Votes taken by -Chaos.

  1. .
    Rosie caraaaa dobbiamo fare la rimpatriata
  2. .
    Oh oh oh, non potevo non benvenutarti in prima persona ovviamente. Quindi, senza indugio:
    BENVENUTA QUI AL BRAKEBILLS!
    Non preoccuparti se non hai visto la serie, imparerai subito cosa vuol dire far parte del forum e non vediamo l'ora di vedere i tuoi personaggi! Anche perché, qui, tra matti ci intendiamo alla perfezione!
  3. .
    EWDtfBf
    U
    na voce familiare giunse alle sue orecchie da dietro, accompagnata da una bionda chioma e dal fisico mozzafiato di Zoey. Abbozzò un sorriso insicuro, abbassando leggermente lo sguardo mentre lei gli si rivolgeva, dopotutto doveva ammettere che dietro quella maschera di spavalderia si era dimostrata simpatica persino con lui, che non aveva la minima idea del motivo per cui era andato ad incontrarla nel bosco degli innocenti.
    Red, la cosa era preoccupante, stava prendendo sempre più piede dopo la scomparsa di Oprah, la vita da college lo stava liberando sempre di più, dopo la lezione di Callaway poi le cose erano andate degenerando. Scosse lievemente il capo per liberarsi di quei pensieri, riuscendo infine ad alzare gli occhi verso la ragazza.
    «A saperlo, in realtà non me lo ricordo proprio... sarà stata la bontà della tua merce»
    Scuse su scuse, come sempre, non poteva rivelarlo a nessuno ma, come la ragazza aveva suggerito, Red era sicuramente coinvolto con la biondina, non poteva biasimarla di averlo guardato così. Non fece in tempo a dire altro che un piccolo bigliettino spiegazzato passò tra le sue mani.
    Non riuscì a trattenere una risatina leggendolo, notando come sembrasse uscito dalla sfera nera di Gantz, per quanto avesse ragione.
    Lavorare sulla dizione e sul contatto visivo...
    Sì, come sulla sicurezza o sul resto della sua esistenza magari. Preoccupante. Una lezione come magia psichica poteva essere preoccupante, già Callaway era entrato nella sua mente, ora persino McLean poteva insinuarsi tra le sottili cavità del suo essere e la cosa non lo entusiasmava quasi per nulla.
    Ascoltò passivamente la spiegazione, seguita da molteplici interventi, la voce dei colleghi che risuonava lontana volta dopo volta, mentre lui rifletteva su quale delle due scelte potesse essere più vantaggiosa. L'intervento di Josie lo fece sorridere tristemente, nascondendo leggermente la bocca con la mano. Chi potrebbe desiderare quel potere? Chiunque, non era differente a bruciare vivo qualcuno con la magia elementale, né a schiacciarlo sotto una mole gravitazionale telecinetica. No, la bugia più vecchia d'America? Il potere può essere innocente. Era l'essenza stessa di quel college, non era come studiare matematica, fisica, letteratura o filosofia, era un'accademia militare, formare giovani maghi dai poteri inimmaginabili nelle arti che concernevano il combattimento, il duello, l'omicidio e, a seconda degli incantesimi, persino lo sterminio di massa.
    La bugia più vecchia d'America...
    Oh, weak..
    fu come un eco nella sua testa, come una voce alta e lontana risuonasse su pareti alte chilometri e piombasse nelle sue orecchie da molto lontano. Faticò a non dar nulla a vedere, mentre portava quasi spontaneamente una mano a massaggiarsi la tempia. Magia orientale, occidentale, concetti che stavano lentamente uscendo e lasciando spazio al nulla più totale, non gli interessava? No, non aveva senso, una più efficace? Efficace per cosa? Per manipolare? Per uccidere? Per curare? Non aveva assolutamente senso.
    Alzò la mano
    «Gregory Kane, e ho una domanda. Perchè dovremmo preferirne una? Non ha alcun senso limitarsi quando si può apprendere il meglio da entrambe. E poi, efficace per cosa? Ciò che è efficace in attacco molto spesso non lo è in difesa, ciò che uccide difficilmente cura, e messa su questo piano la domanda può avere infinite risposte, e nessuna..»
    sviolinò, gli occhi abbassati ma il tono di voce più sicuro, come se le parole uscissero meccanicamente dalla sua bocca. Alzò lentamente gli occhi verso McLean, ora che ci pensava aveva praticamente detto a un professore che la sua domanda non aveva alcun senso, ed era stato lui, non Red. Abbassò di nuovo gli occhi, sperando che il professore non prendesse tutto quello come un'offesa.


    Gregory Kane

    smeraldo

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
    code role © Akicch; - NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT
  4. .
    Chiara nel post c'è una citazione che adorerai, spero

    EWDtfBf
    S
    orrise sornione, cercando di nasconderlo, mentre la ragazza cercava di defilarsi da sotto il suo braccio. Non aveva dormito, non ci era riuscito, dopotutto avevano fatto del sesso, doveva ammetterlo, degno di nota e memoria, e per quanto Red fosse abituato a considerare le ragazze alla stregua di bambole gonfiabili doveva concederle il merito di aver svolto il suo ruolo egregiamente.
    Curiosa ragazza, gli ricordava un po' se stesso. No, ovviamente, pensò con una risatina, non ai suoi livelli di merito, ma condivideva il gusto del cambiamento sotto alcol, cambiamento quasi..totale, avrebbe aggiunto, vista, considerata e assaporata la parte di selvaggio erotismo che aveva esibito e che lei stessa tendeva a rifiutare.
    Interessante.
    Lo era, dopotutto Red aveva trovato poche persone degne di nota in quel college di drogati, ma lei era interessante. Mugugnò, rigirandosi nel letto per nasconderle il suo viso, il suo sorriso incontrollabile, fingendo il sonno e convincendo la ragazza della sua furbizia, del suo silenzio, aspettò che avesse la mano sulla maniglia per parlare.
    Quello che avvenne dopo fu pura ilarità, il suo giocare con lei, sorridendo sempre ai suoi sguardi di puro ribrezzo, schifata tanto dalla sua presenza quanto da quello che aveva fatto. Hilarious, lo sentiva mentre il suo fiato caldo solleticava l'orecchio di lei, mentre la sua lingua lo leccava, era inutile, era inutile mostrare quella maschera di disgusto: aveva cominciato a bere con lui da sobria, aveva scelto tutto ciò, il fatto che lui fosse un sadico e abile manipolatore non rientrava all'inizio dell'equazione.
    Oh Josie, poor Josie
    La lasciò uscire, rilassandosi nel suo letto, Ardan non era in camera, di sicuro in giro a scopare per il campus. Rise forte a letto, sì, così si faceva, così si era all'altezza!
    Bravò!
    assaporò ancora un po' l'odore sul suo letto, l'odore di quel sesso. Gli occhi che si chiudevano, c'era ancora tempo prima dell'inizio della giornata, ancora tempo... la stanchezza si era fatta sentire... tutta in un colpo... la stanch...

    […]

    Si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno. Ardan non era in camera, come sempre, ma dopotutto doveva immaginarlo, il ragazzo conduceva una vita dissoluta all'interno del campus, ormai si era abituato a vederlo raramente, anche se il loro rapporto si era ulteriormente stretto dopo la lezione di magia bianca, dopo quella fatidica volta..
    Si massaggiò la testa, cercando di capire da dove provenisse quello strano odore sul suo letto.. Red, doveva aver combinato qualcosa, come sempre d'altronde. Scuotendo il capo si alzò dal letto, nudo, andando verso il bagno e sciacquandosi il viso, un piccolo segno sulla spalla attirò la sua attenzione allo specchio, portandolo a curvarla per osservare meglio cosa fosse.
    Suppose che uno schiavo nelle piantagioni di cotone dovesse essere messo meglio di lui, ai suoi tempi: la sua schiena, fino al suo sedere, erano coperti di graffi e tagli anche sufficientemente profondi da lasciare uscire minuscole goccioline di sangue da esse.
    Sbuffò, era successo ancora
    Dio Red dacci un taglio..
    Pensò tra se e se, mentre soffriva leggermente, rivestendosi e sentendo il tessuto della maglia rossa aderire con la forza di una ventosa sui graffi: toglierla sarebbe stata la parte più complicata, e questo lo sapeva piuttosto bene, ma ci avrebbe pensato poi. Pettinò i capelli all'indietro, si sentiva di buon umore quella mattina, non riusciva a capire il perchè, Red doveva aver avuto una bella nottata, decisamente bella persino per lui, il riflesso del suo stato emozionale spesso influenzava anche Greg, tanto per le belle giornate quanto per quelle di merda.
    Inforcò gli auricolari, mettendo in play “I'm a man” dei Black Strobe, ondeggiando il capo e sorridendo al ricordo di un Gerard Butler che scappava da un killer russo lungo le vie tranviarie di Londra. Rocknrolla, quel film lo aveva adorato, nel suo connubio di azione e situazioni comico-demenziali, lo avrebbe rivisto la sera stessa, dopo le lezioni.


    Il tragitto verso l'aula di psichica fu quasi meccanico, ogni passo era accompagnato da un ondeggiare quasi meccanico della testa, avanti e indietro, la folta chioma rosso fuoco pettinata all'indietro che stava coperta dal cappuccio della felpa. L'incedere ritmato e veloce che lo portava ad allungare il passo sempre di più, gli occhi bassi che seguivano il pavimento lucido, la mano che apriva la maniglia dell'aula mentre le cuffie risuonavano di “Stuck in the middle with you” e la sua mente correva a un giovane Michael Madsen che ballava in un magazzino con un rasoio insanguinato in mano. Avrebbe passato la nottata sveglio a guardare film se avesse lasciato andare il suo I-pod o la sua mente, gli occhi semichiusi in quella realtà.
    Un tonfo.
    Gli auricolari gli caddero, insieme alla borsa che la ragazza di fronte a lui teneva e che lui, perso nei suoi pensieri, aveva urtato. Come al solito non riusciva a fare altro, persino in una mattinata così allegra, che creare casini e situazioni che lo mettessero in ridicolo. Non alzò subito gli occhi, arrossendo per la vergogna e l'imbarazzo e chinandosi in avanti per raccogliere la borsa della ragazza.
    «S-scusa, mi dispiace, io... non stavo guardand.. colpa mia, aspetta, ti aiuto..»
    La sua mano si allungò verso la borsa quando fu sospinto via con forza mentre la ragazza gliela strappava di mano senza dire una parola. Alzò lo sguardo: due occhi pieni di disgusto lo penetravano, le labbra strette e quasi viola, le sopracciglia aggrottate in un'espressione di quasi puro odio. Indietreggiò.. non conosceva la ragazza, l'aveva vista, qualche volta, al dormitorio degli smeraldi, ma non ci aveva mai parlato. Quello sguardo lo metteva a disagio, era immotivato, aveva solo urtato la sua borsa, dopotutto.
    Deglutì, allontanandosi e voltandosi, distogliendo lo sguardo da quegli occhi carichi d'odio della ragazza mentre cominciava a sudare freddo, e facendo qualche passo tremante di lato, doveva aver avuto una mattinata veramente di merda.. sì, sicuro, non se la stava prendendo con lui per un motivo particolare, doveva semplicemente essere molto nervosa e lui si era solo trovato in mezzo, sì, per forza, era l'unica spiegazione plausibile, ovviamente, Josie non si sarebbe comportata così per null..
    Un gemito, una chioma bionda che sferzava l'aria mentre la testa si riversava all'indietro e la bocca, semiaperta, lasciava andare urla di piacere che gli occhi chiusi non facevano altro che confermare
    Si portò una mano alla testa, il flash era stato velocissimo, non riusciva a coglierne nessun dettaglio, ma il ricordo gli provocò una fitta non indifferente. Massaggiò lentamente la testa, come ricordava il suo nome? Lo aveva forse visto affisso in una camera? Possibile, improbabile, scusanti per chiarire qualcosa che non riusciva a spiegarsi e che, ovviamente, non reggevano in piedi.
    Riaprì leggermente gli occhi, osservando la classe, la ragazza si era seduta in una delle sedie centrali e Greg non aveva la minima voglia di avvicinarsi e disturbarla, deglutì ancora, il prof, in tutto questo, era rimasto chino a prendere appunti...
    «P-professore, G-regory Kane»
    disse balbettando leggermente per l'imbarazzo della situazione, la voce rotta che uscì in maniera innaturalmente acuta, rigido sul suo posto, come un palo piantato, osservando il professore senza il minimo coraggio di muoversi o fare alcunché che potesse creare altri, inconsapevoli, danni... .


    Gregory Kane

    smeraldo

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
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  5. .
    WOOOOOO benvenuta, già che ho visto che hai chiamato la tua PG con il cognome di Ichigo sei partita con 2 piedi giusti, saltando proprio ahahah.
    In ogni caso tranquilla, io di the magicians ho visto solo la prima puntata ma non ci sono problemi, il forum ti insegna passo passo da se come gestire la cosa, perciò don't worry!

    Ps. Nolan in the hearth <3 <3 <3
  6. .
    DAAAAAAAVE! Hola! Noi già ci conosciamo ma in ogni caso ti do il mio benvenuto qui sul Brakebills. Non preoccuparti per nulla, nessuno, credo, ti punterà il fucile contro se manchi a volte, a parte Stein, lui meglio non provocarlo ahahaha. In ogni caso non ti preoccupare, vedrai che ti ambienterai benissimo tra noi idioti patentati! Siamo tutti una grande famiglia!
  7. .
    EWDtfBf
    A
    prì gli occhi. Il volto di Callaway era davanti a lui, lo sguardo preoccupato. Intercettò la luce elettrica del soffitto dietro i capelli dell'uomo, piano piano il freddo contatto del pavimento si fece sentire su di lui, era disteso a terra. Sbattè piano le palpebre, guardandosi intorno, dal terreno, gli mancavano le forze per alzarsi completamente, come era finito lì a terra? Non lo sapeva, corrucciò le sopracciglia, cercando di ripercorrere con la memoria gli ultimi avvenimenti, aveva bevuto quel the allucinogeno e poi...
    Io sono qui
    Scattò a sedere, affannato, guardandosi intorno con gli occhi sbarrati, sudato e con il respiro corto, il cuore che batteva così forte da fargli esplodere le tempie mentre gli occhi correvano da una parte all'altra della stanza, intercettando solo la tenue luce elettrica e gli sguardi dei compagni di classe, chi spaventato, chi incuriosito. Ci mise un po' a rendersene conto, a calmare il battito, il respiro, il ricordo frammentario di un puro terrore che lo pervadeva da parte a parte. Deglutì, era al sicuro, nella classe, in salvo.
    Cosa diavolo era successo? Per quale diavolo di motivo si trovava lì disteso? Il cuore stava rallentando ancora, deglitì di nuovo, gocce di sudore freddo scesero lungo la schiena mentre una ciocca di capelli rosso fuoco ricadeva sul suo viso.
    Le parole di Callaway risuonarono nella sua testa, vuote, non le capì bene, il ronzio era insopportabile e rimbombavano come in una stanza vuota, insonorizzata, dall'eco ovattato da pareti di spugna. Si voltò, la bocca semiaperta, annuendo lentamente, senza dire una parola. Come una persona che ha dormito per giorni riusciva a stento a capire chi fosse, non gli importava in che modo, tutto ciò che voleva era abbandonare quell'aula, stendersi a letto, riposare, tutto pur di andare via da lì. Si alzò, lentamente, dolorante, i muscoli totalmente atrofizzati davano forti fitte che lo costringevano a digrignare i denti, cercando di dissimulare il dolore. Gettò un altro sguardo al professore, il viso era preoccupato, lo guardava con apprensione, ma Greg non ci stava badando, era come in una trance nervosa, gli occhi vuoti, il fiato corto.
    Si voltò, senza dire una parola, avviandosi fuori dall'aula .


    Gregory Kane

    studente

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
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  8. .
    Kharis! Ciao! E' un piacere averti qui tra noi! Sono sicuro che ti troverai benissimo tra noi disturbati maniacali gente simpy e molto alla mano! Non preoccuparti della serie tv, all'inizio anche io non avevo quasi nessuna informazione, ma una volta entrati è esso stesso che ti insegna le cose passo passo.
    Aspetto di vedere la tua Piggì per sconsigliarti di ruolare con il mio ahahahah
  9. .
    EWDtfBf


    R
    ed si voltò verso di lui, osservandolo stranito, mentre il ragazzo, stranamente calmo, con lo sguardo preoccupato, osservava la struttura dal basso stagliarsi contro un cielo nero. Per quanto stravolto, avrebbe riconosciuto quel posto ovunque, fisso com'era impresso nella sua memoria. Deglutì piano, alzandosi, il respiro che si mescolava con le sferzate di forte vento in quella notte horror che la sua mente aveva disegnato, il cielo nero e senza luna, che illuminava la scena solo quando era solcato da lampi, quasi come se i fulmini fossero attirati dal luogo stesso. Il St.Joseph Institute for Mental Health stava lì, davanti a loro, orribilmente mutilato.
    L'insegna, graffiata e distrutta, pendeva da un gancio, ondeggiando al vento con un cigolio sinistro e regolare che penetrava le orecchie come graffi su una lavagna, la porta, divelta, seguiva lo stesso regolare e innaturale ritmo. Un lampo illuminò il cielo, trasferendo la sua luce sulla facciata del manicomio, rendendola visibile ai due ragazzi.
    Gli si rizzarono i peli sulla nuca, portando la sua mano a grattarsi convulsamente. Con quello che sembrava sangue era dipinto un gigantesco e grottesco smile sulla facciata, contornato da disordinati e distorti “AH AH AH!”. Deglutì, non ebbe il tempo neanche di rendersi conto della situazione che un pugno lo prese in pieno viso, rimandandolo al tappeto, sentì la mano prendergli la collottola e il forte puzzo alcolico, caldo e nauseabondo, sul suo viso.
    «DOVE CAZZO SIAMO?»
    Ruggì Red, sputacchiando saliva sul suo viso, per un secondo, quasi divertito, sorrise
    «Non eri quello che sapeva sempre tutt..»
    il secondo pugno lo colpì forte al costato, mozzandogli il fiato in gola. Il dolore, dio il dolore era così reale persino in quella dimensione, dopotutto era un sogno? Come poteva essere reale? Rotolò di lato, stringendosi il corpo con le braccia, cercando di riprendere fiato mentre Red si allontanava, cercando di calmarsi.
    «Il tuo cervello recepisce il dolore, coglione, sei tu che lo rendi reale! Non hai mai visto Matrix cazzo?»
    Sbottò, irato, condendo l'ultima frase con un calcio al fianco di Greg, che rotolò di lato, pestato per bene dal suo alter ego.
    «DOVE CAZZO SIAMO?»
    «D..d...ove... ho cercato...di eliminarti»
    Le parole di Greg uscirono soffocate dalla sua bocca, mentre cercava di rialzarsi dai colpi. Red, infuriato, rimase interdetto un secondo, la bocca semiaperta a guardarlo. Approfittando di quella piccola distrazione, Greg si alzò, allontanandosi dal ragazzo che ancora lo guardava stranito, massaggiandosi i fianchi e le costole, ancora doloranti, distendendo la schiena. Osservò l'alter ego, cercando di esibire uno sguardo di forte sfida sprezzante, sebbene un occhio fosse semichiuso a causa del dolore.
    «Sono venuto qui per anni, cercando di curarmi, ma non era così...pittoresco»
    Non ebbe quasi il tempo di concludere la frase che Red, urlando, gli si avventò contro, bloccandosi di colpo al suono della voce.
    Questa volta non vi fu bisogno che Red lo rivelasse, il corpo cadde rovinosamente accanto a loro, giacendo al suolo e cercando di riprendersi dal dolore. La furia di Red si rivoltò verso l'uomo a terra, scansando inutilmente Greg che cercava di fermarlo.
    «Razza di bastardo, hai finito di ROMPERE I COGLIONI!»
    Alzò il braccio destro verso il cielo, tendendo i muscoli così violentemente da esporre le vene giugulari sul suo collo, esibendosi in un movimento veloce, rettilineo, abbassando la mano in direzione del professore, ricomparso nella sua mente. Nulla. L'aria, ferma per un secondo, ricominciò subito a soffiare su di loro, mentre Red osservava con gli occhi sbarrati la sua mano ferma, tesa davanti a lui. Ripetè il movimento, digrignando i denti, con più violenza, più volte, quasi cominciando a sudare mentre lo faceva, lo sguardo di Greg posato addosso, riflettendo un espressione di terrore che dipingeva chiaramente la gravità della situazione.


    La fronte del ragazzo si corrucciò in uno sguardo preoccupato, le sopracciglia aggrottate mentre la bocca si apriva piano, lasciando uscire il fiato caldo del ragazzo, intrappolato in quel sogno.
    «Ha... paura»
    il tono di voce leggero, la nota spaventata così chiara e udibile, mentre le dita di lui si irrigidivano sui pomelli.

    Red si rimise eretto, lisciandosi i capelli e riportandoli all'indietro, forzandosi di assumere un'espressione tranquilla e sicura, il sorrisetto che vacillava sul suo viso, tradendo la sua preoccupazione e la sua paura
    «Non ho il controllo, non io...»
    commentò con una risatina. Era finta, Greg, osservandolo, lo sapeva, era preoccupato e la fronte cominciava ad inumidirsi di freddo sudore. Subì la stessa sorte, voltandosi verso la porta del manicomio, lasciando che il sudore freddo scorresse lungo la schiena. Una musica, lontana, cominciò a dipanarsi dall'interno, dolce, allegra, festosa, totalmente inappropriata rispetto all'ambiente circostante. Lo sguardo di Greg si fece vuoto, i passi si mossero verso la porta, prima lenti, poi più veloce, sotto lo sguardo sconcertato di Red
    «Dove cazzo...?»
    Non lo ascoltava, continuava a camminare, velocemente, perso in quella melodia. Salì i gradini velocemente, attraversando la porta divelta. Ricordava bene ogni dettaglio di quella struttura, ma rimase comunque sconvolto, vedendo l'ampio atrio stravolto e trasformato in una sala da festa. Dagli interfoni, disposti in tutta la sala, si diramava la dolce musica, era la Viennese di Mozart, il terzo movimento. Si scosse, come lo sapeva? Non aveva mai amato la musica classica, mai ascoltata più di tanto, il suo genere era totalmente opposto, cosa diavolo stava succedendo? Perso tra le note di quella sonatina il suo cervello si sopiva, lasciandosi trascinare dalla melodia, riflettendosi nell'ambiente circostante in un meraviglioso gioco di luci cristalline. Le porte laterali si aprirono di colpo, lasciando che delle dame, in eleganti abiti ottocenteschi, entrassero. Erano avvolte da un'atmosfera sognante, i volti coperti da maschere veneziane, fastose, felici, accompagnate da cavalieri in smoking nero, anch'essi elegantemente mascherati. Sorrise, il viso ebete, mentre le coppie cominciavano a volteggiare nella sala, danzando come senza peso su quella melodia.
    Dei passi, una dama, da sola, mascherata, si pose davanti a lui. Un elegante inchino, leggiadro, accompagnò l'alzarsi della sua mano, avvolta in un elegante guanto bianco, verso di lui. Ipnotizzato, prese la mano, trascinato dalla ragazza all'interno della pista, al suo centro. Posizione di partenza, cominciarono a volteggiare, non si era mai sentito così felice, perso in quel volteggiare, la musica, limpida, scorreva nelle sue orecchie.
    «VIENI VIA DA LI'!»
    La musica scemò, facendosi ovattata nelle sue orecchie. Si girò di scatto verso la fonte della voce, Red lo guardava terrorizzato sulla soglia, accompagnato dal professore, altrettanto sconvolto dalla visione, si voltò di nuovo verso la sua compagna.
    Urlò, riversa, con la testa che penzolava all'indietro, gli occhi sbarrati, il volto deformato da un sorriso folle che spaccava letteralmente le guance in una maschera di sangue, il petto, squarciato, che grondava sangue sugli abiti di Greg. Si voltò intorno, il cuore aveva cominciato a battere ad un ritmo devastante, mentre il fiato del ragazzo si faceva corto e affannato, era terrorizzato: ovunque i cavalieri, urlanti di una risata folle, massacravano corpi di donne putrescenti tra le loro braccia, in un macabro zampillo di fontane di sangue che sembravano inghiottire il ragazzo.
    «Colpa tua...»
    Chi lo avesse visto, al suono di quella voce, avrebbe visto un cadavere, bianco come la morte, terrorizzato. Era la sua voce, orribilmente deformata, come se provenisse dalla perversa versione di una bambina, grattava i suoi timpani quasi quanto squarciava il suo cuore: Oprah. Si girò, lentamente, pietrificato dall'orrore della visione: il viso di lei, deformato, si alzava lentamente verso di lui, il sorriso folle e gli occhi sbarrati, quasi fuori dalle orbite, che lo guardavano, no, non poteva essere vero, cosa diavolo stava succedendo? Il corpo, le mani, i vestiti stavano annegando nel sangue, mentre il volto del suo grande amore lo osservava, sbavando sangue dalla bocca come la perversa caricatura di un folle mastino
    «Sarei viva se non ti avessi mai conosciuto..»
    «N..No...»
    balbettava, terrorizzato, il fiato gli si bloccava in gola mentre le figure dei cavalieri, i killer, si avventavano sulle putrescenti vittime, morte, continuando ad inveire sui loro corpi, spogliandoli e stuprandoli davanti ai suoi occhi. Non riusciva riusciva a muovere un muscolo, perso in quella visione che rendeva i film horror adatti ai bambini.
    «E' stata colpa tua, sempre colpa tua...»
    «No... no... ti prego...»
    il suo cuore mancava battiti, la bocca tremante che cercava di trattenere le lacrime che sopraggiungevano ai suoi occhi, era troppo, troppo per la sua mente, troppo, non poteva reggere oltre, sarebbe impazzito, sangue, morte, follia, una risata, una risata folle nel suo cervello...
    «TU MI HAI UCCISO!»
    Fu spinto di lato, violentemente, prima che potesse fare qualsiasi cosa, la confusione dei corpi lo portò a capitolare a terra, venendo poi preso di peso e trascinato in avanti, lasciando che la coda dell'occhio osservasse stramazzare al suolo la ragazza, con gli occhi sbarrati fissi su di lui. Non ebbe neanche il tempo di reagire, fu trascinato lontano velocemente, venendo spinto attraverso una porta che si richiuse subito alle sue spalle.
    Il colpo fu violento, forte, dritto al suo volto, sbalzandolo indietro verso la parete adiacente, il freddo muro bianco dell'ospedale.
    «COSA CAZZO HAI NEL CERVELLO?»
    La voce di Red risuonò nel corridoio, sovrastando il sommesso rumore di acqua, qualche goccia che cadeva da una tubatura, nascosta dal buio che la luce debole e tremolante dei neon lasciava. Era sconvolto, gli occhi sbarrati, respirava affannosamente, stringendo il pugno davanti a se. Greg rimandava uno sguardo vuoto, la bocca semiaperta, come sotto droghe pesanti, accasciandosi a terra lungo il muro. Si portò una mano alla tempia, no, non era reale, se ne doveva convincere, non poteva essere reale, non poteva, voleva svegliarsi, voleva morire, uccidersi pur di scacciare le immagini che stava vivendo.


    Il corpo del ragazzo si rilassò sulla sedia, accasciandosi, lasciando che le braccia quasi cadessero lungo i fianchi della sedia, il viso ebbe un leggero tic: l'angolo destro delle labbra cominciava ad incurvarsi, a intermittenza...

    Camminava, mesto, lento. Incapace persino di provare paura, in mezzo al terzetto formato da Red e dal professore. Lo sguardo vuoto osservava il terreno, la bocca semiaperta, agognando null'altro che quella fantomatica luce che lo avrebbe condotto fuori da quel luogo, in salvo, che fosse stato il suo Ki, che fosse stata la morte stessa. Voleva che finisse, non avrebbe retto altro, non voleva vedere altro..
    Plin
    Red camminava in testa al gruppo, piano, lentamente strizzando gli occhi cercando di vedere più lontano possibile nella fioca luce elettrica, tremolante. Deglutì, cercando di non farsi vedere... che diavolo di posto era quello? Chi stava manovrando le loro azioni, così pazzo e perverso da generare quegli spettacoli? Era decisamente troppo, era... malato, in maniera terrificante...
    Plin
    Aveva sempre il controllo di tutto in quel mondo, la testa di Greg non aveva un angolo che non riuscisse a forzare, eppure lì era impotente. Quella risata, quella risata così macabra, le sue orecchie non avevano mai sentito un suono peggiore, un suono più perverso. Cercò di controllare il respiro, la sua controparte aveva perso la voglia di vivere, camminando mestamente dietro di lui, passo dopo passo
    Plin.
    Si fermò, immobile, fermando con una mano il petto di Greg. Osservava la parete di destra, sostituita nel muro bianco da delle spesse sbarre d'acciaio, intorno alle sbarre, incise sulle pareti, grattate e graffiate come da unghie animali, la scritta ripetuta “Sweety sweety daddy”. Gregory alzò lo sguardo, lentamente, l'espressione triste, satura sul volto: fu troppo, girandosi di lato lasciò andare un conato di vomito, piangendo forte. Un corpo, sventrato e spezzettato, era esposto nella cella. I pezzi, accuratamente tagliati e puliti, erano appesi al soffitto, gocciolanti di sangue fresco, come un macabro acchiappasogni, con il cuore, ancora pulsante, a centro della composizione, che schizzava sangue sul pavimento vicino alle sbarre. Red non fece una piega visibile, avvicinandosi alle grate, osservando il muro di fondo, scritta con quel sangue, infatti, visibile tra le parti appese, una scritta grottesca.
    «“Ah ah ah, anche i puzzle possono essere divertenti, ah ah ah!”»
    lesse, lasciandosi andare in un verso di disgusto quando vide che il punto esclamativo finale era stato improvvisato tagliando e attaccando alla parete il pene dell'uomo, indugiando poi sulla testa dell'uomo, riconoscibile tramite un abile – e macabro – gioco di prospettive nell'appendere al posto giusto i vari pezzi, componendo una faccia destrutturata, la mascella spaccata e incurvata in un sorriso scomposto, la lingua appesa lì davanti come ciliegina sulla torta, in quella linguaccia coperta di sangue gocciolante.
    «Chi diavolo farebbe una cosa del genere?»


    Il tic si ripetè sul suo viso, allargando il sorriso sul viso del ragazzo, aprendo leggermente la bocca. Il respiro si era fatto più corto, mentre continuava il suo sogno, ma l'espressione sul suo viso tradiva la sua “felicità”, la bocca si dischiuse, lasciando uscire il fiato
    «Ah...ahah...Ahahah»
    leggera, la voce acuta, innaturale

    Greg rialzò il viso, non aveva la forza di guardare quella visione, piangeva, lacrime calde scorrevano sul suo viso, accompagnate da suoni soffocati. Voleva che finisse, stava pregando, dal profondo del suo cuore, che finisse, voleva morire, non ce la faceva più, sarebbe finito lì, sangue, morte, follia, una risata..
    Buio
    Sgranò gli occhi in avanti, sbarrandoli, appannati dalle lacrime, le orecchie che si tendevano a una musica lontana che prendeva sempre più piede nella sua testa, i suoni pesanti come macigni sul cuore di quel requiem lontano, angosciante, mentre il buio del suo corridoio veniva interrotto da sprazzi di luce innaturale, sangue, morte, follia, una risata...
    Una figura
    D'innanzi a loro, curva su se stessa, ritta, in fondo al corridoio, sottile. Una risatina cominciò a mischiarsi alla lirica del requiem, gli occhi di Greg si sgranarono ancora di più, poggiò la mano indietro, mentre un terrore quale non aveva mai provato si cominciava a far strada nel suo animo, bloccandogli le gambe, bloccando ogni muscolo, ogni momento. Balbettava, le labbra non riusciva ad emettere un suono, la sua mente era offuscata, il pensiero fisso, il pensiero di sangue, morte, follia, una risata...
    Un passo
    La figura si mosse in avanti, sconnessa, scomposta, come se fosse legata da qualcosa, costretta da una camicia di forza che ne inibisse i movimenti. La risata si fece più forte, più folle, più opprimente, persino Red aveva notato la figura, cadendo in ginocchio, stringendosi la testa con le mani, coprendo le orecchie, gli occhi sbarrati e fissi nel vuoto, ondeggiando avanti e indietro davanti a quella figura. Era la fine, era la vera incarnazione della fine.


    Esplose, agitandosi sulla sedia, in maniera forsennata, la risata folle che usciva dalla sua bocca, alzandosi lentamente, piegato in due da quella risata, gli occhi ancora chiusi ma il corpo che sembrava avere una vita propria, folle, totalmente folle...

    Ad ogni passo sconnesso della figura il terreno sembrava scuotersi come sotto un terremoto, i muri bianchi putrescevano come se fossero fatti da corpi in decomposizione, schizzando sangue, crollando, marcendo, distruggendosi sotto i loro occhi. Greg cadde all'indietro, cercando di indietreggiare, Red era ormai fisso, immobile, tremante, mentre quella risata si faceva forte, spietata, nelle loro orecchie.
    Indietreggiò ancora
    «Tu...sei... mio....»
    la voce, intramezzata dal riso, era la più orribile e grottesca che avesse mai sentito, come se provenisse da un cadavere, da un essere immondo evocato dall'oltretomba, nato dagli inferi per ghermirlo, ucciderlo, mangiare le sue carni
    «Vengo a prenderti..»
    Indietreggiò ancora, inorridito, l'ambiente che si modificava in un reticolato sanguinolento di ossa, disposte come grate, che si frantumavano coperte da sangue secco, o ruggine, la voce che entrava nella sua testa, gli occhi sbarrati in avanti, contemplando lo spettacolo di quella figura che camminava claudicante davanti a loro, avrebbe voluto cavarseli pur di non vedere una cosa del genere
    «Io... ti.... ucciderò...»
    lo avrebbe fatto, non aveva più neanche la forza di tremare.
    Era la fine
    era vicino
    era sangue
    era morte
    era follia
    quella risata
    «NO!»
    La voce scosse tutto l'ambiente, come provenendo dall'etereo, forte e autorevole. Fu come vedere di fronte a lui l'ambiente spaccarsi come un vetro, mentre venivano inghiottiti dalla luce, dietro di loro, la dimensione crollava davanti ai suoi occhi, trascinando tutto nell'oblio. In quel momento, infinito, rallentato, gli occhi lacrimanti del ragazzo osservarono quell'ombra dietro lo specchio, quel sorriso deformato sul suo volto, una mano che si alzava, salutando piano il ragazzo, agitandosi, avanti e indietro
    «Io sono qui»


    Aprì gli occhi, ritrovando il suo viso sul banco, tra i frammenti delle fialette sparsi lungo tutto il tavolo, la bocca aperta, bavosa. Si rialzò, il sapore amaro del sangue arrivò alla sua bocca, era stato tagliato dai pezzi di fialetta, come se ci avesse sbattuto il viso più volte, volontariamente. Tremando, con la bocca semiaperta, guardò il professore, gli occhi spalancati.
    Svenne.


    Gregory Kane

    studente

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
    code role © Akicch; - NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT
  10. .
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    eglutì, tremante, mentre il ragazzo davanti a lui si rialzava con una risatina, sogghignando e guardandolo dall'alto. Era totalmente identico a lui, ma chiunque lo avesse visto non avrebbe detto neanche per un secondo che si trattava della stessa persona. La compostezza di quel ragazzo era totalmente diversa, con la schiena dritta e lo sguardo fiero, sprezzante, quel ghigno fisso sulle labbra che derideva qualunque cosa guardasse, in questo caso lui.
    Gli tremavano le labbra, il cuore pulsava nel petto mentre Greg cercava una maniera per alzarsi, il ragazzo, di fronte a lui, rise sonoramente.
    «Sei più patetico di quanto immaginassi, mi chiedo come abbiano fatto a tenerti in quella scuola»
    un commento divertito, di scherno, mentre si sedeva, scomposto e stravaccato, su una poltrona di cui prima non ricordava l'esistenza. Allungò la mano verso il comodino, afferrando, da quello che sembrava il nulla, un bicchiere ricolmo di liquido ambrato, portandolo alla bocca e bevendone una lunga sorsata. Schioccò le labbra sonoramente, osservando Greg con lo sguardo divertito, compiacendosi di quell'immagine sottomessa.
    Deglutì ancora, facendo forza sulle braccia per rimettersi in piedi, lentamente. Le gambe gli tremavano, ma doveva sforzarsi di non darlo a vedere, l'essere di fronte a lui non poteva, non doveva...
    «Vedere la tua debolezza?»
    Greg sbarrò gli occhi. Il ghigno di Red si allargò sul viso, mentre beveva un'altra sorsata di quel liquido che sapeva bene essere whisky, pur non avendo nessuna idea della ragione per cui lo sapeva. Portò la mano indietro, cercando il comò, toccando con le dita il legno freddo, la sensazione del tatto era così dannatamente reale, così dannatamente vera da fargli dimenticare che fosse tutto nella sua testa. Il ragazzo lo stava canzonando, osservando il terrore nei suoi occhi e limitandosi, divertito a sorseggiare il liquido dal bicchiere. Lo alzò, in controluce, osservandone le sfumature
    «Johnny Walker Red Label, era il mio preferito al tempo, ma tu questo lo sai, vero?»
    commentò, mutando il sorriso in uno sguardo di stupore quando lesse l'espressione di Greg, intimorita al limite del terrore, mentre lo guardava.
    «No, non lo sai? UAHAHAHAHAHAH! Dio che situazione perfetta!»
    Esclamò il ragazzo, alzandosi dalla sedia e venendo verso di lui. Fino a raggiungerlo, stando quasi a un passo da lui, guardandolo, con il viso leggermente storto lateralmente. Allungò una mano verso di lui, spingendolo all'indietro, il contatto con il legno, così solido fino a poco fa, si annullò del tutto facendolo precipitare su una sedia.
    Era atterrito da quel ragazzo, impotente lo guardava con occhi sbarrati mentre lui rideva della sua stupidità.
    «Io so esattamente cosa pensi ma tu non riesci a vedere cosa penso io! - lo canzonò – e questo, questo significa che tra i due sono io che comando!»
    Impotente, ancora, lo guardava vaneggiare nel suo autocompiacimento, impotente, non poteva fare altro che osservarlo dal basso, immobile, mentre i suoi occhi colmi di gioia sadica lo penetravano.
    La voce si fece sentire forte e chiara nella sua testa


    Greg ebbe un sussulto sulla sedia, gli occhi chiusi cominciarono ad agitarsi sotto le palpebre, mentre le mani si stringevano sulla sedia. Stava tremando e le labbra umide facevano fatica a dischiudersi, ancora una volta. La voce del professore era chiara e limpida nella sua testa, ma questo non sembrava tranquillizzarlo, persino la domanda, così semplice e chiara, sembrava averlo terrorizzato.
    Parlami di Red Label
    Deglutì
    «Lui... lui....»

    «Luuuuii ti seeeeenteeee»
    La mano del ragazzo sferzò l'aria con violenza. Dove prima c'era solo il nulla una figura fu scagliata all'indietro con una forza innaturale, sbattendo violentemente contro il muro e rovinando a terra. Il volto di Red era deformato in una maschera di rabbia, osservava l'uomo a terra con odio, mentre questi tossiva, cercando di riprendersi.
    Alzò di poco gli occhi, cercando di riprendersi dal colpo, consentendo a Greg di vedere il suo viso. Si lanciò in avanti, cercando di raggiungerlo, venendo respinto dietro sulla sedia da un gesto stizzito di Red, che si avvicinava all'uomo
    «Professore!»
    Red raggiunse l'uomo, osservandolo dall'alto, mentre Daniel Callaway cercava di rialzarsi, con un Red decisamente incazzato a tenerlo giù
    «Vediamo di capirci: tu entri nel MIO mondo – un calcio, diretto allo stomaco -, per spiare la MIA vita – uno al volto, violento – e pensi – lo prese per la collottola -, CHE IO NON TI VEDA?»
    Lo scagliò violentemente contro la parete, accanto a Greg, lì, in quel mondo, la forza sovrumana di Red non aveva confini, ai limiti dell'onnipotenza in un luogo dove persino il ragazzo, bloccato sulla sedia, non aveva nessun potere. Il corpo del prof sbattè contro la parete, venendo immobilizzato contro di essa da ganci e catene che uscirono provvidenzialmente dalla parete, mentre Red, ansimante, lo guardava con il viso deformato da una maschera di furia.
    Sembrò calmarsi, cercando di contenere il respiro e riportando i capelli indietro sulla testa, mentre si rimetteva eretto, sistemandosi gli abiti eleganti. Chiuse gli occhi, inspirando una profonda boccata d'aria, e poi li riaprì, ritrovando il ghigno sul viso, mentre li guardava entrambi.
    «Lei, professore, dovrebbe sapere che è maleducazione entrare nella mente delle persone senza chiedere»
    Commentò divertito, avvicinandosi e dandogli un colpetto con il dito sulla fronte, ridendo. Greg lo osservava impotente, tremante, spaventato.
    Red si rimise eretto, osservandolo, scrocchiandosi il collo mentre cominciava a togliere la giacca e sbottonarsi la camicia.
    «Oh beh, visto che abbiamo degli spettatori, e io ho un appuntamento, perciò conviene non far aspettare inutilmente»
    Stava abbassando i pantaloni, rimanendo nudo davanti a loro, grattandosi volgarmente lo scroto mentre rivolgeva una rapida alzata di sopracciglia a Gregory, andò alla porta, aprendola. Bloccato sulla sedia Greg non riusciva a vedere, il professore, davanti a lui, gli oscurava la visuale. Una risatina
    «Oh, a quanto pare sei già pronto»
    Quella voce era inconfondibile


    Cominciò ad agitarsi forte sulla sedia, cercando di divincolarsi, perso in balia di quel sogno, di quel trip nella sua testa che cominciava, no, continuava ad essere un incubo. Digrignò i denti
    «No, no... Oprah, no...»

    Era entrata come una furia, abbandonandosi in baci passionali con il ragazzo di fronte a lui e portandolo sul letto come se non aspettasse altro, lasciandosi spogliare dalla furia di Red che sembrava aver dimenticato la loro presenza.
    Cercò di divincolarsi, di scattare in piedi, di fermarli, rimanendo inesorabilmente fissato alla sedia, impossibilitato a muoversi, a fare alcunché. Lei, ormai nuda, cominciava a scendere con i baci lungo il suo collo, il suo corpo.
    Si agitò di più sulla sedia, cercando di urlare, la bocca incapace di aprirsi e lasciare uscire le sue urla, immobilizzato di fronte a quella scena immonda
    «Che c'è, non ti piacciono le pompe?»
    Un sussurro, sul suo orecchio, da dietro. Red, la sua copia, qualsiasi cosa fosse stava parlando al suo orecchio, il tono divertito, contento, di quella tortura che stava infliggendo al suo alter ego, mentre lui continuava ad agitarsi sulla sedia, voleva fermare tutto, doveva fermare tutto, non lo avrebbe permesso oltre, non poteva.
    Red rise ancora, vicino al suo orecchio, mentre il suo corrispettivo stendeva Oprah sul letto, allargandogli le gambe
    «Oh, credevi ci fossi solo tu per lei? Che io non esistessi vero? No, tu eri il passatempo, il principe azzurro della bambina... Io, IO ero il divertimento, tu non sei mai stato un cazzo nella sua vita...»
    la voce si faceva pressante, schiacciante, mentre i suoi sussulti si facevano immensamente più forti, più violenti. Red, sul letto, la stava possedendo selvaggiamente, mentre le urla di lei riempivano le sue orecchie, portando dietro la dura, fredda, verità: le piaceva. Stava godendo da impazzire, no, era solo un trucco, doveva esserlo, ma se non lo fosse stato? Se fosse stato un vero ricordo? No, non era possibile, non era quella la Oprah che conosceva, non era quel tipo di ragazza, quella così coinvolta da graffiargli la schiena in maniera così profonda, lei era una ragazza dolce, divertente, nulla di tutto questo, ricordava il suo modo di fare, i suoi sorrisi solari, le sue risatine quando chiedeva se si fosse tagliato la schiena, allarmato dal bruciore la mattina...
    Lacrime, lacrime calde fuoriuscirono dai suoi occhi. Voleva morire, voleva morire lì e adesso, tutto pur di non vedere quella scena di fronte a lui, distolse lo sguardo, mani rudi, forti, lo riportarono a guardare, fisso. Benedisse le lacrime che appannavano la vista e nel momento stesso in cui lo fece gli fu impedito di lacrimare.
    «Ah non vuoi guardare? Magari allora facciamo guardare qualcun altro, che ne dici?»
    Un sonoro rutto si fece sentire oltre le urla selvagge della donna. Gli occhi di Greg non riuscivano a crederci, non volevano voltarsi verso la poltrona, mentre la chiara immagine di quello che sarebbe successo balenava nella sua mente, era più di quanto riuscisse a sopportare.
    «Sai, non è che mi piacesse particolarmente lui, ma grazie alla tua esistenza è diventato così e..beh... ha creato me...»
    L'uomo, che fino a prima lo inseguiva, incollato sulla faccia di innumerevoli ragazzini, stava abbandonato sulla poltrona, semi addormentato, la bottiglia avvolta in un sacchetto di carta in una mano, l'altra abbandonata fino al suolo. La bava che scendeva dalle sue labbra sulla canotta già sporca, mentre, grugnendo, si risvegliava a causa delle urla.
    Suo padre, ubriaco, si stava destando, cominciando a guardare la scena, leccandosi le labbra, facendo scorrere la mano libera dentro i pantaloni mentre prendeva un'altra lunga sorsata di alcol. Greg si stava agitando convulsamente, riuscendo infine ad aprire la bocca, sconvolto, furioso.


    «No...»
    digrignava i denti, tenendo tutto i muscoli, le vene sulle tempie che pulsavano forte. Il collo che si tendeva in avanti

    Red rideva sguaiatamente, tanto quello al suo orecchio tanto quello sul letto, selvaggio, mentre possedeva e penetrava la ragazza urlante, suo padre, di lato, perso nella sua masturbazione, era troppo, era troppo per lui
    «No..»
    «Oh, puoi parlare ades..»
    fu interrotto, guardando stupito suo padre estrarre la mano dai pantaloni, stretta intorno al nero metallo di una Colt 9mm, lucida, facendo per puntarla verso la ragazza. Red agitò la mano, impotente, non riuscì a far nulla, venendo sbalzato all'indietro, mentre una risata cominciava a farsi strada nella stanza. Suo padre avanzava con la pistola puntata verso la ragazza
    «NO!»
    la risata perversa diventava ancora più forte mentre tutto sembrava tremare intorno a loro, come se tutto cominciasse a cadere a pezzi, tutto tranne suo padre che continuava ad avanzare verso la ragazza, che ancora godeva come se non si fosse accorta di nulla. Greg si agitava sulla sedia, Red sembrava aver perso il controllo, guardandosi intorno a destra e sinistra, anche lui spaventato, mentre tutto il suo mondo mentale si sgretolava, pezzo per pezzo. Suo padre stava per sparare, no, il dito sul grilletto, No, il canne tirato, NO, il colpo.


    «NOOOOOOOOOOO!»
    Urlò forte sulla sedia, gli strumenti davanti a lui si polverizzarono, mentre il professore fu spedito indietro, fuori dalla mente di Greg, urlante sulla sedia, sfogava tutto se stesso in quel diniego. Rimase immobile, con la bocca aperta, protesa verso il cielo, il fiato esaurito ormai del tutto, ricadendo poi, solo successivamente con la testa sul petto.

    Fu come una bomba atomica, luce, luce ovunque, inondava ogni cosa, i lori occhi, bruciandoli in quel beato annullamento, la fine di tutto, o di nulla.
    L'aria fredda riempì i suoi polmoni in un colpo solo, shockandolo, mentre, piegato sulle ginocchia, cercava di capire cosa fosse successo. Inquadrò una figura, davanti a se, ritta in piedi con il volto proteso in avanti.
    «Sarà meglio che ti svegli, non ho idea di dove siamo»
    la voce sembrava preoccupata, Red, di fronte a lui, osservava la struttura con sguardo serio e preoccupato, stringendo i pugni davanti a se. Greg lanciò un occhiata, una goccia di sudore scese piano lungo il suo viso, fin sulle labbra.
    «Siamo a casa»
    disse piano


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    Poiché il post è troppo lungo ho deciso di suddividerlo in tre episodi lunghi come quelli della trilogia dello Hobbit.
    Episodio I: Meet the past

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    n sospiro di sollievo, la pressione che scendeva mentre staccava le ventose da lui... era sicuramente rotto, doveva immaginarlo: non avrebbe potuto dare un risultato del genere se fosse stato integro, soprattutto non uno così particolarmente impreciso. Gli strumenti, si sapeva, erano delicati e spesso potevano stararsi, dando risultati falsati.
    Ogni secondo che cercava di convincersi di quella sua menzogna lo rendeva più calmo, più rilassato, complice il non aver badato all'ombra sul viso del professore, chiudendosi in quella gabbia di vetro sottile e fragile, godendo di quel sentimento di sicurezza momentanea.
    Non ebbe molto tempo per pensare, si voltò di scatto al suono della porta, osservando un ragazzo biondo dall'aria spavalda entrare, non curandosi del suo ritardo né di scusarsi con il prof, chiuso in quell'atteggiamento da bad boy così tipico dei giovanotti americani. Si voltò di nuovo sulle sue fialette, rendendosi conto di quanto potesse sembrare maleducato fissare qualcuno con tanta insistenza, cercando quindi di concentrarsi sui risultati del suo test.
    Non potè farne a meno gli scappò una risatina quando sentì il professore confermare le parole del ragazzo riguardo all'uso dei macchinari nei manicomi, sì, come se fosse stata quella la sua esperienza, tra quelle mura bianche, fredde, che odoravano di follia, di sofferenza, che per tanto tempo lo avevano tenuto rinchiuso, passando da una macchia di Rorschach all'altra. Si rabbuiò di colpo, ripensando a quei momenti, perso nei suoi pensieri e nei suoi ricordi, portandosi due dita alle tempie e massaggiandole piano per eliminarli, per rilassarsi, evitando che quella persecuzione lo uccidesse piano piano, come aveva fatto per quasi tutta la sua vita.
    Sbattè gli occhi, cercando di riprendersi, passando una mano sul viso, ascoltando il professore passare per i banchi, osservando i risultati di vari alunni, dal più depresso al più comune, il più normale, tutti a dare un risultato preciso. Osservò le sue fialette, cercando ancor di più di convincersi che il macchinario, così delicato, fosse falsato, rotto, starato e un sacco di altri aggettivi confortanti che non gli facessero pensare che il suo soggiorno in manicomio e la presenza di Red potessero essere rese pubbliche e note, non voleva, non voleva che nessuno sapesse cosa stava succedendo. Si fermò un attimo, respirando, ascoltando il professore spiegare il successivo passo della lezione.
    Sgranò gli occhi, allucinogeni?
    No, non poteva fare sul serio, non poteva, non sarebbe riuscito a reggere qualcosa del genere, rivivere i suoi ricordi? Rivivere cose che nemmeno lui era capace di ricordare? No era un'impresa troppo grande persino per lui, non l'avrebbe accettata, avrebbe semplicemente fatto riaffiorare quelle esperienze che aveva così duramente cancellato. Si alzò di scatto andando verso il professore, stringendosi nelle spalle e osservando sottecchi a destra e sinistra, pregando che nessuno stesse prestando attenzione a lui e al suo ciuffo rosso che camminava centralmente nell'aula.
    «Professore io...»
    si fermò, di colpo, ritirando la mano che aveva allungato verso la spalla dell'uomo. Perchè si fermava? Qualcosa lo stava trattenendo? Red? No, una parte di lui voleva sapere, voleva vedere cosa diamine si nascondeva all'interno della sua mente, che tutti ritenevano al limite della follia più totale, ma no, non poteva, non dopo tutta la fatica per cercare di rimettere ordine...
    «Io...»
    Red, chi era? Chi era quel brutto bastardo che aveva rovinato la sua vita, che lo aveva trascinato in manicomio, che aveva quasi ucciso dei ragazzi colpevoli solo di essere stati troppo vivaci a 16 anni, come se vi fosse possibilità che non lo fosse chiunque. Ritirò la mano, portandola di nuovo in tasca, si voltò, ritornando al suo posto, senza dire una parola, sedendosi e cominciando ad ondeggiare sulla sedia per la forte agitazione, conscio di stare per ritornare nello stesso ambiente di analisi così odiato. Per cosa poi? Per una lezione? Per il suo Ki? Non era un motivo valido per giocare così con la sua mente, non in quella maniera, non con lui.
    Si stava agitando, decisamente troppo, osservava a destra e sinistra i suoi compagni, invidiando il biondino che mostrava un aria così tranquilla e spavalda. Non ricordava il suo nome, lo aveva detto poco prima, mentre elencava i risultati: Ardan Mo..Morra...no... Morli... Morley. Si girò ad osservarlo, così era lui il famoso Morley, il suo compagno di stanza, colui che da una settimana a questa parte non era riuscito ancora a vedere. Quel ragazzo, così arrabbiato, così duro e colmo di disprezzo verso il mondo, risultava così interessante ai suoi occhi per qualche ragione sconosciuta, e no, di sicuro non era un problema di sessualità, era qualcosa di forte, nel suo cervello, lo stava come attirando.
    Fu sorpreso dal professore, dinnanzi a lui, che gli poggiava un bicchiere fumante.
    «Non ci costringerà a osservare i fondi e fare profezie dopo, vero?»
    commentò sarcastico, uno slancio di sicurezza totalmente atipico per Greg, un meccanismo di instaurare in lui quella spavalderia che gli avrebbe consentito di affrontare quella sfida. Prese la tazza tra le mani, bruciava, bruciava fin quasi a ledere le mani, tremanti, mentre la portava alla bocca.
    «Ci vediamo dall'altra parte»
    mormorò tra se e se, e come una medicina, tutto in un colpo, lo vuotò.
    Bruciava la lingua, la gola, scendeva caldo lungo il suo esofago in maniera così forte che non potè fare a meno di tossire mentre lo ingeriva. Si sentiva caldo, si sentiva strano, sentiva le palpebre pesanti, molto pesanti, abbandonandosi a quella sensazione di vuoto mentre le mani cadevano sui braccioli della sedia, fermo, chiudendo gli occhi. Il respiro lento e profondo, accompagnato dal ritmico movimento del petto, leggero ma deciso, il leggero tremolio sotto le palpebre del sogno, anch'esso appena accennato, fino al dischiudersi delle sue labbra.
    «Sono a casa...»

    Il sole era alto nel cielo, coperto da nuvole leggere, camminava fra le strade familiari del suo quartiere, osservando a destra e sinistra quell'ambiente dai colori appiattiti, come se qualcuno avesse abbassato la saturazione fin quasi al bianco e nero. Era primavera, i gerani, sui balconcini delle case, fiorivano. Greg si mosse, confuso, guardandosi intorno. Era questo quindi il famoso sogno lucido, viverlo come un etere, un etere così reale da risultare quasi paurosamente corporeo. Si toccò il corpo, sentiva distintamente la sensazione della pelle sotto le dita, quasi riusciva a percepire il calore del sole sul viso, quel sole così vivo e al tempo stesso spento...

    «E' così vero...»
    il tono di voce era calmo, piatto, definibile al meno di cacofonie come sognante, il corpo, calmo, giaceva sulla sedia, immobile, perso solo nel respiro

    Camminò per le strade. Osservando come, passo dopo passo, la sua concezione del tempo mutava di volta in volta. Le margherite del giardino vicino al cimitero si fondevano con le vecchie foglie gialle autunnali, che sferzavano l'asfalto nel loro moto vorticoso, spinte da un vento inesistente. Osservò gli alberi, così reali, sfiorandoli con le dita e assaporando la sensazione di una irreale corteccia levigata.
    Qualcosa attirò la sua attenzione, sfrecciava da una strada all'altra, correndo, inseguito da una schiera di altri ragazzini, spandenti le loro urla di divertimento per la periferia della città di Atlanta. Scomparvero dietro l'angolo, Greg cominciò ad incamminarsi, svoltando, e seguendoli. Dei colpi, ridendo e urlando quei ragazzini si erano avventati sul bambino, pestandolo, mentre lui, a terra, cercava di coprirsi il volto dai colpi portandosi le mani sulla testa.
    «Ehi!, Ehi voi!»
    Fu come se non lo sentissero, cominciò a incamminarsi verso di loro, a correre, sperando di raggiungerli in tempo, di fermarli, continuando ad urlare. Quel povera ragazzo, non aveva fatto nulla, era una semplice vittima, non lo meritava, non lo meritava


    Cominciò ad agitarsi sulla sedia, il respiro si fece affannato, leggermente, come un riflesso della corsa che stava vivendo nel sogno. Le mani cominciavano a stringere i braccioli, leggermente, quel tanto che bastava per rendere le dita pallide per la poca pressione del sangue


    Li raggiunse, ne spinse uno via, con foga cercando di scansarlo dal ragazzino, prendendone poi uno per la spalla e voltandolo verso di lui. Indietreggiò di colpo, quello sguardo d'odio e quella barba incolta li conosceva bene, tremava al solo guardarli. Cominciò a indietreggiare, gli occhi sbarrati, osservando i volti odiosi che si dipingevano nei ragazzini, che avanzavano lentamente verso di lui, tutti con lo stesso viso, quel viso orrido e familiare...

    «P...P...Papà?»

    Indietreggiò ancora, le gambe rispondevano a malapena mentre le labbra tremanti riuscivano a stento a lasciar uscire il respiro alla vista dei ragazzi. Il volto di suo padre, incollato sulle facce dei ragazzini come una maschera di odio deforme, mentre loro si avvicinavano con una lentezza esasperante.
    Il ragazzino in terra si alzò, i capelli, ora lunghi, contornavano un viso familiare, dolce, gentile, il viso di sua madre, percossa da colpi, il labbro sanguinante, gli occhi neri e pestati fino al sangue... inciampò, cadendo all'indietro, seduto, non sentiva il dolore, cercava solo di indietreggiare, di portarsi lontano da quelle figure.
    «TU MI HAI FATTO QUESTO! È COLPA TUA!»
    all'unisono, sputacchiando saliva dalle labbra bavose ornate di canini, quasi come fossero un mostruoso ibrido tra un uomo e un cane, le proiezioni di suo padre gli urlavano contro. Cercò di indietreggiare ancora, scappando, balbettando parole senza senso
    «No.. io.. non è... non è colpa mia...»
    «TU! BASTARDO! PER COLPA TUA SONO STATO RIDOTTO COSI'!»
    Indietreggiò ancora, mentre il volto di suo padre si deformava ancora in una maschera d'odio, ancor più spaventosa, ancor più grande. Lanciò uno sguardo a sua madre, pietoso, cercando aiuto, conforto, cercando qualcosa e finendo il tutto in un ennesimo motivo di terrore. Il collo di sua madre pendeva di lato, come se non riuscisse a sostenere il peso del capo, mentre una smorfia le deformava le labbra. Sulla sua fronte una piccola crepa, come osservando una bambola di porcellana che si rompeva piano, lasciando fuoriuscire del sangue, proprio dal mezzo, colante sulla fronte e poi sui capelli.
    «Io contavo su di te... tu dovevi difendermi...non lo hai fatto»
    la sua voce, innaturale ed eterea, penetrava le orecchie del ragazzo. Le lacrime cominciarono ad uscire dai suoi occhi, no, non poteva essere vero, era tutto un sogno, se lo ripeteva nella testa, ma il terrore, quella vista, quelli stavano rimanendo. Si voltò, riuscendo a trovare la forza per rialzarsi e scappare, mentre ogni persona del paese assumeva le sembianze di suo padre o sua madre, circondandolo, inseguendolo. Era affannato, respirava a fatica, no, era troppo assurdo, si stava sentendo soffocare, non vedeva bene, gli occhi appannati dalle lacrime. Un arresto cardiaco, una fitta al petto, non riusciva a respirare, l'aria era come svanita da quel luogo, cadde, stringendosi la testa tra le mani, il petto... sarebbe morto, sarebbe morto lì. Suo padre lo avrebbe raggiunto.
    Aria...


    Si rilassò di colpo, sulla sedia, il respiro sembrava essere tornato regolare, o parzialmente regolare. Le membra ricadevano sui braccioli, distendendosi, lentamente
    «Non so dove mi trovo...»

    Osservò l'ambiente, una stanza. Aveva un aria familiare, il letto, disfatto, era accanto a lui. Era piccola e angusta, una porta, semiaperta, dava su un piccolo bagno accanto, mentre l'altra immaginò fosse il collegamento per il resto della casa. Respirò a fondo l'aria pulita della camera, riempiendosi i polmoni, ancora carponi, madido di sudore. Osservò il luogo, c'era un disordine immenso, un sacco di accessori femminili in giro: la camera di una donna. Il suo sguardo si posò sotto il letto, la punta di un inconfondibile dildo rosa faceva capolino dalle coperte sfatte, ormai sparse per terra, insieme a innumerevoli vestiti
    «Sì, era una mattacchiona quando voleva»
    Si voltò di scatto, cercando la fonte della voce. Finendo per osservare uno specchio, che gli rimandava il guardo. Il suo volto, stanco e sudato, gli rimandava il suo affanno, il suo respiro..
    Un sorriso.
    La figura dello specchio sorrise, di scherno, alzandosi da quella posizione carponi, sgranchendosi il collo mentre i suoi vestiti mutavano in abiti eleganti, di una certa classe, con un taglio invidiabile. Lo osservava sempre con sguardo sarcastico.
    «Oh andiamo, non dirmi di essere sorpreso, immaginavi di trovarmi»
    La figura si avvicinò allo specchio, lentamente. Prima un piede, poi l'altro, fecero capolino dallo specchio, uscendo. Si sistemò il colletto della camicia, una volta fuori, sorridendo al ragazzo per terra, piegandosi in avanti fino a sfiorare quasi il suo viso. Sentiva il suo fiato caldo, il puzzo pressante di alcol che attanagliava le sue narici, quegli occhi divertiti, azzurri, penetranti che lo trapassavano
    «Tu sai chi sono io, vero?»


    Irrigidito, sulla sedia, deglutì, dischiudendo le labbra in un sussurro incerto
    «Re...Red Label»
    .


    Gregory Kane

    studente

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
    code role © Akicch; - NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT
  12. .
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    li occhi si aprirono di scatto, e altrettanto di scatto si alzò sul letto, seduto. Non portava la maglietta, non la portava mai la notte, specialmente in quelle serate primaverili, per quanto il freddo Newyorkese fosse fastidioso in quelle sere, aveva deciso di accendere i riscaldamenti quel tanto che bastava per non soffrirlo troppo. Si fermò un secondo, passandosi la mano sul viso, poi sulla testa, fin dietro il collo, attraverso i capelli fiammeggianti. Il suo compagno di stanza non c'era, in realtà non c'era mai, non lo aveva ancora mai visto, per quanto avesse cercato di informarsi su questo Morley che condivideva la stanza con lui, stranamente affascinato da quella figura così sfuggente. Si alzò dal letto, portandosi davanti allo specchio. Non solo non portava la maglietta, era totalmente nudo, osservò in giro la stanza, notando un reggiseno per terra, scosse la testa: Red. Sforzandosi di ricordare arrivava a stento alla sera, quando era uscito per un giretto. Sapeva già il seguito della storia, sapeva già cosa era successo, qualcuno lo aveva convinto ad un bicchierino, Red aveva preso il sopravvento e da lì non ricordava più nulla, la situazione di una vita. Andò in bagno, ancora nudo, sciacquandosi il viso, osservando le gocce che scendevano piano sul naso e sulle labbra.
    Si vestì trasandato, come al solito, uscendo dalla camera in felpa e jeans, con lo zaino in spalla. Negli ultimi giorni aveva imparato a conoscere il campus, dal suo “esame”, se così lo poteva chiamare. Raccogliendo le giuste informazioni era riuscito a capire come fossero andate le cose, di sicuro l'esame teorico era stato sostenuto da Red – un bene per lui – ma doveva aver smaltito la sbornia mentre lo svolgeva, lasciando che Greg prendesse il suo posto. Così strano, vivere due vite unite e parallele, con la totale coscienza dell'uno e dell'altro, senza riuscire a trovare un punto di incontro anche minimo. Senza accorgersene era arrivato ai corridoi, scansando gli astanti, il cappuccio calato quanto più a fondo sulla testa, stretto nelle spalle, giocherellando con un il suo orologio da polso. Il quadrante, da metallo comune, era cambiato in una pietra nera, mentre il cinturino era intarsiato di gemme zirconate, la sua gemma, fusa con il suo cimelio più importante. Si riscosse dai quei pensieri, rendendosi conto di essere arrivato di fronte all'aula desiderata, magia bianca, non sapeva cosa aspettarsi da una lezione di quel tipo, ma aveva deciso di seguirla comunque, non immaginava cosa potesse succedere con lui in un corso che si prefiggeva di risolvere le turbe dell'animo umano.
    Entrò, alcuni studenti erano già in aula, avevano preso posto, non guardò in faccia nessuno, sedendosi nel primo banco disponibile, aspettando di iniziare la lezione, osservando curiosamente il professore nella stessa maniera in cui schivava gli sguardi dei compagni. La presentazione fu decisamente noiosa, per quanto Greg cercasse di focalizzare l'attenzione al massimo e coglierne tutti i passaggi, tutto quello che capì fu che dovevano effettuare un piccolo test psicoenergetico. Prese il piccolo strumento tra le mani, applicando le ventose nei posti richiesti e stringendo i bracciali dove poteva, aspettando. Il funzionamento di quel test era decisamente strano, aveva passato diversi giorni a fare test psicologici in passato, nell'anno passato in terapia, e anche oltre, era abituato a sentire parlare le persone con lui, chiedendogli cosa stesse pensando, cosa provasse. Aveva visto innumerevoli macchie, aveva disegnato alberi, immaginato percorsi, visto ciondoli ondeggianti, sentito voci calde, ascoltato musiche rilassanti... aveva vissuto tutto questo giorno dopo giorno, per un anno, per la vita... fin quasi alla disperazione.
    Sangue, budella, un valzer.
    Il tic solito si fece sentire sul viso, girandolo piano piano, mentre i valori delle fialette si assestavano, mentre gli elettrodi facevano quello per cui erano creati, entrare nella sua testa e scoprire cosa ci fosse al suo interno.
    Fissò le fialette davanti a lui, alzando la mano timidamente, tremante, richiamando l'attenzione del professore sulla sua situazione.
    «Prof...che...che cazzo succede?»
    La fialetta rossa era fissa sul massimo, cercando quasi di esplodere, le altre fialette beh...erano... Oscillanti. I valori schizzavano da un punto all'altro della scala graduata come se fossero impazziti, salendo da un punto all'altro a una velocità assurda, mentre lui stesso cercava di capire qualcosa di cosa stesse succedendo.


    Gregory Kane

    studente

    [x] scheda - starring: Cameron Monaghan
    code role © Akicch; - NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT
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    si è ha già più like di me, vedete una donna e impazzite tutti >.>
110 replies since 25/1/2016
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