Ready or not

Ariel/Cornelius | Felix Felicis | Dicembre 2017

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    Non vorrebbe trarre vantaggio dall'addio dell'unica persona fidata che ha trovato tra le strade di New York eppure è un bisogno impellente quella che la spinge in un locale che è diventato familiare proprio grazie a Shaw. E ora che lui se ne è andato non sa guardarlo nello stesso modo, non sa trovarci il medesimo conforto ma solo la sensazione che potrebbe essere qualcosa di più. Perchè tra quelle mura che circondano la gente peggiore che abbia mai visto trova lo spiraglio per un nascondiglio che sia salvezza quando avverte la pressione di un inadeguatezza che la segue ovunque metta piede, perché ha bisogno di una via di fuga che metta un tetto e protezione sulle sue spalle quando non vuole girare per i corridoi del circolo o per le strade su cui si sente ancora troppo scoperta. E allora bussa a quell'ufficio come le è stato indicato e attende che dalla parte opposta giunga una risposta, varca una soglia che non sa di condanna come dovrebbe ma di riscatto e liberazione nell'essere esattamente ciò di cui pensa di avere bisogno.
    «Cornelius? Sono Ariel, l'amica di Shaw.» E sente che una presentazione sia necessaria quando la sua figura non si preoccupa di risultare cordiale, quando è vestita dalla solita smorfia sfacciata e la sua immagine si impone con spigoli nello sguardo e forme fin troppo esaltate da abiti stretti.
    «Sono interessata al posto da barista.»
    ©

    Edited by Patrizia. - 30/12/2019, 10:15
     
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    Cornelius Bates ▾ Sebastian Moran

    What immortal hand or eye / Could frame thy fearful symmetry?
    In what distant deeps or skies / Burnt the fire of thine eyes?

    Ancora non l’aveva mandata giù. Non gli era passato lo smacco di quel tradimento.
    Senza esagerare: non era stato un tradimento l’improvvisa scomparsa di Shaw dalla faccia della terra, dopo essere stata la prima persona che aveva apprezzato e portato con sé nel lavoro di quel tugurio. Era lì, con la consapevolezza di essere stato abbandonato e nonostante fosse un uomo fatto e vissuto era sicuro di sentire ancora della tristezza in quella sparizione. Aveva abbandonato ogni cosa, non si era fatto più sentire nemmeno dal suo capo - sapeva che chiamarlo amico sarebbe stato anche troppo - pur sapendo quanto pericoloso poteva essere pestare i piedi ad uno come Bates.
    Bates. Ancora gli faceva strano sentirsi chiamare con lo stesso cognome di Esther.
    Che non solo fosse il cognome di Esther era un dettaglio che, ogni volta che pronunciava il nome del suo più caro amico come se fosse proprio, gli provocava dolore. Il suo più caro amico.
    Dopo la sua morte e il congedo con disonore continuava a ripetersi quanto fossero soltanto cari amici.
    Sorrise, sentendo la porta aprirsi piano per rivelare una ragazzina. Piccola, bella, il suo volto deturpato dalle cicatrici che pulsano si distende e permette di portare i suoi smeraldi in direzione del suo viso: “Ariel, accomodati”
    L’aveva guardata come una tigre guarda la sua preda.
    “Sei così disperata da chiedere un lavoro in un posto di merda come questo?” Aveva portato alle labbra una sigaretta, l’aveva accesa ed aveva sbuffato la prima nuvoletta di fumo biancastro in un sol gesto.

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1 replies since 30/12/2019, 00:20   94 views
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