Naked Singularity

Cornelius & Riley, 20 agosto 2019

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    cornelius bates

    ■ the tiger ■ pure34sheetmusic

    Un tonfo sordo contro la parete.
    Un sospiro ansimante.
    Il sudore che unisce due corpi.
    I vestiti, quei pochi che rimangono, che si sfregano l'un l'altro.
    Le braccia che stringono per fare male.
    Dolore.
    Piacere.
    Violento risentimento accentuato dalla mancanza di un ricordo, di un'esperienza mai avuta, di un destino segnato dalla morte.
    Quando giunge a compimento sbatte la mano contro la parete in un gemito affaticato, mentre chi sottosta al suo potere sembra raggomitolarsi in una posa di dolore e fatica.
    Dolore fisico di uno, spirituale dell'altro.
    Fece un passo indietro per ricomporsi, passarsi una mano sui riccioli rossicci, carezzarsi il viso come a volersi mettere in ordine la barba. Lo guardò issandosi i pantaloni come se fossero un fardello, chiudendoli sul corpo nudo prima di stringere la cintura ai fianchi stretti. Non disse nulla, osservandolo ingrigirsi di piacere. Inclinò la testa, facendo di nuovo un passo avanti per poggiare una mano sul viso arrossato e con un accenno di livore del giovane.
    I suoi capelli biondi.
    La sua barbetta incolta.
    Gli passò una mano fra i lisci capelli, un po' umidi di sudore in una carezza quasi umana, scostandoli da un lato con fare distratto come a volerli mettere in ordine: "vestiti. Ti ho trovato un lavoro." Lo sguardo del giovane si illumina, gli occhi pallidi ritornano languidi com'erano prima d'impattare malamente contro la parete vittima di dolorose spinte che ancora gli facevano tremare le gambe. Mormorò piano qualcosa di indefinito, senza aiutarlo ad alzarsi, pensando a quanto la sua vita sarebbe tornata noiosa una volta che quel giovane non sarebbe stato più alla propria mercé.
    C'era una preda più interessante da catturare.
    Al Pendragon la gente sembra fargli più schifo di quei disadattati che vede girare per il Felix. Quelli che sbavano alle bariste come se la loro saliva potesse in qualche modo renderli attraenti non erano tanto diversi da quegli uomini. L'unica differenza era l'involucro di giacca e cravatta che, quella volta, non indossava nemmeno lui. Una giacca di pelle, una maglia bianca con al di sotto le sue solite collane (due targhette da militare ed un dente di tigre). I capelli questa volta non impomatati, lasciati ribelli nei suoi riccioli e ancorati alla testa con i suoi soliti occhiali bordati di tartaruga. "Riley Colroy. Avevamo un appuntamento." mormorò al buttafuori, quasi intenerito dal fatto che non riconoscesse le tre cicatrici sul suo volto che facevano sempre parlare di sé ovunque andasse. "dite che lo cerca Cornelius Bates."

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    Edited by ( : - 17/3/2020, 13:45
     
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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    È a parlare con il ragazzino che gli ha mandato Cornelius quando qualcuno lo viene a chiamare costringendolo ad interrompere il discorso che si era preparato a puntino qualche giorno prima. Lascia roteare gli occhi senza muovere un muscolo del proprio corpo, degnando quello che è il bodyguard di turno quella sera di un solo sguardo. ''Va bene così, credo che tu abbia compreso a pieno l'importanza del tuo ruolo.'' Aggiunge in conclusione a Lucian, lanciando nel medesimo istante una frecciatina all'uomo che ha appena fatto irruzione nella stanza. ''Ci vediamo domani sera.'' Continua avvicinandosi a Jonas, per poi chiedergli chi è a desiderare la sua presenza e ritrovarsi ad distendere le labbra in un leggero sorriso quando viene a scoprire che il malcapitato non è altri che l'illustre signor Bates. Riley trova divertente come quanto poco tempo sia passato dall'ultima volta che si sono visti e come egli deve aver ceduto immediatamente alle proprie pulsioni sessuali le quali, il giovane Colroy non sa se vorrà soddisfare o meno. Allora congeda Lucian e Jonas con un gesto veloce della mano e prende a percorrere il corridoio in lunghe falcate, come uno spettatore appassionato il quale non vuole perdersi il proprio reality show preferito. Ed è proprio nella folla che scorge i suoi ricci asimmetrici, che alla vista un po' lo infastidiscono, perché capaci di ricordargli i capelli di Nathaniel che vanno a scompigliarsi durante il sesso e di come ciocche pesanti ed ondulati vadano a coprirgli la fronte imperlata di sudore. Eppure non è solo: con lui c'è il suo toy boy, il ragazzino che con premura si è affrettato a nascondere dalle sue grinfie. Ma Riley ne ricorda bene il taglio degli occhi e quell'espressione figlia della paura e dello stupore stesso. Quel ragazzino gli ricorda vagamente la Dorothy bambina che si è sforzato di crescere a propria immagine e somiglianza, come fosse una figlia, seppur siano pochi gli anni di differenza che intercorrono tra i due. ''Cornelius.'' Il suo tono si mostra deciso e pronto a fingere un pizzico di stupore. ''Vedo che non sei riuscito a trattenerti per molto.'' Poi lascia scivolare lo sguardo su quel ragazzino che, accanto a lui, quasi gli fa pena, tanto che per la prima volta in tutta la sua vita si sforza di non vedere come mera merce da contrabbando. E per un breve ma piccolo istante, quasi gli viene facile credere che Lucian sia stato un acquisto migliore, seppur scelto come seconda scorta. ''Qual buon vento ti porta qui?''
    Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
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    cornelius bates

    ■ the tiger ■ pure34sheetmusic

    Osserva il giovane biondo al suo fianco del quale carezza la schiena come se fosse il suo cucciolo. Le mani scivolano qua e la, dalle spalle alla schiena, ad un po’ più sotto dove non può arrivare per questione di fisica ed altezze, e nonostante questo si guarda intorno, alla ricerca dello sguardo di qualcun altro dai capelli biondi, in arrivo all’orizzonte. Il Pendragon fa odore di esseri umani e Vodka alla fragola, che gli pizzica il naso come l’odore d’acqua di colonia di Riley che si avvicina rapido come il suo corpo statuario stretto nei vestiti un po’ meno eleganti di quelli che indossava all’Imperial.
    «Riley», esordisce un attimo dopo, alzando le spalle come se fosse costernato: «come potrei trattenermi» aggiunse un attimo dopo, lasciando scivolare piano la mano sul volto del giovane ragazzo come se con quelle dita affusolate potesse nascondere l’oscurità della pelle del suo volto, con gli occhi che vagavano a destra ed a manca alla ricerca di persone e di segnali e che, poco dopo, tornavano a guardare il viso di Cornelius. Sembrano non scollarsi l’uno dall’altro: fanno lo stesso odore, hanno gli stessi tempi di movimento, di respiro, non è difficile individuare che abbiano avuto più momenti di comunione dei corpi e, perché no, dell’anima.
    Eppure, è impossibile per Cornelius contenere quell’escandescenza che lo caratterizza e proprio per questo motivo carezza il suo volto come a voler cancellare la pelle rotta nei suoi capillari più esterni per colpa di gesti più irruenti che d’amore. Il ragazzo nota in lontananza Lucian, di sfuggita, che si allontana fra un lato e l’altro del Pendragon circondato da signorine che il ragazzo guarda con la coda dell’occhio, a testa bassa.
    «Volevo offrire qualche tuo servigio femminile al mio... amico» mormorò, stringendogli la nuca con una mano prima di far schioccare la lingua: «saluta, Maurice…»
    Il ragazzo alzò lo sguardo azzurro in direzione di Colroy, con lo sguardo irrimediabilmente smaliziato che sapeva piacere tanto a Cornelius, sperando in qualche modo di ribadire il proprio ruolo anche nel nuovo interlocutore del suo padrone.
    «Ha bisogno di un po’ di riposo, il ragazzo. E magari, nel frattempo, possiamo parlare.»

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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    Ha uno sguardo attivo e vigile, pronto a ricoprire la figura di Cornelius centimetro per centimetro. Lo studia, così come fa con il ragazzino che porta con sé, il quale si presume essere l'ennesimo dono lasciato al suo cospetto. Nota le ecchimosi, piccole rose incise su di una pelle quasi scarlatta e questo lo porta a sorridere, sentendosi potente al solo pensiero di poter strappare dalle mani di Cornelius un così delicato oggetto usa e getta.
    ''Servigio femminile.'' La sola idea che un ragazzino del genere possa passare da Cornelius ad una delle sue ragazze lo fa quasi ridere. Ma in fin dei conti chi è lui per poter decidere quanto possano essere legittimi i bisogni altrui...specie se poi questi richiedono una determinata somma di guadagno. Passa la mano sulla spalla del ragazzino, come farebbe un padre apprensivo o qualsivoglia persona cerchi in qualche modo di mostrare superiorità e al col tempo protezione ad un altro essere vivente considerato non propriamente del medesimo livello. E la muove con delicatezza, cercando tra la folla Dorothy, forse conscio che a Maurice potrebbe far piacere scambiare quattro chiacchiere con chi, contemplando Dio, potrebbe stimolare in lui la speranza di non essere soltanto uno degli innumerevoli oggetti sessuali di Cornelius, ma una persona, viva e pregna di qualcosa che ancora fatica a conoscere. Allora fa un cenno alla ragazza, la quale è solita precipitarsi da Riley al suo primo sguardo. ''Betty.'' La chiama con il nome d'arte nonostante non gli piaccia affatto porla allo stesso livello di qualsivoglia prostituta presente in quel posto. ''Gentilmente, fa compagnia al nostro giovane Maurice.'' Continua facendo pressione con i polpastrelli contro la sua schiena, osservandoli allontanare e presumibilmente, raggiungere uno dei luoghi più tranquilli del locale, in cui sedersi, assumere dell'empatina e piangersi addosso. ''Cosa ti porta qui, Cornelius? La curiosità di un giro panoramico a casa Colroy?'' Il Pendragon potrebbe essere un locale come tanti altri, laddove l'oscurità viene interrotta da neon luminescenti ed i corridoi nascondo porte, camere laddove i clienti pagano più di quanto dovrebbero per un servizio vergognoso. Quelli sono gli stessi corridoi in cui si è fatto seguire da Nathaniel, laddove, al piano superiore ha lasciato che qualcuno giocasse attivamente col proprio corpo: manovrandolo, piegandolo al sol bisogno di generare quello stesso piacere che Riley tendeva a ricercare passivamente, quasi stufo della normalità di quei momenti così intimi. Con un cenno del capo gli fa cenno di seguirlo, perdendosi immediatamente nell'oscurità di corridoi così stretti da mischiare pelli ed odori.
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    cornelius bates

    ■ the tiger ■ pure34sheetmusic

    «Casa Colroy odora di bruciato», mugugnò l’inglese, inspirando lentamente l’aria all’interno della sala principale, consapevole che si trattasse di un netto richiamo alla natura draconiana della famiglia. Non pensava che, fra tutte le persone della malavita, avesse avuto l’interesse e il desiderio di intrattenere relazioni e legami con un wesen. Eppure, l’interesse di quel momento sfumò con un sorriso di sfida. «Per un tiratore scelto è un po’ come tornare a casa» sussurrò, vedendo Maurice allontanarsi al fianco di Betty, una delle sue puttane «la guerra.» Puntualizzò, consapevole di non incutere timore nel proprio interlocutore, ma sicuramente certo di sottolineare le proprie origini di soldato.
    Nonostante tutto, nonostante Ezra forse gli avesse risvegliato un certo livello di odio nei confronti del genere femminile o, piuttosto, del rinchiudere troppe donne nello stesso luogo, decise di annuire alle parole del padrone di casa: «un giro della casa non sarebbe male. Magari potrei passare a salutare la tua bella sorella.»
    Sorrise, portandosi alle labbra una sigaretta: «la sua bellezza la precede, ma non ho avuto ancora l’onore di incontrarla... Posso fumare?»


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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    Gli sorride accondiscendente portandosi la sigaretta alle labbra per così fare un lungo e profondo tiro. Le schiude quando permette al fumo di fuoriuscire dai polmoni e lascia schioccare la lingua contro il palato, annunciando all'ospite il piacere di ritrovarsi a dialogare su argomenti comuni per così aggirare i reali motivi che l'hanno costretto a metter piede nella sua dimora. Non gli dispiace averlo lì, pronto ad alleviare le sue noie quotidiane, specie quando l'unico piacere tangibile resta sempre la cocaina. ''Casa può essere qualsiasi luogo in cui decidiamo di insidiarci con determinazione, Cornelius. Come lo possono essere le gambe di una donna. Come lo è il Pendragon per te, da adesso.'' Perché se egli ha deciso di spingersi così a lungo lontano dal Felix, è solo perché sta cercando altri territori in cui insidiarsi. Come un parassita, una biscia che sa costruirsi la propria tanta sotto un masso e scava, scava, fino a che di lei non sarai costretto a percepire la presenza ovunque ti giri.
    Eppure le sue parole sanno di invito, di conferma che la sua presenza, lì, ancora non sa creare il giusto squilibrio. E Cornelius potrà tornare, se ne ha voglia, a marcare il territori di un nemico che sa sorridergli sotto neon che sanno deformare facce e nascondere reali intenzioni. ''Mia sorella non c'è.'' E non ha intenzione di accertarsene, perché sa quanto gli brucerebbe saperla al centro di un'attenzione che crede debba spettare a lui di diritto. Perché Emma va tenuta nascosta, lontana da chi potrebbe compromettere le sue capacità. Lontana da chi potrebbe in qualsiasi modo fotterle il cervello. Mentre lui se lo lascerebbe fare per lei. Lascerebbe che la vita lo costringesse ad andare a puttane, a ricredersi, anche quando fa male e l'orgoglio viene costretto a rimodellarsi al caos. ''Sei costretto ad accettare la mia compagnia.'' E tira fuori lo zippo dal taschino della giacca, per così avvicinarglielo al volto e permettergli di fargli l'onore di potergli accendere la sigaretta. Perché anche quella è una premura, come la mano che accompagna la fiamma e la copre, affinché null'altro possa bruciare. ''Posso offrirti del rum?'' E gli fa cenno di seguirlo oltre il corridoio, presso l'ufficio ai piani superiori.
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    cornelius bates

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    Cornelius fece schioccare la lingua sui denti con un sorriso malevolo sul volto deturpato: «parli come se davvero ti piacessero le gambe di una donna», ridacchia, a bassa voce e sprezzante. Se da un lato sapeva di stare facendo quella battuta senza reale interesse, dall'altro era certo che qualcosa dentro di lui l'avesse spinto per placido interesse a domandare. Forse, dopotutto, non poi così placido. Morboso, geloso, desideroso, fate un po' voi. A lui, in realtà, le gambe di una donna non erano mai dispiaciute, anche se sapeva di non poter trasporre tutta la sua rabbia su di essere: un uomo poteva attutire i suoi colpi, goderne appieno, una donna - per quanto forte e tenace - non meritava un simile trattamento. Si leccò le labbra, mordendosi poi quello inferiore con famelico sguardo. Intorno a lui, donne e uomini, deliziatrici e delizianti, procedevano nel loro lavoro come se nulla fosse, come se la vendita del proprio corpo per il godimento altrui fosse soltanto una silenziosa professione come le altre.
    Avvolse un labbro su se stesso, inclinandolo verso il basso in un'espressione rammaricata nel sentire dell'assenza della bella Emma. Bella, anche se dannatamente puzzolente di quell'olezzo di wesen, «volevo parlare con il vero capofamiglia» aggiunse un istante dopo, sorridendo con placida malizia, alludendo all'importanza che - per lui - aveva quella donna e quanto maggiore a quella del fratello fosse. Aveva sempre avuto un grande senso di rispetto per le donne al comando: Esther lo era sempre stata, aveva sempre comandato lei in ogni circostanza, anche quando aveva deciso di porre fine alla loro lunga relazione.
    «Vorrà dire che mi accontenterò di te», aggiunse, come se gli desse realmente fastidio. Quando il calore della fiammella fece capolino fuori dall'accendino, un sorriso delicato allungò le labbra dell'inglese che strinse con più forza la sigaretta fra le labbra per avvicinarla al placido fuoco ed inspirare forte la nicotina.
    «Puoi offrirmi ciò che vuoi», rispose quindi, malevolo, avviandosi insieme a lui verso il corridoio.

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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    Si appartano nell'ufficio che si trova al secondo piano partendo dal corridoio. La porta gliela chiude alle spalle con una leggera mandata, affinché del Pendragon egli possa conoscere solo quell'anfratto e non un mondo che sa appartenere a chi la sua figura non saprebbe accettarla così agilmente nel proprio territorio. A Cornelius deve bastare quell'ospitalità che fa distendere sul molto di Riley un sorriso cordiale e pulito, perché non esiste violenza che sappia uscire fuori dagli argini di una cordialità naturale, insita nelle buone maniere di una famiglia che ha sempre fiancheggiato l'impegno lavorativo all'educazione. ''Se così non fosse sarei un amante terribile. Prego, accomodati.'' La sigaretta la tieni serrata tra gli incisivi e ad ogni passo ne sbuffi via un po' di fumo, che le mani sono troppo impegnate a reggere bicchieri di cristallo e bottiglie di rum così invecchiate da essere pregiate. E lo sfarzo va bene quando ne approfitti degli avvenimenti che la vita ti pone dinanzi per rispondere con capo chino ad ordini che ti vengono impartiti dall'alto. ''Perché volevi mi sorella?'' Ti urtica sentirti dire che sei solo il rimpiazzo di qualcosa di eccelso, seppur tu sia conscio della grandezza di Emma Colroy e la stimi al tal punto di averle chiesto di prendere il tuo posto. Perché tu che la violenza la lasci incastonata tra un muscolo e l'altro sai quanto sia debole un pugno ostentato con rabbia al cospetto di una mente lucida e sicura nelle proprie connessione neuronali. ''Le volevi raccontare com'è che ti stanno andando gli affari al Felix?'' Gliela butti lì, riempiendo due bicchieri fino alla metà, conscio di come quel 5 agosto abbia ribaltato ogni carta in tavola. Perché c'è una rabbia tangibile tra i Jackals ed una voglia viscerale di farsi largo laddove i territori erano stati spartiti da linee invisibili. Ora non c'è più neutralità che regga, perché Cornelius stesso, seppur inconsapevolmente, già sa di appartenere a Dean Gallows. E Riley la conosce la morsa dei Jackals: Se le ricorda bene come quelle mani sanno infilarglisi lungo petti squarciati e lembi di pelle grondanti di sangue. Perché l'abbraccio di Dean è sempre presente e più egli fa un passo in avanti, più la presa si stringe. ''Brindiamo, amico mio.'' Lascia scoccare la lingua contro gli incisivi, pacioso nello sguardo attento che gli riserva e che un po' s'assottiglia come per catturare l'immagine di un corpo marmoreo, levigato. ''Al Felix, che non s'ha più da essere neutrale.''
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    «Che succede, sei geloso di tua sorella, o di me?» sospirò, cogliendo quell'incrinarsi nella sua voce come un richiamo alle armi della sua fastidiosa malizia. Lo guardò nuovamente, sentendo le labbra sforzarsi di non sorridere, mentre gli occhi scivolavano ad accarezzare il corpo di lui come se da essi dipendesse ogni suo attimo di vita. Un sorriso delicato, mentre si avvicinava a lui per correre con la mano a toccare quel bicchiere che ancora era riscaldato dai suoi polpastrelli sapienti. Lo guardò negli occhi, sorridendo di un placido e maligno piglio malizioso, sorridendo con un piacere profondamente arcano e reale. Umano. «Gli affari al Felix vanno come devono andare» , sorrise, osservando ogni angolo della sua pelle, un sorriso delicato che cingeva il suo viso delicato. Percepiva ogni gesto plateale dell'uomo come un richiamo ad ammirarlo, guardarlo, bearsi della sua splendida fattezza statuaria, i muscoli levigati da un manto di tessuto che li avvolgeva appena: camicia, pantaloni, splendido.
    Cornelius non disse molto, sentendo le sue parole colpirlo come qualcosa che non si aspettava di ricevere. Gli occhi verdi corsero rapidi in direzione dell'uomo, aggrottando l sopracciglia e concedendosi un sospiro quasi indisposto: «Il Felix è il paradiso dei neutrali, perché dovrebbe smettere di esserlo?» Sorrise, ammiccante.

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    Riley Colroy

    ■ 30 y.o ■ Pappone ■ Wesen ■

    Per quanto la vita in famiglia ti è sempre stata un po' stretta, noti di provare del piacere sincero quando guidandolo nel tuo territorio lo inviti a sedere come se il tuo più che un invito fosse una concessione clemente. Perché di questi luoghi ne sei il padrone e lo sei anche di quella sicurezza che ti si va a cucire addosso quando riempiendo di nuovo due calici li posi sui sottobicchieri di legno, sedendoti a pochi centimetri di distanza. È un piacere che sa scorrerti sotto pelle e che finisce per scoprire un sorriso che ti si staglia come un taglio preciso sul volto. Ti gonfia appena gli zigomi, costringendo gli occhi a chiudersi appena. È tutta una questione di piccolezze che insieme vanno a costruire un'immagine, un desiderio. Te lo ripeti mentre quasi inconsciamente metti in atto i tuoi stessi insegnamenti, conscio di come un volto maturo ma pulito su di un corpo marmorei e ben vestito sappia attirare involontariamente l'attenzione di chi è nella stanza. Ed è questo che vuoi in fondo, che gli occhi di Cornelius vadano a soffermarti suoi tuoi e che il gesticolare del suo capo finisca per assecondare ogni tua parola. ''La gelosia è un sentimento sopravvalutato.'' Lo sai benissimo perché ne hai provata sin troppa durante il corso della tua esistenza. Lo sai perché è sempre da quella che è partito tutto: La gelosia è madre della violenza, della rabbia che non sente ragioni e della fisicità che eccita e al col tempo fa male. ''Ma se ti fa piacere posso dirti che mi da fastidio l'idea che mia sorella possa scopare proprio te.'' Gli lasci intendere che forse su quell'immagine perfetta hai già provato ad allungare le mani. Che con i polpastrelli un po' l'hai avvicinata a te e che è cosa comune che tutto ciò che passa sotto di te divenga poi oggetto del tuo desiderio. Lo hai sempre preteso senza farti troppi problemi né domandandoti se ciò potesse minare la libertà altrui. Lo hai sempre fatto con una foga che sa farti boccheggiare, come se in te vigesse il terrore di scoprire che qualcosa sa sfuggire dal tuo controllo. È una caratteristica del predatore, anche di quello alle prime armi. '' Perché ci siamo solo noi a Brooklyn adesso.'' I Jackals hanno preso tutto e lo hanno fatto rivendicando un uomo potente nel rispetto del suo splendore. ''E il Felix è su le nostre terre. Ma ci piace eh, è per questo che non abbiamo intenzione di buttarlo giù o di strappartelo dalle mani. Ma vedi, per usufruire dei beni di qualcuno si deve pur pagare qualcosina.'' Ti sbottoni il primo bottone della camicia ancora chiuso alla ricerca di un po' di comodità, scoprendo lembi in più di una pelle rosea e levigata. ''Vieni Cornelius, festeggiamo alla nostra amicizia.'' Dal taschino della stessa tiri fuori una bustina di coca, che in fretta ti accingi a tagliare proprio sul tavolo dinanzi a te. ''Che di certe unioni bisogna andare fieri.''
    Ma adesso portami a casa che mi spaventa l'inverno Le gambe stanno cedendo
    Non vedi che ho troppo freddo.
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