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TheFedIvan.
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©cornelius batesLo squadrò dalla testa ai piedi, mormorando qualcosa di incomprensibile, sussurrato a bassa voce. Sorrise con dolcezza, una dolcezza che mai aveva avuto nei suoi confronti, una vera gentilezza che - dal fondo del proprio animo - sapeva di dovergli concedere.
Concedergli un sorriso, una gentile movenza, una delicata carezza con le dita stanche di premere grilletti, fra i suoi capelli sudati. «Hai vinto almeno, stasera?» era una domanda alla quale sapeva già la risposta. Sapeva perfettamente di averlo visto perdere o, quanto meno, di averlo percepito perdere l’ennesimo incontro, osservando il corpo tumefatto di dolore e botte. Nessuno sembrava starli notando, ma nonostante quel posto fosse suo poggiò una mano sulla sua spalla per portarlo al piano di sopra del locale. La gente, rinchiusa in quel luogo, regno di Ezra, puzzava di omofobia e sudore. Se non fosse che il sudore non era prerogativa del violento Ezra, non gli avrebbe permesso nemmeno di avere quello spazio di truculenta mascolinità, ma sembrava quasi voler rispettare la visione antiquata che quell’uomo possedesse in cambio di una rispettiva fiducia.
Per questo strano collegamento psicologico fra i due uomini del locale, aveva deciso di portare rapidamente Rayon nella sua parte del locale. «Andiamo di sopra»
Con un ultimo sguardo aveva abbandonato il Fight Club, tenendo il ragazzo sotto braccio come se fosse suo figlio.
“
“A mind not to be changed by place or time.
The mind is its own place, and in itself
Can make a heav'n of hell, a hell of heav'n.”.