(Un)breakable

Nicholas/Abigor | 12 agosto | crossroad in central park | 1 a.m.

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    Si era informato. Era uno scontro di informazioni, si era piazzato in un incrocio, in una scatola d'ebano c'era qualcosa a cui teneva, un piccolo ricordo, il ricordo del peccato. La fece a piedi la strada. L'incrocio era stato scelto per due motivi: il primo era isolamento, aveva deciso un punto lontano da ogni altura, per quanto fosse possibile a New York e coperto dagli alberi. Stava andando a fare patti con un demone non sarebbe stato carino da parte sua essere trafitto nel mezzo di un discorso che doveva fare con quello che, a tutti gli effetti, doveva essere il diavolo in persona, o un suo emissario come minimo. Aveva portato anche con sè la sua bottiglia di limoncello nel beutel, sarebbe potuta essere utile per celebrare il post-accordo. Aveva attorno al braccio la sua solita ansia, guadava intorno a sè, era piena notte, era pronto ad attaccare ogni cosa si fosse mossa, aveva un coltello pronto ad ogni piè sospinto. Era pronto a ogni cosa, e probabilmente non sarebbe stato abbastanza. "Porca puttana che sto facendo? Qui finisco che muoio per davvero" pensò mentre le mani tremavano, era la norma da quando usciva solo una volta al mese se possibile, avrebbe giurato di prendere e urlare la sua frustrazione, ma per quello che voleva doveva attendere. Voleva la sicurezza e le informazioni, ma solo dopo la sua morte.
    Prese una pala ed iniziò a scavare per sotterrare la scatola di mogano. "Spero basti questo pezzo di fil di ferro, ha un valore sentimentale un bel po' alto, sono solo un umile mortale che cerca spazio per un patto." Disse mentre metteva la terra sulla scatola, sul suo peccato, lasciando che quella cosa fosse la prima cosa che la terra avrebbe ricordato di lui. Guardò in cielo. "Atena guidami" disse mentre evocava la sua lancia, la lancia splendeva ancora del bagliore divino. "Certe cose tornano sempre" disse mentre piantava la lancia a terra accanto a lui mentre attendeva sulla collina in cui si stagliava il piccolo incrocio.
    Iniziò a recitare una vecchia poesia: "The past is such a curious creature,/ To look her in the face./ A transport may reward us,/ Or a disgrace./ Unarmed if any meet her,/ I charge him, fly!/ Her rusty ammunition/ Might yet reply"1 Possono ancora rispondere le munizioni del passato? Secondo me sì." disse tra sè mentre tracciava un cerchio intorno alla buca con la sua lancia, aveva letto che avrebbe permesso di non avere problemi con gli spettri, sarebbe stato lasciato in quel posto. Poi attese con le spalle alla buca ed al cerchio e la lancia nella mano.
    ©


    1 the past, Emily Bronte

    Bonus: Meccaniche evocazione Lancia di Atena.
    Il mago può usare un'azione per richiamare la lancia del patto nella sua mano vuota, anche senza competenze in richiami (psicocinesi). II mago è considerato competente nell'arma fintanto che la impugna. Questa lancia è incantata al fine di oltrepassare incantesimi di protezione da attacchi fisici (es. Bolla protettiva, Ankh etc).
    L'arma scompare se rimane per tre azioni a più di un metro di distanza dal mago o se viene congedata (non è richiesta alcuna azione per farlo), altrimenti rimarrà con il mago per tre turni.


    Edited by The_Passenger_ - 31/7/2020, 16:43
     
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    Questa è la mia prima evocazione, ma giuro che mi ha già stancato. Mi stavo facendo gli affaracci miei in santa pace ed ecco che mi tintinna qualcosa nel cervello, è una sorta di consapevolezza quasi atavica che si prefigge come un obbligo da rispettare forzatamente. È fastidioso essere costretti a presentarsi ad una fottuta evocazione, sul serio, soprattutto quando devo lasciare questo bel bicchiere di scotch sul tavolo, alzarmi dalla poltrona e sì, purtroppo, comparire esattamente dove sono stata richiamata. In un fottuto incrocio di Central Park, sono pure lontana da casa ovviamente, che palle. Spero solo che non sia soltanto l’ennesimo disperato che mi chiede di riportare in vita qualcuno, o di uccidere l’amante della moglie, o ancora peggio, ricchezza e successo per i prossimi dieci anni di vita, perché che noia, e dire che sono fuori dal Calvario da soli due giorni ma mi hanno evocata in così tanti. Ciò significa la voce si è sparsa davvero in fretta, come una fottuta macchia d’olio sull’acqua che noi altri che restiamo immuni alle sofferenze dei viventi, o almeno mi piacerebbe, in realtà non ho fatto altro che pensare a mia figlia in queste ore, da quando ho scoperto che è ancora viva e Dio, vorrei solo strapparmela via dalla testa. Ma non si può, si è infilata come un cazzo di punteruolo e continua a rigirarsi nella carne per ricordarmi che l’ho abbandonata più di quasi quattro secoli fa ormai, conteggiando anche i cinquant’anni che ho appena scontato nel Calvario, e non è bello. Non è bello ritrovare una figlia dopo tutto questo tempo, in cui ho sinceramente pensato che fosse morta, scoprendo che è anche dalla parte opposta di questa guerra che seppur vorrei evitare, ne permane una divisione ormai così netta da allontanarci più di quanto la morte non abbia fatto. Comunque, non soltanto questo cretino che mi ha evocata mi ha distolto dal mio drink serale, ma ha anche osato intrappolarmi in un fottuto sigillo del cazzo, mi viene quasi il dubbio che sia un Cacciatore e sinceramente non ho voglia di farmi esorcizzare di già, ho appena trovato questo corpo e mi piace già così tanto, vorrei tenermelo il più a lungo possibile se questi stronzi mi fanno al grazia di non rompermi i coglioni. Sbuffo sonoramente, facendo qualche passo all’interno del sigillo «Oh dai, un sigillo trappola? Che palle» faccio sbattere le braccia contro le cosce, le mani aperte e i palmi contro la pelle nella plateale dimostrazione di quanto sono effettivamente infastidita. «Per qualsiasi motivo tu mi abbia evocata posso aiutarti, ma soltanto se mi fai uscire, giuro che non ti uccido» ho come la sensazione che non romperà questa trappola per farmi uscire, ma tanto vale provarci, in caso potrei fare una chiamata a qualche amichetto di passaggio che mi dia una mano. Forse. Intanto prendo il pacchetto di sigarette per fermarne una tra i denti e accenderla con uno scatto rapido dell’accendino, sputando fuori il fumo con un sospiro mentre aspetto che almeno si degni di girarsi a guardarmi.
     
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    Ed ecco che era apparso l'emissario, che capitava essere un delizioso essere femminile, diceva che non gli piaceva il sigillo trappola, voleva dire che le sue ricerche erano accurate. "Sono onorato che il mio piccolo "sigillo" come l'ha chiamato sia efficace. Finchè non potrò essere sicuro delle sue intenzioni il cerchio resta" disse con un sorriso.
    Osservò un po' la donna, era certamente attraente, in modo assolutamente e dannatamente efficace, ma doveva comporsi, non poteva permettersi di farsi imbambolare da una bella donna, non in quel momento, anche perché quella era solo una forma. "Sono qui per fare affari, sono un uomo d'affari, o almeno lo ero prima che qualcuno mi mettesse due milioni di taglia sulla testa." Non voleva dire il suo nome, per il momento. "So che i nomi, per voi sono essenziali, e anche questo vi verrà dato solo con la mia fiducia" cosa non dare era il primo punto.
    Ora si doveva passare al secondo: "Ora si domanderà cosa chiedo in cambio di quello che non darò e cosa voglio" disse prima di una breve pausa per formare bene le parole nella sua mente "Voglio un'assicurazione sul post vita: L'idea è che la mia anima sarà di Samenar, e sarò un vostro servitore dopo la mia morte, non un minuto prima" disse "al momento della morte, inoltre, voglio sapere chi ha messo la taglia di due milioni di dollari sulla mia testa. Diciamo che una serie di persone poco raccomandabili hanno un fucile puntato sulla mia testa" disse prima di iniziare a guardare freneticamente in giro, a cercare lo sguardo e il bagliore di un proiettile che aveva firmato il suo nome. Infine tornò a guardare l'emissario di Samenar "Mi scusi, ptsd, dopo la guerra è rimasta, la tensione di avere una taglia di due milioni di dollari sulla testa non è per nulla simpatico" disse mentre si sistemava i capelli sudati.
    "Tornando a noi, credo che un aiutante che possa saltellare dentro e fuori un cerchio, che sia stato addestrato dall'esercito in operazioni di infiltrazione complessa in territori magici e no-mag, con una spiccata abilità per la diplomazia e molto altro possa essere un utile alleato nella conquista di questo piano da parte di Samenar e dei suoi banditori, che poi intendo diventare alla mia morte, che, diciamocelo, potrebbe essere molto vicina" voleva giocare con le possibilità che aveva.
    Fece un giro intorno al cerchio osservando la splendida donna che, ascoltava "Direi che per essere un emissario dell'equivalente di un satana sembrate più un angelo, se posso permettermi, immagino siate letale quanto splendida" disse con un sorriso sornione.
    Voleva vedere chi aveva evocato con chi aveva a che fare, era uno spettro? Aveva un suo corpo? Non l'avrebbe scoperto per il momento.
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    Lo ascolto in silenzio nel suo lungo e teatrale discorso, quello di un povero pazzo braccato, a cui chissà quale reale demone in carne ed ossa da la caccia. Ammetto che la sua è un’idea intelligente, ma i Banditori degli Incroci hanno l’obbligo morale di contrattare, dai, è ovvio che non gliela darò vinta così facilmente, in fondo è nella mia natura cercare di fottere la gente in tutti i modi, fin da quando ero ancora solo un povero Cavaliere della Loggia Nera. Prendo un lungo respiro di fuoco e fumo che mi invade i polmoni con lentezza, aspirato attraverso il filtro della sigaretta e poi buttato fuori con uno sputo che schiaffeggia l’aria. Un’assicurazione pre-morte, la chiama lui, io lo chiamo essere “disperato”, perché conosco quest’uomo. L’ho visto tra le taglie dell’Imperial Hotel e so che la sua vita è già condannata. Nicholas Battaglia attende soltanto che la scure cada sulla sua testa, quindi in fondo c’è poco da contrattare, se vuole continuare a vivere dopo che verrà ucciso dovrà per forza accettare le mie condizioni. Sorrido un po’ di più snudando i denti quasi come se questa piega sulle mie labbra fosse già un ghigno famelico, ma poi concentro lo sguardo per farlo luccicare di malizia e allungo le labbra in una curva più delicata piegando appena la testa lateralmente «Ow, grazie, ma per quanto letale io sono una brava ragazza, croce sul cuore» sollevo la mano libera per premere la punta dell’unghia dell’indice sulla mia stessa pelle sullo sterno, poco più sopra delle prossimità del cuore, e incido una croce, letteralmente, proprio lì. I due tagli si rimargineranno a breve, giusto il tempo di mostrare due linee di sangue rosse sulla carnagione pallida. «E non mi conviene fare dal male ad un uomo con cui sto facendo affari, se lo siete anche voi di certo lo saprete. Neanche mi offendo per avermi chiamata “angelo”, più di così» lascio andare una risata bassa, che mi rimbomba nei polmoni e tra le labbra quando ritrovo la sigaretta per un altro tiro contraddistinto sempre dalla stessa lentezza. Mi diverto in verità, a contrattare, non nego di avere una dote nel farlo, sarà dopotutto che ho fatto questo lavoro per quasi tre secoli prima di diventare un Banditore. Sempre per lo stesso Dio che adesso ha mutato la mia anima irrimediabilmente. «Allora, veniamo a noi, Nicholas Battaglia. Di solito un contratto standard prevede il soddisfare una richiesta in cambio dell’anima, che viene riscossa allo scadere degli anni concordati che sempre da contratto standard sono dieci. Possedere la tua anima è una garanzia, capisci?» non nascondo di conoscerlo, per quanto ne sa di cosa sono potrebbe addirittura pensare che lo so per qualche strana ragione ancestrale, o perché è stato Samenar a dirmelo, non m’importa; m’importa invece che si renda conto che sono potente, tanto potente quanto potrebbe diventarlo lui. «Ora, se ho ben capito tu vuoi diventare come me in caso di morte e questo, stai sicuro succederà a prescindere se mi venderai la tua anima, è una bella esperienza essere così potenti, non temere. Però, c’è un però, Nicholas, capiscimi quando dico che senza una garanzia non posso fidarmi di te» stringo le labbra e scrollo appena le spalle, facendo schioccare la lingua sul palato, scuotendo di poco il capo a destra e a sinistra. «Ti propongo qualcosa di diverso che penso possa interessarti comunque. Tu mi dai la tua anima ora con, però, la possibilità di spezzare il contratto prima della tua morte, allo stesso modo però se penseremo che ci hai traditi noi potremo decidere di non accettare la tua richiesta di recessione. Tutto questo con quindici anni di vita assicurati, sempre che tu non muoia prima, e ovviamente l’informazione che vuoi quando vuoi. Naturalmente il fatto che io possieda la tua anima non mi da alcun diritto, né a me né a tutti gli altri, di darti ordini, quindi potrai decidere finché sei in vita di non “aiutarci” se lo desideri» avanzo la mano verso di lui, facendo un passo nella stessa direzione quasi al limitare di quel sigillo che ancora mi tiene intrappolata in questo preciso e fastidioso punto e così, gli faccio cenno di avvicinarsi con l’indice «Ora puoi darmi un bacetto se vuoi».
     
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    La croce sul cuore che aveva appena fatto aveva fatto scorrere del sangue, e subito a ferita tornò rimarginata di ogni dolore. la visione era terrificante e allo stesso tempo terribilmente appetibile, poter guarire era ringiovanire, tornare al suo dannato splendore. La promessa della vita eterna davanti a lui in una piccola croce di sangue.
    "Chiedo perdono per averla abbassata agli angeli mia cara, siete ben più maestosa di un angelo, più vera" disse mentre con gli occhi si godeva il meraviglioso spettacolo di quel corpo perfetto ed indistruttibile, che forse avrebbe raggiunto.
    “Siete uno splendido fattore di tentazione” disse Nicholas con un sorriso. Il contratto proposto a lui era già meno vincolante di quanto pensava. Aveva modo di vivere per quanto la sua pellaccia permettesse e aveva diritto di recessione, ammesso che non si facesse beccare. Era qualcosa che poteva rispettare. “Quindi se rimango nel neutrale della causa posso essere felice e diventare un Banditore” chiese per sua conferma personale. Vide come il fascino di lei poteva essere particolarmente letale per uno come Nicholas. “E, se invece, cercassi di dare una mano? Cosa otterrei come bonus? Voglio potermi divertire e di sicuro sono più agile di uno spettro che, può apparire e non uscire dal mio cerchio”.
    Fece ruotare la sua lancia usando il corpo per concentrare e focalizzare la mente. "Mi sembra anche giusto che io sappia il vostro nome, visto che sapete il mio nome, immagino per vie a me sconosciute sarebbe una disparità in affari un po' ingiusta nei miei confronti, ho meno informazioni ed infinita esperienza in meno in questi affari, è il mio primo affare per un'anima" disse ridendo, sperava non fosse l'ultimo perché, in fondo gli piaceva. Era in una questione di vantaggio evidente, la negoziazione rischiava di divenire velocemente un nulla di fatto, sarebbe stato un peccato peggiore di aver chiamato il diavolo per non ottenere nulla dal suo negoziare. Doveva mettere tutto il suo charme per avere una situazione migliore possibile. Si stava misurando con qualcosa di molto più potente di lui. Per la prima volta non era estasiato dalle grazie della donna, ma dal potere che essa emanava, il potere che Kali poteva solo sognare. Il potere quasi di un Dio sceso sulla terra per distruggere tutto.
    "No, abbiamo ancora da concludere, voglio sentire i simpatici doni che il tuo CEO, ma un baciamano spero mi verrà permesso, sarebbe un peccato non favorire" disse mentre gli baciava la mano.
    "Posso una sigaretta? Oramai non fumo da un po' e sarebbe bello farlo oggi durante una discussione con una così bella creatura" sperava che questo, di appellativo fosse più gradito.
    Appena gli fosse stato possibile avrebbe, quindi preso la sigaretta e acceso con l'accendino che gli sarebbe stato passato, assicurandosi di prendere un profondo respiro. Avrebbe dovuto giocare in modo ancora più fine del previsto, capire chi era la concorrenza, guadagnarsi la fiducia oltre che la vita eterna.
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    Lo capisco quest’uomo, dopotutto conosco bene gli esseri umani e se c’è chi vuole fare del male c’è anche chi trattiene in sé un’egoismo quasi disarmante per quanto sa essere unicamente incentrato su sé stesso. Nicholas Battaglia desidera solo un’assicurazione su tutto ciò che è lui, sulla sua vita, sulla sua forza, che sono tutte cose che posso dargli senza alcun problema. Certo mi fa quasi tenerezza pensare che creda che conoscere il mio nome possa in qualche modo giovare alla sua causa di sopravvivenza, ma tant’è, non ho alcun motivo per nasconderglielo e al massimo potrebbe solo cercare di evocarmi privatamente in un modo diverso da quello che ha usato oggi. Gli sorrido, come non ho smesso di fare per neanche un secondo da quando mi sono materializzata dentro questo fottuto cerchio e penso che prima o poi chiamerò qualcuno comunque, per assicurarmi che mi faccia uscire, questo piccolo bastardello. Ma sì, continuo a sorridere mentre pronuncio con calma questo nuovo nome che mi è stato dato nel Calvario come simbolo della mia rinascita, così per accantonare anche tutti gli altri tranne il mio, quello che resta immobile nel mio passato celato ai più. Esiste soltanto una persona che lo conosce e rimarrà tale, perché mia sorella non è davvero così stronza da andare in giro a dire che mi chiamo Eliza Graham, spero. «Abigor». Annuisco appena alle sue domande, essere felice, quelle due parole mi hanno fatto arricciare un po’ di più gli angoli delle labbra perché andiamo, avrei voluto dirgli, conosci davvero la felicità? Ma non mi sono ovviamente esposta su quel personale pensiero e anzi, gli ho concesso il baciamano tendendogli il palmo. Potrei spezzargli il collo in un secondo adesso, se soltanto volessi, ma non è necessario in fondo, invece prendo il pacchetto di sigarette per offrirgliene una come richiesto e gli allungo anche l’accendino «Ecco a te» il suono della mia voce ha i toni di una leggera e momentanea cantilena prima che riprenda la stessa rilassata serietà che avevo prima, nonostante comunque contornata dal medesimo sorriso di ogni nostro scambio dall’inizio di questa trattazione. «Posso renderti più potente già in vita, se ti interessa avere una parte dei poteri che possiedo io» non è un’offerta comune questa, non è di sicuro un’offerta che farei a chiunque ma dopotutto questo non è un contratto uguale a tanti altri che mi è capitato di fare in questi pochi giorni. Sputo il fumo insieme alle parole che arrivano dopo, con la stessa flemma che ho riservato ad ogni singolo pronunciare della mia voce «Forza più sviluppata, rimarginazione delle ferite, per esempio. Dovresti solo bere continuativamente il mio sangue o insomma, quello di altri come me».
     
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    Un demone che era troppo sicuro di sé a pronunciare il suo nome, ma aveva deciso di rischiare la sua identità per lui. Doveva anche riconoscere la gentilezza di lei ad avergli offerto quella sigaretta.
    Potere in più ma dipendenza da un demone. Avere in mano gioventù, poter sistemare la gamba che ancora nella sua mente sanguinava del dolore di Lilian. Era un'offerta che Nicholas avrebbe accettato? Era una tentazione avere sulla terra quel piacere che gli era proibito a causa di un corpo che, inevitabilmente cedeva. "Per la questione del sangue mi sa che ci devo pensare Abigor carissima, siete un esperto in tentazione, fatevelo dire, anche se il nome è un po' tanto demoniaco, fa proprio fatica a scivolare sulla lingua purtroppo, ma apprezzo la fiducia che riponete in me, quindi mi sembra giusto non tenervi ferma con un pessimo trucco da quattro soldi." Disse mentre insabbiava parte del cerchio, di fatto spezzando l'incanto che figlio di una norma rendeva la presenza del demone confinata in maniera del tutto sicura per Nicholas, ma fastidiosa ad Abigor.
    "Una cosa voglio ora che ci penso." Disse mentre con la lancia rompeva il cerchio. "Il nome. Quello che ha messo la mia taglia, lo voglio ora, voglio il nome ed il cognome dello stronzo che mi ha reso la vita un inferno." Disse mentre spezzava il cerchio. "non credo possa costare troppo un piccolo piccolo nome per un essere potente come te, o dolce Abigor" concluse nel suo ragionamento.
    Decise quindi infine di tirare fuori la bottiglia, ormai mezza, di limoncello che aveva portato con sé insieme a due bicchierini. "Quindi io donerò la mia anima a voi e quindi a Samenar, saprò chi mi ha messo 2 milioni di dollari in testa e se va tutto come previsto diverrò potente quanto voi." Disse prima di versare il limoncello nei bicchieri.
    "Un brindisi a questo meraviglioso patto per sigillarlo? O preferisci qualcosa di più carnale? Intanto ti invito a goderti questo limoncello, è importato dalla mia terra, l'Italia e, ammesso tu possa sentire le emozioni, è pieno del dolore di un'anno, questo ultimo anno in particolare. Cazzo ero partito con il mondo ai miei piedi, ero potente, ora sono a far patti con il diavolo, senza offesa ovviamente" non sapeva se fosse un'offesa, sperava non lo fosse. Versò il suo bicchiere, offrì un bicchiere alla donna. "Alla nostra salute e ad un patto duraturo?" chiese sorridendo.
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    Lo guardo finalmente rompere questa cazzo di trappola, sono davvero bastardi questi trucchetti da Cacciatori, personalmente li odio. Anche i Cacciatori sì, ma soprattutto i loro mezzucci per fermarci, sia che si tratti di Banditori che di fantasmi hanno questo modo così fastidioso di metterci i bastoni tra le ruote che poi, insomma, ovvio che li vogliamo fare tutti fuori, no? «Grazie» gli sorrido, facendogli un cenno con il capo sottintendendo che posso aspettare la sua decisione per il sangue, tanto comunque in ogni caso se decidesse di accettare sarebbe una cosa che andrebbe quasi unicamente a mio vantaggio. Che si prenda tutto il tempo del mondo per prendere la sua scelta. E poi continua a parlare, con questa eloquenza quasi logorroica, rettificando invece l’ora in cui saprà il nome del suo personale pugnalatore alle spalle. Così mentre annuisco brevemente prendo il cellulare «Va bene, avrai il tuo nome appena stipulato il patto. Se ti sei informato sai che non posso in alcun modo non rispettare i termini, quindi prima suggelliamo» alzo gli occhi dal telefono per pronunciare quelle ultime parole prima di inviare un messaggio rapido a chi si occuperà di farmi sapere il nome di colui che l’ha venduto. Ovviamente non posso fare tutto da sola e non ho il dono dell’onniscienza, ci metteranno un attimo, dopotutto si tratta soltanto di possedere un tizio dell’Imperial per andare a dare un’occhiata ai registri delle taglie. Questione di una decina di minuti, nel frattempo, si può procedere a suggellare il patto. Un bicchiere di limoncello direttamente dall’Italia non è male, apprezzo questo genere di finezze io che sì, sono un po’ viziata di certe cose, dopo tre secoli passati a spendere soldi nei modi più disparati ho deciso anche di iniziare a concedermi piccoli lussi di questo tipo. «Andrà bene il brindisi» quindi prendo il bicchiere e lo allungo verso il suo per farli cozzare delicatamente uno contro l’altro «Alla nostra salute e al nostro patto» lo dico tra le maglie di un sorriso che si allarga lieve sulle labbra prima di gettarmi il contenuto sulla lingua con un gesto unico e secco. Il cellulare poi mi vibra nell’altra mano, hanno fatto decisamente più in fretta del previsto, probabilmente hanno già qualcuno dentro l’Hotel. Nel leggere il nome mi viene naturale sbuffare una rapida risata perché questa sì che è proprio una dolce sorpresa, immagino che il “dolore di un anno” di cui ha blaterato poco fa non finirà in questo momento. Alzo di nuovo gli occhi poggiandoli su di lui, con quest’ombra di sorriso che non si dissipa ma resta impressa nello sguardo e in ogni tratto di questo nuovo volto di cui mi sono appropriata. «Ora vuoi il tuo nome, Nicholas?» è decisamente più divertente di quanto mi aspettassi, perché a tradirlo, a gettare una scure pronta a scendere sulla sua testa, un amo che attende che qualcuno lo coglia per seguirlo tra le fronde di alberi neri per porre fine alla sua vita, è stato suo fratello. Lo dico sempre che la famiglia è una maledizione. Queste storie tra fratelli che si pugnalano il fianco o che danno la loro vita uno per l’altro, che sarebbero pronti a seppellirsi per divertimento o un profondo risentimento che solo all’interno dell’abbraccio caldo e crudele della famiglia si avvelena di un odio tale; sono quasi romantiche. Io lo so molto bene, ho ucciso mia sorella e ho dato la mia vita per un’altra e sono ancora qui, a chiedermi se ho fatto la scelta giusta dopo trecento anni passati a guardarla bearsi di quella maledizione come fosse una benedizione, senza capire che sarà la sua rovina nel momento in cui troverà qualcuno capace di sorpassare le sue barriere. E le auguro di non trovarlo mai, s’intende. Dopo qualche istante di silenzio comunque, mi godo questa suspance come fosse parte dei minuti che precedono la fine di una tragedia e poi, lo pronuncio con lentezza così che lo colga nei minimi dettagli e abbia il tempo di realizzarlo «È stato Dorian Battaglia».
     
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    Un cozzare di bicchieri lento per poi, con impeto buttare giù nello stomaco i contenuti di quel limoncello che era stato prima suo, poi anche della sua Lilian e infine in quel momento marchio di un patto che vendeva la sua anima ad uno degli equivalenti di Satana.
    Samenar era un dio particolare, dal poco che era stato in grado di comprendere. Abigor era un personaggio indecifrabile, soprattutto ora che aveva concluso l’affare.
    Un sorriso si aprì nel volto del demone mentre chiedeva, un po’ troppo felice, se Nicholas volesse sapere quel nome. Il nome dell’essere immondo che lo aveva costretto alla paura, alla fuga da se stesso, dai suoi sfarzi e dalla sua vita eremitica dell’ultimo periodo.
    Non gli era dispiaciuto vivere da solo, riflettere su se stesso per un po’, sia chiaro. Gli mancava vivere senza il peso di una colpa che era non sua. Delle sue colpe si era abituato da molto tempo, quasi non toccavano più l’animo dell’uomo, ormai troppo vecchio per non avere rimpianti.
    L’offerta della gioventù al costo del sangue del demone poteva essere così allettante per la sua eterna ricerca degli sfarzi di un corpo forte e scattante.
    “Certo che lo voglio, lo sto chiedendo” disse spazientito alla domanda ovvia di Abigor.
    Dorian. Era stato Dorian a distruggere la sua vita con la sua taglia. Nicholas decise di far sparire la sua lancia, decise di non essere per un momento lo scipione, ma essere semplicemente Nicholas, il fratello tradito dall’aureo Dorian, nella sua dimora di oro e avorio, con la sua bella moglie ed un erede, un’idea così difficile per Nicholas.
    “Non credo, visto che hai dovuto usare mezzi non magici, di poter dubitare del tuo “oracolo” se possiamo chiamarlo così. Capisci però che la cosa mi lascia molto interdetto, purtroppo.” Disse Nicholas mentre appoggiava il bicchierino di limoncello sedendosi di nuovo.
    La famiglia lo aveva reso così debole, così dannatamente sensibile da non vedere che, suo fratello, aveva speso due milioni di dollari per poter appendere la sua testa ad un muro, sopra il camino della casa che aveva comprato anche con la fatica di Nicholas per bere del vino adorando quella stronza della sua mogliettina nella loro casa perfetta.
    Sputò a terra, non sapeva se fosse bile, odio o semplicemente saliva “La famiglia è una merda, e pensare, io coglione che per prima cosa sono andato da lui. Sa dove vivo, eppure non ha dato quell’informazione a nessuno. Perché ha messo la taglia, e non ha detto dove sono andato a vivere?” era ovvio in realtà, era per non farsi beccare, per non essere smascherato da quell’impazienza che era così squisitamente di Nicholas e ben lontana da quello che era Dorian.
    “Dopo questa scoperta ho bisogno di un altro shot. Gradisci?” Avrebbe gradito un bel colpo di pistola adesso, nella calotta cranica di Dorian, sperando il prima possibile di farlo andare all’altro mondo e sperare che, un uomo giusto come lui, avrebbe sofferto tutto il dolore che aveva inflitto a suo fratello.
    Si avvicinò ad Abigor, tentando di prendere i fianchi della donna “Ci sono patti che si possono suggellare senza il bisogno di un’anima con te? Possiamo trovare un posto tranquillo, magari comodo per le mie ossa non così giovani, e dedicarci al piacere l’uno dell’altro per una notte? Giusto per chiudere in bellezza la negoziazione, un’anima venduta va celebrata o sbaglio?" chiese baciando la mano ad Abigor.
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    Ah, bene, ora che abbiamo suggellato questo contratto posso anche lavarmene le mani e smettere di essere carina, per quanto il mio “essere carina” sia comunque essere una stronza molto sottile ma, che dire, diciamo che posso smettere di essere sottile. Questo mi fa sentire decisamente molto meglio, tenermi addosso la facciata della professionista è un po’ complesso quando l’unica cosa che vuoi fare è ridergli in faccia perché, andiamo, l’ha venduto il fratello. Se questa non è la merdata più colossale che ti possa succedere non so che cosa lo sia, davvero, e lo so perché mia madre ha venduto le mie sorelle e io ho perso la vita per riportarne una, quindi insomma, sono certamente un’esperta in fatto di famigliari stronzi. Parenti che di sicuro non vuoi invitare alla cena di Natale, sebbene io non festeggi il Natale, ma questo è un altro discorso. Però devo ammettere che questo racconto di lui che va a piagnucolare dal fratello dopo che ha messo la taglia sulla sua testa, senza sapere che è stato proprio lui, è la barzelletta migliore che abbia mai sentito in tutta la mia lunghissima vita. Scuoto la testa rapidamente come negazione all’offerta di un altro shot, il mio lavoro qui è finito e sinceramente non vedo l’ora di andarmene, di sicuro non di perdere tempo a sentirlo lamentarsi e frignare per i suoi problemi. «Scusa, non sono problemi miei gli schizzi mentali di tuo fratello, chiedilo a lui, che ti devo dire» lo dico con un certo livello di menefreghismo e indifferenza, sono solo onesta, fatemene una colpa ma non me ne frega davvero un cazzo di quello che è successo a quest’uomo. Forse un tempo avrei riso, sarei rimasta a giocare con lui un po’ di più premendo le dita nella sua ferita orgoglio, ma ora onestamente ho ben altro a cui pensare e davvero, non ho tempo per queste stronzate. Quando cerca di prendermi per i fianchi con questo modus da ciao tutti mi è dovuto, consolami, mi viene quasi voglia di sollevare il ginocchio e ridurgli i coglioni ad una poltiglia, ma che brava, non lo faccio. Dovrebbero proprio farmi santa. Mi ritraggo soltanto con un paio di passi indietro «Ehi vecchietto, a me piacciono i toyboy» lo sputo dalle labbra insieme ad un sorriso che si arriccia più falso che altro «Tra l’altro devo andare dal mio datore di lavoro a fare rapporto, diciamo, sono una donna impegnata, mi dispiace ma sei caduto molto male». Stringo le spalle e riprendo a muovermi per uscire dalla fottuta trappola in cui mi aveva rinchiusa, e dire che se fossi un po’ più Banditore e meno gentile, a questo punto sarebbe già morto. Però sarebbe anche una pubblicità molto sconveniente che farebbe male agli affari, quindi niente uccisione a sangue freddo per oggi, non gli strapperò il cuore dal petto. «Se ti serve altro sai come evocarmi, giusto? Il nostro servizio di messaggistica istantanea è molto funzionale» e questo lo dico più che altro perché spero che mi faccia un po’ di pubblicità, come fa Alice, per procurarmi più patti rispetto ad altri Banditori degli Incroci.
     
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