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.Era una panchina di Central Park come le altre. Leggermente rovinata, perfettamente in fila e attaccata alle sue simili. Però lì c'era il sole tutto il giorno, dall'alba al tramonto, e in quel gelido giorno di gennaio era tutto ciò in cui Ariel Chandler potesse sperare. Era sotto esami, per la prima volta da quando aveva terminato la scuola dell'obbligo, e aveva un disperato bisogno di studiare. Aveva occupato l'intera panchina con i suoi ingombranti libri dell'università e c'era rimasta per l'intero pomeriggio, mancava poco al momento in cui la luce del giorno sarebbe stata sostituita da quella dei lampioni del parco.
La sua avventura a New York stava maturando i suoi frutti, la libertà che per così tanto aveva sognato era nell'aria, percepibile quanto l'odore dell'erba o dei baracchini del cibo presenti nel parco che friggevano e grigliavano senza sosta. Come se potesse realmente avvertirla, Ariel inspirò profondamente e socchiuse gli occhi. Non ci sarebbe stato suo padre a rinchiuderla in casa, né tanto meno sua madre a criticarle il guardaroba o i modi di fare. Era nella grande mela, in compagnia dei soli libri di testo e di tanti anonimi compagni di corso.
Con i volumi ancora sparsi attorno a sé, Ariel si portò una sigaretta alle labbra, coprendola con una mano prima di avvicinarla all'accendino. Una volta aspirato il primo tiro, lasciò la sua postazione per percorrere la distanza che la separava dal baracchino più vicino. Come accadeva ormai troppo spesso, la fame non aveva ancora bussato alla sua porta. Si limitò così a pagare una bottiglia di birra, senza nemmeno specificare un marchio o una grandezza, si sarebbe fatta andare bene ciò che il minuscolo bar aveva da offrirle. Soddisfatta, tornò così alla sua panchina, ai suoi libri ormai definitivamente abbandonati e alla sua amata Marlboro light.
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.Non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato da quando si era alzata per comprare la birra. Aveva fissato il vuoto aspirando avidamente dalla sigaretta che stringeva tra le dita, decisa a non toccare più alcun libro ed a far cominciare in quel preciso istante la sua serata. Durante il giorno si impegnava a studiare, magari leggermente fatta o con i postumi della notte precedente, ma pur sempre determinata ad umiliare finalmente suo padre con qualche risultato soddisfacente. Una volta calato il sole, tuttavia, cercava un modo qualsiasi per non sentirsi fuori luogo in quella gigantesca città movimentata. Quella sera, dopo tanto tempo, si sentì stranamente a casa. Ricordava in modo più che vivido le risse scoppiate senza alcun apparente motivo nei malfamati bar della periferia di Londra, i litigi e le minacce urlate più per far scena ed alzare la voce che per intimidire realmente qualcuno. Una voce arrogante e decisamente troppo alta ruppe la leggera quiete che la circondava, attirando il suo sguardo fino al baracchino da cui era tornata poco prima. Si limitò ad osservare con un sorriso divertito, quasi compiaciuta dalla familiarità di quella scena. Un ragazzo di bell'aspetto, apparentemente poco lucido, imprecava contro lo scocciato barista. Si prospettava anche una lite piuttosto accesa ed interessante, una di quelle che Ariel non si sarebbe persa per niente al mondo, eppure si ritrovò inaspettatamente ad essere il sedativo della situazione. Le sue iridi scure incontrarono quelle lontane del ragazzo che cambiò obiettivo, dirigendosi verso di lei con un sorriso furbo e accattivante sul volto. Soddisfatta della piega che stavano prendendo gli eventi, la Chandler si limitò ad inclinare leggermente il capo con il chiaro intento di osservare meglio i movimenti del ragazzo, socchiudendo le labbra per accompagnare il suo sguardo interessato. Era troppo pulito per incarnare il suo prototipo di ragazzo perfetto, eppure Ariel non poté fare a meno di trovarlo incredibilmente attraente mentre si scostava un ciuffo di capelli dal viso, rivelando così in modo definitivo il suo sguardo di ghiaccio. Doveva avere all'incirca la sua età ed un giovane ragazzo in giro per Central Park accompagnato da una mezza bottiglia di whiskey nascondeva abbastanza mistero da catturare completamente la sua attenzione. Per non parlare del braccio metallico, o ricoperto di acciaio che fosse, quello era roba forte, insomma non si vedeva mica tutti i giorni.
Le parole del ragazzo non la colsero di sorpresa ma la appagarono, così come ogni complimento velato o esplicito che riceveva era solito fare. Una leggera risata spontanea fuoriuscì dalle sue labbra mentre cominciava ad applaudire delicatamente, facendo scontrare la mano sinistra sul polso destro per via della bottiglia di birra ancora stretta tra le sue dita. «Wow! Mi sei piaciuto cazzo.» Esagerando teatralmente si alzò dalla sua postazione, continuando ad osservare i movimenti del ragazzo mentre si accendeva una semplice sigaretta. «Devo ammettere che mi aspettavo di più dalla lite. Un po' di azione, ecco.» Gesticolava per dare enfasi alle sue parole, come se il marcato accento inglese non bastasse. «Mi hai conquistata,- in quel momento si girò, sistemando un libro sopra all'altro e affiancando ad essi il casco della sua moto con pochi movimenti lenti. -quasi.» Una volta ritornata al contatto visivo con le iridi azzurre del ragazzo, Ariel si avvicinò sorridente, lasciando che la sua spalla si scontrasse con il braccio di lui. Quello sano, ovviamente, non era così stupida come poteva volutamente apparire. «Sono curiosa. Cosa c'è in programma per la notte più bella della mia vita, Mr. bad boy?»
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.«Non bere. Non parlare con gli sconosciuti. Non ti allontanare da casa. Non ti fidare, di niente, di nessuno.» Regole, divieti, rotture di coglioni. Poi puntualmente Ariel si ritrovava a fare l'esatto contrario di ciò che i suoi genitori le avevano ripetuto come un mantra per tutta la sua breve vita. Ormai era diventata quasi un'abitudine, violare le regole solo per potersi sentire libera. Fare qualsiasi cosa le sembrasse insensata per sentirsi viva.
Ascoltava le parole del ragazzo con gli occhi socchiusi e il volto leggermente piegato verso un lato, beandosi di quella voce così profonda e di quella proposta così terribilmente invitante. Sarebbe stato pericoloso e avventato, certo, ma Ariel già pregustava il vento tra i capelli e la sensazione di sentirsi finalmente libera.
Aprì gli occhi di scatto, cercando il contatto visivo con il misterioso ragazzo e mordendosi il labbro per tentare di nascondere l'eccitazione che presto sarebbe comparsa nel suo sorriso. Aveva trovato ciò che stava cercando, poco le importava del rischio che lei e la sua moto avrebbero potuto correre nelle mani di un ragazzo palesemente ubriaco. Lasciando un sorriso malizioso come unica risposta all'invito del giovane, Ariel si girò per raggiungere la panchina lentamente. Tornò da lui pochi istanti dopo, con la borsa piena di libri su una spalla, e lasciò che le chiavi della moto cadessero all'interno del casco prima di porgerlo al suo interlocutore. Nel frattempo aveva indirizzato la mano libera verso la bottiglia di whiskey, muovendone lentamente le dita e rendendo evidente la sua richiesta. «Che dici.. Puoi accettare lo scambio?» Con il suo solito sorriso sghembo avrebbe sostenuto lo sguardo del ragazzo, ricambiando l'occhiolino che poco prima le aveva rivolto. «Seguimi.» Lo avrebbe condotto alla sua moto in poco tempo, desiderosa di iniziare un'avventura di qualunque genere.
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.Noah J. Brody - Lycan • Traveler • Student
Mi sono fermata qui perché non sapevo quando fermarmi, ma puoi tranquillamente arrivare a quando riescono a scappare, Noah si fermerà dopo essere usciti da Central Park e aver raggiunto un vicolo un po' nascosto.. -
.Un sorriso vittorioso si dipinse sulle labbra marcate di rosso della ventiduenne non appena le sue dita si strinsero attorno al collo della bottiglia. Vittoria su cosa, poi, nemmeno lo sapeva. Ciò che sapeva, però, era che almeno quella sera avrebbe potuto fare ciò che voleva, come lo voleva e semplicemente perché voleva farlo. Come al solito, le possibili cattive conseguenze e i rischi servirono solo ad incentivare le sue scelte sbagliate.
Fece strada al ragazzo fino alla sua adorata moto, sorseggiando di tanto in tanto parte del liquido amaro rimasto nella bottiglia. Una volta arrivati a destinazione afferrò il suo secondo casco, rivolgendo un ultimo sorriso malizioso a quello che sarebbe stato il suo compagno per quella serata insolita. «Adesso sono nelle tue mani, immagino.» Salì sulla sua moto come passeggera, beandosi del contatto creatosi tra i loro corpi e dell'adrenalina del momento. Istintivamente accontentò la richiesta del ragazzo, accompagnando l'abbraccio ad una risata spontanea. «Direi che qualche banalità possiamo permettercela.» Il suono familiare del motore della sua moto la portò a stringersi più forte all'imponente fisico del ragazzo mentre un'espressione inizialmente spaesata si dipinse sul suo viso. Durò solo pochi istanti.
Sfrecciavano tra le colline del parco più grande che avesse mai visitato, immersi nel completo silenzio e nella più bella solitudine. Ariel non chiuse gli occhi nemmeno per un istante, godendosi quel momento che la avrebbe fatta sentire finalmente libera. Aveva trovato ciò che stava cercando e lo avrebbe vissuto appieno. Spostando le mani dal busto alle spalle del ragazzo, esercitò una leggera pressione su di esse, alzandosi sui pedali del passeggero e assumendo una posizione quasi eretta. Il vento sul volto non le avrebbe impedito di urlare a squarciagola, per poi ritornare a sedersi con una risata così spontanea da sembrarle finta.
Il ragazzo si fermò su un ponte del lago, spegnendo la moto e immergendo il parco nel suo solito silenzio serale. «Possiamo fare tutti i giri che vuoi.» Avrebbe dovuto ringraziarlo, probabilmente, per quel senso di benessere che cominciava a inondarle il petto a causa anche del whiskey che stava trangugiando senza sosta. Approfittando del silenzio, Ariel mandò giù un sostanzioso sorso di liquido per poi rivolgersi al ragazzo che stava praticamente abbracciando. «Io sono Ariel, comunque.» Si sporse leggermente dal sedile, sciogliendo l'abbraccio con l'intento di guardare il suo interlocutore negli occhi. «Posso sapere il nome del mio cavaliere?» Il suo sorriso malizioso avrebbe reso quelle parole terribilmente meno eleganti ma ad Ariel poco importava, non era brava a nascondere le sue emozioni e non desiderava farlo, in ogni caso.
La loro conversazione fu bruscamente interrotta da delle urla adirate e dalla presenza delle guardie del parco alle loro spalle. Il leggero senso di panico fu immediatamente sostituito dalla solita adrenalina dopo una semplice parola di Noah. Scappare. Era esattamente ciò che desiderava ardentemente fare. Scoppiò in una fragorosa risata, stringendosi nuovamente al busto del compagno. «Vai, vaivai, veloce!» Per un primo momento si ritrovò ad osservare la strada alle sue spalle, almeno finché le guardie non furono inghiottite dal buio della sera. «Seminati!» Rimase poi in silenzio, lasciando che Noah conducesse la moto fino ad un vicolo buio e decisamente discreto. Scese così dal suo mezzo, liberandosi dal casco prima di riuscire a sistemarsi i capelli scompigliati dal vento. «Te la sei cavata bene.» Si appoggiò al fianco della moto, continuando a fissare il ragazzo che le aveva letteralmente salvato la serata.
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.Noah J. Brody - Lycan • Traveler • Student
Naturalmente c'è del condizionale, non oso muovere la tua pg ♥. -
.Noah. Le piaceva Noah. Sia il nome che il misterioso ragazzo che la aveva portata in quel luogo un po' squallido, la sua sicurezza e quei capelli ricci apparentemente indomabili che spesso si spostava dal viso. Insomma, era piuttosto soddisfatta della piega che quella serata stava prendendo, tanto da non trattenere un sorriso malizioso mentre osservava i movimenti del ragazzo. Sembrava frettoloso, quasi impaziente di dimostrarle qualcosa che Ariel ancora non aveva colto. Che fosse bello e sicuro di sé lo aveva capito fin da subito, eppure era estremamente curiosa di conoscere di più riguardo a quel ragazzo che, con estrema calma, la stava invitando a salire nuovamente sulla sua moto. Quale ragazza avrebbe potuto rifiutare un invito del genere? E soprattutto, per quale motivo? Si era fidata di lui una volta, semplicemente perché alla ricerca di una sensazione di libertà che era solita trovare solo nelle situazioni estreme, e ciò che era successo le era piaciuto, Noah era finalmente riuscito a smuovere qualcosa di fermo da troppo tempo.
Ariel lasciò che il ragazzo la spostasse al di sopra del sedile, guardandolo nei limpidi occhi azzurri prima di infilare nuovamente il casco. «Vediamo se riesci a sorprendermi anche questa volta.» Non era propriamente una sfida, infondo sperava vivamente di poter passare una piacevole serata all'insegna delle cazzate e delle decisioni sbagliate. Si strinse nuovamente a lui, soddisfatta del contatto tra i loro corpi e del rumore familiare della sua moto che partiva una seconda volta.
Ancora non poteva affermare di conoscere bene le varie zone della grande mela ma di una cosa era certa, si stavano dirigendo verso un quartiere piuttosto ricco o le case attorno a loro non avrebbero avuto quell'aspetto costosissimo. L'Upper East Side, l'ultimo luogo al mondo in cui Ariel credeva di poter essere portata da un ragazzo ubriaco conosciuto a Central Park. Ci era cresciuta in ambienti del genere e non credeva di arrivare a frequentarli anche a New York. Uno sguardo sorpreso e sospettoso al contempo si posò su Noah mentre i ragazzi scendevano dalla moto, liberandosi nuovamente dai fastidiosi caschi. «Tu... abiti qui?» Neanche il tempo di finire la frase che osservò il compagno estrarre qualcosa dalla tasca per poi piegarsi in avanti, verso la serratura della porta. Peccato che quel qualcosa non fosse un mazzo di chiavi. «Ah, interessante.» Come per ironia della sorte, Ariel si ritrovava ad infiltrarsi in una casa così simile a quella da cui, per anni, aveva cercato di scappare, eppure non poteva negare che tutto quello fosse incredibilmente eccitante. Con un sorriso osservò la porta aprirsi di fronte a loro e non perse tempo prima di fare il suo teatrale ingresso in quel costosissimo appartamento. «Wow, niente antifurto. Magico.» Strizzò un occhio in direzione di Noah come a sottolineare l'ironia delle sue parole, di certo non poteva sapere quanto tutto quello fosse magico realmente. «Ci vieni spesso qui?» Non che le interessasse realmente il numero di ragazze che si portava a casa di altri, eppure sembrava filare tutto troppo liscio per essere la sua prima volta.
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.Noah J. Brody - Lycan • Traveler • Student.
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.Il fatto di trovarsi in un costosissimo appartamento di Manhattan, in sé, non l'avrebbe mai eccitata più di tanto, Ariel era abituata a quello stile di vita e non amava di certo rivivere le esperienze del suo passato. Tuttavia doveva ammettere che Noah fosse riuscito a rendere il tutto più interessante, aggiungendo una nota di pericolo ed illegalità ad una situazione altrimenti facilmente detestabile per la londinese. Si guardò intorno, constatando che la casa non fosse poi così diversa da quella in cui aveva vissuto, fatta eccezione unicamente per gli alcolici a portata di mano. I suoi noiosissimi genitori non avevano mai lasciato accessibile la credenza alla ragazza, celandole l'unico divertimento possibile in quelle mura opprimenti.
Con una smorfia soddisfatta osservò i movimenti di Noah, sfilandosi la giacca e poggiandola sulla prima sedia che incontrò mentre si avvicinava al ragazzo. Sapeva che le domande, prima o poi, sarebbero arrivate ma poco le importava, non aveva niente da nascondere e il suo interlocutore non sembrava in ogni caso farsi molti problemi circa la sua incoscienza.
«Chi sono io?» Accettò con un sorrisetto divertito l'insolito bicchiere di whiskey e cercò un ripiano della cucina su cui sedersi, avrebbe potuto dire così tante cose sul proprio conto che si ritrovò quasi in difficoltà per i primi istanti. «Diciamo che sono abbastanza abituata a tutto questo.» Così abituata da potersi permettere un cambio di veicolo, in caso ce ne fosse stata l'esigenza. «Calici di whiskey a parte, ma mi piacciono.» Si guardò velocemente intorno per far intendere il suo riferimento al ragazzo ma Ariel non amava discutere delle sue folli ricchezze. L'attenzione, come sempre, venne spostata così sulla sua persona.
«Comunque... Confidavo nel fatto che il pazzo preferisse rubare me, piuttosto che una bella moto.» Sorseggiò lentamente dal suo calice senza perdere il contatto visivo con Noah per poi rivolgergli una smorfia maliziosa. Si stava divertendo, il ragazzo la incuriosiva ed al tempo stesso il suo modo di fare così sicuro e smaliziato la eccitava.
«Quindi dimmi-» Accavallò le gambe, riversando il suo sguardo scuro ed interessato in quello chiaro del compagno. «-cosa ti ha convinto?» Non era propriamente in cerca di lodi alla sua persona, anche se mai le avrebbe rifiutate. La sua era più una provocazione non troppo celata. Infondo, Noah la aveva portata lì per un motivo e, in un modo o nell'altro, avrebbe dovuto risponderle.
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.Era una situazione piacevole, Ariel se ne stava seduta su un ripiano di quella costosa cucina con il calice di vetro ben stretto tra le dita, mantenendo una posa alla quale era anche fin troppo abituata. Eppure niente, in quella casa, riusciva davvero a ricordarle del suo passato. Ogni sua solita insicurezza sembrava scivolarle addosso grazie alla sola presenza di quel misterioso ragazzo. I suoi occhi blu, decisi, che sembravano capaci di spogliarla e di leggerle dentro con un solo sguardo e che, al tempo stesso, la mettevano a suo agio più di molte altre iridi conosciute nel tempo. I complimenti, il palpabile desiderio che aleggiava in quella stanza finemente arredata, quelli erano sempre stati il miglior antidoto alla sua solita paura di non rimanere impressa nella mente di un qualsiasi interlocutore. E poi la droga, quella finissima polvere bianca che improvvisamente la spinse ad abbandonare la sua postura elegante e perfino il calice, pochi centimetri alla sua destra, per poi cominciare ad avvicinarsi lentamente al tavolo sul quale era in atto una scena fin troppo conosciuta, adorata quasi. «Fai pure.»
Non lo avrebbe mai immaginato, non lo immaginava mai. Eppure Noah sembrava possedere ogni carta in regola per diventare ciò di cui lei aveva bisogno, lo aveva compreso fin dall'inizio, lo aveva sentito immediatamente una volta avvicinatasi alla sua figura misteriosa e apparentemente pericolosa. Ma infondo ancora non comprendeva chi dei due potesse costituire il peggior pericolo per l'altro. Si sedette di fronte a lui e rimase ad osservare, rapita, le sue dita abili che sfogliavano carte e banconote, nello sguardo un desiderio duplice e facilmente interpretabile.
«Ti stai praticamente offrendo volontario per fottermi il cervello.» Un sorriso malizioso le incurvò le labbra come a smentire la serietà che avrebbe dovuto caratterizzare le parole appena pronunciate, la sua mano si tese al di sopra del tavolo e in direzione del ragazzo mentre le sue dita si mossero leggermente. Avrebbe afferrato la banconota per poi alzarsi dalla sedia che aveva appena occupato e sporgersi in direzione di Noah, imitando ogni suo movimento. Infine, una volta buttato il capo all'indietro, uno sguardo più lucido e sincero si sarebbe posato sulla figura del ragazzo, ormai così vicina da poterne quasi percepire il respiro. «Mi piace.»
E se il suo primo segreto desiderio era stato esaudito, immediatamente il secondo si fece strada nella sua mente ancora eccessivamente lucida, spingendola ad eliminare la distanza che la separava da Noah. Si sarebbe fermata ad una manciata di centimetri dal suo volto, conscia del fatto che quel gesto avrebbe difficilmente potuto sorprendere il ragazzo ma desiderosa di incontrare, nel suo sguardo, il medesimo desiderio che brillava nei suoi occhi scuri.
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