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    E
    così eccolo.
    Come si ergeva tronfio e sicuro dall'alto della sua balconata, osservando gli avventori. Quanta la sicurezza con cui quei due occhi luminosi e spenti al tempo stesso penetravano la notte posandosi su di loro, convinti forse di poter carpire ogni oscuro segreto celato nell'animo umano di colui che bussava alla sua porta. Non si scompose più di tanto a quelle parole, il suo nome precedeva di gran lunga la fama di quella brama sanguinaria e violenta di cui il primo figlio del diavolo si faceva portatore. Non si scompose alla minaccia vuota e insensata di chi per secoli aveva dominato il mondo e suo lo credeva a ragione. Dominatore di uomini e bestie si ergeva a principe dell'inferno, sicuro e spavaldo re dei non morti che con la noia aveva plasmato il volto dei nemici, forse troppo a lunga abituato ad esercitare un potere terrificante e assoluto.
    Alzò gli occhi ancora, lasciando che la ragazza le si avvinghiasse, possessiva e spaurita, non degnandola di uno sguardo. I suoi occhi erano tutti per il decantato re risorto dal torpore.
    Oh dipende, Wladislaus Drakulesti, a quale dei tuo figli tieni di meno?
    Sorrise. Non un muscolo si era mosso sul suo viso, non una parola era uscita dalle sue labbra immobili e prive di qualsivoglia fiato o sospiro. Eppure il messaggio, chiaro e denso di gutturale divertimento, era arrivato chiaro alla mente dell'uomo. Quanto quella spavalda sicurezza si sarebbe dispersa al suono di poche parole, pronunciate senza timore. Incoscienza, forse, l'incoscienza di un giovane troppo sicuro delle sue capacità, eppure non sottovalutava l'esperienza di chi aveva solcato il mondo per mezzo secolo e ne era stato padrone.
    Improvvisamente, come sconvolto dall'ilarità di una barzelletta, si esibì in una risata. Era stranamente contenuto, accorto forse.
    «Suvvia, non sono qui per guerreggiare. È questa famuosa accolienza di Romania? Mando vampiro amazo bambino? Non mi stupirei più delle politiche anti-immigrazione»
    Rise ancora. Parole spavalde, parole vuote forse, eppure si delineavano tra le sue labbra prima che riuscisse a fermarle. Oh lo sapeva, sapeva quanto quell'uomo potesse essere pericoloso, quanto potesse persino riuscire ad ucciderlo prima che il suo pensiero facesse breccia in lui. Eppure non sentiva dentro di sé il ragionevole timore che da questo ne sarebbe derivato, quanto più un estatico divertimento al pensiero di potersi anche solo confrontare con lui. Nel suo mondo, privo di senso e logica, Vlad era la giostra più ambita, la più adrenalinica.
    Scosse lievemente il capo. Il suo tono di voce era diverso, non era venato della classica nota graffiante. Più puro, più profondo, come se l'interlocutore meritasse un'attenzione più genuina. Eppure, nella mente di Chaos, ogni cosa, persino il signore dei vampiri e figlio del diavolo in persona, si tramutava in un ennesimo, esilarante, gioco.
    «No, no, sono qui per parlare. Sai, del più e del meno, com'è andato il viaggio, come ti trovi a New York, se hai mai cenato al ristorantino sulla settima...»
    Per quanto gli stolti rifiutassero quel pensiero, era maestro in quello. Non importava quanto la giovane età lo limitasse, quanto potesse essere sottovalutato dalle menti di chi lo credeva semplicemente fuori controllo. La vita di migliaia di persone riviveva la sua interezza nella mente del signore dei folli, e con quella la loro esperienza, le loro emozioni, il loro abile o effimero gioco. E quello stesso gioco, così come cominciava quella sera, sarebbe stato portato avanti da due abili mostri competitivi.
    «... i piani segreti di Persephone Bridges...»

    Gregory Kane

    Chaos

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    a sua risata esplose, il morbo atroce strinse le braccia della giovane ragazza, trascinandola nelle sue profondità. Così riemergeva, densa di morte, densa di potere, cavaliere sul marcio destriero pronta a dispensare gli effluvi della sua presenza.
    Si era gettata indietro, aveva abbracciato e stretto quell'aspetto oscuro e velenoso, e prontamente si bagnava nelle acque melmose urlando e stridendo i suoi poetici versi nella notte. Rise, rise insieme a lei, urlando quella meravigliosa nascita alla città di ossa e polvere, di sangue e torture, che avrebbe visto un nuovo nato correre tra le strade ghiacciate e oscure.
    Ritrasse il braccio, tirandola a sé, riportandola eretta di fronte a lui. Ritrovò il suo viso ad un millimetro da quello di lei, fissando nei suoi occhi uno sguardo denso di passioni contrastanti che la ragazza sembrava aver risvegliato con la sua stessa rinascita. Ancora una volta ritrovò il suo fiato a mischiarsi con quello di lei, le labbra a sfiorarsi, perse in quei sorrisi di follia e morte, e gli occhi fissi che si perdevano nelle profondità altrui.
    Abbassò il capo, voltandosi e distanziandola, sottraendosi ancora una volta a quel contatto che tanto sembrava scuoterlo e condurlo all'incoscienza. Abbassò il capo, con volto serio e contenuto, dissimile forse dalla naturale indole del ragazzo. Poi, sorrise ancora, rialzandolo e riassumendo quella maschera di follia che tanto amava indossare, quando il sipario si alzava.
    «E morirà...»
    Si voltò, procedendo innanzi lungo la notte, attraverso la nera nebbia che aleggiava per le strade putride e malfamate della città. Infilò una mano in tasca, traendone fuori un pacchetto di sigarette e poggiandone una tra le labbra. Sorrise, accendendola.
    «Vieni con me, la notte è giovane e abbiamo ancora tempo per una visita»
    […]
    Il luogo si mostrava più fatiscente di quanto avesse potuto sperare. Nella periferia del Queens, un enorme costruzione di ferro e acciaio si stagliava sul cielo nero, escludendo la luna agli occhi degli avventori. L'olezzo che ne scaturiva era quantomeno nauseabondo, un miscuglio di fetido putridume e sangue, fastidioso quasi alla natura che si doveva associare a quel luogo. Il volto di Chaos si esibì in una smorfia di disgusto, mentre portava avanti un passo dopo l'altro e con la mano invitava la giovane ragazza a seguirlo.
    New York rifiutava una realtà ormai comprovata, un'oscura grettezza e lercia presenza di condizioni malfamate disperse ovunque. New York si beava della sua Times Square, delle sue strade larghe e pulite di Manatthan, si fregiava quasi di quell'angolo apparente di paradiso che allontanava il ricordo della povertà che albergava tra le sue strade. Eppure, anche seguendo la Broadway, i vicoletti defilati rivelavano quella realtà impellente ed orribile di stupri, violenza e morte che quell'ingenua città fingeva di non vedere. Erano come un cancro, violento e mortifero, e allo stesso modo loro si spandevano sfruttando quell'oscurità, divorando dall'interno la fiducia cieca di coloro che volgevano lo sguardo al sole e solo esso lodavano.
    Mosse altri passi in avanti, voltando il capo a destra e sinistra, scoprendo i denti in un'espressione di puro disappunto per la mancanza di adeguati ospiti alla porta.
    «Vienimi dietro bambina, questi tizi non sono simpatici come me»
    Raggiunse le porte del magazzino, mentre centinaia di occhi si posavano sulla sua persona ed altrettanti egli ne portava sul mondo che li circondava, in un gioco di sguardi e di anticipi, maledetto e bellissimo. Così era quello il luogo in cui il signore dei non morti nascondeva il suo corpo e i suoi principi.
    «Suvvia, davvero nessuno ci da il benvenuto?»

    Gregory Kane

    Chaos

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    vanzò lungo la strada, ammutolito dal susseguirsi degli eventi e dalla presenza della ragazza al suo fianco. Camminava impettita e dritta, ondeggiando sinuosamente come cullata dalla brezza della notte. Non poté fare a meno di dedicargli uno sguardo sottecchi, privato del suo solito sorriso, per ammirarne le forme del viso, gli occhi nocciola e le labbra che conservavano ancora il suo sapore.
    Così voleva ergersi, sopra chiunque altra, essere la migliore. L'ambizione, meraviglia dell'ego, si manifestava potente in lei che si esibiva in quel gioco di spavalderia e maliziosa seduzione.
    Abbassò il capo, sorridendo mentre proseguiva il suo cammino, gioendo del tesoro che inaspettatamente si trovava tra le mani, di quella stupenda condizione in cui la ragazza stessa si trovava. Così ambiziosa da volere essere ella stessa la musa dei poeti che avrebbero decantato quelle gesta di sangue e follia. Così disperatamente determinata ad ottenere quel privato da annullare ogni dignitosa volontà e divenire succube del diavolo stesso. E la principessa diventava schiava del demonio, costretta alla sua volontà, e il mondo viveva in eterno l'autunno e l'inverno.
    «Dovremo trovarti un nome...»
    Si immobilizzò, voltandosi verso di lei. Il miasma nauseabondo che si propagava dal fiume riempiva l'aria dei suoi fetidi effluvi, eppure vi era della magia quasi poetica nel riflesso della luna sull'acqua. Il suo collo si piegò, scoprendo i tendini che lo sorreggevano e il pulsare lento della giugulare. Sorrise, fissandola, per poi alzare la mano e concedersi un leggero buffetto sulla fronte.
    «Oh ma che sbadato... non sei tipa da farti affibbiare un nome da qualcun altro, vero?»
    Si avvicinò a lei, a passo lento e deciso, finchè il suo corpo non aderì completamente a quello di lei il suo fiato accarezzò il suo orecchio. Poteva leggere nei suoi occhi i suoi pensieri, più che nella sua mente. L'anelito di innocenza che permaneva sotto l'alito aleggiante della cattiveria crescente, la convinzione di una pulizia che non si addiceva più a quel profilo, alla persona stessa.
    «So cosa pensi...»
    Un sussurro, lussurioso forse, venato di una nota gutturale e sadica, di un piacere perverso che si faceva strada nella sua mente. Il suo corpo spinse quello di lei indietro, avvicinandola al ciglio del pontile, a un passo dall'acqua fetida, in un gioco di contatti perverso e mortale.
    «Pensi di aver mantenuto le tue mani pulite, pensi che dopotutto hai raggirato il mio comando. Li ho uccisi io i tuoi genitori... di essere ancora pura»
    Ancora una volta la lingua si fece strada tra i denti, solleticando malignamente il lobo di lei. Lo adorava. Adorava sentire la sua sottomissione, la sua immobilità di fronte a lui, timorosa e attratta da ogni movenza. Eppure, eppure bramava ancora di stringere tra le mani quella profonda oscurità di cui lei si professava portatrice, di vederla fiera sul suo cavallo a battagliare e portare...
    Una parola affiorò nella mente di Chaos, ma no, non era la sua mente a suggerirla. Lì, nascosta tra le profondità dell'animo della ragazza, la fiera cavaliera emergeva dalle tenebre, e il suo fetido alito di morte si mischiava con il miasma del fiume stesso.
    «Il tuo nome... λοιμός»
    Sorrise, scoprendo i denti
    «Pestilenza»
    Gregory Kane

    Chaos

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    infine accadde. Poche, magiche parole, pochi cenni bastavano a scatenare la follia omicida degli uomini deboli. Oh come crollava quella maschera di calma e sicurezza mentre lei si alzava, come i pezzi di creta si frantumavano per trasformare il suo volto con le fattezze dell'odio e dell'ira.
    Come si sentiva? Come si sentiva mentre si lanciava furiosa dal suo giaciglio ed esplodeva nell'ira a malapena contenuta, frenata forse soltanto da quei barlumi di coscienza così labili ed effimeri da invalidarne l'esistenza stessa.
    Scoppiò a ridere, scoppiò a ridere mentre ella si gettava su di lui e lo trafiggeva, e il dolore non fu che una spinta meravigliosa per quella folle risata. Gettò la testa indietro, urlando sguaiatamente quell'estatica sensazione di ilarità che lenta ma forte prorompeva dentro di lui, e lei affondava e lacerava la sua pelle. Non ne era forse sazia? No, quella parvenza di lucidità che manteneva e di cui si fregiava, ostentandola con la fierezza di chi si pone sopra le vette della pazzia, non era che uno stupido scherzo. E densa e bavosa la bestia oscura sembrava prenderne le spalle e rivelare in quella lama evanescente quanto la sua brama di sangue fosse bruciante.
    Ma non ne era sazio, neanche lui. In quella risata si sciolse, liquidando le parole della giovane come pura distrazione e lasciando che scomparissero. Cercò di trattenersi. Le risa prorompevano. Furiose acclamavano la libertà.
    «Guarda... guarda come ti accendi»
    Cercò di contenersi ancora, lasciando che quelle parole prendessero piede nella mente della ragazza. Il dolore forte alla gamba ovattava i sensi e la sua percezione, inebriandola di un piacere perverso e malato, ma nulla era paragonabile al godimento che la sua reazione aveva portato. Di più. Ne voleva di più. Trattenne il riso, quasi soffocando nella sua stessa gola, tossendo più volte mentre il corpo della giovane gli stava sopra.
    «Sì... ahah... uccidimi avanti»
    Le mani scattarono, più veloce di quanto previsto, corsero ad afferrare la testa della ragazza in una morsa d'acciaio. Il suo petto sussultava ancora, scosso e convulso dal riso trattenuto. Il richiamo del demone si accresceva dentro di lui al punto che il senso e la ragione stessa sembravano nulla più che un sogno.
    «Sì, uccidimi... portagli la mia testa, digli che lo hai fatto per difenderlo... magari ahah... magari capirà che lo ami davvero..»
    Le convulsioni si facevano più forti. Reclinò la testa, mostrando i suoi occhi sgranati inumiditi dal pianto e la bava che pendeva in disgustose fila dalla sua bocca. Il volto deformato di un pazzo guardava la donna, un volto sconvolto, un volto inumano. Gli occhi stessi perdevano il loro bersaglio, tremolando e spostandosi al ritmo di quei sussulti.
    «Magari..ahah»
    La stretta delle sue mani si fece più forte, fissando gli occhi di Isobelle sul suo volto, avvicinandola perchè potesse osservare bene la discesa negli inferi dai suoi bulbi scarlatti. Le convulsioni aumentarono. La bocca si aprì. Il fiato fetido di sangue e morte si mischiò a quello della ragazza.
    «AHAH, Magari, ahah»
    E infine il diavolo emerse. Nessuna catena potè trattenerlo. Avanzò. Scoperchiò l'animo della donna e lo distrusse. Pezzo dopo pezzo. Brano dopo brano. Furioso e senza pietà. Non vi era un motivo, non vi era una ragione. Il diavolo emerse e colpì per vedere quanto a fondo il suo braccio arrivava, nelle profondità della sua oscurità.
    «MAGARI NON PENSERA' PIU' DI STARE ASSAGGIANDO IL CAZZO DI EZRA QUANDO TI BACIA!»
    Gregory Kane

    Chaos

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  5. .
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    P
    assi affrettati si susseguirono oltre la porta. Lui, rimasto fuori, seguì quei suoni con il vivo interesse di chi attende che finisca il rullo di tamburi, per vedere aperto il sipario sullo spettacolo d'eccezione. Sentiva i suoi pensieri aleggiare oltre la porta, richiudersi in quella rabbia forsennata e delusione bruciante, la sofferenza dell'attenzione illusa e mancata che la noncuranza dell'uomo aveva portato al suo animo.
    Sdegnata, delusa, ella sbraitava al suo interlocutore, agitando un coltello mai usato e tuttavia mantenendo ancora pura la sua anima. Quanto ardevano i suoi occhi mentre si avvicinava al volto di lui ed imbastiva quella protesta rabbiosa, conscia della delusione bruciante che rendeva la sua pelle bollente. Rimase immobile, ascoltando con sguardo serio quelle parole, quasi aspettandosi quell'esplosione così immotivata e furiosa, eppur non manifestando alcuna reazione a quello sdegno, a quelle parole.
    Poi mutò, e ne fu sorpreso. Si avvicinò al suo volto, e sentiva il suo fiato mischiarsi al suo ed implorare una morte lenta solo per provare quel piacere immenso e terribile che era la fine di tutto. Così l'innocente chiedeva la morte, e viveva più di tutti in quel momento, lasciando che un piacere quasi sessuale la prendesse in quel momento e chiudesse le sue palpebre nei più dolci picchi di piacere. Accarezzò con le mani il manico del coltello che le porgeva. Così vicino al suo cuore, insinuato tra i suoi seni. Poteva vedere il petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente al ritmo di un respiro corto, l'affanno della paura e del piacere protrarsi in un tremore alle sue gambe, e tutto questo era una gioia agli occhi e una musica per il suo animo.
    Scoprì i denti, sorridendo ancora.
    «Uccidere te...»
    La mano che reggeva il coltello discese, carezzando con la punta affilata il profilo dei seni della ragazza, il suo ventre e sfiorando infine con il piatto la sua intimità, duramente e senza grazia, perchè sentisse il freddo acciaio a contatto con la sua sporca e bollente femminilità.
    «Di fronte a loro...»
    La sua lingua lecco le labbra, prima di tendersi viscida nella notte e sfiorare le labbra di lei, morbide e calde, per inquinarle del tocco fetido del sangue e della morte, seppur beandole di un contatto che aveva agognato così a lungo. Lasciò il suo sapore sulle labbra, lasciò la sua essenza su di lei, prima di ritrarsi ancora, e ancora lasciare insoddisfatta quella sua pulsione estrema. Le diede le spalle, mettendo elegantemente le mani in tasca, prima di abbassare il capo.
    «Seguimi»
    Il tono era ferreo, perentorio, così dissimile da quello gutturale della precedente risata. E la ragazza abbandonava così la sua innocenza e si gettava infine nell'abisso più profondo, ghermita dalle profondità danzanti dell'araldo folle e terribile che si portava di fronte a sé. E così il cerchio di quel gioco folle si chiudeva, e nulla più rimaneva ragione o follia: tutto si perdeva in quel confine labile che la folla rifiutava, tutto si perdeva nel limbo.
    Schioccò le dita.
    Si avviò nella notte, abbassando il capo e accendendo le sigaretta, mentre le urla di un uomo e una donna straziavano l'aria col loro mortale tormento.
    Gregory Kane

    Chaos

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  6. .
    e fu così che danny perse la pazienza e recitò con precisione svizzera il nome di tutti i santi da Gennaio a Dicembre accompagnati da curiosi soprannomi
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    S
    entì la sua gamba avvicinarsi, maliziosa e sporca, tra le sue cosce, cercare di raggiungere un intimità proibita e fuori controllo. Il figlio del demonio rispondeva ai comandi di un solo signore, e di quel signore infinito e giusto si faceva araldo e portavoce. A nulla valevano malizie e provocazioni, a nulla poteva portare l'acerba sanità di chi cercava solo la vita, e la vita stessa non viveva. Voleva uccidere con lui, voleva ergersi al suo fianco, ma ancora non aveva visto e disceso le profondità di un abisso senza fine. Già agognava a una ricompensa, a quel piacere sporco e perverso, al concedersi e aprire le gambe come la più infima delle puttane pur di sognare per un secondo quella vita di perdizione e limiti infranti.
    Oh ma non solo l'avrebbe vista, l'avrebbe vissuta.
    Il suo riso era incontrollabile, e quasi seguiva l'eccitazione della gamba di lei, mostrandosi nel suo ardore.
    «Oh, era esattamente quello che volevo sentire»
    Le sue braccia si mossero. Il corpo leggero di lei fu scaraventato di lato, cadendo malamente sul duro pavimento lercio del locale. Non c'era spazio per lo stile, per le attese o per la delicatezza, non durante la discesa nell'abisso. La donna, nuda nella sua vergogna, avrebbe disceso le viscere della terra e assaporato sulla pelle il fuoco degli inferi, marchiata per la vita come seguace della causa che abbracciava il Chaos nella sua interezza. Si allontanò da lei, passano una mano tra i capelli e riportandoli indietro, mormorando qualche parola ad uno degli uomini rimasti in piedi, che sparì insieme ad altri due.
    «Mi cerchi da giorni, e mi chiedevo il perchè... Sai sono un tipo poco raccomandabile, e tu una ragazzina così... innocente. Cosa farebbe un adulto responsabile in questa condizione? Mmmmh»
    Rimase fermo a pensare, grattandosi il mento fintamente, assorto in domande di cui conosceva già la risposta. Scoprì i denti in un sorriso, sbattendo il pugno sul palmo aperto, fingendo la soddisfatta espressione di chiarezza.
    «Ci sono!»
    Urla di donna arrivarono alle orecchie dei due, dal retrobottega.
    «Chiamerebbe mamma e papà!»
    Le figure di un uomo e una donna furono scaraventate con mal grazia tra i tavolini. I volti dei due, terrificati, si volsero a destra e sinistra, fino a rintracciare con lo sguardo la figura della figlia. Aurelio e Diletta stavano a terra, tenuti sotto tiro dalle mani degli uomini, pronti a terminare al primo sguardo la vita del primo e maggiore punto saldo dell'esistenza stessa. Il gioco cominciava così a formarsi, e l'abisso spalancava le sue porte, ma non vi era spazio per quei sentimenti nel cammino dell'uomo tribolato lungo l'annullamento del suo stesso io.
    «Oh erano così preoccupati la loro bimba si avvicinasse a uno come me. Sarebbero stati disposti a fare qualsiasi cosa, persino prendere il tuo posto!»
    La risata. La risata si era fatta incontrollabile e folle, e furiosa si spandeva nella sala, abbracciando con la sua pazzia le membra e le menti, accorse incoscienti come le falene attirate dal fuoco. Si piegò, inarcando la schiena per la risata crescente, mentre la sua mostruosità cresceva e si manifestava nella sua magnifica interezza, nascosta troppo a lungo dalla maschera del giocatore folle e divertito, seppur innocuo ai fatti. No, non vi era scelta che potesse soddisfare la sua sete di insanità, non vi era volontà che potesse comprovare la follia fedele, non vi era prova che potesse sedare il suo dubbio che non fosse l'abbracciare la follia stessa e con essa egli stesso.
    Il coltello a serramanico volò sulla scena, ricadendo con un tintinnio di fronte a loro.
    E lui rideva, rideva.
    «Ma io non so proprio decidermi! AHAHAH n-non so... non so chi preferisco? Il padre, la madre, o la figlia? Uahah, no, no... voi non potete mettermi in questa condizione, monelli! Così ho pensato: ehi, facciamo quella cosa del cane lì, facciamo scegliere a loro! C'è un solo posto disponibile, e il più bravo se lo prenderà!»
    La voce era acuta, stridula, rivelava tutta la follia dell'uomo che non conosceva umanità e più di tutto si ergeva a paladino della mostruosità più distante da essa. I suoi occhi di sangue si fissarono, forse per l'ultima volta, su quelli nocciola della ragazza, e la lama di un coltello scintillò sul pavimento ai suoi piedi.
    «Vi aspetto fuori»
    Gregory Kane

    Chaos

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  8. .
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    S
    orrise, ancora una volta, ancora una volta assaporando quella finta sicurezza di cui la ragazza si faceva portavoce. Una serie di sfortunati eventi. Questo bastava a delineare un profilo comportamentale che avrebbe seriamente giustificato quell'atteggiamento spavaldo e altezzoso che la ragazza mostrava, così chiaramente poco avvezza al ruolo di spalla e smaniosa di assumere le redini del protagonismo. Oh come la vita riservava cambi e climax di giubilo, quando egli si trovava di fronte a tanta mal riposta sicurezza.
    L'innocenza. Poteva vederla, poteva vederla oltre gli occhi dolci di nocciola, chiusa, separata e nascosta a mani estranee che non fossero le sue. Sensibile e poetica ella si ergeva come una musa nel suo animo, sicura nel suo piccolo di essere sola e lontano dalle angherie dei malvagi. Eppure non vi era posto, nella cricca, per una simile e poetica innocenza. No, lei voleva votarsi all'apice della follia, discendere il baratro di cui lui era signore e guardiano e vedere quanto profonda era la prigione dell'inferno, così da poterne uscire demoniaca e gloriosa.
    Si era preparato a questa evenienza.
    «Oh, importa... anzi: cambia tutto»
    Si alzò, allontanandosi dai gesti sensuali e provocanti di lei. Vedeva. Sapeva come la mancata risposta e la noncuranza con cui trattava quei gesti smuovesse l'ira nell'animo di lei, così abituata a vedere schiere di stolti striscianti ai suoi piedi, così abituata alle luci dello spettacolo su di lei. Eppure la scacchiera girava a suo favore e suo era lo spettacolo a cui ella partecipava. Vedeva come l'animo stesso le si accendesse di fiamma e come i suoi occhi corressero alla ricerca di un nuovo gesto, più incosciente ed esposto, che la riportasse in cima alla sua piramide.
    «Sei disposta a morire? Ad uccidere? A tradire? A vivere la follia stessa?»
    Si mosse, in mezzo ai tavoli. Solo allora si mostrò il vero aspetto del locale, il sublime principio di controllo che portava gli avventori a rimanere immobili, pietrificati a guardare il proprio piatto o bicchiere nella speranza che il diavolo non puntasse alla loro anima. Gocce di sudore imperlavano la fronte di uomini, quando egli vi passava accanto, e lui ne godeva, sorridendo della loro debolezza e paura, sicuro della sua forza.
    Puro controllo, questo era, e da quel controllo scatenava il Chaos di cui si faceva voce e principio.
    «Oh, ma perchè chiederlo e basta? Perchè non scoprirlo davvero? Uahahah, no no, la via diretta è sempre la migliore. Quindi ci serve un po' di Privacy mmmmh... ok ragazzi tutti a casa per il momento»
    Il trambusto esplose. Con un movimento quasi sincronizzato i molteplici avventori si alzarono di scatto, dirigendosi e accalcandosi alla porta, lasciando solo alcuni dei loro compagni in piedi nella sala, già istruiti secondo copione. Sorrise, e il suo volto si mascherò di quella follia omicida che tanto terrore instillava nella mente degli uomini. Si avvicinò alla ragazza, ancora immobile sul suo tavolo, a passo lento e sicuro, cadenzato, mentre incurvava la schiena in avanti in quel movimento così sconnesso. E caddero le maschere di teatralità e inganno, e caddero i volti distrutti degli attori e dei personaggi, per lasciar spazio alla verità di un viso che non aveva sogni o padroni e senso alcuno, un viso di morte e incoscienza, e pura furia.
    «Che ne dici...»
    Più veloce di quanto sembri. La mano sinistra corse in avanti, colmando in breve tempo la distanza che lo separava dal collo della ragazza e sospingendola indietro, alzandola dalla sedia e schiantandone la schiena contro il muro immediatamente dietro di lei. La mano destra si insinuò tra le sue cosce, afferrandola non piacere quanto più per sollevarla lungo il muro, privarla del sicuro appoggio della terra come della sicurezza delle sue convinzioni. Il volto del diavolo era illuminato dalla luce sanguigna, e il suo fiato di pestilenza si spandeva a un centimetro del seno di lei, scoperto da quel macabro sorriso.
    «...ti va di uccidere per me?»
    Gregory Kane

    Chaos

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  9. .
    HTML
    <tr><td>Reverse coff coff no, in realtà sono Justin Greenwood</td>
    <td>Satet</td>
    <td>2000$</td></tr>
  10. .
    "hai presente i soldi che mi hai dato per ripagare la macchina?"
  11. .
    <td>Nome pg</td> Reverse
    </td>Nome combattente su cui scommette</td> Wolfgang
    <td>Somma con cui punta</td> 100 dollari, paga Randy
  12. .
    Scusa il post di merda fed, dovevo scappare ahahah

    EWDtfBf
    T
    rovava interessante l'impertinenza e la sfacciataggine. L'eccessiva sicurezza nelle proprie capacità denotava comportamenti per lo più incoscienti, noncuranti di un'effettiva capacità, soprattutto quanto questa si manifestava in giovane età. La ragazza seduta al tavolo ostentava quella caparbia sicurezza di colei che mai nella vita aveva vissuto i drammi e le ferite profonde che come solchi segnavano la carne fino alle ossa e privavano del sonno stesso.
    No, lei acerba ostentava il coraggio degli stolti, che sfidavano la morte stessa con sfacciata arroganza, l'arroganza di colui che ha mosso solo i primi passi nel mondo. Ma lei... lei era fortunata. Oh l'aveva seguito per giorni, lo aveva cercato, aveva girato i bassifondi di New York mentre lui stesso la guardava dagli occhi degli uomini che ella importunava. E lei, innocente, pensava forse che si fosse recato in quel posto senza aver preparato un'adeguata sorpresa? Non ne aveva idea.
    «Oh, addirittura? Vuoi essere la cricca?»
    Un risolino timido si alzò dalla sua bocca. Non rispose. Lasciò che quelle parole aleggiassero nell'aria per il tempo necessario, che viaggiassero per le menti dei due avventori al tavolo. Sorrise ancora, alzando la mano verso il bancone. Il cameriere accorse, portando con sé una bottiglia dello stesso whisky versato prima, e tuttavia lasciandola sul tavolo, senza colmare il bicchiere.
    «Vuoi essere la cricca»
    Sorrise ancora, stappando la bottiglia, rivolgendo al suo viso il baluginio rosso dei suoi occhi. Il vetro sfiorò le labbra, quando sollevò il recipiente per bere il liquido ambrato, contrapposto alla timidezza che sembrava aver mostrato prima. Ora il rivolo di liquore scendeva dagli angoli della bocca lungo il viso, bagnando il collo e macchiando l'orlo dell'elegante camicia. Si separò dalla bottiglia, poggiandola sul tavolo e rivolgendo un nuovo e soddisfatto sorriso alla ragazza.
    «E cos'è la cricca?»
    Una domanda insensata, improvvisa, dissonante dal resto del contesto imbastito in quel tavolo, eppure così densa di significato. Ebbene non voleva solo seguirlo, voleva essere La seguace, distinguersi dalla massa informe di bassa manovalanza che utilizzava per controllare gli angoli della città, come meri occhi e orecchie sparsi per le strade dense di putridume. E come, come avrebbe voluto esserlo? Come avrebbe assecondato i desideri folli e cangianti di colui che aveva così tanto da non sapere cosa desiderare ancora, eppure desiderava, come avrebbe giovato ad una causa non scritta, incompleta. La densità di quei quesiti scuoteva equilibri ben più precari del semplice destino di una donna acerba.
    «Chi sei tu?»
    Gregory Kane

    Chaos

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
    code role © Akicch; - NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT
  13. .
    Questa è la storia di come l'amicizia tra Giova e Isy finì miseramente male...

    EWDtfBf
    M
    ostrava la sua sfacciata sicurezza con l'abilità di un'esperta negoziatrice, e forse, persino poteva considerarsi tale. Non era poi così dissimile dalla sua persona, così avvezza a plagiare e corrompere affinchè mai un solo dito le si sporcasse del lercio della vita comune, eppure così distante da colei che invece, orgogliosa, si gettava nel fango per privarsi del pensiero di non esserne capace.
    Realizzò, forse solo in quel momento, quanto la loro condizione fosse fortemente simile, seduti a un tavolo ad osservare il proprio interlocutore, la cui chiarezza sfuggiva a comprensione, muovendosi con cautela in un terreno che avevano imbastito e dimenticato. Un'idea generica, un barlume di convinzione, ciò li legava a quella conversazione, di cui né lui né tanto meno la sua compagna avevano padronanza. L'innegabile realtà, aleggiante tra loro, era che nessuno dei due sapeva esattamente cosa aspettarsi dall'avversario.
    Sorrise alle parole della giovane, inarcando poi le sopracciglia e corrugandole in un'espressione pensierosa.
    «Oh, ci hai preso: sì io penso che tu abbia le carte in regola per fare qualcosa per me... ma sai, io cerco persone fidate, e la gente sa essere volubile»
    Accompagnò le parole con un gesto lieve della mano, sollevandola in aria verso il locale. La ragazza stava, come suo solito, affermando la sua profonda e sentita indipendenza, ma quanto questa avrebbe resistito ai colpi violenti della violenza stessa, quanto questa maschera avrebbe retto, portando avanti una farsa per cui non aveva né tempo né interesse. No, lei non era sostituibile, e lei stessa si perdeva a rifiutare quelle parole durante il loro stesso affermarsi. Oh, giocava a carte scoperte eppure manteneva per sé gli Assi infami.
    «Potrebbero, sai, sacrificare la propria fedeltà per i propri interessi. E tu, tu cara mia sei veramente egoista»
    Il suo sorriso, improvvisamente, sembrò mutare. Il suo volto stesso si trasfigurò, assumendo quella maschera di terrore e follia che pochi uomini raccontavano aver visto, quella maschera di terrore e follia che aveva riempito gli occhi azzurri del padre malato, prima di terminare la sua vita, in principio del tutto. Così voleva “passare alle cose serie”, liquidare i suoi dubbi e le sue domande con matematica razionalità, i dubbi di colui che aveva abbandonato ogni ragione e senso, in favore della pura casualità.
    «Sei qui per diletto? Oh no... tu sei qui per provarti. Hai rubato, hai tradito, hai ucciso... e pensi che questo basti per intenderti con un uomo come me. Ma, ma, t-tu non comprendi... nessuno comprende, dopotutto»
    Tagliente, graffiante, dai toni acuti eppure a tratti tremulo. Il suo tono di voce si fece duro, mentre si alzava dalla sedia, mentre avvicinava il suo volto a quello della ragazza e rovesciava col corpo la bottiglia di vodka. Gli occhi, illuminati dal bagliore rossastro, si fissarono nelle profondità nocciola di lei, e col sorriso il ragno tese i suoi fili per raggiungere il suo fragile cuore.
    «Sai che posso ucciderti, ma non temi altro... pensi ancora che la morte sia la cosa peggiore che potrebbe capitarti. Ah ah ah. Tu giochi e scommetti, e sei convinta di non avere nulla da perdere... ma... quelle come te... hanno tutto da perdere»
    Il tono si era fatto gutturale, e come un demonio sibilava avvicinandosi al volto della ragazza. Il riso sguaiato prese a crescere nella sua gola, e allora seppe quanto la voglia di vedere il lato oscuro della luna fosse grande in lui. Meravigliosa ragazza, meravigliosa maschera innocente che ancora si fingeva forte e decisa, convinta che le profondità dell'animo fossero luogo sicuro per le sue debolezze. Eppure non vi era spazio per quella fragilità nella richiesta dell'uomo che acclamava follia e, per quella stessa follia, non controllava il riso.
    Si alzò, allontanandosi, ridendo sguaiatamente e attirando su di sé i volti attoniti dei presenti. La voce prese a incrinarsi, acuirsi, falsarsi nella patetica simulazione di un piagnisteo infantile, mentre portava le mani agli occhi e fintamente li strofinava. Il giocatore allungava la mano e scopriva la manica dell'avversario, riversando a terra le carte nascoste, mettendo a nudo il vero volto di un bluff costruito ad arte, eppure effimero.
    «”Oh Nik, scappiamo insieme, non posso perderti di nuovo” UAHAHAHAH»
    Gregory Kane

    Chaos

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
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  14. .
    Scusa il post di merda Isy, famiglia parla tanto e rumorosamente

    EWDtfBf
    O
    pposta, sempre comunque. Per quanto irritante quella tendenza potesse risultare ai più, non era che un mero fastidio in un gioco altrimenti fluido e scorrevole. Oh, voleva dettare le regole, voleva che la partita rimanesse nel suo campo, e con abile manipolazione offriva contentini affinché l'avversario pensasse di stare partecipando. Povera, piccola, Isobelle.
    Si rilassò sulla sedia, versandosi un altro bicchierino di Vodka che vuotò in un sol sorso. Schioccò rumorosamente le labbra, poggiando gli occhi sulla ragazza. Sorrise sommessamente: così tesa. Impaurita forse? No, non c'era spazio per la semplice paura in una mente del genere, non quando ogni minima fibra del suo corpo la portava a spingere al limite ogni emozione. Oh no, lei voleva semplicemente non privarsi del piacere di vivere al massimo ogni contraddittoria decisione che la sua mente prendesse, e con cautela si muoveva ricalcando quella via. La morte, dopotutto, poteva essere un insolito grave inconveniente nella persecuzione dei propri piaceri personali.
    «Ancora quel muso lungo? Oooh rilassati, non ho intenzione di ucciderti, non hai ancora fatto nulla!»
    Si fermò un secondo, assorto nei suoi pensieri
    «Cioè, non è che io non uccida senza un motivo, eh? Mi piace uccidere, cioè, è un passatempo divertente ma.. n-non è il tuo caso, cioè, non che non abbia un motivo di ucciderti, cioè non ce l'ho ma potrei trovarlo, ma in... oh fuck, mi sto incartando! Kurt! Kurt, vieni qui!»
    La figura pallida del cameriere emerse dalla cucina, avanzando mesto nella sua vecchiaia, eppure agile tra i tavoli. Gli sguardi dei curiosi seguirono il movimento claudicante dell'uomo, mentre con sguardo chino si avvicinava al posto nel quale sedevano. Non era di bell'aspetto, Kurt, né di fini movenze. Il grosso naso si avvicinò al viso del giovane, mentre poggiava la mano sul legno del tavolo e si esibiva in sputacchiate di saliva degne di un assiduo masticatore di tabacco texano.
    «Che vuoi?»
    «Mi sono incartato»
    «Perchè, che ti ha detto?»
    «Ma che ne so, non ascoltavo»
    «Eh ma sei stronzo tu allora»
    «Ah aspetta, mi chiedeva del piano»
    «Quale, il primo o il secondo?»
    «Ah boh, non mi ricordo quale le ho proposto, quale ti ho proposto? Oh lascia perdere, comunque dovrei dirgli il primo per dirgli il secondo, no?»
    «E mica per forza, sono ognuno per i cazzi loro»
    «Kurt, cazzo, la sorpresa: non posso rovinare la sorpresa»
    «Gesù Bambino, allora digli il primo»
    «Così? Senza adeguata presentazione? Mi sembra un po' scialbo»
    «Senti, fottiti, digli quel che cazzo di pare»
    «Ma fottiti tu vecchio bastardo»
    Un secondo di silenzio
    «Ti faccio il solito?»
    «Sì, il solito, per due»
    Passò una mano sul viso, osservando la figura del cameriere sparire nelle cucine. Claudicante vecchio bastardo. Riportò i suoi occhi su Isobelle, poggiando il gomito sul tavolo e il volto sul pugno chiuso che fungeva da puntello. Ne osservò i contorni, il lieve candore della pelle e i grandi occhi nocciola, tratti così distanti dal suo vero io e quantomai vantaggiosi ai suoi scopi. Eppure c'era del vero candore, in fondo, un punto saldo cui il sistema sembrava ruotare intorno, come un ricco sole luminoso che allontanava l'oscurità. E allora il campo non fu più un campo, e il suo muoversi tra il bene e male fu più simile a quello dell'uomo disperso tra gli alberi di un fitta foresta, che vede il sole a volte e altre volte annega tra le ombre.
    «Sì, ho qualcosa di divertente in mente... ma ho un piccolo dubbio»
    La sua voce alternava toni caldi e graffianti, altalenava, forse conformandosi a quel gioco di parti che avevano così bellamente imbastito. Cambiò, cambiò lievemente. Una luce diversa balenava nei suoi occhi, una luce sanguigna, che apriva le porte ad universi più neri e profondi della notte stessa. Il suo stesso sorriso si estese, scoprendo i denti e la punta della sua lingua, che solcava la loro superficie lentamente.
    «Devi fare una cosa per me Isy, ma mi sto chiedendo se ne sei in grado»
    Gregory Kane

    Chaos

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  15. .
    EWDtfBf
    S
    i dondolò leggermente sulla sedia. La pochezza di argomenti non si addiceva ad uno come Chaos, eppure rimase in silenzio, per un po'. I suoi occhi accarezzavano il profilo della ragazza, seduta di fianco a lui, che spavalda e sicura beveva il suo Mezcal. Non l'aveva mai vista, non l'aveva mai incontrata, né aveva mai parlato con lei. I quesiti che queste premesse ponevano sulla motivazione per il quale lo cercasse erano spaventosamente divertenti, un intrigo mai scritto e mai detto, eppure dal fascino così misterioso.
    Ovviamente si era abituato ad essere ricercato. Agenti del MACUSA si erano spinti ben più in là di quanto avesse augurato loro, incontrando la piacevolezza del riposo eterno nel modo in cui sicuramente avevano meno sperato. L'accozzaglia di masochisti e mitomani psicopatici che aleggiavano intorno a lui, scuotendo i bassifondi del Bronx e disperdendo una nota di follia dilagante, oh, quelli non gli interessavano nemmeno. Ma la presenza, la singola presenza della ragazza lì, quella sera, poteva destabilizzare l'equilibrio di filamenti tesi ben più lontano di quanto pensasse.
    Piegò la testa di lato, mentre osservava il Mezcal scendere nella sua gola. Il suo collo liscio e teso sembrava risplendere di un candore abbagliante. Si sorprese a immaginare la bellezza di una nota rossa di sangue su quel bianco, forse proveniente dalla sua stessa gola. Non l'avrebbe uccisa, non ancora, non prima di aver capito.
    Infine portò il bicchiere alla bocca, sorseggiandone a malapena l'aroma, lasciando che poche gocce di liquido ambrato solleticassero appena la sua lingua prima di allontanarlo. I suoi occhi si corrucciarono.
    «No, tu non vuoi morire...»
    Conclusione adeguata al 99% della popolazione mondiale, eppure a volte così distante dalle persone che lo cercavano. Sorrise, ridendo a quella sua battuta mentale, cercando di portare di nuovo il bicchiere alla bocca per bere un altro sorso, prima di riporlo sul tavolo. Era sorpreso, incuriosito, mosso dalla voglia di conoscenza a muoversi con cautela in quella conversazione, cautela tanto dissimile dal solito senso di incosciente avventatezza.
    «Ho ucciso i tuoi genitori?»
    Accolse lo sguardo interrogativo della ragazza con un gesto noncurante della mano
    «Vanno bene anche parenti, amici, conoscenti... non tengo realmente il conto, può sempre capitare di perdersi qualcuno per strada... ma no, no...»
    Quella farsa, quel suo connubio di espressioni corrucciate e domande insensate, aveva raggiunto il suo scopo molto prima di quanto volesse, rompendo quanto più il cazzo che il ghiaccio. Si rilassò, adagiandosi sulla sedia e vuotando il bicchiere di whisky in un colpo solo. Cambio di scena. Il personaggio, nella tragedia greca, discendeva le quinte e si portava dietro il palco, cambiando la maschera per impersonare l'uomo cui la mancanza di attori non aveva assegnato una voce. Così lui cambiava il suo volto, la sua espressione, e saliva a recitare senza attori né copione, su un palco vuoto e senza luce, a disposizione del suo pubblico.
    «Mi hai cercato per un motivo, ragazzina... evitiamo la parte in cui fai la dura e scontrosa ragazza forte, e passiamo subito al momento in cui metti le carte in tavola. Avanti, non essere timida: vuoi entrare nella cricca? Ti sei presa una cotta e vuoi essere scopata su questo tavolo? Oppure...»
    Mise la mano nel taschino, tirando fuori un lungo coltello a serramanico e facendolo scattare, poggiando la lama d'acciaio sul tavolo, immediatamente di fronte alla figura della ragazza.
    «...sei qui per uccidermi?»
    Gregory Kane

    Chaos

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
    code role © Akicch; - NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT
110 replies since 25/1/2016
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