I wish He would come out

Shaw/James

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    Shaw Hynes | New York | Ottobre 2017


    Quando un passato ignorato a lungo e non ancora del tutto svelato inizia a delinearsi davanti ai propri occhi, decidere di mettere un punto e voltare pagina diviene un'impresa assai ardua. Nasce spontaneo il forte desiderio di riportare tutto in luce, così come quello di rivalsa che è figlio di ciò che è già nero su bianco, e non tutti posseggono la saggezza o la stupidità per dirsi che ormai quel che è passato è passato e che niente e nessuno potrà fare nulla per aggiustare le cose. Indietro non si torna, ma sta a chi vive decidere da che parte andare.
    Shaw, con tutta la consapevolezza di cui era in possesso, stava scegliendo accuratamente come battere il terreno sotto i suoi piedi. Era solo, era sempre stato infinitamente solo e sebbene questo non lo avesse mai turbato adesso era diverso e il problema era uno: Peterson insieme al suo esercito di credenze, Dio.
    La St. Peter's Church era ancora aperta, ma a quell'ora il ragazzo era certo che ad accoglierlo sarebbe stata sola. L'aveva scelta fra le tante perché, seppure all'apparenza più sobria e fredda, era in qualche modo legata alla St Mary di Bristol, l'unica chiesa in cui fosse stato Shaw prima d'ora. Andare in Chiesa era un rituale che non aveva mai fatto proprio per una serie infinita di motivi, ma adesso sentiva la necessità di servirsi di quel collegamento che non era mai stato tanto chiaro.
    Quando Shaw aprì il portone, il vasto ambiente fu invaso dallo scrosciare incessante della pioggia, poi piombò di nuovo nel silenzio degno d'una tomba. L'odore forte d'incenso liturgico lo fece tornare indietro nel tempo, un tuffo in un passato che sembrava voler riemergere tutto insieme. Nei suoi rari momenti di lucidità, Beth portava Shaw in chiesa e lì lo metteva seduto sulle sue stesse gambe e, tenendo le sue piccole mani strette nelle proprie, pregava contro il suo orecchio. La madre pregava per un figlio che a nove anni aveva già smesso di provarci poiché le preghiere erano solo fiato da tenersi stretto, implorazioni rivolte a chi ovviamente aveva altro da fare. Solo adesso riusciva a capire perché lei pregasse quando non era vittima di droghe che neanche avrebbe voluto prendere, e ora si malediva per non averle fatto capire quanto fosse inutile che lo facesse. Che Dio non li avrebbe guardati neanche per sbaglio e che solo loro due avrebbero potuto aiutare loro stessi. Ci aveva sempre creduto in Dio, anche se si era raccontato una storia diversa, così aveva inveito contro di Lui per tutta la vita. E le bestemmie sono tali solo per chi ci crede.
    Bagnato dalla testa ai piedi, il ragazzo avanzò fino alle prime file di panche sulla sinistra e poi si sedette, poggiando le scarpe zuppe su quel cuscinetto che reggeva i peccati e le preghiere di chi riponeva una triste fiducia in qualcuno che invece pensava solo ai fatti propri. Non sapeva se provare compassione verso i credenti o se essere infastidito dalla loro stupidità, e l'insicurezza in questo era data dalla sua posizione. Poteva provare compassione verso la propria fede, seppure distorta e incompresa? Poteva essere infastidito dalla speranza che sua madre, nel bene e nel male, aveva riposto in Dio anche dopo essere stata rifiutata dai suoi messaggeri?
    Sollevò lo sguardo sull'immagine di quello che veniva apostrofato come Salvatore, l'esempio di vita per ogni cristiano che si rispettasse. Una grande paraculata per tenere a bada pecore di un pastore che se ne sbatteva altamente del loro destino, disposto a mandarle al macello dopo averle spogliate delle loro sicurezze e di ogni libertà. Forse Shaw ci si rivedeva un po' in quel Cristo, che secondo quei racconti riadattati alla sua personalissima visione delle cose era morto sotto gli occhi di un Padre indifferente per ripulire chi l'indomani sarebbe tornato a peccare. E fine della faccenda. Un sacrificio inutile che, se al buon Dio fosse davvero interessato, si sarebbe potuto risparmiare. Peterson ci credeva tantissimo in qualcosa, e proprio come quel Qualcosa gli aveva voltato le spalle. Erano mesi che non lo vedeva, e anche se durante uno dei loro incontri gli aveva detto che non sapeva se sarebbe mai tornato Shaw sapeva che non l'avrebbe fatto. Aveva iniziato a covare rabbia nei suoi confronti esattamente come la provava nei confronti di Dio, perché entrambi avevano spalancato porte su mondi meravigliosi per poi privargliene brutalmente l'accesso. E a sommarsi a questo abbandono c'era il suo interrogativo più grande, una domanda alla quale probabilmente non avrebbe mai trovato risposta: chi era stato Richard per sua madre? Perché Elizabeth non aveva mai accennato una parola su chi le avesse scaricato addosso quella maledizione che era stato Shaw? Le coincidenze impossibili da approfondire lo mandavano in bestia.
    Evocò* l'arma che più aveva sentito vicina da diversi mesi e la appoggiò sulle gambe. La lama chiara sembrava quasi brillare sotto le luci calde e soffuse del posto, appariva visivamente calda e rassicurante, ma anche lei era spuntata a lui all'improvviso e, proprio come la sua vecchia spada, avrebbe potuto decidere di scomparire per non tornare mai più. Anche per questa sua precarietà la percepiva come un collegamento fra lui e quello che era stato il suo mentore e questo faceva nascere nel ragazzo sentimenti contrastanti. Disfarsene di propria iniziativa o servirsene per la propria giustizia.
    Impugnò l'elsa, la lama rivolta verso il pavimento, e poggiata la sommità appuntita a terra portò entrambi i palmi sul lato opposto, quasi come se volesse avere la certezza che avrebbe sostenuto il peso delle sue braccia e dei suoi neonati propositi. Fu in quel momento che pensò a quanto Dio gli avesse tolto dal suo primo attimo di vita, senza alcun motivo, e pregò che fosse in grado di rendersi uomo affinché potessero spareggiare i conti. Poteva Dio chiedere di lottare per i deboli quando lui stesso non aveva alcun interesse verso di loro? No, Shaw ne era certo, e si sarebbe impegnato affinché l'incoerenza delle Sue parole venisse annientata. Prima o poi lui sarebbe morto, quello schifo di vita prevedeva un'unica tappa certa insieme alla nascita, e si disse che se doveva andarsene da quel mondo tanto valeva farlo con il sapore di una studiata vendetta in bocca.

    * Non specifico come perché devo ancora leggere tutto in merito... Per Selly invece questa era la spada x




    Edited by •Lithium• - 14/10/2017, 12:34
     
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    James Manson entra nella casa di Dio prendendo un lungo respiro. Si ferma sull'uscio, le mani infilate nel lungo cappotto scuro, mentre assapora ogni angolo che i suoi occhi riescono a cogliere. Non c'è grazia quando riprende il cammino, percorrendo la navata con l'eco dei suoi passi ad accompagnarlo, impregnati in un sorriso Profano. Si gode ogni istante in cui la sua presenza macchia la purezza di quel luogo, portando in ogni respiro un sacrilegio che sente trasformarsi nella gioia di una vendetta nel petto. Dio, dall'alto dei Cieli, non può impedirgli di entrare lì, non può contrastare la sua avanzata che procede mentre sfila le mani dalle tasche, inspirando ancora a fondo, gli occhi socchiusi e il mento che si alza fiero. Un figlio ripudiato, un figlio ignorato che, passo dopo passo, si prende una rivincita innalzandosi sempre più verso lo scranno ingiustamente occupato dal Padre. Anni prima, un tempo che si perde nell'annullamento e nella negazione di un passato che non sente più suo, ha giurato su un altro tempio di prendere tutto ciò che gli spetta, di strappare dalle mani di Dio stesso ciò che di diritto è suo e, adesso, all'apice di un'Ascesa indomabile, è andato a gongolare per ricordargli che la promessa è ancora valida. Presto è quello che i suoi occhi imprimono sulla croce quando si ferma, le braccia leggermente divaricate a mimare la posa del Cristo, blasfemo in ogni gesto. Piega la testa a destra e sinistra, scrocchia il collo mentre accarezza ancora una volta la Chiesa con occhi vispi, illuminati da una luce inquietante e quasi folle. Non c'è quasi nessuno a quell'ora. Il silenzio regna sovrano, interrotto dallo scrosciare della pioggia che lieve oltrepassa le vetrate, insinuandosi nello spazio sacro come a sottolineare quanto il potere detenuto da Dio sia solo la pia convinzione di un ingenuo. Dio non può nulla e il potere è degli uomini. I suoi occhi si fermano per qualche istante, scruta la nuca e la schiena di una figura che non porta con sé la tipica reverenza che si aspetterebbe di trovare in un adepto fedele. Lo incuriosisce, ma in quell'ora tarda e sola chi entra nella casa del Padre ha un conto in sospeso con lui. Può quasi rivedere una versione più piccola di sé stesso, le mani che da giunte si trasformano in pugni serrati mentre una rabbia che non conosce confini si mischia alla delusione più profonda. "Perché?" Una domanda che lo ha assillato per anni e che, all'improvviso, aveva una risposta. "Non gli importa". Tronfio il Signore siede sul suo trono e pretende il rispetto e l'ammirazione, pretende teste chine e mormorii che accrescono il suo orgoglio, pretende la reverenza più totale e l'obbedienza più dolorosa. Ha creato l'uomo e il peccato ed ha condannato entrambi gettandoli nell'empietà dell'imperfezione, gioendo dei poveri stolti che ancora non comprendono quanto l'ipocrisia di quel Dio sacrifichi le loro vite ad un Altare vuoto. Si fermerebbe a questo, ma c'è altro che imprime quella sagoma nelle sue iridi. Qualcosa che spunta fra le sue mani, richiamandolo con un grido che è impossibile ignorare. Abbassa le mani, lascia che ricadano dritte lungo i fianchi mentre riprende a camminare con lentezza. Lancia solo un ultimo sguardo in alto, superando il Cristo per raggiungere la vera essenza di Dio con una sfida che rimane in sospeso fra di loro, ma che sente recepita e gli da un fremito che si fa quasi incontrollabile. «Ti dispiace?» non aspetta una risposta, prende posto aggiustando il cappotto sul legno, portando le mani in grembo mentre lascia che un profondo respiro scivoli dalle labbra dischiuse, gli occhi che si abbassano fino a scrutare i piedi leggermente divaricati. Una posa che è volutamente scomposta, come ad accentuare la dissacrazione della sua presenza. «Non dovresti compiere simili trucchi in un luogo simile. Per quanto ti sembri vuoto c'è sempre qualcuno che ti osserva» non si volta subito, aspetta qualche istante mentre alza ancora il capo, puntando lo sguardo di fronte a sé prima di spostarlo sul ragazzo. «Oggetto interessante, comunque. Mi chiedo come un giovane come te sia riuscito ad ottenere un simile cimelio» il sorriso che gli piega le labbra resta impresso mentre accenna con il capo alla spada, facendo saettare per un istante gli occhi sulla sua lama prima di tornare a guardare il ragazzo.
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    Madonna mi vergogno un poco.................
    PSONEEE se me so dimenticata qualcosa di pattuito a parte picchiarmi dimmelo, che io ho un problema chiamato alzheimer galoppante <3
     
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    Shaw Hynes | New York | Ottobre 2017


    Quel silenzio religioso proprio della Chiesa era prezioso, qualcosa da conservare in quanto infinitamente precario. Il silenzio vero, in realtà, esisteva solo per gli idioti, per quelli in grado di azzerare pensieri così chiassosi da risultare quasi fastidiosi a un udito che non poteva captarli. Quelli di Shaw erano abbastanza rumorosi da mischiarsi perfettamente allo scrosciare attutito della pioggia che incessante bagnava le strade di New York, impietoso. Ma la bellezza di quella musica stava nella possibilità di restare sull'attenti, vigile affinché il minimo rumore non passasse inosservato, come l'entrata in scena di chiunque avesse varcato la soglia della casa del Signore. Impossibile farsi cogliere di sorpresa in un luogo come quello, così come sarebbe stato impossibile - volendo - nascondere la propria viva presenza in un luogo morto. Non si scomodò, era più che certo che in un posto sacro la gente avrebbe quantomeno avuto la decenza di mettersi in contatto col Creatore senza andare a disturbare un fratello, perché era questo che accomunava i figli di Dio: la solitudine. Un solo uomo può poco contro un dio.
    Chiuse gli occhi senza abbassare la testa, l'udito ora concentrato su passi ovattati che iniziavano ad avvicinarsi. Avere una spada fra le gambe gli interessava poco; per la polizia comune Shaw non esisteva, eventuali minacce avrebbe potuto seminarle in un tempo così breve da potersene stare più che tranquillo, mentre altri, i suoi simili, non sarebbero nemmeno entrati in chiesa. Perché farlo? Dunque sarebbe rimasto lì a fare quattro chiacchiere con un Dio sordo, senza però porgli interrogativi che sarebbero rimasti privi di risposte. Ci avrebbe passato anche la notte, l'ultima prima di lasciarsi alle spalle il Sacro luogo, ma evidentemente la sua vita era stata programmata affinché nulla andasse secondo i suoi piani.
    «Ti dispiace?»
    Niente grida d'accusa, niente parole impietosite di un prete missionario alla vista di un giovane fradicio con in mano un'arma come quella. Solo una voce adulta, calma e priva di qualsiasi emozione, proprio come se davanti ai suoi occhi non ci fosse altro che un ragazzo. Shaw riaprì gli occhi che l'uomo aveva già preso posto accanto a lui, senza aspettare una qualche risposta. Doveva essere sicuro di sé da fare schifo.
    «Evidentemente non ha importanza.», rispose monocorde.
    Non si spostò di un centimetro se non per lanciargli una lenta ma breve occhiata. Non si scompose minimamente. La voce uscì bassa, roca per via del prolungato silenzio, ma schiarirla non gli interessava. Forse quel fastidio in gola gli faceva anche piacere, e concentrarsi su di esso per non diventare vittima di quell'intrusione improvvisa l'avrebbe aiutato a mantenersi una maschera di fredda indifferenza. La verità era che non gli importava che si fosse messo vicino a lui, nonostante ci fossero infiniti posti liberi, e il suo nervosismo serpeggiante era dato solo dal suo conflitto privato con Dio. Quindi ascoltò le sue parole, seppure tornando a guardare davanti a sé, e fu grazie a quelle che si disse che di certo il nuovo arrivato faceva parte del mondo magico, o non avrebbe individuato nell'arma un trucchetto, bensì una meravigliosa ma semplice spada.
    «Chi mi osserva?», domandò serio, inarcando lievemente un sopracciglio. Fece una breve pausa, tornò a guardare l'uomo e poi concluse la sua domanda.
    «Dio?»
    Ironico. Il tizio avrebbe potuto dire di tutto, ma aveva beccato proprio il nocciolo della questione. In una chiesa come quella non l'avrebbe visto nessuno che contasse davvero, e a nessuno fregava un cazzo di cosa lui avesse fra le mani o nella testa. Il MACUSA di certo non gironzolava per le Chiese di New York. Quanto a Dio, invece, sperava che potesse vederlo ma no, Dio non vedeva proprio niente.
    Spostò gli occhi sull'altare a pochi metri da lui, serrando impercettibilmente la presa già salda sul manico dell'arma quando l'uomo si mostrò interessato ad essa. Shaw conosceva i materiali della spada, percepiva qualcosa circa la sua provenienza ma probabilmente non ne sapeva a sufficienza. Chi si era imposto con la sua presenza, invece, sembrava saperne abbastanza da domandarsi come un ragazzo come lui fosse riuscito ad entrare in possesso di ciò che stringeva fra le mani. E questo, senza dubbio, era un ottimo amo a cui abboccare volutamente, quasi lui fosse un pesce masochista che non aspettava altro che trovare l'esca più succulenta dalla quale strappare via il verme.
    «Io invece mi domando cosa sai di questo cimelio




    TUTTO PERFETTO AIUTO TANTO AMORE.
    Ps: scusa, dovevo proprio risponderti e sono andata di frettissima ma non potevo aspettare quindi insomma ecco
     
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    Una risposta che gli porta un nuovo sorriso alle labbra. Gli piace la reattività, gli piace anche che a pronunciare la frase quasi accusatoria sia un tono piatto, un contrasto che scivola piacevole sul palato e nelle orecchie. Decifrare le persone, scoprirle, è ciò che più gli crea piacere. James Manson vuole conoscere ciò che ha di fronte, individuare gli stretti spazi in cui può infilare dita fameliche, serpeggianti come le silenti ombre che si allungano al tramonto. Si concede un secondo per guardarlo, gli occhi che si assottigliano appena, ma è la sua domanda quella che gli fa intuire di aver colto un punto saliente con la sua prima osservazione. C'è una ribellione sottile in quello che ha detto, pacata nel suo essere violentemente chiara. Lì, sotto il naso del Signore, lo sfida a mostrarsi, cercando nella disperazione di una punizione una conferma che sa non arriverà, ma che comunque brama in silenzio. Il sorriso si allarga e trattiene a steso una risata, che silente si accende nel suo sguardo. «Dio?» lo ripete riempendo di ironia la sua voce, lasciando che l'ilarità si annidi nel tono mentre scuote il capo. «Oh, no ragazzo. Al Grande Padre non credo interessi l'umile vita di un suo figlio» una realizzazione che deve aver già piantano il suo seme da qualche parte nell'animo del ragazzo, eppure è lì e ancora lancia una guerra muta in cerca di un appiglio. La crisi è dietro l'angolo, può sentirne l'odore pungente e la sensazione sulla pelle. L'ha vissuta lui stesso, anni addietro, e ne scorgerebbe i segni come un Parroco che, devoto, porta a sé le anime smarrite, pronto a coglierle in tempo per far ritrovare loro la retta via. Ma James è il Pastore di sé stesso e l'unico verbo che diffonde è il suo. Non è altro che uno spettatore nel muto conflitto che insorge fra lui e Dio, eppure non resta ai margini. Inspira di nuovo, alza gli occhi fino a spostarli sulla Croce con lentezza, le sopracciglia che si rilassano mentre scruta il segno del Sacrificio atto ad ingigantire un'ego smisurato e a far credere all'Uomo di essere importante. Vivono nell'Ombra di un'indifferenza colossale, troppo piccoli perché Lui riconosca nomi e volti eppure, in una maniera che è quasi poetica, il terrore di quel contatto percepito come intimo è in grado di piegare sotto un volere ferreo una vita intera, trascorsa a testa china seguendo dogmi precisi e insensati. “e Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza” Il suo sguardo dissacra quella figura un tempo amata, adulata con una veemenza totale. Ora, invece, nei suoi occhi giace uno scherno sottile, mentre scrutando ogni minima imperfezione dell’Icona Sacra senza timore. Alza appena lo sguardo, ancora più su, superando Cristo per raggiungere l’entità distorta che spasima per governare le sorti del mondo, ma che non può nulla ora, né mai. Non contro di lui. Dio è un uomo opulento e impigrito, pretenzioso nei suoi dogmi quando ipocrita. «Io ti ho osservato, e l'occhio di un Uomo è di certo più profondo dell'occhio di un Dio» torna a guardarlo chinando appena il capo, per scrutarlo dal basso un istante appena. Il suo occhio supera quello di Dio, perché al contrario di quello del Signore quello di Greed affonda nell'animo umano e se ne nutre. Sprofonda in un'intimità violenta e totale, si annida fra le ombre, consistenza più pura e reale dell'essere. Si china appena in avanti, porta una mano a lisciare la barba che, incolta, inizia a spuntare sulla pelle del volto. «Non sono altro che un amateur, di certo ne so meno di chi lo possiede» mantiene un tono che non è vago, ma neanche sembra volersi approfondire. Quando Aaron è entrato nella sua vita, un giorno che ancora ricorda con un misto di gioia e odio, gli ha mostrato una realtà fatta di Dei e Uomini. Dei reali. La fede è crollata, sbrindellata da una certezza che si è fatta strada con violenza nel suo animo. Dio esiste e ci ignora. Eppure, non per tutti quel concetto era una realtà atterrante. C'era chi, immeritevole, si innalzava nella sua Luce brillando come un sole di maestosità. Non lui, relegato nelle Ombre più scure di una notte perpetua, troppo lontano dal suo sguardo per poter anche solo immaginare la Beatitudine. Si rimette composto, concentrandosi per un istante sulle pieghe del cappotto, le liscia con una disinvoltura che si mischia ad una scenica attesa. «Eppure, so che è l'arma di un Angelo, o di un loro prediletto. Sei giovane, permettimi di dire che è strabiliante vederti con una simile arma» si concede un secondo, una pausa ponderata che lascia un silenzio quasi sacro ad aleggiare nel luogo. Ha studiato quell'arte come ha studiato la Bibbia. Ne ha sviscerato l'essenza per accrescere un'odio profondo, divenuto ragione di vita e, successivamente, Genesi. La sua Genesi, più Maestosa e grandiosa di tutte le altre. «Eppure, non mi sembri in pace con il Signore, è un contrasto interessante tanto quanto ovvio per un occhio attento ed abituato a certi...problemi» una nota finale che tralascia la traccia di una similitudine appena accennata. Riporta una comprensione sottintesa, fatta di sensazioni condivise pelle su pelle. Come il Serpente nell'Eden, aspetta paziente, insinuandosi fra le spire del dubbio pronto a cogliere il punto esatto in cui ogni cosa cederà al suo tocco.

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    ....SCUSA OK, ma anche con i vari disagi causati da internet (e forumfree che ci mette il suo) io dovevo postare ma davvero scusa per questo coso ecco :')
     
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    Shaw Hynes | New York | Ottobre 2017


    Non si interrogò sul perché qualcosa di non programmato stesse accadendo in quel momento, di conseguenza non si chiese nemmeno cosa stesse per mettersi in moto. Semplicemente si stava lasciando trascinare dagli eventi senza imporre dei paletti precoci e imprecisi. Lo stesso errore, o almeno qualcosa di simile, lo aveva fatto conoscendo Peterson. Era iniziato tutto in un momento di crisi con se stesso e, alla fine, si era lasciato incastrare nelle spire di una falsa promessa. Aveva trovato nel docente una figura di riferimento alla quale aggrapparsi senza neanche rendersene conto e per questo errore adesso stava scontando una pena senza nome. Non l’aveva compreso subito ma solo alla fine, quando quelle che sembravano essere ormai certezze quasi consolatorie erano crollate su loro stesse, lasciandosi dietro nient’altro che confusione. Stavolta, seppure inconsciamente ma memore di un’esperienza vissuta sulla propria pelle, l’avrebbe affrontata in maniera diversa. Per questo restituì uno sguardo neutro quando si sentì osservato dal proprio interlocutore, perché inevitabilmente la coincidenza di quell’incontro meritava un’analisi abbastanza attenta da non lasciarlo preda del caso. O di qualcuno. Era sempre stato piuttosto sospettoso, ma mentre prima fiutare la minaccia era semplice, adesso si sentiva abbastanza spaesato da non comprendere più cosa reputasse personalmente pericoloso. Perché era soggettivo, il male, e la considerazione dell'uomo nei suoi confronti voltagabbana con un'accezione stranamente neutra.
    Inizialmente non rispose, almeno non per dirgli che aveva ragione e che lui, questo, l'aveva già capito. Restò a guardarlo con la coda dell'occhio, derubando i suoi sguardi rivolti a quel silente padrone di casa. Di nuovo e anche se solo per un breve istante, lo sguardo del ragazzo incrociò gli occhi dell'uomo e poi fu un attimo, il tempo sufficiente a sbattere le palpebre, e comprese di essere seduto accanto a qualcosa di sbagliato per Dio. L'Occhio di Dio, così l'aveva chiamato Richard, era un avvertimento macchiato di rosso per distinguere il bene dal male, i devoti dai blasfemi, ma se quel Dio non gli aveva portato altro che piaghe secondo quale criterio giudicava i suoi figli? Non era quella distorta fede a vacillare nel ragazzo, bensì la cecità imposta dal Supremo, un compromesso che non avrebbe accettato.
    «Ti rivolgi a Lui come farebbe un devoto... "Grande Padre"...», iniziò prima di riportare gli occhi sull'altare, «... solo che sei già stato marchiato.», concluse con quella che, seppure pronunciata con un tono piatto, suonava tanto come una verità assoluta. Ed era sicuro che l'uomo lo sapesse già, o non avrebbe abbassato Dio al di sotto dell'uomo nella sua stessa dimora, sfidandolo un po' come aveva fatto Shaw. E per come se ne stava tranquillo in quel luogo, consapevole dell'esistenza di Dio, doveva essere anche schifosamente sicuro di poter osare tanto. Il ragazzo, inevitabilmente, ne fu affascinato. Iniziò a balenargli in testa l'idea che non potesse affrontare una battaglia come quella da solo, che necessitasse l'appoggio di qualcuno che probabilmente ne aveva in atto una tutta sua. E non poteva che realizzare quanto la sua storia fosse sempre la stessa, destinata a ripetersi probabilmente all'infinito. Stavolta però, al contrario di quando era appena arrivato a Londra, non sarebbe partito come vittima consapevole di eventi per raggiungere i suoi scopi, non era più un ragazzino.
    Appoggiò le spalle allo schienale della lunga panca, rilassando il corpo ad eccezione delle mani. Quelle restarono aggrappate alla spada, che sembrava interessare particolarmente all'uomo, sebbene avesse deciso di prendersela comoda con le sue pause ad effetto. Sentì le sue mani lisciare il cappotto, i suoi respiri mescolarsi alla pioggia che batteva contro le vetrate e, non avendo alcuna fretta di andarsene ora che sembrava essere spuntato fuori qualcosa di interessante, Shaw attese pazientemente che finisse di parlare. Anche lui si prese il tempo di una pausa, spezzando il silenzio solo dopo qualche lungo secondo.
    «Credo che l'ignoranza sia perfetta quando si vuole essere in pace con Dio. La consapevolezza sbatte tutto sotto una luce diversa, ma visto che hai detto di essere abituato a certi problemi questo lo sai già.», spostò lo sguardo sulla lama, «L'hai detto tu stesso che a Lui non interessa della mia vita, per quanto ne so potrebbe aver fatto una grossa stronzata e ancora non se n'è accorto. Lui o chi per lui. Ma non penso sia un mio problema che mi abbia rifilato l'arma di un Angelo.», perché, in fondo, non aveva idea di come gli fosse arrivata fra le mani. Era successo prima dell'incontro con Peterson che gli aveva cambiato la vita, prima che qualcosa di assopito si risvegliasse in lui. Non sapeva come mai l'arma di un Angelo fosse finita nelle sue grinfie prima dell'ancora incerta rivelazione. «Anche Lucifero era un Angelo.»
    Spostò una mano sulla fronte per asciugarla dall'acqua ancora imprigionata fra i capelli e, portate indietro le ciocche bagnate, tornò ad osservare di nuovo chi gli sedeva accanto.
    «Quindi... non sei devoto ma mi hai avvicinato perché c'ho un'arma che è vicina a Dio? Anche questo è un contrasto interessante



    Prima o poi troverò l'immagine giusta...
     
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    Non si è spostato, il ragazzo, un segno che di per sé vuol dire molto. Non ha ricercato i suoi spazi, non si è allontanato da una presenza estranea. Sebbene la chiesa sia vuota, sebbene lo spazio di fuggire anche solo per qualche centimetro non manca, è rimasto lì, complice di quella vicinanza. Già questo, da solo, può suggerire infiniti dettagli che gli regalano la certezza di trovare, al suo fianco, chi ha già abbandonato la cullante certezza della fede, o forse chi l'ha solo cercata senza mai riuscire ad abbandonarsi a quel vuoto con libertà. «Siamo tutti marchiati alla Nascita, non è forse così? Lui ci ha fatto peccatori» il più grande controsenso umano. Dio avrebbe potuto creare un mondo perfetto, lindo e pulito, deturpare ogni male alla radice, eppure ricrea con mani consapevoli la sporcizia che aberra. «Dio è un padre egoisticamente esigente: vuole che imploriamo il suo perdono pur sapendo che non sarà mai concesso» sacrificio. E' quella l'unica parola chiave di quel Signore esigente. Un sacrificio immane, immenso, che non conosce limiti. Lo stesso chiesto agli empi quanto alle anime più pure, che abbassate con la fronte sul terreno, stese ai suoi piedi, non ricevono neanche l'ombra del suo sguardo. Anime che si perdono nel suo segno. Dio non è un capo, non è un uomo, non è niente. Un vecchio seduto su un trono che ricorda tempi di gloria andati, ormai del tutto assuefatto dalla sua posizione di dominio. Ma il suo potere è il vacuo vessillo di una mente che non riesce ad espandersi e si concentra, così, su qualcosa senza rendersi conto che è da tempo andato. Ed è quando chi possiede una delle armi a lui Sacre arriva ad abbassarsi nella rabbia per ottenere le sue attenzioni che si comprende quanto profondamente incapace sia. Non ha più neanche la capacità di elargire le sue punizioni quelle che, in altri tempi, hanno scosso la terra e portato la paura più abissale nell'animo di chi ha infranto la sua legge. Quando la sua vendetta ha piegato l'Egitto, quando la sua parola ha scosso l'animo più duro fino a farlo sciogliere. Assaggia le sue parole in silenzio, muove la lingua sul palato mentre annuisce ad occhi socchiusi, lasciando che qualcosa di simile all'appagante beatitudine corrughi il suo sguardo. Lucifero. Si volta verso di lui, piano, lascia che la comprensione e la condivisione riempiano ogni angolo del suo sguardo. Il peccato di Lucifero ha sfiorato l'orgoglio del Padre, guadagnando così l'ascesa che lo ha condotto nell'abisso più tetro. Colui che voleva innalzarsi a Dio e rubare il suo trono ora ne ha uno suo, di speculare importanza. «Touché» sorride di più, lascia che le labbra si pieghino mentre la voce per un secondo rimbomba, deturpando il silenzio ed accompagnando lo scrosciare continuo della pioggia. «Ma la mia risposta si nasconde in quanto hai appena detto: l'ignoranza è la chiave della pace con Dio, ti sembro essere un uomo che ignora si avvicina un po', chinandosi appena di lato verso di lui. Si rimette dritto qualche istante dopo, sfiorando l'altare con lo sguardo mentre inspira a fondo. «No, ragazzo mio. Non sono più un devoto, ma ho vissuto gran parte della mia vita nel rispetto della Sua legge. Ma del resto, anche tu mi sembri ormai distante dalle sue grinfie. L'uomo nasce con un Dubbio, e quando scopre della certezza del Suo essere il dubbio diviene una domanda a cui non risponde. Eppure Lui è lì, da qualche parte, e chiede il rispetto assoluto senza scendere a spiegarci alcunché. Non hai torto quando dici che la consapevolezza mette tutto sotto un'altra luce. Ti ha dato quest'arma, eppure sei qui adesso in attesa di una risposta, quando sai già che non arriverà mai. Perché?» abbassa il capo, imitando la posa che un tempo assumeva per porgere le sue preghiere ad un silenzio ottuso, ma ancora una volta qualcosa di irriverente si agita in ogni gesto. «Sai cosa porta fuori dall'ignoranza? La conoscenza. Ho abbandonato gli Dei per concentrarmi su ciò che conta davvero a questo mondo: gli uomini. Il loro animo, la loro mente, le loro pulsioni.» si volta ancora una volta, lasciando che nei suoi occhi danzi qualcosa di luminoso. «Ed è per questo che mi sono avvicinato, in fondo. Curiosità. Com'è possibile che perfino chi è fra i Suoi prescelti sia qui a cercare la Sua voce?»
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    Shaw Hynes | New York | Ottobre 2017


    Non è il peccato originale della nascita che Shaw aveva sentito in quell'uomo. Era abbastanza certo che quello fosse già stato cancellato tempo addietro, dal modo in cui parlava del Creatore. No, ciò che il giovane aveva visto era una macchia diversa che si muoveva nell'animo abbastanza maturo che aveva di fianco, un voltafaccia più che consapevole. Il ragazzo ipotizzava che all'albero della conoscenza del bene e del male lui ci fosse andato di sua spontanea volontà e che, quindi, non avesse bisogno di implorare proprio nessuno per un perdono.
    «Non fa una piega solo che no, non parlavo di una condizione di partenza, di una roba iniziale dalla quale doversi... come dire... redimere.», iniziò lanciandogli una lenta occhiata prima di tornare all'altare, «Non è un passato lontano di blasfemia quello che c'hai addosso. Dopotutto potresti aver attirato la Sua attenzione, in qualche modo.»
    O forse no. Magari Dio aveva concesso i suoi strumenti ad altri affinché svolgessero per lui il lavoro sporco e questo, senza ogni dubbio, lo rendeva ancora peggiore di quanto non fosse già. Perché fornirgli le sue armi quando Lui stesso avrebbe potuto adempiere senza sforzo ai suoi obblighi auto-imposti? Armava il suo esercito e se ne restava sul suo trono senza neanche prendersi il disturbo di osservare la sua stessa battaglia. E così, senza nemmeno rendersene conto, addestrava i suoi stessi figli contro di sé. Shaw si domandò fino a che punto fosse sceso l'uomo che aveva al suo fianco. Si chiese, curioso, di quali strumenti disponesse per la sua personale battaglia ancora priva di nome per il ragazzo. Ma era certo che qualcosa ci fosse perché era troppo irriverente dinanzi a Dio, seppure in modo sottile; a tratti sembrava solo consapevolmente realistico, altre volte sembrava possedere una ponderata collera nei suoi confronti. Sebbene Shaw non avesse idea di chi fosse seduto accanto a lui, quell'uomo continuava ad incuriosirlo abbastanza da tenerlo consciamente incollato a quella panca. E dopotutto, lui, aveva bisogno di un confronto.
    «No, non mi sembri uno che ignora. Ma non mi sembri nemmeno in pace con Dio, non nel modo più comune del termine. Una pace soggettiva vale solo per te se decidi di non condividerla.»
    Era tornato ad osservare il suo volto, leggendo in quel sorriso qualcosa che si avvicinava al compiacimento. E questo lo appagava, perché fortificava quella sensazione di non essere l'unico, di non essere solo almeno sul piano teorico. E quando non si è soli la certezza di essere nel giusto si irrobustisce.
    Ascoltò attentamente le sue parole, immagazzinando tutto esattamente come gli veniva raccontato. Non aveva senso scendere ad interpretazioni personali, magari quell'uomo prima o poi sarebbe sceso nel dettaglio e a quel punto Shaw si sarebbe impossessato anche dei particolari. Avrebbe conosciuto di più, compreso maggiormente, e se il suo cammino prevedeva pazienza e meticolosità nella scelta dei dettagli, allora paziente lo sarebbe stato anche nel conoscere chi aveva deciso sederglisi accanto. Ogni cosa avrebbe fatto il suo corso, nel bene o nel male.
    Si voltò di nuovo verso di lui scuotendo appena il capo, perché quella prima domanda che gli aveva rivolto era sbagliata.
    «Io non sono qui perché aspetto una risposta. Le mie risposte da Lui le ho già avute.»
    E tacque di nuovo. Forse si poteva pensare che la giovane età non fornisse gli strumenti necessari affinché un uomo potesse già conoscere i suoi desideri, specie se nei confronti dell'Onnipotente. Probabilmente era più intuitivo pensare che un ragazzo possedesse ancora la speranza nei confronti di chi veniva apostrofato come Misericordioso, ma la verità era che Shaw aveva vissuto una vita diversa dalla maggior parte dei giovani che ricercano certezze in chi non si è mai preso la briga di fornirgliele. E il ragazzo le sue risposte le aveva trovate nei silenzi, nell'omissione di un soccorso che sia lui che sua madre avevano più volte ricercato. Entrando nella Sua casa aveva lanciato un ultimo appello provocatorio volto a metterlo al corrente di ciò che aveva fatto di lui, e se anche quella volta non l'avesse ascoltato non sarebbe più stato un suo problema.
    Non smise di guardarlo, voleva sapere di più. Comprendere cosa avesse in mente, nonostante immaginasse che ogni domanda e ogni discorso non fosse solo frutto del caso. Doveva essere un uomo furbo, in fin dei conti, e Shaw avrebbe tentato di stargli al passo.
    «Come ho già detto, non cerco più niente da Lui. Tu, invece, cosa cerchi negli uomini? O cosa ne fai di loro?»


     
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    before me, you rightly tremble.
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    Sorride di più. Il ragazzo sembra scivolare con semplicità oltre le apparenze e James sa che è consapevole, adesso, del fatto che non sia solo un uomo curioso che cerca di ammazzare il tempo con una chiacchierata personale. La curiosità è ciò che dovrebbe spingere ogni uomo, la stessa che spinge il ragazzo a continuare a parlare, a perpetuare un dialogo che sfiora l'intimo. Come un Parroco che accoglie le confessioni del suo fedele, James ascolta ogni sua parola, calibrandola nella mente per dargli il suo giusto peso. «Sei un giovane sveglio...Gli ho fatto una promessa, e sono solito mantenere la parola data» snocciola con tranquillità il suo discorso. James Manson non teme la sincerità, l'onestà del suo essere, perché non lo aberra. Si è spogliato di ogni morale per annidarsi nella verità del suo ideale, che perpetua ancora ed ancora senza remore. «Sono assolutamente certo di aver attirato la Sua attenzione, vedi ho fatto in modo che fosse proprio così, ma nonostante tutto il Suo Giudizio non si è ancora abbattuto su di me» l'ennesima sfida silenziosa lanciata da occhi irriverenti, che consumano la Sacralità di quel luogo in ogni respiro che scivola dalle labbra. Inspira a fondo, come se nell'aria fosse appena giunto un'odore particolarmente gradevole. «E, anzi, da quando mi sono allontanato da Lui ho collezionato molti più successi che sotto la Sua guida e luce» quello che sente, ora, è un potere che annega in una voracità malsana. Sfida il Signore con ogni parola, ogni sguardo, ed ogni gesto e ancora è lì, immune alla sua Punizione. Anche Dio, in fondo, deve avere paura. Anche Lui deve essere consapevole dell'inconsistenza del suo Regno. Sorride di più, le labbra fendono il suo volto e l'aria che lo circonda e c'è qualcosa di beffardo nel suo sguardo. Non ha rispetto, James Manson, non per Lui. Non più. Se un tempo la sua reverenza era assoluta e totale, ora è la sua irriverenza a brillare come un faro nella notte. "Hai sentito? Trema al mio cospetto, temi la mia parola perché io ti sono superiore." L'immagine riemerge sotto le palpebre regalandogli un brivido che lo fa scuotere appena. Sente il piacere di quella dichiarazione fatta anni prima tornare vigoroso sulla pelle, mentre si bea in un mare di Potere e Forza. Io ti sono Superiore, non ha bisogno di dirlo ad alta voce, perché sono i suoi occhi a gridarlo ancora una volta al Silenzio Sacro della Chiesa. Si volta ancora una volta a guardare il ragazzo, ancora sorride James, benevolo e magnanimo presta il suo orecchio a chi ha qualcosa da dire. E lui ha tanto di cui parlare. «No, sono il più lontano possibile dalla pace con Lui. A dire il vero, sono in Guerra con il Signore» non teme nulla, lui. Non teme la Rabbia di Dio, perché la sua supera ogni possibile limite ed è pronta ad abbattersi su chiunque gli abbia fatto un torto. «Sono qui per ricordargli che abbiamo un conto in sospeso» non bisbiglia, non abbassa la voce. Le sue dichiarazioni escono pulite e decise, ammorbidite da un tono che si bagna nella pietà. Quella che prova per quel Dio ormai giunto alla sua fine, abbandonato, dimenticato e, presto, sconfitto. Piega appena la testa alla sua risposta, annuendo leggermente. Il Mutismo, il negarsi, punti che Lui ha creduto saldi, alla fine, sono la sua rovina. Nei silenzi delle notti di preghiera un James bambino ha chiesto il perdono, ha chiesto la pace e la misericordia. In cambio di Devozione Lui ha portato solo miseria. Ed è la prima cosa che ha odiato. La facciata da Signore della Misericordia, Dio della Bontà che in realtà non ha altro da offrire che altre pene, prove che i suoi fedeli devono passare ancora ed ancora. Sadico. Ecco qual'è la Sua vera faccia, ma al suo contrario James non nega il suo essere, non si bagna nell'acqua della menzogna. Resta a guardarlo, assapora la sua domanda e aspetta solo un istante prima di rispondere, prendendo ogni sua Realtà e imprimendola nelle parole. «Cerco la Verità. Cerco quello che viene represso, l'essenza stessa dell'essere Umano in tutte le sue splendide forme. Di loro io non faccio nulla, sono loro a fare qualcosa di sé stessi una volta che scopro per loro un sentiero» si poggia sullo schienale socchiudendo appena gli occhi. L'immagine della beatitudine che potrebbe erroneamente essere affidata al fedele al cospetto di Dio, ma James Manson è il Dio di sé stesso. «Un uomo che deve sottostare ad una Legge non sua è un uomo in catene. Io voglio spezzare ogni costrizione e liberare chiunque sia disposto a Vivere senza nessun giogo su di sé» quello che offre è la grandezza, perchè è in quella dei seguaci che si rivela quella del Dio.
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