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Edited by Alenko - 22/9/2019, 00:51. -
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©cornelius batesIl fuoco davanti al suo volto faceva brillare di quella malsana luce verde smeraldo i suoi occhi. Le cicatrici che ornavano la sua pelle come bellissime collane carezzavano la sua pelle come una mano sapiente, mentre un rivolo di fumo biancastro si faceva spazio nell'aria davanti al suo naso. Il Felix era un universo a parte, fatto di magia e di paura, di sangue e terrore. Di alcool. Lo stesso alcool che dopo una boccata di nicotina scivolava lungo la sua gola con la delicatezza di un abbraccio materno.
L'inglese stringeva la mano destra intorno al suo bicchiere di Bourbon, mentre la sinistra, davanti al viso, coglieva fra indice e medio la sigaretta accesa pochi istanti prima, i suoi occhi si muovevano rapidi ad osservare il suo regno in quelle pochissime volte in cui decideva di farsi avanti e mostrarsi in tutto il suo macabro splendore. Volti d'uomini affanti, stanchi di combattimenti, sporchi di sangue, puzzolenti di sudore, che vedevano la loro ricchezza della sera sfumarsi in un attimo e con conseguente cazzotto in pieno volto. Cornelius era distaccato, non amava mostrarsi alla gente nello scantinato ma allo stesso tempo amava lo sguardo con cui i suoi sudditi godevano del suo volto regale. La barba rossiccia incorniciava il suo viso con delicatezza, carezzando la pelle liscia del suo volto come se fosse splendido oro intorno al collo di una donna. Gli occhi si mossero elettrici in direzione del ragazzo che, in un attimo, aveva attirato la sua attenzione: aveva combattuto, sicuramente. Lui non aveva assistito all'incontro per non distrarlo o forse perché, dopotutto, non gli interessava più di tanto di come il suo giocattolino preferito fosse bravo o meno a dare cazzotti.
Le mani ed il suo intero corpo dovevano essere usati per altre finalità e questo entrambi lo sapevano molto bene.
Nonostante tutto, il suo volto si allentò, concedendogli un sorriso di placida tenerezza al solo vedere come l'imbarazzo si facesse forte nel ragazzo al suo avvicinarsi piano piano, di nascosto: "Dimmi, Rayon"
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“A mind not to be changed by place or time.
The mind is its own place, and in itself
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Edited by Alenko - 22/9/2019, 00:52. -
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©cornelius batesLo squadrò dalla testa ai piedi, mormorando qualcosa di incomprensibile, sussurrato a bassa voce. Sorrise con dolcezza, una dolcezza che mai aveva avuto nei suoi confronti, una vera gentilezza che - dal fondo del proprio animo - sapeva di dovergli concedere.
Concedergli un sorriso, una gentile movenza, una delicata carezza con le dita stanche di premere grilletti, fra i suoi capelli sudati. «Hai vinto almeno, stasera?» era una domanda alla quale sapeva già la risposta. Sapeva perfettamente di averlo visto perdere o, quanto meno, di averlo percepito perdere l’ennesimo incontro, osservando il corpo tumefatto di dolore e botte. Nessuno sembrava starli notando, ma nonostante quel posto fosse suo poggiò una mano sulla sua spalla per portarlo al piano di sopra del locale. La gente, rinchiusa in quel luogo, regno di Ezra, puzzava di omofobia e sudore. Se non fosse che il sudore non era prerogativa del violento Ezra, non gli avrebbe permesso nemmeno di avere quello spazio di truculenta mascolinità, ma sembrava quasi voler rispettare la visione antiquata che quell’uomo possedesse in cambio di una rispettiva fiducia.
Per questo strano collegamento psicologico fra i due uomini del locale, aveva deciso di portare rapidamente Rayon nella sua parte del locale. «Andiamo di sopra»
Con un ultimo sguardo aveva abbandonato il Fight Club, tenendo il ragazzo sotto braccio come se fosse suo figlio.
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©cornelius bates"Sono sicuro che ti rifarai", sottolinea, tenendo lo sguardo basso sulle proprie punte dei piedi - coperte da mocassini marrone scuro. La lucentezza dei suoi occhi sembra esternarsi solo ora, quando il suo volto è arrossato dal sangue rappreso sottopelle, violaceo, bluastro, sfumature di un dolore che sente sotto le dita ad ogni suo tocco. Il suo modo di stringersi al suo corpo, nel camminare lontani da quella bolgia infernale di gente ubriaca, è delicato come quello del bambino che sa di essere. Che sanno entrambi. Vede come Rayon si muove all'unisono coi tremiti del corpo tumefatto, del dolore soffocato sotto le labbra. Ricordava quel dolore soffocato, non era tanto dissimile da quello che si ritrovava a manifestargli sulla schiena, sul torace, sul collo.
Sorride, mentre la mano scivola dalla schiena alla sua nuca, in una carezza sensuale e malevola allo stesso tempo: nonostante fosse uno fra tanti, Rayon era speciale. Innocente, adorabilmente innocente, si mostrava sempre più spesso con la dolcezza di un bambino, accarezzato dalla lama delle sue unghie e dal suo sospiro: il volto si sposta nella sua direzione, puntando gli occhi nei suoi.
"Hai per caso fatto qualcosa che mi impedirebbe di farti dormire qui?" gli risponde.
Serio, estremamente serio.
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©cornelius batesGli occhi sembrarono addolcirsi tutti d'un colpo, mentre si concedeva di assorbire nel suo io più profondo la paura negli occhi di Rayon. Rimase ancora un istante ad osservarlo, occhi negli occhi come fanno i gatti, sperando di essere il vittorioso che non ha ancora distolto lo sguardo. Un sorriso delicato sulle labbra, mentre con una mano scivolava a carezzare i bordi dei lividi sul suo volto, sentendo l'elettricità provocata dal dolore fargli fremere le membra. Un tacito movimento, aveva fatto passare le dita sul suo corpo come se lo stesse studiando, come si fa con gli animali da rivendere al miglior offerente.
Camminano con lentezza in direzione del loro tugurio. Non del suo, del loro.
Ha un brivido incontrollabile nel sentire quella parola "loro", come se appartenesse ad entrambi, come se l'avessero costruito insieme, come se fossero una coppia. E se, da un lato, sapeva che non poteva in alcun modo permettersi di continuare e continuare a portarsi dietro lo spaventoso fantasma del defunto Cornelius, sapeva anche che quello non era altro che un silenzioso palliativo di un boccone più grosso che non sapeva raggiungere. Che non poteva raggiungere, che non voleva essere raggiunto.
"Se non hai fatto niente di male non dovresti avere paura", aggiunse, sorridendo prima di baciare la sua fronte sudata, dopo avergli spostato quelle piccole ciocche di capelli dal viso. Aprì la porta, facendolo entrare per primo come l'educato e galante gentiluomo inglese che era sempre stato. "Dopo di te."
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