Votes given by TheFedIvan

  1. .
    SCUOLE FREQUENTATE
    Ilvermorny | 2006/2013 - Tuono Alato - 7
    Studi privati | 2013/2017
    Circolo di magia Gowdie - Memphis | 2017/2020 - 3 -
    RAZZE E ABILITA
    Percettore spiritico | NO
    PROFESSIONE
    Beccamorto | 2013 ad oggi
    ORGANIZZAZIONI E SETTE
    Circolo di magia nera | 2016
    FEDINA PENALE
    Omicidio doloso non premeditato | - | NO
    IMMIGRAZIONE
    Inglese | 1995 | Nascita
    Americana| 2006 | Legale






    Nome & Cognome: Chrysanthemur Sinister

    Nato a: Londra, Regno Unito
    Residente a: New York, America
    Nato il: 3 gennaio 1995 Età: 28 anni
    Abilità: Percettore spiritico
    Lavoro: Tanatoesteta, Tanatoprattore, Becchino.
    Lingue parlate: Inglese e francese
    Religione:Tharizdun
    Allineamento: Caotico Neutrale
    Orientamento sessuale: Bisessuale

    Catalizzatore: Onice oscura
    Totem: Falena
    Voce: x
    Daffodil Knight: x



    Chrys è un ragazzo peculiare, che mentalmente spesso non sa dimostrare gli anni che ha. È molto infantile, seppur diligente nello studio ed interessato ad approfondire la sua carriera magica. Questo ha sempre dato modo ai suoi genitori di lamentarsi: Avrebbero voluto crescerlo diversamente, consci solo troppo tardi di quanto le sue paure e le sue fisse fossero importanti e capaci di condizionare la sua vita e quella di chi gli sta attorno, eppure morirono di vaiolo di drago troppo presto per lavorare sulla sua crescita e così aiutarlo a divenire un uomo fatto e finito. Era il 2017 quando Chrys fu costretto a reinventarsi e così imparare a vivere da solo. Nel complesso gli anni a seguire la morte dei suoi genitori si rivelarono emotivamente utile, perché fu proprio grazie a quella solitudine che egli riuscì a comprendere le proprie potenzialità, arrivando persino ad auto - esaltarsi e a convincersi di essere il migliore nel campo. Il suo essere meschino è sbucato qualche anno più tardi, quando scoprì casualmente che minacciare i morti poteva tornargli utile in quanto era facile, in un momento come la perdita di qualcuno caro, manipolare la volontà altrui. Sfruttò la propria percezione spiritica a suo vantaggio, permettendosi così di vivere una vita agiata o comunque priva di noie ed ansie varie.
    Perché a dispetto della sciatteria Chrys è un tipo preciso e meticoloso, molto pulito nel lavoro che fa e nel modo in cui si occupa di casa propria, la quale si è convinto di condividere, seppur dopo giorni di lunga riflessione, con un altro essere vivente che non facesse parte della famiglia. Non accetta di perdere né di lasciare il lavoro incompiuto e probabilmente questo è uno dei suoi punti a favore. È sempre sul pezzo e cerca sempre di modellarsi in funzione della persona che si trova davanti. Sa fingere e lo fa bene, tanto che persino le espressioni del viso riescono a modellarsi a seconda dell'emozione ha intenzione di far provare al suo interlocutore.
    È molto dedito al lavoro anche se gli spiriti gli mettono una certa ansia addosso. Non vuole parlarci a meno che non sia lui ad aprire il dialogo in virtù di guadagni extra. Non accetta che siano loro a contattarlo perché questo gli fa salire il panico e perché non sa gestirne più di uno contemporaneamente.

    1. È un percettore spiritico;

    2. Per anni ha avuto paura delle voci;

    3. Si fa di acidi anche se questi lo rendono volubile;

    4. Ha un eccezionale pollice verde, i crisantemi che ha in giardino li ha piantati lui stesso;

    5. I suoi inquilini sono: Ismael Bishop, altro percettore spiritico come lui; Ophelia Moore, un fantasma; Heather, la non morta che vive in cantina;

    6. Ha creduto per anni di essere figlio unico: Questo perché alla morte di Marigold Josh gli cancellò parte della memoria;

    7. Ogni tanto pensa che sarebbe comodo farsi di eroina;

    8. È un tipo solitario ma che odia la solitudine;

    9. Organizza festini una volta a settimana per non sentirsi solo;

    10. Non sa se gli piacciono le femmine o i maschi;

    11. Gli unici animali che ama sono gli anfibi;

    12. Ha perso la verginità poco prima di conoscere Heather;

    13. Il suo piatto preferito è la pizza margherita;

    14. Ama la vodka alla fragola ed il Gin Lemon, anche se gli alcolici lo stordiscono subito;

    15. Quando gli prende bene parla senza riuscire a smettere;

    16. È un fan sfegatato di Miley Cyrus e con Wrecking Ball piange;

    17. Crede di essere sempre stato attratto da Joshua;

    18. Ha amato Ray.

    ------


    Chrys è un ragazzo molto magro, complice il suo ipertiroidismo. È alto 180 centimetri e pesa solo 65 kg. Ha un fisico tonico ed asciutto, ma non abbastanza da permettergli di mostrare fiero le proprie forme assenti. Ha un collo lungo ed un gozzo prominente. Il viso scavato presenta della barba solo dagli ultimi anni: Chrys l'ha lasciata crescere per così darsi un po' più di consistenza. Ha un naso leggermente a punta ma che non protende verso l'altro. Le labbra a dispetto del resto sono carnose: Il labbro inferiore è più grande di quello superiore ma di pochi centimetri. Gli occhi chiari, con una sfumatura tendente al verde sono particolarmente sgranati, sia per l'ipertiroidismo sia per l'assunzione continua di acidi. Ha scapole sporgenti così come le vene che gli percorrono le braccia. Le dita delle mani sono altrettanto lunghe ed ossute e su entrambi i palmi porta tatuate le uniche frasi presenti sulla tavola ouija: Hello e Good Bye. Sono gli unici tatuaggi presenti, il resto del corpo ne è spoglio così come lo è anche dei peli. Il petto e la schiena ne sono glabri mentre le gambe ne presentano seppur in quantità minore rispetto gli altri uomini della sua età. I capelli sono la parte più incasinata del corpo: Sono scuri e ricci e spesso si presentano così gretti da impedirgli di pettinarli decentemente.

    I suoi outfit giornalieri sono sempre un po' bizzarri e a volte al limite della decenza. Se potesse girerebbe perennemente nudo con solo una camicia di notte addosso e ai piedi un paio di pantofole di pelo. Ma siccome non tutti sono abituati ad ammirare i suoi genitali al vento, è solito optare per abiti scuri e succinti, non denigrando mai l'uso di kilt o gonne vere e proprie che gli arrivano fin sopra il ginocchio. Si trucca anche, prediligendo dello smalto rigorosamente nero ed uno smokey eyes altrettanto scuro. Ha imparato a truccarsi truccando prima i morti.

    Non è detto che la vita di ognuno di noi debba necessariamente essere memorabile. La mia ad esempio non lo è, ma per una serie di fattori che l'hanno spinta verso la normalità piuttosto che al diverso, alla strabiliante differenza che ognuno di noi finisce per cercare in ogni piccola cosa. Per dei maghi purosangue la normalità è sempre stata una ed i miei erano lo stereotipo perfetto di quegli inglesotti anziani che gli ultimi anni di vita li avrebbero voluti passare cercando di insegnare agli altri com'è che si vive. Aver fatto parte della schiera dei Mangiamorte non li ha mai salvati davvero dalla monotonia. Non c'è l'ha fatta Voldemort con il suo ideale purista, né la comunità magica americana che li ha accolti come se la loro minaccia appartenesse unicamente all'Inghilterra e non all'intero globo terracqueo. Avevano superato i quarant'anni quando mi hanno messo al mondo: Per le streghe non è difficile ingannare la menopausa con la magia e continuar a procreare, la parte più difficile rimane crescere un figlio senza rischiare di pretenderlo a propria immagine e somiglianza. I miei erano grandi quando mi hanno concepito e ciò li ha portati ad essere più stanchi e meno idealisti di come avrebbero potuto esserlo un tempo. Non c'era davvero posto per un figlio quando ancora erano tra le schiere dell'Oscuro Signore, eppure mettermi al mondo aveva significato per loro fare del bene nei confronti di un altro essere vivente, dunque dovevo esserne grado. Anche se non sono stato davvero il primo. Perché mia madre non ce lo disse o almeno, non lo raccontò a me, che aveva già un'altra figlia.
    Avevo forse tre anni quando ci siamo trasferiti in America. Mi chiedo ancora come fecero ad eludere il Ministero della magia britannico, ma questo non fu così importante quanto il loro bisogno di farsi vicini a qualsiasi forma di potere potesse dimostrarsi così grande da abbagliarli. I Circoli di magia nera li conosco da che ho memoria: Crescendo, i miei genitori hanno costruito la mia strada affinché io potessi in qualche modo condividere le loro idee, ma l'unica cosa che riuscirono a tramandarmi fu la curiosità ed il fascino per la potenza in ogni sua forma. Se c'è una parola capace di riassumere la loro vita questa sarebbe: ''fanatici''. Perché sì, a loro piaceva venerare qualcosa al punto da ritrovarsi a vivere seguendone i dogmi e da questo loro lato credo di aver estrapolato la parte peggiore.

    Con difficoltà la mamma riuscì a portare Marigold con noi ed io fui educato a vivere in sua compagnia, anche se a fatica riuscivo a convincermi che fosse davvero mia sorella. Lei avrebbe voluto vederci uniti, io a stento sapevo mostrarmi gentile.
    Alla fine Crescendo ho frequentato una scuola magica come tante altre. In Inghilterra preferirono non farmi tornare e fu per questo motivo che venni iscritto ad Ilvermorny e successivamente smistato tra i Tuono Alato. Le materie in cui eccelsi furono Trasfigurazione, Tinture & Misture ed Incantesimi. Scoprii che il mio Nahual era un banalissimo gufo e vissi i sette anni scolastici nella più totale noia. Goffo e scoordinato ho evitato sin dall'inizio di presentarmi alle selezioni per la squadra di quodpot della mia casata e nemmeno aspirai alla carica di prefetto. Filò tutto liscio sino al diploma.
    Fu nel 2017 che i miei genitori, durante una partita di Quidditch, contrassero il vaiolo di drago, morendo solo l'anno dopo, quando non ero altro che un giovane adulto alle prese con quelle paturnie adolescenziali che non sempre è facile scrollarsi di dosso con il conseguimento della maggiore età. Avendo perso la mia sorellastra solo pochi anni prima, a ventidue anni, mi ritrovai solo più che mai.
    Mi occupai io di lavarli e vestirli. Il funerale fu festeggiato con poche persone e presso la villetta in stile gotico che i miei acquistarono con l'intento di coniugare lavoro e vita familiare. Non fu facile rimboccarsi le maniche sin da subito, eppure avendo la maggiore età sentivo di non poter né voler contare su qualche parente alla lontana.
    Seppur iniziai a lavorare per la famiglia già del 2013 fu nel 2017 che iniziai a godermi davvero la vita da piccolo imprenditore. Seppellii i miei genitori nel giardino dinanzi la casa e quello probabilmente fu uno degli sbagli più grandi che feci. Alla fine è come se non fossero morti davvero, perché non c'è stato un momento in cui io non li abbia visti o percepiti. Furono sempre con me, sino a che non mi decisi nel mandarli via.

    In fin dei conti non sono mai stato il figlio perfetto: Non gli sono mai assomigliato né ho mai davvero appreso qualcosa da loro. Non ho mai voluto che mi indirizzassero davvero né ho mai fatto modo di includerli nelle mie scelte o nelle mie riflessioni. Sono sempre stato piuttosto autonomo e cocciuto tanto da preferir la vita che sto conducendo ora, alternata da momenti di serietà ed altri di festa, dove i clienti finisco per procacciarmeli da solo, arrotondando le entrate aiutando altri professionisti come me.
    Non sono mai stato una brava persona, non lo sono con Cora, né con Caiden, nè con Josh, ma soprattutto, non lo sono mai stato con Heather.

    Non lo so se me ne sono mai pentito davvero, se quello che ho fatto anche se non ero lucido, riesca in qualche modo a rendermi una persona diversa da quella che ho creduto di essere sino ad ora. Sta di fatto che non so cosa pensarne e che forse il terrore faccia davvero bene a chi come noi è sempre vissuto nella bambagia. Se ho paura è perché sono vivo, ripeto sempre ai miei corpi quando li spoglio e gli spezzo le giunture per poi rivestirli. Se non avessi paura di voi, gli dico, probabilmente non sarei a fare questo lavoro. E lo so che questo non ha senso, perché altri a differenza mia finirebbero per cercare di fare ciò che più gli fa stare bene, ma io ho sempre avuto questo e senza la paura, beh, non saprei come vivere. Il coltello nel petto devo averglielo infilato per questo, anche se non ha senso che ci fosse un coltello proprio lì, sul comodino di un letto che avrei condiviso più e più volte con lei. Ma in fin dei conti sono numerose le cose che non hanno un senso, no? Non lo ha l'amore, per esempio, che ci fa allontanare dal campo di guerra e finisce per intontirci. Non è come la rabbia, non è come l'insicurezza: L'amore non so se definirlo un sentimento, perché alla fine sta lì solo per amplificare qualcos altro e quella sera, quando provando a passarle una mano tra i capelli le ho chiesto di sposarmi, la rabbia che ho provato poco dopo è stata immensa. Forse è stata la droga, forse solo l'umanità che ci pervade sino al nostro ultimo respiro, sta di fatto che l'ho uccisa. E l'avrei rifatto altre volte, sino a che di quel sangue del quale mi sono cosparso non fosse rimasto più niente. Heather. Me lo gridava anche il suo nome Eat, Hate. Avrei fatto mio quell'odio perché in momenti come quelli non si può provare null'altro. Lo avrei ingurgitato sino a soffocarmi, eppure è bastato che passasse la botta per essere nuovamente pervaso dal terrore.
    Allora io ci ho provato a rimediare, anche se non è da me farlo perché tutto ciò che queste mani sanno sfiorare diviene perfetto. Ci ho provato a cambiare il futuro più prossimo, trascinandola a casa mia senza usare il teletrasporto per paura che altri potessero rintracciarmi. L'ho rattoppata come la bambola di pezza qual era. L'ho pulita, le ho coperto i lividi, le cicatrici. L'ho persino truccata passandole quello stesso rossetto con il quale mi aveva baciato il collo, eppure l'unica cosa che sono riuscito a fare è stato dar la possibilità ad una voce di ricordarmi quanto io avessi fallito quella notte.
    Non avevo mai avuto paura sino a quel momento. Non ero mai caduto sulle ginocchia né avevo mai pianto. Eppure fu splendido. Perché sono queste emozioni a distinguerci da chi su quel lettino giace pallido e freddo. Ed io le ero superiore nonostante l'ansia, nonostante il panico che mi stringeva la gola. Le ero superiore perché con queste mani avevo riparato al danno e l'avevo fatta mia così come avevo desiderato sino al giorno prima. Stringendola, braccandola, sino a che quell'ultimo suo fiato non fosse stato mio.

    Ma lei è stata solo una tra tutte quelle altre persone che per un motivo o l'altro ho avvicinato affinché mi aiutassero ad attenuare un vuoto a cui non ho mai dato voce. Come se non esistessero metodi efficaci per sentirsi meglio e vi fosse la ferrea convinzione che meritassi di più di tutta quella indifferenza. Josh, d'altronde, non mi aveva mai guardato se non da quella sera nel Bronx, quando mettendosi in mezzo tra me ed altri ragazzi, si era prodigato affinché smettessero di bullizzarmi. Avevamo solo sedici anni, eppure io avevo già capito cosa volessi dalla mia vita e dalle persone che avevano iniziato a farne parte. Lui c'era sempre stato per me ed io credo di aver fatto altrettanto con lui. C'era stato quando di Marigold avevo smesso di ricordare ogni cosa e quando i miei se ne erano andati, lasciandomi decisamente spaesato ed ancor più solo. La nostra è sempre stata una grande amicizia, suppongo, eppure immagino di averlo sempre ricercato tra tutti gli altri: In Heather, in Adam e persino in Ray. Anche se per un momento, un lunghissimo momento durato quasi un anno, ero quasi riuscito a far finta che non fosse così importante.

    Non sono una brava persona, non lo sono mai stata. Non so fingere che le cose vadano in questo modo, non sono così scaltro, così empatico. Sono solo questo. L'egoismo che precede ogni altra cosa, la solitudine che cerca la compagnia. Un controsenso che si annoda senza mai sbrogliarsi. Non so migliorare, so solo peggiorare e questo esserne consapevole non mi tange minimamente, non come dovrebbe, non come succede con altri. Non so provare nulla, forse solo la paura di perdere e non rialzarmi mai. Di essere secondo a qualcuno, debole, insicuro. Fallimentare.




    Libretto Skills
    Nome e Cognome: Chrysanthemur Sinister
    Materie: Magia Nera, Necromanzia, Alchimia
    Apprendimento: Circolo di magia Gowdie - Memphis

    BONUS
    DOVE E QUANDODESCRIZIONE
    I ANNO
    MATERIAI SEMESTREII SEMESTRE
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    II ANNO
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    III ANNO
    MATERIAI SEMESTREII SEMESTRE
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    Edited by Chrysalide - 13/4/2023, 18:03
  2. .
    Rayon Grimes
    17 y.o ⇝ Taccheggiatore
    [Voice] [sheet]
    Se solamente fosse un po' più grande, forse capirebbe che quello che prova Cornelius per lui non è di certo affetto, né quell'interesse così forte da fargli esplodere il petto. Eppure Rayon è solo un bambino un po' cresciuto, che l'affetto non lo ha mai imparato a comprendere se non ora che ogni atteggiamento assunto da Cornelius finisce per fargli stringere la gola. Eppure ne è così corrotto da quella sensazione, da non poter fare a meno che salire quelle scale allo stesso tempo con cui le sale lui, come se quei piedi fossero i suoi piedi ed il respiro il medesimo. E non importa più quando la perdita resti cocente sulla sua pelle, sotto quelle lentiggini macchiate di un rosso scarlatto. Non importa quanto faccia male mostrarsi per ciò che non si è, ma migliore dell'immagine che si cerca di ostentare giorno dopo giorno. L'importante è che lui lasci cadere la sua mano lungo nervi che sanno scattare al solo contatto di un altro corpo che sappia stringerglisi addosso e tenerlo al caldo. Perché in quella carezza Rayon finisce per perdersi e credere nello stesso istante, di aver ritrovato la strada verso casa. ''...No. Perché me lo chiedi?'' Basta un attimo a far sì che ogni sicurezza, anche la più piccola, venga spazzata via da un semplice quesito come quello, capace di far innescare dubbi e costringere la mente a ricercare disperatamente appigli contro i quali aggrapparsi saldamente alla ricerca di un alibi.
    ⇝ Louis Hofmann as Rayon Grimes


  3. .
    Bentornatissima <3
  4. .
    Welcome!
  5. .
    Bentornata Fed!
  6. .
    Bentornata Fed♡
  7. .
    Rayon Grimes
    17 y.o ⇝ Taccheggiatore
    [Voice] [sheet]
    Lui lo amava come gli avevano insegnato a fare: in quel modo un po' insolito e burbero, che non sai mai cosa sembra provare l'altra persona. E lo seguiva con occhi stanchi ogni volta che tendeva ad allontanarsi dalla folla, che in quel seminterrato pareva non volerci stare mai, che un po' puzzava di sudore e di sangue, quello stesso liquido che gli faceva versare contro le lenzuola ogni volta che decideva di aver bisogno di lui. Che non lo chiamava sempre e a volte rischiava persino di sbagliarsi nome: che ''Rayon'' era strano, ma non entrava facilmente in testa. Eppure lui lo amava comunque, di un sentimento forte ed incondizionato, avvelenato da convinzioni prive di logica e da necessità a cui non sapeva trovare soddisfazione. Perché alla fine, nonostante quel morboso bisogno di sentirlo incastrato tra le proprie gambe, Ray finiva comunque per sentirsi terribilmente solo. Eppure anche questa sera è lì, nel medesimo posto in cui se l'è fatte dare ed ha rotto il naso ad uno per il semplice gusto di farsi vedere da lui e scegliere, così come aveva scelto tanti altri ragazzini della sua età. Che a volte non gli importava di essere soltanto un numero per Cornelius: Quei brevi istanti di felicità bastavano a silenziare quel dolore stridulo. Allora si muove contro la folla, la quale lascia alle proprie spalle per così seguire la sua scia. Che il suo odore è qualcosa che riesce a ricordare indistintamente, talmente ogni volta finisce per portarselo con sé. Persino il suo letto ne è impregnato, anche se non ci hanno mai scopato.
    ''C-Cornelius.'' La sua voce trema, che ha paura di farsi sentire dagli altri o anche solo lasciare che quella relazione marcia esca allo scoperto. Perché ha paura di ferirlo, come se un ragazzino come lui potesse farlo davvero. Perché ha paura di rovinare tutto e distruggere quel sogno costruito su macerie e corpi distrutti, venduti a caro prezzo dopo essere stati testati dal loro padrone originario. Perché Cornelius è il suo padrone anche se non l'ha acquistato: Che nello sfiorare delle sue dita Ray ha iniziato a percepirsi un po' più suo, sino a rimanerne irrimediabilmente intrappolato.
    ⇝ Louis Hofmann as Rayon Grimes




    Edited by Alenko - 22/9/2019, 00:51
  8. .
    Deborah Davies
    Era per terra con la guancia destra schiacciata contro il freddo pavimento. Aveva perso, di nuovo. Era la seconda volta di fila che le capitava di essere sconfitta e questo, naturalmente, non rappresentava niente di buono, né per il suo orgoglio, né tantomeno per i soldi. Quando la sua avversaria lasciò la presa che la costringeva in quella posizione umiliante, rimase a fissare un punto indefinito con sguardo perso per qualche secondo, prima di rialzarsi emettendo un lamento gutturale per via dei muscoli doloranti. Ancora trafelata dalla lotta che si era appena conclusa, raggiunse il bagno per disinfettare le ferite sulla fronte e sul mento alla meno peggio. Mentre si trovava lì, in piedi davanti ad uno specchio spaccato di quello che doveva essere il locale più squallido del mondo, a pulire i tagli che aveva sul volto con un po' di alcol, le parole di Tony le ronzavano nella testa.
    "Senti, Debbie, qualunque cosa tu stia facendo, devi andarci piano. Rischi di rimanerci secca, senti a me" le aveva detto con il tono più comprensivo e pacato possibile. Sembrava quasi che volesse darle un consiglio paterno e lei era perfettamente consapevole delle sue buone intenzioni, così come sapeva quanto avesse ragione. Nell'ultimo periodo ci stava andando giù fin troppo pesante, ma le sembrava di non avere altra scelta.
    "Non ti pulisco il cesso per farmi fare la morale, Tony" aveva risposto lei, immediatamente sulla difensiva.
    Quell'uomo era un santo, non poteva essere altrimenti. Si trattava del proprietario della palestra in cui Debbie andava ad allenarsi. Una bettola, quasi al livello dello scantinato in cui si tenevano le lotte clandestine a cui partecipava e per le quali si allenava in primo luogo. In ogni caso, era un posto che le serviva e - non potendo permettersi di pagare le lezioni - l'accordo che aveva stipulato era una manna dal cielo. Alla fin fine, pulire il suo stesso sudore era il minimo che potesse fare.
    "Fanculo" borbottò tra sé e sé, immaginando già la faccia grassoccia di Tony assumere un'espressione esasperata alla vista delle condizioni in cui si era ridotta nuovamente. Era incazzata con sé stessa, ma d'altra parte non riusciva a ricordare un momento della sua vita in cui non lo fosse stata. La cosa peggiore era che questa rabbia la faceva entrare in un circolo vizioso, il quale la portava ad essere fin troppo impulsiva durante il combattimento e, così, le sue avversarie più scaltre riuscivano a stenderla senza che lei se ne accorgesse nemmeno. L'umiliazione, poi, la riconduceva alla collera e così via. Effettivamente, il primo consiglio che i ragazzi della palestra le avevano dato era di controllare le sue emozioni e ragionare con la testa piuttosto che con la pancia, ma per lei era praticamente impossibile. Le sue gambe la condussero al bancone del bar: una bevuta era quello di cui aveva bisogno. Si sedette su uno degli sgabelli sbuffando e appoggiando i gomiti sulla superficie lignea che si trovava davanti. "Dammi la cosa più forte che hai" disse senza nemmeno alzare lo sguardo verso il barman, completamente disinteressata e assorbita nei suoi pensieri.
    ex-Grifondoro
    23 anni

    © Noruwei

  9. .
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    Lucian Coppola

    ■ 27 y.o ■ wendigo ■stutterer ■

    Se solamente avessi saputo come Cornelius mi avrebbe poi descritto al mio nuovo capo probabilmente mi sarei sentito peggio di quanto già ero riuscito a sentirmi passeggiando per il Felix. Il fatto è che quando sensazioni del genere ti vengono cucite addosso persino dai luoghi che giornalmente necessiti di frequentare, a certe cose finisci per non farci più tanto caso. Che lo schifo non riesci a togliertelo dalla pelle nemmeno con una doccia e che provarlo è effettivamente tutto ciò che ti resta nella vita. Eppure la prima volta che ho messo piede lì ho stranamente percepito una sensazione pregna di forza. Forse era stata l'adrenalina data dalla lotta a fomentarla, forse era stato il rivedere un vecchio amico e l'immagine di Detroit stagliarmisi dinanzi agli occhi ad ogni colpo. Perché era stato proprio lì che avevo iniziato a prenderle e a darle ed era proprio da lì che ero fuggito nel vano tentativo di ricostruirmi una nuova vita. Eppure, per quanto avessi detestato la mia città natia, ad essa dovevo effettivamente tutto: perché forse senza le mie scelte sbagliate non avrei mai ottenuto la forza di adattarmi a determinati contesti. Non avrei mai conosciuto il significato di Resilienza.
    Da allora ho lasciato che Meg si prendesse cura di me pettinandomi e tagliandomi i capelli. Così come io mi son sforzato di alleviare le tristezze generate da quel lavoro che si sente costretta a portare avanti nonostante l'alienazione stessa ed i silenzi che devono necessariamente essere riempiti da ansimi e gemiti. La mia situazione è forse diversa, anche se più volte mi sono ritrovato a chiederle cosa significasse patire la svendita del proprio corpo: perché a mia volta vorrei permetterle di mangiare qualcosa che le piaccia più del cibo in scatola. Ma non posso molto: posso vincere questa lotta, tornare a casa con la faccia dolorante e qualche soldo in tasca, eppure non riuscirei affatto a dedicarci la vita che potrebbe spettarci.
    Così mi faccio largo lungo la cantina, risalendo le scale che portano verso il bancone. ''Ezra'' è un ringhio soffocato dal fastidio che sento alla mandibola. Lo stronzo mi ha preso in pieno, è stato bravo. ''Fammi parlare con Bates!'' È una supplica per nulla anticipata da una riflessione ben ponderata.
    La pioggia cade ugualmente
    sui giusti e sugli ingiusti
    ©
  10. .
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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    Sorride divertito dalle sue risposte. Perché a Riley piace terribilmente insinuarsi nella vita altrui, stringersi come un serpente attorno alla preda e piegarla al suo volere, tentarla, così come fece Lucifero sotto mentite spoglie. Gli piace percepirli così vicini tanto da catturarne l'odore o ritrovarsi a giocare con i propri polpastrelli contro la loro pelle a tratti fredda, poi ricoperta da una patina tremante, ma irta, come all'attenta od in attesa che quel brivido provato poc'anzi torni a far da padrone. Lo sguardo da predatore attento a tener sott'occhio il proprio pasto, scivola lungo le braccia e poi verso il petto, il quale lui lascia intravedere mentre lentamente sfila il fascicolo con le foto promesse. Un sorriso bieco si fa largo sul volto del Colroy, mosso dall'inerzia di un lavoro che continua a stargli stretto, ma che non riuscirebbe affatto a cambiare. Vi è un piacere sottile che si nasconde dietro la scelta di quei corpi da contrabbando, merce che continuerà a respirare sino all'esaurimento dato per morte stessa. ''In sintonia con la nostra clientela.'' Tira su con il naso, mentre con una mano gli sfila il faldone tra le mani per così accingersi a sfogliarlo. ''Cosa puoi dirmi di loro? Ti hanno creato rogne in passato?'' Sono solo domande di precauzione atte a chiarire il rapporto di lavoro che egli intende realizzare. Perché se Cornelius può riuscire a soddisfare i bisogni del Pendragon, allora Riley potrebbe sforzarsi di soddisfare i suoi. Poi torna a mantenere il distacco, come una calamita della quale si cerca di studiarne la forza ed attende, che l'altro torni a ricercarlo con il medesimo sguardo riservatogli al suo arrivo
    Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
    Non vedi che ho troppo freddo.
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    A Bates piace perdere tempo, restare lì a parlare con molta più enfasi del dovuto. Non chiacchiere inutili, ma inutili nei modi, le protrae ancora e ancora come se ci fosse qualcosa in mezzo a quelle parole del cazzo che possa essere per lui molto meglio delle parole stesse. Quello che pensa di lui è sempre contraddittorio, sarà sempre un coglione che non è adatto a stare a capo di un posto come quello perché ha in testa solo il suo ego e troppe distrazioni, non è il tipo di capo che lui sarebbe, che lui vedrebbe in quella bettola dimenticata. Ma è pure uno che è sopravvissuto a tutto come un ratto, come gente come lui, di Flint, in un modo che non capisce. Il Felix è un cazzo di punto fondamentale a New York che riesce a stare a galla quando è circondato dalla mafia e forse proprio per quello, per la sua neutralità, e Bates è l'uomo che sta dietro tutta quella storia. Ezra lo sa che per quanto possa pensare che non sia in grado di fare il capo come dovrebbe, la realtà è che lo fa, che senza che nessuno se ne accorga o capisca fa filare tutto liscio, e questo in qualche modo gli fotte il cervello nella frenesia di capire come succeda e cosa ci sia sotto, senza che sia ancora riuscito a farlo. Mentre lo sente parlare solleva le sopracciglia, la differenza d'età fra loro non è così tanta da permettergli di parlare di altri tempi, ma se lui è un cazzo di capo di un buco come quello che ha così potere è quella la differenza, ed è quello che lo porta a muoversi per fare due passi verso il muro e appoggiarsi di lato fino a poter distendere la mano dietro di se, come a sgranchire le dita. È il potere la differenza, e per questo sente la rabbia sciogliersi nella carne e sibilare pronta a trovare qualcosa a cui aggrapparsi. «Penso che sia abbastanza avere tutte bariste donne, attirano tutta la feccia di New York per sbavare sul bancone» risponde, stanno già sfruttando al massimo quei disperati, soprattutto con Ariel che fa credere a tutti loro di poterla assaggiare, ma è pronta a tagliargli il cazzo se solo fanno qualcosa che non le piace. Sa come rimetterli tutti riga, tutti quelli che non sono ovviamente di tutt'altro tipo, quelli a cui non può dire di no. «Sotto vogliono fare le reginette e vederli adorarle». Sotto, nel suo territorio, ci sono folle che devono stare lì con la bocca aperta a guardare una troietta che vuole non avere rivali, che combatte per essere eletta ed essere oggetto di tutti i loro pensieri sporchi. Non servono più donne, basta avere quelle giuste, poche, e affamarli ancora di più. «Le sto mettendo in giorni separati, così ogni volta vengono a vederle mentre si graffiano. Possiamo fare un giorno fisso, così verranno anche se non sanno se ci sia o meno qualche scontro del genere».
    i will laugh when you must cry
    wendigo
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    Si mantiene sospeso, con il corpo che sente pesante per la costrizione a stare fermo in quel locale sudicio senza uno scopo apparente, non quando deve tirare le somme portando i soldi al capo, e allora pensa a che fottuto scherzo sia la sua vita da quando è a New York. Da quando ha seguito solo false luci di gente che gli ha promesso potere, senza riuscire mai a darglielo. Inutili sacchi di merda che sono morti come le mosche che aleggiavano su di loro già da prima, avvoltoi delle loro carcasse che camminavano senza sapere che il loro destino era di crepare, e ancora non l'avevano capito. Quel posto fetido almeno si è tenuto in piedi, una costante che non è marcita come tutto il resto. La testa è l'unica cosa che non si fa pesante, quella dondola all'indietro gonfiando la gola mentre muove i denti come se stesse masticando, quando è solo il presagio di un pasto che sta pregustando e lo fa uscire da quella routine del cazzo. Allunga in quel modo l'accendino sopra la scrivania, aspettando prima di accendere la sua sigaretta che sia l'altro a farlo. Non è rispetto, ma la noia che lo sta divorando e che gli fa girare quella striscia di tabacco fra le dita, mentre guarda il fuoco con uno sguardo nuovo. Il fuoco una volta era una distruzione feroce, gli piaceva bruciare i cassonetti della spazzatura a Flint e far bruciare con essi quei frocetti che attraversavano la strada davanti a lui. Un accendino come quello se lo passava anche sulla pelle, digrignando i denti per quel dolore che non è come nessun altro, e che serviva a fargli trasudare l'odio che accumulava solo altra bile. Ora quel fuoco potrebbe essere una delle sue debolezze, e non può concedersi un piacere così malsano.
    Riprende l'accendino, bruciando la punta della sigaretta per fumare. È mentre compie quel gesto che risponde alla domanda di Bates, un semplice «Mh-hm» che precede il momento in cui toglie il filtro dalla bocca, espirando fumo. «Sempre più donne» cambia discorso, repentino, tornando a quei disperati del cazzo che ormai popolano il sottoscala del Felix. Le donne sono perfette perché quando ce l'hanno duro quelli là sotto scommettono di più, si affamano per l'idea di vedere violenza pura da due troiette che si prendono a pugni senza badare a loro. Li eccita sentire l'istinto di dominanza risvegliarsi, e affamarsi all'idea della prevaricazione su chi sa tirare fuori le unghie. «Coglioni che vogliono solo fare i duri davanti alle femmine che vengono dopo, ma combattono peggio di loro» conclude, anche se fra quelli che vengono sempre, come abitudine, c'è anche chi ha attirato il suo sguardo, forse perché dalla bocca ha solo sfida che esce, almeno finché non viene messa tacere.
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    wendigo
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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    Non danzava così dalla volta in cui caparbio aveva tentato di attirare Nathaniel nella sua esca, cantando la sua stessa musica, tanto per finire di macchiarvisi inesorabilmente e lasciar che quella melodia divenisse parte di quella che sembrava essere una nuova sfaccettatura di quella sua nuova vita. Era stato sensuale come una pantera, lasciando che il Gallows potesse far propria ogni sua forma, ogni dettaglio di quel corpo che sapeva svolgere egregiamente il proprio lavoro di convincimento. Perché fino a quell'istante Riley non lo aveva capito, eppure ogni azione eseguita non era stata realizzata per altro se non per tentare di render suo quello che era divenuto inevitabilmente uno dei suoi sogni più celati.
    Con Cornelius Bates fa altrettanto, lasciando che il timbro della sua voce detti le note della sua danza, quella che lo vede accavallare la gambe per così lasciar intravedere la pienezza delle sue cosce e dei polpacci, che terminano in una caviglia lasciata celata dietro un calzino chiaro e nelle scarpe a punta tirate a lucido, che secernano piedi ben curati e capaci di eseguire movimenti tenuti nascosti persino a Nathaniel stesso. Poi piega la testa all'indietro, come per assecondare i movimenti di un sorriso sincero, che va a trasformarsi in un ghigno quando diviene palese la riservatezza di quell'incontro, lasciando che il collo divenga nudo e la mascella venga mostrata nella sua piena forma. Dura e liscia, laddove non vi è alcun pelo di barba a rovinarne la pelle mantenuta liscia ed idratata. ''Non siamo poi così diversi Cornelius.'' È una risposta alla sua domanda perché sì, egli capiva cosa significasse far leva su ciò che era considerato sporco per così riunire quanti più clienti possibili. ''Sai benissimo anche tu come dal letame fioriscano i fiori più belli.'' Il Pendragon era stato per lui tutto ciò che di importante potesse esserci nella vita. Poi con la mano libera dalla sigaretta torna a poggiare i polpastrelli sul tavolo, sfiorando appena quella di lui. ''Allora, cos'è che mi hai portato in dono?'' Perché è difficile smetterla di non pretendere nulla in cambio, come se ogni suo sforzo meritasse di non esser ripagato a dovere.
    Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
    Non vedi che ho troppo freddo.
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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    ''Ogni cicatrice abbellisce la nostra storia, Cornelius. Sarebbe strano non averne.'' La sua pelle perlacea mostra cicatrici invisibili all'occhio umano: pelle che tende a divenire irta dinanzi a determinate situazioni e gola pronta a surriscaldarsi quando il pericolo si fa vicino. E Bates deve capirlo bene, perché allude all'odore che i Colroy non possono togliersi di dosso nemmeno usando il più forte dei profumi. È un odore fastidioso che i più comuni non percepiscono: persino uno attento come Nathaniel deve averlo ignorato quando, lasciando scivolare le labbra lungo quel corpo ha cercato di far suo ogni centimetro di quella pelle impura, rivestimento umano di chi umano non vi è mai stato, nemmeno quando rapportandosi con gli altri si è sforzato di modulare se stesso. Poi le braccia si incrociano nonostante il suo iniziale disappunto. gli avambracci si sfiorano, si cingono, ma ogni bicchiere finisce per dissetare il suo proprietario d'origine. ''Alla tua pelle in raso.'' poi un sorriso e il bourbon prende a bagnargli le labbra e a scendergli lungo la gola. Gli piace la sensazione dell'alcol a bagnare le fauci, anche se ad oggi ogni bevanda finisce per evaporare contro la trachea, impedendogli di goderla a pieno. Poi vi si stacca, il sorriso ancora stampato, come monito di un benessere autoindotto, il quale non ha nulla a che vedere con l'assunzione di cocaina, bensì con la consapevolezza di star facendo qualcosa che andrebbe contro la volontà altrui.
    ''Splendidamente Cornelius. Gli affari vanno a gonfie vele e ti dirò, sono molto sorpreso e lusingato dall'aver ricevuto questo invito. Deve significar molto questo incontro.'' Lo incalza, curioso di scoprire cos'è che Bates ha intenzione di barattare con quella droga della quale un assaggio egli glielo ha già passato sottobanco stringendo saldamente la sua mano. ''Tu riesci a cavartela altrettanto? So che al Felix potresti vantarti giornalmente di incontrare carne fresca ed innocente. La tua proposta proviene direttamente da lì?'' E gli allunga una sigaretta, accendendosene l'ennesima della giornata, quella che l'aiuterà a coprire qualsiasi odore sia capace di emanare.
    Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
    Non vedi che ho troppo freddo.
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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    Alza lo sguardo in sua direzione assaporando l'attesa che li separa dal loro incontro. Poi si alza dallo sgabello e raggiungendolo per qualche centimetro, gli sorride tendendogli la mano. È un modo veloce per salutarlo e allo stesso tempo lasciargli scivolare un assaggio della roba che deve vendergli lungo il palmo e sfiorarne l'interno con i polpastrelli, assaporando quella medesima carne che verrà cinta nel loro accordo. ''Buonasera Cornelius.'' Risponde mesto, interrompendo quel contatto solo per invitarlo a sedersi sullo sgabello accanto al suo. ''Mi sono permesso di ordinarti il miglior Bourbon che hanno.'' Ghigna premendo la cicca di sigaretta ormai consumata lungo il posacenere in vetro. Bates è davvero un bell'uomo: l'abito che indossa è così aderente da ridisegnarne i fianchi muscolosi e le gambe toniche. È un uomo imponente, forse più alto di Riley e questo per un certo verso lo diverte, anziché intimorirlo. Perché il Colroy sente sempre di aver la situazione sotto controllo, anche laddove il confronto fisico si rivelerebbe capace di mischiare le carte in tavola. ''Devo farti i miei complimenti'' Aggiunge riprendendo posto dinanzi al bancone, graziando il barman con l'ennesimo gesto del capo. ''Hai un animale da compagnia davvero affascinante. Dev'essere stato complicato educarlo in quel modo.'' E solleva il bicchiere squadrato, stringendolo saldamente tra le dita per così permettersi di avvicinarlo a lui senza rischiare di farlo cadere. ''Al nostro incontro.'' Annuncia incentrando gli occhi in quelli dei suoi: si dice sia maleducazione brindare senza guardare gli occhi dell'altro e così evitare di perdersi un po' nell'accordo taciuto che si andrà a sancire. ''E all'abito che indossi'' Che, grazie a Dio, gli permette di bearsi di una tale visione.
    Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
    Non vedi che ho troppo freddo.
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238 replies since 23/1/2008
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