Votes taken by TheFedIvan

  1. .

    PER TUTTI COLORO DELL'ATTUALE SECONDO ANNO CHE PARTECIPANO ALLA LEZIONE.


    La giustificazione alla scomparsa del vostro animale medicina è la seguente: la criptozoologia insegnata da Chandra è un'accezione occidentale ed in quanto tale presenta delle caratteristiche che la differenziano fortemente da quella che vi ritrovate adesso a giocare. Quella era una criptozoologia derivata da quella orientale ed originale ed in quanto derivazione da essa presenta delle impurità dovute alle sue trasformazioni. Queste sue trasformazioni hanno permesso quindi a tutti voi di entrare in contatto con un animale medicina terreno piuttosto che spirituale. La criptozoologia insegnata da Kaito è invece la sua accezione più alta ed eccelsa e per questo motivo il vostro animale medicina "occidentale" verrà soppiantato dalla forza istintuale di quello generato durante questo percorso.

    IHc6Cdv

    LARA
    Ti concentri su quel battito ritmico che senti in lontananza, come dei tamburi o qualcosa di meno a tempo che rimbombano lontani ed ovattati alla tua destra, quando nonappena percepisci una brezza leggera che ti muove piano i capelli riesci ad aprire gli occhi ritrovandoti finalmente nello Shangri-La. Lo spettacolo è mozzafiato. Come circondata da dello scoppiettante fuoco vedi intorno a te il rosso di foglie autunnali e se inspiri lentamente l'aria puoi anche quasi percepire l'odore di terra umida dovuto ad una pioggia finita da un po'. Appena alzi lo sguardo vedi una serie di alberi innalzarsi rapidamente verso il cielo e non puoi scorgerne l'estremità, ma puoi vedere le vivide foglie verdi ad un'altezza di una decina di metri. Le foglie, larghe e grosse, ti fanno piano ombra impedendoti di vedere bene il cielo.
    I piccoli bonsai che vedi ricrescere con loro corpo ricurvo invece, si trovano al fianco di un minuscolo rivolo d'acqua, come in miniatura, che sgocciola in lontananza mentre i suoni riecheggiano nella tua mente.

    NOAH
    L'ambiente ti ricorda il Nepal dove hai passato un po' della tua vita a conoscere te stesso. Il rosa delle nuvole è il primo elemento che noti ma quello che senti sotto i piedi è l'umido dell'acqua che ti fa barcollare, come se all'interno di quella pozza vi fosse una profondità inesplorata. Eppure, il tuo sguardo sembra essere attratto da ben altra roba, ovvero gli alti alberi dalle piccolissime foglie che ondeggiano in tremori rapidi e costanti. Intervallati fra loro da attimi di silenzio. Continui a camminare superando piano le pozzanghere da cui vedi uscire del lento vapore. Camminando senti scricchiolare lentamente più e più volte le foglie sotto i tuoi piedi smuovendo piano dei cumoli di terra raccolti in piccole piramidi smussate e poco appuntite. Procedi sentendo in lontananza un forte scrosciare d'acqua.
  2. .

    Super info di servizio: tutta la parte descritta nel mio post é ciò che vedrà ogni singolo studente nonappena entrato in aula. Tutti gli studenti, dopo la secchiata di liquido sul viso, si ritroveranno nella foresta descritta in off e dovranno descriverla come meglio preferiscono e da lì sarò io a guidarli.

    Per gli studendi del secondo anno, ovviamente il voto non può scendere ma può migliorare, scusate se era poco chiaro

    Siccome ho avuto notizia di gente che ha problemi oggi a postare estendo la scadenza di altre 24h e potranno entrare, se vorranno, in corso di gioco

  3. .
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    Kaiju no Chishiki sensei
    narrato - pensato - parlato

    Kaito mosse la testa, alzando piano lo sguardo scuro in direzione di una nuovla che sembrava avere assunto una forma particolare. Nefertiti saltò lentamente sulla cattedra della stanza completamente vuota miagolando in un lamento armonico che per Kaito era come una poesia in versi delle più delicate. Non c'era ancora nessuno, in quella stanza, ma di lì a poco sarebbero dovuti arrivare tutti. Nuovi studenti così come quelli già veterani, appartenti alla migliore delle scuole americane si approcciavano, da quel momento, al grande mistero della vita, delle creature e dell'ambiente che ci circonda. Magico, quasi etereo, sentiva il vento che spirava piano fra una tenda e l'altra in quella stanza vuota, facendo muovere piano le lunghe spighe argentate che gli sfioravano il corpo. Loro non l'avrebbero visto, avrebbero solo sentito la sua voce. Spesso il suo aspetto tendeva ad incutere sensazioni contrastanti, chi di beffa, chi di rispetto, chi di soggezione, non amava farsi vedere in quella sede, non voleva mostrarsi fin da subito perché sapeva che la naturalezza di quell'approccio al rituale doveva essere fondamentale, che dovessero abbandonarsi a loro stessi era la prima cosa, la seconda era che meno avrebbero ricevuto stimoli esterni, più sarebbe stato profondo ed importante per loro.
    Aveva parlato, pochi momenti, poche volte, con il suo precedente sostituto, aveva visto con quanta dedizione l'uomo s'era dedicato ai suoi studenti, conoscendone pregi e difetti, percorsi e direzioni, ma era il momento per tutti per fare un salto di qualità. Passare ad un livello di altezza e coesione col mondo che li circonda tale da apprendere la potenza della natura inesplorata che li circondava. Nefertiti fece un salto sul terreno dalla scrivania. Ed in un attimo nella stanza si spensero le luci.

    Che fossero entrati in gruppo o fossero entrati da soli, non avrebbe fatto differenza. Una volta messo piede nella coltre oscura della stanza, nessuno avrebbe ritorvato al suo fianco la persona con chi era arrivato. Nella stanza buia la prima cosa che avrebbero visto, sarebbe stata una piccola fiammella. Una fiammella rossa che, seguita da altre, procedeva in un'unica linea che indicava un percorso. Ad ogni passo al fianco delle luci, esse si spegneranno, lasciando in lontananza generarsi una serie di piccole fiammelle blu che, una dopo l'altra indicavano un cerchio. Erano fin troppo piccole per poter distinguere qualsiasi cosa ad una distanza maggiore di un paio di centimetri da essi, ma una volta spenta anche l'ultima fiammella rossa, quelle blu si sarebbero alzate in una enorme vampata, rivelando una figura alta e slanciata dai lunghissimi capelli bianchi. L'abito dalle fattezze tribali, sfrigolava nell'intreccio di foglie e paglia che lo costituiva, in decorazioni e pezzetti d'osso che, intrecciati fra loro, sembravano tintinnare al suono di una melodia tutta originale. Il suo volto era coperto una maschera nera, lucida, che gli copriva interamente il volto lasciando un leggero spazio appuntito per gli occhi. Una voce, ovattata e silenziosa sembrava coprirgli la voce e renderla ancora più grave di quanto già non fosse. Nonappena le luci si abbassarono, più o meno ad un metro dal terreno, un enorme calice di lucido osso si palesò davanti ad entrambi, circondato da un'evanescente felino che vi si strusciava intorno ma che non riusciva a muoverlo come se fosse fatto di pietra. La voce di Kaito si fece scura, abbassando piano lo sguardo sul calice. "Sono caos ed armonia che fanno ciò che siamo. In quanto esseri umani, tendiamo da secoli e secoli di annullare una parte di noi per lasciar predominare un'altra. Quel che abbiamo sopito in eterno deve essere risvegliato per dar luce ad una nuova essenza. Solo l'animale che è in te può permetteti di raggiungerla." Avrebbe poi mostrato il calice, prendendolo piano fra le mani prima di mostrarne il contenuto scuro dell'interno. Baluginii sembravano indicare candide ambientazioni e candidi panneggi, immagini che forse soltanto in pochi istanti potevano notarsi, ma che sembrano adesso illuminare la mente di chiunque guardi in quella coppa. "Questo è lo Shangri-La, un luogo da dove nessuno sembra uscirvi senza conoscere se stesso."
    Il gatto miagolò, mentre lo sciamano teneva stretto il calice adesso con la mano destra, mentre in un attimo si poteva sentire una litania ripetuta in una voce cantilentante e dissonante. Nessuno sembra parlare e nessuno può vedere le labbra dello sciamano muoversi sotto la maschera ma è chiaro che la voce rimbombi dall'interno di essa. In un attimo, la voce si fa sempre più alta in un urlo accompagnato dai capelli che lentamente si innalzando in una lenta onda. Una risata fragorosa, potente ed incontrastata.
    In una frazione di secondo. Sentirete il liquido contenuto nella coppa colpirvi il viso.
    Non è una bella sensazione.

    CODE BY THEFEDIVAN




    Ciao Criptocuccioli (scusate le riminiscenze di Chandra) e benvenuti alla prima lezione di Criptozoologia!
    Allora, qualche nota in off molto breve per cominciare la lezione.

    Un mood per affrontare al meglio la lezione lo trovate QUI oppure QUI

    Kaito ha dato le sue indicazioni sulla teoria e sul rituale, immettendovi in questo mondo a metà tra il sogno e la realtà. Il mondo in cui vi venite a trovare, questo Shangri-Là (X X X), è un universo di confine, ove coesistono contemporaneamente tutti gli habitat terrestri nello stesso momento, governato dall'armonia e dalla pace dei sensi, dove anzi l'odio, l'invidia, l'avarizia ecc sono bandite per condizione comune. Un Eden spirituale nel quale trovare il vostro io animale.
    Materialmente, il pg si ritrova di fronte ad un'immensa foresta, fatta di alberi che arrivano appena alle ginocchia quanto giganteschi tronchi che si perdono nel cielo. Potreste trovare pozzanghere profonde chilometri e chilometri, fiumi di acqua salata, radure ampissime fatte di pura steppa, colonne di roccia che salgono nel cielo fino a trasformarsi in una catena montuosa sottosopra.
    Ogni elemento è presente e assente al tempo stesso, ed esiste perchè esiste nella testa dei vostri pg, nella loro storia naturale, e il loro io lo ricrea nella realtà.

    Ai fini della lezione, è importante capire come il vostro personaggio si approccia al rituale, pertanto il vostro post di ingresso dovrà terminare nel momento in cui entrerete nella foresta e da lì in poi sarò io a guidarvi.

    Come avrete sicuramente capito, si parla di un'esperienza mistica, onirica, per così dire, pertanto le vostre skills, quelle che avete droppato e ottenuto nel corso della vostra carriera scolastica, potrebbero essere totalmente non necessarie così come inesistenti o essere riprodotte in maniera diversa dalla reminescenza della vostra testa. Questo per dire cosa? Semplicemente che si consiglia un approccio alla lezione più “di testa” che “di corpo”. Pensare di arrivare in fondo ad essa considerando di utilizzare in sequenza tutte le cinque azioni dal primo post in avanti, anche quando totalmente non necessarie, non è un approccio che consiglio: cercate di divertirvi a esplorare il vostro pg, visto che è il tema predominante.

    Sempre lampante è il fatto che la lezione e il masteraggio non saranno, in questo specifico caso, portati avanti con il classico metodo: ne verrà utilizzato uno diverso che troverà giustificazione alla fine della lezione stessa, insieme ai retroscena.

    Chi può partecipare quindi?
    Visto che il format della materia è totalmente diverso, possono partecipare sia coloro i quali si avvicinano alla criptozoologia per la prima volta, sia chi ha già frequentato il primo anno.
    Questi ultimi avranno il voto mantenuto uguale a quello della lezione passata, ma potranno sperimentare l'esperienza cambiando, possibilmente, il proprio animale medicina.
    Nota per tutti: In questa lezione, differentemente da prima, l'animale medicina non sarà scelto dall'utente nel senso tradizionale del termine. L'animale sarà droppato e assegnato a seconda delle vostre scelte, quindi sarete padroni della situazione, ma in maniera più inconsapevole. E' importante che gli utenti che hanno già frequentato cripto siano coscienti del fatto che il proprio animale ha alte probabilità di cambiare o modificarsi.

    Nulla più, divertitevi: SCADENZA PER ENTRARE DOMANI ALLE 00:00
  4. .
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    Maul Bergmann
    narrato - pensato - parlato - scheda

    "Bingo." Catturata. Sì, diciamolo chiaramente, Maul è proprio il tipo da ripetersi quelle frasette di soddisfacimento nella testa e sapeva, ne era certo, che la ragazza avrebbe reagito proprio in quel modo. Non si aspettava un tale slancio, ma il risultato finale fu proprio quello che si aspettava. Sorrise sornione, senza girarsi ancora, beandosi del tocco delicato di quella mano curata intorno al proprio polso. Poi si mosse, voltandosi di scatto per spostare la sua mano dal polso alla propria, tenendola in manira galante prima di poggiarvici le labbra sopra. Un bacio galante, sensuale, senza staccare gli occhi di dosso a quella bella ragazza alla quale rivolse un sorriso a metà fra il falso innamorato e l'adulatore. "Hai le mani un po' fredde." Aggiunse, quasi ignorando le sue parole, prima di scivolare con l'altra mano lungo il suo braccio per cingerle le spalle della ragazza per permetterle di poggiarsi contro il suo petto. Era certo che la ragazza fosse abbastanza ubriaca da non lamentarsi più di tanto di un qualsiasi contatto fisico ed in un movimento fluido la osservò sorridendo con malizia. Il suo sguardo, un po' assopito, un po' perso nel vuoto era l'espressione più innocentemente sensuale che si era mai ritrovato ad osservare e sorrise, carezzando con lo sguardo le sue labbra prima di accennare un passo verso l'uscita, staccandosi di nuovo da lei. Amava giocare a quella sorta di mordi e fuggi - anche se al morti in realtà ancora non ci era arrivato - e soprattutto non poteva essere più sicuro che con lui, fuori da quel posto, sarebbe stato sicuramente meglio. "Ti porto a fare una passeggiata. Hai niente da perdere?" Chiese in un sospiro, mantenendo rapido la distanza da lei nonostante le loro mani fossero ancora unite fra di loro. Si passò una mano fra i capelli, come a volersi sistemare per non sfigurare nei confronti della ragazza e sorrise, alzando le spalle un'ultima volta.

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  5. .


    CHANDRA XAVIER

    AUF DER HEYDE

    nam nisi clamabis,
    tacitum te obrepet fames

    teacher - pureblood - 45 y. o.

    voice - scheda


    narrato - parlato - pensato

    "Ah, niente droga? Peccato." Bofonchi in una innocente affermazione, nonostante in quel luogo ci sembra e ti sembra essere innocente. Non c'è nulla di innocente, quel momento, quel luogo, quella situazione, è tutto stracarico di un phatos e di una sentimentalità che non avevi percepito e che non sentivi da tempo. Sebbene gli uomini non facessi fatica ad apprezzarli, quest'oggi stai andando forse un po' oltre, no? Ma effettivamente a fare i froci col culo degli altri si divertono tutti e tu, diciamolo chiaramente, non sei da meno. Quando bevi risvegli una parte della tua essenza che pensavi di aver sopito, quel dolore recondito di quell'anello che ti stringe violentemente l'anulare anche se non lo porti da anni. Quella consapevolezza che nessuno può colmare quel vuoto che hai e che si sta ampliando sempre di più con quella violenta distanza che Orchidea ti impone.
    Lo guardi negli occhi, consapevole d'aver visto i veri maghi in vita tua e che quel pargoletto che sa ancora di latte non è nemmeno l'ombra di quello che crede di essere e ti chiedi anche quanto il tuo capo, al MACUSA, adorerebbe sentirsi raccontare tutte le magie i un locale per no-mag. Scuoti la testa, imprecando in quel tedesco che sai bene ti emerge soltanto quando hai alzato un po' il gomito e osservi il nuovo bicchiere pieno di liquore prima di sorseggiarlo. "La magia non esiste." Ti diverti a rimbeccarlo, osservando con quanta disaccuratezza il ragazzo sembra essere deciso a svelare ad un perfetto sconosciuto tutte le conoscenze tenute in segreto da anni e per i quali sono morti milioni di persone per che cosa? Per due bottoni di camicia fuori dalle loro asole?
    Sorridi, Chandra, mostrati disinvolto. Ti scappa un occhiolino, ma probabilmente è una delle tue tecniche principali per catturare la tua preda.

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  6. .
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    Victor Kassim Ledrec De Lafevre - Slytherin - III year
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    Niente, nessuna risposta che mi avrebbe permesso di ottenere ciò che volevo. Di nuovo, oltretutto. Scossi piano la testa, guardando negli occhi la ragazza prima di sospirare pesantemente. Come potevo essere così infastidito, ritrovandomi quegli occhi innocenti a guardarmi, ancora me lo chiedo, eppure in quel momento l'unico mio pensiero era solo ed esclusivamente dettato dal posto, occupato dal grazioso ed esile corpo della ragazzina.
    Strinsi con forza i pugni, mordendomi le labbra a forza prima di scuotere violentemente la testa e fare un passo indietro, come se mi trattenessi dal cadere per colpa di uno schiaffo o mi allontanassi com'era mio solito da ogni contatto fisico. Il mio fiato si fece pesante, la mia testa sembrava vorticare, all'interno della mia mente un connubio di voci violente ed incostanti, dissonanti, sembravano urlare contro di me e le mie mani tremaono. Da fuori, nulla poteva vedersi se non la mia testa voltata di lato. "Quello è il mio posto." Ripetei, prima di guardarla ancora ed ancora. Mi chiesi più volte cosa fosse che non andava in me, perché quello che desideravo non era mai come volevo, perché quando cercavo approcci ricevevo soltanto urla ed occhiatacce e quando quegli approcci e quei contatit non li volevo mi toccava tentare di convincere una ragazzina a togliersi dalla mia sedia. "Quello è il mio posto." Ripetei una seconda volta, ancora non so bene se per me stesso o per farlo capire alla ragazza.
    Perché sì, ero fermamente convinto che quella fosse la mia sedia, ed il mio corpo iniziava quasi a sentire la mancanza di quella sedia, dell'angolazione perfetta con la quale la luce toccava il mio libro che doveva essere aperto a pagina ventisette sul mio tavolo. Perché non scappava via, spaventata al pensiero che avrei potuto uccidere anche lei, perché non mi permetteva di rimanere nella costante accettazione del fatto che forse, per davvero, io non facevo per la gente? "Quello è il mio posto."
    Poi però, abbassai lo sguardo. Respirando lentamente ed ansante come se avessi corso la maratona o spostato intere pile di libri a mani nude dalla torre più alta al sotterraneo più profondo. Quasi rinvenni, allentando la tensione di tutto il corpo, prima di sospirare lentamente e guardarla. In quell'istante, ma forse solo in quell'istante, nella mia mente rimbombò la frase della ragazza, cristallina, candida e diretta. "Accanto a te? Non hai paura che io possa farti del male?"

    CODE BY thefedivan

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    Maul Bergmann
    narrato - pensato - parlato - scheda

    "Le gira la testa." Sentenziò nella propria mente mentre osservava le labbra carnose della ragazza, accompagnate da un bel rossetto, poggiarsi e saggiare l'alcool all'interno di quel bicchiere. Riusciva a capire perfettamente ogni espressione e sicuramente quella non era l'espressione di chi è veramente lucido. Per quello, ed una serie di altri motivi che non sto qui ad elencarvi, la prima cosa che l'uomo fece fu mandar giù in un unico sorso il whiskey che aveva nel bicchiere.
    Con la stessa testa si ragiona meglio, dopotutto, ed era sicuro che un po' di alcool in corpo fosse il carburante giusto per andare avanti e non vederla scappar via portata come sacco di patate dal palestrato di turno pronto a violarla nella sua innocenza vestita da donna matura ed elegante. "E' un bel nome, non dovresti disprezzarlo, Ariel. Ha tanti di quei significati che potresti addirittura vantartene." Annuì, con lo sguardo di uno che sembrava saperla lunga, ma si soffermò socchiudendo piano gli occhi ad osservare il bel viso della ragazza, contratto in un'espressione di puro astio nonappena venne introdotto il discorso "genitori". Non voleva che si rabbuiasse, quindi il primo gesto che gli venne di compiere fu allungare una mano verso di lei e sfiorare la sua. Rimanendo immobile per qualche attimo con le dita calde su quelle della sua mano prima di sorridere. "Non vai d'accordo coi tuoi genitori, è per questo che ti stai distruggendo?" Un sussurro, flebile e lieve, a pochi centimetri dal suo viso. Quella distanza che li separava era bastevole da poter notare la curva degli occhi ed il suo colore intenso, ma non abbastanza da poterla sentire chiaramente repirare. L'aria intorno a lei, però, sapeva di alcool. "Qualunque cosa tu possa fare, fidati che per loro sei un bel regalo. Lo sei per me che ti conosco da tre minuti, immaginarsi per loro che ti hanno messo al mondo."
    Parlava lui, che anche se avesse avuto come discendente la peggiore delle assassine l'avrebbe perdonata ed amata come il dono di Dio qual era. Ma non poteva stare ancora lì a fare sermoni e paternali, non c'era molto tempo per fare i sentimentali quando avevi davati una così bella sventola. I suoi gesti sfacciati e svogliati erano quelli di una ragazza che non aveva mai ricevuto un no in vita sua, di una ragazza che non aveva mai avuto bisogno nemmeno di battere i piedi per ottenere ciò che voleva perché la vita era costantemente ai suoi piedi, tutti sudditi di quella meraviglia di Dio che adesso indossava un succinto abito, dei tacchi a spillo e fumava sensuale e sessuale una sigaretta come se il fumo le passasse attraverso senza ammalarla. "Nonostante la puzza di tabacco, sai come far distrarre." Aggiunse poco dopo, allontanandosi di scatto, quasi improvvisamente disinteressato, sia nello sguardo, che rivolse al barista, sia nella mano che con calma ed eloquenza poggiò sul tavolo. L'altra giunse rapida al portafogli, che aprì rapido per poggiare delle banconote sul tavolo.
    Senza dir nulla si alzò dallo sgabello e si fece da parte.

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  8. .
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    Victor si era ammalato. Victor si era ammalato e lei non poteva farci assolutamente niente. L'avevano detto e ridetto e ridetto ancora quei medici balordi che avevano fatto in modo di convincerla, con parole non parole che quello che funzionava nella testa del fratello era solo opera sua, "il suo cervello va troppo veloce e tu non puoi farci niente" dicevano. "Prova a conviverci", rispondeva lei..
    Probabilmente era vero. Tutti i geni ad un certo punto impazziscono. Eppure nonostante ciò Pauline si sentiva ancora in colpa. Perché tutto quel conseguire di errori su errori, di liti, di urla, di violenza, quel crescendo delle crisi del fratello erano nate tutte, volente o nolente, per colpa sua. Perché lei aveva fatto andare Victor a scuola, lei aveva preferito l'amore di Mael al salvare il fratello, lei aveva acconsentito a farlo chiudere in quel centro no-mag in Germania ed era sempre stata lei stessa la tutrice del fratello mentre lo spostavano nel centro per maghi. Ed adesso era lei che doveva cercarlo, trovarlo.
    Ma non poteva farcela da sola. Non ce l'aveva mai fatta da sola e sicuramente non ce l'avrebbe mai fatta nemmeno quella volta. Sebbene Pauline Ledrec fosse, a detta di tutti, una ragazza studiosa e diligente, quella volta che s'era trasferita a Londra per studiare, non si era mai iscritta. Espering Naturale, diceva, che bella facoltà!, vuoi essere un viaggiatore?, tutti le chiedevano dettagli sul proprio futuro, quando lei, l'unica cosa che voleva fare, era prendere le distanze. E anche adesso, che Victor era sparito dalla sua stanza, la prima ad essere stata telefonata era lei, non la madre, non il padre.
    Era suo compito.
    Anzi, era loro compito.
    Eppure, quando lei giocava il ruolo della protagonista, poteva prendersi tutte le pause che voleva, eseguire corsi privati di magia, rimanere bellamente alla Magic University of London. "Si farà sentire, fidati di me." diceva a sé stessa, o a Pauline, o non si capisce bene a chi altro ci fosse nella sua testa, consapevole di avere un piano che la stessa ex serpeverde non riusciva a contemplare. Un inconscio più forte che, semplicemente, le rendeva il lavoro più facile da eseguire. Però, all'uscita di quella settimana di corsi, quello che sentì fu l'ultima delle voci che voleva sentire.
    Michael.
    Il suo migliore amico.
    Benché si fosse prefissata più e più volte di non contattare nessuno, quella voce quasi la rasserenò, la fece sentire meravigliosamente bene ed emozionata. Sentimenti che soppresse in un attimo prima di girarsi verso di lui. "Chi sei?" Perché Genevieve si preoccupava di fare quel gioco? Quella recita stupida che faceva soltanto perdere tempo a chiunque, in quella zona. Eppure, lei giocava. Come una bambina, si divertiva a seguire una trama tutta sua, nella sua mente, mentre Pauline assisteva e tremava, le mani che vistosamente venivano infilate nelle tasche del cappottino color crema per non notare i tremiti. Era un vizio del Ledrec non farsi aiutare.
  9. .
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    Maul Bergmann
    narrato - pensato - parlato - scheda

    Era stato più facile del previsto. Sorrise compiaciuto, mentre osservava il bel viso della ragazza, tondo ed arrogante, di qualcuno che sa assolutamente il fatto suo. E con quel viso accopagnato da un corpo del genere, bisogna ammettere che nessuno può aspettarsi altro. La sua interlocutrice e compagna di bevute aveva adocchiato quanti ragazzetti avrebbe potuto spennare con un solo movimento di una coscia eppure si era soffermata sulla sua voce e a lui stesso s'era rivolta. Bergmann sorrise, mordendosi anche lui il labbro prima di inclinare la testa ed inarcare le sopracciglia in un sorriso che pendeva da un lato. S'accese una sigaretta e lui non poté far altro che allungare una mano verso il gruppo di ragazzetti, tronfio d'esser riuscito a cogliere l'esca della ragazza prima di loro, per sottrarne il portacenere dorato con perfili neri e porgerlo alla ragazza con la galanteria matura che ben sapeva dimostrare. "Maul." Rispose, sedendosi prima di poggiare oltre il bancone il bicchiere di quel drink pezzente che aveva sorseggiato fino a quel momento. Gli era stancato fare il ragazzino nonappena aveva visto versare fin troppo sciroppo all'interno di quel bicchiere, a maggior ragione adesso che poteva condividere lenti sorsi al fianco di qualcuno. "Ariel " ripetè, in un sussurro, prima di voltarsi verso il barista ed indicare una bottiglia di whisky ancora sigillata. "Dono di Dio." aggiunse, in un sussurro prima di stringere lentamente il largo e tozzo bicchiere di vetro che il barista gli aveva poggiato sul tavolo. Sembrò per un attimo perdersi in quella che per lui non era altro che una preghiera mentale. Sospirò lentamente, prima di rinsavire ed alzò lo sguardo, rimanendo per un attimo ad osservare i fili ingarbugliati che seguivano il bordo dello stipite e del tetto. "Mi porta la noia." Risposta banale, ma piuttosto realistica. "Anche se in pochi attimi è diventato tutto molto più interessante. E tu? Una così bella ragazza, in un luogo così poco piacevole. Per quanto tu sia in grado di rendere apprezzabile una bettola del genere, non mi sembra un luogo molto adeguato."
    In fondo, Maul, era pur sempre un padre. Era naturale, in lui, la preoccupazione per l'incolumità di qualcuno più giovane. Soprattutto se si trattava di una bella ragazza, così stranamente forte ma indifesa come lei. "Però, lo rendi profumato." Aggiunse, alla fine, inspirando profondamente.

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    Maul Bergmann
    narrato - pensato - parlato - scheda

    La vita mondana. Erano anni che non liberava la sua vista, il suo respiro, il suo gusto da quella vita mondana che aveva imparato ad apprezzare. E sebbene si fosse premurato di concentrare le proprie attenzioni su ben altre faccende, per una sera un bicchiere di Whiskey in un locale ci stava. Da quando aveva abbandonato il lavoro di profiler per seguire James Manson, non aveva pensato mai di ritornare a fare il no-mag.
    E quella sera, faceva il no-mag nel Bronx, in uno di quei locali puzzolenti che tanto gli permettevano di studiare l'uomo, la mente umana, di come chiunque in quella stanza avesse deciso di abbandonare una via superiore per darsi ai piaceri temporanei dell'alcool. Sperava in qualche modo che la vita al fianco di Manson potesse aiutare a redimerlo, ad abbandonare la riminiscenza del cadavere intriso di sangue della figlia, stretto nel letto in un ultimo addio. In quell'anno, la figlia avrebbe compiuto addirittura ventiquattro anni. Com'era breve il tempo, come scivolava via fra le mani impalpabile, il tempo. Seduto su un alto sgabello al bancone beveva un drink mal fatto che però sapeva di fresco e si riguardava intorno. Poco dopo la vide. Una bella ragazza, indubbiaente ubriaca.
    Non che fosse un predatore di donne, per carità, ma sicuramente non poteva lasciare che qualche nerboruto uomo la prendesse. Le si avvicinò, nonostante fosse sicuro che la sua richiesta di un drink offerto fosse rivolta al gruppo lì di fianco. Ragazzi giovani, aitanti. Però sorrise. "Cosa offro a quest'opera d'arte?"

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    Maul Bergmann
    narrato - pensato - parlato - scheda

    Nonappena la vede voltarsi e trasalire, nota quelle sue doti da diva che sembravano essere incomprese. Quel trasalire quasi regale, che la rendeva consapevole di ciò che stava facendo, della trappola nella quale poteva far cadere ogni uomo semplicemente sorridendo, placida mantide religiosa.
    Sorrise, facendo un passo avanti prima di far tinnare fra loro i bicchieri ed avvicinarsi a lei, mantenendo distaccata la distanza fra i due con uno sguardo perso nel voto dei suoi occhi. Un vuoto regale, quasi controllato. Alle prime scuse, il suo corpo tutto in tensione allentò la presa, permettendogli di sorridere in un rimando delicato prima di scuotere la testa. "Non tutti gli uomini sono fatti per giocare. Speravo almeno che la presenza di Cailleach potesse compensare abbastanza l'assenza di una quota femminile nel nostro gruppo da non farla scappare via." mormorò, quasi deluso, come se lui fosse dispiaciuto per tutti gli altri nel non essere riusciti ai coinvolgere la bella donna dai capelli castani. "A volte sanno essere un po' settoriali, loro. Fanno gruppo e solite cose da uomini, insomma." Rise, affiancandosi infine a lei, prima di porgerle uno dei due calici ancora vuoti. Poco dopo, alle parole della donna, si ritrovò a sorridere ed inclinare la testa, sfiorando placidamente con la mente anche solo l'idea di sguinsagliare l'ennesima frase da rimorchio che provava allo specchio la sera prima di andare a dormire, ma non proferì parola, per limitarsi a guardarla ancora, dritto negli occhi. "Non sono un tipo molto competitivo. Le carte fanno nascere nell'uomo una competitività che non mi si addice. Sono più bravo a versare vino."

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    Victor Kassim Ledrec De Lafevre - Slytherin - III year
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    Erano pochi i giorni dai quali avevo messo piede dentro Hogwarts. Pauline era stata molto convincente, aveva studiato ogni minima parola del discorso che aveva fatto a mia madre e mio padre - ed io la riconosco quando recita, eccome se la riconosco - su quanto fossi cresciuto e quanto fossi stato pronto adesso ad affrontare il mondo. Il mondo che i miei genitori mi avevano precluso per un terrore di qualcosa che non si sa ancora bene cosa.
    Pauline era stata convincente soprattutto perché glielo avevo detto. Le avevo detto che non ce la facevo più a stare lì, che quella solitudine mi stava uccidendo e che qualcosa dovevo farla, dovevo almeno provare ad andare a vivere in mezzo alla gente. Perché sì. Io sono uno di quelli. Uno di quelli che in mezzo alla gente non ci può stare.
    La gente è pericolosa.
    La gente ti fa del male.
    La gente può non capirmi.
    Peccato che nessuno, tranne Pauline, aveva mai avuto intenzione di farmi comprendere che sì, la gente lì fuori era pericolosa, ma io avevo le potenzialità per sconfiggerla. Misi piede ad Hogwarts per la prima volta alla fine di quello che sarebbe stato, se fossi stato una persona adatta a stare con la gente, il mio terzo anno di studi. Poco male, dato che le mie conoscenze erano abbastanza adeguate da potermi sentire dire di aver superato tutti nel giro di una settimana.
    E penso sia stato proprio questo, a scatenare i livori e gli imbarazzi della gente perché chissà che strano, non si capisce perché ma tutto quello che accadde dopo quella prima settimana grandiosa di Maggio, fu un'escalation di rumors e voci di corridoio sul mio conto.
    Hogwarts era talmente tanto noiosa da prendersela col nuovo arrivato? Non bastava soddisfare la sete della loro inutilità in atti di nonnismo verso i primini?
    Probabilmente sì.
    Ma di cosa aveva fatto Victor Ledrec prima di mettere piede ad Hogwarts erano tutti a conoscenza (e vi dico un segreto: erano tutte balle).
    La prima, quella più banale, fu che non venni ammesso in una scuola per maghi ricconi. Quelle private, con tutti i lussi, perché non ero abbastanza intelligente. La seconda, era, sentite sentite, perché avevo spiato di nascosto le ragazze in bagno. La terza, e lì possiamo iniziare a premiare quei geni che l'inventarono, fu che mi espulsero da scuola, non si sa quale, ovviamente, perché chiaramente che tutti i Ledrec siano andati ad Hogwarts dalla storia dei tempi è una cosa che non sa nessuno (non guardatele mai le bacheche dei vincitori di quidditch, c'è sempre il nome di mio fratello e di mio padre prima di lui).
    L'ultima, la più fantasiosa. E' che venni espulso dalla scuola, sì, ma per aver appiccato un incendio che provocò anche la morte di un insegnante. "Piromane ed assassino, cosa vuoi di più dalla vita." Scossi la testa mentre mi dirigevo in biblioteca, unico luogo sicuro.
    Quegli idioti non avrebbero mai cercato di entrare in un luogo con tanta cultura, come acquasanta su un demone li avrebbe sciolti all'istante. Ma la biblioteca, in quel tavolo, l'unico all'angolo fra due finestre, a quell'ora, era già occupato. Strinsi le mani e le rigirai in senso antiorario. Lentamente ma meccanicamente. "E' il mio posto." pensai fra mé mentre mi avvicinavo. "Scusa. Quello è il mio posto." mormorai poco dopo, nella speranza di poter giocare sul fattore terrore per fare allontanare quella ragazzina da lì. Magari aveva sentito delle mie dicerie. Magari si sarebbe alzata di corsa e se ne sarebbe andata. Così avrei avuto il mio posto.

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    teoricamente continua da qui


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    Maul Bergmann
    narrato - pensato - parlato - scheda

    Maul aveva assistito in disparte, quel rituale dalle mille sfaccettature che aveva visto prendere vita in quella sala elegante del Maniero della giovane donna. L'unica donna oltre la biondina che sì, avevano tutti adocchiato con un'espressione abbastanza compiaciuta.

    «Buonasera, Maul, non prende da bere? Dopotutto stiamo festeggiando»

    Nella sua mente ancora riecheggiava quella voce un po' stanca, un po' indispettita ed estremamente indisponente della donna che li aveva tutti accolti in casa sua, e sebbene in quel momento il turno era di quello spocchioso tipo biondo in giacca e cravatta (sì, sapeva bene come si chiamasse, l'Alchimista) e quello fosse l'ennesimo momento in cui tutti si tagliavano la mano per riversare sangue nella coppa dorata estremamente retrò, il giovane americano non poteva fare a meno che puntare lo sguardo verso la donna che, austera, osservava tutti come se sotto i suoi piedi non vi fossero dei tacchi, ma un piedistallo di un centinaio di centimetri. Quando fu il suo turno, si limitò ad abbassare lo sguardo per concentrarsi sul taglio della lama e sulla ferita che si stava infliggendo, liberando delle stille di sangue nero pece che si apprestò a sedare per evitare di macchiare la camicia che indossava. Bello, scenografico, tutto il resto che accadde, dato che da un guscio d'onice fuoriuscì una pietra rossa, bella, brillante, accesa. Quasi pulsante.
    Incastonata in una bella cornice di puro argento sarebbe stato un gioiello inestimabile, se non fosse stata una pietra legata a Dio. Sì, perché per lui tutti quei nomi non avevano molto senso. Dio, Tharizdun, Pelor. A lui non importava il nome. Era sempre e comunque un'unica identità. Quando nessuno lo vide si preoccupò di farsi un rapido segno della croce prima di fare un passo indietro e liberarsi da quella austerità che la situazione imponeva. Gli altri sarebbero andati a giocare a carte, ma lui aveva un altro gioco da vincere. La vide, girare i tacchi ed allontanarsi rapidamente, quasi senza salutare nessun presente e lui, con espressione di falso risentimento, decise di seguirla.
    Ma non da solo. Prima di allontanarsi dalla sala principale, aveva allungato una mano verso due alti calici con la base dorata e con l'altra aveva aggrappato una delle bottiglie già abbandonate nei tavoli. "Persephone. Se ne va senza nemmeno salutare?"

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    Se vuoi possiamo fare che tu apri gli adults ed io apro le rimpatriate, se è l'apertura il problema ("è sempre l'apertura il problema" cit. Maul)
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    Victor Kassim Ledrec De Lafevre - Slytherin - IV year
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    Ho sentito dire che i veri maghi non fanno le magie con le carte.
    L'ho sentito dire da qualcuno più grande di me, uno pretenzioso ed insopportabile che avrei avuto tanta voglia di prendere a colpi.
    L'unica cosa che mi aspettavo, da piccolo, quando mi era stato detto che eravamo dei maghi, era riuscire a fare le magie con le carte senza alcun esercizio.
    Insomma, siamo maghi per genetica, qualcosa di innato dobbiamo averlo.
    Però, piuttosto, avevamo le scope. Le scope che volavano erano sempre state la mia passione, l'unica cosa che mi faceva distrarre da quei continui mormorii e fastidi che riecheggiavano nella mia mente, da quegli schiocchi di labbra che potevo sentire anche a distanza di chilometri, da quelle mani passate con presunta amore fra i capelli. L'unica cosa era la brezza che provocava una velocità inatesa. Una rapidità che nemmeno il più veloce dei corridori può avere.
    Era il crepuscolo, il sole stava salendo alto, ma estremamente lento e tutto intorno a me sapeva di freddo ed umido. E sarà che nessuno faceva caso a me, o che forse facevano caso a quello che facevo ma non gli davano troppo conto, ma non ebbi alcuna difficoltà nell'uscire dal mio dormitorio con una scopa fra le mani. L'aria vibrava intorno a me, come a voler abradere con essa stessa la mia pelle, tremando in lontananza tanto da poter sentire quasi ogni particella scivolarmi addosso. Libero, ma non veramente libero d'esserlo.
    Non sentivo mai nulla dentro di me che facesse più male, che mi facesse stringere così forte il manico della scopa volante fino a farmi sbiancare le nocche che non fosse quella sensazione. Una sensazione che non so e non sapevo descrivere. Una sensazione che da nessuno dall'esterno comprende per davvero.
    Ossessione, disillusione.
    E quasi mi dava più fastidio di essere consapevole della mia magia, ma non poterla usare nelle carte. Quelli sono trucchetti da babbani. Alla fine, sembra essere tutta un'illusione. Un'enorme, violenta, illusione.
    E cosa fare se non vivere di illusioni? Mentre voli nel cielo fra le fronde alte della foresta proibitae ritorni verso l'alto. Tutti dormono, nessuno fa la guardia così lontano. Sarei potuto fuggire e nessuno se ne sarebbe accorto se non alla luce del sole, vedendo il mio letto vuoto.

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