Stay

L'unica cosa che volevo fare era buttare all'aria tutte quelle maledette carte e andarmene, fregandomene delle conseguenze.
La redazione era ormai deserta, alle otto di sera tutti i miei colleghi se n'erano già andati lasciandomi da solo a lavorare a quel maledetto articolo che mi stava facendo ammattire, e l'unica luce era quella della lampada della mia scrivania; mi sfregai gli occhi stanchi cercando di trovare in quel gesto la forza di andare avanti, ma quando posai di nuovo lo sguardo sul mio blocco degli appunti le parole cominciarono a mescolarsi tra loro fino a far perdere significato a ogni singola frase, strappandomi un verso esasperato. Con uno scatto gettai a terra il quaderno e le penne abbandonate vicino ad esso, accasciandomi sullo schienale della sedia privo di ogni forza. Non aveva più senso continuare ad ammattirmi, per quella sera: se avessi scritto anche solo un'altra parola probabilmente mi sarei sentito male, e insistere si sarebbe rivelato stupido e controproducente.
Con uno sbadiglio recuperai il telefono dalla tasca dei pantaloni e cercai la chat con Tommy, che avevo avvertito da poco meno di dieci minuti che sarei arrivato più tardi del solito.

Cambio di piani, torno prima.
Mi sono rotto le palle.
Prendi la pizza?
Paghi tu, ovviamente.

Sbadigliai di nuovo, alzandomi dalla sedia solamente per chinarmi a raccogliere gli oggetti che avevo fatto cadere in quell'attimo di frustrazione e rimetterli sulla scrivania prima di spegnere la luce, per andarmene finalmente da quel luogo del cazzo.
Sospirando di sollievo all'idea di non dover tornare al lavoro per il weekend mi avviai verso la porta recuperando la felpa dall'appendiabiti, anche se non la indossai - la portavo sempre con me, ma raramente sentivo freddo.
Quando lasciai l'edificio, capii immediatamente che c'era qualcosa di diverso. Mi sentii osservato, nonostante l'orario, e qualcosa mi spinse a fermarmi e a guardarmi attorno, invece di andarmene rapidamente per tornare a casa in fretta; ci volle poco prima che il mio sguardo si posasse su una chioma rossa fiammante e su un volto incredibilmente familiare che mi era mancato così tanto. Prima ancora di rendermi conto che stavo osservando Lilian ricambiare il mio sguardo mi aprii in un sorriso e, senza neanche controllare che non arrivasse qualche macchina pronta a investirmi, attraversai la strada per raggiungerla e stringerla in un abbraccio silenzioso. Erano settimane che io e Lilian non ci vedevamo e, anche se parlavamo praticamente tutti i giorni e ci scambiassimo messaggi in ogni momento della giornata, la ragazza mi era mancata così tanto.
Quasi la sollevai da terra per l'irruenza di quell'abbraccio, qualcosa a cui ormai lei doveva essersi abituata, prima di lasciarla andare e guardarla senza smettere di sorridere.
«Guarda un po' chi ha portato il vento» la presi in giro con una punta di dolcezza nella voce, avvolgendole le spalle con un braccio.

Ero sempre stato pienamente consapevole di come Lilian non fosse una grande amante del contatto fisico e di come spesso si ritrovasse a ritrarsi dai miei abbracci, perciò quando mi permise di stringerla e addirittura ricambiò quella stretta per qualche istante, posandomi la mano sulla schiena in un gesto che ad altri avrebbe potuto sembrare quasi distaccato, sorrisi più profondamente e mi permisi perfino di posarle un rapido bacio sulla tempia. Avevo sentito la mancanza di quella ragazza come di poche altre cose nella mia vita, e trovavo così incredibilmente assurdo che negli ultimi tempi ci fossero state così poche occasioni di vederci. Non sembrava essere una cosa giusta, non con una persona che era sempre stata così presente nella mia vita.
«In effetti avevo notato un po' di rotondità» la presi in giro approfittando del suo commento sul proprio peso, sapendo di potermelo permettere senza rischiare una reazione troppo violenta alle mie parole, ridacchiando quasi soddisfatto mentre la lasciavo andare per restituirle quella libertà che faceva parte di lei, «non volevo offenderti, ma dato che lo hai detto tu per prima sono autorizzato a parlarne. Non le faccio io le regole, non guardarmi così.»
Scherzare con lei in quel modo mi era mancato così tanto, senza che neanche me ne rendessi conto. Mi ero abituato così rapidamente a quella nuova vita seria e fatta di responsabilità che avevo dimenticato ciò che la compagnia dei miei migliori amici era in grado di darmi, quel senso di appagamento che neanche l'appuntamento mensile con lo stipendio sapeva donarmi; forse era semplicemente perché non ero fatto per quella vita, forse avrei dovuto semplicemente arrendermi e trovare qualcosa che fosse più in linea con il mio carattere per riuscire a sfamare me e Robin, lasciare il giornale e andare all'avventura.
Eppure sapevo che non avrei mai potuto farlo, che non si trattava di altro che sciocche fantasie.
Anche Lilian sembrava risentire dell'allontanamento di quegli ultimi tempi, lo potevo intuire facilmente dal suono della sua voce. Ognuno di noi - io, Lilian e Malik - si era ritrovato a dover affrontare una vita adulta che non si aspettava, e non sapevo dire a chi di noi era andata peggio. Se da un lato c'ero io con il mio nuovo lavoro che giorno dopo giorno sembrava essere intenzionato a rendermi meno Lance, trasformandomi in una di quelle persone tristi e concentrate solo sul proprio dovere che vedevo quotidianamente sulla metropolitana, dall'altro c'era Malik che aveva deciso di continuare con gli studi e che ancora prima di cominciare si era ritrovato così pieno di impegni da avere poco tempo da dedicarci. E poi c'era Lilian. Lei non aveva fatto una scelta. Non aveva cercato un lavoro in preda alla disperazione del dover pagare un affitto come avevo fatto io, e lei non aveva ancora cominciato una carriera universitaria in grado di prosciugarle ogni energia. Eppure a lei forse era andata peggio, perché ciò che l'aveva spinta ad allontanarsi da noi per mancanza di tempo non era stato qualcosa di scelto dalla ragazza; sapevo che non provava rancore nei confronti del padre, quelle poche volte che avevamo avuto l'occasione di parlare avevo sentito il suo tono riempirsi di orgoglio, eppure non potevo fare a meno di pensare che fosse stato proprio quello a spingerla ad allontanarsi.
Quello, però, non era il momento di pensare a quelle cose, non con Lilian così vicina a me e pronta a passare del tempo assieme come ai vecchi tempi. No, quello era il momento di godere di ogni istante assieme, di stare con lei e lasciare che il tempo passasse senza che ci fosse bisogno di fare qualcosa davvero.
«Tranquilla, per questa sera sono tutto tuo» la rassicurai con uno sguardo fintamente malizioso, di quelli che probabilmente non avrebbero fatto effetto e che avrebbero scatenato nella ragazza una risata della quale avrei finto di offendermi, «ovviamente ho un'agenda fitta di impegni con ragazze bellissime pronte a uscire con me, ma per la meravigliosa Lilian Strickler sono disposto a mandare tutto all'aria.»
Non ci avrebbe creduto, ovviamente, ma questo non mi dissuase dal fare il cretino - anzi, forse mi istigò addirittura. Poi però mi feci quasi serio, facendole cenno di cominciare a camminare verso la fermata della metro per tornare a casa assieme e muovendo i primi passi.
«Sai, hai deciso di rispuntare proprio la sera giusta: Tommy sta già ordinando la pizza, e proprio ieri ho trovato una nuova serie su Netflix che possiamo cominciare assieme» proposi, sperando che quel piano per la serata potesse piacerle.
Altrimenti avremmo semplicemente potuto starcene in silenzio a fingere di vedere le stelle dalla finestra, oppure avremmo potuto scegliere di chiuderci in camera e raccontarci tutti i nostri segreti, come facevamo quando eravamo solo ragazzini.

Conoscevo troppo bene Lilian per sorprendermi della sua reazione quando le proposi di andare a casa mia e cenare assieme a Tommy e Robin, ma non mi scomposi troppo davanti a quel broncio tanto familiare che apparve sul suo viso; trattenni appena una risata divertita, mentre le circondavo nuovamente le spalle con il braccio e la avvicinavo a me.
«Facciamo così, Lils proposi apostrofandola con quel nomignolo che da anni mi implorava di non usare, troppo fiera del suo nome completo per rinunciarvi, «ormai ho detto a Tommy di prendere abbastanza pizza anche per me, e sai che questo vuol dire che ce ne sarà anche per te. Inoltre Robin è rimasta da sola tutto il giorno, devo tornare a casa.»
Sapevo quanto mia sorella detestasse starsene da sola tutto il giorno, anche se fingeva di esserne felice perché, citando ciò che mi diceva quando si sentiva di parlare, aveva a disposizione tutta la casa e poteva starsene tranquilla senza le mie chiacchiere; eppure, nonostante fosse così felice di passare la giornata in camera sua immersa nel silenzio, quando tornavo a casa dopo i turni più lunghi che coincidevano con le ore di lezione di Tommy non si separava da me per il resto della serata, restandosene in silenzio a guardarmi lavorare, oppure mentre scaricavo la tensione della giornata alla play. Per quanto volessi accettare la proposta di Lilian e andarcene da qualche parte da soli, come quando assieme a Malik sgattaiolavamo fuori dai nostri dormitori in piena notte, non potevo lasciare da sola Robin.
«Mangiamo la pizza con loro, standocene tutti insieme in salotto a guardare qualche stronzata in televisione, poi ce ne andiamo in camera. Non ti consiglio di salire sul tetto di casa mia perché sono abbastanza sicuro che moriremmo ancor prima di raggiungerlo, ma possiamo stare insieme. Solo io e te, come ti ho promesso.»
Ancor prima di aspettare la risposta, affermativa o negativa che fosse, della ragazza, mi incamminai verso un negozietto che avevo scoperto qualche mese prima, aperto tutto il giorno e con tutto ciò che poteva servire per una serata con la mia migliore amica.
«Ho anche una proposta molto più... indecente rispetto a starcene a fumare una sigaretta sul tetto» aggiunsi poi con aria maliziosa, cercando di non scoppiarle a ridere in faccia. Sapevo che non avrebbe creduto neanche per un istante che le stessi proponendo davvero qualcosa di diverso da una serata tra amici, ma mi ero sempre divertito a stuzzicarla, così come lei aveva cominciato a fare con me quando aveva mangiato la foglia.
«È qualcosa che non abbiamo mai fatto assieme, e credo che sia finalmente giunto il momento, dopo tutti questi anni» continuai imperterrito, lasciandola andare e aprendo la porta del negozio per farla entrare per prima, in un gesto galante che in quel momento sembrava perfino fuori luogo.
«Solo tre parole: fortino di cuscini.»

La risposta di Lilian alla mia proposta mi fece scoppiare a ridere rumorosamente senza che riuscissi a fare qualcosa per trattenermi, e mi ritrovai a scuotere la testa in segno di disapprovazione mentre passavo i soldi all'uomo alla cassa e prendevo le borse con le scorte di cibo e bevande per quella che sarebbe sicuramente stata una lunga notte. Mentre tornavo a rivolgere tutte le mie attenzioni alla ragazza il mio volto si fece più serio, e con un'espressione quasi arrabbiata osservai Lilian come se fossi in procinto di rimproverarla per qualcosa - e in effetti era proprio così.
«Lilian, non posso crederci» sbottai cercando di imitare il tono che suo padre assumeva ogni volta che doveva parlarci di qualcosa di serio, fallendo miseramente nel tentativo, «non pensavo che una signorina a modo come te perdesse il suo tempo a leggere dei libri così scandalosi! Sono molto, molto deluso da te.»
Quella sceneggiata non durò poi molto, ovviamente: ancora non avevo finito di parlare quando mi aprii in un sorriso rilassato e le offrì il braccio per afferrarlo e darmi così la possibilità di accompagnarla fuori da quel negozietto, cercando di capire assieme a lei come mettere effettivamente in pratica la mia proposta.
Mi rabbuiai appena quando Lilian mi chiese se mi fidavo a lasciare Robin da sola con Tommy, quasi come se lei stessa non credesse che fosse una buona idea. La guardai quasi sconvolto, senza però dire nulla per qualche istante, cercando di trovare il modo migliore per risponderle.
«Certo che mi fido di Tommy» alla fine mormorai, in un tono quasi neutro, sfilando il braccio dalla sua stretta per avvolgerle ancora una volta le spalle con delicatezza, «Robin comunque andrà a chiudersi in camera sua prima ancora di finire la pizza, quindi nessuno di noi la vedrà molto a lungo stasera.»
Il tono della mia voce si fece più cupo, e sperai che Lilian non se ne rendesse conto. Era ormai da qualche mese che Robin era tornata a essere più silenziosa e solitaria, e neanche io riuscivo più ad avvicinarla come un tempo; per quanto mi sforzassi di credere che fosse solamente una coincidenza, sapevo che aveva paura che mamma e papà si presentassero alla porta di casa per riportarci a casa e farla ripiombare in un inferno che avevo cercato di farle lasciare alle spalle - e tutto ciò perché aveva trovato la lettera che avevano mandato qualche mese prima, una lettera che speravo di aver nascosto accuratamente e che invece non aveva faticato a trovare.
Scossi la testa, allontanando quei pensieri e il malumore che solamente essi sapevano portare, tornando a rivolgere un sorriso sincero a Lilian mentre ascoltavo la sua proposta.
«Io direi che è meglio se andiamo a casa a piedi. Devo ricordarti cos'è successo l'ultima volta che ti sei smaterializzata, o è meglio di no?» risposi negativamente alla sua proposta, accennando al piccolo incidente che la ragazza aveva avuto qualche anno prima.
Era una bella serata, in fondo. Non ci avrebbe fatto male camminare un po'.