A forza di essere vento

25 dicembre 2016 - Mel x Søren

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    ''Non andartene di nuovo.'' La mano ricadde sulle sue curve nude, nascoste malamente dalla folta coperta. I suoi seni brillavano sotto la fioca luce dell' abat jour e le sue labbra scure, sempre distese in un sorriso accattivante, rimasero immobili, come stampate su muro. Non si scompose infatti e come una statua di marmo, rimase immobile all'ascolto. Già assente, già volata via. Søren sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco, ormai abituato a quel giogo crudele. La vide andarsene via in silenzio, nonostante il suo corpo fosse ancora lì, legato al suo da un filo ormai debole, logoro. ''Non ricominciare, ti prego.'' Fiona lasciò scivolare gli occhi lontani dal suo volto e non lo guardò più, per tutta la durata di quel discorso straziante le quali parole non riuscivano a fuoriuscire nitide e ben comprensibili dalle labbra di lui. Si morse le labbra più e più volte, sperando in un dialogo civile, onde evitare di svegliare la loro figlia che, tranquilla, dormiva nella sua stanza. Anch'ella aveva ormai capito la direzione che avrebbe imboccato il rapporto dei due genitori, ogni cosa era ormai divenuta evidente.
    ''Dimmi perché. E' la Vigilia di Natale, domani saremo tutti insieme a scambiarci i doni con nostra figlia. Dimmi perché, perché proprio oggi. Perché di nuovo.'' Come ogni volta, in un déjà-vu, egli continuava a sperare in un suo ultimo ritorno, in un po' del suo amore, quell'amore che tempo addietro aveva portato alla luce Mel. ''Ho il treno tra qualche ora, non posso. '' Fiona era in grado di discutere rimanendo sul vago. Søren non aveva mai avuto modo di scoprire dove la moglie fosse diretta ed ella non era mai stata intenzionata a svelargli le sue coordinate, come se volesse sparire per un po' di tempo da lui e da sua figlia. Si alzò e prese a vestirsi velocemente, dandogli le spalle con noncuranza, respirando piano al freddo, senza piangere alcuna lacrima. ''Cosa credi che penserà tua figlia? Come pensi si sentirà?'' ''Prenditene cura, so che la ami. '' Quelle parole furono ovvie quanto sbrigative. ''Non pensi avrà bisogno anche di sua madre? '' e si alzò a propria volta, proprio come alta si fece la sua voce ed infilandosi velocemente dei pantaloni, le si avvicinò, afferrandola per un polso. ''Molti bambini crescono senza madre. '' ''Cos...'' ''Dille che la amo...come l'ami tu. '' ''Smettila.'' Fiona gli si poggiò contro. La testa china nell'incavo del suo collo. Egli non poté fare a meno di stringerla a sé, titubante e col cuore sempre più lontano dal suo. ''Sei una stronza.'' ''La stronza che ami aspettare nudo a letto.''

    Mai mattino fu peggiore. Stretto nel maglioncino che sua suocera aveva ricamato su misura, Søren scese le scale della piccola casetta di legno, respirando a pieni polmoni intenzionato a reprimere quell'invadente sensazione di pianto. Era debole e così sarebbe continuato ad essere qualora ella fosse tornata. Stretto in un pugno, tenne suggellato un biglietto scritto da sua moglie, in una grafia ordinata e ben leggibile: la destinataria, era Mel, che non avrebbe mai ricevuto nulla, così come mai aveva ricevuto i suoi vecchi biglietti d'addio. Fu triste come, in un momento di rabbia e frustrazione, l'uomo sperò di saperla morta, piuttosto che di nuovo lì, pronta a distruggere la vita di sua figlia. Con le spalle ricurve, strette alla ricerca di un po' di calore, si diresse verso l'angolo cottura, deciso di affogare la propria disperazione, nella preparazione della colazione mattutina. Ma ogni biscotto ed ogni tazza di caffé fumante, gli riportava alla mente lei e quei suoi capelli scuri come l'ebano. Come avrebbe potuto spiegarlo nuovamente a Melanie?

    '' Saremo una famiglia.'' Una donna gravida, portò le mani del suo compagno sul ventre rigonfio e pregno di vita. Con sorriso sincero, rimase immobile sul letto, aspettando che egli le si sedesse accanto. Con le gambe tremanti e la bocca colma di dichiarazione d'amore, l'uomo non poté non sorride all'idea che un giorno, tra le proprie mani, avrebbe stretto il loro primo figlio. '' Non sarà come la tua.'' Lo rassicurò lei, facendo perno su un passato che egli avrebbe voluto mutare. '' E tu non sarai come tuo padre. '' ''Lo spero.'' '' Ti amo.'' e lo baciò con trasporto, stringendolo a sé e alla bambina. Søren sentì di aver trovato il proprio posto nel mondo.

    Versò un po' del liquido nero all'interno di una tazza e seguì con lo sguardo la neve cadere fuori dalla finestra, ricoprendo il lago verdastro sul quale era posta la propria barca. Pensò a come viaggiare lo avrebbe aiutato a distendere i nervi e a non pensare ma come, allo stesso tempo, sarebbe stato poco salutare per la psiche di sua figlia. Sentiva di non esserle stato mai molto vicino e di non essere mai riuscito ad incarnare l'idea del buon genitore. Stringendo la mano attorno al manico bollente della tazza, tirò su il naso in un momento di compianto, sperando che nessuno fosse lì a vederlo contemplare il nulla.
    Fuori la neve cadeva fitta, tanto da ricoprire il tetto della loro dimora, tanto da ricoprire la propria persona. Guardandola provò freddo e questo riuscì a svegliarlo appena, tanto da fargli notare la presenza di sua suocera. ''Hai preparato il caffé?'' Ella sapeva e stranamente non metteva bocca nei loro disordini. Egli annuì e gliene verso una tazza, andando a sedersi difronte a lei, sprofondando nel divanetto. ''Mel ancora dorme...forse facciamo in tempo ad aggiungere gli altri regali all'albero. '' Lo esortò, beccandosi un semplice cenno di assenso in risposta. Sbuffando, si alzò nuovamente, dirigendosi verso la dispensa più alta della cucina. ''Comunque buon Natale caro...per quanto può valere.'' Mormorò passandogli accanto, posandogli una mano sulla spalla.


    Edited by Gillette Venus - 25/10/2017, 10:56
     
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    C'è un momento. Prima di essere completamente svegli, prima ancora di rendersi conto di essere tornati dal mondo dei sogni, quando le porte dell'impossibile si stanno chiudendo per lasciarti fuori. In quel momento il mondo non è altro che un piumone caldo e il cuscino morbido, il tepore piacevole delle endorfine che arrivano al cervello e giocano a palla con i primi pensieri. Melanie adora quell'attimo, ci si aggrappa fino a quando non sente il suono di una porta lasciata aperta. E' come se anche dentro di lei si fosse aperta una fessura e da lì entra uno spiffero d'aria che gli fa irrigidire i muscoli. La sente sgattaiolare via, come sempre. Quasi fosse una di quelle scappatelle che un uomo si porta a casa e che se la svignano prima che qualcuno possa vederla. Si deve ricordare di mantenere la calma. Aveva giurato a se stessa che non le avrebbe più permesso di farle perdere le staffe. Doveva semplicemente ignorarla e prima o poi si sarebbe dimenticata della sua esistenza. Tentativo che avrebbe avuto molto più successo se non si ostinasse a rispuntare di tanto in tanto come l'herpes. E' del tutto inutile piazzarci sopra delle creme, o cambiare serratura. Lei torna. E' l'unica certezza che le abbia mai dato e anche l'unica di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Si rigira nel letto per tornare a dormire, provare a riacciuffare la sensazione di torpore dei sogni. Ma niente. Quando finalmente apre gli occhi le luci colorate che ha appeso alle pareti gli ricordano che è Natale. No, il Natale non se lo fa rovinare. Scivola dal letto scostando risoluta le coperte. Si stiracchia un po' e poi sotto la doccia. Calda, quasi bollente, ci passa diversi minuti, forse persino mezz'ora a giudicare dalle dita spugnate. Quando esce una nuvola di vapore l'accompagna fin davanti lo specchio appannato. Anche lì ci passa minuti interi. Non è per vanità, quanto piuttosto il meticoloso tentativo di sopprimere la voglia di urlare. Quindi passa quasi un quarto d'ora con il phon stretto in una mano e lo sguardo perso nel vuoto, prima di ricordarsi di asciugarsi i capelli. Quando finalmente infila il maglione e scende le scale per andare in cucina lo fa cercando di prendere un profondo respiro e sorridere. Sua nonna è sulla sedia a dondolo davanti l'albero, tra le dita affusolate e grinzose ha la sua tazza. Quando le si avvicina per baciarle una guancia sente il suo profumo di tiglio mescolarsi con quello caldo del caffè. "Papà è già sveglio?" le domanda facendo un cenno verso la tazza. "Si, tesoro, lo trovi in cucina". La nonna ha uno sguardo sfuggente e le labbra strette in una linea tirata. Il fatto che Fiona sia in grado di agitare così tanto anche lei la stizzisce, sono passati anni eppure nessuno si è ancora abituato. Perchè le permettono di ferirli? L'irritazione si accresce mentre pensa che è suo padre a lasciarglielo fare, dovrebbe cacciarla e invece non lo fa mai. Poi quando vede le sue spalle larghe e la testa bassa, intento a guardare chissà cosa, fingendo di non pensare a lei, tutta la rabbia svanisce. Si avvicina lentamente, ma fa in modo che i suoi passi si sentano anche se ha i calzini. Gli poggia una mano sulla schiena e disegna con il palmo un arco fino al suo fianco che stringe. Poggia la testa contro la sua spalla e si dondola appena. "Buon natale papà". Stringe le labbra nel tentativo di un sorriso.

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    Possiamo sperare di tener stretto a noi ciò che abbiamo di più caro. Possiamo sperare che tutto vada per il meglio e che il desiderio di amare ed essere amati non scemerà mai con l'avanzare della cattiveria umana. Possiamo sperare di essere forti o rimanervi nonostante la tempesta che minaccia di trascinarci via. Possiamo sperare di trovare nuove possibilità nel porto in cui saremo costretti ad attraccare. Ma non possiamo sperare di cambiare in meglio e questo Søren lo aveva provato sulla propria pelle, ritrovandosi anno dopo anno, bloccato nelle proprie fantasie ed abitudini. Fiona aveva mosso le pedine della sua vita modificandola in peggio ed egli non aveva mai provato a rimettere a posto i pezzi, decidendo che le scelte della moglie sarebbero state sempre giuste per lui. L' amore che sin sa sempre aveva provato per lei lo aveva pietrificato in quello stato di dormiveglia, in cui poche erano le volte in cui effettivamente riusciva a chiuder occhio. Con le lacrime che premevano per uscire, si affrettò nel distrarsi apparecchiando la tavola per la colazione. La caraffa ricolma di caffé bollente fu posta al centro della tavola e circondata da numerosi biscotti e dolci preparati all'occorrenza. Fingere di essere una famiglia normale, seppur insieme alla madre di sua moglie, riusciva ad aiutarlo nell'esorcizzare i propri mostri. Sentì sua figlia cercarlo e la nonna risponderle, ma non fece alcun passo verso il soggiorno, decidendo di continuare a sistemare il tutto, in una sorta di finzione salvatrice. Eppure, quando percepì il corpo della figlia contro la propria schiena e quell'abbraccio che riuscì momentaneamente a sollevarlo dal proprio dolore, non poté non fermarsi e godere di quel contatto. ''Il mio Nord.'' Chiuse gli occhi crogiolandosi, per poi voltarsi ed abbracciarla a propria volta, sperando che ella non percepisse la propria delusione. ''Buon Natale...'' Cercò di riprendersi e staccandosi da lei, prese ad indicarle la tavola, sforzando un sorriso e quella gioia natalizia che mai avrebbe voluto veder morire. ''Su, chiama tua nonna!'' Ed alzò la voce, cercando di farsi sentire dall'anziana signora. ''Mangiamo! Che i biscotti si raffreddano ed i regali non possono aspettare.'' In fondo al salone, sotto un modesto albero vero, erano accatastati in pile ordinati piccoli pacchi. I regali di Fiona non erano stati tolti, questo perché Søren credeva fosse giusto donarli a Melanie, nonostante la ragazza avrebbe scoperto della sua ennesima sparizione. ''Hai dormito bene?'' Domandò rubandole un buffetto sulla guancia, per poi chiudersi nella giacca di lana, simulando l'onomatopea di chi soffre rumorosamente il freddo.
     
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