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Yael & Riley | Luogo imprecisato, Canada - 24 Novembre '22

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    Non c'è altro posto che tu possa amare quanto questo, Yael. Mesi di pace, mesi di amore. Mesi di un Riley lontano dalla sua gente, lontano da quel mondo che non sai se sia già pronto ad averti. Cammineresti tra le sue fila, perché a fianco di Riley faresti qualunque cosa. Ma adesso è rischioso, lo sai, adesso c'è Elias, l'altro amore immenso della tua vita. Il tuo cucciolo, il tuo piccolo grande erede.
    Maledetto dal tuo sangue e da quello di suo padre, non c'è dubbio che sia vostro. Ora lo sai che tutta quella sofferenza è servita a qualcosa: a trovarti qui, nella tua natura. Qui dove il ringhio selvaggio della bestia è libero, dove l'incauto che si avventura troppo avanti trova la morte e nessuno se ne fa specie, se ne preoccupa.
    Non sei sicura che questo sia il posto per Riley, magari è solo un'oasi temporanea di pace, e ci ripensi - a cosa avete lasciato laggiù - quando apri gli occhi in piena notte. I vostri sensi sono diventati sottili, i respiri flebili, ad un movimento di Eli siete in piedi. Tu a volte prima, perché sei abituata a percepire i movimenti, anche quando Riley non dorme e non te lo dice. Tu non puoi fare lo stesso, non siete pari, ti legge tanto velocemente che a volte non serve parlare.
    Ma adesso ti scosti dal suo corpo caldo, sfili la mano dal suo torace, ti addormenti se senti il cuore battere. Ma adesso i pensieri sono troppi e non ci sei abituata. Fino a poco tempo fa ti preoccupavi solo della Luna e di come nascondere la tua vera natura davanti al prossimo. Ti preoccupavi di piacere ad un barista, di non mangiarsi il suo coinquilino cane e di non farti staccare il collo dalla famiglia Colroy.
    Ti preoccupavi di allenarti bene con Lucian. Dio, non gli scrivi da settimane, forse mesi. E' che il Canada ti inghiotte, ti accoglie, è un vestito che ti calza perfetto lungo la pelle diafana.
    Come la vestaglia leggera che indossi, perché il freddo per te non esiste, non lo percepisci come fanno gli altri. I capelli lunghi ti ricadono mossi fino alla fine della schiena, sono cresciuti con te, ma tu non sei tanto diversa dalla ragazzina che camminava al buio di Staten Island. Hai solo donato un'altra parte del tuo cuore all'ennesimo Colroy. Colui per il quale daresti la vita ogni giorno. E lo guardi ora, Elias, dorme beato, non osi toccarlo perché svegliarlo richiamerebbe un incubo e va bene che stia buono, tanto suo padre si starà già accorgendo che non ci sei, che ti sei affacciata alla grande finestra. L'occhio alla luna piena, così umana.
    Lucian.
    Ci ripensi, ancora, a lui che resta laggiù nel vostro vecchio mondo, senza nessuna stabilità ora che voi non ci siete. Lucian che ti ha chiesto solo di essere una famiglia per lui, come lui sarebbe stato per te. Dovresti scrivergli, bambina mia, ma è rischioso.
    Devi chiedere a Riley, perché è il solo che può muovere il mondo. Lo aspetti, in piedi, di spalle, vuoi sentirne i passi dietro la schiena, la mano lungo i fianchi, il fiato caldo trai capelli.
     
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    Non è la prima volta che basi la tua vita su una cazzata. Che ti modelli su di essa. Che a forza di dirla finisci per crederci così tanto anche tu da non renderti conto di cosa pronunci. Non è la prima volta che menti e che mentendo poi rimodelli te stesso. Ti costruisci su una finzione tanto da iniziare ad amarla con il passare del tempo. Perché sei così, Riley e non sai funzionare bene se non ami. Se anche nelle cose peggiori non finisci per metterci tutto te stesso.
    Ma questa vita non ti sembra così sbagliata. Anche se ciò che si sa è che hai trovato un posto dove poterti finalmente disintossicare. Un posto in culo al mondo dove a nessuno è permesso avvicinarsi fatta eccezione per tua moglie e tuo figlio. Una sorta di comunità, ecco, che non può vedere la vicinanza di amici e parenti se non di quelli necessariamente stretti. E Yael è stata ammessa perché non può vivere come una ragazza madre, non quando Elias è così piccolo e così bisognoso di entrambe le figure di riferimento.
    Ovviamente sono cazzate, ma sembra che qualcuno ci abbia creduto. Che più di qualcuno si sia fatto andare bene questa versione dei fatti. Magari, invece, volevano liberarsi semplicemente di te, ma questo a te non tange: non è il primo pensiero che sa venirti alla mente. Niente che effettivamente sa sfiorarti.
    Eppure a volte, anche se è facile leggere nella mente di una bestia tanto semplice come Yael, pensi che persino lei tutto questo sia una cazzata. Che lo sia tu, l'ossessione che vi accumuna. L'odore della pelle e del sangue a far da legame.
    Ma la tua potrebbe essere benissimo una paranoia già vista e rivista, nulla di davvero nuovo o stravolgente, tanto che non gliene parli, né assumi atteggiamenti atti a distruggere il vostro equilibrio. Che sì, certo, sarà anche una bugia ma tu a questa finzione ci tieni. Tieni ad ogni muro di questa casa, ad ogni ansimo strappato nel cuore della notte. Adori ogni vagito di tuo figlio, ogni suo respiro, anche quel pianto del cazzo che non sa farti dormire.
    Avevi decisamente bisogno di questo, eppure più te lo dici, più finisci per crederti stupido. Un ragazzino con ancora troppi sogni. Un vecchio che non accetta di invecchiare. Che seppur ci provi, comunque, finisce per non sapere come lasciarsi andare.
    Allora la segui. La osservi vivere sperando che la vita che tu le stai dando le piaccia. Le calzi perfettamente addosso. Non sia mai troppo stretta o troppo larga. Che sia giusta e basta, nulla di troppo, ecco. Che a te non piace strafare.
    Nemmeno nei passi, nella vicinanza che le regali. Quando una mano lungo il fianco finisce sempre per significare una sola cosa.
    Un ringhio, ad esempio, che però viene sommesso. Trattenuto a sufficienza.

    "Non credevo fosse forte abbastanza da impedirti di dormire."
    Lucian, dici, che senti sempre vorticare nei suoi pensieri. Come un pensiero fisso che però Yael tiene adeguatamente a bada. Nascosto senza far capire che lo sta nascondendo davvero, ad esempio. In un angolino come se lo avesse inavvertitamente e senza nemmeno pensarci accantonato lì.
    Ma Lucian non è mai stato tanto distante, non davvero. Non nell'odore o nei sogni. Negli ansimi, ad esempio, che con forza hai piegato affinché fossero solo e soltanto tuoi.

    "Sei già stanca di questo?"
    Lasci scivolare una mano verso la coscia. Nella veste, tra l'intimo. Oltre la peluria leggera. E leggera è anche lei, che non deve far male, serve semplicemente come monito.
    Ed il tuo non è un ringhio adesso, solo una domanda di circostanza. Un momento nel quale ti sforzi di essere nuovamente il primo se non l'unico e basta.
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    Quando Riley si muove, sposta il tuo universo, attiva i tuoi ringhi, muove i tuoi muscoli. Ma non sei la sua marionetta, qualche giocattolo con cui poi finire per stancarsi. Tu sei diversa da tutte quelle ragazze di pezza, da quelle umane scialbe, miserabili, veneranti. Quelle che ai suoi piedi si prostrerebbero lasciandosi consumare dal suo ego. Consumare dalle sue dipendenze, a cui l'hai strappato ma che non sei sicura non abbia assecondato per quelle volte in cui non è tornato a casa.
    Tu non sei la via più facile e non lo è lui per te. Ma è la via che vuoi, che brami, la via che non tradiresti mai. Si basa su una lealtà di sangue, sulla prima volta in cui il wendigo che covi ha lasciato al wesen lo spazio per cacciare assieme. Per amare.

    E tu ami con la possessione di una bestia, con la ferocia di una creatura che non è mai domata. Perché possono essere passati due anni da quella lotta nel sangue, dall'unione nel buio, ma per te non è passato che un battito di ciglia. Tu aggredisci, è solo così che ami, e d'altra parte con Elias sei dolce, mortifera, devota. A lui ed a Riley sai dare la stessa quantità d'amore e protezione e se non torni a riunire una famiglia è solo perché il tuo cucciolo ancora non sa camminare da solo. Quando si alzerà sulle zampe con più sicurezza, sei certa che arriverà il vostro tempo, che quello che vi manca nel cuore. A lui può non servire una famiglia, ma il suo patto con il Colroy è più alto del tuo, quasi pari a quello che avete stretto sposandovi di corsa, fuori dai loro fari. Fuori da un controllo che ogni tanto vi rende paranoici. E tu sei sempre pronta a lottare per la tua famiglia, sempre Yael. Tu che credi di aver capito come agisce la mente di Riley, come amano le sue ossa, i muscoli.
    Tu che sei di marmo ma ti sciogli quando la sua mano finisce dove tu la vuoi, e ne accompagni il polso stringendoci piano le dita attorno. Parli in sussurri, alla coppia riflessa nel vetro. "Mai, Riley. Io ho sempre fame..." di lui, dei suoi modi, della guerra che combattete per domarvi l'uno con l'altra.

    "Ma Lucian non è al sicuro." E vi siete fatti una promessa, su quel molo, prima che tu partissi. Non ti manca solo lottare come animali in quel ring, ti manca il modo in cui docilmente sperava di farti cedere al sentimentalismo. Forse ci è riuscito solo Elias. "Dobbiamo portarlo via da li" Voi due, tu e Riley perché siete nomi inscindibili.
    "Liberalo, Riley" un ordine che profuma di preghiera, di sguardo che gli rivolgi girandoti tra le sue mani, guardandolo negli occhi. I tuoi sono grandi, profondi, sinceri. Non hai mai potuto mentirgli, ma di natura non sai neanche come si faccia. "Lui è come me" e tu empatizzi.
     
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    Le sue fusa sono motivo di orgoglio per te. Un'ulteriore conferma a ciò che siete, a ciò che state costruendo. E ti ci crogioli, Riley, come un bambino sa crogiolarsi nell'abbraccio di sua madre. Ti lasci cullare e vivi di questo. Di quelle delicatezze che credi di non saper richiedere a voce, ma delle quali sai bene di aver bisogno.
    E forse capisci, seppur in un ringhio che tieni soppresso in petto, cos'è che sta cercando di dirti Yael. Che è sincera, ormai, quasi come se avesse compreso com'è che funziona tra di voi. Com'è che funzioni tu quando hai i tuoi dubbi e allora fai fatica a districarli con della semplice fiducia. Non sei un uomo che sa riporla così bene.

    "La nostra famiglia se ne prende cura, lo sai."
    Ma hai un sopracciglio alzato per questo. Un momento di disappunto che però mordi lungo la lingua. Perché non vuoi che Yael si distrai concentrandoti sulle tue reazioni, affatto. Tu hai bisogno che lei si liberi dei propri pesi e che lo faccia senza che tu finisca per leggerle i pensieri. Non vuoi più manipolarla, infilando mani laddove sarebbe meglio non infilarle. Non è un burattino per te, ora che ha messo al mondo il tuo primo figlio maschio. Lei è l'amore della tua vita.

    "Tu ne senti la mancanza, non è così? Lo vorresti qui con noi, come una famiglia?"
    Ma non c'è rabbia in ciò che dice, solo un leggerissimo stupore. Un momento che soppesi, che usi per cercare di empatizzarla. E forse la capisci. Capisci la territorialità della bestia. Quel senso di branco che non hai mai potuto percepire in famiglia. Perché con Emma vi siete persi. Ma d'altro canto, è stata la tua dipendenza, quella che ora usi come capro espiatorio, ad allontanarti dal resto.
    Trattieni un sospiro. Uno che però accompagna la mano lungo il suo petto. Lo risali, ricerchi il suo cuore in una presa che non è ferina. Ne accarezzi semplicemente l'addome, delicato.

    "Quanto è importante per te questa cosa?"
    Chiedi semplicemente, desideroso di sapere, di capire come effettivamente muoverti. Che se lei ha voglia di qualcosa allora quel qualcosa lo otterrà. Yael è la tua regina e tu, da bravo re, non hai alcuna intenzione di deluderla.
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    Riley non ha mai smesso di farti questo: lui guarda nella bestia, prende ogni suo respiro e lo divora. Lo dilania fino al giorno in cui ella prende vita. E allora tu diventi il potere, detieni le catene del Wesen, lo spingi sotto i tuoi piedi ma lo fai con l'amore di chi non sa farne a meno. Un amore selvatico, indomabile, spaventoso.
    Un amore che nel generale un figlio non ha cessato di esistere. D'altronde lui è figlio di una dinastia malata, corrotta e tu sei la ragazzina che l'ha fatto uscire dalla gabbia d'oro e sangue, di granito.
    Perché magari si i Colroy che non vi stanno cercando con i forconi si staranno pure prendendo cura di Lucian, ma sai quanto siano volubili. Hai solo la terribile sensazione di aver lasciato laggiù una promessa non mantenuta, un fratello dimenticato. Ti ricordi di Dylan, vero? Ti ricordi di come ti è stato strappato via prima ancora che tu potessi vederlo in viso?
    Per questo cerchi la mano di Riley, te la porti su fino al collo, la spingi li. Vuoi sentire come ti accarezza il viso, che ti tenga sul il muso mentre in quei ringhi più dolci ribadisci il tuo concetto. Non vuoi che pensi niente di sbagliato, tu non vuoi "riprodurti" con nessun altro, neanche se si tratta della tua stessa - e molto rara - specie.

    "Lo vorrei libero perché non siamo animali da compagnia. Non è al sicuro." e c'è dolore in questo respiro, dolore quando gli occhi ricercano i suoi, si aprono piano e con sicurezza. "Chiamalo qui, fallo andare via da loro, non so come ma tu puoi, Riley. E poi lui vedrà cosa fare" della libertà che gli darete, non è così? Della libertà che Riley può donare quando anche a te strappa un ansimo solo per il modo in cui ti tocca. Tanto che la voce - seppur accorata- resta flebile e cauta come un sospetto, un po' ringhiato perché resto una bestia anche quando ti vesti della sua nobiltà.

    "È molto importante" e sei stabile nel dirlo, solida come lo sono sono i tuoi sogni negli ultimi tempi. Anche se lo può leggere il tuo dubbio, il tuo rimorso nello spingere una richiesta fino in fondo, anche quando in te è disperata. Tu non preghi nessuno. Non ti pieghi a nessuno. Solo a Riley.

    "La mia famiglia sei Tu. Tu ed Elias. Ma ho già perso un fratello, non voglio che succeda ancora" perché non hai mai voluto ammettere quanto Lucian lo sembrasse. Tu l'hai sempre respinto pur di non soffrire e non meritare niente: questa forza te la sta dando Riley, la sua vicinanza ed il modo in cui sa credere in te. Ma di, anche quando lo tenevi a distanza era solo perché non sapevi come spiegargli di volerlo vicino. Ora se puoi, se i tuoi sogni non sono arrivati tardi, vuoi fare qualcosa per Lucian. Vuoi redimerti da quel peccato che hai commesso lasciandolo fuori dalla tua vita, credendo di non sentirne mai la mancanza. "Riley-" un brivido.
     
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    La tua mano la ricerca, la ripercorre lentamente, decisa. Lo fai spingendoti laddove già conosci avvallamenti. Dove la peluria è così leggera, quasi trasparente, da far solo un leggero solletico al polpastrello. Ne respiri l'odore. Il modo in cui il profumo del sudore cambia e allora le ghiandole sudoripare secernono altro, un odore che dovrebbe farsi più pungente, più avvolgente. Affinché tu possa avere ancor più voglia di lei, adesso. E smetterla così di pensare a qualcos'altro che sappia distaccarsi dal bisogno di una conciliazione tanto forte. Ma non vai tanto oltre, ti serve restar ligio, rigido quanto basta per sapere che movimenti del genere servono solamente ad addolcire lei. Ad ammansire lei.

    "Sai bene come funzionano certe dinamiche."
    Cos'è che un patto, una promessa comporta, sopratutto in ambienti come il vostro, dove tu stesso fai fatica a ritagliare un luogo, una porzione di mondo che sia semplicemente tua. Lontana dalla famiglia, dagli obblighi che il sangue ti fa scorrere nelle vene. Sai bene come sia difficile scappare e come spesso non sia possibile se non rimettendoci la vita. E qui nessuno ha voglia di morire adesso che in palio c'è troppo: c'è una famiglia, due figli meravigliosi, una moglie altrettanto piacevole.

    "Questo comporterebbe chiedere a Lucian di scegliere tra una vita diversa e la sua Vivianne. Per cosa poi? Mi piace il modo in cui chiedi, esigi, ma non ti soffermi a chiederti cos'è che l'altro potrebbe pensare...desiderare."
    Ma non è un modo che hai per instillare in lei un senso di colpa. Non la stai sgridando, anzi, stai semplicemente sorridendo al potere che lei esercita, al modo in cui pretende quasi senza scrupolo, proprio come una regina del cazzo.

    "Sai cosa succede se non accetta?"
    Le sposti i capelli dal collo per baciarglielo, per spingerci contro i denti in un sospiro profondo, caldo, bollente.

    "Dovrò svuotare la sua testolina. Bere ogni suo ricordo come fosse limonata."
    Sospiri.

    "Patto richiama patto."
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    "S-si. Io, lo sto imparando..."
    Imparo a capire come funzionano le cose nel tuo mondo, Riley. Con la tua famiglia che abbiamo lasciato per far vivere Elias lontano ancora un po'. So che è anche la mia famiglia, che non ti piace quando non ne parlo al plurale, ma Riley, ti prego, ascoltami. So che per te resto la musa selvaggia, quella voce che ti lascia libero dalle catene. Il ferro che corre lungo le scaglie della tua schiena, e di nostro figlio che un piccolo drago come te.
    Io vi amo, Riley, non potrei mai mettere a rischio nessuno di voi e dovranno passare sul mio cadavere anche quando non vuole che lo facciano. Lo so che non vuoi. Lo so che siamo tutto anche noi per te.
    Io non sto scegliendo un giocattolo nel voler portare qui Lucian.


    "Glielo chiederemo. Capiremo se è quello che vuole."
    Rettifico, cambio ordine, rimodulo tutto affinché sia facile per te capirmi e per me riportare lo scettro alla mano, come se il mio corpo non bastasse mai a convincerti. Il mio profumo, il bosco che di cui sei dipendente per disintossicarti. Io, Riley, sono davvero la tua regina, anche se non nel modo in cui i Colroy vorrebbero. Sono una creatura, meno umana di quanto si pensi, sono una straniera nata trai venti selvaggi del nord. Ma più di ogni cosa, tu sei mio.
    E se anche Lucian ha bisogno di una via di fuga, se senza di noi lì a dargli uno scopo è vessato da Emma, se lo sente il bisogno di andare più a fondo, di riprendere le sue radici ed una nuova vita che prenda forma.


    "Accetterà"
    Ma miagolo, quasi, in un ringhio basso quando mordi, quando con la dita mi aggrappo salda alla tua schiena, poi giù lungo i fianchi. Riley se la mia casa, l'albero segnato dai miei artigli. Ed io sono il nudo che hai scelto per nostro figlio.

    "Ma adesso bevi me"
    Prima che Elias si svegli, e che io debba ignorare il suo pianto. O che Ruth ne segua.
     
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