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.victor ledrec23 y.oxx.xx.xxxxSorrido, notando come il desiderio di non essere giudicati fosse la fonte primaria del nostro legame. Legame che, per me, non era altro che un'indissolubile grazia dal cielo di cui ancora non avevo ben compreso l'entità. Allungo una mano verso la finestrella, aprendola per permetterle di fumare in pace dentro quella stanzetta e pensai più volte a come poter procedere a rendermi non uno psicotico ma amichevole. Rifuggivano tutti da me, quindi non potevo fare altro che limitarmi a cogliere il bello delle situazioni imprevedibili. Sorrisi placidamente, ritrovandomi con dolce innocenza a non aspettarmi un'accoglienza di questo genere e mentre con rapidità procedevo nella gestione del latte nel bollitore.
Mi ripetevo continuamente di stare calmo, che non avevo nulla di cui preoccuparmi, che stava andando tutto bene. Tutte quelle cose che fino a un giorno prima... no, anzi... qualche ora prima avevo snobbato - orgoglioso - davanti la dottoressa, adesso erano un mantra nella mia mente che non mi concedeva di tenere lo sguardo alto verso di lei.
"Sicuramente quelli che stanno qui se non sono sotto medicinali non sono stabili" ridacchiai, cercando di ricordare se qualcuna delle medicine che prendevo facesse reazione con il latte caldo coi biscotti. Sospirai, ascoltando le sue parole senza avere, come al solito, il coraggio di guardarla negli occhi. Carezzo l'idea di raccontarle la mia vita per un solo istante, ritornando poi a cercare le tazze da riempire con il latte tiepido che si trovava all'interno dell'apparecchio. Mi mordicchiai quindi le labbra, cercando di mantenere la calma e sorrisi, sospirando: "Insomma, disturbo ossessivo compulsivo, ed altri paroloni scientifici che non sto qui a spiegarti perché altrimenti scappi via. Ma sono in cura, giuro. Più che altro perché se non mi mettevo in cura l'ospedale non poteva pagarmi gli studi. Sono intelligente, anche se non sembra" aggiungo, quindi, alla fine, porgendole la tazza di latte.hey ho sono una bellissima quote
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.Orchidea CalarisBlutbaden ♢ Orfana ♢ Studente ♢ 24
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.Chandra Xavier
Auf Der Heyde
30
single
teacher -
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.victor ledrec23 y.oxx.xx.xxxxA lei piaceva fumare, a me piaceva fumare. Per quanto mi riguarda eravamo già sposati. Scossi la testa col desiderio di schioccare le dita e materializzare una fottuta sigaretta da porgerle inginocchiandomi come se fosse un anello a sugellare il nostro amore eterno, ma evitai di sfoggiare i miei trucchetti da prestigiatore almeno per quel momento.
Dato che, tra l'altro, non è che fossi realmente molto in grado di gestire la situazione con raziocinio, l'idea di trovarmi solo con quella ragazza per poco più di venti secondi mi portava a desiderare ancora ed ancora di elencarle tutta la lista, che avevo accuratamente imparato a memoria, dei problemi che avevo per farla scappare alla velocità della luce prima che per lei fosse troppo tardi. Lo stesso raziocinio, forse, mi impedì di farlo - o forse qualche altra parte del corpo in disuso da troppo tempo. "Per le sigarette forse non posso aiutarti" perché, effettivamente, non le avevo e non potevo realmente materializzarle "però il latte ed il bollitore so dove sono e posso prepararli, se... se ti va"
Ma certo che le va, cretino. Te l'ha chiesto lei.
Per un secondo ascoltai le sue parole con effettiva distrazione, pensavo rapidamente a dove fossero collocate le cose che ci servivano: il bollitore nello stipetto a destra, il latte nell'anta del frigo. Insomma, tutte cose che non dovevano essere così difficili da ricordare, ma che in quel momento mi sembravano macigni insopportabili, ricordi confusi, memorie contorte. In quel momento, poi, tra l'altro, l'unico pensiero che mi venne alla mente fu il motivo per il quale quella ragazza era lì. Poi, bastarono quelle due parole genitore e single che mi portarono alla mente tutta una serie di ricordi legati al gruppo precedente al mio, nel quale ricordavo perfettamente signore di varia età e foto di bambini appese nella stanza. In un attimo, un brivido mi percorse la schiena.
Bambini.
Non che non mi piacessero, ma già mi facevano paura gli adulti, immaginarsi i bambini che non erano controllabili in alcun modo.
"Ah, no tranquilla, ti capisco." potevo capirla? Forse era solo una frase di circostanza. "Abbiamo la stessa età e qualunque sia il motivo per cui sei qui non mi importa" mi fermai, pensandoci un po', riflettendo su quello che avevo detto seguendo il percorso cognitivo di approccio con la gente che stavo apprendendo durante gli incontri. "Cioè, non è che non mi importa, mi importa ma non mi fa differenza, ci siamo capiti, no?"
Victor Ledrec che si imbarazza. Se mi avesse visto mio fratello mi avrebbe fatto una pernacchia e si sarebbe messo a ridere come una iena. Fatto sta che per alleviare quella conversazione fin troppo imbarazzante, col desiderio di cercare nei meandri della mia memoria un modo carino per chiederle se aveva un bambino vero e se era disposta a sposarmi senza sembrare un maniaco psicotico ed essere mandato al gruppo d'incontro del venerdì alle otto, quello che mi venne facilissimo fare fu spostare la conversazione su di me: "io sono un po' mentalmente instabile" scossi la testa "e molto ironico." aggiunsi poco dopo.
Mi mossi senza pensarci troppo, concedendomi l'attimo di incertezza nel prenderle il polso per portarmela appresso verso il cucinino di quella stanza. Poco dopo, la stavo già stringendo forse troppo forte.hey ho sono una bellissima quote -
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Non mi deludere -
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.victor ledrec23 y.oxx.xx.xxxxLa guardo e colgo nella sua espressione - oltre che un volto estremamente carino, cosa che fino ad ora mi era sembrata veramente difficile da notare in qualsiasi essere umano del gentil sesso, che ad avere a che fare con la Romanoff non definiresti nemmeno gentile - un senso di ricerca. Mi soffermo a guardare degli occhi stanchi che sembrano cercare qualcosa, forse un volto noto, forse un messaggio affisso al muro, nulla che potesse avere niente a che fare con me, che non l'avevo mai notata se non in quel momento.
Non mi soffermo sulle battute sulla malattia mentale, cosa che mi caratterizza da tempo, dato che fra Asperger, Disturbo Ossessivo Compulsivo ed altri grossi paroloni di cui tutti hanno paura non so più come definirmi e forse, forse, non voglio. Non voglio, per la prima volta, erigere un muro fra me ed il mio interlocutore ponendo i mattoni costituiti dalle malattie come divisore.
Santo cielo, inizio a parlare per metafore edilizie come la dottoressa. Sto diventando grave, forse dovrei iniziare ad impegnarmi a guarire, se rischio di frequentarla ancora un po' sono guai. Mi lamento di non guarire e allo stesso tempo vorrei farlo. Ma esattamente, cosa ho nel cervello?
Effettivamente, effettivamente, effettivamente, se lo sapessi non starei qui.
"Sono qui da troppo" aggiungo con una risatina veramente imbarazzata ed imbarazzante, volgendo lo sguardo e gli occhi addolciti verso la torta che vedo posarsi attentamente sul tavolo.
E' asimmetrica rispetto ai piatti e ai bicchieri.
Tendo a guardare la ragazza per non accorgermene, per forzarmi a far sopravvalere la normalità alle mie ossessioni. "Io faccio schifo al the, invece" aggiungo, prima di voltarmi di scatto, come un automa incapace di gestirmi, con le dita che tremano sposto i bicchieri, le posate, i piatti. Tutto simmetrico, tutto sistemato. Rigiro più volte le posate, prima da un lato, poi dall'altro. Prima da un lato, poi dall'altro.
Poi la torta. Era sé stessa asimmetrica, ma la ruotai in modo tale che l'asimmetria fosse meno visibile "Adesso va meglio" aggiunsi, voltandomi verso di lei, come in colpa per il mio agire. "per questo non prendo il the, ma solo latte caldo."hey ho sono una bellissima quote -
.Orchidea CalarisBlutbaden ♢ Orfana ♢ Studente ♢ 24
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.victor ledrec23 y.oxx.xx.xxxxSul come ed il perché mi sia riuscito a far convincere da Jordana Romanoff ad iscrivermi a questi gruppi di sostegno è meglio stendere un velo pietoso. A quanto pare era palese per ogni donna con cui avevo avuto a che fare nella mia intera vita che sono una persona facile da convincere, cosa che non si direbbe dati i miei evidenti problemi di ogni natura. Non è facile rendersi conto di essere sull'orlo del baratro quando non ci sei dentro, e sapere che quegli incontri forse, in qualche modo, mi avrebbero fatto ricordare chi sono, da dove vengo e quali sono le mie priorità forse mi dava quel briciolo di interesse in più per andarci.
Ma che cazzo dico, ci andavo semplicemente perché avevo bisogno di un certificato per rimanere a dormire in quelle case per giovani disagiati. Non partecipando a nessun gruppo di sostegno o azione umanitaria o volontariato o qualsiasi cosa facciano le persone per lavare il loro senso di colpa nel masturbarsi sulle vecchiette su youporn, non avrei avuto nemmeno una casa dove stare.
Anche se comunque quel luogo mi faceva schifo, e quando ti addormenti sperando di non svegliarti e ti svegli felice di non essere stato derubato delle quattro stronzate che ti rimangono speri sempre che dal cielo ti piova la manna e magari qualche bigliettone da 500,
Lasciavo ticchettare la penna sul bordo del tavolino mentre Camille si prodigava nel raccontare come ed in che modo quella settimana era riuscita a camminare con i calzini spaiati senza scoppiare a piangere, sentendo il desiderio di morire proprio in quell'istante, con gli occhi persi nel vuoto oltre l'assistente sociale fin troppo entusiasta di sentirci parlare delle nostre malattie mentali. Condivisione, anche con sé stessi.
Dovendo scrivere il corso dei miei pensieri sul quaderno con ben stampato sulla copertina il simboletto dell'associazione mi rendevo conto di quanto fosse facile sviare le domande facendo finta di scrivere qualcosa sul quaderno.
Riflettevo, però, che avrei dovuto trovarmi un posto in cui vivere la mia singolarità - perché no, non la chiamavano malattia, ma singolarità, come se fosse un pregio - in pace senza che nessuno mi chiedesse di condividere come ed in che modo ho affrontato il mio desiderio di prendere a botte il fornaio che non aveva messo dieci olive nel mio pane con le olive, ma soltanto nove.
Poi, effettivamente, quella cosa della serata dal reparto di psichiatria mi faceva venire il nervoso. Perché dovevamo partecipare ad una festa? Non era abbastanza faticoso anche soltanto esistere? Fuori dalla routine, però, sembra destarsi una figura che non mi aspettavo di incontrare. Aveva una torta in mano, ed io sapevo perfettamente dove andavano collocate le torte, dato che Joy, l'assistente sociale con gli occhi azzurri, non smetteva di ripeterci dove mettere le cose per quella festa e che avremmo dovuto fare in modo di aiutarla senza doverla inseguire.
Faccio un passo avanti nella sua direzione: "la torta va su quel tavolo."
Faccio ridere per quanto sono attempato.hey ho sono una bellissima quote
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.Victor Ledrec - 26 - OCD -♔▷PiecesMi lecco le labbra. Più volte, più e più volte, ancora ed ancora, forse fa male, forse brucia, forse pizzica.
Poi mi ricordo che ho un labbro spaccato.
Poi mi ricordo il momento in cui qualcuno mi ha spaccato il labbro. Ritorno a leccarmi le labbra. I miei occhi guardano qualcosa di lontano ed assorto oltre la donna. Bella, senza ombra di dubbio, ma non si può paragonare a nulla di facilmente riconoscibile nella mia mente. E' tutto confuso, come so far bene io, come so gestire bene io l'inferno della mia mente non lo sa gestire nessuno.
Mi fa ridere, perché io non so gestirlo. Mi convinco di avere tutto sotto controllo, ma non ce l'ho neanche per il cazzo. Mi fa male la spalla. Mi concentro nel guardarla prima di inspirare ed espirare pesantemente: "Il mio medico di base è uno stronzo. Ed è in Francia." mi riferisco a quel finocchio di Lafayette, il medico della mia famiglia. Ma lei non può saperlo, anche se vorrei poterglielo far sapere con un solo sguardo. Mi confonde la mente, questa serie di sedute. So che non dovrei perderle, non dovrei[ lamentarmi di quello che ho, di tutto quello che non va se non faccio mai nulla per risolverlo, eppure. Sto lì a lamentarmi. Poco dopo sospiro con forza, lasciando che la pesantezza delle mie labbra mi lasci leggermente a bocca aperta. "Secondo te perché va una merda, dottoressa?" non so perché poco dopo cambio modo di approcciarmi a lei. La guardo, scuoto la testa, una volta è la dottoressa, una volta è Dana, una volta è Jordana.
Jordana. Mi fa sempre ridere questo nome.
Dopo essermi lasciato perdere in inutili pensieri, mi limito a guardarla. Cosa ho fatto negli ultimi giorni? Mi chiedo anche come ed in che modo sia finito lì dentro, e mi ricordo lo sguardo indagatore del dottor Merez mentre mi prescriveva l'antidolorifico per la schiena. "ho ricevuto 16 no a sedici colloqui durati tutti dal minuto e ventisette ai tre minuti e quarantacinque.
Ad un certo punto mi mancheranno i soldi per potere continuare a stare qui a chiacchierare con lei, doc."Code by Northern;Light~ Find your own in Wonderland. -
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