Crossing roads

Gilles/Anna | 26 Novembre 2021

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    «Non resta che una tappa».
    Non resta che un discorso, in realtà.
    Rimetto in moto appena Edie entra in casa, guardando la strada. Certe cose è meglio dirle mentre si cammina, mentre la macchina corre e ho una ragione plausibile per guardare altrove.
    Il pensiero mi è già cristallino dall'inizio alla fine, lo saprei dire in Idrian, e per questo serve avere le idee già più che nitide in testa. Non c'è spazio per nessuna incertezza.
    Non sono sicuro di volerlo dire davvero, però.
    Non farlo mi porrebbe in una situazione spiacevole con Shaw. Farlo in una posizione spiacevole con Celia.
    Odio i problemi.
    Odio le persone, che divengono problemi. A volte senza neanche volerlo.
    Svolto per poter prendere strade più lunghe, ma meno trafficate. Dove la velocità che posso raggiungere è maggiore.
    «In realtà c'è una cosa un po' più seria di cui ti volevo parlare».
    Non so perché inizio un discorso temporeggiando, le perdite di tempo mi hanno sempre snervato.
    Quanto stare in fila, in attesa. Cose che infatti non faccio mai.
    «Tranquilla, niente che interferisca con la tua carriera di...» fingo di non ricordare, scostando una mano dal volante per schioccare le dita, neanche quel pensiero potessi catturarlo così.
    «...informatica, giusto?» la indico, le chiedo conferma. Sorrido quando torno a guardare la strada, di nuovo con una sola mano sul volante, ma stavolta è l'altra, così che quella esterna la posso tenere appoggiata contro il finestrino. Tamburello lì con le nocche senza far rumore.
    «La mia famiglia è molto famosa, molto ricca. Mi hanno adottato soprattutto per una questione di immagine, e anche io faccio di tutto per rispettarla» comincio a spiegare questo punto, uno che in ogni caso non è mai stato un problema per me. Mi piace costruire l'immagine che voglio si veda fuori, mi piace che mi abbiano insegnato come renderla credibile.
    Mi piace che nessuno possa metter becco nella mia vita.
    «Per questo ci sono cose che faccio che non devono essere scoperte».
    Accelero.
    Mi giro a guardarla, tanto i miei occhi non hanno bisogno di stare troppo sulla strada.
    «Per questo nascondevo la mia identità nella nebbia».
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    Non restava che accompagnare lei, come aveva specificato dopo aver salutato Edie. Guardò la ragazza rientrare dopo quello che doveva essere stato un periodaccio anche per lei. Già fece schioccare le labbra, doveva fornirgli l'indirizzo ma per qualche motivo non era ancora pronta a farlo, avrebbe significato non avere quella conversazione, di cui aveva anticipato. Seguì sovrappensiero la strada che aveva preso, ci avrebbero impiegato un po' più del previsto ad andare dal Bronx a Long Island usando quella strada, però era forse quello che voleva, le venne da pensare mentre poggiava la testa lo schienale della macchina. La guardò brevemente, si era trattenuta,
    perché c'era Edie, dal fare battute sugli uomini che acquistavano auto potenti. Quelle battute le riservava ai suoi colleghi che tendevano a sottovalutarla. Socchiuse gli occhi per un momento distendendo le labbra, mentre la sentiva sotto i piedi la velocità come una vibrazione leggera ammortizzata dal lussuoso abitacolo. Aveva qualcosa di cui liberarsi Zane, lo percepiva dal modo in cui quella cosa sembrava essere un problema, e non amava quella condizione, lo riusciva a capire.
    Tergiversò introducendo un discorso che probabilmente avrebbe potuto introdurre in modo più diretto. Sorrise sentendolo nominare la sua carriera da informatica, che non era effettivamente la sua carriera più importante, ma di quella poteva aspettare qualche minuto prima di parlarne, meglio lasciare che fosse lui il primo a dire quello che voleva dire, visto che sembrava essere più che altro un problema per lui. Lei di problemi se ne faceva sempre pochi avendo imparato che non esistevano davvero santi e peccatori in quel mondo. Lei stessa non era propriamente immacolata. Mentre Gilles - doveva iniziare a sforzarsi di pensare a lui con quel nome, per quanto Zane tornasse spesso nella sua mente per cercare di riprendersi il proprio ruolo - accelerava, poggiò gli occhi sulla strada, e poi sulle sue mani che stringevano il volante, perché poteva capire dal modo in cui si stringevano intorno al cuoio se la guida stesse diventando un modo per sforzarsi. Lo aveva capito molto bene che la sua famiglia era ricca, esposta e quanto a lui tutto ciò potesse essere servito, tanto quanto ai Buchanan potesse aver fatto comodo adottare un rifugiato politico. Lei stessa a volte aveva pensato che non poteva essere stato un caso che sia lei che Morgan fossero finite in due famiglie di cacciatori: forse anche per sostituire perdite nelle file che avvenivano fin troppo spesso. Annuì, aspettando che continuasse e questa volta lo guardò, il suo corpo leggermente inclinato in modo tale da essere rivolto parzialmente verso di lui e lo sguardo poggiato sul suo viso, ne incrociò lo sguardo appena lui lo voltò verso di lei, mantenendolo. Non erano cambiati gli occhi, erano sempre gli occhi castani di Zane che nascondevano mille e più segreti. Soppesò le sue parole, cose che era meglio non si sapessero, cose per cui la sua identità dove essere preservata e protetta. Potevano essere solo attività non propriamente legali o per cui il governo non voleva aiuto. Sospirò, non poteva dire che fosse sollievo, nonostante lei non potesse dirsi totalmente innocente, era quella che di fatto per molti era una criminale, sebbene non avesse nessun problema penale. Certo se non si pensava alle varie aziende hackerate, non tutte propriamente contente di aver dovuto sottostare ad una specie di ricatto morale affinché la loro falla informatica non fosse riparata. Distolse per esattamente cinque secondi lo sguardo, per poter guardare la strada e poi tornare a guardare lui perché quella conversazione era più importante della strada. Se sono cose per cui non vuoi essere riconosciuto fai bene a proteggerti... non sapeva a cosa facesse riferimento, forse se si fosse soffermata a rifletterci un po' avrebbe potuto arrivarci, collegare qualche dettaglio come l'attività della sua famiglia, alcuni comportamenti che aveva avuto nella Nebbia. Aveva corso un grosso rischio, perché nonostante avesse qualcosa di prezioso da proteggere come la sua identità aveva perso del tempo per aiutarla, per aiutare tutti loro. Si schiarì la voce. Avevi parecchio da perdere e hai comunque speso del tempo per aiutar...ci stava per dire aiutarmi, ma sarebbe stato qualcosa di troppo personale, non riguardava solo lei quello che era accaduto nella nebbia, Zane non aveva aiutato solo lei, ma doveva ammetterlo se tutte quelle persone erano sopravvissute era fondamentalmente grazie a lui, lei aveva solo guidato. Abbassò lo sguardo mordendosi le labbra. Ci sono momenti in cui, quello che faccio non è proprio...diciamo che è meglio che non si sappia che sono io, la mia identità diventa la cosa più importante, anche perché diventa l'unica cosa che hai dove lavoro io. Se ti rubano quella...sei fottuto...
    Era così nel darkweb, quando un hacker veniva a sapere il vero nome di un altro hacker eri praticamente nelle sue mani.
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    Dovrei smetterla, è il pensiero che ho fulmineo prima, durante e dopo la conversazione, diciamo che per tutto il suo corso si è solo rinforzato.
    Questo perché non ho mai imparato a inibire davvero certe reazioni, se mi impegno a fare il bravo comunicando quello che dovrei comunicare ma non voglio o che può portarmi problemi, è ovvio che non posso controllare il resto.
    Per questo inizio con il botto.
    Alzo il sopracciglio, per un attimo la guardo chiedendomi se ci sia un seguito alla frase. A partire dal "se sono cose per cui non vuoi essere riconosciuto". Il vuoi è la parola chiave.
    Ma in fondo, la detto io la legge. Quindi sì, possiamo dire che non voglio.
    Sono uno stronzo, il primo dovrei smetterla arriva qui.
    Poi ci sono io, la strada, non so per dove sto guidando, mi viene in mente che non mi ha dato un indirizzo.
    Lo chiedo fra i denti cercando di non soffermarmi sul fatto che li abbia aiutati.
    «Hai un indirizzo o...?» sì, meglio troncare, prima che inserisca qualche alternativa non troppo conciliante alla frase.
    Non mi piace che l'immagine che sia rimasta di me è quella di uno che li ha aiutati. Non si adatta bene a quello che è successo nella mia testa.
    Al pensiero che dovevo liberarmi della gente che mi distraeva.
    Al pensiero che se non ci fosse stato Shaw lì, che avrebbe avuto da ridire, sarei andato oltre e al massimo avrei attirato l'attenzione di qualche creatura su di loro per potermene andare o colpirla alle spalle se la situazione fosse stata propizia al collezionarla.
    Non dovevo soffermarmici, giusto?
    «Non so se l'avrei fatto se non ci fosse stato Shaw» piccola bugia. Lo so che non l'avrei fatto.
    So anche che averlo ammesso è forse peggio, indica che le sto dicendo qualcosa che non è del tutto falso. Che qualcosa glielo sto lasciando conoscere.
    È che non mi piace quest'immagine sbagliata che ha di me dove sono diventato una sorta di eroe senza macchia.
    A parte per i modi, non penso sia così cieca da non aver notato il metallo fuso e il coltellaccio piantato in faccia alla cosa che stava minacciando la nostra posizione.
    Certo, l'accenno a come ogni tanto anche lei debba fare cose illegali mi lascia qualche dubbio.
    «Davvero?» ho un'espressione apertamente scandalizzata, apertamente sarcastica «Sconvolgente per una Cacciatrice».
    Dovrei smetterla, lo dicevo. Mi pento di quest'ennesima presa in giro perché il fastidio che ho sotto pelle, quello portato da questa conversazione che non mi piace, dal disagio nel farla, ha una punta di acidità in più.
    Più che non piacermi la conversazione, che comunque non mi farebbe impazzire, diciamo che sono le implicazioni annesse e connesse.
    Non so se il seguito è per farmi perdonare. Ne dubito, ma lo metto in conto.
    «Faccio delle cose che proprio perché sei una Cacciatrice potrebbero metterti in una posizione scomoda» una posizione in cui sarei costretto a ucciderla se si presentasse un problema, ma anche una di quelle in cui se scoprissero cosa fa lei, che sa qualcosa che non va e non fa nulla, i problemi arriverebbero dalla sua stessa setta.
    Pardon, dai Cacciatori.
    «Mi assicuro solo tu sappia in cosa ti stai cacciando anche questa volta» sposto di nuovo gli occhi su di lei nel dire questo, inclinando appena un po' la testa.
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    Già un indirizzo, dove per forza dargliene uno. Distolse lo sguardo da lui perché attraverso i suoi occhi le percepiva troppo bene le sue emozioni. Strinse i denti inspirando qualche momento, socchiudendo gli occhi. 41 Crescent Street, Long Island rispose la ragazza, mangiandosi la risposta che voleva davvero dargli. Stavi andando nella direzione giusta perché distrarti commentò lei serafica. Non avrebbe mai ammesso che lei a casa non voleva tornarci per il momento, che nel momento in cui lui l'avrebbe lasciato sulla porta di casa sua, lei non sarebbe neppure entrata. Ne sentiva lo stato emotivo, non era solo agitazione, ma vi era qualcosa che gli dà a fastidio. Come quella di passare per l'eroe che non era. Si era capito, se non fosse stato per Shaw probabilmente avrebbe lasciato lei e tutti gli altri lì dentro, forse anche in una situazione ben più grave. Un sorriso mesto accompagnò il pensiero. Un'altra cosa che la faceva sorridere era pensare come per lui Morgan era Shaw, mentre lei riusciva a chiamarlo solo Morgan. Come lui era Zane e forse lei era Celia. Dovevano essere stati molto legati e aver passato molto più tempo assieme, lo vedeva quel legame stretto che li legava, a tal punto da averlo spinto a fermarsi al Market nonostante non volesse essere riconosciuto. Per quello che faceva, qualcosa che lo metteva nella posizione di nascondersi, di agire con decise e spesso forse in modo anche brutale. Guardò la strada, era piacevole la velocità, le piaceva sentire la schiena premere contro il sedile e guardando di lato scorgere l'asfalto fondersi in una macchia scura. Scosse la testa davanti alla sua ironia, era qualcosa di cui non voleva parlarne eppure si stava sforzando di farlo. Ecco avrebbe voluto dire che se non aveva piacere a farlo poteva tenersele anche per sé le cose, perché non doveva farle proprio nessun piacere. Si, certo la Cacciatrice ironizzò, attualmente lei non era proprio una Cacciatrice. Cacciare la faceva stare male, era arrivata al punto di fermarsi per l'empatia, ma era giunta anche alla consapevolezza di dover fare qualcosa per bloccare e controllare quella capacità. A volte pensava che sarebbe stato molto meglio non essere empatici.
    Non disse nulla, perché era molto meglio che a questo punto credesse e pensasse ciò che voleva, perché mai dover ammettere che non era essere una cacciatrice la cosa più pericolosa che faceva, che nel darkweb i pazzi erano la normalità e gli psicopatici i tuoi vicini di casa. Quello che faceva poteva metterla in una condizione spiacevole, poteva diventare un problema. Un problema al punto tale da doverlo eliminare se fosse stato necessario. Lo guardò come se si stesse chiedendo se lui fosse in grado di liberarsi definitivamente di un problema e la risposta non la sorprese neppure tanto, lo sapeva che ne era capace dal modo in cui si era liberato dell'uomo nella nebbia, Zane, anzi forse in questo poteva chiamarlo Gilles, non sembrava un uomo incapace di uccidere qualcuno se questo fosse stato un problema. Chiunque diventasse un problema, beh forse non proprio chiunque. Gli offriva il beneficio del dubbio su Shaw, ma sugli altri come aveva ammesso avrebbe volentieri lasciato tutti nella nebbia. Non molto diverso da quando aveva usato lei per sopravvivere quei mesi nelle fogne di Ordar. Anche allora, come in quel momento, lei aveva corso il rischio aiutandolo. Su Idara aiutare uno sconosciuto era ancora più rischioso, soprattutto se per quel qualcuno tu eri sacrificabile e potevi morire al suo posto. Mors tua, vita mea.
    Il latino era come l'idarian a volte. Diretto e senza fronzoli. Esprimeva bene il concetto. Lo guardò pensando al guaio in cui si stava cacciando a suo dire. Nei guai ci si cacciava praticamente tutti i giorni, forse in modo ben più volontario di quello, e non riteneva che potesse essere ingestibile. Abbassò lo sguardo riflettendo sulle sue parole, perché in modo molto poco diretto forse gli stava dicendo quello che faceva. Gli unici indizi era che fosse illegale e ai Cacciatori poteva non fare piacere. Questo restringeva il campo decisamente, c'erano poi i dettagli di ciò che era accaduto nella Nebbia e di ciò che faceva la sua famiglia, di cosa si occupavano. I segreti più sordidi si nascondevano nelle case farmaceutiche, tra test ed esperimenti condotti per portare avanti il progresso. Per lavoro le vedeva e sempre per lavoro faceva finta di nulla. Erano pochi semplici dettagli che sembravano puntare in quella direzione, quella unica e giusta direzione. Se fosse stato quello probabilmente sarebbe stato un problema, fosse stata lei una persona più integralista sarebbe stata un problema ma non era così pura di cuore come loro pensavamo. Aveva imparato a capire che molti facevano ciò che facevano per sopravvivenza, altri no per il puro piacere di farlo, e poi quelli nel mezzo che nella vita avevano conosciuto condizioni che era meglio non conoscere. Si aveva capito che voleva che fosse lei a chiedergli di dirglielo forse, chiedere di sapere in che guaio come lo chiamava lui si stava cacciando. Era giusto, e in qualche modo gli era grata di averla avvisata, di offrirle la possibilità di non sapere, ma non esisteva che lei non lo sapesse. Probabilmente tutti loro avevano una lista di persone di cui importava, la sua era molto breve e ristretta, se arrivava a dieci persone era un miracolo e Zane, che fino a poco prima era un nome cancellato e dimenticato, era ricomparso sulla lista. Va bene acconsentì Anna, guardandolo dritto negli occhi. Puoi dirmelo senza darti tante preoccupazioni non doveva farsi problemi, lei non sarebbe diventata un problema. Nel momento in cui lo fosse diventata sarebbe molto probabilmente stato il momento in cui lei sarebbe scomparsa definitivamente dalle loro vite. Metà della mia giornata la passo a sistemare i guai e le situazioni scomode delle persone e l'altra metà a mettermi in situazioni in cui è meglio non cacciarsi ammise, chinandosi a prendere dalla borsa il suo laptop. Tamburellò le dita sulla superficie chiusa. E comunque non mi riferivo ai Cacciatori quando dicevo che proteggevo la mia identità perché era la cosa più importante. Però se vuoi pensare che quello sia il mio problema minore prego sospirò collegando un cavo USB al suo PC. Se vuoi ti faccio vedere perché... ecco, forse era il caso di chiedere prima di hackerargli la macchina.
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    Un posto vicino, chi l'avrebbe previsto. Assolutamente un posto per cui c'era anche la necessità di fare la strada panoramica. Immagino che oggi non andrò alla Li.La. Lussi che il capo può prendersi.
    Poi, perché distrarmi, dice.
    Sento il riverbero di una risata sotto il palato, dove si stringe la mascella.
    «Felice tu non abbia notato gli indizi di una certa mania del controllo»
    Punto per me, perché Cole dice che sono completamente incapace di nasconderlo, ma evidentemente si sbaglia.
    Continuo sulla stessa strada, guidare mi piace, anche se imposto il navigatore vocalmente così che quando inizierò a pensare di voler stare più sul percorso sappia dirmi almeno quale sia. Sono andato spesso a Long Island, quindi come muovermi lo so, ma di certo per trovare la casa avrei bisogno di un aiuto.
    Giusto per tornare alle manie di controllo, perché separarsene. La necessità atavica di avere uno schermo con tutta l'area tracciata, tutte le possibilità segnate, tutto sotto controllo.
    Sono le stesse che vibrano mentre i miei occhi scattano di lato, la vedono prendere cavo, computer, una serie di attrezzi che non mi piacciono.
    O meglio, mi piacerebbero molto, ma con la giusta preparazione psicologica che mi permetterebbe di sapere cosa aspettarmi. Ho colto come sia un'informatica, e la mera logica mi fa pensare che se vuole mostrarmi cosa sappia fare le opzioni sono quelle di farmi vedere qualcosa sul suo computer, o tentare di giocare con le mie cose, questa seconda eventualità potrebbe causarmi un attacco di una certa violenza.
    Non mi piace tocchino le mie cose.
    Non che non siano protette, ho John che si occupa di questo genere di cose e sa quel che fa, il che potrebbe essere per l'appunto un altro problema, anche se secondario al nervosismo del toccare le mie cose.
    Me la immagino la sua faccia mentre scopre che qualcuno sta hackerando uno qualsiasi dei miei sistemi. Diventerebbe molto incazzato. Agguerrito.
    «Forse le mie abilità di multitasking non mi permetterebbero di seguire al meglio la tua dimostrazione» lo dico guardandola, un po' in contraddizione con questa mia affermazione, ma per quanto sia facile guidare senza tenere proprio gli occhi sulla strada, lo sarebbe meno prestare attenzione al computer e a qualunque cosa voglia mostrarmi.
    Magari appena usciti da New York possiamo fermarci dove c'è meno gente. Ora continuo sulla strada, fuori dalla città. Mi sentirei più a mio agio lì in ogni caso.
    Stringo le dita sul volante riscaldato, due, tre volte. Ne saggio la durezza come potesse entrarmi nella carne.
    «Ho la sensazione che anche tu non sei solo un'informatica» a parte l'essere una Cacciatrice, cosa di cui sembra parlare poco rispetto Shaw, neanche il virus della setta non si sia insinuato sufficientemente a fondo nella sua mente. Intendo anche che non sembra la tipica "informatica", forse qualcosa di più vicino a John, e ipotizzo con un po' di scrupoli in più. Anche se quelli di John a volte sanno essere fastidiosi.
    «Come io non sono solo il ricco, bello, famoso responsabile del ramo di ricerca della Li.La» no, decisamente non solo questo, ma la considero una parte importante.
    «Vediamo, io porto avanti esperimenti con molte note illegali importando creature, tu in quali situazioni "in cui è meglio non cacciarsi" ti infili?».
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    Oh ma la tua mania di controllo me la ricordo inclinò la testa trattenendo la risata che le stava nascendo nel petto, era un'emozione strana. Addolcito dalla nota nostalgica dei ricordi.In qualche modo è rassicurante vedere che non sia cambiata aggiunse mentre alternava lo sguardo tra la strada che aveva preso, panoramica e ben più lunga, e lui che guidava con disinvoltura. Era evidente che volesse tenere tutto sotto controllo e in sicurezza, a partire dalla macchina che doveva essere sicuramente un esempio di ingegneria e a tutti gli optional che doveva aver fatto aggiungere. Probabilmente era anche stato installato qualche sistema di sicurezza in più, forse aveva anche chi se ne occupava, ma c'era sempre una falla, lei la trovava sempre. Per questo la sua azienda si impegnava a tenersela stretta e per questo alla fine tutte le società che hackerava non si azzardavano a contradire il suo lavoro, anche in giro sul darkweb aveva il suo nome. Lo sapevano che era una grey hat, che non agiva con fini terroristici e violenti, ma neppure che potesse farsi dei problemi ad hackerare una società per fini di lucro. Il problema era quando agiva su commissione nel mondo oscuro di internet e lì poteva rischiare di incappare in gente che preferiva non conoscere e che non conoscessero lei o chiunque fosse legato a lei. Sono certa che saresti ben capace di seguirmi, ma ci tieni troppo alle tue cose per non voler controllare attentamente ogni mio movimento non era molto diverso da quando nelle fogne lei gli aveva affidato alcuni possedimenti che erano diventati la cosa più preziosa che lui avesse, insieme alla maglia di suo padre, scomparsa insieme a lui nel giorno in cui era scomparso. Non gli aveva ancora chiesto come mai fosse scomparso, se fosse andato via e perché, perché abbandonare quel rifugio quando era al sicuro o se era stato costretto, ma pensare ad Idara, parlare di Idara era talvolta troppo doloroso, perché se è vero che ne aveva recuperato alcuni lembi, altri era del tutto scomparsi. Come i suoi genitori. Si morse le labbra rigurgitando quel pensiero. Già confermò facendo schioccare la lingua contro il palato poggiando lo sguardo su di lui intercettandolo brevemente, prima di guardare qualche secondo anche lei la strada e riportarlo su di lui. Doveva anche aver notato come non parlasse molto del aspetto della sua vita da Cacciatrice, non ora che aveva smesso di cacciare e si sentiva sul bordo di un precipizio. Suo padre non capiva perché avesse quel freno, stava diventando insistente sul suo ritorno in azione, prima o poi se lo sarebbe ritrovato davanti e non voleva attirare l'attenzione di Nicolae Valerious. La verità era che in quel momento voleva solo essere conosciuta per ciò che la differenziava e non per il modo in cui incastrava perfettamente nella macchina oleata della famiglia di Cacciatori Valerious. Lo guardò di sottecchi ascoltandolo, mentre il suo narcisismo galoppante tornava a farsi presente. Scoppiò a ridere alzando le mani in segno di resa davanti a cotanta perfezione. Davvero non lo avrei detto, ma davanti a tutta questa perfezione io non oso contraddirti lo prese in giro, perché il modo in cui sottolineava tutto ciò che era le ricordava il bambino che conosceva, lui era sempre stato il più intelligente dei due, lei quella più scema che aiutava gli altri. Inspirò trattenendo l'aria tra i polmoni mentre Zane le confermava il pensiero che le era venuto già poco avanti, qualche indizio nella Nebbia c'era stato, pochi affinché lei potesse trarre subito le conclusioni, ma ora che lo aveva affermato apertamente comprendeva perché le avesse detto che poteva crearle problemi. Cacciatori e contrabbandieri non avevano propriamente ottimi rapporti, fini diversi e soprattutto agivano in modo totalmente diverso. Se i primi - almeno i più -agivano per la collettività senza farsi pagare, i secondi indubbiamente agivano con fini di lucro. C'era poi la questione di che utilizzo veniva fatto delle creature, per quali scopi, però c'era sempre un punto fondamentale: i cacciatori comunque uccidevano, erano considerati criminali alla stessa stregua per il governo, nessuno sconto per il lavoro svolto. Era un problema che Zane fosse un contrabbandiere? Per i cacciatori lo sarebbe stato sicuro, rischiava di essere bandita e abbandonata dalla sua famiglia lì sulla terra se si fosse scoperto che intratteneva rapporti con uno di loro, per lei era un problema? Non di quelli insormontabili, poteva gestire la cosa, e poteva e voleva farlo perché, doveva proprio dirlo, solo perché si trattava di lui. Si passò una mano sugli occhi, Ho capito quando hai detto che poteva essere un problema, suppongo che Morgan già lo sappia, non dubitava che lui lo sapesse. Del resto solo uno stolto avrebbe provato a giudicare mentre faceva quel che faceva, le sue stesse azioni non erano per fini propriamente puristi. Quelle situazioni in cui le società come la tua mi hanno minacciato più volte perché avevo individuato i punti deboli dei loro sistemi interni e chiedevo solo di essere pagata per sistemare il bug commentò alzando le spalle come se non si trattasse di alcunché. L'ambito della ricerca degli 0-days era qualcosa di estremamente redditizio, ma alle società non andava di essere violate tanto e spesso, e in più quando non aveva accettato. Hai presente la vicenda dell'Istituto assicurativo dello scorso anno, quando emerse il bug per cui qualcuno dall'esterno poteva modificare le cartelle degli assicurati, modificando praticamente la lista di farmaci che erano coperti e anche dei farmaci che dovevano assumere le persone? era retorica la domanda, della faccenda si era parlato abbastanza, non le servì specificare che fosse stata lei, lo diceva il suo sguardo. Non lo aveva svelato nel modo più pacifico, anche perché era talmente tanto grave la cosa da richiedere immediata attenzione, e per poco nel tentativo di far capire tale gravità non vi era scappato un morto.
    Solitamente sono contenti che sistemi i loro lavori, altre volte mi mettono alle calcagna altri hacker, non tutti privi di scrupoli e qualcuno davvero psicopatico. Per il resto sono i lavori su commissioni, non sempre dove devo andare a fare le mie ricerche, alle altre persone piace essere hackerato, e può riguardare di tutto, del darkweb aveva visto di tutto pedofilia, pedopornografia, siti di sequestratori con tanto di foto delle loro vittime. Quello che si nascondeva sotto la superficie delle persone non era sempre ciò che si immaginava, ma a volte era davvero davvero molto peggio e per tutto ciò che aveva visto, mantenere il riserbo su ciò che faceva non era tanto tragico, sebbene fosse curiosa del perché lo faceva. Non era un ambientalista, sfidava a vivere su un pianeta in guerra e fare i moralisti, ma avrebbe aiutato a capire il perché. Quindi non eri diventato uno del WWF quando mi hai fatto fossilizzare una pianta, sono diventata tua complice? era scherzoso il suo tono, ma sottointendeva ad una domanda che erano i suoi occhi a porre tacitamente, come mai aveva intrapreso quel percorso. Per la società? Per il denaro, anche se non ne aveva bisogno?
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    Vorrei solo specificare che non avevo un mania del controllo da piccolo.
    Per niente.
    Forse solo un pochino.
    Ma è decisamente venuta fuori con il tempo.
    Si notava appena.
    Ma capisco quello che intende. Lo capisco perché è quello che ho provato con Shaw, la sensazione di conoscerlo nonostante gli anni passati, l'interpretare in modo quasi automatico quello che fa e a volte pensa. Il problema è che si sbaglia, perché siamo persone diverse da come eravamo vent'anni fa.
    Forse non così tanto. E non lo penso solo perché ho ri-conosciuto Shaw. Lo penso anche perché è esattamente quello che succede anche con Celia, che fa cose, è immersa in un mondo nuovo, è effettivamente molto diversa da come la ricordo, più allegra, ma insieme è anche un filo continuo fra la mia memoria e il presente.
    È ancora così cretina da pensare prima agli altri che a sé. Anche se nella mia testa non suona più offensivo come una volta.
    Sono sicuro che sia lo stesso per lei, che con poche parole già dipinge qualcosa di me che è troppo vero. Sento una punta di disagio per questo, ma so anche che è solo l'inizio.
    È il momento in cui so che qualcuno mi conosce un po', e non mi piace. Per alcuni non c'è nessun seguito se non l'eliminazione, ma Celia non rientra fra questi.
    Celia non è solo una persona, è una di Idara, ma soprattutto, parte di una rete creata anche da Shaw. Fa la differenza.
    «Sì. Lo sa già.» guardo avanti e so che non l'avrei detto se non fosse stato "Morgan" a dirmi di essere del tutto onesto con lei. In un'altra situazione avrei evitato di rivelare cosa lui sappia, chi sta o non sta coprendo, ma la "differenza" sta anche in questo. E non voglio spingermi così oltre da usare le parole giuste per descrivere cosa siamo, tutti noi.
    Mi concentro invece ad ascoltarla, all'inizio mentre dipinge una situazione non così drammatica, ma questo lo dico io perché sono abituato a cose simili, ma in misura minore perché sono più protetto e agisco su una scala ridotta, più privata. Poi però inizia a parlare della faccenda dell'istituto assicurativo, e mi si drizzano le orecchie.
    Faccenda interessante, se posso dirlo. Avevo parlato con John perché la trovavo un'occasione da non perdere, mi sembrava qualcosa che potevamo sfruttare. In modo più sottile, ovviamente, quello aveva fatto un po' troppo scalpore.
    Ma mi piace sapere chi c'era dietro quello scalpore.
    Mi viene istintivo appoggiare il braccio dietro il suo poggiatesta, in una posizione più comoda alla guida.
    «E così sei diventata una criminale incallita di internet» non voglio fossilizzarmi su quanto quest'etichetta possa essere sbagliata, in realtà mi piacerebbe saperne di più e basta.
    Faccio come per porre una domanda in merito, ma devo bloccarmi perché mi batte Celia sul tempo, per un attivo questo accavallarsi di informazioni mi blocca, ma è solo una frazione di secondo.
    «Sì, temo che ormai siamo legati da questo crimine» lo dico con nonchalance, immagino si percepisca l'impellenza del volere approfondire altro e non questa mia attività collaterale che ormai è già in secondo piano.
    «Ma chissà, magari a breve anche da altro, mi sembra tu ti muova in un mondo piuttosto entusiasmante».
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    Morgan già sapeva, era una consapevolezza che poteva aggiungere tutto e niente a quello che lei già sapeva.
    Non che sapere Morgan ne fosse a conoscenza avesse trovato il modo di far convivere la sua natura con il ruolo di Gilles potesse influenzare la sua opinione, sarebbe stata decisa da lei in ogni caso. Doveva ancora come gestirla nel dettaglio, praticamente non si sarebbe potuta definire un’amicizia di quelle normali, era uno di quei legami andavano protetti e andavano tutelate entrambe le parti. Era rischioso, quello era forse riduttivo, ma era qualcosa a cui avrebbe pensato se ce ne fosse stato bisogno. Aveva corso rischi per tante persone, non tutti ugualmente importanti e Zane non era solo una persona, non poteva ricadere in quella categoria.
    Un sorriso accennò a comparire sul suo viso mentre lo guardava manifestare seppur non in modo palese la sua curiosità. Si a volte aveva dei modi abbastanza evidenti per rilevare le falle societarie, ma se non avesse fatto così probabilmente non le avrebbero mai dato ascolto. Il più delle volte provavano a metterle alle calcagna qualcuno, cercavano di identificarla e quelle poche volte che qualcuno era arrivato a lei, non aveva davvero mai fatto ritorno da loro. Era diventata una criminale di internet? Non amava quella definizione, nessun hacker la preferiva davvero, in particolare non lei che ricadeva nel limbo degli hacker che non usavano le proprie capacità per ferire gli altri. Aveva avuto già i suoi pensieri quando si era resa conto che per poco non era morta una persona in quel suo tentativo di rivelare una falla tanto grave. Il movimento del braccio che si andava a poggiare dietro il suo poggiatesta lo aveva captato con gli occhi senza ruotare la testa, però aveva percepito il braccio che si poggiava e il peso improvviso sul sedile come se lo avesse poggiato sulle sue spalle. Ruotò appena la testa e le spalle per guardarlo meglio mentre guidava, se non fossero stati presi da quella conversazione avrebbe speso del tempo a cercare di capire come il bambino che aveva conosciuto fosse cresciuto nell’uomo che aveva davanti, quali degli aspetti della sua vita erano maturati mentre gli altri si erano persi per strada. Probabilmente quelli aspetti che da ragazzino erano così evidenti non erano andati persi. No, Zane restava quel ragazzino fondamentalmente calcolatore, intelligente e abili nel manipolare gli altri. Lei gli aveva lasciato credere di essersi fatta manipolare, quando era semplicemente il conoscere a fondo cosa provasse a spingerla ad aiutarlo ogni volta che lo raggiungeva lì sotto, poi era stato il legame, di fatto Zane era stato la sola persona simile ad un amico, e infine l’affetto che l’aveva fatta anche piangere quando lo aveva creduto morto. Mascherò quello che le stava girando nella testa con una risata. Noi non amiamo quella definizione precisò ammiccando senza cancellare il suo sorriso. Quando riportò lo sguardo sulla strada si morse le labbra, era un dettaglio importante quello che per la mente acuta di Gilles avrebbe rappresentato un’informazione aggiuntiva. Non poteva parlare in nessun modo della sua appartenenza al collettivo, ma poteva comprendere forse in quale “categoria” di hacker si classifica, per quanto lei non amasse dare etichette e non voleva riceverle. Tornò a guardarlo scoppiando a ridere, dal modo in cui provò a glissare su quello che aveva detto della pianta, buttando il tutto sulla sua complicità. Portò una mano al petto, Non so di cosa tu stia parlando…io non ho commesso alcun crimine. Ho preservato una specie aliena ed evitato che una nidiata di ragni ci attaccasse commentò assumendo un’espressione serafica e fintamente innocente. Tamburellò leggera le dita sul suo computer per poi istintivamente avvicinarsi a guardare la console dell’auto. Si trattava bene Zane, il sistema informatico dell’auto era di prima categoria, ma anche se sospettava fosse stato migliorato in modo da garantire la sua sicurezza, dubitava che fosse impenetrabile. Tornò a poggiare la testa sul poggiatesta voltando appena il capo verso di lui e appoggiando il gomito e parte del corpo sul bracciolo centrale che li divideva. Sicuramente meno entusiasmante del tuo, per quanto tu abbia ben poca voglia di aggiungere altro. A ragion veduta, lo capisco commentò, capiva che non si fidava a dare molti dettagli, a parlarne e non voleva approfondire. Capisco che la scoperta di una mia possibile utilità abbia fatto passare in secondo piano la tua attività secondaria. Ora sono curiosa, trovi entusiasmante tutto ciò perché posso esserti utile? Credo che tu abbia già qualcuno che si occupi della tua sicurezza informatica, per quanto non so quanto brillantemente. Si potrebbe sempre verificare, se riesco ad hackerarti la macchina, c’è una falla di sicurezza da correggere, altrimenti in cosa potrei esserti utile.
    Inclinò appena la testa e lo guardò, più interessante guardare le sue espressioni e quello che sentiva che la strada che in fondo era sempre la stessa.
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    Edited by .isabella. - 4/1/2022, 23:48
     
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    Noi, certo. Dovrò informarmi su questo mondo di "informatici", è una parte che demando troppo a John. E non ci vuole un genio per capire che quel "noi" è riferito a una comunità di qualche tipo, solo che non ho le basi per capire quale sia questo tipo.
    Mi prudono le mani. Ci vuole un certo autocontrollo a rimandare la ricerca informazioni. Odio quando devo farlo.
    Mi giro verso di lei, se non avesse posto l'accento su quanto poco io abbia detto di quello che faccio, probabilmente non me ne sarei neanche accorto.
    Ci penso un secondo tornando sulla strada. Sì, sicuramente è passato in secondo piano. Sì, sicuramente avrei cose da nascondere in ogni caso, perché riguardano la mia famiglia, e non posso parlare di loro a cuor leggero.
    Ma è anche difficile spiegare cos'è che faccia. Soprattutto tenendo loro fuori.
    «Oh, sì. Ho il mio piccolo e brillante nerd rinchiuso nel bagagliaio a lavorare sempre per me» uno scherzo, non troppo lontano dalla verità. John è sempre pronto a rispondere alla mia chiamata, vive piuttosto bene visto quanto lo pago, il suo tempo è praticamente un continuo rincorrere i suoi hobby. L'ho scelto con cura.
    «Mi aiuta in quello che faccio, che è piuttosto variegato. Diciamo che è quello che serve» mi sembra un buon riassunto, sì.
    Difficile spiegare ora come l'utilità potenziale è una cosa che vedo sempre. Ma dovrebbe essere contenta, l'averne vista in lei dovrebbe essere qualcosa in più rispetto l'avere legami con persone che di utilità ne hanno poche.
    «Questo non significa che non mi piaccia scoprire i talenti di qualcun altro» sorrido, evitando la nota sul mio concetto di utilità. Non a tutti piace, ho imparato a tenerlo per me, senza nemmeno chiedermi chi possa essere d'accordo e chi no, addirittura chi possa esserne offeso.
    A parte Cole, lui ne è spesso offeso. Lo sente nell'aria quando penso cose simili.
    Ma torniamo a noi.
    Il fatto che chieda se hackerarmi o meno la macchina mi piace. Devo ammettere che la nuova Celia ha più cose interessanti della vecchia, anche se ipotizzo che sia la mia maggiore apertura mentale a notarle.
    Trovo piuttosto accattivante questo lato, la possibilità che sappia come utilizzare il suo potere piegando un po' le normative legali, meno santarellina di quanto pensassi. Di quanto mi lasciasse pensare Shaw.
    Ricomincio a guardarla fissamente, in quella fase in cui l'importanza della mia auto passa in secondo piano. Così mia da potermene disinteressare.
    «Vediamo cosa sai fare, allora» ora la strada è abbastanza libera. Non vuota, ma libera.
    Rende tutto più eccitante.
    Alzo le mani dal volante continuando a non guardare la strada. C'è un sistema di simil-pilota automatico, ma lei non lo sa.
    Non sa che potrebbe comunque frenare da sola, ma non guidarsi da sola, e questo significa che c'è una percentuale di rischio abbastanza solleticante anche per me.
    Vediamo quindi quanto ci mette a violare il sistema della mia auto. Il brivido della scommessa lo sento già bruciare nel sangue.
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    Sentendolo parlare di un piccolo hacker nel portabagagli, Anna fece per girarsi tenendosi poco oltre il suo braccio. Devo fare attenzione a non andare a marcia indietro o potrei farlo fuori allora scherzò prima di tornare a sistemarsi sul suo sedile. Figuriamoci se sarebbe mai stata capace di uccidere un uomo, era un hacker certo, ma non era di certo una black hat. Non aveva mai apprezzato i loro modi estremisti e violenti, lei non se ne faceva scrupoli sull’hackerare una società o commettere un crimine informatico, ma non avrebbe mai e poi mai messo a repentaglio la vita di qualcuno, non avrebbe hackerata un ospedale per manomettere il sistema principale, o non avrebbe mai usato l’hacking per rapire dei bambini. Aprì il suo laptop mentre lui parlava, lei alternava lo sguardo tra lui che continuava a guidare e il suo computer che si accendeva. Variegato, credo che possiamo usare un termine diverso. Potremo parlare di strategie di diversificazione del business? A lavoro da me non si parla mai d’altro. commentò soffermandosi a guardarlo ancora qualche istante, come il ragazzino pauroso che ricordava fosse diventato l’uomo che aveva davanti affascinante e sicuro di sé stava cercando di capirlo. O forse semplicemente quel ragazzino non era scomparso, era sempre lì nascosto nella sua precisione, nella sua ossessione per il controllo, semplicemente aveva trasformato quella che poteva essere una gabbia in un vantaggio competitivo. Cavolo, davvero cominciava a parlare come una donna d’affari, cosa che le sarebbe stata utile appena Netherea avrebbe preso piede. Il vero uomo d’affari era però Gilles, il modo elegante con cui aveva glissato sul concetto di utilità, le suggeriva che era qualcosa non disposto a condividere. Il concetto di utilità era abbastanza semplice in economia, ma fondamentalmente riguardava la soddisfazione individuale o la misura della felicità, poteva immaginare quindi che riconoscerne in qualcuno portava Gilles a dare più importanza a quella persona, nella misura in cui la riteneva appunto utile.
    Abbassò lo sguardo sul suo computer, notando lo sguardo fisso di Zane su di lei, intenso e interessato da tutti quei movimenti, come un bambino davanti alla nuova scoperta, quella che poi avrebbe potuto reclamare come sua. Sistemò la ciocca di capelli che le era caduta davanti ali occhi portandola dietro l’orecchio, ma sapeva che sarebbe ricaduta di lì a poco. Inspirò bloccando tra i denti l’espirazione, lasciandola andare lentamente. Zane era eccitato da tutto ciò, lo sentiva, lo percepiva attraverso quelle emozioni che trasudava dalla pelle e dalle movenze del corpo più interessato ora a quanto avrebbe fatto lei. D’accordo annuì alzando lo sguardo per fissare i suoi, sorrise mentre le dita iniziavano a digitare velocemente sulla sua tastiera dei comandi che aprissero una console per scrivere il codice. Esistono vari modi per hackerare una macchina. Installare un dispositivo di car hacking con una sim di un telefono per poi connettersi a quella sim e hackerare la macchina. iniziò a spiegare mentre le prime stringe del codice prendevano vita davvero velocemente davanti a lei. Un accesso fisico, usando la porta usb della tua magnifica console di comando, un computer di bordo di tutto rispetto alzò appena la mano indicando il computer di bordo accanto a lei, dove, appena pochi secondi dopo che aveva parlato, si era attivato il Park assistant. O hackerare il Park Assistant di una macchina, che ha influenza sul acceleratore un segnale dal suo computer le disse che era collegata, a quel punto non dovette fare altro che richiamare lo script che generasse l’hotkey che per permetteva di usare la sua tastiera come se fossero i comandi dall’auto per manovrare la macchina. Freccia in alto do gas la premette per permettere alla macchina di accelerare, dopo di che per affrontare la curva usò una combinazione della freccia destra, spazio e altre lettere per affrontarla alla perfezione. Certo non deve essere come guidarla davvero questa macchina, perché è una vera meraviglia aggiunse distaccando gli occhi dalla strada per qualche istante e guardare lui. Sorrise e tornò alla guida. Per il dispositivo di car hacking puoi stare sereno, basta fare dei controlli e comunque non credo la tua macchina sia mai incustodita. Per la porta usb, è possibile installare un programma che impedisca l’installazione di malware, anzi si potrebbe infettare qualcuno che prova spiegò, perché le piaceva dare le risposte quando c’era bisogno. Per questo hackeraggio, potrei scrivere una patch e installarla sulla tua macchina, o se mi sento buona rivelare la vulnerabilità alla….è una Maserati giusto? E la riceveresti con il prossimo aggiornamento software. le opzioni erano così semplici, quasi elementari. Lei stava proseguendo per la strada dritta e abbastanza deserta. Si bagnò le labbra prima di aggiungere altro. Dove vuoi che vada…proseguo verso casa mia?
    Perché lo aveva chiesto, non lo sapeva neppure lei. Dove altro doveva andare. In realtà non sapeva dove lui stesse andando, la strada che aveva preso arrivava a Long Island, era solo un po' più lunga del consueto, ma a lei andava bene.
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    Mi viene da sorridere mentre annuisco, ascoltando la spiegazione di come portare avanti un attacco del genere.
    Niente che siano parole al vento. Mi sto divertendo, è vero, ma quello che non si spegne è la parte del cervello che spia e registra informazioni che possono diventare utili. Sto pensando al sistema di riconoscimento vocale che si attiva per i comandi dell'auto, a come questo possa permettere di bypassare l'istallazione di cimici nell'abitacolo di un'auto.
    Ancora meglio. Forse con questi trucchetti sarebbe possibile anche aprire le porte per istallare le cimici e poi riprenderle. Quello lascerebbe meno tracce. Le tracce sono il mio pallino, mi rendo conto.
    «Immagino tutte cose che però lascino una traccia» questo lo farò controllare a John. Questa cosa di avere "davanti" due hacker che si combattono a vicenda, cercando di stanarsi, non è solo divertente, ma anche piuttosto utile. Un controllo incrociato in automatico.
    Sposto l'attenzione sulla strada. La guida non è sicura e dolce come la mia, ma considerando che sta guidando con un computer direi che se la sta cavando anche piuttosto bene. Ma come dice lei, quest'auto è una meraviglia. Non esiste scomodità su questi sedili.
    «Temo che questo è l'unico modo in cui potrai guidarla, ma sì, posso garantire che è una meraviglia» non le faccio davvero il verso, ma metto i giusti paletti. Volevo vedere di cosa fosse capace e mi piace abbastanza, ma mettersi al posto di guida nella mia auto è fuori discussione per chiunque.
    Mi appunto le migliorie che vuole apportare al mio gioiellino, tutte che condivido. Ovviamente devo parlarne anche con John, immagino che il sapere che c'è qualcuno in competizione con lui potrebbe fargli fare imprese che prima riteneva impossibili pur di non deludermi. Potrei anche pensare di presentarli a un certo punto, ma è il caso di non correre.
    Torno su Celia. Muovo la mano dietro il suo poggiatesta, riportando la ciocca che si torturava prima dietro l'orecchio perché ci rimanga.
    «Lascia perdere l'aggiornamento alla Maserati. Non mi piace né aspettare né condividere» serio e secco nel tono, le sorrido solo dopo poco, quando riporto le mani sul volante.
    «Facciamo che proseguo io verso casa tua. Non dovrei spremere troppo una persona che è stata reclusa in ospedale per tutto questo tempo, no?».
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    Non era sorpresa dell’acume di Zane, era sempre stato un bambino intelligente, forse anche troppo. L’arguzia spesso portava ad una leggera indisponenza, alla saccenza, e Zane di questo ne era un massimo esperto, e molto spesso a credersi migliori. Alternava velocemente lo sguardo tra lui e la strada, intuendo quanto quello che stava vedendo gli interessava, e percependo quell’interesse crescere man mano che lei parlava. Annuì debolmente. Ovviamente ci sono scorie digitali in ogni collegamento hacker, tutto sta nel proteggersi e nel cancellarle. Da una scoria digitale puoi risalire al codice bluetooth ad esempio di un telefono o al suo Mac address e a quel punto essere rintracciato spiegò mentre continuava a guidare la macchina. Non era esattamente come guidare un’auto dalla postazione di guida, non avevi la stessa piacevolezza, ma era anche l’unica sensazione che avrebbe potuto provare. Gilles ci tenne a specificarlo. Peccato, è davvero una macchina che fa venire qualche desiderio sospirò, ma poteva capirlo. Lei non aveva mai posseduto realmente molto nella vita. E’ uno dei tuoi tesori, dei tuoi nuovi tesori commentò sorridendogli, perché ricordava come lo aveva trovato, dove anche un foglio di carta per lui sembrava qualcosa di prezioso. Non lo stava prendendo in giro, soprattutto ricordando come neppure nei loro sogni avrebbero mai potuto immaginare che un giorno lui possedesse qualcosa del genere. La ciocca di capelli che era caduta prima tornò a tormentarla, ma questa volta non era consigliabile staccare le mani dalla tastiera. Provò a soffiarla via e muovere la testa di lato per farla allontanare, ma aveva bisogno necessariamente di andare a tagliare i capelli. Sebbene fosse concentrata sulla strada e sulla guida dal computer, la sua vista periferica aveva notato la mano di Zane che si muoveva velocemente dalla sua postazione per avvicinarsi alla ciocca, raccoglierla e spostarla. Forse fu per questo che non sobbalzò, anche se per una frazione di secondo percepibile solo se particolarmente attenti le sue dita avevano allentando alla pressione sui tasti. Ne riprese il controllo nella frazione di secondo successiva, non si voltò a guardarlo subito mentre lo ringraziava pronunciando un Grazie, devo tagliare i capelli e abbozzando un sorriso. Era strano pensare che qualcuno che avevi ritenuto morto per 21 anni della tua vita potesse allungare una mano e sistemare una ciocca di capelli. Gli sorrise senza soffocare la risata che era emersa quando aveva parlato della sua impazienza. Sei sempre stato un soggetto così altruista e paziente commentò scherzando perché Zane era sempre stato tutt’altro che altruista, almeno nei confronti dei più, poi forse aveva iniziato a manifestarlo un po’ ne i suoi riguardi. Dammi qualche giorno e l’avrai commentò la ragazza, Sarai il primo a beneficiarne, poi però tra qualche tempo la invierò alla Maserati, per me quelli sono soldi puliti. Le compagnie, dovresti saperlo, pagano parecchio per scovare le proprie vulnerabilità commentò diventando più seria. Uno 0-days poteva fruttarle da 100 Milla a mezzo milione di dollari, a seconda di quanto fosse grave la vulnerabilità, e lei aveva bisogno di quei soldi per mandare avanti la famiglia, il progetto che aveva in mente. Lasciò andare le mani dalla tastiera, disconnettendo il computer e cancellando le tracce dell’accesso. Tu credi, piuttosto dopo che sei stato chiuso per 10 giorni, chiudermi di nuovo non è il mio primo pensiero, però hai da fare e quindi si va bene casa mia. Anzi grazie anche per il passaggio le parole le uscirono velocemente, mentre stava spegnando il laptop e lo sistemava nella borsa.
    Era naturale che avesse da fare, era il capo ma aveva anche un lavoro a cui tornare e degli impegni connessi a chissà quale delle sue molteplicità attività. Da come ne parlava sembrava gestire un impero di possibilità. Avrebbe avuto le sue ricerche da fare. Però prima di salutarsi una domanda ancora la voleva porre, visto che non mancava molto all’arriva a casa sua, voleva togliersi quel dubbio. Posso farti una domanda? chiese perché aveva compreso che se era preparato era anche meglio disposto a rispondere alle sue domande, con Zane bisognava sempre essere pazienti ed aspettare. Si morse le labbra, mentre le tornava la mente su Idara, a Ordar, ai cunicoli delle fogne e a lui nascosto. Cosa è successo a Ordar, perché…sei andato via o ti hanno trovato? gli chiese, mentre Celia riemergeva dentro la sua testa a chiedere perché l’aveva lasciata lì, lei che aveva si la sua famiglia ma davvero poche persone che riteneva amiche.
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    Il commento mi colpisce come un treno in piena faccia.
    Me lo ricordo cosa significa non possedere niente, quanto ci si possa ridurre ad essere patetici considerando persino un pezzo di metallo arrugginito un tesoro prezioso.
    A Idara non avevo niente. Avevo meno di niente. Non avevo neppure una spiaggia.
    Quando sono arrivato qui hanno dovuto inculcarmi che tutte quelle cose erano mie, e potevano esserle per sempre.
    Abituarmi a non rubare il cibo da tavola per nasconderlo in cantina. A non accumulare i vestiti, oggetti che potevano servire alla sopravvivenza o a combattere.
    Non sono così idiota da non sapere che c'è un pezzo di questo nella foga che mi viene di possedere, e possedere ancora, e riempirmi, e ingozzarmi, e riempirmi di nuovo.
    Asher dice che siamo uguali in questo. Non è così.
    La sua è avidità. È essere abituato a così tanto potere e noia da non saper dare valore a niente. Lui svilisce tutto quello che tocca e vuole averlo solo per svuotarlo di ogni cosa.
    Asher crea vuoti e buchi neri ovunque vada.
    Io lo sono.
    Forse il comportamento è lo stesso, ma l'origine molto diversa.
    Per questo non mi piace il fatto che si ricordi di quando ero ancora meno di adesso. Di quando non ero solo un buco nero, ma uno che non era riuscito neanche ad accumulare così tanto da creasi dei bordi, un contenitore, qualcosa sopra che mascheri tutto.
    Quando ero così patetico da ritenere che anche un ratto morto per un masso cadutogli addosso e non una malattia trasmissibile fosse un immenso tesoro. Per me era un pasto. Mi durava anche due giorni.
    «Almeno stanno meglio dell'ultima volta. Erano tagliati piuttosto male» è la mia vendetta. Lei parla dei miei tesori, io dei capelli che nella polvere delle miniere si spegnevano e seccavano e diventavano una zazzera spettinata e rovinata.
    Una vendetta che non nasce dalla rabbia. O almeno, è la rabbia che non è nata così, da sola, ma nasconde qualcos'altro.
    È quella rabbia che si accende all'istante quando c'è qualcosa che fa sentire vulnerabili.
    Alla fine lo capisco, quello che dice. Il voler dare comunque l'aggiornamento anche alla Maserati, anche se classifico immediatamente la cosa nella mia testa, e vuol dire che non posso fidarmi completamente di lei.
    Non come mi fido dei miei collaboratori. Loro sono pianeti che ruotano intorno a me. Per loro è giorno quando io decido che lo è, ed è notte quando io me ne vado.
    Celia ha dei bisogni che sono come i miei. Il dimostrare di farcela e di avercela fatta, due bisogni diversi e ugualmente appuntiti.
    E so che devo stare attento, sono il genere di cose che mi fanno scattare con violenza.
    Come il fatto che Shaw mi abbia detto che per lui è come una sorella, abbia allungato paletti, messo puntini sulle "i" che non ho deciso io.
    Devo stare attento a come tutto mi faccia volere di più.
    A come tutto mi faccia voler possedere e poi distruggere.
    Ironico come in questa cornice parlare di quello che è successo a Ordar sia quasi un sollievo. Abbastanza da rendermi conto che sto correndo un bel po'. Ma proprio un bel po'.
    Più che rallentare smetto di accelerare, il resto viene da sé.
    «Ero uscito a cercare cibo, avevo messo paura a tutti i topi del rifugio» capitava a volte, quando lei non passava per qualche giorno. Di solito mi portava cibo a sufficienza da ridurre le mie uscite al minimo indispensabile, a volte permettendomi di non farlo affatto.
    Poi a volte capitava che lei non ce la faceva a tornare per un po'.
    Patetico era anche il modo in cui fossi finito a dipendere così tanto da lei che il pensiero che fosse morta come tutti gli altri non riuscivo a farlo con la stessa freddezza. Mi arrabbiavo. Le facevo dei dispetti, per questo.
    Erano le volte in cui quando tornava la trattavo male.
    «Mi sono spinto più lontano del solito e dei trafficanti di bambini mi hanno trovato».
    Ne giravano tanti. Soprattutto vicino i rifugi dei bambini di Ordar. Quelli dove Shaw e io eravamo finiti all'inizio.
    Proprio quello dove eravamo finiti, perché volevo vedere se fosse già stato adottato da qualcuno e l'avessero mandato via.
    «Mi hanno venduto su Salusa I, lì c'era un mercato di bambini» e da qui in poi la mia storia è quella del bastardo più fortunato di ogni dove.
    Lì quelli come me li compravano per scopi molto meno accettabili che rifornire gli orfanotrofi per famiglie che possano permettersi adozioni molto costose.
    Una fortuna che io fossi abituato a non poter morire, perché se fossi stato un morto che cammina come gli altri avrei accettato il battesimo del fuoco che offrivano, che preparava alla vita miserabile che faceva da ponte fra quel posto di merda e una morte più completa.
    Fortunato perché potevo essere meglio impiegato come bambino soldato, di nuovo, ne avevo già l'addestramento.
    Ancora di più perché hanno capito quello che su Idara era passato in sordina, perché ero troppo prezioso: non ero fatto per la guerra. Troppo cagasotto.
    E in altre dimensioni non avevo il valore di riemerso.
    Perché sprecarmi come ennesimo kamikaze, ovunque ne servano ci sono anche abbastanza orfani disperati e mutilati da usare, di certo non serve pagare per averne.
    «Mi hanno portato a Cipro dove avrebbero potuto spacciarmi per l'ennesimo orfano di guerra di quelle parti, e fortuna vuole che i Buchanan volessero comprarne uno, e hanno scelto me».
    Mi tengo su una velocità alta. E potrei non guardare tanto la strada, ma almeno la velocità è un'ottima scusa per farlo.
    Per non farlo ancora.
    Non farlo ancora.
    «Soddisfatta?» mi giro a guardarla, non esattamente con un animo critico.
    In realtà, soprattutto in merito a questo, non provo assolutamente niente.
    follow on the road back down
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    Lo aveva capito subito dopo aver parlato che c’erano cose che era meglio non dire, che forse non c’era più quel legame tale da giustificare che lei potesse dire determinate cose. Su quel pianeta lei era meno di niente per lui, se anche su Ordar poteva considerare quello che avevano condiviso come le basi di un’amicizia, lì sulla terra, lui non aveva alcun bisogno di lei e Anna se ne fece una ragione.
    Lei non voleva parlare dei suoi tesori in modo che lui si ricordasse di quel periodo, ma ecco la percepiva quella sensazione che lo anima, non era intensa, sembrava quasi starsene in sordina, ma purtroppo dopo una quarantena dove era rimasta quasi a secco di emozioni altrui, ora quel di Gilles erano come una dose data a qualcuno in astinenza da troppo tempo, le percepiva tutte e con forza. Sorrise accusando il colpo leggero delle sue parole, perché se la ricordava la vita lì sopra, la ricordava fin troppo bene, anche se a volte provava a dimenticarla, anche se a volte provava a pensare come sarebbe stato se i suoi non fossero morti e lei fosse rimasta su Idara. Non dire sciocchezze, il tuo asilo politico era già stato scelto, era solo questione di tempo pensò per qualche istante.
    Avevo 9 anni ed ero un maschiaccio rispose come se quelle parole non le avessero fatto nulla, quando in realtà non era così, ma era brava a dissimulare.
    Lo aveva capito in quei pochi minuti che lui forse non si sarebbe mai fidata di lui, così come aveva fatto un tempo, perché non avrebbe aiutato solo lui, perché quello non era solo per lui. Forse però glielo doveva, forse avrebbe dovuto considerare l’idea che per qualcuno che conosceva e recuperava dopo tanto tempo poteva mettere da parte i suoi obiettivi e le sue speranze. Lei però non aveva mai posseduto nulla, come lui, e quel poco che aveva avuto non aveva mai avuto problemi a darlo a lui, perché…. Era inutile interrogarsi ora sui motivi, sul perché a suo tempo aveva preso tanto a cuore un bambino fuggito che strisciava nelle fogne di Ordar. Però percepire quell’emozione così diversa da quella a cui era stata abituata quando aveva nove anni, era stato così strano, così sbagliato nella sua mente. Guardò la strada perché non riusciva a fissarlo ora in viso, la strada che scorreva veloce era un diversivo migliore, intenzionato com’era a tornare immediatamente a casa. C’era qualcosa che poteva fare per rendere la sua patch più resistente, e migliore di quella che avrebbe venduto alla Maserati, ma non era pronta a rivelarli quel dettaglio. Socchiuse gli occhi lasciando andare un sospiro leggero.
    Non credere che tratterei te e la Maserati allo stesso livello. furono le sue parole, che lui poi capisse cosa lei volesse dire e a cosa dava più importanza era un suo problema. Diciamo che non posso rivelarti come verrà scritta, ma ti basti sapere che saranno diverse, non avrebbe rivelato a lui ie soprattutto non in quella macchina che aveva sviluppato un linguaggio di codice in Idarian, che poteva scrivere un codice nella loro lingua madre che fosse leggibile dai sistemi terrestri ma difficilmente hackerabile, forse impossibile.
    Detto questo prestò attenzione alle sue parole, perché da un lato sapeva di volerlo sapere, di averne bisogno. Cavolo aveva solo sei anni quando aveva capito cosa significava perdere qualcuno di importante, e da allora si era ben premurata di non affezionarsi più a nessuno, perché quelle emozioni che per altri erano forti per lei erano terrificanti amplificate da quelle altrui. Quando era scomparso lui, nessuno sapeva delle sua esistenza a parte lei, ma quello non aveva sottratto nulla al pensiero che potesse essere morto. Strinse la mano sulla portiera guardando la strada, perché mentre correva veloce lui, correvano veloci i suoi pensieri e anche le emozioni che lei ricordava. Lo guardò poco prima che lui finisse di parlare, quando la sua ultima parola risuonò e lui si voltò a guardarla, la trovò già lì con gli occhi puntati.
    Al diavolo la prudenza, non poteva pensare di camminare in punta di piedi quando il suo modo di pensare le suggeriva sempre di preferire la schiettezza. Dannata lingua che obbligava a saper ancor prima di parlare cosa si volesse. No esordì, Mi hai fraintesa, non era mera curiosità la mia. Ti ho cercato tanto… ammise abbassando lo sguardo per farlo scivolare fuori verso la strada. Per giorni dopo che eri scomparso, non riuscivo a capire dove fossi. Ho pensato che fossi andato via, che non mi volessi più tra i piedi. Ho pensato che ti fossi perso e penso di aver battuto le fogne di Ordar in lungo e largo rise ricordando la disperazione che poteva cogliere una bambina di nove anni appena. Poi ho temuto che fossi morto si fermò perché non avrebbe detto nulla su quel pensiero, non avrebbe manifestato a lui quanto la loro amicizia durata solo 2 mesi fosse stata importante. Solo alla fine ho pensato che fossi stato trovato e lì son iniziati i sensi di colpa ammise brevemente bagnandosi le labbra. Abbassò di poco il finestrino lasciando che l’aria le sferzasse leggermente il viso
    Non era curiosità ripeté perché non sapeva se voleva spiegare perché avesse fatto quella domanda. Hai detto che…sei andato su Idara e mi hai cercato. È come se io ti chiedessi perché, ma non lo avrebbe fatto, non perché non voleva sapere la sua risposta, o non gli desse importanza, perché forse a lui non andava di parlarne. Lui in quel momento lo sentiva, non provava niente, era come un enorme vuoto cosmico, qualcosa che poteva risucchiarla, ma c’era lei che le stava riprovando tutte le emozioni provate da Celia a nove anni. Tristezza, rabbia, disperazione, rimorso.
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    «Asleep at the morning I hold my arms to the warning signs. Vacant reliving. Times we never saw. We rehearse like we know it all. Take what you're given, follow on the road back down. Not even heaven knows. Take what you're given, follow on the road back down. Not even heaven knows»
    33y.o. – r&d executive manager – dimensional refugee – black m. – animagus – so. lousiana accent
    Lo dimentico sempre: le persone spesso si offendono.
    E non è vero che lo dimentico. Il più delle volte, magari, perché non mi interessa, ma altre... altre è quasi voluto.
    Un "quasi voluto" senza quasi.
    Non mi piace. Non mi piace sentire questa cosa che immagino sia un leggero senso di colpa. Che sia leggero o meno per gli altri, per me è piuttosto fastidioso.
    E continua. Continua.
    Continua.
    Non mi infastidisce che sia curiosità, non mi importa se è quella o meno. Non mi piace pensare al passato, sentire qualcosa quando non posso nemmeno averne controllo davvero. Tutto qua.
    Giro che ancora sto correndo troppo, rallento perché l'ingresso in zone un po' troppo popolate è imminente, e in fondo ho controllo su me stesso.
    Ho controllo su me stesso.
    «Tranquilla, è tutto passato» il tono è ironico, prossimo a uno scherzo, ma è una cosa in cui credo.
    È davvero passata una vita. Se mi guardo indietro, trovo traccia di quel ragazzino solo perché Idara non se ne va mai via del tutto. E io neanche glielo permetto.
    Ma di certo non passo giornate a chiedermi come sia potuto accadere qualcosa di così terribile. La mia vita è quello che è adesso.
    «Non è un crimine essere curiosi, comunque» io lo sono di continuo, ma non lo aggiungo, non vorrei legittimarla più del necessario.
    Va bene che io metto becco in tutto e ficco il naso ovunque, ma questo non vuol dire che gli altri possano farlo con me, anzi.
    E in effetti, dire quello che sto per dire, forse può essere controproducente, ma lo faccio comunque. Dopo essere stato così insofferente se lo meriterà pure.
    Così come si merita che non sottolinei come nell'esempio che ha fatto la situazione non sia molto diversa. In fondo è sempre lei che vuole sapere qualcosa.
    Fosse per me, lo scoprirei in modo più sottile.
    Illegale.
    Sottile, andrà benissimo.
    «Ho solo controllato se fossi morta, invece eccoti qua».
    follow on the road back down
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