I wish He would come out

Shaw/James

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    Shaw Hynes | New York | Ottobre 2017


    Non è il peccato originale della nascita che Shaw aveva sentito in quell'uomo. Era abbastanza certo che quello fosse già stato cancellato tempo addietro, dal modo in cui parlava del Creatore. No, ciò che il giovane aveva visto era una macchia diversa che si muoveva nell'animo abbastanza maturo che aveva di fianco, un voltafaccia più che consapevole. Il ragazzo ipotizzava che all'albero della conoscenza del bene e del male lui ci fosse andato di sua spontanea volontà e che, quindi, non avesse bisogno di implorare proprio nessuno per un perdono.
    «Non fa una piega solo che no, non parlavo di una condizione di partenza, di una roba iniziale dalla quale doversi... come dire... redimere.», iniziò lanciandogli una lenta occhiata prima di tornare all'altare, «Non è un passato lontano di blasfemia quello che c'hai addosso. Dopotutto potresti aver attirato la Sua attenzione, in qualche modo.»
    O forse no. Magari Dio aveva concesso i suoi strumenti ad altri affinché svolgessero per lui il lavoro sporco e questo, senza ogni dubbio, lo rendeva ancora peggiore di quanto non fosse già. Perché fornirgli le sue armi quando Lui stesso avrebbe potuto adempiere senza sforzo ai suoi obblighi auto-imposti? Armava il suo esercito e se ne restava sul suo trono senza neanche prendersi il disturbo di osservare la sua stessa battaglia. E così, senza nemmeno rendersene conto, addestrava i suoi stessi figli contro di sé. Shaw si domandò fino a che punto fosse sceso l'uomo che aveva al suo fianco. Si chiese, curioso, di quali strumenti disponesse per la sua personale battaglia ancora priva di nome per il ragazzo. Ma era certo che qualcosa ci fosse perché era troppo irriverente dinanzi a Dio, seppure in modo sottile; a tratti sembrava solo consapevolmente realistico, altre volte sembrava possedere una ponderata collera nei suoi confronti. Sebbene Shaw non avesse idea di chi fosse seduto accanto a lui, quell'uomo continuava ad incuriosirlo abbastanza da tenerlo consciamente incollato a quella panca. E dopotutto, lui, aveva bisogno di un confronto.
    «No, non mi sembri uno che ignora. Ma non mi sembri nemmeno in pace con Dio, non nel modo più comune del termine. Una pace soggettiva vale solo per te se decidi di non condividerla.»
    Era tornato ad osservare il suo volto, leggendo in quel sorriso qualcosa che si avvicinava al compiacimento. E questo lo appagava, perché fortificava quella sensazione di non essere l'unico, di non essere solo almeno sul piano teorico. E quando non si è soli la certezza di essere nel giusto si irrobustisce.
    Ascoltò attentamente le sue parole, immagazzinando tutto esattamente come gli veniva raccontato. Non aveva senso scendere ad interpretazioni personali, magari quell'uomo prima o poi sarebbe sceso nel dettaglio e a quel punto Shaw si sarebbe impossessato anche dei particolari. Avrebbe conosciuto di più, compreso maggiormente, e se il suo cammino prevedeva pazienza e meticolosità nella scelta dei dettagli, allora paziente lo sarebbe stato anche nel conoscere chi aveva deciso sederglisi accanto. Ogni cosa avrebbe fatto il suo corso, nel bene o nel male.
    Si voltò di nuovo verso di lui scuotendo appena il capo, perché quella prima domanda che gli aveva rivolto era sbagliata.
    «Io non sono qui perché aspetto una risposta. Le mie risposte da Lui le ho già avute.»
    E tacque di nuovo. Forse si poteva pensare che la giovane età non fornisse gli strumenti necessari affinché un uomo potesse già conoscere i suoi desideri, specie se nei confronti dell'Onnipotente. Probabilmente era più intuitivo pensare che un ragazzo possedesse ancora la speranza nei confronti di chi veniva apostrofato come Misericordioso, ma la verità era che Shaw aveva vissuto una vita diversa dalla maggior parte dei giovani che ricercano certezze in chi non si è mai preso la briga di fornirgliele. E il ragazzo le sue risposte le aveva trovate nei silenzi, nell'omissione di un soccorso che sia lui che sua madre avevano più volte ricercato. Entrando nella Sua casa aveva lanciato un ultimo appello provocatorio volto a metterlo al corrente di ciò che aveva fatto di lui, e se anche quella volta non l'avesse ascoltato non sarebbe più stato un suo problema.
    Non smise di guardarlo, voleva sapere di più. Comprendere cosa avesse in mente, nonostante immaginasse che ogni domanda e ogni discorso non fosse solo frutto del caso. Doveva essere un uomo furbo, in fin dei conti, e Shaw avrebbe tentato di stargli al passo.
    «Come ho già detto, non cerco più niente da Lui. Tu, invece, cosa cerchi negli uomini? O cosa ne fai di loro?»


     
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