Non sono mai sicura che questo genere di cose, siano giuste. In un certo senso, è come se avessi un lato della mia testa che non fa che ripetermi che sono stupida, e che no, non dovrei girare sempre intorno alle cose e cascare ogni volta come un’idiota. Ma a dirla tutta, credo che questi siano giorni in cui si sta facendo tutto molto più complesso, e in cui il semplice fatto di non poter reagire in quel modo automatico e collaudato, mi pesa. Sì, parlo del prendere una bottiglia di vodka e finirla. Solo che non posso, perché sono incinta, ma anche perché non posso semplicemente eclissarmi come vorrei quando ci sono altre cose che richiedono la mia presenza. Come mio fratello, ad esempio, e tutta una serie di cose secondarie. Il lavoro, quello a cui mi sono dedicata più del normale solo per non dover pensare, perennemente, a tutto quello che è successo. Lo so che in fondo, è solo che ho questa sensazione di star perdendo tutto ad essere corrosiva in mezzo a tutto il resto, e che mi fa spingere nella necessità di impedire che accada. Non posso lasciare che succeda e basta, non posso stringermi in un angolo e sperare solo che tutto passi. Prendo un respiro, lancio uno sguardo verso la cucina, la credenza con gli alcolici che sì, restano un invito anche quando tutto quello che posso permettermi, è il bicchiere di rosso che trattengo fra le dita anche mentre mi sposto verso la porta, mettendo su un sorriso che è uno sbuffo nel sentire Rafe dall’altro lato. C’è quella voce, nella mia testa, è vero, ma c’è anche quella che mi dice che forse va bene così. Che anche tenermi tutto contro è un errore e questo, questo l’ho imparato da poco. Ed è che semplicemente, non penso di essere capace di essere una “persona normale”, ma se questo è vero, vero è anche che ci sono stati momenti della mia vita in cui ho saputo che non era una cosa che dovevo fare. Resto appoggiata contro il muro mentre lo guardo entrare, premendo il bicchiere verso le labbra per prenderne un sorso breve, come se dovessi misurarlo per fare in modo che il vino duri di più, e non si consumi subito in un niente, lasciandomi del tutto a secco. «Davvero ti sembro una da principe azzurro?» mi scosto appena dalla parete, indicando la strada verso il salotto con un cenno della testa prima di avviarmici, con il rumore delle zampe di Whiskey che mi segue nel tragitto fino al divano. Io invece, torno a guardarlo, allungandomi appena per lasciare il bicchiere sul tavolino, e tirando su i piedi per mettermi un po’ più comoda sui cuscini. Se ci penso per un secondo in più, sembra quasi una battuta di quel tipo di umorismo brutale, quello che ho appena detto. C’è un’ironia di fondo, visto che alla fine, invece, posso dire che in tutto questo tempo, sono stata sempre e solo io quella che doveva essere salvata, e che lo è stata. Ma lascio andare un respiro di quelli che sanno di voglia di nicotina, una che resta insoddisfatta come quella di più alcol di quello che ancora, sorseggio brevemente. «Potrei quasi offendermi» lo so che ho un tono meno attivo di tutte le altre volte, uno un po’ stanco, uno un po’ in un modo che onestamente, detesto. «Nah» alzo appena le spalle, mentre con la mano libera gli faccio cenno di sedersi sul divano, di fianco a me. Probabilmente, anche questa mia intenzione è tutta una colossale stronzata, e dovrei rassegnarmi al fatto che non sono fatta per questo tipo di cose. Solo che no, non sono capace di farlo e di starmene solo qui, senza provare a fare niente. «Anche se in realtà, volevo davvero chiederti qualcosa, anche perché ad essere onesti ora come ora dubito davvero che sarei una gran bella compagnia, e non ti odio abbastanza da chiamarti solo per una chiacchiera deprimente con una me davvero troppo sobria»