Votes taken by fear(less)

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    [NO SPAM] Hellooo <3 La "Christmas Lottery" è terminata, vieni a scoprire se hai vinto e se hai diritto a premi in più :3
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  3. .
    Tiesa Jomantaite [ | sheet ]
    [ Agent - 29 y.o. - N.P. ] Sarah Wyatt | @

    Aveva una sola ed unica chance. Non poteva fare errori o ne sarebbe valsa la sua vita... oltre al suo lavoro.
    Era stato duro prepararsi, lo era sempre: fare ricerche, lasciare la sua identità per indossarne un'altra inedita e totalmente opposta alla propria... Tiesa non si sarebbe mai abituata.
    Il fatto che sua sorella Rami non fosse lì ad aiutarla, poi, l'agitava particolarmente: era la sua partner, lavorava al suo fianco sin da quando ne aveva memoria, avevano condiviso ogni cosa (allenamento, dolore, disgrazie)... l'una era sempre stata la roccia dell'altra... per questo, da quando aveva scelto di prendersi una pausa, per Tiesa era stato difficile andare avanti.
    Non accettava la sua decisione, lo riteneva un affronto, un tradimento. Eppure doveva capirla... Rami ne aveva abbastanza, voleva iniziare a vivere una vita normale... lontana dalla criminalità, dagli obblighi e da tutto ciò che le aveva fatto male.
    Come se a loro fosse possibile, come se loro avessero una scelta.
    Doveva fargliene una colpa? Era di così vitale importanza esser talmente egoista? No. Affatto... ma probabilmente l'avrebbe capito soltanto quando sarebbe stato troppo tardi.
    Era da un po' che non parlavano comunque: quando si guardavano non avevano niente da dire, i loro visi esprimevano tutto quel che sembravano aver dentro... e non erano di certo delle belle sensazioni.
    Così l'aveva fatto: Rami s'era allontanata e lei s'era data al lavoro. Aveva osservato con attenzione tutto quel che le capitava attorno ed ecco che la distrazione - il caso adatto -, aveva bussato alla sua porta, accompagnato da pensieri che le avevano già fatto drizzare le orecchie tempo addietro.
    Sapeva che avrebbe rischiato grosso: riuscire anche solo ad infiltrarsi nei Jackals si sarebbe rivelato una grossa gatta da pelare, ancor di più comprendere i loro piani, con la speranza di intralciarli e sbatter dentro quanti più immischiati possibili.
    Eppure l'aveva scelto lei quel caso, di sua spontanea volontà... l'aveva cercato, quasi bramato... non solo per distrarsi ma soprattutto per dimostrare a sé stessa che sarebbe riuscita ad andare avanti anche senza il controllo continuo di sua sorella.
    Una cosa era certa: quando si metteva in testa qualcosa, molto raramente la lasciava andare, a prescindere del rischio e della sua probabile riuscita.

    Quel pomeriggio si trovava all'Imperial per incontrare Allyn Davies, un ragazzo che si vociferava fosse immischiato nella mafia. Nato nel '94 da una relazione extraconiugale tenuta da Victoria Davies - sua madre -, cresce con Richard - un romanziere di New York deceduto a causa di un incidente stradale - che lo accudisce senza sapere la verità sulla sua paternità. Fratello di una sorella più piccola di nome Deborah, frequenta la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts dove si fa riconoscere grazie alla sua sfrontatezza e alla sua innata abilità nel crear casini... cosa alquanto all'ordine del giorno in famiglia, visto che qualche anno più tardi, il MACUSA, rintraccia un abuso di potere da parte dei Davies, specializzati nell'incantare babbani con l'obbiettivo di ottenere diversi vantaggi fiscali.
    Fu nel 2012 - però - che Allyn sembra compiere il passo più lungo della gamba, quello che dà il via a tutto: il lavoro a Magia Sinister gli apre un mondo oscuro, fatto di affari illegali. E' lì che incomincia a far parte di un'organizzazione criminale che si occupa di procurarsi e rivendere oggetti nel mercato nero. Viene affiancato da una partner, che intorno al Febbraio del 2012, si ritrova costretta ad uccidere un'acquirente, probabilmente sotto l'occhio stupito e spaventato di Allyn (purtroppo non si hanno prove valide in merito della sua presenza), che decide di lasciare l'Inghilterra e scappare in America.
    Le sue traccie spariscono da quel momento, per poi ricomparire qualche anno più tardi, nel 2018. Dalle ultime ricerche sembra proprio che Allyn non abbia perso la sua vena casinista, cadendo un'altra volta nel vertice della criminalità... questa volta non solo come un semplice ladro, ma anche come membro dei Jackals, uno dei gruppi mafiosi di New York. Lui è l'ultimo ad esser stato ingaggiato e - probabilmente - l'unico anello ancora debole.

    - Allyn, Davies. accennò al concierge, certa che il ragazzo fosse già pronto ad accoglierla... o almeno questo era quel che sperava: non aveva nessuna voglia di aspettare, era sempre stata una ragazza impaziente nonostante avesse imparato a nasconderlo. Stanza 380. si sentì semplicemente rispondere. Non attese altro: accennò un brevissimo ringraziamento, camminò verso l'ascensore e dopo esser uscita raggiunse e bussò alla porta che la divideva dal suo criminale.
    Aprendola, Allyn avrebbe trovato Sarah Wyatt, una splendida donna bionda, con tacchi e vestito rosso accompagnata da una pelliccia nera.

    Game on. I giochi erano appena iniziati.


    Okizz io odio startare XD Spero vada comunque bene >.< Per modifiche o altro scrivimi pure in chat, correrò a risponderti <3
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    daphnie mcgowan [ sheet|look ] — 21 — studentessa [ 5° anno ]
    Le feste di Natale si stavano rivelando più difficili del previsto. Jason gli mancava come l'aria e Daph non riusciva a non pensarlo: era sempre lì, nella sua mente. Sembrava non aver nessuna intenzione di andar via e se da una parte lei non poteva che esserne lieta - i ricordi di suo fratello non avrebbero fatto altro che calcare un'impronta sempre più indelebile nel suo cuore -, dall'altra continuavano a stamparle in faccia la realtà che lui non sarebbe più tornato da lei, che ormai era andato via, che l'aveva abbandonata e che non avrebbe più potuto riabbracciarla.
    Era dura continuare il percorso senza di lui: Daph le era sempre stata accanto, suo fratello era la sua anima gemella, la "sua persona" (com'era spesso solito dire tra i giovani) e c'eran stati momenti in cui la rossa aveva realmente creduto di non farcela.
    Si era spesso chiesta cosa mai sarebbe successo se avesse smesso di lottare, di continuare a svegliarsi la mattina ed indossare la solita maschera che era stata costretta a portare sin dalla sua morte. Si domandava se sarebbe riuscita ad addormentarsi senza la possibilità di svegliarsi... se sarebbe riuscita a lasciare tutto ciò che aveva per Jason... ed ogni benedettissima volta che trovava la risposta, non poteva fare a meno di sentirsi sporca, ingiusta. Si struggeva per lui eppure non era capace nemmeno di porre fine alle sue sofferenze, così da raggiungerlo. Perché non era pronta a lasciare la propria vita, non era pronta a lasciare i suoi amici, non era pronta a lasciare Dylan.
    E allora affondava sempre più giù, sempre più in profondità.
    Aveva cercato di tranquillizzare il proprio ragazzo, celare il dolore che ancora attanagliava la sua anima ma non era semplice, soprattutto quando la sera - chiusa nella sua camera - Daph metteva da parte la sua copertura, dando modo alla "rossa originale" di uscir fuori. Piangeva, urlava, si disperava, non dormiva...
    Distrutta, era completamente distrutta.

    Eppure quel giorno aveva segnato l'inizio di un altro capitolo. Jason era andato da lei, l'aveva sentito, l'aveva percepito. Quella notte le aveva parlato, dicendole di non preoccuparsi, di continuare a guardare avanti e di vivere la vita senza alcun indugio. Di farlo per lui, che avrebbe continuato a vegliare su di lei. Non ne aveva ancora parlato con nessuno, né Sofi, né Dylan, né tanto meno i suoi genitori... aveva tenuto la cosa per sé, quasi come fosse un segreto da custodire e diamine, forse era soltanto la propria coscienza ma quel sogno... quell'incontro, cambiò qualcosa nel suo animo: era ancora triste, probabilmente non sarebbe mai riuscita a superare la sua morte, ma almeno poteva accettarla. Così come - pian piano - aveva imparato ad accettare il fatto che tutto quel che era successo non era colpa sua.
    Ironia che fosse accaduto tutto nella Vigilia di Natale, la ricorrenza preferita di Jason.
    Forse non era soltanto la sua coscienza... il suo desiderio... forse, forse un fondo di verità nell'apparizione c'era davvero.
    C'avrebbe pensato successivamente comunque, quel giorno doveva preparasi: non aveva nessuna intenzione di deludere Dylan. L'aveva invitata a cena fuori e nonostante non sapesse esattamente cosa diavolo avesse combinato - né dove sarebbero andati - Daph era al corrente che non appena sarebbero arrivati a destinazione, sarebbe stata accolta da qualcosa che avrebbe sicuramente raggiunto e superato la perfezione. Perciò? Perciò voleva essere perfetta anche lei, perché Dylan se lo meritava, perché aveva perso anche lui una persona importante, perché soffriva - esattamente come lei - e perché, nonostante tutto, le era sempre rimasto accanto, facendole assaporare il sapore di un'altra vita.
    Dylan l'aveva fatta rinascere, le aveva fatto scoprire l'amore ma - soprattutto - le aveva donato una seconda possibilità, un secondo motivo per andare avanti e lei non aveva nessuna intenzione di gettarlo via.
    Lo amava, probabilmente l'aveva sempre fatto.

    Indossava un abito lungo, rosso e stretto in vita, le due spalline le scendevano morbide e leggere. Aveva piastrato i suoi capelli ed aveva terminato il look con dei tacchi abbastanza vertiginosi che aveva comprato qualche giorno addietro. Il trucco era leggero, risaltato da un rossetto rosso che ormai era quasi immancabile. Sembrava... diversa e se ne compiacque.
    Tuttavia era ansiosa, aveva paura di non esser all'altezza delle sue aspettative per questo non poteva fare a meno di girare in tondo, mordendosi il labbro inferiore con forte impazienza.
    Sperava tanto che lui fosse felice... e che avrebbe apprezzato il suo regalo, ci teneva particolarmente... come del resto teneva anche a lui.
    Il trillo del citofono la fece sobbalzare. Cacciò un piccolo sospiro, si specchiò un'ultima volta, afferrò il lungo cappotto nero, uscì da casa e lo vide.
    Ed era bellissimo, come sempre tra l'altro. Cercò il suo sguardo e subito il suo cuore tornò a battere in un ritmo regolare, gli sorrise e si fermò a guardarlo, senza paura di ammirarlo e di fargli leggere negli occhi tutto l'amore che provava per lui. Non aveva senza nasconderglielo, non aveva senso aver paura. Quando anche il suo respiro tornò alla normalità, Daph scosse leggermente il capo e poi lo raggiunse. - Mi sei mancato. sussurrò piano, mentre si sporgeva in avanti per congiungere le loro labbra. Si tirò indietro ancor prima che lui potesse rispondere al bacio e ridacchiò. - Allora... dove andiamo? domandò sorridendo.
    wanna more? ➙ Hime©


    Ho dato per scontato che lei non sapesse neanche che stessero andando a casa sua :3
    Fammi sapere se devo modificare qualcosa, non avrei problemi ^^
  5. .
    Boh... non sono convinta di niente, ma il post è pronto ed è inutile rimandare XD Perciò buttiamoci per prime XD Scusatemi in anticipo per Mama e per tutti gli errori possibili >.<''

    Piccola cosuccia prima di leggere: ho dato per scontato che anche nella Corte la discussione sugli attacchi sia all'ordine del giorno XD Spero di aver fatto bene e di non aver sbagliato >.<'' Dopotutto "respirano" anche loro il "malcontento" del Bronx.





    [+] | hoodoo doctor | black magicians

    negromanzia | psicocinesi | m. elementale | hoodoo's praticles

    appartenente alla congrega nera
    Mama Talutha
    "...sembra si siano ritrovati a vagare per le strade del Bronx senza saperne il motivo. E c'è di più: molti di loro sono persino stati feriti ma non hanno nessun ricordo dell'accaduto." I misteriosi attacchi a danno dei componenti della Congrega erano sulla bocca di tutti. Persino in quella Nera non facevano altro che parlarne, dando vita a veri e propri dibattiti, spesso interrotti da commenti poco graditi. La Corte dei Miracoli sembrava esser diventata la sede di uno squallido mercato del pesce e se c'era qualcosa che Mama odiava era proprio quello: gente che urlava per avvalorare la propria tesi, giudizi infondati e parole poco inerenti al caso sembravan essere ormai all'ordine del giorno. Ma dopotutto era sempre stato così da quando aveva scelto di unirsi a loro... eppure in quel periodo ogni cosa sembrava essersi enfatizzata, compresa la paura, presente negli occhi dei quei poveri topi di fogna, urlanti di terrore.
    Anche tutto il Bronx viveva lo stesso disagio: chi si barricava in casa - spaventato -, chi rincasava prima del calar della sera, chi - invece - dava vita a delle cacce solitarie, probabilmente molto sicuro di sé stesso.
    La maggior parte delle persone aveva individuato l'identità dell'aggressore nella Llorona, uno spettro che al calar della notte scendeva per le vie, urlando tutto il suo dolore per la perdita di suo figlio... il pensiero di Mama, però era diverso. Secondo lei il colpevole di tutto quel trambusto altro non era che un mago, magari un componente delle tre congreghe stesse, probabilmente un hoodoo doctor, in quanto sembrava sapere il fatto suo. Cancellava la memoria alle proprie vittime perciò doveva anche esser molto abile con la magia psichica.
    Se aveva paura di lui? No.
    Se era incuriosita? Abbastanza. Voleva incontrarlo, scoprire i suoi segreti, percepire se sarebbe potuto essere una minaccia ma soprattutto comprendere se avesse potuto stringere un'alleanza con lui.
    Sì, voleva incontrarlo... e voleva farlo anche quella sera, quando una scossa Leanòr continuava a guardarsi intorno sfinita, la voce tremante e l'espressione di chi aveva appena visto la morte in faccia.
    «Scusate, vi avevo chiamato per le aggressioni, ma... Lupe è morte, e io...» e lei non sapeva cosa fare, glielo si leggeva negli occhi, ma non fu quello il particolare a cui Mama prestò più attenzione.
    Aveva ucciso. Era la prima volta? Quanti altri corpi aveva fatto fuori? La donna inclinò il capo di lato, la testa che incominciava a lavorare per trovare elementi o spiegazioni possibili.
    Non era mai stata abile nel confortare gli altri, né tanto meno le era mai importato farlo: il centro della propria vita era sempre stata sé stessa, le terze persone erano soltanto delle anime sconosciute con cui era stata costretta a sostare per determinati periodi della sua esistenza. Anche con Leanòr era così: non era sua amica, né tanto meno una vera e propria compagna di sventura, forse un'alleata, sì... era anche per questo che era corsa in suo aiuto, ma lungeva da lei dir frasi di conforto. Quel che fece non fu nient'altro che appoggiarle una mano sulla spalla, alla piccola streghetta sarebbe bastato.
    «Agents!» dire che l'improvviso arrivo dei due l'annoiasse era dir poco: non aveva mai visto di buon occhio i pinguini in giacca e cravatta, se non altro adesso potevan avere il lusso di esser dalla stessa parte... di non averla contro. Loro come anche Naja, la ragazza che Leanòr aveva chiamato esattamente come lei.
    Sospirò e poi seguì la giovane in direzione della discarica, ansiosa di osservare come fosse ridotta la povera Lupe. Forse sarebbe riuscita a carpirne qualcosa. Forse sarebbe stata la prima tappa che l'avrebbe portata dritta dritta all'obbiettivo prefissato.
    Nel mentre, Mama si concentrò nel richiamare uno dei suoi pugnali di collezione: lo visualizzò nella propria testa, immaginandosi l'impugnatura solida ma sottile, esattamente come la sua forma, mediamente lunga ed appuntita al suo apice. Un'arma facile da maneggiare ma perfettamente capace di far danni se in contatto col corpo umano: l'avrebbe aiutata nel difendersi da un'attacco improvviso.

    SOLTANTO SE NON ARRIVANO ALLA DISCARICA:

    Perfettamente convinta che giocare in anticipo sarebbe stata la scelta migliore, Mama si preparò anche a lanciare un'eventuale Scudo Istantaneo, che avrebbe liberato soltanto se costretta.

    SE ARRIVANO ALLA DISCARICA ILLESI e SENZA INTOPPI:

    Storse il naso non appena mise piede nella grande discarica del luogo: posti come quelli dovevano esser vietati, soprattutto lì nel Bronx, dove - anche se ben distante - viveva anche lei. Si permise di alzare gli occhi al cielo ed arrivando in prossimità del cadavere l'osservò con estrema attenzione, nonostante per farlo fosse costretta a chiedere aiuto soltanto ai suoi semplici occhi scuri. Ne guardò ogni centimetro di pelle, per niente scandalizzata dalla visione tramortita della donna, ormai abituata nel vedere scenari ben simili davanti agli occhi... soprattutto dopo che la mano di alcuni di quelli era la sua.
    Conscia che affidarsi soltanto al proprio occhio nudo non l'avrebbe aiutata, Mama richiamò a sé una coppia di Imp, precisamente degli Alkhud. Probabilmente sarebbe stato inutile, ma dubitava che l'aggressore non li stesse controllando, soprattutto visto la presenza di agenti che indagavano su di lui: capire se fosse al sicuro o meno doveva esser ciò che più gli sarebbe importato... chissà se li stava spiando!
    - Controllate se qui vicino c'è qualcun altro oltre a noi. Voglio sapere tutto quel che trovate, sta morendo troppa gente. sussurrò infine, giusto per spingere la creatura ad esser chiara, esaustiva e soprattutto sincera.

    code © skyfäll




    Skills utilizzate nel post

    1. Richiamo dell'Arma o dell'Armatura: richiama uno dei suoi tanti pugnali, così da difendersi in caso di un attacco ravvicinato a sorpresa.

    Nome: Richiamo dell'Arma o dell'Armatura
    Requisiti: 22, I lezione II anno
    Tipologia: Richiami
    Permette di richiamare da un'altra dimensione un'oggetto, un'arma (semplice o complessa) o una parte di armatura (Es, elmo o braccia o gambali etc.) il cui aspetto è conosciuto dal mago. Si potrà richiamare una sola arma o una sola armatura alla volta, ad eccezione di armi appartenenti allo stesso set (Es. arco e faretra, spade gemelle) e l'oggetto richiamato apparirà addosso al mago o ad una massima distanza di 5 metri da esso attraverso il teletrasporto.
    Durata: 4 turni


    Se arriva alla discarica senza intoppi:

    2. Osserva il Corpo di Lupe: cercando delle informazioni, nonostante l'occhio nudo e l'assenza di un incantesimo
    3&4. Imp: richiama una coppia di Imp, precisamente degli Alkhud a cui chiede di fare una larga ricognizione del posto.

    [ho contato un'altra azione visto che son 2 imp, nun so se ho fatto bene XD]

    Imp
    Requisiti:
    18 [II Lezione III Anno]
    Durata: 5 turni
    Formula: eifrit
    L'imp è una creatura intangibile nel piano terrestre e che nel Caos Elementale fa parte delle creature elementali inferiori. [...] Ogni mago potrà richiamare un imp del suo elemento che avrà dei bonus di mobilità a seconda dello stesso, oppure un imp neutro (privo di bonus) che rappresenta energia pura del Caos priva di forma. [...] Non essendo legati al mago con alcun contratto, possono tradire il mago che li evoca con una buona prova di diplomazia, e quindi rivelare le informazioni in loro possesso. Non sono facilmente visibili.

    Alkhud. Possono muoversi sotto terra velocissimi, d'aspetto simili a talpe, sono ciechi ma percepiscono ogni minima vibrazione del terreno. Possono quindi informare il mago sui movimenti sopra di essi, in modo incredibilmente preciso, arrivando anche ad ottenere informazioni circa il peso di quel che li sovrasta.


    Soltanto se ci sono intoppi nel mentre si muovono per andare alla discarica:

    2. Scudo Istantaneo: con l'obbiettivo di "parare" un improvviso attacco magico

    Bonus del PG/Bonus Razza

    Negromanzia: skills fino a voto 25

    M. Elementale: skills fino a voto 25
    Elemento Primario: terra

    Psicocinesi: skills fino a voto 25
    Percorso Scelto: Warrior (1&2° anno) Illusionist (3° anno)
    Oggetti/Elenco skills sbloccate:

  6. .
    xV8WFKN
    Daphnie Edel McGowan
    Sheet | Pensieve | 21 y.o. | Pureblood | December 2017
    L'improvvisa espressione che illuminò il viso del suo interlocutore la rassicurò all'istante, riuscendo addirittura a farle accennare un piccolo sorriso di puro benessere... uno diverso da quelli donati per carineria, falsità o divertimento.
    Probabilmente anche lui pensava che Jason li avrebbe accettati. Probabilmente anche lui era pronto a tutto quel che la loro nuova relazione avrebbe comportato.
    D'altra parte Daphnie aveva deciso che non si sarebbe arresa: se prima aveva pensato di allontanarlo, adesso sembrava aver ormai accettato il fatto che non sarebbe riuscita a stargli lontana, né tanto meno a tirarsi indietro, ignorando tutto quel che li legava.
    Aveva visto quanto ingiusto poteva esser il destino, l'aveva toccato con mano, osservando inerme la cattiveria sgretolare gran parte della sua esistenza. Eppure lei non gli avrebbe permesso di distruggerla definitivamente, non avrebbe permesso a quel bastardo di toglierle la cosa più bella che aveva incontrato dopo tanto tempo.
    Forse Jason li avrebbe accettati, forse no; lo amava, era sempre stato tutto per lei, ma aveva bisogno di Dylan: di averlo con sé, di confrontarsi con lui, litigarci, fare la pace, viverlo e metterlo sopra ogni altra cosa; perché se lo meritava, perché le era sempre stato accanto e perché anche lei si meritava un amore come lui. Jason avrebbe compreso, Jason sarebbe stato felice. Lo sapeva, lo sperava... e le parole di Dylan non avrebbero fatto altro che confermarglielo.
    Non potrebbe essere più felice per noi. Una volta me lo disse anche sai? Daph inclinò il viso di lato, ascoltando stupita le parole appena rivoltale dal ragazzo.
    Però! Quella sì che era una sorpresa!
    Scosse leggermente il capo e poi ridacchiò appena, mettendo da parte quell'affermazione, così da concentrarsi su di lui, che intanto aveva continuato a parlarle col cuore in mano. [...] Ho capito tardi cosa provassi per te, ma ora che lo so, non esiste pena o inferno che non affronterei per te. E' una promessa. non voleva metterlo in pericolo... né tanto meno desiderava che lui rischiasse la propria vita per lei. Dopotutto non era poi così tanto speciale, nonostante in passato non facesse altro che ripeterlo quasi come un mantra.
    Dylan invece sì: Dylan era un diamante da proteggere, per questo non avrebbe mai accettato quelle parole... per questo avrebbe preso in pieno ogni pallottola, incantesimo, pugnalata o attacco infertogli dagli altri... perché in quel momento la sua esistenza rappresentava la sua vita e doveva difenderla... difenderlo.
    Sospirò a fondo e poi scosse il capo. - Ricorda che mi hai promesso anche dell'altro... disse seria, una mano che accarezzava dolcemente la sua guancia destra. - ..,che semmai io non dovessi farcela tu andrai avanti. accennò un piccolo sorriso di circostanza. - E no.. non puoi più tirarti indietro. Sei o non sei un uomo di parola?! disse retorica, scuotendo successivamente il capo, prendendogli le mani e stringendole piano, baciandone i palmi nello stesso momento in cui si tirò sù, portando anche lui nella precedente posizione.
    Rimessi in piedi, la ragazza si guardò intorno. Il luogo echeggiava ancora di commenti atti dalle diverse malelingue. - Guardali... sono... sono così falsi... sussurrò, l'espressione nervosa improvvisamente diventata malinconica nell'osservare la chiesa dove s'era consumato il momento più difficile della sua vita. - Non lasciarmi, Dylan. sussurrò successivamente, come fosse una richiesta d'aiuto, una preghiera. Non tu. pensò subito dopo.
  7. .
    Sperando di poterla seguire al meglio, iscrivo Mama <3

    CODICE
    <tr>
    <td style="border: 1px dotted #000">[URL=https://brakebillsgdr.forumfree.it/?t=75769663]Mama Talutah[/URL]</td>
    <td style="border: 1px dotted #000">Mama</td>
    <td style="border: 1px dotted #000">Maga Hoodoo, Hoodoo Doctor e componente della Congrega Nera</td>
    </tr>
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    Mama Talutah [ Sheet ]
    unknown | Hoodoo Doctor | Black Magicians
    Non aveva mai avuto bisogno d'esser gentile, né tanto meno di sottostare ad inutili pretese. Non era successo né in passato, né tanto meno nell'ultimo periodo. e la visita di Skadi non sarebbe valsa come un'eccezione o un punto di cambiamento. Erano gli altri a trattarla con riguardo, a darle del voi, a porgerle i loro omaggi con la speranza di poter - un giorno - avere il suo appoggio. Erano gli ad inchinarsi, il capo abbassato e la voce che tremava per paura che le loro parole ed i loro comportamenti potessero infastidirla.
    Erano gli altri... non lei.
    Per questo non l'accolse a braccia aperte, né si curò di farle una buona impressione: non le importava e non era poi così tanto interessata a cambiare la sua routine per un lupacchiotto di quartiere. Tra l'altro non le aveva chiesto mica lei di presentarsi al suo cospetto... non l'aveva costretta ad entrare nel suo maniero: era stata Skadi a correrle incontro con la coda tra le gambe... per cause stupide, aggiungerebbe.
    Non era la prima volta che sentiva parlare di lei e di come fosse caduta in basso, di come la battaglia con i neonati di Wladislaus l'avessero ferita quasi mortalmente. Per un certo periodo per le strade del Bronx era addirittura comparsa un'assurda dichiarazione di morte.

    "Non ce l'ha fatta."
    "E' morta ancor prima di raggiungere la sua casa."
    "Dicono che le hanno staccato la testa e che sia caduta insieme a tutti gli altri."


    frasi del genere che avevan sempre portato a Mama Talutah l'amaro in bocca, non perché non credesse fosse possibile, ma perché ritenesse indegna una morte del genere.
    Dire che fosse sorpresa della sua visita, quindi, sì... ma in parte: quel che più l'affascinava era il fatto che nonostante stesse soffrendo come un cane, Skadi era lì, in carne ed ossa. Aveva superato di poco la condizione d'esser "prossima al decesso", certo, ma era lì. In piedi.
    Ecco, questo non poteva fare a meno di ammirarlo... così come ammirò anche le sue parole iniziali. Più che altro perché divertita nel sentirgliele pronunciare.
    Aiuto. Voglio aiuto sapeva perfettamente quanto peso stesse dando a quelle affermazioni, quanto poco amasse rivolgersi agli altri, quanto fosse irritata dal semplice fatto di non poter correggersi e salvarsi da sola. In quello erano uguali, loro due: non avrebbero mai chiesto la mano di qualcuno se non fossero state costrette.
    "Voglio aiuto, voglio aiuto, voglio aiuto..." eppure più continuava a rigirarsi quelle parole nella testa, più il sorriso che comparve all'improvviso sul suo viso s'allargò, perfettamente visibile anche nel momento esatto in cui Mama si voltò, gli occhi che si scontrarono sulla figura della donna.
    «Voglio- devo tornare come ero prima. Offro qualunque cosa vogliate» beh sì... che l'avesse aiutata gratuitamente di questo poteva anche scordarselo... l'aspettava un futuro atroce se soltanto avessero trovato un accordo.
    - E dimmi... incominciò, gli occhi che s'appoggiavano sul divano posizionato sopra la moquette a cui la invitò a sostare. - ...com'eri... prima? domandò voltando la poltrona col solo uso della magia, posizionandola difronte al divano in pelle a cui l'aveva precedentemente invitata a sedere. - Parlami di te, della tua storia... sinceramente. evidenziò. - Se mi piacerà - e se accetterai le mie condizioni - ti aiuterò. rispose infine, adagiandosi sulla poltrona presa in ostaggio qualche minuto fa.
    Conoscere i propri "clienti" era una cosa importante per lei, imparava a capirli, ad entrare dentro le loro teste... e riuscire a farlo era essenziale per raggiungere l'obbiettivo di Skadi... e poi voleva osservare il viso arreso della donna per niente desiderosa e lieta di parlare di sé stessa.


    Ma vaa, il post è perfetto <3 E tranquilla per il ritardo aaanzi, scusami te per averti fatto aspettare .-.
  9. .

    Alexis Davis KHLOE IAKOVIDĪS
    21 anni | Purosangue | Studentessa | Σ Θ Η | Killer Plant | Pensieve | Sheet
    - E' stata davvero la scelta giusta? Ti fidi di questo ragazzo, Alex? le domandò Declan, la voce sempre più ansiosa e quasi fuori controllo. Alexis si morse distrattamente il labbro inferiore e spostando lo sguardo su quello dell'amico, cercò di carpire i pensieri e le emozioni che gli passavano per la mente. Aveva appena osservato le scintille creatasi dal suo secondo elemento predominante e nonostante - Alexis - stesse provando in tutti i modi a decifrare la sua prossima mossa, nulla sembrava riuscire a funzionare.
    Ne sono sicura. Deve esser così. rispose mentalmente al suo spirito, prima di osservare un sorriso farsi spazio sul viso del ragazzo, che senza neanche risponderle la ripagò con la stessa identica moneta richiamando lo stesso identico elemento dal Caos Elementale.
    Nell'osservare quell'incanto, Alexis non poté fare a meno di lasciarsi andare ad un sospiro accompagnato da una piccola risatina sconnessa. Per un piccolo momento s'era data per spacciata: Wayne non l'avrebbe presa per niente bene e lei avrebbe passato chissà cosa per quell'inutile errore di giudizio. Beh... fortunatamente il suo istinto non le aveva fatto brutti scherzi!
    Appoggiò una mano sul petto, cercando di calmarne i battiti e poi osservò il ragazzo, accennando un piccolo sorriso di circostanza. - Anche tu allora! disse quasi retorica.
    Forse aveva trovato un altro amico capace di capirla. Sperò soltanto che tutto ciò non le si rivoltasse contro: sperò di non deluderlo - com'era successo con Ayumu e Rose prima di lui - e sperò tanto di non metterlo nei guai... anche se il semplice fatto d'essersi offerto per ritrovare i suoi genitori biologici non gli poteva di certo prospettare un futuro roseo.
    Cos'è la magia nera? fu alquanto sorpresa nel sentire quella domanda, insomma... non conosceva perfettamente la sua storia ma sembrava fosse abbastanza cosciente del mondo in cui si trovava. - Non ne hai mai sentito parlare? domandò interdetta, il sopracciglio sinistro che s'alzava all'improvviso, completamente preso alla sprovvista.
    Alzò le spalle e poi cercò le parole adatte per spiegare qualcosa che ancora non conosceva alla perfezione. - Non ne sono molto informata, ma da quel che ho capito, un mago nero è un mago che ha - in qualche modo - accettato un patto con un Dio chiamato Tharizdun. E' una magia di sangue che amplifica i pensieri più profondi ed oscuri dell'animo umano, spingendo il portatore a renderli reali e tangibili. Si dice che agiscano nell'ombra e che si servano della magia del sangue per combattere. sospirò a fondo e poi scosse leggermente il capo. - Sono entrati nel Brakebills qualche anno fa e ne hanno fatto una carneficina. continuò. - Chiedere in giro senza ottenere altre scomode domande è difficile, soprattutto se l'argomento di richiesta è quello che concerne loro stessi... ma ho bisogno di conoscerli, ho bisogno di vedere i miei genitori... non mi importa se nel farlo potrei anche cadere in battaglia. alzò il capo sicura e poi lo guardò - Non sei costretto ad aiutarmi, Wayne. Non se non desideri rischiare.
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    Daphnie Edel McGowan
    Sheet | Pensieve | 21 y.o. | Pureblood | December 2017
    Non era mai stata in imbarazzo: e sembrava non esserlo neanche in quell'istante... per quanto il suo cuore stesse battendo all'impazzata. Non aveva mai represso i suoi sentimenti, non se si trattava d'invaghirsi o innamorarsi di qualcuno... aveva sempre sostenuto il proprio volere e s'era sempre fatta avanti. E Jason lo sapeva: eccome se lo sapeva! Erano state molteplici le volte in cui l'aveva seguita con lo sguardo, geloso dei baci che si scambiava col ragazzo di turno. Teneva a lei ed aveva sempre avuto il terrore che gli altri la usassero per i propri scopi. S'eran scontrati più e più volte per questo: Daph non accettava le sue intromissioni, come nemmeno lui - d'altro canto - accettava quelle della rossa.
    Nonostante lo conoscesse da ormai tanto tempo, con Dylan non era stato amore a prima vista... ne tanto meno s'era fermata a pensare a lui come suo probabilmente spasimante. Eppure soltanto in quel momento, la rossa, non poté fare a meno di pensare che - probabilmente - i due non avessero mai cercato di avvicinarsi per via di Jas, geloso di entrambi.
    Forse adesso stavano incasinando tutto, forse suo fratello in quel momento gli stava maledicendo ma lei non poteva farne a meno: ormai aveva compreso quanto bene le facesse quel ragazzo, quanto desiderasse averlo al proprio fianco... quanti brividi le solcavano la schiena ogni qual volta che il suo sguardo incontrava la propria figura.
    Era per questo che non poté che ammettere che con lui la cosa era diversa. Daphnie stessa era diversa.
    Nonostante fosse ancora sicura di sé: adesso che l'aveva vicino e che gli aveva - finalmente - confessato quel che sentiva, provava una paura fottuta d'averlo spaventato, d'averlo indirettamente costretto a fare un passo indietro. Eppure s'era buttata... aveva voluto rischiare, come sempre.
    Il sorriso appena accennato dal ragazzo la destabilizzò un momento: Dylan era difficile da leggere ed in quell'istante lei stava cercando in tutti i modi di comprendere i suoi pensieri ma quel sorriso... beh quel sorriso accompagnato da un'espressione quasi arresa ed accigliata non le raccontava nulla di buono.
    Si morse il labbro inferiore e chiuse leggermente gli occhi, riaprendoli soltanto quando il ragazzo incominciò a parlare, il cuore che continuava a battere e che le rendeva difficile anche solo comprendere quel che stava succedendo. [...] spero di riuscire a farti sorridere ancora, di farti apprezzare di nuovo questa vita nonostante il dolore che proviamo ora. [...] Spero di fare tante cose... e spero di farle con te. Daph aprì le labbra, con l'unica voglia di parlare, rispondere almeno, mettendo in fila parole che ancora le erano sconosciute... eppure non ce ne fu bisogno. Le labbra di Dylan s'appoggiarono dolcemente su quelle della rossa che spalancò gli occhi, sorpresa dall'azione che aveva appena subito indirettamente anche lei. Li chiuse e sorrise, accogliendo le labbra del ragazzo ed inclinando il viso, così da poter ricambiare al meglio il suo bacio. Una lacrima le attraversò improvvisamente una guancia ma non le importò, continuò a baciarlo, stringendolo a sé con un braccia, mentre l'altra mano accarezzava dolcemente i suoi capelli.
    - Non so se potrà mai funzionare... né tanto meno sò se riuscirò a renderti felice. Sono un disastro, Dylan. incominciò subito dopo, accennando un sorriso amaro. - Chi rimane con me soffre le pene dell'inferno... però... abbassò il capo e poi sospirò - ...però non voglio privarmi di tutto questo. Non voglio privarmi di quel che c'è tra di noi. Io voglio... voglio te, il tuo sorriso, la tua voce, i tuoi abbracci, i tuoi baci... continuò ridendo piano - ...ma mi chiedo solo una cosa: gli starà bene? Sarà felice? Gli stiamo... gli stiamo facendo del male? domandò mordendosi il labbro inferiore, pensando a Jason e a tutto quel che avrebbe potuto significare - per lui - vedere il suo migliore amico e sua sorella insieme.
    Ma sì, probabilmente avrebbe accettato Dylan mille volte ancora: Jason , dopotutto, voleva soltanto che fossero felici.
  11. .
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    Daphnie Edel McGowan
    Sheet | Pensieve | 21 y.o. | Pureblood | December 2017
    Aveva sempre odiato piangere, soprattutto davanti alla gente: la faceva sentire indifesa... fragile, era anche per questo che in quell'esatto istante Daph non poté fare a meno di maledirsi. Sapeva che prima o poi non sarebbe più riuscita a resistere: fermare le lacrime che minacciavano di scappar via era sempre stato difficile, soprattutto in quel momento, mentre Dylan la osservava con quegli occhi azzurri capaci di leggerle e toccarle l'anima.
    E Dio... detestava anche lui, perché era la prima volta che un ragazzo s'ostinava a starle accanto, a volerle davvero bene, a capirla e sostenerla qualsiasi cosa facesse... e questo poteva essere un'arma a doppio taglio quando si trattava di Daphnie: perché se da una parte non poteva far altro che farla impazzire di gioia, dall'altra la spingeva ad essere fredda ed indiscreta, con la paura di poter - un giorno - perdere tutte quelle attenzioni che stava ricevendo. Sì, prima o poi avrebbe incasinato le cose, sbagliato una parola o perché no, l'avrebbe offeso e Dylan sarebbe scappato via a gambe levate; da lei.... che nel frattempo non avrebbe più potuto fare a meno di lui.
    Non è soltanto la tua battaglia Daph... Smettila. Ti prego, smettila. pensò la rossa, chiudendo gli occhi non appena percepì il tocco delicato delle sue carezze. Non farlo... quasi urlò nella sua testa, conscia che non sarebbe riuscita a convincerlo, che non sarebbe riuscita a tenerlo lontano dal pericolo e che probabilmente - insieme a lei e Jason - anche Dylan avrebbe oltrepassato la soglia che l'avrebbe per sempre allontanato da quella terra.
    Scacciò quel pensiero della propria testa e riaprendo gli occhi inclinò il capo di lato, afferrando la mano del ragazzo con l'unico obbiettivo di allontanarla dal proprio viso.
    Stupida, stupida, stupida. odiava quel suo carattere di merda, questo suo voler sempre farsi vedere al 100 per 100, questo suo cercare la perfezione e controllo dentro una figura che sapeva non aveva altro che macchie nere e scheletri negli armadi... perché era così, nonostante ci sbattesse per non farlo sembrare davvero Daph non era un angelo, non era priva di sofferenze, né tanto meno di errori o paure, e quel suo ostentare sicurezza anche nelle situazioni più sbagliate - come in quella attuale con Dylan - l'avrebbe rovinata.
    Sembrava non aver paura quasi di nulla eppure l'aveva di sé stessa, era per questo che si nascondeva. Oh ma Dylan l'aveva capito... e la sola possibilità che tutto ciò - prima o poi - l'avrebbe potuto stufarlo la stava divorando dentro.
    [...] Perché non mi importa nulla, io ti sarò accanto anche se tu non vorrai, io rischierò di farmi uccidere pur di non perderti, perché è già successo con Jas e il pensiero di perdere anche te mi uccide dentro. Al solo sentire quelle parole il cuore della ragazza perse un battito, le gambe - accompagnate dal petto - si fecero in avanti e la mano destra andò ad adagiarsi sulle labbra dell'amico. - Non dirlo neanche per scherzo. Non ci sarai nella battaglia, non sarai al mio fianco. Vivrai la tua vita com'è giusto che sia: innamorandoti, divertendoti... dimenticandoti di tutto questo e rispettando - almeno tu - il volere e ricordo di Jason. Non ha mai voluto che tu soffrissi e non lo voglio neanch'io, né tanto meno lo permetterò. Non costringermi ad allontanarmi da te, Dylan. Non costringermi a lasciarti andare, non ce la farei. sussurrò infine, le fronti che s'incontravano e gli occhi che si specchiavano gli uni negli altri.
    Rabbrividì, continuando ad ascoltare un fluire dei pensieri così uguali ai suoi... poteva fingere quanto voleva, dire che l'avrebbe abbandonato e non l'avrebbe mai cercato ma lo sapevano entrambi che quelle non eran altro che false affermazioni, era una bugiarda e tutto ciò era sempre più patetico. Abbassò il capo e lo scosse ripetutamente, cercò persino di divincolarsi - rompendo il contatto tra le loro mani -, ma con scarsi risultati: tutto quel che provava sembrava non funzionare e Daph era troppo debole per continuare.
    Andando contro a tutte le affermazioni passate, la rossa gli circondò il collo con entrambe le braccia e lo strinse in un abbraccio quasi possessivo. Accarezzò i suoi capelli e pianse sulla sua giacca. Stavano affondando insieme... chissà se sarebbero tornati vincitori.
    Piano passò la sua mano sulla guancia del ragazzo e sospirò a fondo, accennando un piccolo sorriso. - Non lo accetto. Non lo accetterò mai, ma non ho le forze per combatterti. Non voglio farlo. precisò subito dopo. - Ma promettimi una cosa: semmai quel giorno io avessi bisogno di te e tu non riuscissi a salvarmi, promettimi che te ne andrai, che non cercherai di vendicarti... che non ti sentirai in colpa e che continuerai ad andare avanti. oh sì, sapeva perfettamente che le sue probabilità di sopravvivenza eran scarse: non era mai stata una bravissima combattente - per quanto odiasse ammetterlo - ma era convinta delle potenzialità di Dylan. Lui poteva farcela: aveva tutte le carte e l'esperienza per riuscirci.
    - Promettimelo Dylan... e ti darò io stessa la mia vita... e non mi perderai mai. sussurrò sincera guardandolo negli occhi, rispondendo - indirettamente - all'affermazione di qualche secondo fa, quando le lacrime ed il suo carattere remissivo le avevan vietato di aprire del tutto il suo cuore.


    A parte che è proprio partita ma... boh: che sofferenza .-.
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    Daphnie Edel McGowan
    Sheet | Pensieve | 21 y.o. | Pureblood | December 2017
    Il suo guanto di sfida sarebbe stato la sua rovina, probabilmente si sarebbe auto-eliminata ancor prima di poter iniziare la battaglia. La rabbia e la lontananza di Jason le stava dando così tanto alla testa, che sembrava averla trasformata in una stupida ragazzina che si divertiva ad urlare vendetta così... come fosse un misero e semplice gioco innocente. Un fatto di poca importanza... privo di conseguenze future, difficoltà e pericolosità.
    Si sarebbe rovinata con le sue stesse mani, andando incontro ad avversari più grandi e più forti di lei, ma dopotutto cosa importava? Daph non aveva più niente da perdere: suo fratello l'aveva lasciata (per cause fortuite, sì, ma non era più lì a distrarla e ad amarla come un tempo) e con lui era andata via anche la sua felicità. Non c'era più nient altro per cui vivere.
    I suoi genitori? La sua stupida famigliola? Avrebbe continuato a fingere come al solito, cercando di nascondere la verità, quella che vedeva colpevole ogni suo fottuto componente, troppo impegnato a preoccuparsi di sé stesso per pensare a come diavolo stesse il bellissimo angelo dai capelli rossi. Anche lei aveva le sue colpe, anche lei aveva sbagliato ed era proprio questo che più la destabilizzava: se soltanto avesse ascoltato le sue parole, se soltanto fosse stata abile ed abbastanza intelligente da scovare il mostro sotto la maschera da bravo ragazzo... probabilmente, beh sì, probabilmente suo fratello sarebbe stato ancora vivo. Probabilmente quel giorno non sarebbe mai esistito e loro starebbero ancora insieme.
    No. Non aveva niente da perdere... soltanto sé stessa e Dylan. Il miglior amico di suo fratello e quello che le era stato accanto per quasi tutti quei giorni di pura agonia.
    Le aveva detto che non l'avrebbe lasciata, che non sarebbe stata sola nella vendetta, ma sarebbe stato un bene coinvolgerlo? Suo fratello glielo avrebbe mai perdonato? Sapeva quanto tenesse a lui ed anche se non fosse stato contrario (cosa per niente probabile), non voleva metterlo in pericolo. Si sarebbe sentita troppo in colpa ed il solo pensiero che anche lui potesse soffrire come aveva sofferto Jason - sennon anche di più - la faceva stare inspiegabilmente male... forse perché ormai s'era abituata ad averlo attorno, forse perché la sua vicinanza non le faceva tanto schifo come pensava, non riusciva a darsi una risposta e probabilmente - in quel momento - era anche troppo presto per interrogarsi su un quesito del genere.
    Tempo e luogo sbagliato.

    Daph dobbiamo parlare. Non sei sola in questa vendetta: l'avremo ma non devi essere tu a farlo. Aveva seguito il ragazzo fuori dalla chiesa, abbandonare la struttura era stato difficile ma avrebbe fatto di tutto per evitare le condoglianze dei presenti... così era fuggita, come la maggior parte dei suoi famigliari. L'amico l'aveva affiancata ed adesso continuava a parlarle, conscio - probabilmente - di star amplificando sempre di più il fuoco che sembrava aver ormai preso in ostaggio la piccola rossa.
    Rabbrividì appena, mentre le braccia allenate del ragazzo la strinsero a sé, coinvolgendola in un abbraccio quasi liberatorio Ti prego pensaci... soltanto questo. Daph abbassò lo sguardo, il mento che s'appoggiava adagio sulla spalla dell'amico, le labbra che si aprivano appena in un sospiro sconnesso.
    La testa incominciò a farle male e la fronte appena bollente le fece pensare che - molto probabilmente - la febbre stava per farle visita... come se non fosse già abbastanza.
    Eppure non la fermò: ne la salute appena attaccata né tanto meno le parole del ragazzo, accompagnate da dolci gesti che non facevano altro che provare quanto tenesse a lei.
    La rossa si tirò indietro e guardandosi intorno alzò gli occhi al cielo e strinse la mano sinistra di Dylan tra la sua, mentre lo portava in un luogo più distante ma comunque molto vicino alla struttura. - Sai cosa non avrebbe mai voluto? domandò poi guardandolo, rompendo la connessione tra loro - Morire. Quel bastardo l'ha ammazzato... l'ha ammazzato come fosse un animale! abbassò il volto e si morse il labbro inferiore, mentre le parole sembrarono arrivarle addosso come un fiume in piena - Perché non dovrei esser io a pareggiare i conti? continuò, lo sguardo che si incupiva sempre di più - Perché dev'essere qualcun altro, lui non è più qui, lui non può fermarmi, non potrà più fare niente ... niente.
    Una lacrima scese sulla sua guancia, scacciata velocemente dalle mani della ragazza, che ricominciò a parlare. - Li voglio morti... tutti quanti. E ci riuscirò... o cadrò provandoci.
    Ed ancora, eccola lì: ad affermare promesse che non sarebbe mai riuscita a mantenere.
    - Ho guardato il suo viso prima che esalasse il suo ultimo respiro. Era così spaventato Dylan, così fottutamente pieno di ferite e lividi... non sai com'è stato, non puoi capire com'è stato... come mi sono sentita... come...
    Incominciò a tremare, mentre le immagini di quel pomeriggio incominciavano a passarle velocemente nella mente: una, due volte... e poi ancora tre, quattro... sembravano muoversi in loop. Gemette e si lasciò cadere per terra, le ginocchia che premettero violentemente sul terreno sottostante, il vestito bianco che incominciava a prender il colore del suo contrario... una perla che cadeva per terra e che veniva riempita da terriccio nero.
    - E' stata tutta colpa mia. E' morto per me, per la mia stupidità... la mia anima è già macchiata. confessò finalmente. - E' stata colpa mia... ripeté, scuotendo il capo ancora un'altra volta. - Dovrebbe odiarmi... ed anche tu dovresti farlo.
    Lascia che io lo vendichi... lascia che io paghi per i miei errori, lascia che io e solo io lo raggiunga. Non fermarmi, non interferire.
    terminò. - E non aiutarmi, non voglio rischiare di perdere anche te. confessò per niente intimidita - E poi è la mia battaglia.


    Scuuusa ancora per il ritardo :/
  13. .
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    Daphnie Edel McGowan
    Sheet | Pensieve | 21 y.o. | Pureblood | December 2017
    Il mattino non era mai stato così freddo. Arido e pungente sembrava rispecchiare lo stato d'animo della ragazza che, dai lunghi capelli rossi, continuava a rigirarsi nel proprio letto desiderosa di un abbraccio consolatorio che ormai sembrava esser troppo lontano per raggiungerla.
    Un tuono le strappò un piccolo gemito, mentre spalancando gli occhi, si alzava inaspettatamente come una molla appena scoppiata.
    La fronte grondata di sudore, il respiro strozzato e gli occhi quasi spiritati, sembravano raccontare - velatamente - l'incubo a cui era riuscita a sfuggire quasi per un pelo. Era dal pomeriggio in cui Jason aveva perso la vita che continua a sognarlo, ed era da quel maledettissimo giorno che Daph sembrava esser caduta in un violento vortice infernale.
    Gli mancava tutto di lui. Ogni sorriso, ogni parola, persino ogni litigata...
    ...perderlo era stato come perdere una parte di sé stessa, nulla sarebbe stato più come una volta... neanche lei, che al passato poteva vantare di un sorriso cristallino, ampio e sincero.
    Perché sorridere se non c'era lui a guardarla? A contemplare le sue fossette ed i suoi occhi lucidi? Perché esser felice quando lui non poteva più esserlo?
    Così s'era spenta, la piccola Daphnie, sotto i patetici sguardi degli altri: persone che le stavano attorno e che partecipavano al suo dolore con falsi occhi tristi, accompagnati da parole confortanti che in realtà cozzavano col loro pensiero principale.
    Con una mano che stringeva la collana, una volta appartenuta a suo fratello, Daph osservò la sveglia posta sul piccolo comodino accanto al letto e la spense, notando che tra qualche minuto, il suo suono metallico avrebbe lo stesso invaso la stanza.
    Sospirò a fondo e poi si alzò, lo sguardo che andava a puntarsi inavvertitamente sull'abito che aveva deciso di indossare per il funerale.

    Quando, dopo essersi preparata, Daph scese al piano di sotto, nessuno dei presenti osò dire una parola di scherno. Il bianco di quel vestito non portò a strane discussioni: soltanto sua madre, vedendola, non poté fare a meno di piangere... gli occhi azzurri che si poggiarono altrove.
    "Il vestito preferito di Jason" pensò, mentre un morsa le scaldò il cuore. Ricordava il giorno in cui - dopo averlo visto in una vetrina - corse a comprarlo. Era stato l'acquisto di cui andava più fiero.
    - E' tardi, andiamo la voce glaciale della ragazza ruppe quel silenzio imbarazzante. "Ma non ha toccato cibo!" sussurrò l'apprensiva governante, guardando Daph in completa preoccupazione. - Non ho fame. rispose lapidaria.

    La chiesa era piena di estranei, sconosciuti che attendevano l'inizio della funzione con una strana foga negli occhi. Daph avrebbe voluto urlare, pronunciare acide parole soltanto per farle andare via... suo padre e la sua voglia di dar sempre spettacolo! Scandalo: perché era proprio così che era concepita la morte di Jason, uno scandalo che metteva Daph con le spalle al muro.
    Nessuno sapeva come fosse morto, nessuno sapeva del vampiro che l'aveva ucciso... nessuno tranne lei, la sua famiglia e il miglior amico di suo fratello, Dylan, che pian piano faceva il suo ingresso nella cappella.
    I McGowan erano una famiglia mal vista dalla maggior parte del mondo magico, perché importante ed estremamente ricca. I componenti venivano giudicati in malo modo, così come la morte che aveva bussato alla loro porta.
    Nonostante questo, la rossa non poteva fare mosse azzardate, non per l'immagine della famiglia in sé per sé ma per Jason stesso, che non meritava di esser ricordato così.
    Una stretta calda e dolce quanto una carezza, raggelerò il corpo della ragazza, in quel momento ancora rivolto verso la tomba di suo fratello.
    "Non sarai sola nella vendetta!" la dolce voce di Dylan la riportò sulla Terra, calma e leggera come una piccola brezza d'estate.
    Non rispose, si limitò a stringere le spalle, ascoltando - successivamente - le sue parole consolatorie.
    Era felice che Jason vivesse anche in lui, nei suoi pensieri e nei suoi ricordi, era felice di averlo accanto.
    Scosse il capo e quando tutti terminarono di parlare, Daph si appropriò dell'attenzione, senza neanche richiederla.
    Si avvicinò alla bara del gemello e poi sospirò, una mano che s'appoggiava su di essa.
    - Amore mio incominciò, la voce rotta dalle lacrime. - Non sai quanto mi manchi.. quanto ho voglia di averti qui, al mio fianco. Quanto desideri il tuo abbraccio ogni secondo che passa.
    Mi sento persa senza di te... come un percorso senza meta... come un uomo senza il suo cuore.
    Tutto - qui - parla della tua assenza, tutto - qui - mi ricorda di te... del tuo sorriso, della tua voce roca e perfetta... delle tue braccia, che forti mi abbracciavano e tenevano stretta a te.
    Vorrei tornare indietro nel tempo, dirti che ti voglio bene perché Dio sa quando poco te lo dicevo.
    Vorrei esser egoista: cancellare i nostri litigi, i nostri terribili momenti e questo sentimento che mi lacera l'anima... perché dimenticando potrò tornare a stare bene, perché dimenticando potrò di nuovo respirare eppure non posso farti questo... non posso essere così ingiusta, non con te.
    Vivrai per sempre in me. Nel mio corpo, nel mio cuore, nei miei pensieri e nella mia anima...
    e ti vendicherò, fratello... fosse l'ultima cosa che faccio.

    Non piangeva più, la piccola Daph: sembrava avesse finito le lacrime, o ancora, sembrava che quest'ultime fossero state tolte da una mano intangibile, una carezza portatrice di una promessa impercettibile: "Sarò sempre al tuo fianco."
    Fu proprio con quella consapevolezza che la rossa, dopo essersi inginocchiata - appoggiando le proprie labbra sulla superficie del legno della tomba -, tornò al proprio posto, accanto alla figura di Dylan. - Voglio incominciare a studiare un piano. Voglio cancellare quei mostri dalla faccia della Terra. sussurrò al ragazzo, senza chiedergli come stesse, senza neanche aggiungere affermazioni inutili...
    ...semplicemente vedetta, era questo che le urlava il cuore.


    Scuuuusa il ritardo >.< Spero vada bene ! Dimmi pure se devo modificare qualcosa v.v


    Edited by hël - 5/9/2018, 01:55
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    Mama Talutah [ Sheet ]
    unknown | Hoodoo Doctor | Black Magicians
    Il vento batteva sulle grandi finestre del Manor... furibondo, sembrava quasi voler rispecchiare l'inspiegabile stato d'animo della donna, che seduta nella grande poltrona davanti al camino, osservava il fuoco scoppiettare deciso.
    Gli occhi fissi sull'elemento che più le era stato nemico lo fissavano con ferocia, pur non interessati ad attaccarlo. Erano semplicemente lì, fermi sulle numerose lingue bollenti che continuavano a susseguirsi... una sempre più grande dell'altra. Inclinò il capo, pensando a qualcosa di astratto, troppo importante per darne un significato o un'informazione; le mani che andavano ad accarezzare la superficie della poltrona rivestita in pelle, le chiazze azzurre che si spostavano soltanto per godere della visione dei due vasi posti sopra il grande fumacolo.
    Improvvisamente, una risata sghemba e sprezzante invase l'intera ala centrale dell'immenso maniero di Mama Talutah, mentre lei - quasi con espressione folle in volto -, ricordava l'immensa carneficina 'atta secoli fa.
    Le unghie elegantemente appuntite andarono a penetrare la pelle del bracciolo della poltrona, mentalmente sostituita dalle carni dell'uomo che aveva osato tradire la sua famiglia. Un altro affondo e riuscì a sentire ancora le sue urla: una povera voce maschile che strideva come quella di un'oca. Poche erano le cose che la adiravano, riuscendo a farle perdere la testa, ma tutte loro venivano zittite davanti alle sue ottime conquiste.
    Ironica, la vita: da piccola non aveva mai pensato di poter ammirare ed amare un'assassino, mentre adesso era quasi onorata di poter essere accostata a persone del genere.
    Non che tutti fossero come lei, lei era unica... e non solo nel suo genere! Aveva sempre avuto una marcia in più, dovuta alla sua esperienza e a tutto quel sapere che con impegno e gran fatica le aveva permesso di ottenere il titolo di hoodoo doctor. Ciò che gli altri sembravano non dimenticare era che lei non era la migliore soltanto nella magia hoodoo e rappresentativa, ma anche in tutto ciò che comprendeva l'immenso mondo del potere. Ne era la Regina, la più potente... seconda soltanto a pochi, ed era proprio per questo che la maggior parte delle persone avrebbero pagato oro per poter averla al loro fianco... per poter giovare di quell'immenso potere che conserva la sua figura.
    Nessuno si sarebbe sognato di farsela nemica e quando quelle poche volte succedevano, Mama aveva sempre le giuste competenze per sottomettere il mal capitato, non prima di incazzarsi e successivamente ridere per l'assurdo guanto di sfida.
    Perché, quella sera, il diavolo sembrava abitare la sua dimora era semplice da spiegare: era da un bel po' di giorni che i suoi rituali facevano acqua da tutti i pori... ne aveva creati a bizzeffe ma da quando s'era risvegliata sembrava che qualcuno le avesse fatto un qualche maleficio. Inutile dire che non se ne preoccupava poi così tanto: ma odiava rimanere in fermo, usufruire della magia non le bastava se non poteva sfruttare a pieno quella hoodoo.
    Fortunatamente sapeva che la sua condizione non era altro che a piccolo tempo ...

    ***

    Madame, una donna alla porta chiede di lei. Sembra anche esser conciata molto male. prima che il maggiordomo si presentasse al suo cospetto, incominciando a parlare, Mama Talutah si alzò ed abbandonò la poltrona che l'aveva accolta precedentemente e con un unico movimento della mano aprì la porta chiusa del soggiorno, così da permettere all'uomo di entrare.
    - Portala qui. rispose subito, il corpo rivolto di spalle, mentre indifferentemente, attendeva l'arrivo del lupo. - Che cosa vuoi? le chiese una volta che l'orgogliosa Skadi fosse arrivata nell'ala centrale... nonostante sapesse già la sua risposta.
  15. .
    Perfetto <3 Chiudiamo allors :3



    Alexis Electra Davis
    21 Anni | Studentessa | Σ Θ Η | Scheda | Killer Plant
    Con gli occhi che leggeri s'appoggiavano sul viso pensieroso dell'amica, Alexis osservò la sua espressione. Attenti, sembravano voler legger dentro parole silenziose, mute ed ancora nascoste. Se c'era qualcosa in cui le due erano diverse era proprio questo: tutti sarebbero potuti riuscire a comprendere il pensiero della Davis, con Ayumu, però, la cosa era ben diversa: Ayumu aveva quella capacità di innalzare un velo... un muro invalicabile, impossibile da sorpassare o arginare.
    Eppure, a volte, permetteva alla ragazza di annullarlo, conscia che quel che nascondeva non sarebbe mai stato utilizzato da quest'ultima per scopi personali e/o malevoli.
    No, Alexis non l'avrebbe mai tradita: le voleva un bene dell'anima, non avrebbe mai sfruttato un suo pensiero o una loro chiacchierata per farle del male, anche adesso che ci pensava, l'eventualità le sembrava tremendamente orribile. Ayumu lo sapeva ed era proprio per questo che s'era confidata, prima ed anche in quello stesso istante, mentre giocherellava col bicchiere di birra e scuoteva il capo, dicendole che non avrebbe mai scaraventato i suoi problemi addosso al ragazzo.
    E probabilmente aveva ragione, lei - dopotutto - era l'ultima che poteva dar consigli d'amore, visto l'ultima storia e le due precedenti, ma allo stesso tempo sapeva che più si teneva dentro qualcosa, più quest'ultima avrebbe lacerato il mal capitato senza alcuna pietà e non voleva assolutamente che la nipponica soffrisse ancora.

    Avvicinò la mano a quella dell'amica, poggiandocela sopra leggera e poi annuì piano - Sappi che io sarò sempre al tuo fianco, che potrai confidarti sempre, e che ti voglio bene. sorrise sincera per poi tirare la mano e bere l'ultimo sorso di birra rimastale nel bicchiere, dandole il tempo di metabolizzare la cosa e ribattere.
    Grazie Alexis, davvero. Grazie per non giudicarmi ed essere qui ad ascoltare i miei patetici lamenti. Non ti posso promettere che migliorerà, non subito per lo meno, ma ci proverò. Come hai detto tu, non è facile ma non posso buttare via ogni cosa. quasi a legarsi all'affermazione dell'amica, Ayumu la ringraziò e senza neanche volerlo alleggerì il suo cuore Lo supereremo entrambe, insieme. Ci stai? la ragazza sorrise dolcemente e poi annuì sicura - Come sempre.
    ...già, avrebbero superato anche quella, perché insieme eran forti, insieme erano indistruttibili. - Ma adesso non pensiamoci più... godiamoci la serata. suggerì lasciandosi andare ad un sorriso sincero, prima di ordinare un altro giro anche per lei e tener fede alla sua richiesta.
161 replies since 7/7/2013
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