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Ari/Myles

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    Myles Marlowe21 y.o. - clumsy - sheet - aestheticArrivare a New York con le valige, Ari e l'intento di restare era stato paradossalmente più facile che andarci da solo, unicamente per qualche giorno e con l'intento di visitare il campus per convincersi che fosse la scelta giusta. In realtà a lui non era mai fregato poi molto, un'università valeva quanto un'altra ma solo se gli era data la possibilità di frequentarla con i suoi amici, così quel primo viaggio a New York lo aveva fatto solo per far contenta sua madre. Il fatto che Ari fosse arrivata con lui, quella volta, aveva reso il tutto decisamente più elettrizzante, anche se non meno spaventoso. Era stato incredibilmente poco significativo il tempo in cui era riuscito a risparmiarsi dall'entrare in una delle sue solite condizioni di panico. C'erano così tante cose da fare in quel posto e non parlava solo delle cose da vedere, dei numerosi parchi o siti in cui campeggiare nelle vicinanze che mai avrebbe voluto perdersi, ma anche delle necessità che sentiva di avere, delle abitudini che cambiando città rischiavano di sfumare nel nulla, rendendolo ancora più insicuro. Ma c'era Ari, era questo che continuava a ripetersi per calmarsi.
    Forse il suo panico si rifletteva già nei suoi messaggi su whatsapp, forse era per quello che Ari aveva interrotto i suoi disperati tentativi di sistemarsi in una nuova stanza per chiedergli di uscire, di trovare un nuovo pub che fosse il loro rifugio. Che poi anche quello lo mandava nel panico perché non sarebbe bastato un pub, dovevano trovare anche un nuovo parchetto, un nuovo spacciatore, riformare tutte le loro vecchie abitudini nel minor tempo possibile, prima di decidere di farne a meno. Ok, forse doveva solo stare calmo, lasciare la sua valigia ancora mezza piena nel bel mezzo di una stanza troppo ordinata per poterla sentire davvero sua e sperare che Mr Marlowe non la ribaltasse completamente in sua assenza. Doveva solo uscire con Ari, lei si che avrebbe saputo come affrontare una situazione come quella, anche se mai prima di quel momento avevano dovuto provare a farlo. Eppure lei sapeva sempre come risolvere tutto, anche quando le sue idee sembravano folli e poi si rivelavano folli veramente, lei comunque sembrava avere tutto completamente sotto controllo.
    «Giuro che sono in ritardo solo perché mi sono perso.» Incurvò le labbra in un mezzo sorriso incerto, consapevole del fatto che non avrebbe avuto bisogno di giurarlo perché Ari sapeva quanto il suo senso dell'orientamento fosse buono solo in mezzo a boschi e natura di vario genere. Ma conosceva anche la sua innata incapacità a fare o disfare una valigia, la perfezione con cui cercava ogni volta di mettere le cose al loro posto per poi farle sprofondare in un disordine che però conosceva e in cui sapeva orientarsi.
    «Non ho nemmeno disfatto la valigia!» E anche quello, lo sapeva, Ari avrebbe potuto prevederlo. Gli ci voleva un po' di tempo per ambientarsi, così quella gita assumeva le sembianze sia di una possibile salvezza che di una infinita perdita di tempo.
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    ari chase
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    Ci sono già milioni di cose che premono sotto la pelle e lasciano un prurito che chiede di essere tolto via, di essere grattato e soddisfatto insieme al fremere di dita che si agitano con quella sensazione che carica le ossa. È sempre così, per lei, è sempre quell’eccitazione di fondo perché è tutto così nuovo da non avere altro che mille e mille promesse che si fiondano una sull’altra per essere afferrate al volo. È una città enorme, quella, una città che si allunga in ogni direzione e si carica, o forse è solo lei a sentire quella scossa vibrante che si agita nell’aria come fosse un invito a premere di più i passi sull’asfalto per farli diventare una corsa sfrenata che asciuga i polmoni. È sempre stata lei quella a buttarsi nelle cose, quella che ha sempre preso tutto e senza farsi problemi, che nel nuovo e nello sconosciuto ha visto miriadi di mondi possibili lasciandosi andare a flussi invisibili come fossero una musica in sottofondo a chiedere solo ai piedi di muoversi a ritmo. È un po’ anche per quello che alla fine sono un match perfetto,perché si equilibrano fra di loro, perché se lei è pronta a prendere sfide e novità fra le mani come fossero carburante, Myles ha bisogno di una stabilità che si allunghi e li trattenga con i piedi per terra. Il che è un bene e lo sa, il che è esattamente quello che le serve a non perdersi un po’ troppo facilmente fra milioni di cose senza mai arrivare a nessun punto. Il che è anche un po’ il motivo per cui è lì, il corpo che si muove mentre si alza sulle punte e torna a terra con i talloni in un movimento perpetuo che accompagna il collo che si stira, di tanto in tanto, allungandosi per cercare fra troppe sagome quella che conosce da sempre e potrebbe riconoscere anche a chilometri di distanza. È contenta che sia con lui in quella nuova avventura, quella così diversa da tutte e che ha un sapore dolce sulla lingua, un pizzicore appena, come una pagina che viene girata per proseguire in un capitolo lunghissimo che forse, forse, è il primo di una nuova parte. Sorride di più quando lo vede da lontano, si appoggia del tutto ai talloni scuotendo la testa ancora prima che arrivi, lasciando che sia un moto che è fintamente arrabbiato per un ritardo che, sotto sotto, si è aspettata perché alla fine è sempre così ed è sempre lui, una di quelle costanti che è bello avere ferme nella vita. «Va bene, va bene. Per questa volta ti perdono ma mi offri una birra come penitenza» arriccia appena le labbra in uno schiocco di lingua sul palato, stringendo la mano a pugno per colpirlo non davvero, ma imprimendo le nocche piano sulla spalla mentre si aggiusta lo zaino con l’altra mano. Neanche lei ha ancora disfatto la valigia, questo è da dire, ma la sua è solo una pigrizia che non è neanche quello, piuttosto un sovraccarico che le impedisce di pensare di sprecare tempo a togliere vestiti per impilarli in un ordine che, tanto, durerebbe solo qualche giorno prima di essere il solito ammasso caotico. «Neanche io se è per questo, ho deciso di adottare la tecnica “la disfo man mano che mi servono le cose”, che secondo me è perfetta» infila il telefono in tasca scostando le auricolari dall’orecchio, lasciando che pendano dal collo mentre piega la testa di lato per guardarlo ancora. «Allora, andiamo? Ho trovato un posto che sembra molto carino, l’ho segnato su map, un’applicazione utilissima che dovresti provare mr non ho assolutamente idea di cosa sia il senso dell’orientamento»
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    Myles Marlowe21 y.o. - clumsy - sheet - aestheticEra inevitabile la familiare sensazione di tranquillità che placava le tempeste nella sua mente e nel suo stomaco in subbuglio nel momento stesso in cui il suo sguardo incontrava la figura impaziente di Ari, la sua smorfia teatralmente corrucciata e i suoi occhi limpidi e pieni di nuove promesse. Era strano che fosse proprio la sua incapacità di stare ferma a tranquillizzarlo, che la sua fretta e l'impeto con cui affrontava ogni situazione di pancia lo rendessero così sicuro, eppure erano anni ormai che aveva imparato a conviverci e insomma, chiedersi come mai un rimedio funzionasse non sembrava essere proprio un approccio positivo alla vita.
    «0.82 secondi che ti ho vista e ti sei già guadagnata da bere, stai migliorando.» Perché lo sapeva che nel tragitto fino al pub avrebbe trovato almeno altri dieci motivi per farsi offrire una birra, quindi tanto valeva accontentarla subito. Nemmeno gli pesava, in fondo, era il suo modesto modo di ringraziarla tacitamente per il fatto di averlo tirato fuori da quel momento di sconforto. Era come un patto segreto, il loro, un patto mai sancito ma comunque presente in ogni giorno della loro vita. Ari lo aiutava con le sue paranoie e con il disagio che provava nei confronti del mondo e lui... bhe lui era un buon amico, o almeno era abbastanza buono da meritarsi di trascorrere con lei praticamente ogni giornata da quando erano bambini.
    «Non invidio la tua compagna di stanza. O forse sì.» Ricambiò quel pugnetto sulla spalla, assicurandosi praticamente di sfiorarla e basta prima di fingere una smorfia ferita nel sentire le sue successive parole. Non era così male di solito, aveva solo bisogno di un po' di tempo per ambientarsi e poi quei casermoni dei dormitori erano pieni di corridoi tutti uguali, di porte tutte uguali e di persone, era praticamente impossibile orientarsi così, al primo colpo.
    «Si possono segnare le cose su map?» Insomma forse non conosceva tutte le sue funzioni ma il punto era che la usava anche lui, così come le altre applicazioni base salvate sul suo telefono, probabilmente da Ari stessa tra l'altro.
    «Cazzo, chissene... andiamo.» Scosse appena le spalle per darle una leggera spinta verso l'uscita di quel caotico campus universitario, spuntando dopo pochi passi a Central Park. Quel posto non gli piaceva, era troppo grande, troppo vuoto, lì dentro sarebbe stato impossibile trovare un angolo che fosse loro.
    «Dobbiamo anche trovare un nuovo parchetto.» Era importante cazzo e non intendeva solo un luogo in cui potessero fare tutto ciò che volevano e creare ricordi indelebili come erano abituati a fare a Londra, ma anche che avrebbero dovuto procurarsi dell'erba, qualcosa da bere, che avrebbero dovuto invitare gli altri non appena lo avessero trovato. Insomma, il genere di uscita che piaceva a lui. Ma per il momento si sarebbe accontentato di un pub, fidandosi ciecamente di Ari e lasciando che facesse strada, un po' come sempre.
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    ari chase
    22 y.o.
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    Sono sempre stati un po’ agli opposti, anche se poi non troppo, o forse è solo che lo sono nel modo giusto, quello che non allontana ma unisce e sa essere conforto e sicurezza. Alla fine lo sa che è anche un po’ il fatto che non sia lì da sola a impedirle di essere agitata, a non farle sentire il peso di un oceano enorme a separarla da lembi di terra conosciuti e in cui sa come muoversi. Non è davvero spaventata, perché non sa trattenere l’eccitazione che si apre nel petto in respiri che premono per venir fuori, ma sa anche che c’è un conforto innegabile nel sapere di avere comunque sempre un punto, uno che sia fermo e lì e che conosce, che non è lontano o sperso chi sa dove, ma abbastanza vicino da poterlo afferrare allungano appena la mano. È la loro avventura, in un certo senso, una nuova che corona tutte quelle precedenti, una che deve solo avere il tempo di partire, di infilarsi fra le ossa con la dolcezza di un’abitudine frizzante così che possa sentirla anche lui, dopo essere ambientato fra le sue spire e le sue linee. «Tutta la mia vita non ho fatto altro che allenarmi per scroccarti da bere, non lo avevi capito?» gli strizza appena un occhio, si alza di nuovo sulle punte incurvandosi appena mentre lascia andare un respiro che trascina il suono di un sorriso fra le labbra. Muove qualche passo tenendo i suoi con naturalezza, trattenendo per qualche secondo gli occhi sull’ondeggiare dei piedi come fossero sospesi su un filo a strapiombo sul nulla, un gioco d’equilibrio che lascia andare dopo qualche secondo trattenendo lo sbuffo di una risata fra i denti mentre alza appena le spalle. Lo sa che alla fine ha bisogno di tante piccole certezze, punti saldi che sappiano ritagliare spazi sicuri così che possa sentire sua anche quella città, farlo attraverso piccole cose che può stringere fra le dita come fossero tesori inestimabili. «Per quello secondo me ci conviene puntare più lontano dal centro» alza appena lo sguardo mentre mette un piede di fronte l’altro prima di spostare di nuovo gli occhi su di lui con un’alzata di spalle. È più probabile trovare un punto che possa avere quello stesso aroma lontano dalla frenesia di un città che brulica di vita, che non sembra sapersi acquietare neanche per lasciare un piccolo spazio che sappia essere un ritaglio leggero. «Ho visto che ce ne sono davvero tanti però, quindi non dovrebbe essere un problema» gli sorride appena di più mentre stringe le mani sulle cinghie dello zaino, tirandolo un po’ su in un moto che è solo espressione di movimento. «Vedrai che alla fine sarà tutto molto figo, ci si deve solo ambientare un po’, trovare il giusto ritmo e cose così»
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    Myles Marlowe21 y.o. - clumsy - sheet - aesthetic«Oh, ci toccherà un'esplorazione allora.» Accompagnò con una smorfia di buffa fiducia quella frase che era un modo come un altro per farsi piacere a forza una città piena di grattacieli e frenesia, di un grigio che sembrava avere la meglio su ogni cosa, un po' come lo smog tra le vie di Manhattan. Ma era abituato a farsi andare bene ogni cosa, a cercare a tutti i costi il lato positivo che avrebbe dissipato i suoi dubbi e che gli avrebbe dato modo di ambientarsi anche in quel posto nuovo. Gli veniva semplicemente naturale, non perché di suo fosse una persona particolarmente ottimista ma più che altro per un senso di autoconservazione che gli avrebbe impedito di entrare in un familiare stato di panico più spesso del dovuto e di essere un enorme peso per tutti coloro che lo affiancavano. In fondo erano in America, circondati da meravigliosi parchi naturali a poche miglia di distanza e da fast food che superavano di gran lunga il tanto amato McDonalds. Un sacco di lati positivi, infatti.
    «Se lo dice Ari, mi fido.» Ed era vero, perché tanto era lì con lei e allora le cose non potevano cambiare poi molto. Aveva i suoi amici, Mr Marlowe, un'altra università in grado di metterlo più in ansia che altro e tante piccole abitudini che avrebbero riconquistato strada facendo. Le sorrise, più fiducioso, mentre con le dita si impegnava a tirare su una sigaretta prima di raggiungere il pub. Alla fine tutto ciò che poteva mancargli era l'apprensione dei suoi, in particolare di sua madre, ma temeva che anche quella lo avrebbe raggiunto a colpi di videochiamate e messaggi un po' troppo frequenti.
    «Mia madre ha detto che se ne abbiamo bisogno posso prendermi una macchina.» Sua madre diceva un sacco di cose ma ogni tanto anche qualcosa di realmente utile. Certo non si sarebbe aspettato niente di che, magari un rottame simile a quello con cui andava in giro a Londra, ma di certo sarebbe bastato per allontanarsi dal caos di quella città per esplorare l'enormità che li circondava.
    «Giuro che non voglio scappare di già.» Le sorrise leggermente a disagio, accompagnando una ciocca ribelle di capelli scuri fino a dietro l'orecchio prima di riportare lo sguardo sulla strada trafficata che stavano percorrendo.
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    ari chase
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    Quella è davvero la notizia. Se il problema di quella città è un grigio caotico e impersonale, lo stesso non può dirsi di tutta l’America, un posto enorme pieno di spazi che si aprono come fossero oasi in mezzo al cemento. Il pensiero di poterli raggiungere con una macchina si fa sorriso sulle labbra mentre trattiene appena l’aria, girandosi con uno scatto verso di lui. È una sequela di pensieri che già arrivano alla testa, spingono scenari in cui possono spingersi per non sentire più nessuna costrizione, per trovare posti che siano un rifugio o una fuga se mai ne avranno bisogno. O solo l’esplorazione di posti nuovi e immersi nel verde, nella natura sconfinata di montagne ed alberi che possono ospitarli per qualche giorno in una tenda ed in un silenzio che in qualche modo porta con sé l’odore di casa. È difficile nasconderlo quando il volto le si illumina e si lascia andare ad un passo che più simile ad un salto che altro. «Sei serio? Cioè, davvero preme una mano sul braccio voltandosi con uno scatto per mettersi di fronte a lui mentre continua a camminare all’indietro, girando ancora mentre alza un pugno al cielo con fare scenico. «Tua madre è la migliore, dico sul serio. Ma ci pensi una macchina? Hai idea di tutte le cose che potremmo fare con una macchina?» alza le mani al cielo tirando le braccia prima di farle ricadere ai fianchi fermandosi solo un secondo per aspettare che siano di nuovo fianco a fianco prima di riprendere a camminare. «Ci sono tipo moltissimi posti in cui dobbiamo per forza andare appena la hai, ma veramente troppi» è proprio quello che ci vuole ad entrambi, può sentirlo con la precisione di una scarica che sa di elettricità fra le ossa e la scuote in una frenesia che le lascia ancora il sorriso ancorato alle labbra. È quello che ci vuole per assaggiare davvero il sapore di una libertà sulla lingua, perché ci siano tante altre cose per loro, piccole abitudini ritagliate lontane da una metropoli che possano essere un conforto da stringere insieme. «Sai che facciamo? Appena arriviamo al pub iniziamo a scegliere un po’ di posti in cui poter andare che so durante le vacanze. Posti in cui possiamo campeggiare, sì?» torna a guardarlo portandosi i capelli dietro le orecchie senza neanche provare a nascondergli l’elettrizzazione che ha nello sguardo al solo pensiero, perché alla fine sa che anche a Myles l’idea piacerà quanto a lei.
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