Collapse Collide

Isy/Dam

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    Damien Lynch

    Noah è sparito da settimane ormai, Noah che gli scrive quasi ogni giorno per raccontargli cosa succede nella sua vita, Noah la cui fiducia non ha vacillato neanche per un attimo da quando è tornato, da quando ha scoperto che suo fratello è diventato un mago nero. Cammina veloce, cappuccio calato sulla testa che gli nasconde la faccia. Non potrebbe farlo, non potrebbe mostrarsi a Manhattan con tanta facilità, ma è Noah che è scomparso non uno qualunque e a chi potrebbe chiedere se non all'altra sorella, quella che sa essere al Brakebills, di cui conosce le abitudini perché gliene ha parlato. E' pericoloso, ma deve. Che cuore grande Damien. Zitta, la Corruzione, zitta. Accelera il passo come se stesse scappando da essa stessa. Taglia nel folto del parco per non attirare su di sé sguardi indiscreti.
    Isobel non l'ha mai conosciuta, sa com'è fatta, sa chi è, ma non ci ha mai parlato e fa fatica a ritenerla una sorella com'è per Noah invece. Chissà quante ne ha, di sorelle Damien, ma non ci pensa, è come se non esistessero, soprattutto ora, neanche sua madre esiste più ormai. Nirvana e Noah, gli unici punti fissi della sua vita, quelli che non andranno mai via per quanto folle possa diventare, per quanto aumenti la facilità con cui compie atti orrendi. Ne sei proprio sicuro? Sì. Forse Noah ha deciso che gli fai schifo adesso e ti ha abbandonato? No, ne è quasi convinto, ecco perché quel bisogno eccessivo di cercare conferme, fino a rischiare l'arresto per trovare una sorella perduta.
    Quando la vede è sepolto nel verde, il tramonto ferisce l'aria con lame di luce rossa, Damien entra nel sentiero dietro di lei senza fare troppo rumore e aumenta il passo fino a raggiungerla, veloce, quando si trova alle sue spalle l'afferra da dietro, una mano sulla bocca, l'altra intorno al fianco per tirarla dentro la boscaglia « Sono Damien non ti voglio fare niente non urlare » parole sussurrate in velocità una dietro l'altra, senza neanche lo spazio di un respiro. Potresti approfittarne adesso per ucciderla. No. Siamo sicuri che Noah abbia lasciato anche lei, no? Lei non serve « No » un'esclamazione sussurrata appena dal lato opposto. La mano trema sulla sua bocca per qualche secondo di troppo prima di lasciarla andare « Scusa per i modi » le dice mentre fa un passo indietro, un sorriso obliquo che si scuote sulle labbra. Ah, ti scusi, che schifo. Disgusto, disgusto, disgusto, una parte di sé al di là di sé che prova disgusto per sé. Folle.
    Folle, folle, folle. Damien si passa una mano sulla faccia « Senti » dice con una durezza nella voce che si discosta dalle scuse esposte pochi secondi prima, guarda per terra per qualche secondo, infila le mani in tasca con un gesto secco « Vorrei avere notizie di Noah » si sforza di essere gentile, di non sembrare completamente andato come in realtà è. Riesce a controllarsi per un soffio, un soffio.

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    Anche se non sembra è tutto ipotetico, ma presente e condizionale cozzano troppo, tvb ♥
     
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    Isobel Brody

    Il dormire era diventato un concetto troppo arcano e distante. Doveva averlo lasciato da qualche parte, forse in camera sua, forse a Brighton, non ne aveva idea, così non aveva idea da dove le stessero uscendo quei discorsi così infimi, così poco essenziali, così lontani da quella che era la realtà. Realtà. Per una volta avrebbe voluto che non esistesse, il che era tutto dire se si consideravano le sue attitudini. Il fatto era che era tutto così surreale da farle dubitare perfino che quello fosse tutto così fottutamente normale, semplicemente perché in realtà non lo era affatto. No, non lo era. Specie dopo che aveva fatto tutta quella strada priva di qualsiasi speranza e, per la prima volta, aveva trovato qualcosa di migliore ad attenderla. Adesso invece era l'esatto contrario. Per qualche ragione aveva come l'impressione che tutto si fosse sfaldato, che quel Brody non possedesse più alcuna ragion d'essere, non dopo quello che era accaduto e non dopo quello che aveva visto e sentito. Si sentiva quasi in colpa nei confronti di Nathaniel anche solo a concepire quel pensiero, ma dubitava che lui la pensasse diversamente, nonostante avesse passato più tempo a vagare per il mondo anziché al fianco di lei e Noah. Noah. Senza di lui non aveva neanche più senso parlare di famiglia. Ed effettivamente mai come adesso si sentiva un po' come la figlia del nulla, più che di due esseri umani come lei. Solitamente cercava di non pensarci e di non perdersi in quella raffica di domande che non avrebbero mai avuto una risposta, ma difficilmente riusciva in quell'intento. Anzi, praticamente mai. C'erano solo la testa che scoppiava e le braccia di Mitja che tentavano di farla sentire al sicuro, di darle la certezza della sua presenza, e anche per quello sapeva di dovergli molto. Qualcuno lo avrebbe definito esagerato, ma per lei non lo era affatto.
    Dopo ore passate in camera a cercare invano di concentrarsi sui libri, poté facilmente constatare la necessità di prendere un po' di aria; un bisogno perfettamente distinguibile da tutto il resto e che la spinse a raccattare quelle poche cose che riteneva necessarie e ad uscire dapprima dalla sua stanza, poi dal dormitorio, ed infine dal Brakebills. Ed eccolo lì, Central Park, sempre pronto ad accoglierla all'interno di quel mondo che un no-mag avrebbe giudicato normale, ma che per lei era quanto di più lontano ci potesse essere da quel concetto. Camminò con lentezza, macinando sotto i propri passi il piccolo vialetto principale e la mente che annegava in tutto quel verde, quando qualcosa, qualcuno, la colse di sorpresa. Lo fece sotto le mentite spoglie di una presa che non le piaceva e che la trascinò tra le foglie, lontana dagli sguardi altrui, una mano ruvida posata sulle labbra ed il battito cardiaco che prese ad accelerare per lo spavento: cazzo, ci mancava soltanto che qualcuno volesse derubarla, o, più semplicemente, farle del male. Avrebbe voluto urlare, ma lo strato di pelle adagiato con forza sulla bocca le permetteva soltanto di mugugnare un rumore basso e incomprensibile, e per quanto provasse a strattonarsi era evidente che ci fosse una disparità di forza fisica tra lei e lui. Damien. Sgranò gli occhi, incredula, quando udì quel nome che era divenuto familiare soltanto in seguito ai racconti di Noah riguardo la sua permanenza a New York e la scoperta continua delle proprie radici. Radici che erano anche le sue, alla fin fine. Doveva esserci un legame di parentela tra loro, o qualcosa del genere; quella classica combinazione di geni che ti rendeva fratello ed estraneo allo stesso tempo, e no, decisamente non era esaltante. Specie perché, in seguito alle parole di suo fratello, che l'avevano indotta ad inquadrarlo positivamente, aveva scoperto che in realtà Damien fosse ricercato. E la cosa più esilarante era che non potesse neanche dire di essere confusa, perché in fin dei conti, lei, il suo fratellastro, non l'aveva mai conosciuto di persona. Annuì appena, chetandosi, come a dirgli che non avrebbe urlato, fornendogli così il giusto movente che l'avrebbe indotto a lasciarla andare, e non appena la presa si allentò si allontanò di lui di qualche passo, velocemente. «Ma che cazzo!» Esclamò, sorpresa, incredula, la voce che si autolimitava per non attirare attenzioni indesiderate, le sopracciglia che si aggrottarono e il cuore che, lentamente, prendeva a pompare il sangue ad una velocità più normale.
    Si massaggiò le tempie con le dita, un sospiro che fuoriuscì dalle labbra, mentre il cervello continuava ed elaborare le informazioni che riceveva. Informazioni su Noah, certo. Avrebbe dovuto immaginarlo, considerando il rapporto che c'era tra di loro, ed era questo l'unico motivo che l'avrebbe spinta a parlare. «Senti...» Esordì in un mormorio, gli occhi che per un istante si chiusero, prima di posarsi sulla figura di Damien. Decisamente non era un bel prototipo di "primo incontro", quello, ma onestamente non le importava. «È da un po' che non lo vedo e non lo sento, quindi non posso fornirti informazioni precise.» Si passò una mano sulla fronte, in un gesto automatico. «Posso soltanto dirti che l'ultima volta che l'ho visto non stava esattamente bene, se è questo che intendi per "notizie di Noah" Mimò con le dita il simbolo delle virgolette, dando rilievo a quelle tre parole che era stato prima lui a pronunciare. «È sufficiente?»

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    Damien Lynch
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    E' proprio una Brody, lo nota subito fin dal modo in cui si muove al mondo, in perfetto equilibrio sulla Terra che sembra giri per lei, ma nonostante questo ha qualcosa che di storto hanno anche tutti gli altri. Damien sorride con una fierezza che non sa neanche dove stia tirando fuori, è orgoglioso come un fratello maggiore ma tale, in fin dei conti, non si sente. Smettila di fingere, il volto si contrae sotto quel sorriso che si spegne, lo sai che vorresti soltanto scapparle quella testolina contro uno di questi alberi e guardare il suo cervello sparso sulla corteccia, non è vero, è sua sorella dopotutto. Non sa quanti ne abbia, di fratelli e sorelle, non so in quanta gente suo padre abbia sparso se stesso come uno stupratore seriale, ma dopotutto finché non li conosce per lui non esistono, nessun Noah, nessuna Isobel, fino a quel momento. Isobel ha cominciato a esistere in quel momento e sembra incazzata nera.
    Si nasconde la faccia contorta dallo sforzo dietro una mano che trema visibilmente, è brutto pensare che Noah sia stato l'artefice del suo ennesimo casino ma è quello ciò che pensa sin da subito, un po' lo da per scontato come farebbe per sé stesso se glielo raccontassero dall'esterno, lo vedi? alla fine a lui non frega niente di te, non ti ha cercato per dirti dei suoi problemi, ti cerca soltanto per fare finta di avere una vita normale, non è così. Damien sa benissimo che non è così, nonostante quella voce invadente nella sua testa gli dica il contrario, Noah ha evitato tutti perché lui fa così quando fa male, scappa in un angolo a leccarsi le ferite o a morire da solo, e lui non ha intenzione di irrompere nei suoi bisogni. Si incazzerebbe se morisse, ma non gliene farebbe mai una colpa, perché la morte è una liberazione e quella dev'essere concessa a tutto nel momento in cui la si desidera davvero, nella morte non si hanno più colpe, è quello che Guadalupe gli ha insegnato.
    La mano sinistra infilata nella tasca, si accorge in quel momento, è talmente stretta su se stessa da sanguinare, è la prima volta che si sforza così tanto per non far notare all'esterno quello che gli succede dentro, quella forza che è capace di muovergli i muscoli come fossero suoi e di macchiargli le intenzioni fino a renderle irriconoscibili. Si morde il labbro troppo forte, nascosto sotto il palmo della destra e poi lo libera per aprire la bocca e lasciar uscire una breve domanda diretta « Cos'è successo? » non è sufficiente no. La mano scende rivelando il volto di una fatica in sovraccarico.

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    Isobel Brody

    Una domanda. Una domanda che fu, al contempo, una risposta. Le informazioni che aveva snocciolato non dovevano essere state sufficienti per Damien, e adesso non sapeva esattamente come agire. Cosa avrebbe dovuto fare, d'altronde? Dirgli tutto? Inventarsi qualcosa? Cosa? Avrebbe tanto voluto che fosse Noah a dirle cosa fare in certi frangenti, era pur sempre una cosa che riguardava lui, eppure, adesso, chi doveva rispondere a quel quesito lecito era soltanto lei. La faceva sentire a disagio, quella situazione. Parlarne con Mitja era stato facile per il semplice fatto che sapesse che non avrebbe mai detto nulla, ma Damien? Damien per lei era un estraneo come tutti gli altri che possedeva, tuttavia, qualche gene in comune con lei. Damien era una persona di cui aveva soltanto sentito parlare, quella che Noah aveva maggiormente riconosciuto come figura paterna, e forse ciò sarebbe dovuto bastare a mitigare ogni suo dubbio. Eppure, c'era qualcosa. Un groviglio di emozioni contrastanti che trovavano il proprio punto nevralgico nella persona che aveva di fronte; un connubio che percepiva, confuso, eppure così pregnante. Non un unico nucleo, ma più nuclei messi assieme; una consapevolezza che la fece trasalire appena: nonostante avesse sviluppato l'empatia da qualche anno, mai si era ritrovata di fronte a qualcosa del genere. Un male che si tentava di circoscrivere proprio perché non si era in grado di gestire. Era stanco, Damien. Stanco non solo mentalmente, ma anche fisicamente. Scosse appena la testa, rendendosi conto del fatto che il tempo stesse passando e che lui attendesse una risposta. «Va bene.» Mormorò. Era piuttosto sicura, d'altra parte, che Noah avrebbe voluto che suo fratello sapesse. «Immagino tu sappia di tutta la faccenda dei glitch, e che l'abbia provata perfino sulla tua stessa pelle, come tutti quanti.» Ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che tutta quella questione avesse realmente coinvolto tutti. «È stato Noah.» Esalò, conscia che non servisse aggiungere qualcosa come "non parlarne con nessuno" o che alludesse alle conseguenze che quel gesto aveva portato, era tutto piuttosto intuitivo. Lasciò dunque che quelle parole scivolassero nel silenzio per qualche secondo, lo sguardo che si abbassò deviando quello di Damien, come a non volergli dare la possibilità di capire a cosa stesse pensando. «Damien... tutto ok?» Avrebbe voluto ignorare bellamente ciò che aveva percepito, ma sapeva di non potercela fare, e quella era un'altra cosa che non riusciva a spiegarsi nonostante tutto, non quando gli occhi si rialzavano nuovamente, incrociando ancora una volta quelli dell'uomo. «Voglio dire, stai bene?»

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    Damien Lynch
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    Alla fine a conferma di ciò che è, Noah è ciò che lo ha fatto diventare, un disastro. Lo conosce suo fratello, lo sa che è la persona più buona sulla faccia di quella Terra del cazzo, ma è stato contaminato, da lui, da suo padre, da Nirvana persino. Sarebbe dovuto restare a Brighton, in quella fottuta famiglia perfetta da cartolina sula spiaggia, la sabbia nelle orecchie, la salsedine che si incastra tra i capelli, quello è Noah, un ragazzo rovinato che ha perso sé stesso dentro i milioni di input che gli sono stati dati. Hai due padri ragazzo, ne vuoi un altro? Uno che non è tuo padre ma a te piacerebbe se lo fosse. Damien hai distrutto tuo fratello, guarda cos'hai fatto, guarda dove l'hai portato. Lei gli somiglia così tanto, è identica a lui, una cazzo di goccia d'acqua, liquida nello sguardo e dura nei gesti, è coraggiosa sua sorella, gli piace e forse, forse vorrebbe sapere di più su di lei, ma non può. Hai paura che sia io a prendermela vero? Lascia andare una risata isterica, roca, anche se rotta in profondità, come se gli fosse stata spezzata la gola ancor pima di aprire bocca per parlare, è stanco, sì è dannatamente stanco e vorrebbe solo trovare il primo coglione ubriaco in strada per scaricare su di lui tutta quella merda che sente implodergli nelle mani, il sangue nero che ribolle come fuoco stesso nelle vene « No, non sto bene » sblocca un sorrisetto nervoso sulle labbra piene « Ma chi mai sta davvero bene, eh? » la mascella scatta con forza sotto la nuova pressione che le ha imposto chiudendo le labbra all'ultima parola. Noah starà bene, ha bisogno del suo tempo e lo sa. Lo lasci solo anche stavolta, che schifo Damien, non te le vuoi proprio prendere le tue responsabilità. « Tornerà » dice all'improvviso, parla sopra la voce per soffocarla con le sue stesse parole, la guarda con una sofferenza che è altra rispetto a quella che dovrebbe provare per Noah, ma non è ciò che sente, no è rimorso, colpa e responsabilità che gli azzannano la gola « Noah è uno di quelli che torna sempre, sono sicuro che lo sai anche tu » non come lui, no, lui è uno di quelli che non torna e non sarebbe tornato se non avesse avuto tanta rabbia da voler distruggere il mondo, non meritandosi ancora la morte. Ma era questione di tempo, quello, ancora poco. Fa un passo indietro, come, vai già via? « E' stato un piacere conoscerti » mente, come sarà ovvio anche a Isobel. Una sorella che è una sconosciuta e che non avrà mai abbastanza tempo per collegarsi nell'anima oltre che nel sangue, perché quello alla fine parla un linguaggio che in troppi non riescono a capire: volenza e dolore, non è di sicuro quello di lei « Hasta Luego » lo dice in spagnolo, quello che ha imparato in Messico, quello sporco dei signori della droga. Ovviamente è un addio, quello sottinteso.

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