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.Erano passate meno di due settimane dal suo incontro-scontro con Allyn a New York ed era ancora scossa. Da allora, ogni mattina si svegliava con un'idea del fratello diversa e con un umore che cambiava di conseguenza. Per di più, ogni qual volta si alzava dopo una notte quasi insonne, scriveva un messaggio da inviargli, senza mai schiacciare l'icona dell'aeroplanino di carta; poi rimaneva a fissarlo per tutto il giorno, cancellandolo la sera.
Quella fresca giornata di aprile si sentiva in colpa, nonostante una parte di lei continuasse a chiedersi per cosa diavolo fosse dispiaciuta. Quando aveva bussato alla porta dell'appartamento di Al non aveva idea di come avrebbe reagito alla vista del ragazzo a distanza di anni. Alla fine, ne era uscita praticamente senza voce e con la gola in fiamme a causa delle urla e delle lacrime inghiottite a forza. Gliene aveva dette davvero di tutti i colori e, a quel punto, si chiedeva se quella fosse stata la risposta più efficace, dato che sembrava averlo allontanato nuovamente. Come esito di quello stato d'animo aveva digitato 'Mi dispiace per l'altra volta. Ti va di vederci?' mentre era ancora sdraiata sul letto, per poi chiudere l'applicazione. Oramai il tutto era diventato una sorta di routine e cominciava a domandarsi se non si trattasse semplicemente di senso di solitudine. In fondo, non aveva niente a che fare con quella città e rimaneva solo per la persona per cui vi era andata in primo luogo. Forse era proprio per quel motivo che aveva scelto di prendere una stanza in un albergo a Brooklyn, lo stesso quartiere in cui viveva lui, nell'attesa di trovare un posto fisso. In ogni caso, sentiva la necessità di prendere una boccata d'aria fresca lontano dall'intera zona e Central Park sembrava la scelta perfetta.
Durante il viaggio in metro guardò il cellulare un altro paio di volte, se aspettando che arrivasse il coraggio di schiacciare invio o nella speranza di ricevere una notifica all'improvviso senza che lei facesse nulla, questo non lo sapeva. Giunta alla sua fermata, lo cacciò nella giacca e iniziò a passeggiare con le mani in tasca. In poco tempo arrivò alla riva del lago, dove si fermò, appoggiando i gomiti sulla ringhiera. Chiuse gli occhi per un attimo e inspirò profondamente l'aria fresca del tardo pomeriggio nel tentativo di sgomberare la mente da ogni pensiero così da potersi godere l'assenza dei rumori delle auto, nonostante il suono di passi e le chiacchiere della gente. Riaprì le palpebre per osservare l'origine di tutto quel fermento e sorrise tra sé e sé. Certo era che non si sarebbe mai aspettata di riconoscere uno di quei volti che le sfrecciavano davanti, tant'è che per un secondo le balenò in mente il dubbio di avere le allucinazioni. "Berk?!" quasi urlò sorpresa quando si rese conto che quella era la realtà. Austin Berk era stato un grande amico durante i suoi primi cinque anni ad Hogwarts - nonché utilissima fonte di compiti da copiare - prima che venisse espulso e ne perdesse totalmente le tracce. "Quanto tempo è passato, sette anni? Cristo, è una vita! Non ti vedo da quando hai preso a calci in culo Bryce" sorrise al ricordo dei bei vecchi tempi e si fece scappare una risatina quando menzionò il compagno di Casa. Quel tipo le aveva sempre dato l'impressione di essere 'una viscidissima testa di cazzo' - come soleva soprannominarlo -, perciò quando le era arrivata all'orecchio la notizia era stata più che contenta di sapere cosa gli fosse accaduto. Si sentì anche orgogliosa di quel secchione del suo amico, era così felice che fosse riuscito a tirar fuori le palle per una volta. Aveva accolto la sua espulsione come l'ingiustizia che era e non avere più contatti con lui l'aveva fatta dispiacere parecchio. Avercelo davanti in quel momento le fece piacere nel modo più genuino possibile.© Noruwei
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