Votes taken by •Lithium•

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    In azzurro parla all’auricolare

    Scheda ▴ Licantropo ▴ 23 anni
    Joëlle Marie Bresson
    Come si faceva a fare attenzione all’ambiente quando dall’auricolare fuoriusciva praticamente di tutto? Le battutine ci stavano, erano simpatiche, ma Meggie non poteva attendere di vedere la ragazza con i capelli corti di persona per presentarsi?
    « Quella luce che forse non hai visto, Joelle, era la dissolvenza per lacrime di una mamma Squonk, attenta, i cuccioli sono molto più aggressivi. »
    « Quindi non si dissolvono solo se cacciati… Che bello, mi fa piacere… », commentò ironica con un sorriso scoraggiato sul viso prima di togliere il dito dall’auricolare.
    A quel punto, poi, anche Chandra partecipò allo scambio di battute, quelle più divertenti, e Joe si distrasse inevitabilmente.
    Guardare dove stava mettendo i piedi non fu sufficiente ad impedirle di atterrare su un bastoncino del diavolo, e il rumore fece sì che ben due creature piagnucolanti e ora anche soffianti la vedessero.
    « È interessante sentire come la lontananza ispiri la voglia di partecipare ad una specie di chat erotica. Sarà il richiamo della foresta? », domandò Joe col suo accento francese e il tono lievemente divertito subito prima di sfilare l’auricolare. Era stato un gesto coraggioso, il suo… immischiarsi così in una conversazione nella quale non era stata invitata era una novità, ma era stata spinta dal fatto che nessuno avrebbe potuto guardarla in faccia. E non era cattiveria quella di interrompere il suono delle loro chiacchiere, avrebbe rimesso l’auricolare entro qualche minuto, ma il modo in cui quegli esserini le stavano soffiando contro non le piaceva e non poteva permettersi di farsi distrarre. Forse i suoi compagni potevano contare su qualche abilità appresa a scuola ma lei, per motivi del tutto personali, avrebbe dovuto fare affidamento solo ed esclusivamente sul proprio corpo così come era.
    Restò accovacciata, perché azzardare qualche passo nella direzione delle creature era fuori discussione. Avrebbe puntato sul sembrare innocua, sperando che il liquido in cui aveva infilato la maglietta favorisse un contatto un po' più amichevole con i piccoli. Immobile, allungò una mano con cautela, piano, e a quel punto non le venne altro da fare se non tentare di imitare quel suono prodotto dagli Squonk. Si sentiva infinitamente idiota, ma capitava di farlo con Henri, quindi perché non tentare anche ora? Si tenne anche pronta a scattare all'indietro, però, perché se l'avessero attaccata avrebbe avuto i muscoli pronti a muoversi per azzardare una schivata.
    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »


    Ho editato perché avevo fatto una roba assurda col code per incollare D:

    Edited by •Lithium• - 27/11/2016, 22:39
  2. .
    Scheda ▴ Licantropo ▴ 23 anni
    Joëlle Marie Bresson
    L'aveva notata. Be', era anche scontato: se Joëlle era riuscita a percepire il suo odore, sicuramente neanche lui aveva faticato a sentire lei. Rudy gliel'aveva sempre detto che non era difficile individuarla col fiuto giusto, e aveva tenuto a precisare anche quanto questo potesse giocare sia a suo vantaggio che a suo svantaggio. In questo caso, però, sentiva di potersene stare tranquilla.
    Accomodatasi sulla sua sedia, Joe accavallò una gamba poggiando un gomito sul ginocchio, così da poter sorreggere il mento col pugno chiuso. L'altra mano si rilassò a cavallo della coscia e a quel punto l'insegnante iniziò a parlare. La differenza abissale tra il Brakebills e Beauxbâtons venne confermata dal modo di esprimersi schietto e poco educato dell'insegnante, un aspetto che a Joëlle piacque e non poco. Era stanca delle scuole che ti piazzavano un bastone dietro la schiena e ti obbligavano ad essere una persona diversa dalla realtà e lì, entro certi limiti piuttosto ovvi, sentiva di poter essere più libera... una parola da prendere con le pinze.
    Quando il docente affermò che tutte le creature potevano essere pericolose e anche innocue, la ragazza si mosse appena sulla sedia. Era vero, maledettamente vero. Universalmente valido nel mondo delle creature. Comunque non si scompose, giustificando il movimento con la necessità di poggiare entrambi i piedi a terra, mettendo il destro sopra al sinistro. Quando arrivò il turno di parlare, poi, intrecciò leggermente le dita delle mani e sollevò lo sguardo sul professore.
    « Sono Joëlle. Mi sono diplomata a Beauxbâtons e qui devo ancora scegliere il mio percorso. Mi sto facendo un'idea delle diverse lauree... Comunque a scuola abbiamo studiato Creature ed Esseri Magici, ma non abbiamo mai affrontato i criptidi se non superficialmente, quindi credo di essere del tutto ignorante in materia. »
    Dopo il discorsetto peggiore che le potesse uscire fuori, Joe annuì con un sorrisetto stretto fra le labbra guardandosi intorno. Probabilmente nessuno se la stava filando, motivo per cui preferì sotterrare la sua faccia nella tracolla con la scusa di tirare fuori un quadernino e una matita. Evviva la vita...
    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »
  3. .
    Shaw Hynes
    25 ▪ Barista ▪ Scheda

    dQ8GW9d

    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »
    Ogni volta che lavorava la voglia di fumare, a seconda delle serate, diventava così forte che Shaw affidava il suo lavoro a quel ritardato di Cyd. Non gli avrebbe dato in mano neanche un fazzoletto sporco per la sua nulla affidabilità, ma in fin dei conti, per quanto lo riguardava, poteva anche demolire l'intero locale che tanto la colpa sarebbe stata sua e basta. Quindi quella sigaretta se l'era fatta con calma, gustandosela appoggiato al muro fresco del retro del locale e perdendosi il suono del pianoforte che veniva suonato all'interno. Aveva sempre reputato quello strumento assolutamente fuori posto in un locale come quello, specialmente quando suonato da mani sbronze e incompetenti che puntualmente venivano spostate a forza quando la pazienza aveva raggiunto il limite massimo di sopportazione; tuttavia, Shaw non l'avrebbe mai ammesso, il suono era piacevole quando a suonarlo era Jack. Se fosse stato dentro durante l'esibizione appena passata, silenziosamente avrebbe apprezzato.
    Rientrato dalla sua pausa Shaw tornò dietro al bancone, mandando Cyd a sistemare qualche tavolo e a prendere ordinazioni da parte di chi pareva avere qualche paralisi agli arti inferiori. Alzare il culo, probabilmente, era per pochi coraggiosi.
    « Posso offrire da bere al musicista che ci ha deliziati della sua musica, in un luogo tanto insolito? »
    La voce arrivò dall'altro lato del bancone. Shaw, vestito di nero per non smentire l'aria da funerale che aveva stampata in faccia, spostò lo sguardo sulla persona che aveva parlato. Aveva i classici tratti dei nani... Se si fosse messo in piedi di sicuro gli sarebbe arrivato ad altezza pompino, ma solo a pensarci l'inglese si diede della testa di cazzo. Un'immagine da vomito.
    « Non il whisky. Un Americano andrebbe bene, anche se non amo molto bere. »
    Fortunatamente arrivò una seconda voce a fargli spostare lo sguardo, appartenente a un ragazzo che evidentemente non aveva capito di essere al Felix.
    « Niente Americano, James Bond. Se non ti piace bere sei nel posto sbagliato. », disse Shaw avvicinandosi ai due e piantando i pugni sui lati del lavandino sotto al bancone per sorreggersi. L'odore di sigaretta sovrastava quello del bagnoschiuma, ormai cancellato dal locale stesso, e la voce lasciava intendere sia una nazionalità certamente non americana, sia una voglia di vivere pari a zero.
    « Nel listino c'è scritto tutto quello che puoi bere qui. Dai uno sguardo e poi fammi sapere che vuoi. », quindi tornò a guardare il nanetto, « Ancora Whiskey? », domandò dopo aver dato uno sguardo ai bicchieri vuoti e alla bottiglia che Cyd aveva lasciato fuori posto.
  4. .

    Shaw Hynes | Scheda

    Shaw non avrebbe mai potuto ammettere che, in fin dei conti, quel biondino inutile si era rivelato efficace in qualcosa, motivo per cui, per tutto il tempo in cui si erano dati da fare per terminare quel riparo, non l'aveva neanche degnato di uno sguardo. Non gli era mai piaciuto per motivi che ormai erano ovvi a chi avesse avuto il dispiacere di trascorrere del tempo in loro compagnia, e di certo non avrebbe cambiato idea per una stupida prova di sopravvivenza che avrebbero superato senza altri problemi... Forse.
    Shaw stava spostando un ramo piuttosto grosso per avvicinarlo al fuoco in modo che fungesse da sedile - così da non doversi bagnare i pantaloni su quel pezzo di terra ancora inumidito -, quando la voce di Morley tornò ad infastidirlo.
    « Mi sa che per oggi ti tocca saltare la cena »
    Si stava palesemente rivolgendo a lui, consapevole anche del fatto che se si fosse voltato in quel preciso istante avrebbe incontrato una di quelle espressione che non avevano diritto ad essere esibite per più di mezzo secondo. Quelle che vanno tolte di pugno, mentre una mano regge il collo della maglia per poter far rientrare il capo per un secondo destro ben piazzato fra la bocca e lo zigomo, dato naturalmente di striscio. Proprio in quel momento un rumore poco lontano attirò l'attenzione, distraendolo momentaneamente dall'istinto di menar le mani. La distrazione, però, durò giusto il tempo di constatare che della scimmia non gliene poteva importare di meno e che i frutti, qualora gliene fossero serviti degli altri, avrebbe potuto prenderli a momento debito. Aveva qualcosa di più importante da fare al momento.
    In silenzio avvicinò quanto bastava il ciocco al fuoco e poi raddrizzò le spalle, avvicinandosi a Morley con un passo lento, ben calcolato. Il mento leggermente sollevato e inclinato dalla piega leggera della testa verso una spalla e le sopracciglia corrugate in un modo quasi impercettibile parlavano chiaro: Ardan stava sul filo del rasoio.
    « Tu lo mangi il pesce crudo, genio? », domandò ad un passo da lui, guardandolo da una distanza di altezza di una decina buona di centimetri, quindi continuò senza aspettare una risposta a quella domanda, dato che era ovvia.
    « Abbiamo una quindicina di banane... Pensavo di mangiarle ma penso proprio che te le infilerò una ad una su per il culo facendotele contare, se non ti siedi e stai zitto. »
    A quel punto gli voltò le spalle per sedersi davanti al suo fuoco.
    « Non tirare troppo la corda che non ci metto un cazzo a spaccarti quella faccia pulita. »
    Quindi, se Morley non si fosse messo a giocare a braccio di ferro con la pazienza di Shaw più del dovuto, il ragazzo avrebbe raccolto da terra i frutti e ne avrebbe lanciato uno ad Ayumu.
    Quella non era una prova di sopravvivenza ma una prova di resistenza.
  5. .
    Shaw Hynes |
    Narrato, «Parlato», "Pensato"

    Con la simpatia di cui era palesemente munito era più che ovvio che nessuno avrebbe fatto la fila per duellare con lui mentalmente. E per fortuna, perché chi avrebbe mai voluto leggergli la mente? Per non parlare del fatto che, più che altro, era lui il primo a non volere che qualcuno gli entrasse in testa. Tuttavia sembrava destinato ad impegnarsi al massimo se voleva schermarsi da intrusioni indesiderate, dato che un rapido calcolo di compagni lo aveva portato a sedersi davanti al suo insegnante. Non poteva perdere troppo tempo e rischiare che lui attaccasse per primo, motivo per cui, con gli occhi affatto comunicativi, non si staccò dallo sguardo altrui. Era più che consapevole del fatto che inibirgli un senso avrebbe sortito ben pochi effetti sull'insegnante, era ovvio che l'uomo che aveva di fronte fosse più che preparato a difendere la sua mente da attacchi ben peggiori e in situazioni più complesse, e l'assenza di un senso non avrebbe di certo favorito una violenza psichica. C'era da dire però che Shaw, dalla sua, aveva la necessità di non lasciargli tempo di attaccare prima che potesse farlo lui e, soprattutto, il bisogno di dimostrare a se stesso e anche al pezzo grosso che gli sedeva di fronte di essere capace a creare una fessura anche solo minima nella muraglia che avrebbe creato attorno alla sua mente. Se non poteva indebolire l'avversario, quindi, poteva potenziare se stesso per poi attaccare con più sicurezza. Se c'era una cosa che Shaw era certo di possedere senza esagerare era la forza di volontà, specialmente quando si trattava di mettersi alla prova e di superare ostacoli, dimostrando a se stesso di possedere quelle potenzialità che piano piano cominciavano a rendersi più palesi. A dimostrare una minima crescita bastava solo notare come fosse seduto su quella sedia e non su una panchina dei giardini a farsi una canna, composto per non doversi distrarre a causa di una posa scomoda e con le mani poggiate sulle cosce per evitare di doverle muovere per motivi inutili.
    Senza perdere il contatto visivo con l'insegnante, forse anche per lasciare intendere quella sfumatura di sfida che proprio non riusciva a nascondere nello sguardo fermo, Shaw pronunciò l'incantesimo « Akti fos » per ampliare la percezione del sesto senso e della vista - il senso al quale era più legato e che aveva imparato a sfruttare -, così da potersi preparare a tentare una prima intrusione nei suoi ricordi. Lo sguardo fisso avrebbe inoltre facilitato a comprendere, forse, se la sua violenza mentale stesse avendo effetto o anche solo se stesse mettendo in difficoltà l'insegnante, perché le persone normali spesso comunicavano inconsapevolmente attraverso gli occhi. Quindi svuotò la propria mente, allontanando ogni pensiero inopportuno e, specialmente, ricordi che mai avrebbe voluto mostrare all'altro in caso di contrattacco improvviso. Il bisogno di prevalere e allo stesso tempo di proteggersi facevano a gara a chi dovesse avere la meglio sull'altro, ma al momento doveva pensare principalmente ad una sola cosa.
    « Illectum. »
    Crearsi una strada percorribile all'interno della mente altrui e creare un varco abbastanza grande da potersi affacciare sulla finestra dei suoi ricordi.
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    Shaw Hynes | Scheda

    Sì, ottenere banane era la cosa più impegnativa al momento e considerate le ultime avventure non proprio sane e tranquille era ormai abituato ad utilizzare più energia di quanta ne servisse anche in circostanze ridicole. Tipo quella... Il colpo naturalmente andò a buon fine e l'albero, tramando, gli regalò quelle quattordici banane che caddero a terra con un tonfo sordo, conficcandosi nella fanghiglia generata dalla pioggia dei furbacchioni. Facendo qualche passo in avanti e passandosi una mano fra i capelli bagnati per far scivolare via un po' d'acqua, Shaw raggiunse il loro cibo e lo sollevò da terra con una sola mano. C'era di buono che le banane avevano parecchie proprietà che si sarebbero rivelate utili per superare la notte senza troppi problemi, come il fatto che la buccia aiutasse contro eventuali punture di zanzare - con quell'umidità ne sarebbero arrivate a milioni, probabilmente -, o che mantenesse stabile la temperatura corporea. Certo, stimolava pure l'intestino e quello poteva rivelarsi un problema, ma perché pensare al peggio?
    Prima che potesse voltare le spalle all'albero qualcosa attirò la sua attenzione e lui sapeva bene chi fosse, l'aveva già vista senza degnarla di chissà quali attenzioni. Quei piccoli sassi lo colpirono sulla felpa ormai bagnata e caddero silenziosamente a terra mentre gli occhi di Shaw scrutavano privi di qualsiasi interesse il muso orribile dell'animaletto.
    « Be'? Che cazzo vuoi? », domandò senza alcuna logica assicurandosi il casco di banane fra il fianco e un braccio, fregandosene del fango perché tanto quella felpa avrebbe fatto una brutta fine.
    Guardò la scimmietta curiosa e sicuramente rompipalle per un paio di secondi, in silenzio e con un sopracciglio leggermente inarcato - che lei stesse cercando rogne? Una scazzottata western nel fango? Fattisottoluridoumano -, quindi decise di salutarla in maniera appropriata.
    « Brava, stai al tuo posto, scimmia di merda. »
    Era talmente urtato che aveva iniziato anche ad insultare una scimmia, ma la sua preoccupazione più grande - che preoccupazione -, era cercare un posto dove poter iniziare a creare un riparo per la notte. Se fosse riuscito ad andarsene senza dover davvero litigare con una scimmia - in quel caso, sicuro, le avrebbe bruciato il suo culetto spelacchiato -, avrebbe cercato qualsiasi pezzo di legno utile a costruire una specie di capanna, accatastando gli oggetti utili sulle proprie braccia per poi fermarsi nella prima radura disponibile. A quel punto avrebbe gettato tutto a terra per poter richiamare a sé il proprio elemento e tentare di seccare un minimo la terra bagnata per una zona di almeno tre metri per tre. Sicuramente non avrebbe rischiato di incendiare niente, considerando che l'acqua aveva reso fogliame, legname e qualsiasi altro -ame disponibile più bagnati che asciutti, e proprio per questo avrebbe necessitato di molta più concentrazione per poter far sì che il fuoco agisse sulla terra nell'esatto modo in cui si era mentalmente programmato: porzione di superficie dopo porzione di superficie, Shaw, in contatto con quel calore che ormai iniziava a sentire parte integrante del proprio essere, avrebbe dato vita a dei falò in grado di seccare il perimetro prestabilito tracciando una linea retta con la mano per volta, tentando inoltre di ingrandire senza esagerare ogni nuova fiammata aiutandosi con l'altro arto. L'acqua non avrebbe permesso ad ogni piccolo falò di restare acceso per più di qualche secondo, ma gli sarebbe bastato per riuscire nel suo intento: rendere il terreno prescelto il meno umido possibile per essere la pavimentazione interna del rifugio, e al contempo privo di fogliame inutile precedentemente spostato da Shaw con i piedi durante la delimitazione dei confini.


    Scusate se fa schifo ma sono tornata ora dal pomeriggio di lavoro >.<
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    Shaw Hynes | Scheda

    « So che ti piacerebbe ma no grazie, passo »
    Che senso aveva rispondergli? Aveva davvero voglia di sprecare altro fiato per il nulla? Assolutamente no. Non c'era bisogno di dare ulteriore fiato alla bocca per comprendere di essere senza dubbio superiore, ignorarlo con una semplice squadrata priva di espressioni bastava e avanzava. Prima o poi, senza alcun dubbio, Ardan avrebbe avuto il piacere di sentire il sapore del sangue in bocca per mano di Shaw. Per il momento le sue doti di autocontrollo erano più che ammirevoli.
    Spostò quindi lo sguardo per esaminare l'ambiente circostante, apparentemente privo di qualunque cosa non rientrasse nella categoria delle piante. Utile a pulircisi in caso di bisogno, fine della storia. Ma qualcosa doveva pure esserci, altrimenti era tutto un cavolo che li avessero mandati in quel punto preciso di bosco. Diede le spalle ai compagni che avevano iniziato a confabulare riguardo a luinonsapevacosa e fece qualche passo in avanti, in direzione del sole. Le foglie e la terra umida rendevano il suo passo silenzioso, ma di tanto in tanto il suono di qualche piccolo ramo spezzato scandiva il suo andamento senza fretta. Con le mani in tasca e quella piuma da checca a dargli un minimo di colore giunse nei pressi di quello che era un albero differente dagli altri. Si distingueva dai restanti sia per il legno che per il fogliame e, sollevato lo sguardo, Shaw riuscì ad aggiungere una terza differenza dal resto della vegetazione presente: aveva dei frutti, più precisamente banane.
    "Chiaro.", pensò sarcastico mentre spostava gli occhi su quella scimmia, "Da Ensor e Stein non potevo mica aspettarmi frutti diversi dalle banane."
    Domandatosi anche se piantate da qualche parte ci fossero pure zucchine, Shaw mise da parte pensieri inutili per pensare a come agire. Fu in quel momento di pre-concentrazione che iniziò a piovere. Anzi, non a piovere, a diluviare. Abbassò lo sguardo davanti a sé, serio per avere la forza di non bestemmiare subito, poi ruotò il capo verso Ayumu e Morley con una lentezza mortale.
    Con tutta quell'acqua, gli insetti se li sarebbero divorati vivi. La situazione stava andando di male in peggio e per non incazzarsi maggiormente decise di lasciarli fare e di limitarsi a pensare al cibo, per il momento.
    Per prima cosa avrebbe tentato di far cadere il casco di banane con un colpo telecinetico indirizzato verso i rami che sorreggevano le banane. Chiuse il pugno della mano destra, quella del braccio dominante, più forte rispetto al sinistro, e sfruttando un movimento rotatorio del busto per poter scagliare un colpo più potente avanzò leggermente col busto mentre il braccio, con la mano che iniziava ad aprirsi, tagliò l'aria per arrestare il movimento solo dopo aver raggiunto la sua massima estensione. Il palmo era aperto e il colpo, se andato a buon fine, avrebbe impattato contro quel ramo pieno di banane abbastanza forte da farlo oscillare violentemente. Fisicamente Shaw non aveva nulla da invidiare a nessuno poiché si allenava costantemente, quindi la sua forza fisica era invidiabile già al naturale. Di conseguenza, essendo anche piuttosto testardo nel voler raggiungere i suoi obiettivi, un colpo telecinetico inferto da lui avrebbe dovuto imparare con una potenza maggiore rispetto ad un semplice pugno, aiutandolo nel suo intento. Della scimmia se ne fregava, per quanto lo riguardava poteva starsene dove meglio credeva finché non gli avrebbe rotto l'anima. In quel caso, al massimo, un po' di fuoco sarebbe bastato probabilmente a spaventarla. Per ora gli interessava solo far cadere quei frutti e, accertatosi che fossero abbastanza, si sarebbe diretto verso una zona possibilmente più asciutta per rendere il terreno più abitabile ed iniziare a ideare un riparo che reggesse. Sperava, intanto, che gli altri due fossero alle prese con qualcosa di utile.
  8. .

    Shaw Hynes | Scheda

    Q
    uel viaggio tramite passaporta fu, naturalmente, da vomito. Nel momento in cui Shaw atterrò su quel suolo morbido esordì con una delle sue imprecazioni colorite rivolte al Creatore, giusto per ricordargli di tanto in tanto che sfogarsi a discapito di qualcuno privo di pietà poteva essere piuttosto soddisfacente. Detestava non essere pronto a qualcosa, figurarsi lo spostamento corporeo per mezzo di una volontà che non era la propria.
    Gli ci volle qualche secondo per riprendere pieno possesso delle proprie facoltà e farsi passare quel fastidio prepotente, ma fu una parentesi davvero breve perché ciò che l'aveva appena accolto superava di gran lunga i limiti delle sue abilità nel mantenere la calma.
    « È una presa per il culo. »
    Le parole si mossero in direzione di Ardan. Possibile che, oltre ad essere finito in mezzo ad insetti che minacciavano di infilarglisi in bocca, dovesse persino superare quella prova di sopravvivenza insieme a Morley? Probabilmente non poteva esserci accoppiata peggiore che non fosse quella, perché ormai era chiaro a tutti quanto poco si tollerassero a vicenda. Sebbene Shaw limitasse le conversazioni al minimo, concedendosi giusto il gusto di chiedergli di non infastidirgli l'udito, appariva più che ovvio che non riuscisse a sopportare la presenza del biondo. Era il classico tipo al quale, ai suoi tempi d'oro, avrebbe tranquillamente spaccato il naso solo per averlo guardato con un minimo di superiorità. Quindi insomma, quella lezione era già iniziata no male, malissimo.
    Sbuffando con la velata aria di chi non poteva davvero credere a tutto quel teatrino, spostò lo sguardo su Ayumu e le rivolse un cenno del capo. Lei gli era indifferente, il che era senza dubbio un complimento, qualcosa di molto positivo. Infine passò ad osservare l'ambiente che li stava ospitando. La sopravvivenza senza niente e senza uno scopo che non fosse, appunto, sopravvivere in un posto come quello, apparentemente senza nulla che potesse aiutarli, non aveva poi tutto quel senso. Perché non poter sfruttare anche ciò che avevano appreso con altre materie per aiutarsi? In situazioni realmente pericolose lo avrebbero fatto senza pensarci due volte, soprattutto perché a disposizione avevano incantesimi apparentemente inutili. Tuttavia i patti erano chiari: niente cazzate.
    Ricordava l'elemento di entrambi i ragazzi e questo, di sicuro, li vedeva pietosamente svantaggiati. Con acqua e fuoco soltanto avrebbero faticato il triplo a metter su un rifugio decente in poco tempo perché, naturalmente, avrebbero anche dovuto cercare del cibo.
    "Dove, che non si capisce un benamato cazzo.", pensò sollevando appena un sopracciglio in un moto di stizza potente. Non avendo idea di dove si trovassero era anche impossibile orientarsi ad occhio e riuscire ad imboccare una strada utile.
    Sbuffando con quella che sembrava ben poca voglia di vivere, Shaw iniziò a guardarsi intorno per vedere se da qualche parte ci fosse qualcosa di commestibile, tanto per iniziare.
    « Va be'. Prima di costruire un riparo ci tocca trovare qualcosa da mangiare, quindi ci conviene camminare perché ci stanno solo insetti del cazzo. »
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    Shaw Hynes | Scheda

    I
    l secondo anno al Brakebills College era tutta un'altra storia rispetto al precedente. Durante il primo avevano riso e scherzato - non letteralmente, nel caso di Shaw -, preparandosi più con la pratica che con la teoria vera e propria a conoscere il proprio potenziale magico; l'anno attuale, invece, stava iniziando a prendere una piega ben diversa. Erano molti i corsi che avevano impegnato gli studenti con prove più impegnative e movimentate, un aspetto della scuola che Shaw non poteva che apprezzare. Di lui non si poteva certo dire che fosse così abile nelle materie incentrate sulla psiche, ma sul piano fisico non aveva nulla da invidiare a nessuno. Si era sempre allenato, mettendo alla prova il proprio corpo e portandolo al suo limite per poterlo superare di volta in volta un po' di più. Inoltre aveva fatto pratica con le materie che avrebbe seguito quella mattina: Elementale e Psicocinesi. Preferiva la prima, poiché con il proprio elemento aveva sviluppato una sorta di strano legame da quando si era ritrovato a doverlo richiamare per necessità, modellandolo a proprio piacimento affinché gli permettesse di salvarsi la vita. Quindi a lezione ci andò con uno spirito diverso, sebbene l'aspetto fosse lo stesso di sempre.
    Arrivò puntuale ed entrò in classe senza dire una parola, intimamente meravigliato dallo scenario che probabilmente Ensor aveva deciso di creare arricchito da Stein in camicia. Meravigliato non in senso positivo... Era la scena più patetica alla quale avesse mai assistito. Tuttavia perse poco tempo a pensare a certi inutili dettagli per poter ascoltare le poche indicazioni che gli insegnanti fecero uscire dalle loro bocche, anch'esse di ben dubbia utilità.
    Se l'ambiente era un inno al trash più assoluto - stando al pensiero di Shaw -, quelle piume colorate erano del tutto irrispettose. Un insulto colorito sarebbe stato molto più apprezzato...
    "Ma guarda che cazzo mi tocca fare...", pensò Shaw infilandosi quel simbolo di checcaggine infinita dietro all'orecchio. Poi fu questione di attimi prima che il suo corpo venisse strappato da quel pezzo di terreno per essere condotto lontano, e non essendo ancora abituato a quel tipo di trasporto avrebbe imprecato ad alta voce una volta atterrato a destinazione. Un insulto a una donna di facili costumi qualsiasi pronunciato con stizza e a gran voce, da bravo Lord.


    Ragazzi scusate per tutto! Sono tornata dal lavoro e ho dovuto scrivere un ingresso di corsa perché ho gente a cena!
    Inoltre non ho idea di come sia uscito fuori il code perché sono dal cellulare, in caso quando entro dal pc lo sistemo!
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    Ragaaa, scusate il ritardo! Se vi serve un barista ditelo e arrivo!


    Edited by •Lithium• - 11/10/2016, 15:11
  11. .

    shaw
    A
    veva intenzione di accendersela quella sigaretta intrappolata fra le labbra curvate? Magari per lanciare all'altro un'idea di sé infinitamente tranquilla di fronte all'ipotesi di dover rispondere a qualche attacco? Justin si era palesato a lui in un modo sicuramente eccessivo, perché in fin dei conti sarebbe bastato piazzarglisi davanti senza dover fare il pipistrello sui pali con il fetish per le armi giapponesi, dunque non si aspettava di certo che gli offrisse una birra e pretendesse quattro chiacchiere. Ma se Shaw avesse voluto assistere ad uno spettacolo simil DC Comics avrebbe pagato un biglietto per il cinema.
    La tranquillità con la quale se ne stava lì, in piedi e con una mano in tasca a toccare l'accendino, era la stessa che era fin troppo abituato a mostrare nei casi in cui segni di debolezza non erano ammessi, perché il primo passo verso la sconfitta era il minimo segno di cedimento a qualsiasi tipo di pressione. Attese una risposta a quella prima provocazione lanciata, un po' a ricordargli chi l'aveva portato ad indossare una tutina nuova, ma non sentendo assolutamente nulla gli venne spontaneo pensare che l'altro avesse deciso di ignorarlo.
    Male, molto male, essere ignorato non gli era mai piaciuto, ma riconosceva in quel gesto una certa maturità verso la quale si sentiva necessariamente in dovere di rispettare. Peccato che l'altro, una risposta silenziosa, l'aveva data.
    Con i piedi piantati in sull'asfalto, il sinistro leggermente più avanti rispetto al destro, Shaw osservò i movimenti di Nightslash tenendo il corpo pronto a scattare. L'aveva visto combattere, seppur minimamente, quindi sapeva di non doverlo sottovalutare neanche quando era fermo. Pazientò, l'inglese, lasciandogli il tempo di recitare quella scenetta che stava mettendo su solo per lui.
    « Quindi, sei piuttosto potente. »
    Il viso di Shaw, che durante quei secondi di paura era tornato ad esibire la sua espressione base, si illuminò leggermente, di nuovo. Negli occhi si leggeva un'ombra di soddisfazione, le labbra tornarono a piegarsi su un lato ma stavolta andarono a curvarsi leggermente verso l'alto mentre le spalle andavano loro incontro.
    « Così mi stai dicendo. », rispose quasi con modestia.
    Inutile negarlo, quell'affermazione lo compiaceva quasi da far schifo ed era una grossa soddisfazione sentirselo dire da qualcuno che, con molta probabilità, poteva vantare abilità straordinarie. Quindi il complimento se lo prese per portarselo a casa, senza negare l'ovvio. Ma non c'era spazio a distrazioni date dal compiacimento del proprio ego, soprattutto ora che l'altro aveva ripreso a parlare, voltandogli le spalle. Pensava forse che l'avrebbe attaccato alla schiena come il peggiore dei cani? Oppure voleva semplicemente distrarlo, renderlo schiavo dell'assenza evidente di pericolo e sorprenderlo? Justin era un ragazzo che usava le tenebre per muoversi, per mescolarsi all'ambiente e passare inosservato, quindi attacchi a sorpresa non erano assolutamente da escludere.
    « Volevo incontrarti... Per vedere quanto... »
    Ed eccolo lì, il figlio di buona donna, ad attaccare proprio nel bel mezzo del discorso. Gli occhi di Shaw si allargarono rapidamente nel momento in cui notò il corpo girato di Justin iniziare quella rotazione, e in un tempo brevissimo quella catena iniziò la sua rincorsa verso il corpo del ragazzo puntando all'altezza della testa. Non ci rifletté neanche a muoversi: il piede destro si spostò verso l'esterno in un affondo che permise al busto di abbassarsi e lanciarsi verso un lato, così da poter schivare quella catena senza però cadere a terra. Fece qualche passo rapido verso destra, spostando lo sguardo verso il muro poco lontano per poter calcolare lo spazio a disposizione verso quel lato della strada, poi lo riportò su Justin per non perderlo di vista. La sigaretta era naturalmente caduta a terra, ma poco gliene fregava di quel cilindro di morte adesso. Aveva agito d'istinto e aveva fatto bene, perché se avesse tentato di afferrare quella catena avrebbe sicuramente rischiato di farsi male.
    « Ma che problemi del cazzo c'hai? »
    Non aveva intenzione di rispondere al fuoco col fuoco, almeno non ancora e, soprattutto, non dopo aver passato la giornata fra allenamenti e lavoro. Però mantenere il sangue freddo e la ragione a prevalere sulla voglia di rispondere alle provocazioni non era facile.
  12. .

    shaw
    G
    li ultimi mesi erano stati impegnativi. Aveva dovuto scendere a patti con se stesso e, nonostante ancora non avesse cavato un ragno dal buco, certamente aveva avuto modo di riflettere e di approfondire alcuni suoi comportamenti relativi alla battaglia con l'Alchimista e con Ra'm. C'erano stati vari punti presi in analisi, sempre dal peggiore al migliore per poter concludere la riflessione cullandosi in qualcosa che facesse certamente bene al suo ego. Partiva sempre dal perché avesse curato il biondo - per l'altro aveva la scusa del conto in sospeso ad alleggerire il problema -, poi si domandava come mai avesse deciso di collaborare fin dal principio con Joy e col suo amico, lo stesso che in pratica li aveva spinti fra le braccia del nemico. Non bastava chiedere di aiutare? Così che potessero decidere consapevolmente se mandarlo a fanculo o se risolvere quel problema insieme a lui?
    Inoltre aveva deciso di combattere insieme alla Davis, quindi spalleggiare qualcuno per raggiungere una sorta di bene comune. Il pensiero positivo, invece, stava in ciò che aveva fatto alla fine. Quell'esplosione inaspettata che era riuscito a generare quasi dal nulla. Che fosse in grado di padroneggiare il fuoco, ormai, l'aveva compreso più che bene, ma che sapesse generare qualcosa di così grande e distruttivo era una novità. Ne era rimasto affascinato, appagato perché certo ormai di essere nel mondo in cui avrebbe dovuto essere da sempre. Ci si era sentito dentro a tutti gli effetti perché aveva creato qualcosa che nessuno gli aveva insegnato a lezione e ciò lo compiaceva. Era stato anche il motivo che ora lo vedeva girare per le strade di New York con una mano davanti e una dietro, comportamento che si sarebbe rivelato utile proprio quella sera.
    Stava camminando ormai da qualche minuto, più che certo di essere seguito come al solito, e attraverso i vicoli sporchi di New York continuò a procedere senza mai fermarsi con quella sigaretta spenta a penzolargli dalle labbra e l'accendino ancora nella tasca dei jeans.
    Un rumore proveniente dall'alto lo avvertì della presenza sempre più vicina della sua ombra, ma Shaw continuò a camminare finché questa libertà non gli venne tolta per un breve tempo. I due shuriken si conficcarono a terra a qualche passo da lui, l'elettricità sfoggiò quella luminosità pacchiana neanche fosse arrivato il Natale in anticipo e l'attenzione del ragazzo fu catturata. I piedi arrestarono quel passo cadenzato da una tranquillità calcolata e gli occhi, scrutato brevemente il terreno colpito, risalirono verso l'alto fino ad incontrare la figura mascherata di Justin. Il petto di Shaw venne scosso in modo impercettibile da una bassa e brevissima risata, la stessa che gli fece curvare un angolo di labbra nell'unico sorrisetto che era solito fare.
    « Tutina nuova? », domandò mentre infilava una mano nella tasca, fermo sui propri piedi, poi continuò.
    « L'abbiamo superata la fase della segretezza, perché devi essere così scenoso*? »


    *Scenoso significherebbe teatrale...
  13. .

    shaw
    N
    ei postacci ci sguazzava con la stessa naturalezza di un pesce in un acquario. Conosceva le persone, i comportamenti delle persone e le loro espressioni. Era in grado di prevedere azioni, a volte semplicemente osservando alcuni movimenti involontari o pieghe del viso, perché la gente comune di espressività in corpo ne aveva da vendere sempre, specialmente quando ad attivarsi erano gli istinti ben più forti della ragione.
    Il Felix era una prateria colma di specie diverse di animali e lui era un falco, silenzioso ma attento ai dettagli. Probabilmente stava sui gioielli a tutti dato che non aveva la stessa parlantina apparentemente spensierata di Jack né quel modo quasi bonariamente molesto di Cyd, perché lui era quello che quando voleva si metteva a fissare o evitava di rispondere, e se fissava il motivo poteva essere solamente uno: rischio rissa o imminente vomitata sopra qualche tavolo. La prima lo lasciava abbastanza indifferente finché non si ritrovava a dover schivare qualche colpo volante, la seconda invece lo faceva incazzare di brutto. Di vomito non aveva mai dovuto raccogliere neanche il proprio, figurarsi se impazziva dalla voglia di pulire quello di chi non era in grado di darsi una regolata.
    Quella sera, non che fosse chissà che grande novità, a vomitare era stato quello scarto della natura di Cyd - in fondo in fondo lo apprezzava... anche se molto in fondo -, che come al solito non si era risparmiato dal buttare giù più bicchierini di alcol scadente di quanti non gliene reggesse lo stomaco. Shaw aveva capito l'andazzo già qualche ora prima, quando gli aveva detto che se avesse dato di stomaco lo avrebbe imboccato con i suoi stessi scarti e che poi sarebbe stato un continuo vomitare e rimboccare finché non fosse svenuto, "che tanto saresti più utile così che a fare un cazzo". Quando poi le sue previsioni si erano dimostrate reali aveva risparmiato al coglione quel pasto di morte e non aveva fatto altro che sbattergli la testa sul tavolo e ficcargli fra le mani quello scopettone col quale avrebbe per forza pulito la sua stessa merda. Ma a quella scena non avrebbe assistito, fortunatamente il suo turno era finito.
    Salutati i colleghi con un cenno del capo e un'espressione che velatamente mostrava un "vedetevela voi", Shaw risalì in superficie ed uscì dal Felix. Il visto era come al solito una maschera contrariata nei confronti della vita, nonché un'arma contro eventuali scocciatori. Era davvero difficile che qualcuno gli si avvicinasse e a lui andava più che bene, perché poter decidere con chi dialogare, per il ragazzo, di certo non era cosa da poco.
    Infilata una sigaretta fra le labbra e lanciato uno sguardo più o meno in ogni angolo di strada, Shaw si incamminò verso il Brakebills per potersi concedere quel riposo che considerava più che meritato. Nessuna cuffia ad ostacolare l'udito, però, perché da un po' di tempo a quella parte Shaw aveva capito che qualcuno aveva iniziato a seguirlo. I sensi stavano sempre in allerta, pronti a captare qualsiasi suono o ombra nelle vicinanze per poter avere la prontezza di reagire in caso di un eventuale attacco. Nonostante ciò non era paura quella che provava nei confronti dell'ignoto che, in fin dei conti, lui non riteneva essere così ignoto, perché un'idea circa il suo stalker personale aveva iniziato a farsela. Il suo corpo era semplicemente carico d'adrenalina, sempre sull'attenti e preparato a qualsiasi cosa. Farsi cogliere impreparato non poteva proprio permetterselo.
  14. .

    Shaw
    Hynes
    24 | Student | Felix | Sheet | Pensieve
    I think god is moving its tongue. There's no crowd in the streets and no sun in my own summer.
    The shade is a tool, a device, a savior. See, I try and look up to the sky but my eyes burn.
    Probabilmente la Magia Bianca non vedeva Shaw di buon occhio. Fra di loro c'era una specie di faida creatasi nel momento in cui il ragazzo aveva deciso di non rimettere in piedi sua madre. Una lotta un po' sanguinolenta che vedeva vittorie e sconfitte alternarsi come una palla sul campo da tennis, dove in pratica lo scambio fra le due veniva scandito da colpi piuttosto sonori che non erano altro se non esperienze. Durante quella lezione da primino aveva vinto Shaw, mentre in primavera inoltrata il grido di soddisfazione era provenuto dalla bocca della Magia Bianca, seppure avesse giocato sporco facendosi aiutare da qualche erba presa in prestito. A Shaw non piaceva perdere, ma in quel momento era disposto a gettare la racchetta a terra e a consegnare il premio a Callaway e ai suoi insegnamenti, perché sopprimere l'aura era davvero tutto ciò di cui aveva bisogno per poter raggiungere la base nemica e prendersi un po' di meritata soddisfazione. Il primo tentativo fu un let - più comunemente noto come net -, il secondo fece guadagnare punti a quella materia non particolarmente apprezzata, di base, ma della quale iniziava a comprendere la grossa utilità. Con un risultato del genere, Shaw riuscì a muoversi attraverso l'arena senza attivare nulla di anomalo e potendo così farsi strada fino alla base nemica, ma fece appena in tempo a scorgere il rosso mirare ai cristalli, vederlo distruggerli e anche a tirare giù un'imprecazione degna di un principe che lo scenario della "finta" battaglia, in pochi secondi, lasciò il posto alla solita aula noiosa e alla faccia compiaciuta dell'insegnante.
    Con le sopracciglia leggermente corrugate, Shaw piegò lievemente il capo all'indietro e prese a toccarsi il collo con una mano. Lo infastidiva sinceramente non essere arrivato in tempo alla base, aver utilizzato le proprie energie per ottenere un risultato equivalente al niente più assoluto. Sapeva gestirlo il fuoco, ma questo lo sapeva già. Avrebbe dovuto attendere la lezione successiva per testare gli altri incanti appresi?
    Mentre l'insegnante parlava, lui ascoltava solo per modo di dire, perché con la testa viaggiava altrove. Tornò in aula solo quando si sentì nominare, quindi nel momento in cui quel cristallo blu apparve sul suo banco e poi qualche secondo più tardi, quando dopo averli congedati Callaway palesò alla classe i suoi timori circa eventuali situazioni future spiacevoli facendo riferimento a ciò che Shaw aveva vissuto. Lui non aveva davvero alcun dettaglio da chiedere all'insegnante, così come Zoey verso la quale allungò un'occhiata breve prima di girare i tacchi e uscire dall'aula. Strinse il cristallo nella mano e, insieme ad essa, lo infilò nella tasca della felpa che lasciò aperta sul petto che non era più coperto da quella tutina orrenda che gli aveva però ricordato di fare un salto a quella confraternita di cervelloni.

    Per quanto non gli piacesse ciò che faticava ad apprendere, piano piano Shaw aveva iniziato a scendere a patti con se stesso e, in questa specie di sagra della pietosa accettazione di alcuni propri limiti - e poi e poi -, c'era da ringraziare indirettamente anche quello sfigato infinito di Callaway.
  15. .

    Shaw
    Hynes
    24 | Student | Felix | Sheet | Pensieve
    I think god is moving its tongue. There's no crowd in the streets and no sun in my own summer.
    The shade is a tool, a device, a savior. See, I try and look up to the sky but my eyes burn.
    Non aveva idea se una delle due avesse subito quel danno momentaneo alla vista e non avrebbe di certo perso tempo ad accertarsene. Mantenere quella prigione di fuoco ad accerchiare le due ragazze richiedeva una certa concentrazione mentre il corpo iniziava a muoversi per permettergli di levarsi di torno, convinto che le viamme avrebbero favorito uno spostamento inosservato. Non aveva nessuna intenzione di farle svenire a causa del fumo ma tutto si sarebbe risolto in un tempo molto breve: con lo sguardo individuò la strada per proseguire il percorso verso la base nemica e verso quello si diresse a passo rapido, continundo però a restare in contatto con quelle fiamme alte che era riuscito a stabilizzare.
    Solo una volta imboccata la via prescelta, quella centrale, Shaw interruppe la manipolazione elementale per poter sopprimere la propria aura . Aveva assolutamente bisogno di cancellarsi, di rischiare il meno possibile di attivare chissà quale pietra e incontrare qualche bestiaccia ad ostacolargli il percorso. La forza di volontà c'era tutta, la concentrazione quando si trattava di mettere al riparo il proprio bel didietro anche, quindi si prese qualche breve istante per far scomparire la propria aura. Se non fosse riuscito la prima volta a causa della magia elementale usata poco prima, avrebbe fatto un secondo tentativo per potersi fare strada nell'ombra lungo la strada verso la base delle ragazze.
    Aveva sentito perfettamente il suono testimone della distruzione di uno dei cristalli e sapeva di doversi sbrigare per dare man forte. Non era una strana voglia di aiutare a mandarlo avanti, non era affatto abituato al gioco di squadra né gli piaceva particolarmente a patto che non fosse necessario e utile. A maggior ragione con il rosso che aveva anche pensato di comandare… forse avrebbe potuto farlo con i biondi ma non con lui. Quindi quella corsa attenta ad eventuali ostacoli era solo dettata dalla voglia di vincere e, soprattutto, di partecipare attivamente anche per esercitare e testare le proprie abilità. Durante il percorso osservò attentamente tutto ciò che lo circondava o che precedeva la propria strada, così da poter girare a largo di qualsiasi impedimento avrebbe trovato lungo il percorso.
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