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SCUOLE FREQUENTATE
Ilvermorny | 2006/2013 - Tuono Alato - 7
Studi privati | 2013/2017
Circolo di magia Gowdie - Memphis | 2017/2020 - 3 -
RAZZE E ABILITA
Percettore spiritico | NO
PROFESSIONE
Beccamorto | 2013 ad oggiORGANIZZAZIONI E SETTE
Circolo di magia nera | 2016
FEDINA PENALE
Omicidio doloso non premeditato | - | NO
IMMIGRAZIONE
Inglese | 1995 | Nascita
Americana| 2006 | LegaleLibretto SkillsNome e Cognome: Chrysanthemur Sinister
Materie: Magia Nera, Necromanzia, Alchimia
Apprendimento: Circolo di magia Gowdie - Memphis
Edited by Chrysalide - 13/4/2023, 18:03 -
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Bentornatissima <3 -
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Welcome! -
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Bentornata Fed! -
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Bentornata Fed♡ -
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Edited by Alenko - 22/9/2019, 00:51 -
.Deborah DaviesEra per terra con la guancia destra schiacciata contro il freddo pavimento. Aveva perso, di nuovo. Era la seconda volta di fila che le capitava di essere sconfitta e questo, naturalmente, non rappresentava niente di buono, né per il suo orgoglio, né tantomeno per i soldi. Quando la sua avversaria lasciò la presa che la costringeva in quella posizione umiliante, rimase a fissare un punto indefinito con sguardo perso per qualche secondo, prima di rialzarsi emettendo un lamento gutturale per via dei muscoli doloranti. Ancora trafelata dalla lotta che si era appena conclusa, raggiunse il bagno per disinfettare le ferite sulla fronte e sul mento alla meno peggio. Mentre si trovava lì, in piedi davanti ad uno specchio spaccato di quello che doveva essere il locale più squallido del mondo, a pulire i tagli che aveva sul volto con un po' di alcol, le parole di Tony le ronzavano nella testa.
"Senti, Debbie, qualunque cosa tu stia facendo, devi andarci piano. Rischi di rimanerci secca, senti a me" le aveva detto con il tono più comprensivo e pacato possibile. Sembrava quasi che volesse darle un consiglio paterno e lei era perfettamente consapevole delle sue buone intenzioni, così come sapeva quanto avesse ragione. Nell'ultimo periodo ci stava andando giù fin troppo pesante, ma le sembrava di non avere altra scelta.
"Non ti pulisco il cesso per farmi fare la morale, Tony" aveva risposto lei, immediatamente sulla difensiva.
Quell'uomo era un santo, non poteva essere altrimenti. Si trattava del proprietario della palestra in cui Debbie andava ad allenarsi. Una bettola, quasi al livello dello scantinato in cui si tenevano le lotte clandestine a cui partecipava e per le quali si allenava in primo luogo. In ogni caso, era un posto che le serviva e - non potendo permettersi di pagare le lezioni - l'accordo che aveva stipulato era una manna dal cielo. Alla fin fine, pulire il suo stesso sudore era il minimo che potesse fare.
"Fanculo" borbottò tra sé e sé, immaginando già la faccia grassoccia di Tony assumere un'espressione esasperata alla vista delle condizioni in cui si era ridotta nuovamente. Era incazzata con sé stessa, ma d'altra parte non riusciva a ricordare un momento della sua vita in cui non lo fosse stata. La cosa peggiore era che questa rabbia la faceva entrare in un circolo vizioso, il quale la portava ad essere fin troppo impulsiva durante il combattimento e, così, le sue avversarie più scaltre riuscivano a stenderla senza che lei se ne accorgesse nemmeno. L'umiliazione, poi, la riconduceva alla collera e così via. Effettivamente, il primo consiglio che i ragazzi della palestra le avevano dato era di controllare le sue emozioni e ragionare con la testa piuttosto che con la pancia, ma per lei era praticamente impossibile. Le sue gambe la condussero al bancone del bar: una bevuta era quello di cui aveva bisogno. Si sedette su uno degli sgabelli sbuffando e appoggiando i gomiti sulla superficie lignea che si trovava davanti. "Dammi la cosa più forte che hai" disse senza nemmeno alzare lo sguardo verso il barman, completamente disinteressata e assorbita nei suoi pensieri.ex-Grifondoro23 anni© Noruwei
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.©Lucian Coppola■ 27 y.o ■ wendigo ■stutterer ■Se solamente avessi saputo come Cornelius mi avrebbe poi descritto al mio nuovo capo probabilmente mi sarei sentito peggio di quanto già ero riuscito a sentirmi passeggiando per il Felix. Il fatto è che quando sensazioni del genere ti vengono cucite addosso persino dai luoghi che giornalmente necessiti di frequentare, a certe cose finisci per non farci più tanto caso. Che lo schifo non riesci a togliertelo dalla pelle nemmeno con una doccia e che provarlo è effettivamente tutto ciò che ti resta nella vita. Eppure la prima volta che ho messo piede lì ho stranamente percepito una sensazione pregna di forza. Forse era stata l'adrenalina data dalla lotta a fomentarla, forse era stato il rivedere un vecchio amico e l'immagine di Detroit stagliarmisi dinanzi agli occhi ad ogni colpo. Perché era stato proprio lì che avevo iniziato a prenderle e a darle ed era proprio da lì che ero fuggito nel vano tentativo di ricostruirmi una nuova vita. Eppure, per quanto avessi detestato la mia città natia, ad essa dovevo effettivamente tutto: perché forse senza le mie scelte sbagliate non avrei mai ottenuto la forza di adattarmi a determinati contesti. Non avrei mai conosciuto il significato di Resilienza.
Da allora ho lasciato che Meg si prendesse cura di me pettinandomi e tagliandomi i capelli. Così come io mi son sforzato di alleviare le tristezze generate da quel lavoro che si sente costretta a portare avanti nonostante l'alienazione stessa ed i silenzi che devono necessariamente essere riempiti da ansimi e gemiti. La mia situazione è forse diversa, anche se più volte mi sono ritrovato a chiederle cosa significasse patire la svendita del proprio corpo: perché a mia volta vorrei permetterle di mangiare qualcosa che le piaccia più del cibo in scatola. Ma non posso molto: posso vincere questa lotta, tornare a casa con la faccia dolorante e qualche soldo in tasca, eppure non riuscirei affatto a dedicarci la vita che potrebbe spettarci.
Così mi faccio largo lungo la cantina, risalendo le scale che portano verso il bancone. ''Ezra'' è un ringhio soffocato dal fastidio che sento alla mandibola. Lo stronzo mi ha preso in pieno, è stato bravo. ''Fammi parlare con Bates!'' È una supplica per nulla anticipata da una riflessione ben ponderata.“La pioggia cade ugualmente
sui giusti e sugli ingiusti -
.©Riley Colroy■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■Sorride divertito dalle sue risposte. Perché a Riley piace terribilmente insinuarsi nella vita altrui, stringersi come un serpente attorno alla preda e piegarla al suo volere, tentarla, così come fece Lucifero sotto mentite spoglie. Gli piace percepirli così vicini tanto da catturarne l'odore o ritrovarsi a giocare con i propri polpastrelli contro la loro pelle a tratti fredda, poi ricoperta da una patina tremante, ma irta, come all'attenta od in attesa che quel brivido provato poc'anzi torni a far da padrone. Lo sguardo da predatore attento a tener sott'occhio il proprio pasto, scivola lungo le braccia e poi verso il petto, il quale lui lascia intravedere mentre lentamente sfila il fascicolo con le foto promesse. Un sorriso bieco si fa largo sul volto del Colroy, mosso dall'inerzia di un lavoro che continua a stargli stretto, ma che non riuscirebbe affatto a cambiare. Vi è un piacere sottile che si nasconde dietro la scelta di quei corpi da contrabbando, merce che continuerà a respirare sino all'esaurimento dato per morte stessa. ''In sintonia con la nostra clientela.'' Tira su con il naso, mentre con una mano gli sfila il faldone tra le mani per così accingersi a sfogliarlo. ''Cosa puoi dirmi di loro? Ti hanno creato rogne in passato?'' Sono solo domande di precauzione atte a chiarire il rapporto di lavoro che egli intende realizzare. Perché se Cornelius può riuscire a soddisfare i bisogni del Pendragon, allora Riley potrebbe sforzarsi di soddisfare i suoi. Poi torna a mantenere il distacco, come una calamita della quale si cerca di studiarne la forza ed attende, che l'altro torni a ricercarlo con il medesimo sguardo riservatogli al suo arrivo“Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
Non vedi che ho troppo freddo. -
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.©Riley Colroy■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■Non danzava così dalla volta in cui caparbio aveva tentato di attirare Nathaniel nella sua esca, cantando la sua stessa musica, tanto per finire di macchiarvisi inesorabilmente e lasciar che quella melodia divenisse parte di quella che sembrava essere una nuova sfaccettatura di quella sua nuova vita. Era stato sensuale come una pantera, lasciando che il Gallows potesse far propria ogni sua forma, ogni dettaglio di quel corpo che sapeva svolgere egregiamente il proprio lavoro di convincimento. Perché fino a quell'istante Riley non lo aveva capito, eppure ogni azione eseguita non era stata realizzata per altro se non per tentare di render suo quello che era divenuto inevitabilmente uno dei suoi sogni più celati.
Con Cornelius Bates fa altrettanto, lasciando che il timbro della sua voce detti le note della sua danza, quella che lo vede accavallare la gambe per così lasciar intravedere la pienezza delle sue cosce e dei polpacci, che terminano in una caviglia lasciata celata dietro un calzino chiaro e nelle scarpe a punta tirate a lucido, che secernano piedi ben curati e capaci di eseguire movimenti tenuti nascosti persino a Nathaniel stesso. Poi piega la testa all'indietro, come per assecondare i movimenti di un sorriso sincero, che va a trasformarsi in un ghigno quando diviene palese la riservatezza di quell'incontro, lasciando che il collo divenga nudo e la mascella venga mostrata nella sua piena forma. Dura e liscia, laddove non vi è alcun pelo di barba a rovinarne la pelle mantenuta liscia ed idratata. ''Non siamo poi così diversi Cornelius.'' È una risposta alla sua domanda perché sì, egli capiva cosa significasse far leva su ciò che era considerato sporco per così riunire quanti più clienti possibili. ''Sai benissimo anche tu come dal letame fioriscano i fiori più belli.'' Il Pendragon era stato per lui tutto ciò che di importante potesse esserci nella vita. Poi con la mano libera dalla sigaretta torna a poggiare i polpastrelli sul tavolo, sfiorando appena quella di lui. ''Allora, cos'è che mi hai portato in dono?'' Perché è difficile smetterla di non pretendere nulla in cambio, come se ogni suo sforzo meritasse di non esser ripagato a dovere.“Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
Non vedi che ho troppo freddo. -
.©Riley Colroy■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■''Ogni cicatrice abbellisce la nostra storia, Cornelius. Sarebbe strano non averne.'' La sua pelle perlacea mostra cicatrici invisibili all'occhio umano: pelle che tende a divenire irta dinanzi a determinate situazioni e gola pronta a surriscaldarsi quando il pericolo si fa vicino. E Bates deve capirlo bene, perché allude all'odore che i Colroy non possono togliersi di dosso nemmeno usando il più forte dei profumi. È un odore fastidioso che i più comuni non percepiscono: persino uno attento come Nathaniel deve averlo ignorato quando, lasciando scivolare le labbra lungo quel corpo ha cercato di far suo ogni centimetro di quella pelle impura, rivestimento umano di chi umano non vi è mai stato, nemmeno quando rapportandosi con gli altri si è sforzato di modulare se stesso. Poi le braccia si incrociano nonostante il suo iniziale disappunto. gli avambracci si sfiorano, si cingono, ma ogni bicchiere finisce per dissetare il suo proprietario d'origine. ''Alla tua pelle in raso.'' poi un sorriso e il bourbon prende a bagnargli le labbra e a scendergli lungo la gola. Gli piace la sensazione dell'alcol a bagnare le fauci, anche se ad oggi ogni bevanda finisce per evaporare contro la trachea, impedendogli di goderla a pieno. Poi vi si stacca, il sorriso ancora stampato, come monito di un benessere autoindotto, il quale non ha nulla a che vedere con l'assunzione di cocaina, bensì con la consapevolezza di star facendo qualcosa che andrebbe contro la volontà altrui.
''Splendidamente Cornelius. Gli affari vanno a gonfie vele e ti dirò, sono molto sorpreso e lusingato dall'aver ricevuto questo invito. Deve significar molto questo incontro.'' Lo incalza, curioso di scoprire cos'è che Bates ha intenzione di barattare con quella droga della quale un assaggio egli glielo ha già passato sottobanco stringendo saldamente la sua mano. ''Tu riesci a cavartela altrettanto? So che al Felix potresti vantarti giornalmente di incontrare carne fresca ed innocente. La tua proposta proviene direttamente da lì?'' E gli allunga una sigaretta, accendendosene l'ennesima della giornata, quella che l'aiuterà a coprire qualsiasi odore sia capace di emanare.“Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
Non vedi che ho troppo freddo. -
.©Riley Colroy■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■Alza lo sguardo in sua direzione assaporando l'attesa che li separa dal loro incontro. Poi si alza dallo sgabello e raggiungendolo per qualche centimetro, gli sorride tendendogli la mano. È un modo veloce per salutarlo e allo stesso tempo lasciargli scivolare un assaggio della roba che deve vendergli lungo il palmo e sfiorarne l'interno con i polpastrelli, assaporando quella medesima carne che verrà cinta nel loro accordo. ''Buonasera Cornelius.'' Risponde mesto, interrompendo quel contatto solo per invitarlo a sedersi sullo sgabello accanto al suo. ''Mi sono permesso di ordinarti il miglior Bourbon che hanno.'' Ghigna premendo la cicca di sigaretta ormai consumata lungo il posacenere in vetro. Bates è davvero un bell'uomo: l'abito che indossa è così aderente da ridisegnarne i fianchi muscolosi e le gambe toniche. È un uomo imponente, forse più alto di Riley e questo per un certo verso lo diverte, anziché intimorirlo. Perché il Colroy sente sempre di aver la situazione sotto controllo, anche laddove il confronto fisico si rivelerebbe capace di mischiare le carte in tavola. ''Devo farti i miei complimenti'' Aggiunge riprendendo posto dinanzi al bancone, graziando il barman con l'ennesimo gesto del capo. ''Hai un animale da compagnia davvero affascinante. Dev'essere stato complicato educarlo in quel modo.'' E solleva il bicchiere squadrato, stringendolo saldamente tra le dita per così permettersi di avvicinarlo a lui senza rischiare di farlo cadere. ''Al nostro incontro.'' Annuncia incentrando gli occhi in quelli dei suoi: si dice sia maleducazione brindare senza guardare gli occhi dell'altro e così evitare di perdersi un po' nell'accordo taciuto che si andrà a sancire. ''E all'abito che indossi'' Che, grazie a Dio, gli permette di bearsi di una tale visione.“Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
Non vedi che ho troppo freddo.