posarsi poco distante da lei, assumendo una forma che Fee già conosceva. « Ci rivediamo eh » mostrò la schiera di denti bianchi, sorridendo sincera al cerbiatto « Se non ti dispiace direi che è il caso di trovarti un nome » nel tono di voce di Fee si poteva scorgere un insolito rispetto verso la creatura, oltre che una naturale simpatia. Si era già affezionata a quell'animaletto così tenero, non poteva negarlo. Se la sua guida avesse acconsentito per il nome la ragazza sarebbe stata qualche attimo a pensare fino a che non avesse trovato quello più adatto, -Diana, come la dea romana della natura - per poi seguire il cerbiatto muovendo senza esitazione i piedi in avanti per poter far sparire le decine di vetrate e ricreare così l'ambiente vicino a lei, quell'ambiente così familiare e nostalgico. Il mondo intorno a lei mutò subito. Chiuse le palpebre in trepida attesa, sapendo di ritrovare quel delizioso cinguettio di uccellini e il rumore dell'acqua del lago a contatto con il terreno. Il duro pavimento divenne un soffice tappeto d'erba, mentre l'aria iniziò ad accarezzarle il volto con sempre più forza. A differenza della volta prima era apparsa nel prato e non in casa, ma c'era qualcos'altro di strano e Fee non potè non percepire una sensazione poco piacevole attraversarle la mente. Riaprì gli occhi, guardandosi intorno. Era davvero vicino casa, ma l'ambiente non era quel che si può dire sereno. Il vento le sferzava il volto e nubi scure nascondevano un'invisibile sole, facendo presagire un forte temporale in arrivo. « Ehi Diana, che ne dici se ci ripariamo in casa? » si strinse le braccia al petto, cercando di scaldarsi visto che quella magliettina bianca a maniche corte non sembrava riuscirci neanche un po'. Cercando di evitare di battere i denti per il freddo si avviò verso il riparo, sperando di essere seguita dal cerbiatto. A pochi passi però si fermò, i sensi in allerta e i muscoli contratti. La porta di legno stava all'interno, aperta, e nello spazio d'entrata una figura sembrava aver preso possesso del posto. Figura che Fee non riusciva a distinguere bene essendo nell'ombra, ma percepiva che non erano i suoi genitori o la zia acquisita nè tanto meno una figura amichevole. « Chi sei? Che ci fai in casa mia? » fece segno con la mano destra a Diana, nell'intento di farle intuire che era meglio se restasse dietro a lei. Alle orecchie della bionda arrivò una risatina ironica, nel momento esatto in cui la figura fece un passo verso l'esterno, mostrandosi. La bocca si aprì, mentre il cuore iniziò a pompare più velocemente del normale. Davanti a lei si stagliava.. lei. Ma non era come guardarsi allo specchio, lo capì immediatamente. La Felicity che stava davanti a loro era completamente senza capelli, con la pelle di metà volto cicatrizzata da quella che doveva essere stata una brutta bruciatura. Al petto una grossa cicatrice a forma di X riluceva sul petto scoperto parzialmente da una canottiera mal ridotta, all'altezza del cuore. Ma non fu tutto questo che la sconvolse davvero. C'era un'altra cosa, molto più orribile, che il suo sguardo aveva visualizzato subito. Il suo riflesso non aveva un'ala spezzata, no, molto peggio visto che le mancava proprio metà ala. Di riflesso Fee portò le mani dietro la schiena, anche se sfiorò solo il tessuto della maglietta. « Ehi... » riuscì solo a balbettare, aspettando che l'altra chiarisse le sue intenzione.
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    piccolissima spiegazione sulla copia di Fee (se ti dovesse servire per l'esito...)
    - E' senza capelli ed il volto è bruciato perché da piccola (quattro anni e mezzo circa) mandò a fuoco la casa, rischiando di far morire bruciata la madre, a letto malata. Il padre tornò in quel momento a casa e per un pelo evitò la tragedia.
    - La x incisa sul petto è dovuta alla malattia della madre, morta per l'aggravarsi di un problema al cuore. In qualche modo, il fatto di aver pensato da bambina che la madre aveva una minima colpa per essere morta, la riempie di vergogna.
    - L'ala spezzata è dovuta al fatto che da quando è arrivata a new york si è chiesta più volte come sarebbe stato se fosse stata umana, con la sua famiglia, ma normale. O se avendo ascoltato suo padre e fosse andata a scuola di magia, avrebbe potuto salvarlo in qualche modo dall'incidente. Insomma in qualche modo il fatto di essere mezza fata la rende fiera ma al tempo stesso la destabilizza
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    Le palpebre si socchiusero per la piacevole sensazione che quel leggiadro bagliore le trasmise lungo il corpo, avvolgendola in un delicato bozzolo verde. Se la madre l'avesse guardata per un attimo, avrebbe di sicuro scorto la meraviglia che riempiva in maniera totale gli occhi di Fee, in quel momento talmente sgranati da sembrare due piccole palline, che non riusciva a non spostare di continuo il capo, per poter così meglio ammirare la luce. Lasciò la mano di Talia, per spostare le nude braccia davanti a sé e ammirarle. « Mami, mami » spostò indietro la piccola sedia di legno, alzandosi, neanche rendendosi conto che il tono che le uscì dalle labbra era di un ottava più forte del normale « cos'è? Che mi succede? » D'improvviso sembrò tornata la bambina dai lunghi boccoli d'orati che osservava con stupore ed innocenza ogni minuscolo dettaglio di quella vita ancora così nuova per lei e, correndo malamente, si aggrappava con il palmo della manina alla gamba del genitore che in quel momento era più vicino, continuando a cercare risposte finché non si riteneva adeguatamente soddisfatta. Alla frase di sua madre, detta piano e con incredibile stanchezza, l'entusiasmo che sentiva mutare e crescere dentro di sè sembrò spegnersi, in particolar modo quando spostando di nuovo gli occhi verso il volto di Talia, riconobbe quella sofferenza che era stata costretta a sopportare per anni. « Posso fare qualcosa? » chiese sussurrando, forse per paura che la risposta che tanto le premeva fosse negativa. Qualcosa però in quella luce, la distrasse a tal punto da non rendersi conto se sua madre avesse risposto e cosa le fosse uscito dalle labbra. Il bagliore che oramai si irradiava in tutta la sua figura, le stava donando un senso totale di pace che di rado era riuscita ad avere. In piedi si avvicinò il più possibile al letto matrimoniale, chinandosi di poco verso la donna con le braccia protese, sperando che seguire l'istinto non l'avrebbe portata ad un fallimento che poco avrebbe tollerato. I capelli arruffati le scivolarono oltre le spalle mettendole in ombra il volto, ma non se ne preoccupò al momento, vista la piena concentrazione che stava avendo per cercare, se non guarire, di alleviare almeno un po' le sofferenze della madre. Respirando a fondo sentì gli occhi chiudersi, tentando di ignorare ogni singolo rumore esterno, per poter impiegare le forze al suo interno. Con armonia e calma, tentò di far fluire l'energia che scorreva nelle sue vene, nei suoi arti e semplicemente dentro di lei, fuori dal corpo attraverso le mani direzionate sul volto di Talia. La cosa più importante per Fee in quel momento era poter riaprire gli occhi e trovarsi davanti la donna che amava così tanto senza lo sguardo sofferente che la caratterizzava.
    Felicity Daisy Johnson
    Empatica ○ 22 Anni ○ Mezza fata della terra ○ Scheda

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    Stava cercando di assaporare ogni singolo istante, ogni frammento che il tempo le stava inaspettatamente regalando al fianco di quella donna che amava così tanto. Il viso le si inclinò leggermente verso il lato sinistro, per riuscire a vedere sua madre in ogni più piccola sfaccettatura, cercando di imprimersi nella mente più dettagli possibili, in modo da non farseli sfuggire più via. Quel piccolo volto che nel passato era stato così bello e pieno di vita, non riusciva a nascondere del tutto la sofferenza la quale la perseguitava ogni singolo momento, senza lasciarle mai un attimo di sollievo. Il destino poteva essere strano e crudele a volte e questo Fee lo aveva imparato fin da piccola, ma suo padre, con una visione della vita buona e giusta, cercava sempre di trasmetterle un insegnamento a lui importante: ogni singolo essere vivente, anche il più piccolo, nasce per uno scopo ben più grande di quello che immagina e, anche se siamo costretti a delle prove di dolore e sofferenza, tutto appare più chiaro quando capiamo che la morte non è altro che una delle tante tappe dell'esistenza ancora così misteriosa all'uomo. Con questo pensiero, nel corso della sua ancor breve vita, la ragazza tentò di andare avanti e trovare sempre lati positivi nell'amare la vita che le era stata donata per, immaginava, volere di qualcuno. I tenui raggi del sole filtravano dai vetri delle finestre, semi nascoste da piccole tende di un rosso cremisi, andando a depositarsi sulla chioma di Felicity, facendole apparire le bionde ciocche ancora più chiare di quelle che erano in realtà ed iniziando un gioco di ombre e luce dall'effetto ipnotico. Lo stanco volto della fata animava dentro Fee un dolore antico, composto da promesse mai mantenute e tempo andato. Non era un'emozione che avrebbe potuto sopraffarla, piuttosto una placida rassegnazione del corso degli eventi passati che però continuavano a far male. Chissà cosa avrebbe pensato di lei, vedendola in quel momento, così grande e diversa da quando aveva cinque anni. Così donna e bambina al tempo stesso. « Non devi scusarti mamma, non è colpa tua.. » non capì se lei fosse riuscita a sentirla, la voce bassa e tremula non sembrò uscirle chiaramente dalle labbra tremanti, nonostante cercasse di tenerle immobili il più possibile. Tutto il suo minuto corpo a dire il vero stava tremando, non di certo per un freddo che non persisteva, quanto più per le parole dette dalla madre, che le si erano fatte strada dentro di lei come lame taglienti. Si sentì in colpa per aver creato nel corso degli anni e nei recessi più profondi del suo Io pensieri egoistici, piccoli frammenti di immagini oscure e cattive, che la ragazza portava con sè nascondendoli a chiunque, perfino a se stessa, illudendosi così di non averli mai creati. « Anche io avrei voluto passare più tempo con te » le dita delle mani accarezzarono con quanta più delicatezza possibile il dorso della mano della fata, ricambiando piano la stretta che lei tentò di trasmettere a Fee. Osservare sua madre le faceva male, potendo percepire il dolore che si propagava per tutta la figura di Talia. A volte aveva come l'impressione che quella sensazione era talmente forte da sperare che la malattia stesse scivolando via dalla madre per passare a lei.. purtroppo però, nonostante avrebbe fatto di tutto per alleviare le sue sofferenze, non era mai accaduto. Le iridi chiare passarono dal volto della madre alle loro mani intrecciate. Da esse sembrava che minuscole scintille formassero un tenue bagliore. « Ma cosa sta succedendo? » la domanda si perse nel vuoto, non avendo un vero e proprio destinatario, lasciando una Fee confusa ad allentare di poco la stretta con sua madre e ad osservare la luce appena apparsa.
    Felicity Daisy Johnson
    Empatica ○ 22 Anni ○ Mezza fata della terra ○ Scheda

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    Una piccola lacrima, quasi invisibile al mondo esterno, percorse il viso di lei, indugiando un attimo sul mento prima di perdersi tra i ciuffi d'erba che le solleticavano i piedi scalzi. « Papà... » sussurrò, la mano avvicinandosi automaticamente al volto di Leonard, rappresentato in una strana versione di tronco d'albero. Abbassò gli occhi sorpresa al suono della risata del padre: il cerbiatto stava brucando l'erba sopra le sue radici. Fee non capì totalmente il perché ciò gli provocasse ilarità. Immaginò fosse per il piacevole fastidio nel percepirlo mangiare sui suoi "piedi", ma non poteva esserne certa e comunque in quel momento non le sembrava importante. Ciò che contava era sentire di nuovo quella risata. Dio, quanto le era mancata. Incerta, colmò la distanza già precedentemente accorciata tra il palmo della sua mano ed il tronco. Accarezzando la parte dell'albero che avrebbe dovuto rappresentare la sua guancia destra. Quando la chiamò Daisy gli occhi chiari le si riempirono di lacrime. Stava là con lacrime pronte a scendere ed un forte nodo in gola, ma nonostante ciò un sorriso solcava il suo volto. C'era qualcosa in quell'attimo che richiamava una strana sensazione. Si poteva percepire una serena nostalgia aleggiare in lei, mentre il sorriso continuava a persistere nel ricordare che solo suo padre la chiamava così. Le raccontava ogni volta che poteva che aveva insistito lui perchè lo ricevesse come secondo nome. Per lui le margherite erano davvero importanti.. tanto da volerci chiamare sua figlia. Sembrò non sentire il colpo di tosse provenire da casa, troppo concentrata sull'osservare suo padre. Era morto da quasi un anno, ma le sembrava passata un'eternità. « Mi manchi tanto sai » mormorò, continuando ad accarezzare quel volto così familiare e lontano al tempo stesso. Volse finalmente lo sguardo dall'albero quando il cerbiatto le si avvicinò. Spostò lo sguardo tra la creatura ed il tronco, non comprendendo appieno la situazione. Un brivido le corse lungo la spina dorsale non appena colse lo sguardo di Leonard. Ricordava perfettamente quel suo modo di guardarla. Così pieno di amore da farle sentire il cuore traboccante di gioia, come se nient'altro avesse importanza su quel pianeta. Non appena suo padre la informò che un'altra persona desiderava vederla, Fee capì. Era vissuta a contatto con pochissime persone fino al suo arrivo a New York e sapeva che poteva essere solo una persona. Il battito cardiaco subì un leggero aumento, dovuto all'emozione, mentre le mani corsero l'una verso l'altra, stringendole a tal punto da non sentire quasi più la circolazione del sangue scorrere. Notò lo scorrere dello sguardo di Leonard, fino a fermarsi in un punto dove poco distante Felicity sapeva esserci casa. « Va bene, vado. Tu però non sparire eh... » commentò, allungandosi per dare un bacio alla fronte del padre, anche se le sue labbra si posarono solo su duro legno « per favore » dopo un'ultima supplica di non sparire, rivolta al genitore, la bionda si voltò per ripercorrere la radura dove si era fermata poco prima. Solo dopo qualche passo però si fermo un attimo, voltandosi verso il cerbiatto. « Se ti va, mi farebbe piacere se mi accompagnassi » sorrise teneramente, certa che la creatura potesse comprenderla. Sperando che la seguisse percorse il breve tragitto nel bosco, decidendo di farlo camminando nonostante le ali fossero ancora libere di muoversi sulla sua schiena. Preferì camminare invece di volare, per perdere un attimo di tempo. Aveva un'immensa voglia di vedere sua madre, ma sentiva anche una stretta allo stomaco al pensiero di cosa invece poteva trovare una volta arrivata. Non appena giunse davanti alla porticina di legno si fermò un attimo, indugiando. Prese un profondo respiro, portando le braccia dietro al suo corpo e nascondendo le ali sottopelle. Se il cerbiatto fosse stato lì Fee gli avrebbe rivolto uno sguardo preoccupato, forse per tentare in qualche modo di essere rassicurata. Entrò, la tensione ben evidente sul suo intero fisico, teso e ansioso. Tensione che si dissolse non appena vide la donna, per far spazio però ad un totale senso di smarrimento. Ricordi di quando era molto piccola riaffiorarono nella sua mente. La mamma stava sempre a letto, aveva l'aria sofferente e lei non capiva perché. Batteva i piedini cercando spiegazioni dal padre, che però non arrivavano mai. Fee abbassò il capo, immersa nei suoi pensieri. Una lieve ruga di tristezza le solcava il volto, nascosto parzialmente dalla lunga chioma. Erano passati diciassette anni dalla morte di Talia, eppure per la ragazza era ancora una ferita non del tutto guarita. Rialzando lo sguardo, notò che la madre stava provando a tendere una mano verso di lei. « Arrivo mamma » per la seconda volta in poco tempo, sentì nuovamente gli occhi bagnarsi. Prese una piccola e deliziosa sedia di legno presente nella stanza e la portò ai margini del letto. Prima di sedersi però si allungò verso il genitore, dandole un tenero bacio sulla fronte e stringendo delicatamente la mano stanca fra le sue. « Da quanto tempo eh » Sorrise, lo sguardo appannato dalle lacrime che premevano di scivolare via libere.
    Felicity Daisy Johnson
    Empatica ○ 22 Anni ○ Mezza fata della terra ○ Scheda

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    Anche io me l'ero immaginato in quel modo in effetti ahahahahah
    Comunque certo che accetto l'ecoempatia *-*
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    Si guardò intorno, lo stupore ben evidente nei lineamenti del suo volto. Stava partecipando alla sua prima lezione in assoluto e non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo. Si era sempre immaginata gli insegnamenti come una schiera di banchi, un docente che parlava e tanti appunti da prendere. Invece, il professor Callaway aveva dato loro un ciondolo da indossare. Non appena Fee lo aveva fatto scorrere delicatamente intorno al collo si era sentita teletrasportare da qualche parte. Un luogo fatto interamente di specchi. Sembravano tanti corridoi più che una stanza grande, la creatura non riusciva a capirlo così bene. Comunque restare là immobile non l'avrebbe portata a nulla. Mosse i primi incerti passi. Subito, tutto sembrò mutare. Gli specchi sparirono come se non fossero mai stati là. Un rumore familiare l'avvolse prima ancora di percepire dove si trovasse. Seduta nella sedia di legno con incisa la scritta "Fee" dietro allo schienale, non poté non sentire il cinguettare degli uccellini. Una tiepida luce primaverile filtrava dalle finestre semi aperte, portando con sè un'aria fresca e gradevole. La ragazza sapeva perfettamente dove fosse. Impossibile non riconoscere casa sua dopo averci vissuto ventidue anni. Sorridendo con tenerezza osservò le ciotole poggiate sul tavolo del piccolo soggiorno. Nulla sembrava mutato. Oltre al cinguettio qualcosa si aggiunse a quel suono. Era acqua e Felicity non potè non alzarsi in piedi al solo sentirlo. Le ali, nascoste sottopelle, premevano di uscire come non mai. Quando si trovava a casa infatti, vivendo lontana dai NoMag, poteva tranquillamente lasciarle libere di muoversi. Uscì con passi brevi e rapidi dalla casina, lasciando la porta di legno aperta dietro di sè. Senza pensarci un attimo, andò a sedersi sul bordo del laghetto vicino casa. Si tolse le ballerine colorate che quel giorno aveva deciso di indossare, rimanendo scalza. Alzandosi i Jeans fino a metà polpaccio mise i piedi dentro l'acqua fresca. Sorridendo felice si sdraiò sull'erba soffice, lasciando comunque parte del corpo dentro il laghetto. L'idea di chiudere gli occhi e farsi un riposino le stava iniziando a passare per la mente, quando successe qualcosa di anomalo. Dal ciondolo che teneva al collo sembrò fluire qualcosa di luminoso, andandole dietro e sparendo momentaneamente dalla sua vista. « Ma cosa » mormorò alzando di poco il capo, quel tanto che bastava per riuscire ad osservare dietro di sè. Poco distante da lei un piccolo cerbiatto la stava fissando con quegli occhietti così dolci. Non era però un normale animale. La sua consistenza era luminosa e questo fece automaticamente aprire la bocca a Fee. « ...e tu chi sei? » chiese, non ottenendo però risposta. Anzi, il cerbiatto si voltò verso il bosco iniziando ad allontanarsi. « Ehi! Aspetta, per favore » la voce le uscì allarmata, mentre si alzava togliendo i piedi dall'acqua. Iniziò ad inseguirlo scalza, completamente dimenticatasi delle scarpe. Dapprima l'animale sembrò andare al troppo, ma non appena Fee tentò di raggiungerlo iniziò a correre. « No! » la ragazza aumentò il ritmo. Qualcosa le diceva che non doveva perderlo. Non poteva. Doveva capire perchè si trovasse lì e cosa stava succedendo. Si inoltrarono nel bosco, dando inizio ad uno strano inseguimento. Invece di raggiungerlo però Felicity sentiva come se si stesse allontanando. Cercando di evitare di perderlo, sentì premere di nuovo sottopelle le ali e quella volta le ascoltò. Indossando una cannottiera scollata sulla schiena riuscirono a liberarsi senza nessuna fatica. Con un piccolo balzo spiccò il volo. Una risata leggera le uscì dalle labbra, cosa che succedeva sempre ogni volta che si librava nell'aria. Con nuovo vigore tornò a seguirlo, l'aria che le sferzava le guance. Passarono solo qualche minuto prima che il cerbiatto decise di fermarsi all'improvviso. Talmente all'improvviso che Fee rischiò di finirgli addosso. Lo sorpassò a sinistra, scartandolo, fermandosi poco dopo. Poggiò piano le dita dei piedi sul manto di margherite. Voltò la chioma bionda verso l'animale, la fronte aggrottata. « Perché? » chiese, come se il cerbiatto potesse dargli una risposta solo guardandola. Si trovava in quella precisa radura... nel rifugio suo e dei suoi genitori. Non riuscì a pensare al perché quella creatura conoscesse un posto così prezioso a lei, distratta da un rumore. Al margine di quella piccola radura circolare stava un albero, un salice piangente per la precisione. Era sempre stato il suo preferito, per la forma così particolare in confronto agli altri. L'ampiezza del tronco era notevole e fin dal basso partiva un reticolo di rami, in cui Fee amava giocarci quando era piccola. Dietro le tante foglie, strette e allungate, la ragazza aveva sempre avuto l'impressione di potersi nascondere dal mondo. Ma adesso il suo sguardo non si muoveva da metà del tronco. Al centro infatti l'albero sembrava aver preso le sembianze del volto di una persona. « Ma... » riuscì solo a dire, in un mormorio confuso. In risposta un "ciao mia piccola daisy" Il cuore della ragazza smise di battere per un attimo. Quel volto era di suo padre. Del suo defunto padre.
    Felicity Daisy Johnson
    Empatica ○ 22 Anni ○ Mezza fata della terra ○ Scheda

    wanna more? ➙ Hime©

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    lamya najwa cavendish

    insane 21 anni red head scheda
    Gli occhi le si alzarono automaticamente al cielo che albeggiava, nel sentire la frase della bionda. « Certo che è la prima cosa che ho pensato, se mi fai prendere un accidente » borbottò poggiando la schiena al tronco, con le mani dentro le tasche del cappotto per evitare il rischio di ipotermia. Con il respiro tornato tranquillo, la fissò inespressiva quando lei le chiese se sapeva tenere un segreto. Annuì svogliata con un cenno del capo. In realtà quella ragazza, e il suo modo di fare, la incuriosiva e anche parecchio. Non voleva però mostrarsi interessata, così aveva messo su la sua classica faccia da "non me ne frega un cazzo di te. Ti ascolto solo perché non ho niente di meglio da fare". Zoey parlò di una trattativa finita male. Chissà in cosa si era cacciata quella. « Trattativa eh? Non oso immaginare di cosa e cosa hai combinato a quel poveretto » la schernì, trovandosi però d'accordo con lei. Lo aveva picchiato? Gli aveva scagliato contro un incantesimo? Beh avrebbe fatto bene, per avere rispetto uno doveva guadagnarselo. Anche a suon di costole incrinate. Quando la bionda tirò fuori una bottiglia, per la precisione vodka -la riconobbe subito-, Lamya ebbe diverse reazioni contrastanti. Ammirazione verso quella ragazzetta così tosta da contrabbandare e scolarsi una bottiglia di vodka a quell'ora; nausea alla vista dell'alcool dopo tutto quello che aveva già bevuto durante la notte e allo stesso tempo la gola le bruciò leggermente, segno evidente che aveva comunque voglia di altra vodka. Un sorrido di sincero ringraziamento le si disegnò sul volto, mentre allungava il braccio per prendere la bottiglia e mandar giù un lungo sorso. Sentì lo stomaco in fiamme, ma per lei era una delle sensazioni più piacevoli che potesse provare. « Ah ah » commentò, facendo un secondo giro di vodka « l'alcool non si rifiuta mai sweetie, neanche se può portarti malattie » scrollò le spalle, asciugandosi le labbra con la manica della giacca. Una vera e raffinata nobildonna, insomma. Passò la bottiglia alla bionda, iniziando a cercare qualcosa nella tasca. « Poi dimmi quanto ti devo dare per la bottiglia » tirò fuori un pacchetto di sigarette. Con lentezza dovuta alla sbornia ancora in corso nel suo corpo, si accese una sigaretta e allungò il pacchetto aperto verso Zoey, senza chiederle se fumasse. Per lei era scontato che tutti lo facessero. Aspettò che ne prendesse una o le dicesse di no e rimise l'involucro mezzo vuoto in tasca. « Devo già ricomparle » borbottò infastidita, parlando praticamente con se stessa. Fumava decisamente troppo. E non che le importasse del prezzo, fortunatamente era ricca, ma era una scocciatura dover sempre ricomprarle. Un giorno se ne sarebbe fatta spedire una scatola intera. « Eeee comunque » puntò lo sguardo negli occhi chiari di Zoey per un solo attimo, abbassandoli subito dopo verso terra « credo che dovrei chiederti scusa per come ho reagito a lezione, quando volevi curarmi. Non è stato il modo migliore per mostrarti ringraziamento, ecco » parlò velocemente, a disagio. Odiava chiedere scusa, era come ammettere di essere in torto. Dette un tiro di sigaretta scrollando le spalle, gli occhi fissi con ostinazione su un piccolo masso poco distante, evitando di incrociare il volto di lei.


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22 replies since 13/10/2014
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