Votes taken by •Lithium•

  1. .

    Shaw
    Hynes
    24 | Student | Felix | Sheet | Pensieve
    I think god is moving its tongue. There's no crowd in the streets and no sun in my own summer.
    The shade is a tool, a device, a savior. See, I try and look up to the sky but my eyes burn.
    Fosse riuscito ad ottenere quella pietra se ne sarebbe andato in pace, lasciando loro il tempo di tagliare la corda o di spegnere quel fuoco che non le aveva minimamente ostacolate. Ma a quel punto, senza niente in mano e con l'energia che veniva risucchiata dalla scudo, Shaw non se ne sarebbe andato senza prima aver tentanto di bloccarle lì, in quel posto, o comunque rendere loro più complicata una fuga per andare a conquistare la loro base. Fallito l'Accio decise di lasciare andare il proprio scudo energetico, così da potersi concentrare su qualcosa di più utile al momento. Per quel che ne sapeva e che le ragazze avevano dimostrato durante quei minuti non lo avevano visto, quindi approfittare della situazione per scatenare un po' di caos gli sembrava più che ragionevole. Al riparo dai loro sguardi si concentrò su Taylor, mantenendo il contatto visivo attraverso un cespuglio per inibirle la vista allo scopo di indebolire almeno uno dei suoi sensi e, non appena la ragazza avesse dato segno di non poter vedere, una volta ritrovato il contatto con quel calore distruttivo che ormai sentiva proprio Shaw avrebbe sollevato le braccia all'altezza del petto, attraverso qualche ramo per poter direzionare al meglio i propri movimenti, per manipolare il proprio elemento affinché crescesse in altezza e accerchiasse le due ragazze senza colpirle. Una prigione di fuoco che gli avrebbe permesso di prendersi un minimo di soddisfazione prima di decidere cosa fare successivamente e, soprattutto, le avrebbe tenute impegnate almeno per un po' evitando che si mettessero a correre verso la loro base. Avrebbe contato sull'effetto sorpresa, le probabilità di riuscita erano piuttosto alte.
  2. .

    Shaw
    Hynes
    24 | Student | Felix | Sheet | Pensieve
    I think god is moving its tongue. There's no crowd in the streets and no sun in my own summer.
    The shade is a tool, a device, a savior. See, I try and look up to the sky but my eyes burn.
    Ricominciare le lezioni non era stato traumatico quanto l'anno precedente, quando si era ritrovato a dover tenere il didietro incollato su quelle panche per ascoltare parole che inizialmente gli erano sembrate eccessivamente senza senso. Ormai il senso di tutte quelle stranezze l'aveva compreso, forse fin troppo bene, e lo spirito con cui aveva ripreso a frequentare era senz'altro molto differente rispetto a quello del primo anno al Brakebills. Lui aveva bisogno di imparare, di capire come utilizzare al meglio le proprie capacità e superare quei limiti che avrebbero potuto condurlo verso una fine che non fremeva affatto a raggiungere. In più doveva prendere in considerazione il fatto che ormai, da quando aveva combattuto la sua prima battaglia, aveva capito di essere seguito, spiato e avvicinato quanto bastava affinché non riuscisse ad intercettare il suo stalker personale. Lusingato, quasi, e allarmato allo stesso tempo. Doveva migliorare, su questo non c'era dubbio.
    Seguire il corso di Callaway era stata una scelta più che pensata, dato che l'anno precedente l'avrebbe mandato a fanculo molto volentieri prima di comprendere che, in fondo, quella materia aveva i suoi perché. Doveva solo capirla, studiarla ed esercitarla meglio, così da poterla sfruttare con una piena consapevolezza delle proprie azioni. Il fatto che volesse imparare, però, non lo obbligava certamente ad indossare i panni del ragazzo volenteroso e ben disposto addirittura ad un lavoro di gruppo, magari con un bel sorriso stampato in faccia e Gentilezza per secondo nome. Ipotesi scartate prima ancora che potessero anche solo strisciargli in testa alla velocità di un bancomat, anche a causa dei componenti della sua squadra. Praticamente l'avevano infilato in un gruppo di decerebrati. La vera sfida era ascoltarli?
    Dopo il discorso di Callaway Shaw infilò la tuta e quel cristallo rosso, ritrovandosi in un battito di ciglia nell'arena citata qualche secondo prima dall'insegnante.
    «Ok ragazzi, poche chiacchiere, dobbiamo fare bum con le pietre e smash sulle facce, e il primo che si tira indietro perchè sono donne giuro che gli faccio il culo personalmente»
    Shaw si girò verso quello che riconobbe essere il rosso e, senza nemmeno rispondergli perché non ne valeva neanche la pena, si limitò a squadrarlo brevemente prima di tornare con gli occhi su ciò che aveva intorno. Nemmeno il tempo di osservare che qualcuno aveva già iniziato a parlare, ma almeno lui, forse, avrebbe detto qualcosa di sensato a differenza dei biondi che sicuramente avrebbero dato prova di quanto fossero lenti di cervello. Di uno ne aveva già avuto la prova.
    «Ho un'idea»
    Stavolta Shaw non si girò. Gli rispose dandogli le spalle con tono basso e senza lasciar trapelare chissà quale sentimento.
    « E allora faccela sentire. »


    Accademia di formazione per le Forze Speciali! Segue: Magia Elementale, Magia Evocativa, Magia Runica, Psicocinesi, Alchimia (l'ultima al primo anno). L'anno scorso ha seguito anche Magia Psichica della quale, credo, farà i recuperi se possibile! È specializzato in Scudo Energetico e Energisfera, la sua aura è rossa

    Edited by •Lithium• - 15/9/2016, 12:36
  3. .
    CITAZIONE
    Grazie del benvenuto, bro ❤︎

    Per te posso anche fingere di avere un gingillo, mi sta bene ❤︎
  4. .
    Shaw Hynes ▴ 24 yo ▴RubinoScheda
    Nel momento esatto in cui la palla di fuoco stava per essere scagliata contro quella creatura, la terra sotto ai piedi di Shaw iniziò a spaccarsi. Il colpo era già stato caricato ma la mira non fu delle più precise. La scarpa affondò violentemente in una delle crepe, il ginocchio già leso si sbucciò maggiormente, il corpo si sbilanciò in avanti e il suo attacco percorse una traiettoria sbagliata, riuscendo a ferire la creatura solo parzialmente. Mentre con una mano si rimetteva in piedi fra le macerie, acquisendo nuovamente l’equilibrio perduto, Shaw non smise mai di osservare la chimera, notando solo distrattamente i movimenti della sua compagna che, di lì a poco, avrebbe perso di vista.
    Quella nebbia intensificata anche dagli attacchi dei ragazzi iniziò ad attenuarsi, favorendo a Shaw la possibilità di osservare l’ambiente circostante per riuscire a servirsi di qualcosa di materiale e, allo stesso tempo, capire quanti danni avesse inflitto nella chimera. Gli ci volle poco a comprendere che lo scontro era ancora agli inizi; con quel suo colpo non aveva fatto altro che ridurre quasi a moncherini solo due dei numerosi arti di quella bestiaccia che aveva anche preso a vomitare sangue. Era quello il momento di sferrare un altro attacco, doveva assolutamente approfittare di quella specie di pausa per ingegnare qualcosa che potesse danneggiare anche i restanti arti, se non addirittura tutto il corpo una volta per tutte. L’idea di attaccare fisicamente e babbanamente, se vogliamo, gli balenò in testa solo per qualche attimo, perché sebbene la prospettiva di piantargli quel coltello che portava sempre con sé lì dove non batte il sole, pensare a doverglisi teletrasportare fra quelle lunghe gambe scricchiolanti era piuttosto fuori discussione. Un corpo a corpo con una cosa che di sicuro non vedeva l'ora di stringerlo fra i propri artigli: probabilmente sarebbe stato come mettersi la firma sulla propria morte, dato che di certo non stavano lì per dare una pacca sulle spalle o dispensare abbracci… In più, non conoscendo assolutamente niente circa creature di quel tipo non gli pareva proprio il caso di mettersi a testare le abilità di quella che aveva di fronte. No, meglio tenersi ad una distanza di sicurezza finché possibile e tentare di servirsi di quanto appreso durante quell’anno al Brakebills College.
    “Poca roba, ma meglio di niente…”
    Senza mai staccare gli occhi dalla chimera per più di mezzo secondo, Shaw iniziò a scagliarle contro i detriti emersi dalla scossa tellurica della Davis con schivate telecinetiche, spostando il proprio corpo di un passo all'indietro ad ogni spostamento energico e alternato di braccia. Nonostante la sensazione di essere sopraffatto da un inevitabile panico, a mantenere la concentrazione ci si stava impegnando con tutte le sue forze, perché in fin dei conti la volontà di sopravvivere possibilmente illeso prevaleva su tutto. Avere la testa abbastanza sgombra da escogitare una strategia seriamente vincente, però, era tutta un'altra cosa.
    Agendo quanto più velocemente possibile gli permettessero due sole braccia e due gambe, Shaw continuò ad indietreggiare con qualche pausa per cercare di mirare quelle schivate telecinetiche alla testa della creatura e a quella bocca dalla quale fuoriusciva sangue, con una forza palesata dalla mandibola serrata e i denti scoperti. Far spostare un oggetto alla volta richiedeva un'energia minore rispetto a muoverli tutti in blocco e, nonostante l'ultima opzione potesse essere forse migliore della prima, Shaw sentiva che se avesse agito diversamente poi non sarebbe riuscito a richiamare nuovamente il proprio elemento. Solo riacquistata una certa distanza e qualche secondo per riprendersi avrebbe tentato un altro colpo elementale ben piazzato e, se possibile, più carico del precedente e indirizzato verso la base del corpo della chimera, nel punto di incontro fra il busto e gli arti. Se la fortuna fosse stata dalla sua parte, magari sarebbe riuscito a colpire la creatura in un punto abbastanza centrale da permettere al fuoco di bruciare quanta più carne possibile in modo da indebolirlo ulteriormente e tentare una mossa decisiva una volta per tutte.
    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »
  5. .
    Shaw Hynes ▴ 24 yo ▴RubinoScheda
    Seguire Crane nel retro desolato del locale era un po' come indossare i panni di Sidney Prescott e uscire per un picnic con Ghostface. Significava leggermente andarsele a cercare, per essere più chiari possibili, ma al tempo stesso era anche l'unico modo per scoprire chi si celasse dietro quella maschera bianca. Sidney, però, almeno avrebbe avuto con sé qualche posata, anche solo di plastica ma insomma, meglio di niente... Cosa avevano loro, invece? Parecchia ingenuità, considerando che un morto già c'era stato. Anzi, due. Solo che arrivati a quel punto, forse così vicini alla verità da poterla quasi assaporare, avevano ben poco spazio nella sacca delle opzioni da poterci infilare anche un po' di prudenza.
    Male. Molto male.
    Shaw la sapeva lunga su quanto fosse sbagliato concedere della fiducia, specialmente se a riceverla era qualcuno che sguazzava nel regno criminale con la stessa facilità di uno squalo in acqua. Però forse sarebbe stato più facile paragonarlo ad un'Anoplogaster cornuta...
    « Ma che cazzo... »
    Shaw corrugò le sopracciglia, osservando la nuova faccia di Crane e comprendendo, per la prima volta in tutti quei mesi, quanto fosse davvero assurdo quel nuovo mondo in cui si ritrovava a vivere. Al di là delle magie apprese, quella era per lui la prima volta in assoluto in cui si ritrovava davanti una specie di creatura, una di quelle che solitamente i non maghi potevano vedere solo su schermo.
    La terra iniziò a farsi molle, i confini alti del vicolo iniziarono ad abbassarsi, dissolvendosi e arrotolandosi lentamente su loro stessi e andandosi incontro, quasi a formare un tetto di oscurità e prigionia. La vista prese a calare, le vie aeree quasi ostruite da quella polvere che ormai stava iniziando a soggiogarlo. Era la polvere o era il panico? Oppure era il panico creato da quella polvere?
    Calma, Cristo. Calma.
    Mentre tutto ciò che aveva intorno perdeva di solidità e la voce di Crane non era diventata altro che una specie di eco lontano ma ben comprensibile, Shaw portò un angolo della felpa contro la bocca per inspirare una boccata d'aria energica, una di quelle da far dolere il petto e la bocca dello stomaco, e prima che riuscisse a fare qualsiasi cosa un colpo ben piazzato lo allontanò di qualche metro dal punto in cui stava fino a qualche istante prima. Un verso basso e strozzato in gola accompagnò l'inevitabile schianto col terreno duro sul quale lasciò del tessuto di jeans già lacerati, ma perdere tempo a fare il cazzone a terra e a lamentarsi non aveva proprio tempo. La prima cosa che fece una volta in piedi, d'istinto, fu cercare con lo sguardo l'Alchimista, ma riuscire a scorgere qualcosa era un'impresa praticamente impossibile. Però qualcosa iniziava a muoversi.
    Strizzò gli occhi per vedere meglio, spostando lo sguardo ancora quasi cieco attraverso il nulla facendosi guidare dall'udito: cos'erano quelle cose che si muovevano dall'alto verso il basso? Sagome di qualcosa che non riusciva a riconoscere stavano strisciando lungo una superficie per farsi strada verso di lui.
    Indietreggiò di qualche passo, le ginocchia leggermente piegate e le dita che iniziavano a sfregarsi silenziosamente fra loro, e poi...
    « Cristo! », imprecò girandosi di scatto verso il corpo che aveva sentito scontrarsi co le sue spalle. Sempre cercando di tenere i sensi in allerta, per quanto questi potessero essere attendibili nello stato attuale delle cose, Shaw sollevò sbrigativamente una mano per cercare qualcosa che gli desse un indizio sulla persona altrui, toccandola in modo cieco e rapido. Lei era l'unica ad avere quei capelli lunghi.
    « Davis. », disse con gli occhi che erano già tornati ad intercettare quelle ombre.
    Il corpo si girò a fronteggiare quelle due sagome che iniziavano a prendere forma attraverso la nebbia. Il profilo delle due creature si fece più nitido, rivelando la mostruosità di ciò che avanzava rapidamente verso di loro accompagnato da un suono sinistro.
    Cosa avevano imparato a Brakebills? Ah, giusto. Un cazzo. Azzardare un teletrasporto era sicuramente fuori discussione, schivare il nulla apparente che li circondava ovviamente poco fattibile, richiamare qualcosa assolutamente fuori logica, dato che agire rapidamente era forse l'unico modo per sopravvivere a quelle nacchere viventi versione Alien vs. Predator. Ma erano fatte di carne, no?
    A muoversi prima di lui fu la Davis al suo fianco. Lo distrasse per il tempo necessario a capire cosa stesse facendo, quindi Shaw pensò all'unica soluzione possibile in quel momento: il fuoco.
    « Sfondiamogli il culo, Davis. »
    "O almeno evitiamo di farci ammazzare..."
    La incitò Shaw mentre intrecciava le dita e univa indici e pollici. Ormai non dava più molta retta ai movimenti della ragazza, certo che, non avendo tentato una fuga, si stava preparando ad attaccare in qualche modo. Si concentrò sul proprio elemento, su quel calore che ad ogni richiamo dello stesso lo riempiva completamente. Era bollente, anche confortante, e lo sentiva propagarsi lungo il corpo fino a raggiungere le mani e la punta delle dita, scaldando anche quell'anello che racchiudeva la sua pietra. Gli occhi inizialmente, per qualche attimo, chiusi si riaprirono qualche secondo dopo, quando quell'energia di cui aveva bisogno iniziò a palesarsi sotto forma di fiamma. I polmoni quasi bruciavano e capire se fosse per via di quell'inferno che li attorniava o grazie al proprio elemento era impossibile, l'importante era però che il fuoco crescesse rapidamente e si rafforzasse in attimi davanti al proprio viso. Mantenere la concentrazione era necessario affinché l'attacco non si fosse rivelato un vano spreco di energie, non potevano permettersi di perdere tempo inutilmente e necessitavano un po' di tempo per poter studiare qualche secondo di più l'ambiente circostante, ma non riuscire a vedere nulla che non fossero quelle due creature era a dir poco limitante.
    Non appena l'elemento di Shaw ebbe raggiunto un livello accettabile per tentare un primo attacco, il ragazzo spostò di qualche centimetro un piede più avanti, piegandosi di pochissimo sulle ginocchia per poter scagliare un colpo con quanta più forza riuscisse a tirar fuori dal proprio corpo. Fu un movimento che coinvolse non solo le braccia ma anche spalle, addome, cosce e quasi tutta la muscolatura del corpo per far sì che l'impatto con le creature, specialmente la più vicina a loro, sortisse un qualsiasi effetto.
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  6. .
    Shaw Hynes ▴ 24 yo ▴RubinoScheda
    Il fatto che l'Alchimista fosse una testa di cazzo era ormai più che chiaro, ma che fosse poco furbo era una novità. Shaw non aveva ancora mai avuto modo di avere una chissà quale conversazione degna di questo nome - e non che la volesse, visto il tipo di rapporto che da qualche mese li vedeva interagire brevemente al solo scopo commerciale -, e sentirlo parlare più di quanto non fosse necessario era una gran bella novità. Bella... Mica tanto, considerando il modo in cui l'aveva tacitamente liquidato inizialmente, ma la soddisfazione di scorgere dapprima quell'espressione velata di preoccupazione e poi un tono che palesava una certa paura non aveva eguali. Probabilmente per la prima volta in vita sua il ragazzo sorvolò sul fatto che l'avesse inizialmente trattato come se fosse niente, concentrandosi piuttosto sui discorsi che seguirono l'esibizione di quella boccetta.
    Ascoltò tutto senza più dire una parola, almeno finché Crane non accennò a qualcosa di finalmente interessante.
    «Si chiama Incubus, è effettivamente una mia creazione, frutto di un errore di laboratorio durante un esperimento con la Vertigo, ma penso che questo lo aveste già intuito... Purtroppo non sono più io a controllarla... il mio mentore, ormai, ne ha preso il controllo, e non vorreste scontrarvi con una persona del genere.. Vuoi sapere che cosa voglio?»
    Seduto su quella sedia Shaw incrociò le braccia al petto, poggiando le spalle contro lo schienale scomodo e piegando leggermente il capo verso una spalla. Gli occhi appena più stretti erano sinonimo di un'attenzione parziale, rubata da alcune riflessioni circa gli elementi raccolti all'interno del dormitorio Rubino. Ma Crane continuò col suo discorsetto, girando le sue carte in tavola.
    «Voglio qualcosa che non potreste mai darmi: protezione. Se volete andare fino in fondo non posso fermarvi, ma davvero, lasciate perdere: quello che avete all'orizzonte non è una cosa che semplici studenti possono controllare, o fronteggiare»
    « E allora perché dire a un gruppo di ragazzi che ti serve protezione? Se veramente pensi che siamo un gruppo di incapaci non dircelo nemmeno, no? », disse Shaw portando di nuovo le spalle più vicine al tavolo che allo schienale della sedia, le braccia sempre incrociate.
    « Ormai qualcosa l'hai detta e probabilmente nella merda ci stai almeno con un piede, quindi tanto vale andare fino in fondo. Mi pare inutile star qui a parlare di qualcosa se non c'hai intenzione di dirci tutto quello che vogliamo sapere, quindi che fai: una sguazzata nella merda insieme a un gruppo di studentelli del cazzo che magari sanno fare qualcosa oppure preferisci aspettare che in quella pozza ci finiscano tutti mentre tu ne senti solo la puzza? »
    Domandò con un tono calmo, senza punte d'accusa o chissà cos'altro nella voce.
    « Perché altrimenti avrei una domanda: c'entra qualcosa un certo Axel Austin? »
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    Edited by •Lithium• - 23/8/2016, 17:08
  7. .
    Shaw Hynes ▴ 24 yo ▴RubinoScheda
    Per l'alto livello di noia raggiunto in una situazione che avrebbe dovuto avere dell'adrenalinico, Shaw decise di smettere di ascoltare tutti quei discorsi che non rientravano assolutamente all'interno delle motivazioni che l'avevano spinto al Felix anche quando non lavorava. In più ci si metteva il biondino, che con quel suo modo di fare da bulletto aristocratico da quattro soldi magari pensava pure di fargli paura. A quelle occhiate non aveva mai dato peso in vita sua, le classiche squadrate di chi pensava che un bel visetto e magari i soldi di famiglia potessero spaventare chi era nato con una scarpa e una ciabatta. Per tutta risposta, dunque, Shaw avvicinò appena le sopracciglia in un'espressione quasi pietosa, limitandosi a portare un indice davanti alle labbra prima che Morley potesse dire alcunché, ma fortunatamente fu un'altra voce a distrarlo ed evitare al maggiore ulteriori rotture di palle.
    Altra fortuna non da poco fu riuscire a rintracciare Jack che, dopo la sua entrata in scena teatrale e degna di chi si era già scolato una buona dose d'alcol, riuscì ad arrivare al solo. Shaw lo capì dall'occhiata che ricevette ancor prima di ascoltare le sue parole e, se fosse stato capace di farlo, si sarebbe mandato a fanculo da solo per non averci pensato prima. Il tizio di cui aveva parlato Jack non era un alchimista a caso, era L'Alchimista per eccellenza, almeno da quelle parti, e qualcosa iniziava già a solleticargli la memoria.
    Il moro, che aveva spostato solo lo sguardo per non dare nell'occhio, lo riportò su Jack per annuire quasi impercettibilmente; l'altro avrebbe senz'altro capito che quello era il suo modo per ringraziare, privo di parole e fin troppo secco, ma senz'altro sincero.
    Non appena il suo collega iniziò a distribuire i bicchieri, Shaw prese il proprio e ne intercettò un altro, probabilmente quello indirizzato al biondino lì vicino.
    « Alla salute. ».
    Non disse altro mentre voltava le spalle al gruppo per dirigersi verso l'angolo di locale nel quale era rintanato L'Alchimista. Col passo lento e lo sguardo fisso davanti a sé si fece largo fra i vari tavoli logori, zigzagando tra il puzzo di sbornie esagerate che rendevano quel posto più mortalmente vivo di quanto non lo sarebbe stato altrimenti; non gli fosse servito quel lavoro avrebbe mandato tutto a puttane senza pensarci due volte, ma chi sedeva al tavolo che stava raggiungendo era senz'altro uno dei motivi per cui sopportare quell'ammasso di scarti umani poteva ancora considerarsi fattibile.
    Non appena fu vicino al suo luogo di interesse posò uno dei bicchieri sul tavolo e prese posto sulla sedia libera.
    « Offre la casa. », disse quasi a mo' di saluto prima di bere un sorso del proprio whiskey.
    Fu a quel punto che andò ad infilare la mano libera nella tasca della felpa, quella contenente una delle boccette con minimi residui di quella polvere rossastra, durante una pausa che serviva a lasciare dello spazio fra l'offerta e la richiesta, e solo in quel momento, guardando l'uomo in faccia da vicino dopo qualche settimana, ricollegò il suo viso con quello di...
    "Crane.", pensò piano senza scomporsi, dandosi del coglione per non averlo riconosciuto prima.
    « Avrei bisogno di un favore... », richiamò di nuovo la sua attenzione con il tono basso, udibile probabilmente solo dall'Alchimista, e poi continuò.
    « Del parere di un esperto su questo, intanto. », disse sollevando la boccetta in modo che fosse visibile solo ai due per un tempo breve.
    Mentre andava cauto con le domande, consapevole di quanto l'Alchimista ci tenesse alla segretezza delle sue produzioni, iniziò a pensare al fatto che forse Crane potesse avere qualche informazione anche su quell'Austin. Misurato come al solito, però, per il momento decise di non forzare troppo la mano.
    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »
  8. .
    Shaw Hynes ▴ 24 yo ▴RubinoScheda
    Più le persone arrivavano, più la situazione pareva scorrere con maggiore lentezza. E oltre alla chiara voglia di farsi scoprire - palese dal numero sempre più ampio di studenti in quel covo di delinquenti in media sopra la mezza -, sembrava ci fosse anche un vago desiderio di metter su il banchetto addobbato per la sagra dell'ovvio.
    « Che state aspettando esattamente? Spero abbiate una traccia o almeno un diversivo. Non credo sia una buona idea restare qui troppo a lungo »
    Shaw si girò prima a guardare la compagna di dormitorio poi, con una rapida e spenta occhiata che corse lungo il corpo del biondino, decise che sprecare troppo fiato o troppo tempo dietro ad inutili discorsi quando si trovavano nel posto giusto non aveva il minimo senso. E poi alle sagre delle ovvietà non era solito partecipare.
    « Ah, Davvero? », si limitò a dire con quell'espressione piatta e quel tono che la dicevano lunga su quanto reputasse futile quell'osservazione. Forse anche provocaloria, se udita da orecchie sbagliate.
    L'arrivo di chi pareva in vena di buone azioni con frasi d'avvertimento rivolte agli ultimi arrivati lo distrasse giusto per qualche secondo, per il tempo di individuare il vociare di Jack. Si sarebbe staccato volentieri dal gruppo per portare avanti quelle indagini e mostrargli la merce trovata, ma a quanto pare anche il ragazzo non sembrava disdegnare le perdite di tempo. Shaw incrociò le braccia al petto e piegò leggermente il capo verso una spalla, il mento leggermente sollevato mentre assisteva a quell'uscita poetica con tanto di inchino finale - ma bisogna ammetterlo, l'espressione lasciava intravedere un vago sorrisetto sghembo e quasi sbagliato su quel viso -, dopodiché sbuffò una breve risata senza chissà quale gioia. Il solito, insomma.
    « Fammelo sapere quando hai finito di fare il cazzone, così passiamo alla roba seria... Magari in privato. »
    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »


    Scusate ma sto al mare e dal tablet, meglio di così non riesco
  9. .
    Shaw Hynes ▴ 24 yo ▴RubinoScheda
    È incredibile come una giornata apparentemente priva di stimoli possa improvvisamente tramutarsi in un episodio con la signora Fletcher strafatta, eppure Shaw si era ritrovato nel bel mezzo di quella congrega di investigatori di un crimine a base di acidi, e chi meglio di lui poteva avere buoni contatti per rispondere a qualche quesito? In quella cerchia, probabilmente nessuno. Quindi a Josephine aveva risposto che sì, l'avrebbe accompagnata al Felix senza citarne il nome e, intascatosi i complimenti per portarseli a casa giusto con un occhiolino quasi languido di risposta - sorvolando sul Natale che non aveva mai apprezzato più di tanto -, Shaw si era munito del necessario per mandare avanti quella ricerca e aveva capitanato il piccolo gruppo nell'uscita dal dormitorio Rubino. Sbucare esattamente tra la 225ª e la 228ª a ovest di Broadway forse era chiedere troppo, ma la fortuna - o la buona volontà del gruppo di studenti di Brakebills - non li aveva condotti troppo lontani dal punto di interesse.
    La sigaretta che Shaw si era acceso fuori dall’edificio dei Rubini raggiunse il filtro un paio di minuti prima che i ragazzi arrivassero davanti al locale che si presentava in quel mattoncinato rossastro, e lasciata cadere a terra senza farsi troppi problemi Shaw aprì la porta del bar e fece strada agli altri all’interno dello stesso. Qualcuno stava suonando il pianoforte, qualcun altro era già impegnato in quelli che per lui erano discorsi di un certo spessore ma che, in realtà, non erano altro che le parole di un alcolizzato. Senza sprecare troppo fiato, con un’occhiata e un cenno del capo il ragazzo lasciò intendere ai compagni di doverlo seguire verso i bagni; raggiunta la porta con su scritto “FUORI SERVIZIO” Shaw bussò tre volte e girò la maniglia, quindi la aprì e scese quella scala a chiocciola che terminava nella parte di locale accessibile solo ai maghi. Era un ambientino non dei migliori, la cui clientela non spiccava per buone azioni, brillante condotta e nemmeno per onesti propositi; per Shaw non c’era niente di strano, nulla da temere da tipi che, quanto a background, non avevano granché da invidiargli che non fosse l’aspetto e la voglia di spaccare piuttosto che essere spaccati dall'ambiente nel quale sguazzavano. Lui, piuttosto, probabilmente aveva da invidiar loro qualche abilità magica. Quello senza dubbio.
    Fermo al proprio posto - probabilmente accanto a Josephine - si guardò intorno soffermandosi brevemente sui volti di tutti i presenti, ma solo alla vista di Jack si sarebbe mosso per andargli incontro e proporgli di parlare in un luogo appartato, così da poter mostrare direttamente ciò che aveva potuto portarsi dietro dalla stanza di Barry senza rischiare di essere visti da occhi indiscreti.
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    Edited by willow. - 28/8/2016, 11:16
  10. .
    Shaw Hynes
    24 anni ▪ RubinoSchedaPensieve
    L
    a realtà sembrava una finzione decisamente più allettante, in quel momento. Il fatto che il suo alter-ego volesse schizzare il terriccio desertico con le loro interiora non era così rassicurante... insomma, voler far fuori se stesso? Sarebbe stata un'impresa titanica. L'unico fastidio fu vedere, tornato anche con la mente in quell'aula, quella fiammella ondeggiare nel suo mantellino nero, simbolo del fallimento in quella prova alla quale Mclean li aveva sottoposti.
    "Sticazzi", pensò Mr Finezza rivolgendo uno sguardo rapido duro all'insegnante, perché in fin dei conti scendere a patti con i suoi simil-deliri di onnipotenza era ancora fuori discussione. Ci avrebbe ripensato più avanti, quando quelli che per lui non erano limiti gli sarebbero stati d'intralcio.
    Abbassò lo sguardo sulla candela di Joy prima di rispondere alla sua domanda.
    « Spareresti mai a te stessa? », le domandò invece di risponderle che quella Colt era stata una tentazione, perché le armi gli piacevano eccome. A casa, a Londra, in sicurezza aveva una Colt, anche se il modello era il revolver del 1892, più moderno di quello del cowboy di quella specie di realtà parallela e assurda.
    L'insegnante poi mise la parola fine a quella lezione col classico discorsetto di chiusura, e ci fu una parte che suscitò un profondo fastidio in Shaw, fastidio che poi avrebbe riposto nella tasca per ripescarlo più avanti.
    « Per tutti gli altri mi dispiace dirlo, ma non siete ancora pronti. Dovrete faticare più dei vostri compagni, molto di più, ma non è detto che non ne trarrete risultati: spesso quelli che non sono in grado di passare questa prova, in futuro saranno gli stessi che dimostreranno più potenzialità rispetto alla media, quindi non arrendetevi, non è importante quanto tempo impiegherete ad aprire il vostro terzo occhio, ma l'impegno che sfrutterete per non lasciarvi sopraffare dai vostri timori. In questo momento vi sembreranno grandi, enormi ostacoli da superare, ma vi assicuro che non appena sorpasserete i vostri blocchi mentali nulla vi sembrerà più così impossibile »
    Gli pareva tanto un contentino, la pacca sulla spalla condita da false parole di conforto sussurrate da una bocca piegata in un sorriso pietoso. Al che Shaw preferì concentrarsi sulla voce della bionda che aveva ripreso a parlare, piegando appena il capo verso una spalla senza cambiare espressione facciale.
    « Io mi chiederei piuttosto perché siamo finiti nelle palline colorate. », le rispose avvicinandosi appena col viso, tenendo il tono basso e sempre serio, nonostante di serietà ne avesse poca in quel momento. E non le disse che, in fin dei conti, probabilmente al suo posto avrebbe voluto capire anche lui dopo aver visto, perché con la consapevolezza di qualcosa ignorare non era mai fattibile.
    Quindi si alzò e aspettò che Joy liberasse il tappetino per poterlo riporre nell'armadietto, e solo dopo aver accettato quella specie di invito recuperò la propria candela e si ravviò i capelli per dar loro un senso senza volerlo davvero.
    « Poi dovrei farti fuori seriamente. », iniziò, curvando quasi impercettibilmente un angolo di labbra verso l'alto, ma poi le fece segno di precederlo fuori dall'aula, acconsentendo tacitamente.
    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »
  11. .
    Shaw Hynes
    24 anni ▪ RubinoSchedaPensieve
    D
    i strada da fare Shaw ne aveva fin troppa. Un sentiero apparentemente infinito e talmente pieno di fastidiose insidie da non fargli considerare neanche per sbaglio l’idea di intraprenderlo, cresciuto parallelamente alla via che si era costruito negli anni non senza superare ostacoli piazzatici malamente dalla vita stessa, sicuramente più naturali nel sua ambiente e non propriamente figli delle sue azioni. Quelli che avrebbe dovuto affrontare nella sua nuova realtà, però, erano sicuramente stati generali dalla sua chiusura e da quelle convinzioni che lo avevano portato a fare determinate scelte. Aveva scelto di stare sulle proprie, di dire la sua solo quando ne avrebbe avuto voglia e di tenere un basso profilo finché non avesse raggiunto il livello cui aspirava; quella sicurezza che mostrava doveva avere delle basi solide sulle quali sostenersi e lui aveva sviluppato abbastanza inconsciamente i propri metodi, quindi seguì il filo dei vari discorsi, astenendosi sempre dal rispondere e tenendo la sua per sé. Al massimo ruotava il capo per rintracciare chi diceva cosa ma più di questo, durante l’intera parte riservata agli interventi, non fece. Tornò a concentrarsi esclusivamente sull’insegnante quando il capitolo precedente venne chiuso, considerando dopo neanche tre minuti che si sarebbe dovuto fare un culo tanto più del solito per riuscire in quella materia. Ma ce l’avrebbe fatta, su questo non aveva dubbi.
    Staccò la spalla dal muro sciogliendo le braccia solo dopo essersi girato verso quegli armadietti menzionati da Mclean, ed essendo piuttosto vicino decise di attendere che la “folla” si sfoltisse, già dimentico della questione “coppie”.
    «Ti va un po’ di Yoga?»
    A ricordarglielo fu la voce della biondina della quale intercettò lo sguardo, la ragazza polemica con la parlantina che, a dire la verità, non gli era dispiaciuta affatto in quella circostanza.
    « Io non vedevo l’ora. », fu la sua risposta ironica ma d’assenso con la quale prese una candela e si avvicinò a lei, sempre molto allegro e vivace.
    La osservò stendere il tappetino a terra e le rispose guardandole il lato b, scivolando dalla nuca al sedere per poi passare al tappetino.
    «Magari finisce anche che ti rilassi»
    « Ho la faccia di uno che non è rilassato? », le domandò di rimando prima di prendere posto davanti a lei, un’imprecazione mentale e un “ma che roba” borbottato fra sé e sé.
    Posizionata la candela sulla superficie sotto di loro guardò Joy assumere quella posizione e trattenendosi dallo sbuffare per preservare la propria serietà, incrociò le gambe e poggiò i polsi sulle ginocchia in modo che entrambi i medi poggiassero sul tappetino.
    Già si sentiva un perfetto coglione in quella posa ridicola e plastica, quindi Joy, sbirciando, avrebbe sicuramente visto un paio di sopracciglia più vicine del solito a dar l’idea di quanto fosse poco fiero della propria figura, in quel momento.
    « Sembra uno di quei corsi premaman sulla respirazione. Se mai dovessi mettermi incinta saremmo avvantaggiati », senza riaprire gli occhi il ragazzo sbuffò una risata breve e gutturale dal naso, come sempre poco piena di gioia ma velata di divertito scetticismo.
    « Mi domando a cosa pensi e cosa fai prima di dormire. », rispose basso riferendosi alle ipotetiche fantasie della biondina con la quale avrebbe dovuto condividere la mente.
    Ma cosa aveva detto l’insegnante durante quel lungo monologo? Di respirare e concentrarsi. Fu dura all’inizio, dato che la posizione assunta - non essendo una delle più naturali di questo mondo - non era proprio il massimo del relax, quindi gli ci volle un po’ più di tempo per pensare solo al modo in cui stava incamerando aria nei polmoni per poi ricambiarla.

    Non fu difficile comprendere di essere entrato in una mente che non fosse la propria, perché all’improvviso - neanche il tempo di sentire l’odore o qualsiasi altra cosa dovesse uscire da quella candela - si ritrovò letteralmente scaraventato nell’ultimo posto nel quale avrebbe mai pensato di poter finire.
    « Ma cosa cazzo… », scandì le parole con la lentezza tipica di chi non può credere ai propri occhi, ma solo dopo essere riemerso da quella roba.
    « Seriamente Parker? Questo è tipo il mondo di quella roba che hai dentro? »
    Colorato. Divertente. P a l l i n o s o.
    « Cristo. », imprecò allargando le braccia oltre la superficie che gli ricopriva il corpo fino al petto per potersi muovere meglio senza rischiare di affondare come un coglione qualsiasi.
    Era finito, a ventiquattro anni per la prima volta in vita sua, in una vasca piena di palline colorate. Una vasca immensa, di quelle per far divertire i ragazzini quando gli adulti hanno di meglio da fare. O per far divertire adulti che hanno senza dubbio dei problemi mentali da non sottovalutare…

    Tipo la Parker, che a quanto pareva apprezzava particolarmente l’ambiente che la circondava. Shaw la guardò sguazzare in quel mare di gioia confezionata in plastica cercando di comprendere la gioia mal controllata che la bionda sprizzava da tutti i pori. Bazinga.
    « Riesco a notare il collegamento col discorso precedente e mi spiego questa felicità. », se ne uscì mentre continuava a farsi strada muovendo il busto a destra e a sinistra, così da potersi dare la spinta giusta a spostarsi di qualche passo.
    Gli sembrava quasi di essere in acqua, perché la gran quantità di sfere colorate e luminose rendevano movimenti che non fossero fuori di testa più complicati del previsto. Ma, un attimo… Palline luminose? Con un sopracciglio leggermente inarcato Shaw ne prese una verde in mano per avvicinarla al proprio viso e, a quel punto, un « cazzo » piuttosto sonoro gli uscì di bocca attirando anche l’attenzione di Joy. Ma non fu l’imprecazione di Shaw a tenere lo sguardo della bionda fisso al di sopra di quella pallina, quanto più la scena che iniziò a scorrere come fosse una proiezione sospesa fra di loro, un film a colori ma muto.
    « Muffin! Quello era il mio coniglio... », iniziò Joy con quel tono affettuoso che solitamente le persone usano per parlare di ciò che hanno o hanno avuto a cuore, un bel sorriso a curvarle le labbra.
    « Non stava quasi mai buono, si mangiava tutto ciò che trovava quindi lo abbiamo portato in un pos... No. Nonono, non ci credo! »
    Il tono di Joy mutò con la stessa rapidità con la quale gli eventi proiettati avevano subito una virata piuttosto inaspettata. La gioia di Joy nel vedere il suo bel coniglietto scorrazzare allegro in giardino fu messa a tacere quando un uomo, a bordo della sua auto, trasformò la scenetta tenera in uno splatter per animali.
    « Mi sa che t'hanno detto una cazzata bella grossa. », considerò Shaw verso una Joy apparentemente sconvolta dalla rabbia, lanciandosi la pallina alle spalle e chiudendo quindi quella visione di morte di un innocente. Fu a quel punto che sentì di nuovo la voce della bionda, ma stavolta per chiamare suo padre.
    Shaw si voltò prima a guardare lei, poi seguì la traiettoria dei suoi occhi fino ad incontrare quelli di un uomo di bell'aspetto - capelli tirati all'indietro, occhiali e baffi sistemati col centimetro - ma dallo sguardo di chi la sapeva lunga, attento e, se diretto a Shaw, anche leggermente aggressivo. Era quasi divertente.
    « Mio padre? Il mio Alter Ego è mio padre... », non sembrava poi così sconvolta, piuttosto quasi invogliata ad inveirgli contro per averle ammazzato il coniglio. Ma prima che ciò potesse accadere l'uomo parlò.
    « La perseveranza, Joy. Bisogna essere curiosi e non mollare al primo ostacolo. », con quell'inizio incomprensibile allargò le braccia e fece scorrere lo sguardo intorno a sé, direzionandolo verso le palline che circondavano tutti e tre, « Sembrano infinite, ma se vuoi sapere la verità, se questa è per te una ragione di vita, devi scavare a fondo. Dovete. », si corresse infine, trafiggendo Shaw con lo sguardo come se volesse ammazzarlo in quel preciso istante. Un'altra occhiataccia arrivò poco dopo, quando, dopo aver ripreso a smuovere quell'oceano di palline per visualizzare i vari ricordi che avevano a disposizione, il ragazzo ebbe modo di assistere anche ad una scenetta da bagno della bionda. Naturalmente Joy intervenì tuffandosi quasi a bomba per interrompere quel ricordo, ma il ragazzo aveva visto abbastanza da poterle dire che « Gli uomini ne hanno di meno, tranquilla. », senza perdere quel tono basso e quasi monocorde, nonostante un angolo di labbra fosse leggermente curvato verso l'alto.
    « Fai il tuo lavoro, Hynes. », lo riprese il padre di Joy con un'altra delle sue occhiatacce e, dato che quasi niente di tutto ciò era veramente reale, per tutta risposta Shaw sollevò entrambi i palmi per portarli ai lati del viso, quasi ad arrendersi senza perdere quell'espressione da testina di minchia che aveva dipinta in faccia.
    Continuarono a smuovere quantità assurde di palline finché una in particolare non attirò l'attenzione del ventiquattrenne: era gialla come i capelli di Joy, ma a differenza delle altre sembrava emanare più luce.
    « Oi, Parker, prova quella alla tua destra, va. »
    Lui era più distante all'oggetto rispetto a Joy, quindi non fece altro che avvicinarsi mentre lei si voltava per recuperare quella sfera brillante. Ancora gli sembrava assurdo di essere in mezzo a quelle cose colorate simbolo di allegria, spensieratezza ed apparente e momentanea libertà, e doversi impegnare per raggiungere la bionda lo irritava, a tratti. Comunque andò avanti con la sua "missione", e quando Joy afferrò quella sfera successe come per le altre palle: a contatto con le dita della bionda, davanti al suo viso prese vita un altro ricordo. A differenza degli altri però, questo appariva più sfocato, quasi come se fosse stato rovinato da qualcosa, oscurato in qualche modo. Censurato.
    L'ambientazione sembrava cupa, con due figure femminili dai capelli chiari che si stagliavano nel cielo nuvoloso al tramonto di una città che Shaw non sapeva identificare; più semplice fu comprendere che la posizione di quelle persone era elevata rispetto alla strada, sembravano essere sul margine di un tetto.
    Shaw spostò lo sguardo su Joy solo per notare la sua confusione, perché a quanto pareva neanche lei era conscia di uno dei suoi stessi ricordi.
    « Però io non capisco. », confermò qualche secondo dopo spostando brevemente lo sguardo sulla figura del padre « Riconosco mia madre e riconosco me stessa. Dove ci troviamo? E perché siamo su un tetto? »
    Shaw guardava Joy, Joy cercava spiegazioni nel suo Alter Ego, e intanto le due figure continuavano a muoversi in quel ricordo sfocato che divideva i due ragazzi.
    « Se c'è una cosa che ci spetta di diritto è la possibilità di interpretare fatti e scegliere in cosa credere, ma devi scoprire da sola la verità. Quindi continua la tua ricerca, non smettere mai di scavare. », riprese la voce del padre mentre le due figure si lanciavano nel vuoto. Sembrava quasi che il tempo nella proiezione scorresse a rallentatore, che avesse mutato il suo galoppare regolare o che la gravità avesse smesso di funzionare correttamente.
    Fu a quel punto che la pallina iniziò a brillare più intensamente: mentre Joy e sua madre continuavano a precipitare nel ricordo; il sole oltre le due figure sembrò iniziare a risplendere sempre più forte fino a rischiarare quella memoria così tanto da annientarla, e insieme ad essa la luce si divorò anche Shaw, Joy e tutto il mondo del suo Io.
    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »


    Zorry </3
    Edit: mi aveva inserito un player a caso per il video...
  12. .
    Shaw Hynes
    Rubino
    Narrato ▴ "Pensato"
    « Parlato »« Parlato Altrui »
    E
    effettivamente Sivilen pareva aver scelto proprio il posto migliore dell’aula per trascorrere un’allegra lezione. Con Shaw accanto a mostrargli quanto fosse bella e divertente la vita si sarebbe divertito senza alcun dubbio.
    « Qui non si tratta di creatività, quanto di flessibilità... per fortuna non ne sono del tutto sprovvisto. »
    Caro Sivilen…
    Una frase del genere avrebbe potuto stimolare la mente ad avviare per lavorare in molteplici direzioni, ma visto che il Rubino aveva già da qualche minuto iniziato ad avere pensieri di un certo tipo a causa di Meson, proprio fu spontanea la risposta che gli uscì lenta dalle labbra. Nulla di diretto, accennare e lasciare spazio ad interpretazioni andava più che bene.
    « Ah sì? », iniziò dunque Shaw, col tono basso che sapeva di divertita curiosità sarcastica, « La posso immaginare la tua flessibilità », concluse puntando l’accento su quella parola con lo sguardo che, seppure poco acceso, lasciava trasparire chiaramente il tipo di pensiero che aveva in mente.
    Tuttavia non si sprecò oltre e guardò giusto per qualche secondo Jupiter prendere posto, ma a quella domanda evitò di rispondere per un semplicissimo motivo: Shaw non apprezzava essere considerato per forza, in seguito ad una correzione. O lo si degnava della giusta attenzione o la propria la rivolgeva altrove, cosa che fece lasciando i due alle loro chiacchiere.

    Mentre la lezione proseguiva Shaw stava bene attento ad ascoltare le parole dell’insegnante per memorizzare quanti più dettagli possibili, concentrandosi in seguito sul quesito posto da Ensor ed ignorando le voci altrui almeno finché quella del docente non tornò a riempire l’aula. A quel punto si strofinò una mano sulla fronte giusto per far passare quel “ricapitoliamo” che aveva già assimilato. Non era niente di così complicato, e se pensava di avere dei ritardati in classe si sbagliava di grosso. O almeno si sbagliava per quanto riguardava la propria persona.
    Tornato di nuovo col braccio sul ginocchio finalmente Ensor iniziò a fare qualcosa di serio, e mentre sollevava le braccia per fare chissà cosa Shaw socchiuse appena gli occhi per poter seguire tutto quel meccanismo con il quale il docente fece apparire dei piccoli ceppi di legno per ogni studente. Quasi gli veniva da bestemmiare quando gli facevano davanti agli occhi quella roba senza spiegare, ma si disse di avere pazienza e procedere per gradi. Ripetendoselo, alla fine forse l’avrebbe pensato seriamente.
    Intanto era arrivato il momento di mettersi all’opera, l’ora per tentare di testare le proprie abilità e superare quei limiti che non poteva permettersi di avere. Finalmente un po’ d’azione.
    Stavolta si sporse leggermente in avanti con le spalle, in modo da poter osservare per bene sia quel piccolo ceppo di legno che il bicchiere che Ensor vi aveva appena poggiato sopra, ed interiorizzate al meglio le sue istruzioni - compresa quella posizione di dita che, in un altro contento, lo avrebbe fatto sentire uno di quei coglioni mezzi nerd che si mettevano a fare combattimenti e robe assurde - decise di trovare una posizione più comoda. Staccò la schiena dal vetro alle proprie spalle ed incrociò le gambe in modo che si trovasse col busto rivolto verso gli “attrezzi del mestiere”; a quel punto, senza guardarsi intorno, abbassò gli occhi sulle proprie mani per pensare a sistemarle come mostrato dal docente. Ruotò i palmi verso l’alto ed intrecciò le dita facendo scontrare le nocche, poi rivolse queste ultime verso il bicchiere e allungò gli indici in avanti, unendo i polpastrelli e avvicinando i pollici fra loro e in modo che si poggiassero sulle dita sottostanti. Le mani c’erano, non doveva fare altro che zittire mentalmente Jupiter e Sivilen per potersi concentrare ed isolarsi al meglio; non era facile con quei due che continuavano a parlare di Shaw non sapeva cosa, e fu una fortuna sentire un po’ di pace dopo qualche minuto. Se avessero continuato probabilmente li avrebbe mandati a fanculo senza perdere altro tempo, quindi meglio così (soprattutto per lui).
    Nel silenzio, con le dita intrecciate e quell’anello diretto proprio verso il bicchiere, Shaw chiuse gli occhi ed iniziò a pensare esattamente all’immagine che, poco prima, gli si era formata in mente: era il fuoco ciò che sentiva vicino, che in fin dei conti temeva ed apprezzava esattamente allo stesso modo. Probabilmente era stata una delle prime figure che aveva visto con consapevolezza per la prima volta, la fiamma di un accendino che infuocava la parte iniziale di uno spinello, dunque pensare al fuoco era quasi istintivo. Aveva anche assistito a qualche incendio, seppure di dimensioni contenute, e il colore delle fiamme insieme a quell’ondeggiare anche quando non spinte dal vento lo aveva sempre affascinato. Poteva ridurre qualsiasi cosa in cenere e permettere, allo stesso tempo, nuove creazioni. Non solo in natura, funzionava quasi sempre così.
    Tentò una prima volta ad occhi chiusi, immaginando che quel bicchiere si riempisse di sfumature di rosso e di giallo, ma senza neanche dover aprire gli occhi sapeva già di non aver ottenuto nulla. Niente di niente.
    Un respiro seccato, poi uno più profondo seguito da una rotazione di spalle e un movimento di collo volto a sgranchire e a raddrizzare testa e schiena. A quel punto aprì gli occhi, le dita ancora puntate fermamente contro quel bicchiere e gli occhi sulla base dello stesso. Pensò di nuovo a quella fiamma pura, priva di scintille e quasi morbida nei suoi movimenti lenti, poi pensò al bicchiere caldo che avrebbe dovuto contenerla, perché era lì che doveva creare il proprio fuoco. Per tutto il tempo aveva evitato di osservare quel piccolo ceppo di legno per non farsi distrarre e per non rischiare di dar fuoco a quello, quindi continuò ad osservare quel vetro e sovrapporci mentalmente quell’immagine mentale che si stava costruendo già da un po’. Si era già isolato, aveva già allontanato ogni possibile distrazione e neanche i commenti altrui ormai potevano distrarlo dalla sua missione.
    Con una leggera stretta di dita e la ferma volontà di riempire quel bicchiere di fuoco, Shaw chiuse gli occhi solo per un’ultima volta e, quando li riaprì, non si meravigliò più di tanto nel vedere quella fiamma prendere vita nei confini delimitati da quel bicchiere. Rimase in quel modo per qualche altro secondo, fiero di se stesso per aver ottenuto ciò che voleva, e non disse nulla a voce alta. Quell’ombra di un sorriso raccontava più di mille parole.
  13. .
    Shaw Hynes
    24 anni ▪ RubinoSchedaPensieve
    L
    a posizione assunta non gli dispiaceva affatto e risultava essere abbastanza comoda per trascorrere quei minuti di attesa silenziosa e anche giustificata, considerando che il numero di studenti presenti era ancora piuttosto basso. Non gli interessava neanche che il professore si mettesse a conversare con loro del più o del meno, anche perché lui si sarebbe sicuramente astenuto dal rispondere limitando a fare ciò che stava già facendo: guardarlo. Non gli importavano nemmeno i dettagli del suo corpo come il taglio di capelli o il modo di vestirsi - mica doveva uscirci insieme -, era solo interessato a studiarlo nel suo mondo di carta e penna, tra l'altro in maniera anche abbastanza disinteressata.
    Non si filò neanche gli altri studenti che continuavano ad entrare, stessa cosa per il cellulare che vibrò un paio di volte nella tasca posteriore prima di acquietarsi di nuovo. L’idea di ficcare la mano in quel buco di jeans non lo sfiorò neanche per sbaglio, e non per rispetto nei confronti di Mclean o di quella sorta di regolamento forse non scritto che veniva rispettato in ambienti di studio - piuttosto il solo pensiero di fare qualcosa perché lo volessero altri era sempre un invito ad agire nel peggiore dei modi -, semplicemente conosceva già natura e mittente del messaggio e, per quella mattinata, ne aveva avute abbastanza di interazioni sociali che gli ricordassero com’era facile mandare a puttane gli sforzi di sei anni. (Due messaggi…). Ma non era certo il tipo di ragazzo che si metteva a piangersi addosso se la vita gli riservava una virata esagerata e a tratti negativa come quella, piazzandogli di fronte un enorme cartello con una scritta del tipo “Ritenta, bello, sarai più fortunato” a mo’ di presa per il culo; però si incazzava di brutto, reazione che lo portava a rimboccarsi le maniche per riappropriarsi di ciò che gli spettava.
    Quindi le maniche se le rimboccò letteralmente, accompagnando quello strappare di foglietti di Mclean che faceva tanto bigliettini da interrogazioni. Mentre tornava ad incrociare gli arti di nuovo al petto l’insegnante sollevò lo sguardo e, per tutta risposta, Shaw mantenne il proprio alzando leggermente il mento. L’unica cosa che gli interessava era che quella lezione cominciasse, e scendendo dalla cattedra il docente aveva lanciato il primo segnale positivo. Il fatto che poi si fosse messo a girare per la stanza a distribuire quei pezzi di carta scarabocchiati era tutta un’altra storia… Fortunatamente quello riservato a lui arrivò presto, quindi Shaw liberò un braccio per prendere ciò che Mclean gli stava porgendo curandosi di spostare lo sguardo da quello altrui solo quando si fu allontanato. Soltanto a quel punto abbassò gli occhi sulle lettere impresse su carta, e non poteva sperare in un inizio peggiore.
    “Mi prende per il culo o che?”, pensò in risposta a quello Spilungone che inaugurava l’appunto. Sollevando d’istinto le sopracciglia, anche se di poco, gli attraversò le spalle con lo sguardo per qualche secondo e poi tornò a leggere il resto, commentando mentalmente ogni punto in modo parecchio sarcastico.
    “Ha un buon controllo delle sue emozioni, e questa è una cosa positiva.”
    “Eh, ma va.”
    “Negativa è invece la chiusura delle braccia, l'inespressività del viso che denota insicurezza e nervosismo.”
    ”Vorrei vedere se avessi una paresi.”
    “Queste due forze intralciano spesso quella magica creando una barriera contro cui buona parte del potenziale viene persa, non può essere sfruttata appieno. Cerchi di riacquistare la sua spontaneità e naturalezza, a volte l'istinto vale di più di mille pensieri.”
    ”Ammazza. Bell’inizio.”
    L’espressione, pur essendo rimasta per lo più nella sua posa standard, aveva assunto qualche piega tipica di chi trovava tutte quelle parole una marea finita di boiate. Più spontaneo e naturale di quel modo sarebbe morto, probabilmente, e se certe volte non avesse controllato l’istinto sarebbe successo un putiferio, quindi “Grazie Mclean ma non c’hai capito proprio un cazzo”. E con ciò infilò quel pezzo di carta in tasca per tornare ad incrociare le braccia al petto, assumendo esattamente la stessa posa di qualche secondo prima con un'unica eccezione su tutto il corpo data da quelle sopracciglia ancora leggermente inarcate dal fastidio.
    Quando finalmente l’insegnante prese a parlare - iniziando con la solita predica che pareva impossibile da evitare - Shaw non fece altro che respirare, sperando che la parte interessante della lezione arrivasse in fretta. Non gli serviva un invito a lasciare l’aula né aveva bisogno di essere categorizzato manco fosse un prodotto da scaffale; non gli serviva neanche ascoltare quel discorsetto di gloria con cui Mclean si mise in mostra per sfoggiare una fama che al ragazzo non interessava, o della quale forse avrebbe potuto anche provare inconsapevolmente un pizzico di invidia… perché dopotutto chi era ad essere in netto svantaggio in quell’ambiente?
    Svelato l’arcano delle sei sedie al centro dell’aula il discorso prese una piega senz’altro più stimolante: ascoltando le parole del docente Shaw, che dalla sua pareva avere un’autostima più che esagerata, non si sentì affatto intimorito dall’eventualità di poter fallire in una materia come quella. La postura ferma ce l’aveva, l’atteggiamento deciso e determinato pure (checché ne dicesse Mclean, insomma), la rapidità di riflessi anche, per di più sapeva di essere un tipo persuasivo e capace ad intimorire; qualcuno glielo avrebbe detto però che, giusto per dirne una, la sua dizione era a dir poco vergognosa? O che, ad esempio, la droga non avrebbe aiutato nessuna di quelle “qualità” che pensava di possedere già? Chissà come avrebbe reagito se qualcuno glielo avesse sbattuto in faccia…
    Qualche minuto dopo, come a rafforzare le sue convinzioni narcisistiche, arrivò la riprova del fatto che se la sarebbe cavata alla grande, perché se era vero che il corpo era un biglietto da visita allora l’avrebbero accolto senza neanche sprecarsi a leggerne le credenziali. Sì, prima o poi avrebbe capito di non essere il Creatore sceso in terra e si sarebbe ridimensionato, per il momento se la sentiva ancora così… calda.
    Seguì i movimenti dell’insegnante che scese dal suo fisico piedistallo per mischiarsi agli studenti, prendendo a camminare fra di loro mentre li invitava ad accomodarsi dove preferissero. Se Shaw si era appoggiato a quella parete nonostante ci fossero delle sedie ancora libere al suo arrivo, probabilmente significava che quella posizione gli andasse a genio. Quindi non si spostò: stare in piedi non gli dispiaceva e, per di più, da quell’angolazione aveva una buona visuale più o meno sull’intera aula e ciò significava poter guardare all’incirca in ogni direzione senza dover fare grandi movimenti. Pigrizia o semplice comodità?
    Quando il gessetto iniziò a riempire la lavagna di parole, Shaw decise di tenere lo sguardo fisso sull’insegnante per non farsi distrarre da quei movimenti, concentrandosi quindi sul labiale e tentando di tenere in sottofondo il suono interrotto da quel rumore fastidioso di gesso contro superficie. Ascoltò con attenzione, poiché non essendo tipo da appunti poteva contare solo su quella memoria che spesso, soprattutto quando si trattava di cose futili, faceva cilecca. Era tutto molto semplice però, roba teorica per introdurli a ciò di cui avrebbero trattato durante le lezioni di quella materia, quindi l’interesse di Shaw fu catturato di nuovo solo quando sentì parlare di Magia Bianca e tutto ciò che fosse connesso al proprio mondo nascosto. Sapeva bene di essere più abile fisicamente che psicologicamente - almeno quando si parlava di mettere alla prova se stesso -, perché intimamente era costretto ad ammettere che una parte prevalesse sull’altra, anche se con la magia non aveva ancora ben chiaro in quale modo venissero impiegate le due cose; quindi quando l’insegnante lasciò cadere gessetto e spiegazione per porre loro quella domanda, Shaw si prese il proprio tempo per riflettere.
    Senz’altro di primo acchito, di getto e senza doverci riflettere più di tanto, sentiva più vicino a sé il ramo occidentale, quello incentrato sull’attacco e sulla fisicità a discapito dell’introspezione, poiché con quest’ultima aveva capito di avere qualche problema. Percepiva se stesso più come uomo d’azione che come uomo d’introspezione, e i suoi trascorsi parlavano chiaramente senza che dovesse sforzarsi troppo per rifarsi a qualche evento in particolare. Di certo quella roba orientale suonava come una figata - il discorso sulle dimensioni più alte per amplificare il proprio potenziale magico lo aveva incuriosito abbastanza da portarlo a pensare che, se vantaggioso per se stesso, uno sforzo in più avrebbe provato a farlo per conto proprio -, ma probabilmente le sue origini rispecchiavano anche il ramo di magia psichica che sentiva più affine a se stesso.
    Per non doversi dare del debole, dunque, decise di imporsi a ritenere entrambe le branche egualmente efficaci.
    Ovviamente avrebbe tenuto per sé sia il suo nome sia i suoi pensieri circa tutto quel discorso, confidando nel buonsenso di Mclean sul non usare quel soprannome del cazzo che gli aveva affibbiato. Spilungone andava un po' oltre il limite, perdindirindina.
    Narrato ▴ "Pensato"« Parlato »« Parlato Altrui »
  14. .
    Chiedo venia ._.
    Al solito ho diviso il post in due parti <3

    Shaw Hynes
    24 anni ▪ RubinoSchedaPensieve
    F
    ino a neanche un mese prima la sua vita filava alla grande: entrate quasi regolari e piuttosto abbondanti di grana, nessuna sveglia mattutina che gli facesse salire il porco del giorno e qualche responsabilità sulla schiena a dargli quell’importanza che gli spettava quasi di diritto. Se l’era guadagnato il posto su quel gradino - che sebbene non fosse l’ultimo ci si avvicinava di molto - e ci teneva a proseguire quella scalata che l’avrebbe condotto in cima ad ogni costo, nonostante in quell’ambiente i rischi fossero tanto alti quanto la carica che si ricopriva. Ma a lui interessava poco, o per meglio dire, gli sarebbe interessato seriamente nel momento in cui avrebbe potuto preoccuparsene sul serio. Momento che, a quanto pareva, non era più chiaro se sarebbe mai giunto.
    Era appena uscito dalla doccia di un college di magia quando la vibrazione del telefono gli annunciò l'arrivo di diversi messaggi. Quella raffica furiosa lo innervosì già di prima mattina, quindi con un asciugamano legato intorno alla vita e uno a tamponarsi i capelli afferrò quell'iPhone dal vetro ancora miracolosamente intatto per sbloccarlo e controllare chi fosse a fracassargli i cosiddetti.
    - Dove cazzo sei finito Hynes? -
    - Bill sta scapocciando di brutto -
    - Sto passando a casa tua così do da mangiare a Stizzo -
    - Oh che cazzo devo dire a Bill? Non lasciarmi nella merda che lo sai poi che succede -

    L'ansia di J. gli faceva salire il sangue al cervello, a maggior ragione perché, in fin dei conti, sapeva benissimo di non avere chissà quanto potere entro quei confini indefiniti che gli erano stati costruiti attorno. Non solo si sentiva impotente, lo era veramente.
    A ritmo con le ultime strofinate di asciugamano ai capelli, Shaw diede un'occhiata all'ora - con un breve calcolo comprese che negli UK erano le 4 del mattino -, digitò una risposta povera di dettagli e gettò di nuovo il telefono sul tavolo.
    - C’ho cazzi fuori Londra e Stizzo sta con me. Inventati quello che ti pare basta che mi pari il culo finché non ti contatto io.
    Me lo devi -

    Solo che mancava qualcosa...
    - E mandami dei soldi più i contatti di NY, sai dove trovarli. Ti scrivo io nei prossimi giorni, cancella i messaggi -

    Leggermente più soddisfatto di poco prima lasciò andare definitivamente il cellulare, si passò le mani sull'asciugamano fra le cosce e poi lo lasciò scivolare a terra.
    Da quando era arrivato a Brakebills, quindi da molto poco, la sua vita sembrava essersi riavvolta su se stessa per poi lasciarlo annegare in un tubo chiuso che era la testa di un enorme punto interrogativo pieno di merda, e la soluzione probabilmente si trovava proprio nel punto, fastidiosamente distaccato dal resto del corpo. Vero, ormai aveva superato sia la fase "ho esagerato con la droga" sia quella del "mi state prendendo per il culo", perché giunto a questo punto aveva potuto appurare che tutte quelle stronzate circa la magia erano vere (e "Pazzo" non si sarebbe mai apostrofato), ma pretendere che tutto gli sembrasse magicamente normale equivaleva a pretendere di piazzare Marte sul comodino del proprio letto. Perché uno avrebbe dovuto mettere Marte accanto al proprio letto? Esatto: perché doveva mettersi fretta? Aveva i suoi tempi per qualunque cosa, dunque Brakebills e quella storia dei poteri l'avrebbe digerita di pari passo con l'apprendimento degli stessi, cosa alla quale teneva particolarmente per non farsi mettere i piedi in testa da qualche idiota neanche per scherzo. E ci avevano pure provato quelle merde del suo dormitorio qualche giorno prima, quando Shaw si era ritrovato in quello che pareva il Ripley’s Mirror Maze in versione apparentemente impossibile. L'incazzatura iniziale non era servita di certo a fargli trovare l'uscita - o meglio l'entrata -, ma come biasimarlo? Aveva talmente tanti pensieri poco nobili per la testa in quei giorni che per ritrovare la ragione gli ci era voluto del tempo.

    Per riassumere, dunque, l'umore di Shaw era già più o meno come la maglia e i jeans che si infilò per quella giornata di lezioni, e il clima piuttosto generoso di New York non lo vide costretto a doversi portare dietro anche una giacca oltre ad una felpa che indossò giusto per avere delle tasche da riempire con lo stretto indispensabile: soldi, sigarette, accendino e iPhone. A quel punto tappò le orecchie a suon di Deftones ed uscì dal dormitorio con una cicca già accesa fra le labbra.
    Dopo aver fatto una pausa al caffè del campus, trovare l'edificio fu di una facilità assurda, mentre per raggiungere l'aula si ritrovò ad affidarsi al senso di orientamento della mora che aveva già intravisto nel proprio dormitorio. Ovviamente non aveva idea di come si chiamasse, ma il fatto che gli stesse praticamente davanti lo aiutò a non doversi innervosire maggiormente per trovare l'aula.
    Shaw non fece troppo caso al fatto che l'edificio avesse senz'altro vissuto tempi migliori, perché in fin dei conti lui era cresciuto in una topaia fino ai quindici anni, poi aveva avuto un letto vicino ad un cesso e ora divideva una casaccia su tre piani ad Hackney con altri tre ragazzi. Quella struttura dunque, sebbene polverosa e decadente, restava una vecchia reggia. Non che trasparisse qualcosa dalla sua espressione, impassibile, a tratti dura e difficile da mutare in presenza di sconosciuti, e fu con quella che fece il suo ingresso in classe, probabilmente perfettamente in orario senza nemmeno saperlo.
    Per prima cosa andò a cercare con lo sguardo la figura dell'insegnante, Mclean. Di lui aveva sentito parlare brevemente un paio di sere prima, solo che aveva rimesso le cuffie alle orecchie prima che potesse arrivargli qualcuna di quelle storie che altri già conoscevano, voci circa la sua persona; aveva preferito farsi quel personale che si era rollato in santa solitudine in giardino, con Stizzo a piantargli le unghie su una coscia, perché delle leggende di altri non gliene poteva fregare di meno: se gli insegnanti avevano davvero qualcosa da raccontare lo avrebbero fatto a lezione, e a Shaw non interessava altro se non imparare e anche distinguersi in un mondo diverso da quello vissuto fino ad allora. Quindi, proprio senza problemi, "sticazzi delle storie dei professori", l'importante era che fossero all'altezza del loro ruolo.
    Entrò in silenzio, notando dall'alto del suo metro e novanta quel sistema di sei sedie poste di fronte alla cattedra all'interno di quella stanza rettangolare. Mclean si faceva gli affari propri comodo sul suo tavolo, dunque Shaw non si prese neanche il disturbo di salutare o presentarsi, e fra i tre presenti - un biondino particolarmente a suo agio, la ragazza che gli aveva fatto strada e un'altra del suo dormitorio - c'era un gran bel silenzio che per niente al mondo avrebbe interrotto.
    Doveva ancora abituarsi a quella realtà nella quale si era ritrovato catapultato senza nemmeno volerlo inizialmente, dunque perché dover necessariamente attirare l’attenzione piazzandosi al centro di quel teatrino del disagio? Mille volte meglio starsene al di fuori, in un punto in cui poter osservare e non essere osservato, poiché quello di certo non era il suo habitat naturale. Doveva ancora ri-abituarsi a quella che, comunque, era scuola. Per questo, con un paio di falcate andò a sistemarsi al lato sinistro dell'aula, più o meno appena dietro all'ultima fila di sedie, poggiandosi con una spalla contro il legno ed incrociando le braccia al petto. Gli occhi ispezionarono per qualche secondo il soffitto disastrato di quella che pareva quasi una chiesa, con quella luce solitaria, spenta e inutile che all'apparenza rischiava di fracassarsi a terra o in testa al docente, e infine, dopo un giro rapido lungo le teste dei suoi compagni durante il quale sciolse la mano destra per tirarsi all'indietro i capelli, tornarono a posarsi su Mclean. Ri-assumendo la posizione di poco prima, per un attimo si domandò cosa l'uomo avesse da scrivere di tanto importante su quel taccuino, ma si rispose da solo dopo qualche secondo che neanche gliene fregava saperlo, quindi abbassò leggermente il mento per continuare a guardare quella che già gli pareva un'immensa testa di cazzo. Non c'era nulla di nuovo sul viso di Shaw né nella sua postura: dal collo in giù appariva rilassato nonostante l'atteggiamento di chiusura dato dalle braccia al petto, mentre la parte superiore era il ritratto di qualcuno che non aveva iniziato la giornata nel modo giusto, con la mandibola leggermente contratta, le labbra curvate verso il basso e le sopracciglia che indirizzavano verso uno sguardo poco amichevole. Peccato solo che quella fosse semplicemente la sua espressione standard in circostanze come quella, che lo vedevano costretto a pazientare senza apparente motivo. Annoiato, esteriormente incazzato e mentalmente sul chi va là.
    Un ragazzo simpatico e molto gioioso a primo impatto, in pratica.
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  15. .
    CITAZIONE
    Io non spammo ovunque i Malec, avete sbagliato Pako

    Poi cade l'occhio sull'avatar... e sulla firma.
    AHAHAHAHAH ma io sono happy perché sono tanta roba </3
    E benvenuta! A leggerti mi sembra la descrizione di una mia amica (giuro, impressionante, lei avrebbe scritto pare pare le stesse parole) e la cosa mi spaventa un po' ._.
    Maaaa iscriviti, qui si sta una meraviglia \*-*
154 replies since 26/2/2015
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