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    Interagisco con Joy, Matthew, Sevilen e William, cito brevemente Frederick. La parte delle interazioni è lunga, prof (?), quindi ho diviso il post in due parti :3
    Shaw Hynes
    Rubino
    Narrato ▴ "Pensato"
    « Parlato »« Parlato Altrui »
    A
    rrivare in orario aveva i suoi pro ma anche dei contro: i primi comprendevano la possibilità di scegliere dove piazzare il didietro in completa libertà, i secondi avevano dalla loro l'attesa pallosa, in condizioni migliori soporifera e la possibilità che qualcuno di fastidioso gli si mettesse accanto. Fortunatamente, da una parte, quella posizione scomoda simil-imperatore romano - senza schiavi né triclini - e con le spalle poggiate alla parete gli impediva anche solo di tenere le palpebre accostate per più di un battito di ciglia, dunque il tempo sembrava scorrere ancora più lentamente del solito.
    Lo sguardo di Shaw smise di seguire quella monotona traiettoria anello-Ensor-Ensor-anello solo quando una bionda fece il suo ingresso in aula; la osservò senza spostarsi di un millimetro, deviando solo la direzione delle iridi che le si incollarono addosso: ovviamente aveva già avuto modo di incrociarla di sfuggita, e ancora più ovviamente non ricambiò quel tipo di sorriso. Riguardo a questa sua mancata risposta, è opportuno appuntare che era più probabile osservare il percorso di una pietra mobile che vedere un sorriso cordiale sulle labbra del moro, specialmente se non aveva confidenza con la persona coinvolta nello scambio di gentilezze. Tuttavia non fu di totale indifferenza la sua risposta a quel primo approccio: sollevò appena il mento piegando il collo e accompagnò la sua figura finché la ragazza non si fu seduta poco lontano. Solo a quel punto distolse l'attenzione da lei, che però la richiamò dopo giusto qualche secondo.
    « James Dean ha trovato il suo degno erede, eh? »
    Shaw tornò a guardarla, stavolta modellando un angolo di labbra in quello che pareva un sorriso sghembo sotto uno sguardo che era un misto fra il sicuro di sé e il divertito. Per quanto divertito potesse apparire Shaw con degli sconosciuti.
    « Ha solo avuto la fortuna di nascere prima. », e tanto per non farsi mancare nulla concluse la frase strizzandole un occhiolino rapido. Era già tanto che avesse risposto impegnando addirittura maggiormente la muscolatura facciale, ma la distrazione di nuovi studenti, o meglio studentesse, lo portò a ripristinare l'espressione standard. Diede un'ultima occhiata alla bionda e poi tornò su Ensor, che nel giro di poco fu affiancato da quello che Shaw definì come "coglione" per essersi smerdato di fronte all'insegnante. Fu quasi un insulto benevolo, considerando che la cosa gli aveva appena fatto sbuffare una risata breve e dal suono basso e gutturale, degna di una silenziosa derisione.
    Ma fu per la sfilata di Meson che Shaw tornò a concentrarsi su qualcosa con celato interesse, perché su quel biondino un giro se lo sarebbe fatto volentieri. Gli occhi addosso glieli aveva già messi, per essere più precisi li aveva concentrati maggiormente sul didietro che si era ritrovato qualche volta sotto lo sguardo, considerandolo una possibile scopata degna d'essere chiamata tale, perché lui al romanticismo, al sesso tranquillo e cazzate varie era allergico, e Meson lo faceva pensare a tutto tranne che a qualcosa di pacato. Quindi lo guardò stendersi, anche se poi smise di regalargli attenzione finché non fu Meson stesso a richiamarla: con un avambraccio mollemente appoggiato sul ginocchio piegato e l'altra mano sulla coscia stessa Shaw, che nel frattempo aveva riportato le iridi sull'insegnante, lanciò al biondo uno sguardo di traverso, più lungo di quello altrui, pensando al fatto che il piano orizzontale gli donava di sicuro.
    Nel frattempo la classe si era riempita e Shaw fu distratto dalla nuova figura che gli si sedette accanto con la grazia di una balena. Non che Shaw fosse propriamente elegante, dato che i suoi modi sicuri di muoversi erano sempre intrisi velatamente dal suo essere, di base, piuttosto animalesco, ma il moro pareva impegnarsi per far risaltare il suo essere ridicolmente impacciato.
    « Se proprio voleva evitarci le emorroidi invece di questi aggeggi del diavolo poteva mettere delle amache. Almeno ci si poteva stendere... ora dove metto le gambe? »
    Shaw, che aveva già ruotato il capo verso di lui, curvò maggiormente le labbra verso il basso ed inspirò dell'aria dal naso, come a prendersi del tempo per pensare.
    « Prova ad essere creativo, vediamo dove potresti infilartele. », propose, lui che di eleganza a voce ne aveva da vendere.
    Arrivato Jupiter, al quale rivolse un cenno del capo a mo' di saluto e solo un'alzata di spalla come risposta, la lezione, finalmente, ebbe inizio.

    Tornò a concentrarsi sulla figura di Ensor e più o meno alle sue parole: come sempre seguiva le lezioni con quella faccia da sberle di chi reputa il tutto davvero poco interessante, svogliato e con una gran voglia di utilizzare quel tempo in modi ben più piacevoli, ma la verità nascosta lo vedeva mentalmente concentrato sulle nozioni da apprendere. Al solito, il discorsetto di introduzione non poteva mancare, e anche se Shaw avrebbe volentieri mandato avanti il nastro per passare al sodo fu costretto a sorbirselo di nuovo; conosceva già il metodo d'insegnamento del docente di Magia Elementale ma, nonostante ciò, non si sarebbe sprecato a rispondere. Non perché fosse timido, piuttosto perché le persone sembravano avere una gran voglia di parlare tale da far sì che lui si domandasse per quale motivo dovesse aggregarsi al gregge, magari ripetendo anche le stesse cose già dette da qualcun altro. Meglio farsi i cazzi propri.
    Come volevasi dimostrare il primo intervento non tardò ad arrivare: la bionda, l'altra bionda, disse ciò che Shaw avrebbe esternato se fosse stato un tipo partecipativo a lezione. Erano ovvietà, dunque iniziò a pensare che quella sarebbe stata una lezione piuttosto inutile; sperò vivamente che Ensor avesse idee diverse circa il tempo che rimaneva da spendere in quella specie di centro sociale, magari passando allo step successivo, la parte veramente interessante di quella lezione di recupero.
    Si passò una mano fra i capelli durante il discorso della Johnson - che, per quanto trasparisse dalla sua risposta, aveva già trovato un modo utile per utilizzare il suo elemento - e abbassò lo sguardo sulla propria mano per pensare per fatti propri. Quei quattro elementi li trovava tutti interessanti considerando che, appunto, per quanto lo riguardava avevano lo stesso grado di importanza, e si prese il suo tempo per arrivare alla conclusione che avrebbe preferito poter padroneggiare il fuoco e l'acqua. Peccato solo che Ensor avesse parlato al singolare...
    Contando sulla logorrea dei suoi compagni riprese a far ruotare l'anello intorno al proprio dito, valutando le caratteristiche dei due elementi sui quali avrebbe voluto concentrarsi maggiormente: il fuoco e l'acqua. Erano elementi che, in un certo senso, viaggiavano parallelamente ma ai poli opposti, entrambi utili ed affascinanti, a parer suo, anche dal punto di vista fisico ed estetico, e mentre pensava alla forma dei due se posti all'interno di barattoli cristallini privi di coperchio, senza apparentemente un motivo percepì più vicino a sé il primo al quale aveva pensato, il fuoco. Non aveva idea del perché né, in fin dei conti, se ne interrogava più di tanto, ma a quel punto gli fu chiaro su quale degli elementi si sarebbe concentrato maggiormente.
  2. .
    Shaw Hynes
    Rubino
    Narrato ▴ "Pensato"
    « Parlato »« Parlato Altrui »
    S
    vegliarsi spontaneamente di buon'ora con la speranza di andare a correre col sole equivaleva, forse, a pretendere l'impossibile. Alle nove di mattina il cielo si era già riempito di nuvole, impegnandosi come pochi ad oscurare i raggi luminosi e rischiarando il paesaggio servendosi di quella luce filtrata, biancastra e di un fastidioso unico nel suo genere. Accompagnato dall'obbligo di almeno un bestemmione degno d'un pecoraro (non me ne vogliano i pastori), quella corsa alla fine se l'era comunque fatta. Tutta colpa di quel ridicolo di Stein, al quale per nulla al mondo avrebbe dato la soddisfazione di beccarlo boccheggiante e sfiancato durante una delle sue lezioni; inutile appuntare che all'insegnante, molto probabilmente, non interessava affatto coglierlo in difficoltà o anche solo notarlo e basta, ma come al solito l'ego di Shaw non aveva idea di cosa significasse "non essere al centro del mondo".
    Dopo aver cullato quanto bastava quell'egocentrismo patologico ero rientrato nel proprio Dormitorio per lavarsi e cambiarsi, memore della lezione di Magia Elementale che lo avrebbe atteso tre quarti d'ora insieme ad Ensor. Stranamente neanche lui gli andava a genio, l'unica differenza fra Ensor e gli altri insegnanti stava nel fatto che il biondo, almeno, si salvava dal punto di vista fisico... ma alla fine neanche questo avrebbe reso la lezione meno noiosa. Perché, quindi, continuava a frequentare?
    Infilatosi un paio di jeans chiari e strappati - davvero troppo strappati -, coprì il petto con una camicia a maniche lunghe e completò il tutto calzando un paio di anfibi senza chissà quali pretese, l'anello d'oro con le pietre sempre presente intorno al medio della mano destra; con la giacca in spalla, una sigaretta in bocca e le immancabili cuffie alle orecchie lasciò il dormitorio dei Rubini per raggiungere la Fontana dei Suicidi. Finì di fumare sulla panchina piazzata lì davanti, rivolgendo le spalle all'acqua, e se la prese più che comoda a godersi quelle boccate salate di morte; fu solo dopo aver finito la cicca che si alzò dalla seduta, ma per entrare attese l'ultima nota di Aerials dei System.

    Raggiunse l'aula con passo lento, perfettamente in orario, e nonostante l'assenza dei banchi fosse chiaramente una sorpresa, lui mantenne quella solita aria annoiata. Lo sguardo si spostò lungo la serie di cuscini e divanetti fino a raggiungere la figura dell'insegnante, al quale riservò il solito cenno del capo come saluto, poi non aspettò un invito per impossessarsi di un paio di cuscini al lato opposto di Ensor e appoggiare le spalle alla vetrata, piegando una gamba e imprecando mentalmente per quella posizione affatto comoda. Come al solito non aveva niente per prendere appunti o per trascorrere i tempi morti, quindi, lanciando qualche occhiata di sottecchi all'insegnante che pareva uscito da una serata di Casinò, prese a toccarsi l'anello distrattamente.
    Il suo tessssoro...
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    AHAHAHAH Il codice con le paperelle per Babbanologia <3
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    Sakiiii *-*
    Ciao! Sono Irene, AurorFiamma ai miei tempi nel Paiolo 💕 Benvenuta anche da parte mia, sono contentissima di "rivedere" anche te!
  5. .
    Shaw Hynes
    T
    ornare con la mente alla realtà non fu liberatorio come aveva sperato: durante la situazione vissuta fino a pochi secondi prima, Shaw aveva sperato sinceramente che quella fantasia malata finisse per potersi riappropriare del proprio corpo vero, quello che adesso riusciva a percepire alla perfezione perché scomodo e in tensione; ora non riusciva davvero a comprendere cosa volesse. O meglio, una sicurezza l'aveva di certo, e prevedeva semplicemente il togliersi da davanti Callaway, che da quel giorno in poi avrebbe tentato di evitare come la peste per non dover ripetere un'esperienza come quella appena conclusa. Certo, magari il docente non avrebbe nuovamente sfidato la sorte in quel modo, ma prevenire era senz'altro meglio che curare, e Shaw al momento era certo che non avrebbe avuto la pazienza di tollerare un altro test come quello.
    Mentre riprendeva pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e mentali si guardò intorno senza vedere davvero i suoi compagni, mettendoci giusto qualche secondo ad allungare la mano verso l'iPod per infilarselo in tasca e sistemarsi la felpa. Che il professore stesse parlando gliene interessava davvero poco, motivo per cui non ascoltò praticamente nulla del suo bel discorsetto di chiusura preferendo di gran lunga alzarsi e avviarsi verso l'uscita. Lo degnò giusto di un'occhiata apparentemente piatta, la mandibola contratta era l'unico segno del rancore che provava nei suoi confronti, e con quella si lasciò l'aula alle spalle senza dire assolutamente niente.
    24 yo
    Dormitorio Rubino
    Scheda
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  6. .
    Shaw Hynes
    L’
    eco di quella voce si affievolì lentamente, di pari passo con la sua vista che sembrò quasi annebbiarsi. Era fuori? Fuori da quella messa in scena assurda nella quale l’insegnante l’aveva catapultato? Rispondersi sembrava impossibile, in quelle condizioni.
    Fu breve quell’attesa inutile e silenziosa che precedette l’arrivo di un nuovo discorso di Callaway, e quando la sua voce colpì l’udito di Shaw quest’ultimo lo ascoltò in silenzio. Non riusciva a vederci niente di piacevole in quella situazione di stallo quindi, cosa?, il suo io era incazzato?
    ”Che novità”, pensò amaro mentre parole relative ad un’aura gli entravano in testa; di riflesso alzò un braccio, nonostante sapesse che l’avrebbe vista solo una volta uscito da quello stato di trance, ma era già tanto che riuscisse a scorgere parti del proprio corpo. Gli pareva di essere morto, e in vista di ciò che lo stava aspettando sarebbe stato anche meglio, a parer suo.
    Perché Calloway continuasse a parlare, a sottoporlo a quelle prove prive di senso e a prolungare quella specie di tortura psicologica non gli era chiaro, ma quando l’insegnante ebbe terminato di distribuire le sue informazioni come se fossero oro Shaw fu quasi tentato di rendere grazie al Creatore. Troppo presto, però.
    Pretendere di tornare semplicemente alla vita vera e levarsi di torno tutto quello schifo era forse troppo? Era considerato esagerato il libero arbitrio dopo essersi fatti leggere in un modo che, adesso, gli faceva rimpiangere l’assunzione di quella droga? Se Shaw aveva sperato di riaprire gli occhi e trovarsi in aula - per mandare al diavolo quello sfigato dell’insegnante e levarsi di torno prima ancora di ultimare quella lezione - adesso poteva tranquillamente sentirsi un illuso, preso per il culo a livelli incredibili. La delusione non gli si stampò in viso, ma a marcare quei lineamenti a tratti duri ci si mise l’irritazione di chi non riesce più a celarla dietro una fredda maschera d’indifferenza.
    « Mi prendi per il culo? » sbraitò apparentemente al nulla, assestando un paio di pugni alla parete che rimasero incollati a quel muro arancione e crepato. Restò in quel modo, appoggiato sugli avambracci con le spalle ricurve e la fronte contro la superficie fredda, a bestemmiare dentro di sé per via di quella situazione dalla quale pareva non riuscire ad emergere; gli sembrava pure di sentire quell’odore di fiori che per qualche ragione ricollegava ai morti, e pian piano iniziò a regolarizzare il respiro. Più si allontanava dalla propria rabbia, più i suoi sensi si allargavano come rami verso l’esterno, captando quindi anche i suoni che provenivano da corpi che non fossero il proprio.
    Sua madre era ancora lì, lo sapeva ancora prima di decidersi a voltarsi. Fu un movimento lento, pensato, nonostante certi rumori tradissero un’emergenza alla quale lui non diede peso: la donna che l’aveva tenuto in casa con sé fino ai quindici anni ora giaceva a terra, gli arti posizionati in modo inquietante come quelli di un burattino al quale sono stati tagliati i fili all'improvviso. I capelli castani erano sparsi sul pavimento e sul suo collo, gli occhi assenti semichiusi e rivolti verso un punto indefinito oltre la spalla di Shaw e dal resto del corpo non proveniva nessun segno di movimento. Il respiro irregolare, inoltre, non lasciava molto spazio a qualche dubbio: se l’avesse lasciata lì sarebbe morta.
    Di cosa aveva parlato Calloway? Altruismo? E cosa aveva detto circa questo altruismo? Che dipendeva da lui e non da sua madre, più o meno, e questo Shaw non riusciva proprio a comprenderlo. C’è da premettere che il senso di altruismo di Shaw era particolarmente soggettivo, lontano dalla morale collettiva e capitanato anche dal suo egoismo. Aveva già dimostrato a modo suo di essere altruista, ad esempio quando si era fatto sbattere in galera per far valere il proprio senso di giustizia nei confronti di quella che vedeva come una sorella, quindi non gli servivano altre prove per misurare la sua spontanea generosità. Ad avere davanti sua madre, per lo più, questa sua tesi non poteva che essere rafforzata. Del suo altruismo sua madre non ne meritava neanche uno sputo. Oltretutto si stava esponendo davvero troppo agli occhi di chi l’aveva spinto con le spalle al muro a fronteggiarsi con quella vicenda.
    Nonostante gli occhi fossero sulla figura ormai priva di sensi della madre, vederla davvero risultava impossibile. Le aveva già dato fin troppo, a volte senza neanche volerlo, e ormai quel bambino che sperava di avere un rapporto sano con la propria madre era morto e sepolto. Morta e sepolta era anche lei, che non faceva più parte della sua vita da anni ormai.
    Solo a quel punto si rese conto di quell’aura della quale aveva precedentemente parlato Callaway, e pareva essere di un rosso scuro striato di verde. In quel preciso istante aveva il potere di salvare o lasciare soffrire sua madre, poteva scegliere se portarsela ancora con sé o se privarsi una volta per tutte di lei.
    Non ci pensò molto a prendere una decisione: dopo un’ultima occhiata, denti stretti e sguardo duro e determinato, sorpassò quel salotto che aveva tanto odiato per prendere quella ridicola uscita che il docente gli aveva riservato. Uscendo di casa si ripromise di non pensarci più.
    Quando varcò la soglia di casa propria non sapeva bene cosa trovare, e fu in un battito di ciglia che sentì di nuovo il sedere sulla sedia.
    24 yo
    Dormitorio Rubino
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    Pensieve
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    Sorry per il post vergognoso ma ho cercato di rientrare nei tempi!
    Ho scelto la tonalità di rosso che più si avvicinava a questa situazione specifica, spero di non aver sbagliato :3
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    Grazie per la proroga <3


    Shaw Hynes
    A
    quanto pareva l’esito del test prevedeva una risposta degna d’uno psichiatra da parte del docente, parole che arrivarono inaspettatamente e anche malvolute.
    «Credo che lei stia vivendo una mancanza di introspezione, signor Hynes», Shaw mantenne le iridi piantate in quelle altrui, tenendo solido quel contatto visivo che per nulla al mondo avrebbe interrotto per primo e che, da parte sua, non mostrava né un minimo d’interesse né quella lieve collera provata poco prima; aveva imparato da parecchi anni ormai che esporsi non portava mai nulla di buono: spogliarsi della propria armatura donava all’altro strumenti di vantaggio rendendo semplicemente deboli. Lui ormai applicava questa teoria inconfutabile a qualsiasi situazione, compresa quella che stava vivendo.
    Non rispose alla prima frase, restò fermo al suo posto con quella faccia che a prenderla a schiaffi si avrebbero avuto le proprie soddisfazioni, e mentre lui continuava a tacere e a studiare, l’insegnante si avvicinava proseguendo il suo discorso.
    «Se vuole recuperare il rapporto con il suo subconscio dovrà analizzare se stesso più a fondo di quanto forse abbia il coraggio di fare»
    Le labbra di Shaw si schiusero all’improvviso per lasciar uscire la tipica sbuffata di chi pare non credere alle proprie orecchie.
    « Coraggio? », ripeté con un sopracciglio leggermente inarcato ad accentuare quello che poteva essere definito quasi scherno, il capo appena più vicino alla spalla destra. Nonostante quella faccia tosta, sotto sotto sapeva bene quanto l’insegnante avesse ragione, solo che ad ammetterlo non ci sarebbe arrivato mai. Quindi fanculo alle buone maniere, alla buona volontà e a tutto ciò che potesse essere definito “buono” dal buonsenso comune.
    «Ognuno ha le sue ombre, non è facendo finta di non vederle che riuscirà a dissiparle»
    “Touché, Callaway”, avrebbe dovuto pensare il ragazzo, invece piegò maggiormente i lati di quella bocca verso il basso incamerando aria nei polmoni prima di rilasciarla in una specie di sbuffo lento, diventando per qualche secondo l’emblema dello scetticismo.
    « Prospettive. », considerò dopo aver incrociato le braccia al petto.
    La fortuna fu dalla sua parte e anche quella conversazione abbastanza inutile ebbe fine. Shaw seguì i movimenti dell’insegnante per qualche secondo, dopodiché tornò a guardare un punto fisso in fondo all’aula e lì lo tenne finché Callaway non riprese a parlare.
    Inizialmente pensò che avrebbe impiegato meglio il suo tempo restando a letto, quella mattina, o al massimo avrebbe potuto iniziare a capire in quale direzione voltarsi per trovare chiunque spacciasse in quella scuola. Perché era ovvio che ci fosse qualcuno: quale college era privo di gentaglia della sua specie infiltrata per riempirsi le tasche a discapito di studenti? Nessuno. Dunque era arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e riprendersi la vita da dove l’aveva interrotta, anche se questa era stata spostata dall’altra parte dell’Oceano. Quindi, quando sentì il docente blaterare circa funghi allucinogeni - perché tutta la premessa l’aveva ignorata di default - la sua attenzione tornò piuttosto viva. Gli spuntò pure una specie di sorriso a metà, deliziosamente incredulo per quanto potesse esserci qualcosa di seriamente “delizioso” in quella faccia facilmente detestabile, e fu automatico abbassare lo sguardo su quella teiera contenente le sostanze di suo interesse. Si era già fatto di funghi allucinogeni, anche se non rientravano nella top three delle sue droghe preferite, ma questi dovevano per forza avere qualcosa di particolare considerando il luogo in cui si trovava. C’era qualcosa di normale in quel college? Addirittura gli insegnanti si mettevano a drogare gli studenti… Quasi quasi iniziava a piacergli. Peccato solo per tutte quelle parole di troppo che Shaw, di nuovo, non ascoltò: in quel momento era quasi come un ragazzino al quale erano stati restituiti i giocattoli dopo un’ingiusta punizione.
    Si riempì la tazza con quell’infuso di sostanze psichedeliche e se lo portò sotto al naso, quasi volesse accertarsi che si trattasse seriamente di funghetti allucinogeni e non di qualche miscuglio mortale, e solo dopo essersi accertato che qualche studente prima di lui non fosse morto portò il bordo del contenitore alle labbra e lo scolò tutto d’un sorso. Il liquido faceva schifo, nonostante avesse ingerito di peggio, quindi strizzò gli occhi di riflesso con una smorfia che la diceva lunga su quanto poco gli piacesse quella roba. La tazza finì di nuovo sul tavolo e la mano alla gola, ma quando riaprì gli occhi non trovò ciò che aveva lasciato: l’aula, l’insegnante e tutte quelle teste che aveva davanti agli occhi fino a pochi secondi prima avevano ceduto il posto alla luce.

    « Cazzo! », imprecò serrando di nuovo gli occhi di riflesso con una mano che, rapida, aveva raggiunto il viso per schermarlo.
    C’era una luce accecante, il tipico bianco del sole di mezzogiorno diffuso tutt’intorno da una coltre di nubi chiarissime. Elevato all’infinitesima, però.
    Tirò giù un Santo dal Paradiso, un altro corse appresso al primo poco dopo, mentre il terzo si salvò solo perché, andando a tentoni, tra un francesismo e l’altro Shaw era riuscito a trovare la maniglia della porta di legno. L’aprì con forza, mano fissa contro gli occhi, e subito addossò la schiena alla parete di pietra che era liscia, fredda e stranamente umida sotto i vestiti leggeri che indossava. Si prese qualche secondo per adattarsi almeno alla poca luce che, dalla porta accostata, entrava quasi di violenza all’interno di quello spazio sul quale ora iniziava ad avere una visuale quanto meno accettabile, per quanto fosse parziale: era una stanza piccola, circolare e apparentemente senza finestre, il cui unico accesso sembrava essere quel rettangolo di legno. La vista era ancora debole, però a restarsene lì a fare la mezza sega per un po’ di luce non se ne parlava, dunque iniziò a muovere qualche passo di nuovo verso l’esterno, stavolta con le palpebre aperte quanto bastava per poter scorgere qualcosa di utile; fu una fatica immensa tenerli aperti per più di dieci secondi e abituarsi a quel chiarore, ma quando lo sforzo fu ripagato Shaw riuscì a raggiungere la balaustra che lo separava dal vuoto. Era in cima al Monument to the Great Fire of London, noto maggiormente come The Monument e basta. A differenza del solito non c’era alcuna protezione a cupola, e pian piano che iniziava a mettere a fuoco non mancò di notare un particolare al quale avrebbe dovuto prestare attenzione da subito: Londra non si muoveva, c’era un silenzio opprimente a far compagnia a quella che sembrava una città fantasma.
    In cima a quella torre era il Re del Niente.
    Tastò le tasche in un gesto spontaneo volto a trovare il solito pacchetto di sigarette fin quando, dopo averle ispezionate anche più del dovuto, gli fu chiaro di non avere niente con sé che non fossero i vestiti che aveva addosso. Un pugno chiuso andò a battere verticalmente sul bordo al quale era appoggiato - il banco in classe subì lo stesso trattamento - in un gesto di frustrazione che poi lo portò a lasciarsi quella cieca e inutile altezza alle spalle.
    Stavolta lasciò la porta spalancata, e di nuovo fra le pareti del monumento si affacciò direttamente verso il centro dell’infinita scalinata che, ormai sapeva, lo stava aspettando. Era già stato in quel posto, ormai più di dieci anni prima, durante una gita scolastica nella Capitale britannica: in quell'occasione a detta sua non era successo proprio un bel niente. Non riusciva a capacitarsi, dunque, del perché si trovasse in quel luogo o del perché dovesse farsi esattamente trecentoundici scalini per raggiungere la terra. La cima di quella torre era il posto ideale, una volta raggiunta, per sentirsi quasi un dio traballante sui piedi ma gonfio d’orgoglio dentro, ma scendere era tutt'altra storia. Era un po' come farsi il cosiddetto "mazzotanto": impegnarsi duramente per raggiungere dei risultati per doverli poi abbandonare senza nessun motivo valido, controvoglia e anche faticando. Scalare una montagna parecchio alta e scendere di nuovo a valle senza neanche farsi un Bombardino. Solo che Shaw, in quella situazione, non aveva faticato affatto a raggiungere la parte più alta della torre: la sua fatica stava tutta nel dover andare verso il basso. Quanto poteva essere frustrante doversi spolmonare per ritornare allo stesso livello di tutte le persone comuni? A questa domanda rispose mandando un qualcuno non ben definito a fanculo - parola che il professore avrebbe sentito indubbiamente - senza nessun mezzo termine inutile a tracciarne il sentiero, e a quel punto iniziò il suo percorso. In fin dei conti scendere delle scale non era la fine del mondo, anche se proprio non riusciva a capacitarsi del perché dovesse fare una cosa così inutile: in questione erano state messe parti di lui che non conosceva, o meglio non riconosceva, e il suo livello di narcisismo non gli stava permettendo di riallacciare quella specifica esperienza ad un'allegoria, quasi, del suo essere. Continuava a muovere un piede dopo l'altro, gradino dopo gradino, accompagnato dal suono di un'imprecazione borbottata pronta a scandire i secondi ogni dieci; più scendeva, più gli sembrava di essere lontano dalla fine, con quegli scalini che da trecentoundici stavano diventando quattrocento... Quattrocentotrentatré... Quattrocentoquarantatré-cinquantatré-sessantatré...
    Era fastidioso, frustrante, irritante a livelli inconcepibili, tant'è che per la rabbia quasi rischiò di oltrepassare una porta che, però, non poteva essere lì in nessun modo possibile. Non c'era nessuna porta lungo quella chiocciola infinita, non era possibile che ci fosse una stanza, neanche uno sgabuzzino considerando la circonferenza ridicolmente piccola di quella torre, ma a quanto pareva si trovava davanti ad una scelta: pazientare, comprendere e sudare come chiunque per raggiungere una fine che non sapeva quando sarebbe arrivata o aprire la porta e scoprire cosa nascondesse al suo interno. Entrambe le opzioni erano roba da pazzi, dato che quelle scale continuavano a moltiplicarsi e quella porta non aveva motivo di esistere... Ma la pazienza di scendere era finita.
    Indietreggiò, abbassò la maniglia e restò immobile.

    Quanti anni erano passati? Sei? Sette? O magari otto, se non si contava quella visita inutile che sua madre gli aveva fatto il terzo mese di Ashfield solo per dirgli che Wood non avrebbe pagato l'avvocato. Ne era passato del tempo, e ancora di più ne era trascorso da quando lei aveva smesso di trattarlo come se lui non potesse comprendere lo squallore nel quale lo faceva sguazzare da anni, terminato e sostituito solo perché quel figlio di puttana aveva deciso di andare a vivere a casa loro. Ed era proprio lì che si trovava, fra le mura scrostate e macchiate di quella topaia che per anni aveva tentato di chiamare "casa", e sdraiata sulla solita poltrona consumata dal tempo c'era sua madre.
    Ogni volta che Shaw pensava a Libby, in mente aveva sempre la stessa immagine: quella di una prostituta svestita e provocante come solo una prostituta di bell'aspetto riusciva ad essere, il cui ambiente di provenienza era però tradito dalla posa d'alcolizzata fatta e finita. E lui così la rivide, con una bottiglia vuota a terra e un bicchiere mezzo pieno in mano.
    Lei però non stava guardando lui.
    « Finalmente, Shaw... Portami qualcosa da bere. »
    Aveva gli occhi truccati di azzurro e sbavati di nero chiusi, come se vederlo cresciuto non andasse bene. Perché in fin dei conti quella era una situazione già vissuta, un copione scritto e già recitato fino alla nausea, ma a riviverlo c'era una consapevolezza diversa. Una persona diversa, rinata sui propri pezzi rotti e incollati per forza. Attaccati male.
    Shaw non si mosse, non disse una parola, limitandosi per qualche secondo iniziale a dare giusto uno sguardo alle proprie spalle: la porta per la torre, come aveva immaginato, non c'era più.
    « Bimbo, Cristo santissimo, portami quel cazzo di gin. Per favore. », lo incalzò roca Libby, con quel "per favore" che avrebbe fatto ridere e piangere in contemporanea chiunque se infilato in quel contesto. Ma lui non stava né ridendo né piangendo, semplicemente non riusciva a dire una parola. Non aveva mai più pensato a sua madre, se non in risposta a degli stimoli esterni e inaspettati che evitava il più possibile, e sicuramente non avrebbe mai immaginato che, di nuovo di fronte a lei dopo parecchi anni, avrebbe provato ancora una volta quel senso di stasi sia fisica che mentale, la stessa che aveva iniziato a sentire intorno agli otto anni. Forse era la lunga lontananza, o magari il fatto che senza di lei si era costruito un mondo entro il quale niente l'aveva e l'avrebbe mai scalfito; o forse era la voglia di restituire il favore e riprendersi ciò che gli era stato tolto da bambino, ma neanche lui sarebbe arrivato a tanto. Il solo pensiero, ora che l'aveva davanti, gli fece salire un conato di vomito, e nello stesso istante Elizabeth Hynes si alzò barcollando e sbuffando dal divano per avvicinarglisi apparentemente alla cieca, ma evidentemente certa di dove avrebbe trovato il figlio.
    « Perché non mi soddisfi? Faccio sempre il massimo per te, non fare l'ingrato del cazzo adesso ché io 'sto giorno libero me lo voglio godere. », gli puntò un dito contro e fece per prendergli il viso in una mano, ma a quel punto Shaw si spostò di qualche passo verso il corridoio che portava alla sua vecchia stanza. Aveva la mandibola serrata e il respiro più rapido e rumoroso; non sapeva definire certe emozioni, non voleva nemmeno rivivere la merda che si era miracolosamente lasciato alle spalle anni prima, perché al passato non c'era rimedio se non quello di voltare pagina e riscriversi il futuro partendo da zero. Non sarebbe servito a niente, perché quella rabbia che provava nei confronti dell'ambiente dal quale proveniva, nei confronti di sua madre nello specifico, non l'avrebbe certamente migliorato. Se c'era una cosa che lo spaventava, piuttosto, era il pensiero che qualcuno potesse scoprire.
    Mentre Libby avanzava, lui continuò ad indietreggiare, passandosi una mano sulla bocca come a volersi levare di dosso il sapore dell'amaro, delle parole che non riuscivano ad uscire o come a voler trovare una scusa che giustificasse la sua improvvisa non-violenza.
    Solo arrivato nella sua vecchia stanza notò quella luce con la coda dell'occhio: non troppo accesa, neanche troppo flebile, doveva essere il biglietto di ritorno per uscirsene da tutto ciò che stava vivendo. Non ci pensò due volte a tentare, ad infilarsi nella sua vecchia stanza per cercare di aggrapparsi a quel bagliore che pareva quasi respirare, lanciando un ultimo sguardo alla sua madre cieca.
    « Stavamo bene da soli io e te. », fu l'ultima cosa che sentì uscire da quella bocca così simile alla sua.
    Perché in fin dei conti, volente o nolente e per quanto sbagliato e ingiusto potesse essere, quel rapporto malsano lo aveva reso speciale nei confronti di chi l'aveva messo al mondo, e a questo pensiero da piccolo ci si era aggrappato con tutto se stesso.
    Era un'eco, e con quell'eco probabilmente sarebbe tornato, in un modo o nell'altro, alla realtà.
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    Edited by •Lithium• - 11/4/2016, 02:04
  8. .
    - Lo so che è lungo ma non ho resistito. Per facilitare la lettura ho diviso il post in tre parti e le prime due possono essere saltate senza problemi.
    - La gif naturalmente non rispecchia totalmente il pg dato che Shaw non si truccherebbe mai :') (è che sono sfigata con un pv che non ha video)
    - C'è un accenno alla figura di Dawn verso la fine </3


    Shaw Hynes
    S
    haw non sognava mai. O meglio, non ricordava mai di aver sognato durante il riposo. La verità era che non gli interessava affatto scoprire cosa nascondesse il suo inconscio, quanto la sua mente lavorasse durante le ore di sonno o quali fossero certi misteri indagati dalla parte più nascosta del suo Io: l'altro Io, quello più scoperto, gli bastava e avanzava per entrambi. Si ritiene che l'incapacità di ricordare i sogni sia riconducibile a diversi fattori e - fra i tanti - per Shaw era senz'altro vero quello riguardante il controllo e l'attenzione verso tutto ciò che lo interessasse dall'esterno; di scavare dentro di sé e cazzate varie non gliene sarebbe potuto importare di meno.
    Dunque, per lui la notte era semplicemente nera. E nero fu anche l'umore che lo assalì quando, a prendere il posto del buio visivo, giunse la luce del mattino.
    « Oh. », borbottò da cavernicolo quando un paio di jeans si abbatterono senza grazia sul suo viso; con una mano se li tolse dalla vista e si voltò verso Damien, il suo nuovo compagno di stanza che pareva essersi svegliato con una miccia sotto al culo e che, evidentemente, aveva pensato bene di svuotare l'armadio e spostarlo sul letto di Shaw.
    « Ma che cazzo fai... », proseguì senza chissà quale intonazione, sospirando e tornando con la testa contro il cuscino. Con un occhio chiuso e uno aperto, i capelli per aria e una mano a grattarsi il petto, Shaw poté dire ufficialmente addio al suo riposo con un'ultima e davvero poco elegante imprecazione.

    Non essendo una giornata troppo rigida aveva optato per un abbigliamento come sempre comodo, costituito da jeans piuttosto skinny e abbondantemente strappati, una t-shirt grigia coperta da una felpa nera acetata e ai piedi un paio di Stan Smith bianche. "Moderatamente tamarro" avrebbero detto alcuni, "sempre una cifra figo" avrebbe risposto lui, Signore della Modestia.
    Venti minuti più tardi del suo risveglio, Shaw aveva recuperato abbastanza energia per potersi trascinare fino all'aula di Magia Bianca; fortunatamente l'edificio era uno dei più vicini al suo dormitorio, cosa che gli permise di prendersi un caffè e arrivare a lezione in orario.
    Ancora gli sembrava più che assurdo il fatto che stesse andando a seguire un corso. Con un professore. Una lezione con un professore.
    Lui a lezione di magia.
    "Cristo.", pensò varcando la soglia dell'edificio con le cuffie alle orecchie. Ormai l'opzione "mi sono fottuto definitivamente il cervello" non era più disponibile: tanto valeva prendersi ciò che gli veniva offerto e vedere fino a che punto sarebbe arrivato.

    Quando mise piede in aula si guardò intorno in maniera vaga, con l'espressione annoiata e disinteressata; lo fece soltanto per avere un'idea riguardo al tipo di persone con cui avrebbe condiviso quello spazio e, naturalmente, per assicurarsi un posto in fondo all'aula. Si sfilò una cuffia lanciando uno sguardo a quello che doveva essere l'insegnante e poi si diresse verso il banco più lontano. Il professore era chiaramente uno stereotipo, pensò Shaw con gli occhi di nuovo sull'uomo mentre arrotolava le cuffie: con quegli occhiali, la barba, i capelli mossi e l'abito da uomo ormai finito non avrebbe potuto ricoprire una carica che non fosse quella. Perfetto per il ruolo, mancava solo la storiella proibita con una studentessa in gonnella... o magari con uno studente rachitico.
    Shaw attese che la classe si riempisse seduto al proprio posto, le gambe leggermente aperte e piegate e un braccio mollemente poggiato sullo schienale; sul viso nessuna gioia. Osservò distrattamente lo strumento che aveva sul banco accanto al quale aveva posato l'iPod poco prima, e quando finalmente Daniel Callaway iniziò a parlare il ragazzo tentò di seguire quei discorsi senza battere ciglio, constatando a poco a poco che quella, reale o inesistente che fosse, sicuramente non sarebbe stata una materia adatta a lui. L'altruismo di sicuro non era una delle qualità per le quali Shaw spiccasse fra la folla, quindi quella lezione era già iniziata per il verso sbagliato. E "sbagliato" era solo un eufemismo, poiché il discorso successivo si spostò su traumi, nodi, energia e sulla conoscenza del proprio sé. Gli pareva quasi di essere tornato ad Ashfield, alle sedute inutili con la Orchard e tutte le sue parole ricercate che avrebbero dovuto attribuirle un'aria intelligente e magari anche saggia. Quindi era vero che, in fin dei conti, di rotelle non ne avevano poi tutte a Brakebills.
    « A tal proposito, prima di iniziare la lezione, dovrete fare un test, si chiama Test di Psicoenergetica e si effettua con lo strumento che ognuno di voi ha sul banco. »
    "Che bomba."
    Un pensiero sinceramente entusiasta il suo? Ovvio che no. Tuttavia riportò gli occhi su quell'arnese che giaceva sul banco e, con la calma propria della svogliatezza, iniziò a collegarlo al proprio corpo. Sollevò le maniche della felpa e agganciò quegli anelli ai polsi in stile genio della lampada, poi si attaccò la prima elettrostronzata alla fronte e, sollevando la t-shirt quel tanto che bastava, posizionò le restanti due al torace e all'addome. A quel punto non fece che starsene seduto a controllare il modo in cui i valori sarebbero cresciuti. Era più che certo di essere in perfetta forma fisica, di essere in pace con se stesso nonostante i recenti avvenimenti e di essere mentalmente stabile. Quanto al subconscio, per quanto gliene interessasse, l'ultima fialetta avrebbe anche potuto scioperare. Probabilmente sarebbe stato meglio per lei.
    Aveva appena iniziato a perdere la pazienza di fronte a quelle quattro boccette quando iniziarono a riempirsi. La rossa non fu una delusione, anche se Shaw 96% non era un valore pieno come avrebbe voluto. La blu sembrò avere qualche problema dovuto, probabilmente, al fatto che Shaw fosse momentaneamente e leggermente scontento del risultato e del risveglio, ma allo stesso tempo sapeva di possedere una base sufficientemente alta a risollevare la percentuale; questa, contrariamente alle sue supposizioni, continuò a muoversi fra il 40% e l'80% senza trovare pace. La fialetta viola si riempì per un 76% mentre la verde, quella inconsciamente temuta dal ragazzo, si fermò ad un misero 12%.
    Tutto quel test gli sembrava una cazzata enorme. Si tolse di dosso sia le ventose che gli anelli ai polsi con un'espressione come al solito indifferente a qualsiasi cosa, ma solo apparentemente: prima di strofinarsi una mano orizzontalmente sulla bocca piena, Shaw aveva contratto l'osso mascellare per il fastidio.
    A peggiorare la situazione, neanche un paio di secondi dopo ci pensò la classica oca bionda presente in ogni classe che si rispetti.
    « Lei è fidanzato, sposato o gay? In caso contrario io sono completamente disponibile per il ruolo di amante o futura moglie »
    « Cristo Santo. » sussurrò Shaw abbastanza basso da poter essere udito solo da se stesso, solo perché limitarsi a pensarlo sarebbe stato uno spreco.
    Quel test durò giusto il tempo di farsi salire la bile, poi arrivò il turno di parlare. "Voglio che voi stessi interpretiate i risultati e mi diate uno alla volta una diagnosi del vostro stato psicoenergetico e delle possibili motivazioni per cui si trova in queste condizioni", aveva detto l'insegnante qualche minuto prima; Shaw non si fece di certo avanti per primo in quel ridicolo circolo di psicopatici nemmeno anonimi, attendendo semplicemente che giungesse il suo turno.
    « Shaw Hynes. », si presentò per evitare che glielo chiedesse successivamente come era già successo a qualcuno, « 96, incomprensibile, 76 e 12. », e così terminò il proprio discorso. Espressione piatta e tono monocorde. Non una parola di più né una di meno, perché in fin dei conti si era già esposto fin troppo.
    24 yo
    Dormitorio Rubino
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  9. .
    Ogni volta che arriva un nuovo utente (paiolaro o meno che sia) mi sento inspiegabilmente happy *-* Presumo non sia normalissimo...
    Mavvabbeee'.
    Benvenuta! Sei stata sicuramente più brava di me a guardarti tutti gli episodi ._. (io sono ancora al terzo ma ssssh, recupererò presto u.u)
    Detto ciò, aggiungo solo che non sono capace a dare il benvenuto... quindi facciamo che questatristezzadirispostafiniscequi.
  10. .
    Benvenuto, Alessandro!
    CITAZIONE
    Perché sono qui? Bella domanda. Ho poco tempo, gestito pure male, ed io vengo ad arenarmi anche qui. L'ho già detto che sono un demente, sì?

    Condivido alla grande, ahahah ci piace incasinarci </3
  11. .

    What is it about?
    ⫸ Codes - requests - friendships - personal portfolio ⫷

    Cosa faccio di utile?

    schemi role
    schemi schede
    schemi portfoli/tabelle
    insomma: schemi utili

    Cosa non faccio (perché sono una caprona) ?

    banners/targhette/grafica in generale
    È un portfolio che racchiude sia le mie passioni sia ciò che posso mettere a disposizione degli utenti ff/fc/bg con molto piacere! Ho rimandato a lungo, ma finalmente sono riuscita ad aprirlo. È ancora in fase di lavorazione, ma le richieste (così come il gruppo per poter accedere alle sezioni protette) sono aperte :3
    Vi aspetto anche solo per un salutino, non mordo! ♡

    Non vedi i biscottini? Fai un salto!

  12. .
    Ma che bellezza *-* sfrutta l'occasione, allora! Anche per me 💔
  13. .
    Ma allora lo studi proprio come si deve! Bravissimo, fai bene :3 se potessi tornare indietro mi piacerebbe studiare pianoforte.
    Tu continua a studiare, mi raccomando 💕
  14. .
    AHAHAHAHAH mi hai uccisa! Piccino 💕 Non dire "grasso"... Al massimo puoi dire che sei morbidino \*-*/ (Sono nana anche io, ma tu crescerai ancora... Per me è finita </3)
    Per quanto riguarda il discorso "suonare strumenti", vale il flauto a scuola? Ahahah
  15. .
    CITAZIONE
    D'ora in poi chiamami sempre così, okay?

    Macccerto *-* Vieni qua che ti coccolo tuttissimo ♡

    CITAZIONE
    scrivo da un paesino sperduto della provincia di Lecce [ inutile persino nominartelo, visto che non lo conosce nessuno

    Tranquilla: se anche fosse stato rinomato io non l'avrei conosciuto comunque AHAHAH Ammetto di essere davvero una capra quando si parla di geografia :/

    Per quanto riguarda la radio ti capisco: la mia voce non si può sentire AHAHAH Infatti spesso e volentieri me ne approfitto del fatto che mi occupo della regia per starmene in silenzio e far parlare le mie "colleghe" (la regia è una rogna, ma in certi casi salva ahahah)
    Non lo faccio a livello professionale, sinceramente non è ciò che mi interessa, ma è carino perché abbiamo un programma tutto nostro che ci gestiamo come meglio crediamo. Inoltre abbiamo la possibilità di andare ad eventi e intervistare, quindi ne approfitto *-*
    CITAZIONE
    Sappi che io AMO la musica, studio e canto da 12 anni

    Beata te ç.ç A me piacerebbe saper cantare, ma la mia pigrizia mi ha sempre impedito di frequentare corsi e quindi...
    CITAZIONE
    Per quanto riguarda The Magicians ti consiglio proprio di vederlo

    Lo guarderò sicuramente! Una stagione me la divoro in due giorni </3
    CITAZIONE
    Per il pg che hai in mente un aiuto potrà dartelo anche la mia Alexis, se vuoi

    Sei carinissima, grazie *-* Il problema del mio pg, che è nato ormai quasi da un annetto, è che non è un tipetto facile, quindi so già che avrò problemi a creare legami ._.
154 replies since 26/2/2015
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