First Case

Central Park | Settembre 2017 | Wayne/Alexis

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    Wayne Morgan
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    Le sette di sera, non c'era poi tanto freddo, eppure Wayne sarebbe riuscito ad apprezzare pure quello. Quando aveva scoperto Central Park per la prima volta gli era sembrato un paradiso, adesso, dopo un mese, ancora non riusciva a vedere nessuna delle sfumature negative di quel mondo così perfetto. Forse accecato dall'ottimismo non vedeva ciò che invece era una palese patina di marciume, May gli aveva assicurato che gli sarebbe bastato poco tempo per accorgersene, ma lui probabilmente avrebbe preferito ignorarla per sempre.
    Un passo avanti all'altro seguiva un sentieri qualsiasi del parco, mentre i suoi occhi di un brillante azzurro, saettavano da una parte all'altra cogliendo anche il più piccolo spostamento, beandosi dei suoni, dei più flebili fruscii, cogliendo ogni riflesso della luce della luna già sorta sulle foglie ricoperte di una patina d'umidità. Dettagli difficili da notare per una persona che aveva sempre vissuto in quella dimensione, per uno come Wayne invece, che ne era stato privato dalla nascita, erano tutti da scoprire.
    L'unico oggetto che gli ricordava il suo piano di provenienza era quel cappotto nero dai tratti geometrici, imbottito di pelliccia sintetica sull'ampio collo, un cappotto che aveva dovuto coprirlo e proteggerlo dal climi più estremi di Nuova New York, di fronte alla leggerezza di quel freddo diverso e meno distruttivo, Wayne si sentiva davvero al sicuro all'interno di quel capo di abbigliamento, emblema di ciò che era e che aveva deciso di lasciarsi alle spalle.
    Si chiese se quella sera avrebbe incontrato di nuovo Alexis, era già successo un paio di volte, avevano orari simili o semplicemente la stessa abitudine a prendere le strade più deserte del parco. Una ragazza che si era scoperto una piacevole compagnia. Wayne aveva riscoperto il piacere di parlare, nel suo mondo questo non era contemplato, tutti erano rinchiusi nel loro tunnel di apatia e solitudine, era raro che qualcuno scambiasse una parola con uno sconosciuto, era raro parlare sinceramente persino tra conoscenti, persino quando i legami erano solidi e apparentemente veritieri. La fiducia era un concetto inesistente, in lui per primo, non aveva mai detto a nessuno di non sapere dove era nato, da chi e quando, neanche a sua moglie, colei con cui ci si aspetterebbe un rapporto paritario e privo di segreti. Paradossalmente, era la donna con cui ne aveva avuto di più.
    Lì era diverso, era bastato uno sguardo, un paio di parole, per capire che con quella ragazza avrebbe potuto parlare, e al secondo casuale incontro era stato ancora più semplice. Ogni volta che non riusciva a beccarla, si rendeva conto che un tassello di quel rituale veniva meno, era questo che era diventata Alexis: parte di un rituale, ciò non avrebbe potuto sorprenderlo di più e al tempo stesso animarlo di una gioia incommensurabile. Piccole cose, quelle gli riscaldavano davvero il cuore.
     
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    ALEXIS E. DAVIS KHLOE NIMUE Iakovidīs [] 21 ANNI - Σ Θ Η - KILLER PLANT
    Quel giorno era particolarmente provata: tra poche ore Clarisse avrebbe compiuto gli anni. Sarebbe diventata maggiorenne ed il solo pensiero che lei non sarebbe riuscita a partecipare ad un evento così importante, la stava facendo impazzire.
    Il cuore era diventato pesante ed il respiro faticava ad uscir fuori. Sembrava l'automa di sé stessa, il che non era un bene: perché quando Alexis si trovava in quelle condizioni - triste, maledettamente persa e quasi vuota -, diventava intrattabile.
    Il bisogno d'esser sola trasmutava quasi in una necessità... più per gli altri che per sé stessa, che avrebbe sbraitato addosso a persone innocenti senza neanche sentirsi in colpa. Tutto fuorché piangersi addosso. Era caduta in quel tunnel ben troppe volte che già da qualche annetto s'era ripromessa che non avrebbe mai più fatto la stupida vittima di sempre. Ma quel giorno non c'entravano gli altri: quel giorno non c'entrava Michael, le sue compagne di classe o un compito o interrogazione troppo difficili da sostenere. C'entrava sua sorella Clarisse, quella che senza neanche saperlo aveva scoperto di aver desiderato sin da sempre, la stessa che all'inizio non poteva sopportare ma che adesso non poteva fare a meno di rimpiangere. Insieme a Laura e Paul era diventata un punto fermo della sua vita e nonostante sapesse che l'idea di allontanarla da sé fosse stata la migliore che avesse mai preso, non riusciva ad accettarlo. Perché in quel momento avrebbe potuto starle accanto, in quel momento avrebbe potuto gioire dei suoi 18 anni, prendendola in giro sul fatto di star diventando grande.
    Ma non le era possibile perché i suoi genitori biologici avevano messo in pericolo l'intera famiglia e lei era stata costretta a farli andar via, facendogli dimenticare ogni cosa e trovandogli casa sicura a Dublino.
    Non era riuscita nemmeno a raggiungerli, informandosi su come stessero - nonostante sapesse che un'agente li stava controllando a vista. Non c'era riuscita e non perché fosse una codarda ed aveva paura d'esser vista... bensì per il contrario... perché sapeva che se soltanto avesse avuto l'opportunità di farlo, si sarebbe piazzata davanti a loro e non gli avrebbe mai più abbandonati.
    Ma doveva proteggerli. Doveva stringere i denti e continuare per la sua strada, altrimenti non avrebbe fatto altro che dar loro un biglietto per l'inferno.
    Così s'era preoccupata nel concentrare le proprie forze ed attenzioni su qualcos'altro... qualcosa che la attirasse quanto Clarisse ed i Davis stessi: i suo genitori biologici, per esempio. Capire dove potessero trovarsi era diventato il suo nuovo obbiettivo... ma nonostante continuasse a pensarci anche quel giorno, le immagini di sua sorella e di Laura e Paul si susseguivano nella sua mente come semplici mantra insistenti.
    Così il nervosismo saliva sempre di più e lei ne rimaneva affetta.
    Sorprendentemente aveva trovato una cura a tutto questo... in realtà era più di una ma non aveva voglia di recarsi da Rose o Ayumu, ne aveva abbastanza d'esser considerata un problema... perché anche se non lo ammettevano Alexis sapeva che sotto sotto lo era diventata.
    No, la cura che sembrava fosse più al caso suo, quel giorno, faceva il nome di Wayne Morgan. Non era da tanto che lo conosceva, e non riusciva neanche a comprendere come diavolo facesse a calmarla senza conoscerla per davvero, ma succedeva. Quando lo guardava, quando lo sentiva parlare... o sorridere anche, il suo respiro tornava ad esser normale ed ogni cosa sembrava tornare al posto giusto. Un'effimera finzione, forse? Un sogno? Non era importante... aveva bisogno di questo in quel momento.
    Non sapeva come contattarlo ma sapeva dove l'avrebbe trovato, perciò alle sei e mezza si fece trovare pronta, decisa ad uscire da quel college che era diventato fin troppo stretto per lei. Addentrandosi nel Central Park lo cercava con uno sguardo fermo, attento ed impaziente.
    Soltanto qualche minuto dopo le sette ed eccolo entrare nella sua visuale: cappotto nero, viso spensierato e felice, mentre si guardava attorno occupato nell'ammirare l'ambiente circostante. A volte Wayne possedeva gli occhi di un bambino: fin troppo accecato della bellezza del mondo da non distinguerne l'oscurità.
    - Sapevo che ti avrei trovato qui! disse non appena l'ebbe raggiunto. Si fermò e chiuse leggermente gli occhi, lasciandosi andare ad un piccolo sospiro accennato. - Come stai domandò successivamente, riaprendo quei lapislazzuli azzurri, puntando lo sguardo davanti a sé.
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    Wayne Morgan
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    Non fece fatica a notarla, subito la sua figura si delineò alla luce algida della luna che stava per raggiungere l'apice del cielo notturno, il riflesso limpido sulla pelle bianca le accarezzò i profili del volto fino ad illuminarne quei grandi occhi azzurri che si affacciavano su un volto teatro di innumerevoli emozioni. Non avrebbe insinuato con tanta presunzione che Alexis fosse un libro aperto, ma forse che era solo particolarmente espressiva, una caratteristica con cui si trovava bene, gli piaceva osservare i repentini cambiamenti di luce nel suo sguardo quasi come stesse guardando uno spettacolo.
    Wayne tirò le labbra per rivolgerle un sorriso disteso, rispecchiava la stessa calma che albergava nei suoi occhi dello stesso azzurro di Alexis, sembrava quasi sollevata di averlo trovato per la sua strada, come se avesse bisogno di lui per qualche motivo « Indeciso » rispose, dopo un attimo di incertezza in cui aveva stretto le labbra e gli occhi, concentrato nella ricerca della parola più adatta « Con così tante possibilità non saprei proprio che fare della mia vita » lei sapeva che era arrivato da poco in città, non che proveniva da un'altra dimensione però. Poteva risultare una frase triste, forse, arrendevole, eppure la pronunciò mantenendo quel sorriso sulle labbra, come se in realtà anche di quella parte di stallo riuscisse a godere.
    Wayne era alla ricerca di un percorso da intraprendere in quella nuova vita, avrebbe potuto fare qualunque cosa eppure sentiva di dover adempire alla missione per cui era stato creato, come se il suo destino fosse già segnato Wayne era convinto che dovesse aiutare il prossimo... difficile, considerato che una carriera nelle forze dell'ordine, sia magiche che non, prevedeva dei documenti. Documenti che avrebbe dovuto comprare al mercato nero, con soldi che non aveva. Ovviamente non era soltanto il denaro il problema, lui semplicemente non voleva prendere vie illegali, un concetto che aveva combattuto per tutta la sua vita, non poteva inchinarsi a tanto. Ecco perché ancora vagava nell'ignoto dell'indecisione.
    Accennò un passo lungo il sentiero di terra battuta per poter dare il via alla passeggiata, aspettando però il vero primo passo di lei per prendere anche lui a camminarle accanto « Tu come stai? » fu la domanda che le pose subito dopo, girando il volto per poterla guardare negli occhi ma senza aggiungere altro, volontariamente non pose l'accento su quel sospiro di sollievo che le aveva notato addosso, lasciando che fosse lei a decidere se parlarne o meno, almeno per il momento.
     
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    ALEXIS E. DAVIS KHLOE NIMUE Iakovidīs [] 21 ANNI - Σ Θ Η - KILLER PLANT
    Forse neanche lui - quel giorno - sarebbe riuscito a calmare il suo umore, e sperare nel contrario non sarebbe stata nient'altro che un'assurda illusione.
    Eppure Alexis confidava nelle proprie convinzioni, non soltanto perché voleva farlo, ma soprattutto perché ne sentiva l'assoluto bisogno.
    Non poteva continuare a permettere che il proprio destino la trattasse in quel modo. Non poteva continuare a star zitta, mentre le emozioni governavano il suo cuore.
    Eran sempre state loro il suo punto debole: Alexis si lasciava sopraffare da esse come una serva costretta a chinare il capo dinanzi al suo padrone. Era come se ognuno di loro avesse un proprio cervello. A volte l'aiutavano - facendole raggiungere la maggior parte dei desideri ed obbiettivi prefissati -, altre... beh altre volte la dannavano, ridicendola a brandelli, costringendola a rialzarsi nella speranza di sopportare i loro soprusi. E dannazione, quanto le odiava.
    Perciò sì, avrebbe imparato ad ignorarle, pensando soltanto a quel che stava rimbalzando nella propria testa.
    Non c'era più tempo per arrendersi e per farsi schiacciare da qualcun altro! Sin dalla sua infanzia l'ex rubino non aveva fatto altro che stringere i denti, facendosi sottomettere dai continui ostacoli incontrati nella propria vita. Ma qualcosa era cambiato. Da quando aveva incominciato a frequentare quel mondo, aveva compreso quanto male stesse facendo a sé stessa: aveva sofferto per qualcosa che aveva scelto, per fiducie che aveva riposto esclusivamente per via delle proprie emozioni. Aveva sofferto per persone che aveva amato e che infine le avevano stretto il cuore quasi fino a schiacciarlo.
    Era stata colpa sua ed adesso che finalmente l'aveva compreso, sapeva come avrebbe dovuto comportarsi.
    Se ci sarebbe riuscita? Di questo non ne era al corrente, ma sicuramente ci sperava.
    Indeciso. Con così tante possibilità non saprei proprio che fare della mia vita. lei inclinò il capo di lato. Non sembrava fosse un'affermazione tranquilla... o felice... ma lui sorrideva. Nonostante tutto lui continuava a farlo... come se questo non riuscisse a scalfirlo.
    Alzò leggermente gli occhi al cielo, forse era anche per quello che Alexis apprezzava - ed in un certo senso ammirava - Wayne: perché riusciva sempre a trovare un risvolto positivo alle cose.
    - Ne verrai a capo, non disperare... magari la tua risposta è proprio dietro l'angolo. disse, lo sguardo verso la strada che presero a percorrere qualche minuto dopo. Tu come stai? la Davis infilò entrambe le mani nelle tasche del proprio cappotto e successivamente alzò le spalle. - Confusa. Arrabbiata... malinconica... dentro di me ci sono così tante emozioni che mi è difficile dare una risposta concreta. commentò scuotendo leggermente il capo. Ma sì, forse si trovava insieme a lui perché insieme al bisogno di credere di più in sé stessa necessitava anche sfogarsi. Almeno per una volta.
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    Wayne Morgan
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    Gli era bastato uno sguardo per capire che Alexis era una ragazza emotiva, una caratteristica che lui apprezzava nelle persone forse perché non l'aveva mai coinvolto personalmente, aveva sempre trovato invece facile, districarsi tra i suoi sentimenti, mettendoli da parte quando era necessario, tirandoli fuori quando poteva immergersi in essi, senza lasciarsi trascinare mai. Le persone come Alexis invece, di solito, non erano capaci di evitare di annegare in un fiume di sensibilità ma nonostante questo c'erano anche quelle che erano sempre in piedi, a lottare nonostante le evidenti difficoltà che il cuore metteva loro contro. Per questo le apprezzava, per questo apprezzava Alexis, malgrado fossero tutte supposizioni nate da un paio di passeggiate al chiaro di luna Wayne si fidava delle sue impressioni.
    La guardò con la coda dell'occhio mentre avanzavano lungo quell'isolato sentiero « Credo che il trucco sia metterti di fronte allo specchio, e prenderle una per una, cercando una motivazione alla loro presenza nella tua testa » spiegò con la sua solita flemma e il sorrisetto lieve a modificargli l'anatomia facciale. Quella era la tecnica che usava lui per risolvere i casi, soprattutto quando si trovava ad avere molti elementi apparentemente non collegati tra loro, trovandogli una motivazione anche ipotetica, spesso si trovava anche un legame a cui non si sarebbe mai arrivati, continuando a guardare soltanto da lontano. La stessa che aveva provato a utilizzare su di sé, in quel periodo in cui gli interrogativi si sollevavano in massa, senza ricevere risposta, accumulandosi nel suo cervello e annebbiandogli i pensieri, nel suo caso non aveva funzionato, ma la sua vita in quel momento era costellata di incertezze, forse invece Alexis avrebbe trovato dei punti cardine molto più facilmente.
    Piegò il capo per guardarla « Posso essere il tuo specchio per stasera, se vuoi » aggiunse poco dopo, offrendosi come spalla di un ragionamento interiore a cui forse serviva un piccolo aiuto esterno, guidandola in una riflessione senza però manipolarne i pensieri, o almeno quella era la sua intenzione priva di ogni secondo fine, per il semplice piacere di fare un favore a qualcuno, che senza saperlo, gli aveva rallegrato numerose serate.
     
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    ALEXIS E. DAVIS KHLOE NIMUE Iakovidīs [] 21 ANNI - Σ Θ Η - KILLER PLANT
    Non sarebbe stata una bella chiacchierata. Più i due vi ci si addentravano e più ogni cosa sembrava voler assecondare il suo pensiero.
    Era così abbattuta... così maledettamente giù, che non sarebbe riuscita a dar a Wayne quel che più meritava: tranquillità e calma. Un momento tutto per lui, privo di sofferenze e di istanti pregni di tristezza.
    Probabilmente avrebbe dovuto evitare di parlare, seguire la voglia di lasciarsi andare così da risparmiargli quell'atrocità gratuita... ma quel suo desiderio sembrava esser più forte di lei.
    Voleva sfogarsi, pronunciare ogni suo pensiero ad alta voce, finalmente pronta ad ascoltare la sua verità. Non importava che ne fosse già a conoscenza... per qualche assurdo motivo a lei estraneo non aveva mai scoperto le sue carte... aveva lasciato che il problema dei suoi genitori continuasse a farle del male, senza urlare al mondo intero la sua sofferenza... senza affermare apertamente quanto li odiasse... e quanto , diversamente, amasse quelle persone a cui sarebbe dovuta essere estranea... quelle persone che non erano sangue del suo sangue ma che in vent'anni, avevano avuto il suo cuore senza alcun indugio. Con loro era cresciuta: aveva sorriso, sofferto, immaginato e sognato un mondo migliore... con loro aveva amato come mai prima d'ora, lottato e protetto.
    O almeno aveva cercato di farlo.
    Più si guardava indietro e più la certezza di aver fallito incominciava a lacerarle l'anima... perché aveva cercato di proteggerli ma non c'era riuscita.
    Aveva - invece - rovinato la loro vita: per colpa sua gli aveva costretti ad abbandonare il loro passato. Avevano subito l'oblivion senza potersi sottrarre ed avevano perso la loro identità, così com'era successo anche con lei qualche giorno più tardi.

    Non sapeva se buttarsi alla ricerca dei suoi genitori biologici sarebbe servito a dimenticarsi di quelli che ancora amava - la cui la mancanza le faceva ancora sanguinare il cuore -, ma di sicuro non avrebbe avuto nient'altro da perdere.
    Credo che il trucco sia metterti di fronte allo specchio, e prenderle una per una, cercando una motivazione alla loro presenza nella tua testa.
    Posso essere il tuo specchio per stasera, se vuoi

    Ma lei lo sapeva. Sapeva ogni motivazione e sarebbe stata pronta ad urlarla a voce piena... il problema era che non poteva accettare il suo aiuto. Soltanto in quel momento se ne accorse. Avrebbe dovuto esser completamente sincera e c'era un piccolo dettaglio che Wayne - probabilmente - non sarebbe riuscito a comprendere.
    Non erano amici, sicuramente eran più di due semplici conoscenti, tuttavia, Alexis non era pronta a perdere quel che erano diventati.
    La magia... non era un argomento facile da uscir fuori.
    - Ho appena scoperto di esser stata adottata. disse, cercando di appropriarsi di quel favore precedentemente rivoltale, decidendo di presentargli una mezza verità. - I miei genitori biologici mi hanno abbandonato e quel che voglio è soltanto trovarli e chiedergli il perché. sospirò a fondo, accennando un piccolo sorriso di circostanza. - A quanto mi hanno detto non se la passavano molto bene: avevano diversi conti in sospeso con un gruppo pericoloso di New York. Hanno pensato di lasciarmi alle cure di un estraneo. scosse il capo, stringendo entrambe le mani in due pugni
    - Probabilmente la presenza di una neonata sarebbe stata dannosa per la loro fuga... aggiunse col veleno nel tono della voce.
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    Ho dato per scontato che lui non sapesse del "gene magico" di lei o.o Se ho sbagliato dimmelo che modifico subito v.v
     
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    Wayne Morgan
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    Wayne pensò subito che era stata fortunata, che aveva avuto il lusso della scoperta, di capire e conoscere qualcosa che a lui era precluso, finché i suoi ricordi dei primi otto anni di vita rimanevano oscuri e legati ad un passato ignoto. Con la crescita ci aveva fatto l'abitudine e la costante di ignoranza sulla sua infanzia era diventata ovvia, immutabile, un bambino generato da New York stessa, con un nome che aveva scelto anagrammando le lettere intraviste su un ologiornale. Frutto di una realtà da cui si era sempre sentito rifiutato e in cui non si era mai sentito a suo agio, fatta di persone che all'inizio non aveva capito e poi quando aveva compreso, erano diventate la ragione di un odio razionale e ragionato.
    Di fronte ad Alexis però stava nascendo un altro bisogno, più istintivo, veniva da qualcosa che su Alba non era mai riuscito a sviluppare per davvero, aiutare gli altri, proteggere, difendere, che non sempre corrispondeva a far rispettare le leggi nonostante fosse convinto che ognuna di esse esistesse per un motivo. Lasciò che finisse di parlare, poi che qualche istante di silenzio facesse sbollire un odio naturale che le aveva screziato la voce, e poi proferì a sua volta « O forse l'hanno fatto per proteggerti » gli venne naturale ragionare quel pensiero e si disse che se lui fosse mai diventato padre e se si fosse mai trovato in una situazione del genere, probabilmente avrebbe fatto la stessa cosa.
    Si voltò a guardarla, con un sorriso che aveva delle serietà nascosta all'interno « Alexis, prima di venire a New York ero un poliziotto in un'altra città » spiegò con la lentezza necessaria affinché le comprendesse appieno ogni parola « Ho delle conoscenze che se volessi, potrebbero aiutarti, per trovarli e domandargli tutti i tuoi perché » poteva farlo per qualcun altro se non per sé stesso, dopotutto.

    Scusa il tremendissimo ritardo D:

     
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    Alexis Davis KHLOE IAKOVIDĪS
    21 anni | Purosangue | Studentessa | Σ Θ Η | Killer Plant | Pensieve | Sheet
    O forse l'hanno fatto per proteggerti. la ragazza aprì gli occhi - chiusi precedentemente in un momento atto a ricercare quel poco di calma che sembrava essersi ormai dissolta nell'aria -, e si costrinse a ripetersi quel commento ancora un'altra volta, sperando - prima o poi - potesse esser sostituito da qualcun altro... uno che avrebbe accettato e che non avrebbe odiato.
    Perché ormai ne aveva abbastanza: più dava fiato ai propri pensieri e più coloro che li ascoltavano non facevan altro che metterli in dubbio, giustificando persone sconosciute e dalla dubbia integrità.
    "...l'hanno fatto per proteggerti... per proteggerti perché continuavano a dirlo? Perché continuavano a guardare senza mai vedere? Perché non capivano che proteggerla era l'unica cosa che non avevano fatto?
    L'ex rubino strinse entrambe le mani in due pugni e scosse leggermente il capo, l'espressione precedentemente serena e dolce, cambiò all'improvviso, rispecchiando perfettamente il suo stato d'animo. - Non proteggi qualcuno allontanandolo da te... mettendolo nelle mani di persone impotenti, anche al rischio di far loro del male.
    Rischio... non vi era più nessun rischio: i Davis erano ormai l'ombra di una famiglia, pieni di segreti vivevano una vita studiata, messa a punto da stupidi agenti. Era stata costretta a farli obliviare per via del passato che - disinteressato - l'aveva seguita, un passato malvagio, senza scrupoli, che ha attaccato delle persone innocenti soltanto perché innamorate della ragazza, da loro considerata una vera e propria figlia.
    - Non sono degli angeli, Wayne. Non trattarli come se lo fossero. continuò, per poi ascoltare la sua proposta.

    Soppesò tutti i pro e i contro: se aveva le conoscenze giuste e l'esperienza come sicuramente Alexis pensava, probabilmente sarebbe riuscito a trovarli... ma a che prezzo? Come si sarebbe ridotta dopo? Cosa ne sarà di lei l'attimo in cui potrà vederli?
    Qualcosa dentro quel gran strato di ferro si sarebbe rotto?
    E poi si sarebbe potuta fidare? Dopotutto Wayne non conosceva la sua storia, non sapeva neanche che fosse una strega... la ragazza abbassò il capo e lo tirò indietro, la voglia di dirgli di sì sempre più vicina.
    - Seguimi... disse all'improvviso, i piedi che si muovevano verso un vicolo cieco, una di quelle stradine buie illuminate soltanto dalla Luna, prive di alcun anima nelle vicinanze. - Se vorrai farlo dovrai conoscere ogni cosa... aggiunse, le mani che si distendevano e tremavano nell'eventualità di una brutta reazione.
    Dio, sperò soltanto di non spaventarlo, di non farlo impazzire o cose del genere, perché quel che gli avrebbe mostrato poteva sortire diverse ripercussioni. Alcuni non l'avrebbero accettato, altri si sarebbero spaventati, certi che il proprio cervello stesse giocando loro un brutto scherzo.
    Per lei? Non aveva paura di ciò che poteva capitarle, le bastò ricordare i loro discorsi per capire che tutte quelle insicurezze, in realtà non avevano fondamenta: Wayne non le avrebbe creato problemi.
    Sospirò e soltanto dopo esser certa che fossero soli, Alexis lasciò che il potere di Declan s'appropriasse della sua mano sinistra. Leggere alcune scintille si presentarono agli occhi dell'uomo, ferme sulla mano della ragazza sembravano ballare una dolce danza. Un secondo incanto ed ecco che scomparvero. - Ho scoperto la magia soltanto due anni fa... anche loro sono come me. sussurrò infine. - L'unica cosa è che... beh eran pericolosi... dei maghi neri.


    Tranquiiilla :3
    ps.: non ricordo quanto si conoscessero xD Me sa che l'uno non conosceva le abilità magiche dell'altro... spero di aver ricordato bene xD
     
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    Wayne Morgan
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    Si rese conto in quel momento che era ancora troppo lontano da quel mondo, da quelle persone così emotive, ricolme di opinioni sensibili. Il suo pensiero andò a Farah in un riflesso automatico. Lei era stata un barlume di ordinata passione su Alba, dai discorsi che gli aveva fatto alle notti passate a dimenticare il grigiore di Nuova New York, Farah gli aveva carezzato la mente con la sua pragmatica forza di essere. Lei si era adattata ad Alba, come tutti, lui no, non era mai riuscito a incasellarsi come avrebbe dovuto fare, inserirsi a dovere nell'ingranaggio per farlo funzionare ancora meglio. Vi ci si era incastrato a farlo, facendolo cigolare come fosse bloccato dalla ruggine che l'aveva incollato lì dentro, la stessa ruggine che adesso gli impediva di poter davvero entrare in quel nuovo mondo nonostante se ne sentisse già parte integrante.
    Non sono degli angeli. Alexis soffriva troppo per riuscire anche soltanto a concepire un'altra via, un'altra strada da imboccare per comprendere, forse solo la verità sarebbe stata capace di prenderla per mano e condurla al perdono e all'indulgenza. Allontanarsi da Farah sarebbe stato un modo per proteggerla, ma lui non l'aveva voluto fare, era diverso. Per tanti anni lei era stata l'unica capaci di mostrargli uno fioco spiraglio di luce oltre il cielo perennemente nuvoloso di Nuova New York, ed era stato egoista, tremendamente egoista.
    Quando i loro volti furono illuminato dalle lievi scintille generate dalla mano di Alexis, Wayne sorrise con un moto di stupore, anche lei poteva utilizzare quelle forze che nel suo mondo era considerate una realtà ovvia e conosciuta da tutti, lì no, lì quelli come lui e Alexis si dovevano nascondere e aveva capito subito che era per un buon motivo. Molti non sarebbero mai stati pronti ad accettare l'evidenza di qualcosa che scorreva in tutto mal al di fuori di loro. Schioccò le dita per richiamare dal caos il suo elemento e generare quindi una piccola sfera di elettricità racchiusa all'interno delle dita, come ad annunciarle silenziosamente che condividevano lo stesso segreto.
    Magia, la chiamavano così lì. C'era qualcos'altro però che non conosceva, una definizione che raccoglieva intorno a sé un'aria di negatività, Wayne aggrottò poco le sopracciglia sugli occhi « Cos'è la magia nera? » chiese con un tono di voce più basso, avrebbe potuto dire di aver vissuto per troppo tempo nel mondo non-magico per giustificare quella domanda, se lei avesse dimostrato stupore a riguardo, ma di sicuro non poteva far finta di conoscerla pur non avendo alcuna informazione a riguardo. Era pericolosa, quello era evidente e la sua forza si nascondeva all'interno di quelle lettere, ma non poteva basarsi soltanto su quel dettaglio che percepiva ad intuito.
     
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    Alexis Davis KHLOE IAKOVIDĪS
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    - E' stata davvero la scelta giusta? Ti fidi di questo ragazzo, Alex? le domandò Declan, la voce sempre più ansiosa e quasi fuori controllo. Alexis si morse distrattamente il labbro inferiore e spostando lo sguardo su quello dell'amico, cercò di carpire i pensieri e le emozioni che gli passavano per la mente. Aveva appena osservato le scintille creatasi dal suo secondo elemento predominante e nonostante - Alexis - stesse provando in tutti i modi a decifrare la sua prossima mossa, nulla sembrava riuscire a funzionare.
    Ne sono sicura. Deve esser così. rispose mentalmente al suo spirito, prima di osservare un sorriso farsi spazio sul viso del ragazzo, che senza neanche risponderle la ripagò con la stessa identica moneta richiamando lo stesso identico elemento dal Caos Elementale.
    Nell'osservare quell'incanto, Alexis non poté fare a meno di lasciarsi andare ad un sospiro accompagnato da una piccola risatina sconnessa. Per un piccolo momento s'era data per spacciata: Wayne non l'avrebbe presa per niente bene e lei avrebbe passato chissà cosa per quell'inutile errore di giudizio. Beh... fortunatamente il suo istinto non le aveva fatto brutti scherzi!
    Appoggiò una mano sul petto, cercando di calmarne i battiti e poi osservò il ragazzo, accennando un piccolo sorriso di circostanza. - Anche tu allora! disse quasi retorica.
    Forse aveva trovato un altro amico capace di capirla. Sperò soltanto che tutto ciò non le si rivoltasse contro: sperò di non deluderlo - com'era successo con Ayumu e Rose prima di lui - e sperò tanto di non metterlo nei guai... anche se il semplice fatto d'essersi offerto per ritrovare i suoi genitori biologici non gli poteva di certo prospettare un futuro roseo.
    Cos'è la magia nera? fu alquanto sorpresa nel sentire quella domanda, insomma... non conosceva perfettamente la sua storia ma sembrava fosse abbastanza cosciente del mondo in cui si trovava. - Non ne hai mai sentito parlare? domandò interdetta, il sopracciglio sinistro che s'alzava all'improvviso, completamente preso alla sprovvista.
    Alzò le spalle e poi cercò le parole adatte per spiegare qualcosa che ancora non conosceva alla perfezione. - Non ne sono molto informata, ma da quel che ho capito, un mago nero è un mago che ha - in qualche modo - accettato un patto con un Dio chiamato Tharizdun. E' una magia di sangue che amplifica i pensieri più profondi ed oscuri dell'animo umano, spingendo il portatore a renderli reali e tangibili. Si dice che agiscano nell'ombra e che si servano della magia del sangue per combattere. sospirò a fondo e poi scosse leggermente il capo. - Sono entrati nel Brakebills qualche anno fa e ne hanno fatto una carneficina. continuò. - Chiedere in giro senza ottenere altre scomode domande è difficile, soprattutto se l'argomento di richiesta è quello che concerne loro stessi... ma ho bisogno di conoscerli, ho bisogno di vedere i miei genitori... non mi importa se nel farlo potrei anche cadere in battaglia. alzò il capo sicura e poi lo guardò - Non sei costretto ad aiutarmi, Wayne. Non se non desideri rischiare.
     
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