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Interagisce con Ayumu, Jesse e Rose Dionne OchoaLa musica non era male, davvero. Forse era soltanto lei a sentirsi "stonata" in quel locale pieno di gente con cocktail in mano, abiti sfavillanti e voglia di socializzare al primo posto. Magari non era neanche troppo introspettiva come cosa: magari anche agli occhi di tutti quegli sconosciuti Dionne appariva evidentemente come un pesce fuor d'acqua. Ah ah.. già... la solita battuta del cavolo. Ma forse, seriamente, era davvero così, se le avessero rivolto uno sguardo un po' meno casuale probabilmente si sarebbero accorti della sua inadeguatezza a quel luogo. Non poteva farci niente, più trascorreva i minuti attaccata al sapore amaro della vodka e più si rendeva conto di non avere poi tutto quello spirito di adattamento con il quale si era fatta forza la prima volta che aveva lasciato casa o anche solo le isole.
Forse le serviva solo dell'altro tempo. Forse anche tutto il tempo del mondo non le sarebbe mai bastato invece.
Alzò lo sguardo dal pavimento - con la scusa di tener il capo chino per osservare il fondo del bicchiere cominciare a trasparire oltre il liquido - solamente quando udì una voce abbastanza vicina da poterla interpretare come proprio rivolta a lei.
Osservò per qualche istante il viso gentile ma allo stesso tempo tagliente, dai tratti orientali. Scosse le spalle sollevando appena un sopracciglio.
"Cerco solo di non morire di sete" le rispose abbassando di nuovo gli occhi e girando la cannuccia nel bicchiere con le dita affusolate e scure. Le unghie naturali, non smaltate, il classico dettaglio mancanete che nella fretta si era lasciata indietro nella memoria per far spazio a quelle due gocce di profumo sui polsi. Se ne accorse solo allora.
Oblio. Non aveva poi molto da obliare Dionne. In realtà non aveva proprio nulla: c'erano già abbastanza vuoti incolmabili nella sua vita.
Tutto quello che le interessava al momento era buttare giù qualche cubetto di ghiaccio rimasto in fondo al bicchiere per ovviare al caldo che cominciava a lambire il locale sempre più saturo di gente.
Non si era mai sentita vincolata dagli aspetti più "scomodi" della sua mezza natura, ma non aveva mai preso neanche in considerazione di infilarsi in una festa del genere. Insomma, non doveva essere la sola a soffrire così tanto la necessità di acqua. Chissà quanti altri umani avevano la sua stessa "mania".
"Tu invece? Cose da dimenticare dell'anno passato?" le chiese tornando a guardarla e conquistandosi a sua volta il posto sullo sgabello vicino appena lasciato libero.
Sempre solita dinamica. C'era troppa gente per poter prendere in considerazione effettivamente qualcuno di particolare. Bisognava avvicinarsi di una mano e alzare la voce per entrare dentro la bolla di una conversazione.
Fu, a sua volta, anche questa la tattica di un ragazzo giunto pure lui lì al bancone presso di loro. La classica tecnica per attaccare bottone: evidente.
Lo squadrò come riuscì, oltre le sue lunghe ciglia nere, stringendo più mollemente il bicchiere semivuoto tra le mani. Gli stessi occhi si fecero due fessure mentre catturavano i tratti del volto del nuovo arrivato.
Una sillaba per ucciderlo?
"Bu" disse al tipo semplicemente con sul viso la stessa perfetta ed imperturbabile maschera facciale. Pochi secondi e poi anche questa si sciolse in un mezzo sorriso silenzioso che le increspò le labbra scure in maniera più amichevole.
"Sei tipo famosa? " chiese stavolta rivolgendosi proprio alla ragazza orientale al suo fianco.
Era strano in quel caso che fosse in mezzo a loro, poveri mortali, bevendo vodka su uno sgabello duramente conquistato.
Non fece a tempo ad avere una risposta, ma dall'atteggiamento della tipa piombata letteralmente ad abbracciarla sì..forse poteva essere pure famosa tanto dal ricevere le lodi e i deliri dei propri fan. Voltò lo sguardo in silenzio, abbassandolo per un momento per poi alzarlo verso il ragazzo e sollevare entrambe le sopracciglia in un'espressione mista di evidenza e dubbio insieme. Lo sguardo del "E quindi anche tu da solo, eh?"
Un leggero sorriso di nuovo si disegnò sulle sue labbra quando anche questa nuova ragazza si rivolse pure a loro.
Rose. Forse le presentazioni più rapide della storia. Spesso e volentieri passava giornate intere con gente di cui non sapeva neanche il nome per poi scoprire che "Andrew è quel tipo con occhiali e piercing al naso".
"Sono Dionne" rispose stringendole la mano.
"Ci sto" aggiunse poi voltandosi verso il bancone per vedere a che punto era la fila e prendere in considerazione l'idea di ordinare di nuovo qualcosa.CODE&GRAPHIC BY HIME -
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Interagisce con Marlena(no dai ti amo)Marloon, fa due cenni a caso a Roman e se ne va verso il palcoSquadrò con gelida freddezza i presenti nel locale, o almeno quelli che incrociavano il suo sguardo nel farsi strada tra la gente. Era un cipiglio naturale, un silenzioso delirio di onnipotenza che lo faceva sentire comunque, anche in quella occasione, superiore rispetto a tanti altri in quelle quattro e più mura. Sarebbe finito all'Inferno se non si fosse prima divorato lui stesso dall'interno con il suo malato egocentrismo. Era come se avesse avuto perennemente un cane a mordergli la caviglia: era questo che sua sorella gli aveva ribadito per l'ennesima volta che l'aveva vista. Lui come al solito l'aveva mandata a farsi fottere e se ne era andato trascinandosi dietro il mastino furioso che gli masticava il polpaccio.
Marloon gli aveva detto di quella festa e gli aveva ricordato, via messaggino (quando e come gli fosse saltato in testa di dargli il suo numero ancora non lo sapeva e non lo voleva ricordare) di sorridere un po' di più e di pensare a lui allo scoccare del nuovo anno. "Un fantastico anno insieme": ma perchè diavolo Marloon Yales era andato a cercarsi uno come lui? Ma perchè adesso era Cassius che si stava infilando tra la calca per cercare il suo inconfondibile profilo riccioluto: una delle poche cose che riusciva a tollerare dell'essere a New York?
L'outfit "giacca scura e scarpa elegante" era rimasto chiuso nell'armadio, in fondo, senza nemmeno essere contemplato dalla vista. Jeans, anfibi e giacca di pelle nera era quanto di più si addiceva al suo animo e cuore di "finto dark", anche per quella serata. Non che gliene fregasse poi molto: anche con una rapida occhiata sotto quella luce soffusa ma pulsante poteva distinguere i più diversi generi di abiti e le facce della gente totalmente indifferente ad essi. Con molta probabilità non avrebbe incontrato nessuno dei suoi conoscenti, o di persone che avrebbero potuto rompergli le palle per lo strappo ignorante del jeans sul ginocchio: le sue sorelle non sarebbero mai entrate in un posto del genere. Cielo, sua madre poi l'avrebbe odiato e già solo questo bastava a Cassius per sbattere con più decisione la suola delle scarpe a terra con passi più decisi ed euforici. Probabilmente i suoi stavano passando la serata tutti ben vestiti, ad un tavolo perfettamente apparecchiato, specchiandosi solamente per brevi istanti nel cucchiaio d'argento per la zuppa senza rendersi conto di essere, cazzo, morti dentro. Se avessero saputo tutto, ma proprio tutto, di quello che Cassius faceva da quando era entrato nel Circolo non avrebbero esitato a fargli la solita inutile lavata di capo con annesse minacce (di quelle vere però). Non sarebbe stata una festa e una giacca nera di pelle a fargli scordare chi era: un Waldegrave.
Uscì illeso dalla calca presso il bancone del bar con in mano due bicchieri trasparenti. Si guardò ancora attorno. Si avviò ed infine salì qualche gradino sulla scala che portava al soppalco mandando silenziosamente a quel paese tutti quelli che, da lassù, lo avrebbero squadrato con un certo timore o giudizio. Non li avrebbe minacciati con la sua presenza, non ancora almeno. Soltanto da lassù, facendo scorrere ancora gli occhi freddi, riconobbe, finalmente una silhouette più familiare.
Tornato di nuovo giù, tra la gente, ebbe la certezza di averci visto giusto.
"Toh, guarda come sono carino stasera" esordì cogliendo Marloon alle spalle e lasciandogli tra le mani uno dei due drink, strafregandosene senza alcuna remora dell'aver interrotto una possibile conversazione, come solo i veri amici sanno fare.
Indicò a Marloon il palco e chiuse appena le dita il palmo in direzione dell'altro tipo in una sorta di saluto-scusa amichevole (tutto finto ovvio). Si sentì un signore: lasciò i due alle chiacchiere e si avvicinò al palco dove la gente cominciava a "farsi più calda" con le note del cantante a lui, sinceramente, sconosciuto.role code by »ANNAH.BELLE« don't copySPOILER (clicca per visualizzare)numero 49 -
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Interagisce col vuoto al bancone. Piazzatela dove vi piace ma basta che stia lì per ovviare al mio "oddiononcistocapendounamazzasialodealloscheminoooo" :') Dionne OchoaEra il primo anno che passava quel giorno lontano da casa. O meglio, era la prima fine dell'anno che passava a New York. Era la prima volta che concludeva veramente qualcosa in quella città. Non che dipendesse da lei: il 31 dicembre in ogni caso sarebbe giunto nonostante lei e il suo sentirsi ancora come un sassolino nella grande scarpa grigia dell'America: estranea. Forse sarebbe stato quello il periodo più giusto per tornare ad Antigua, per far visita a sua nonna e a suo padre durante le feste, ma sapeva fin troppo bene che se avesse rivisto il mare e rimesso piede sulla stuoia davanti all'ingresso di casa sua non sarebbe più stata capace di tornare indietro. Era una cosa troppo viscerale e Dionne sapeva di doversi addomesticare da sola in quella grande città: se lo era imposta da sola pur contro la sua stessa volontà. Per fare cosa poi? Per prendere in mano la sua vita e dargli finalmente un senso in più? Tutto quello che era riuscita a fare era stato comprare un completo fin troppo anni '70 e fin troppo ridicolo. Era quel genere di outfit che si può mettere solo a feste come quelle, così almeno le avevano suggerito e il suo occhio marino era rimasto fin troppo incantato dalle paillettes nere e argentee che ricordavano i riflessi del sole sull'acqua. Un paragone che forse non tutti a quella festa sarebbero stati di cogliere, ma in fondo giocavano bene gli scacchi del suo abito con le luci colorate del locale.
No, forse il problema non era quel vestito misto tra il demodè e il volutamente ridicolo.
La musica al momento non era male. Girellò da sola per il bar senza riconoscere alcun volto familiare sospingendo lo sguardo dai volti dei presenti tutti agghindati fino al soppalco già popolato da gente forse più cool, così dicevano.
Si avvicinò al bancone già affollato, avanzando a piccoli passi incerti sui già insopportabili tacchi alti, strinta nelle spalle il più possibile per evitare urti troppo forti da chi potenzialmente poteva già rovesciarle addosso un intero bicchiere di alcol.
La sua solita borsona di tela con la bottiglietta d'acqua era rimasta a casa perchè con gli scacchi di paillettes bianche e nere cozzava decisamente. Al suo posto una piccola pochette appesa alla spalla per una sottile catena d'argento freddo che le mordeva nervosametne la spalla a ogni movimento ondulato ed incerto. Avrebbe ovviato alla sua costante "sete" procurandosi un primo drink. Non sarebbe stata come una sana boccata d'acqua ma almeno le avrebbe tenuto a bada le viscere per un po'.
Di esperienza presso bar e locali ne aveva poca, decisamente poca.
"Anche io come lui" disse al barista quando finalmente questi le rivolse la salvifica occhiata. Se c'era una cosa che si imparava in un solo istante presso il bancone di un bar era che aggrapparsi allo sguardo del ragazzo oltre il banco era una condizione necessaria se non si voleva passare le ore a farsi scavalcare. Bisognava cercare i suoi occhi ed inchiodarli ai propri senza troppa titubanza.
Con la scarsa conoscenza che aveva Dionne di drink e fantastiche miscele la risposta più rapida e certa che seppe dare alla silenziosa e iterata domanda del barista fu solo quella. Le servì uno schifo: fortissimo. Se lo sarebbe fatto andare bene. Pensò quello mentre si rifugiava in un angolo sicuro, sempre presso il bancone, dove la calca di "assetati" gettava gli ultimi strascichi di più o meno disperati potenziali clienti. Sguardo basso e le labbra appena dischiuse per trattenere la cannuccia fluo e buttar giù amari sorsi di vodka.CODE&GRAPHIC BY HIMESPOILER (clicca per visualizzare)numero 16SPOILER (clicca per visualizzare)il pesce brillo è una rara razza di pesce che si presenta alle feste ricoperta di paillettes e che si attacca furiosamente a tutti i drink che trova per compensare la mancanza di acqua in corpo e la costante idratazione. Il pesce brillo non spicca per intelligenza: soltanto a fine serata si rende conto che l'alcol non è come l'acqua. -
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BENVENUTA BENVENUTAAAAAAAAA
e cioè niente sei già una figata umana. Punto. Io sono Jyn, Gine come te gusta inZomma!
Welcome <3 -
.Forse da tutta la vita aspettava un simile viaggio. No, forse non era nemmeno conscia di ciò: erano le viscere, lo stomaco, le vene ed i muscoli a gridarle di accettare quella offerta di Rohan Lagrange, di fare la valigia e partire per quella che si sarebbe rivelata forse una delle più consistenti opere prodotte dal Reliquiarium. Fu forse anche la prima volta in cui si sentì, per quanto concerneva sè stessa, veramente parte determinante in quel campo, in quelle vesti di Spezzaincantesimi. Il perchè Rohan avesse chiesto proprio a lei di accompagnarlo ancora in parte non lo afferrava, sapeva solo che da quel "Buongiorno Signor Lagrange" erano passati quelli che visceralmente avrebbe definito secoli. Ne aveva preso veramente atto quando in macchina aveva contemplato l'idea di finire addormentata a bocca aperta contro il finestrino accanto a quello che era a tutti gli effetti il suo capo. Un'opera mastodontica per una realtà se si vuole chiusa come quella del Reliquiarium, china, spesso e volentieri, a sciogliere gli incastri magici di reliquia su una scrivania. Ma Alexandria si sentiva pronta a partire, a fare quello che le veniva più naturale: camminare, mettersi in moto, fare una valigia leggera e riprendere il passo, tracciare da un capo all'altro i continenti senza mai pensare di fermarsi, avendo sempre l'obiettivo davanti, stampata lucida in mente la successiva tappa. Poteva andare avanti così anche per anni piuttosto che un mese: bastava solamente che l'immagine della meta successiva prendesse forma davanti agli occhi passo dopo passo. Quel viaggiare oltre a delle tappe fisiche comprendeva delle mete umane: donne e uomini come loro, con conoscenze forse ben superiori alle loro, dalle quali attingere, condividere, scambiare, trasmettere come in un impulso elettrico per mezzo globo. Un uomo, tra quei tutti, aveva inevitabilmente fatto capolino nella mente di Alexandria. Come poteva dimenticare le cartoline verdeggianti e lucide dello zio Henri? La loro prima destinazione fu il Cile.
L'infinità di ore passate al volante del pickup noleggiato per raggiungere il Parco naturale di San Rafael passarono lente, accompagnate ogni tanto dal suono basso della radio e di musiche straniere e della voce ormai familiare del collega nell'abitacolo, dove finalmente anche gli ultimi formalismi che Alexandria teneva con Rohan cedettero alla scomodità del sedile dopo ore passateci sopra, finendo per esibirsi nella strana arte ginnica del distendere le gambe e trovare uno scampolo di angolo comodo in uno spazio tutto sommato molto ridotto.
Ad attenderli presso il parco una guida che li avrebbe condotti fino almeno alla casa di Henri Paxton.
"Sono dieci anni che non vedo mio zio" aveva detto a Rohan percorrendo, con lo zaino in spalla, il sentiero tra gli alberi. Si fermò un attimo per sistemare lo spallino dello zaino lentamente scivolato giù dalla spalla, cogliendo l'occasione per sospirare e guardare Rohan con un espressione per la prima volta velata di un inevitabile ed innato timore. L'ultima volte che aveva visto quell'uomo era stato fuori dai cancelli del cimitero. Lo ricordava ancora in un'immagine indefinita, sfocata dalle lacrime di una ragazza ancora troppo giovane.
"A telefono sembrava ...contento comunque" aggiunse rendendosi conto di quanto quel "contento" potesse essere riferito più al suo personalissimo attributo di zio più che al titolo di signor Henri Paxton, studioso di reliquie. Erano lì la sua professionalità, non per altro. Il fatto che Alex fosse sua nipote era stata solo una fortunata coincidenza.
"Ha molto da mostrarci" concluse riprendendo il passo con vigorosa, quasi violenta, determinazione e oblio di nostalgiche memorie.
Casa di Henri Paxton era una struttura in legno, non troppo grande, in parte sollevata da delle palafitte, cosa che permetteva di raggiungere l'ingresso solo attraverso un paio di rampe sempre lignee. Ebbe come un silenzioso fremito interiore quando riconobbe la figura, così simile a quella di suo padre,
sotto il portico, contro il parapetto, con una sigaretta tra indice e medio. Fu un attimo e Henri vide tanto Nathan quanto Emma in quella silhouette femminile. Spense rapido la sigaretta e si precipitò con passo rapido giù dalle scale. Baciò sulle guance sollevate da un sorriso stanco la nipote e strinse la mano a Rohan con la decisione di un sessantenne ancora troppo giovane per sentirsi veramente tale, mista allo stesso tempo di una trepidazione quasi fanciullesca.
"Entrate, riposatevi e poi discutiamo" li invitò ripercorrendo le scale, accompagnato stavolta dai due nuovi ospiti.role code by »ANNAH.BELLE« don't copy
Edited by Jyn - 9/1/2019, 15:17 -
.Una mano le corse al collo, alla sciarpa grigia pesante, per tenersi ancora più calda contro il pungente freddo del ghiacciaio e di un settembre arrivato in quei luoghi in maniera naturalmente decisa. Le ciocche brune raccolte e infilate dentro la stessa maglia e gli occhi stretti in due fessure, appena sopra le guance divenute per reazione al vento freddo più rosse, che rimbalzavano da una riva all'altra del lago catturando sopra la retina limpida il grigio verdastro della vegetazione e delle rocce dipinte di azzurro dal cielo terso e dallo sfondo bianco accecante del ghiacciaio. Tutto perfettamente cucito tra i picchi rocciosi che costeggiavano la distesa di acqua scura. Non aveva esitato più di tanto quando Rohan le aveva chiesto di partire con lui per quelle che sarebbero state tre settimane, se non un mese, di biglietti aerei, pick-up e ristoranti etnici. Non c'era niente a intimorirla: solo la prospettiva di poter togliere il velo ad uno degli innumerevoli arcani ancora presenti sulla faccia della terra di quella loro dimensione. Grandioso e scontato allo stesso tempo: sarebbe stato prendere coscienza di un'altra fetta di realtà, e allo stesso tempo ritrovare la chiave di una delle serrature oltre alla quale si aprivano conoscenze ben più grandi, mosse, dinamiche, mutevoli che sarebbero andate ben oltre una semplice nuova ed immobile fotografia del loro mondo. Ormai stava prendendo sempre più atto del fatto che suo padre avesse ragione, seppur in maniera testarda, nel sostenere la superiorità della magia e del mestiere di spezzaincantesimi rispetto alla semplice archeologia. Finiva sempre per indispettire e stuzzicare Emma con questa faccenda, declamando tale inconfutabile realtà con un sorriso sornione sulle labbra a cui rispondevano semplicemente gli occhi sfavillanti di una moglie tanto irritata quanto innamorata persa di suo marito. Anche se il più delle volte si trattavano di scherzi Nathan in fondo ci credeva a quello che sosteneva ed Alexandria a sua volta ci stava cascando in altrettanto modo. La storia rimaneva passata: da essa si può attingere per il futuro e per aprire nuove chiavi di lettura di una realtà già passata o in continua transizione. La magia rimane qualcosa di sempre nuovo e sempre uguale nei millenni, sempre vivo, sempre attuale, sempre attivo. Anche per questo quel giorno erano lì, per scoprire una delle più antiche e pure manifestazioni di quella magia che, nonostante i secoli, era rimasta ancora viva, senza demordere, trovando dimora sicura nei ghiacciai. Era lì quel giorno Alexandria, per posare i suoi occhi su una delle più incredibili scoperte del loro campo e per palesare definitivamente il tradimento mosso nei confronti di sua madre. Suo padre sarebbe stato fiero di lei, ma Emma l'avrebbe odiata dall'alto di un dubbio paradiso rammaricandosi nel vedere la figlia chinare il capo e lasciarsi alle spalle ciò per cui Emma Roy aveva speso e gettato la vita. Non poteva farce a meno di pensarci. Ci aveva dedicato lunghe ore a quei torbidi pensieri su uno dei voli, con sedile lato finestrino, che li aveva portati in Cile da suo zio Henri. Emma amava Nathan, ma era babbana e non poteva capire nè lui, nè quello che facevano i Paxton.
Nel silenzio della Laguna di San Rafael nemmeno suo zio Henri era capace di mimetizzarsi. Da tempi immemori quella vista faceva parte della solita cartolina di Natale spedita direttamente dal Cile. Era tornato a casa solamente quando Emma era morta e dopo di allora Henri Paxton era tornato nella sua Patagonia, in quella casa su palafitte in mezzo alla foresta del parco naturale dove aveva continuato a studiare ciò per cui Alexandria e Rohan erano giunti fino a lì. Il volto di Henri quello stesso giorno, sulla piccola barca a motore, aveva l'espressione tesa di chi finalmente stava dando uno scopo e una dignità in più a quella che in molti avevano sempre definito "al limite della perdita di tempo", insieme a qualche ruga e ciocca bianca in più attaccata alla fronte.
Tutto il cupo e nascosto pensare non le aveva impedito di fare la valigia e partire, lasciare New York: forse la cosa più naturale che fosse abituata a fare. Il muoversi costantemente la teneva impegnata, la distoglieva dai pensieri come un semplice lavoro alla scrivania non sarebbe stato capace di fare. Non era quello un viaggio poi che si poteva compiere da soli. Persino se fosse stata sorella di Rohan non gli avrebbe permesso di andarsene da solo, soprattutto alla luce di quello che dicevano i giornali e della faccenda del suo doppio ancora in circolazione. Si sentiva però onorata che avesse scelto per l'appunto proprio lei.
Sul volto di Henri Paxton si dipinse un leggero sorriso spegnendo il motore della barca e lasciando di nuovo calare il mistico silenzio su quel ritaglio di lago.
Alexandria lo abbracciò appena, sfiorando con la guancia quella ruvida di lui, e poi si apprestarono a scendere dall'imbarcazione per risalire il ghiacciaio.
Sorrise di rimando a Rohan e al suo gesto incoraggiante. La curva del sorriso di lui si disegnò gentile sulle labbra sottili e su quel naturale ed innocente cipiglio che dominava in maniera perpetua sul suo volto. La mano probabilmente fredda riusciva a caricarsi del calore stesso del gesto in sè e delle sue intenzioni spandendo un confortante senso di approvazione diffuso dalla spalla sino a tirarle su gli angoli delle labbra.
Risalirono sul ghiacciaio, aggrappando le suole degli stivali sul suolo ghiacciato, impervio e irregolare paradossalmente favorevole alla loro piatta scalata. Quello che si parò davanti a loro occhi valse, almeno per Alexandria, tutte le snervanti ore di scalo all'areoporto.
"È incredibile, Rohan" le sfuggì dalle labbra dopo aver girato a lungo attorno alla grande pietra ormai impressasi nel suo sguardo più estasiato che critico. Tirò fuori dallo zaino la reflex e cominciò a scattare qualche fotografia, regolando con pazienza quasi maniacale l'obiettivo e facendo scivolare sopra di esso le dita infreddolite con una rimitca quasi musicale. Per un attimo inquadrò persino Rohan, chino con lo sguardo sottile, perforante, diretto proprio all'ernome pietra viva come se grazie solo ad esso fosse capace di squarciarla, di aprirle le viscere con un'innata grazia e gentilezza. L'indice non fece a tempo a far scattare il click che la sua attenzione dentro l'immagine della camera fu turbata da due figure estranee a quel bianco ghiacciato, e alla sagoma del Lagrange stessa.
Se ne accorsero entrambi. No, non era compreso nessun altro nella ricerca di Henri. Certo, non solamente lui poteva essere a conoscenza dell'esistenza di quella reliquia: era abbastanza preziosa dal non essere lasciata in mano di un solo uomo, ma lo era così tanto da permettere che solo uno la "custodisse". Nessun altro oltre loro due, più suo zio ancora sulla imbarcazione, era informato quel giorno di quella spedizione.
La loro era una professione inevitabilmente diplomatica, non si potevano certo mettere a prendersi a botte con i primi apparenti profanatori di reliquie giunti sul luogo, ma non poteva negare, almeno Alexandria, di provare un certo timore verso tutti i generi di soggetti "stranieri alla procedura". Già in passato aveva dovuto fare i conti con uno di questi e risolverla con un bel reperto egizio assestato bene tra capo e collo.role code by »ANNAH.BELLE« don't copy -
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Edited by Jyn - 29/12/2018, 13:43 -
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SCUOLE FREQUENTATE
Istruzione privata | 1999/2011 - 12
RAZZE E ABILITA
Ibrido sirena | SI - 2018
PROFESSIONE
Giornalista di nicchia | New York - 2018/oraORGANIZZAZIONI E SETTE
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FEDINA PENALE
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IMMIGRAZIONE
Caraibica e Cubana | 1993 | Legale
Americana | 2018 | LegaleDionne | 25 years | HALF-MERMAIDAspetto fisicoSua madre Uma era una musa scolpita dal sole nel sale attaccato agli scogli, suo padre Riel è un lupo : quello che è nato dalla loro inusuale e quantomai imprevista unione è una creatura a dir poco incantevole. I tratti, le proporzioni armoniose sono tutte dovute alla natura marina di sua madre, mentre i caratteri decisi, lo sguardo scuro, profondo, caldo e avvolgente sono quelli di suo padre.
Dionne è alta 1,57 m per un peso di appena 47 kg scarsi. La sua pelle scura, e letteralmente baciata quotidianamente dal sole dei Caraibi, avvolge luminosa e bronzea un corpo esile ma ben proporzionato, forse scarso nell’abbondanza di forme ma, anche grazie a ciò, elegante, sinuoso, longilineo. Forse, secondo il parere di molti (del quale però Dionne non si è mai interessata veramente) è anche fin troppo magra: le costole che mostrano appena la loro impronta quando torce anche solo un minimo il busto a quanto pare viene reputato un carattere di eccessiva magrezza. Probabilmente lo è davvero ma fino a che si sente bene con il suo corpo Dionne persiste nel suo ormai consolidato stile di vita.
Le mani sono paradossalmente la cosa che ha di più simile con suo padre. Non che siano possenti e grosse come le sue, ma hanno la stessa forma allungata e le nocche leggermente “nodose” che vengono maggiormente sottolineate dalla lunghezza elegantissima delle falangi stesse. Da bambina l’ha sempre divertita confrontare le manone grandi e forti del suo papà con quelle piccine delle sue perse letteralmente nei palmi chiari di quelle del padre. È abbastanza certa dunque di questa somiglianza.
Per quanto riguarda il suo volto i suoi tratti sono tipici della etnia del suo genitore: occhi scuri, labbra carnose, sopracciglia marcate e nere. Inevitabilmente poi, grazie al suo sangue per metà ibrido, persino nel suo viso si riconosce qualcosa di evidentemente diverso da quello delle sue coetanee caraibiche. I suoi tratti hanno un che di squadrato ma al tempo stesso di morbido, di duro ma al contempo di dolcissimo. Se il colore marrone scuro dei suoi occhi è lo stesso di Riel, il taglio, incorniciato da folte ciglia nere, quasi felino è invece, quasi sicuramente, quello di sua madre, così come il profilo affilato, anche davanti ad un occhio esperto, risulta perfettamente mischiato con i geni umani paterni. Il tutto è incorniciato da dei capelli nerissimi, come nere sono anche le sue folte sopracciglia naturali e quasi selvagge che tuttavia si armonizzano perfettamente sul suo viso giovane. Ha sempre portato i capelli lunghi, come la natura delle sirene vuole (anche se di ciò non ne è a conoscenza) e suo padre l’ha sempre incentivata a portarla tanto lunghi. Li ha sempre tenuti però annodati in tante fittissime treccine che le risultano più comode anche da gestire e da portare piuttosto che lunghe ciocche libere. Tra i suoi segni particolari ci sono alcune cicatrici sotto le piante dei piedi a causa di tutte le volte che le è capitato di pestare un riccio di mare, e soprattutto i suoi ormai quasi innumerevoli piccoli tatuaggi sparsi per tutto il corpo. Il suo aspetto fisico rispecchia perfettamente la sua personalità. È semplice e quasi selvaggia e come tale anche il suo modo di vestire non è differente: jeans, magliette, felpe, gonne comode e poche fantasie o accessori.
Dionne insomma è semplice e naturale, chiara e bellissima come uno specchio d’acqua limpido, come la sua natura di "metà sirena" vuole.
N.B. In quanto ibrido di sirena i geni presi da sua madre e dalla sua natura sono parziali . Riesce a sopravvivere tranquillamente sott'acqua ma il contatto con essa non comporta alcuna trasformazione a livello fisico. Altra peculiarità è la voce melodica e dalle particolari doti risanatrici.
(BONUS: Capacità di sopravvivenza sott'acqua & Canto risanatore
MALUS: Bisogno costante di idratazione & Debolezza agli incanti elementali di terra)Inventario
CATALIZZATORE - ciondolo.
Yin - AgataSPOILER (clicca per visualizzare)Questa pietra ha un effetto rafforzativo pertanto si accoppia bene con individui comunicativi, pratici, e capaci di dare agli altri sicurezza. È un potente energizzante, stimola la vitalità e l’istinto di conservazione. E' adatta a maghi concreti, tenaci in ciò a cui credono e con le idee ben chiare. Rinforza e dà tono al corpo mentale, stabilizza le energie corporee per sfide lunghe e durature.
Yang - AmbraSPOILER (clicca per visualizzare)Si lega a persone creative che spesso cadono nello sconforto a causa dell’incapacità di riconoscersi e riconoscere le proprie abilità, di conseguenza maghi che hanno una visione pessimistica della vita, sono insicuri e si scoraggiano facilmente. Se nell'ambra vi sono tracce di DNA particolarmente vecchio, il peso del passato sarà spesso il fulcro di questi vortici di sconforto che li colpiscono.CarattereA primo impatto Dionne appare una ragazza schiva, taciturna, anche fin troppo seriosa persino nel modo in cui fa a pezzi con le dita scure e filiformi una ciambella al tavolino di un bar. Questa è la primissima impressione che da' involontariamente di sè. Se non fosse per i suoi tratti fisici, forse anche poco comuni, passerebbe benissimo inosservata.
Effettivamente Dionne non è mai stata una persona espansiva, è abituata a stare da sola e ciò non le è mai veramente pesato. Preferisce di gran lunga passare il Capodanno da sola piuttosto che starsene in un angolo a chiedersi quante ore mancano alla fine della festa, per dirne una. Forse anche per questo, chi la "conosce" solo superficialmente, si può dire, si sente in diritto di chiamarla schiva se non snob. In realtà Dionne certo non rifugge il contatto umano: trova solamente inutile e fastidioso quello senza senso, distribuito senza essere richiesto e senza essere soprattuto desiderato. Sotto questo punto di vista si apre un'aspetto della sua personalità che scende ben più nel profondo, che non si ferma all'apparente superficie delle cose, delle persone.
Dionne ha una sensibilità che non traspare immediatamente, ma che si coglie solamente se si impara a conoscerla meglio, se si ha la pazienza di aspettarla e di vedere finalmente quell'aura luminosa della quale è sempre stata rivestita ma che resta invisibile ad una semplice occhiata. E' una persona tremendamente paziente e perciò richiede, forse egoisticamente anche, che gli altri si adeguino alla sua pazienza se vogliono comprendela e stare al suo passo. Non può pretendere certo di essere capita da tutti, ma poco le interessa di avere schiere di amici e compagnie allargate. Non ama fare distinzioni tra persone e, anche se ciò non sembra, è disposta ad accogliere e ad ascoltare tutti, ma allo stesso tempo non smania per farsi amici o compagni di vita e di avventure. E' un carattere strano il suo, che per essere compreso ha la necessità di essere scandagliato in profondità, superando la superficie che può apparire di pura indifferenza: cosa che non tutti riescono a fare.
Le "difficoltà", più degli altri che sue, di relazionarsi con i suoi coetanei in particolare le ha riscontrate in un certo senso da quando è a New York, in una megalopoli terribilmente diversa dalla piccola Antigua: isola vera, genuina, casa.
Dionne non ha mai smesso di amare la sua isola insieme a quella realtà così minuta ma così, forse proprio anche per questo, naturale, sincera, dove veramente lì risiede la vita vera quella fatta di essenzialità, priva di tutte quelle sovrastrutture che soltanto in grandi realtà come quella americana e fin troppo civilizzata si può trovare.
In sunto insomma Dionne non sa adeguarsi a New York, non sa adeguarsi al mondo fuori da quelle piccole isole caraibiche, e nè vuole adeguarsi ed assuefarsi a queste realtà. E' forse il primo e fondamentale elemento questo dove sorge quello che è il vero vizio capitale di Dionne: la superbia. E lì si apre un vero capitolo che va dal semplice mal tollerare le persone che non le danno ragione, al fastidio nell'ammettere di avere torto, fino al mancato desiderio di adattarsi nel luogo, nella società e nel mondo nel quale ora vive.
Non sa bene perchè ma, più che da suo padre che è un vero isolano, sente di aver preso tale tratto (sempre che si possa chiamare tale) dalla sconosciuta madre. Quando pensa alla razza dalla quale ha preso metà dei suoi geni o quasi non può che immaginarla intrisa di una certa fierezza innata e che in lei si è trasmessa in questo senso di superba difficoltà di adattamento, se così la vogliamo chiamare.
Convive piuttosto pacificamente con la sua natura mista ed ibrida mitigata da una cernita di geni che le permette di vivere senza troppe difficoltà nel celare o contenere il suo vero essere ed il suo vero aspetto. Se da bambina, ancora avvolta dal luccicante e roseo velo delle favole, quasi la infastidiva l'idea di non poter essere una vera sirenetta essendo priva di coda, oggi gestisce le sue capacità innate con serenità e trovandole anzi decisamente comode. Nota nera nella sua vita rimane e rimarrà sempre il fatto di non aver mai conosciuto e di non sapere chi sia sua madre. E' incuriosita sempre più terribilmente dal mondo marino e dalla natura delle sirene anche se non le è mai capitato, forse paradossalmetne, di vederne una: conoscere sua madre sente potrebbe aprirle porte e possibilità inimmaginabili. Fino ad oggi si è sempre e solo potuta accontentare dei racconti mezzi nostalgici di suo padre.
Scendendo appunto nelle profondità di Dionne si scopre una persona estremametne sensibile alla natura, alle persone nella loro vera essenza ( non davanti a due semplici occhioni lacrimosi per intenderci) nel loro vero spirito. Ecco, Dionne si potrebbe definire una persona in un certo senso spirituale, che sa scendere e sa cogliere l'essenza delle cose dimostrando in ciò una saggezza tutta sua. Che le tradizioni e il modo di vivere della sua cultura e della sua isola l'abbia formata in tale visione è quasi indubbio. E' cresciuta con poche, semplici ed importanti cose. Ed è grazie alle semplici cose che riesce a scorgere e comprendere quelle più complesse, cosa non da tutti al giorno d'oggi dove la vita la si vive con superficialità e mancanza di senso impressionante, almeno a suo parere.
Se Dionne appare il più delle volte composta ed elegantemente austera basta che prenda un po' di confidenza in più con le persone, con le cose, con il luogo nel quale si trova per far uscire la parte più "animale" e creativa di lei. Ama sperimentare, fare, toccare, scoprire tutto, senza mai tirarsi indietro. Una volta aquisita una sua ratio e un suo controllo sulle cose allora diventa un po' come quegli animaletti selvatici che mettono appena il naso fuori dalla gabbia aperta con un certo timore e poi si lanciano sul parquet di casa nuova per infilare il naso in qualsiasi anfratto possibile. In questi casi si ha come la smania di verdela arrimpicata finalmente su qualche albero come un vero Mowgli, mentre invece ha sempre come una compostezza a volte fin troppo innaturale per un personaggio come lei.
Dire che questa è tutta Dionne ci è impossibile: c'è un mondo troppo complesso da essere narrato per intero.
Basti aggiungere che Dionne Ochoa non ha peli sulla lingua e non ha alcun timore di dire le cose come stanno, né ci va tanto leggera se deve andar giù veramente pesante con le parole.
E’ un piccolo animaletto selvatico: spontaneo, diretto, audace e istintivo, ma solo se si ha la pazienza di aspettarla, di scoprirla, di lasciarsi avvolgere dal suo mondo racchiuso dentro i suoi occhi scuri.Curiosità₪ I tatuaggi che possiede non hanno alcun significato apparente. Ha cominciato a farli a 23 anni e li ha fatti, e continua a farli, per una mera questione estetica.
₪ Soffre di claustrofobia da quando a cinque anni è rimasta chiusa nello sgabuzzino di casa aspettando più di due ore prima che il padre rientrasse a casa da lavoro.
₪ Ha una passione malsana per camaleonti e iguane.
₪ Ha lasciato ad Antigua con il padre e la nonna il suo ormai vecchio cane Hermano.INFONome: Dionne. Esso, nella variante femminile,deriva dal nome di Dioniso, dio greco del vino e dell'ebrezza. Originariamente venne identificato come dio arcaico della vegetazione, legato alla linfa vitale che scorre nelle piante. In seguito assunse le caratteristiche di dio dell'estasi e della liberazione dei sensi; venne quindi a rappresentare l'essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire.
Allo stesso tempo, al femminile, è legato al nome di Dione, moglie di Zeus e madre di Afrodite. In maniera generica Dionne ha come origine il significato "divino",essendo legato appunto ai nomi di queste due divinità.
Cognome Ochoa. E' un cognome spagnolo di origine basca che risale, con le sue origini e la sua prima diffusione, all'epoca medievale. Nella lingua basca significa proprio "lupo" e come cognome è diffuso, sebbene in maniera ridotta, anche in ambienti caraibici e cubani. Di fatto sua nonna paterna era originaria proprio di Cuba.
Data e luogo di nascita: 21 giugno 1993; isola di Antigua, nel Mar Caraibico.
Segno zodiacale: Cancro ♋
Razza: Ibrido sirena.
Allineamento: Legale Buono.
Orientamento sessuale: Eterosessuale.
Occupazione: Attende -seppur controvoglia - di iscriversi alla Brakebills e per ora scrive qualche articolo per una rivista naturalistica di nicchia.LAYOUT SCHEDE BY HIMETHERE'S NO PLACE LIKE HOME
Riel Ochoa è nato a Cuba e neanche lui conobbe mai suo padre. Nonna Gisele aveva appena diciotto anni quando rimase incinta, e i primi tempi che Riel girava per l'isola con in braccio Dionne i conoscenti isolani facevano i complimenti ancora alla tutto sommato giovane Gisele per aver dato alla luce una sorellina per il venticinquenne figlio Riel, domandandosi tuttavia chi potesse essere il padre. Fu soprattutto grazie a lei che Riel riuscì a tirar su i primi anni di vita la bambina inaspettatamente avuta quella notte del solstizio d'estate del 1993.
Riel decise di lasciare Cuba a ventitre anni, spinto dallo stesso desiderio che avrebbe spinto molti anni dopo la stessa figlia a lasciare Antigua: viaggiare, conoscere le isole, vedere il mare, tutto giustificato da un forte e necessario desiderio di emanciparsi, di andarsene da Cuba, di prendere in mano la propria vita e dimostrare a sua madre in primis di non essere più il bambino che tanto gelosamente stringeva alla propria gonna, con il terrore che anche lui potesse andarsene come l'uomo che di speranze vane l'aveva nutrita per diversi anni. Tutto questo ignorando il desiderio di Gisele di lasciare l'isola sì, ma per studiare la magia: l'unica cosa che sembrava accomunarla a lei, al contrario di quegli occhi scuri e taglienti tutti del suo odiatissimo padre. Da sola con il suo bambino: quale tradizione di maghi e di storie poteva avere alle spalle Gisele quando lei stessa aveva scoperto di avere tali doti solamente tre anni prima di dare alla luce il suo primo ed unico figlio? Non si sforzò neanche troppo di lottare: il suo desiderio rimase acerbo così come la sua forza di trattenerlo almeno a Cuba.
Ad Antigua Riel conobbe Uma, e ad Antigua Riel si fermò. Uma non era come tutte le altre. No, non lo era davvero e il solo fatto che una sirena potesse dargli tale considerazione era qualcosa che andava ben oltre la sua più fervida immaginazione. Passò due anni sull'isola, trattenuto solamente dall'idea che un giorno o l'altro Uma sarebbe di nuovo ricomparsa a Fort Barrington come saltuariamente ed inaspettatamente, a distanza di mesi, faceva. Riel viveva su quell'appendice dell'isola solo per vederla tornare, per veder ricomparire il suo volto austero, bellissimo, scolpito dal sole nel sale e nello scoglio. L'ultima volta che rivide Uma fu quando, nella notte del solstizio d'estate diede alla luce la piccola creatura che portava nel grembo e la lasciò a Riel, nonostante fosse femmina, nonostante fosse figlia sua. E Riel si ritrovò padre, tutto all'improvviso: per mesi non si era fatta vedere dopo che finalmente si era concessa a lui, e adesso ricompariva per mettere al mondo la figlia di cui non sapeva neanche l'esistenza, con tutta l'idea di lasciarla a lui senza nemmeno troppe spiegazioni. Non gli diede neanche modo di ribattere, di rifiutarla, di chiedere spiegazioni: la lasciò tra le sue braccia che ancora gridava e senza battere ciglio se ne tornò da dove era venuta. Uma non aveva mai provato chissà quali sentimenti per Riel, e tantomeno per quella creatura a cui nonna Gisele stessa mise il nome di Dionne dopo che il figlio la supplicò di raggiungerlo ad Antigua.
Da allora loro tre, Riel, nonna Gisele e Dionne hanno sempre vissuto nella loro piccola casa ad Antigua, vicino a Fort Barrington.
L'infanzia di Dionne fu delle più serene, delle più spensierate forse. Crescere senza madre non fu facile, ma non tanto per la piccola isolana quanto per Riel, ignorante di come si rappresentasse ed entrasse nel ruolo del padre che lui stesso non aveva mai avuto. Gisele, con Dionne, divenne in un certo senso madre ancora, anche se questa volta mise da parte tutta l'inesperienza per dimostrarsi una donna decisa e convinta delle sue scelte anche nel crescere la piccola nipote. Riel fu un padre infantile, inesperto, goffo per i primi anni di vita di Dionne, ma la fortuna volle che la piccola crescesse in assoluta tranquillità, baciata dal sole e dal mare di Antigua. Fin da subito dimostrò quelle che erano le doti innate generate dal sangue materno: ore in acqua sotto il pelo della superficie, una voce da piccolo usignolo e una strana mania di non riuscire ad addormentarsi senza, no, non il semplice bicchiere, ma tutto il bottiglione di acqua sul comodino.
Dionne amava la natura, amava Antigua, e l'isola sembrava ricambiare con altrettanto affetto il suo amore viscerale. Ma non bastava, non si fermava lì: Dionne voleva distribuire il suo amore fuori da lì, in tutte le altre isole, stelle nel mare caldo e azzurro dei Caraibi. Dopo l'infanzia e l'adolescenza passata sull'isola e lontana dalla magia, a ventitre anni prese la stessa scelta del padre e lasciò Antigua. Un'unica differenza dall'impresa del padre venticinque anni prima: tornare. Non perdere mai di vista da dove veniva, chi era, chi l'aspettava. Ha girato per due anni per tutte le isole, cominciando a crescere in autonomia, in indipendenza pur ricordando sempre che inevitabilmente "There's No Place Like Home".
Tutt'ora questa frase le riecheggia melodicamente nella testa. Nessun posto è come Casa, e Dionne continua a credere in maniera fervida in ciò. Per due anni ha girato di isola in isola, spingendosi da Cuba fino a Cartagena, conoscendo ed immergendosi nelle multiformi e colorate realtà caraibiche: suo fedele compagno lungo tutti gli orizzonti al suo fianco, il mare.
Soltanto tre mesi fa ha lasciato in maniera più "definitiva" Antigua per trasferirsi a New York. E detta così questa decisione appare una virgola decisamente stonata nell'arco di tutti i due venticinque anni di vita caraibica e strettamente isolana. Sono stati sua nonna Gisele (decisamente la più convita) e suo padre Riel a spronarla di andare negli Stati Uniti e mettere a frutto quello che per anni era stato ignorato o sopito nella loro famiglia: la magia. Dionne non aveva poi semplicemente le capacità magiche del padre e della nonna, e la parte ibrida dei suoi geni pareva motivo in più per spingerla a imparare, conoscere e sfruttare doti come le loro. Quella di Dionne è stata una lotta durata per diversi mesi prima di decidere di partire, sebbene assolutamente contrariata dalla scelta, ma messa davanti all'indiscutibile veridicità delle parole e dei consigli di sua nonna.
Da due mesi è dunque a New York, dove si dovrebbe iscrivere, anche se ancora non ha concluso nulla, alla Brakebills e cercando di trovare un senso che vada oltre alla matassa grigia e nevrotica della Grande Mela.Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Vestibulum arcu diam, sagittis in pharetra et, ornare id justo. Nam rhoncus, libero non tristique tristique, lorem sem aliquet tortor, et tincidunt sapien tortor eu mi. Nunc ornare felis velit, sed lacinia turpis fringilla ut. Duis pulvinar enim et enim mattis adipiscing. Quisque justo dui, sollicitudin tristique nisi non, mattis sodales leo. Donec ornare facilisis erat aliquam dignissim. Donec non leo lectus. Morbi bibendum in tortor sed lacinia. Donec eu nisi eleifend, congue massa a, pellentesque ligula. Fusce a sem id eros fringilla feugiat ut in turpis. Ut varius turpis ut posuere sagittis. Nam sagittis consectetur neque. Proin euismod quis turpis at tempus. Nulla dignissim tempus elit, a ornare orci laoreet at. Proin vestibulum placerat leo non iaculis.
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Edited by Jyn - 30/9/2019, 22:32 -
.SPOILER (clicca per visualizzare)sport: arti marziali
In coppia con Dylan
Skills utilizzate
- Accelerazione Telecinetica.
- Spostamento Telecinetico.
Bonus pg //
Altre materie//
Skills Sbloccate
- Spostamento TelecineticoSPOILER (clicca per visualizzare)Requisiti: 18, I lezione I anno
Tipologia: Vettore
Descrizione: Permette di applicare un vettore Spostamento su un corpo inanimato, in grado di spostarlo in una direzione e con un’intensità scelte. Lo spostamento sarà regolato in base alle dimensioni del bersaglio con un massimo di 10 metri.
Può essere utilizzato anche solo su una parte di un oggetto per scomporlo, su un oggetto addosso ad una persona per muoverne il corpo ma anche su un oggetto in movimento per effettuare una schivata.
- Forza TelecineticaSPOILER (clicca per visualizzare)Requisiti: 20, I lezione I anno
Tipologia: Vettore
Descrizione: Permette di applicare un vettore Forza verso un corpo inanimato o un essere senziente per colpire in un punto desiderato. Si è così in grado di deformare oggetti o di effettuare un colpo a distanza durante un combattimento, ad un massimo di 5 metri.
]
- Accelerazione o Decelerazione TelecineticaSPOILER (clicca per visualizzare)Requisiti: 22, I lezione I anno
Tipologia: Vettore
Descrizione: Permette di applicare un vettore Accelerazione (o il medesimo vettore con verso opposto) su un bersaglio in movimento, rendendo possibile aumentare/diminuire la sua velocità. Può essere applicato anche sul mago stesso per rendere più rapidi i propri movimenti o per frenare una caduta. Se il bersaglio è un essere senziente, egli può cercare di muoversi più rapidamente per contrastare l'effetto della decelerazione.
-
.SPOILER (clicca per visualizzare)sport: corsa (annoiata)Skills utilizzate
-Forza telecinetica
-Dispersione corporea (Totem)Bonus pg
Animale totem: Falena.
Altre materie
Skills Sbloccate
-Spostamento telecinetico
-Forza telecinetica
-Accelerazione o Decelerazione telecinetica -
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Skills utilizzate nel post
- Percezione energetica (I livello)SPOILER (clicca per visualizzare)Requisiti: Completamento I lezione I anno
Raggio: I livello raggio di 5 metri (area circolare con al centro il mago di 10 metri)
Durata: immediata
Movimenti: Il mago si concentra sui flussi energetici circostanti, distinguendo chiaramente l'energia multiversale.
Effetto: Sfrutta la capacità del mago di riconoscere l'energia del multiverso in sè stesso e nell'ambiente circostante. Permetterà una sorta di analisi di ciò che circonda il mago attraverso i flussi energetici che l'energia del multiverso attraversa, nonchè di individuare eventuali incantesimi runici incisi, o l'eventuale presenza di maghi runici, incantesimi runici in atto, variazioni energetiche superficiali.
- ThermisSPOILER (clicca per visualizzare)Requisiti: //
Raggio: //
Durata: 2 turni
Movimenti: L'incisione della runa avviene attraverso il tocco del mago sulla pelle. Concentrandosi attentamente sulla runa prescelta e sul suo effetto, il mago incanalerà attraverso le proprie mani l'energia del multiverso nella runa, che comparirà marchiata sul corpo del mago.
Effetto: Thermis permette al mago di utilizzare l'energia del multiverso per aumentare o diminuire la propria temperatura corporea di 5°C, conservando all'interno del corpo od aumentando la dissipazione di energia sotto forma di calore.Bonus del PG/Bonus Razza
//Oggetti/Elenco skills sbloccate:
- Percezione energetica (I livello)
- Disattivazione Shadowhunter (Skill Passiva)
- Fortitude
- Endurance
- Thermis -
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Skills utilizzate nel post
- Runa Shadowhunter: EnduranceSPOILER (clicca per visualizzare)Requisiti: //
Raggio: //
Durata: 2 turni
Movimenti: L'incisione della runa avviene attraverso il tocco del mago sulla pelle. Concentrandosi attentamente sulla runa prescelta e sul suo effetto, il mago incanalerà attraverso le proprie mani l'energia del multiverso nella runa, che comparirà marchiata sul corpo del mago.
Effetto: Questa runa aumenta la resistenza fisica del mago, attingendo all'energia del multiverso come vera e propria riserva. Conferisce all'incantatore un bonus alla Resistenza Fisica di +3. Se utilizzata per più di tre turni consecutivi, tuttavia, può indebolire progressivamente il mago, a causa del sovraccarico.Bonus del PG/Bonus Razza
//Oggetti/Elenco skills sbloccate:
- Percezione energetica (I livello)
- Disattivazione Shadowhunter (Skill Passiva)
- Runa Shadowhunter: Fortitude
- Runa Shadowhunter: Endurance