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Edie/Rafael | Maggio 2021

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    Ci sono poche persone che conosco per cui correrei in questo modo dopo aver ricevuto un messaggio, sfrecciando tra le strade di una città che non sa mai sembrarmi familiare mentre due ruote solcano l'asfalto di una zona non mia. Come se poi qualche zona di New York potesse mai esserlo. A dire la verità, forse, dovrei ammettere che conosco poche persone in generale, senza contare quei contatti a fior di pelle che ovviamente non valgono. Conosco poche persone ma per loro farei i miracoli, se potessi, se non fossi solo un buono a nulla che nella vita è stato utile solo per i piani diabolici di una madre degenere. Ma comunque mi andava di dirlo, perché per quanto riguarda Edie questa storia è un po' più vera, andrei davvero all'inferno pur di raggiungerla quando mi fa capire di averne bisogno. E non so se sia perché sono cotto di lei, non penso, perché in fondo non sono mai stato un tipo egoista. Penso che sia più un volersi bene fraterno, nonostante tutto, che mi spinge ad avere quasi il fiatone per raggiungerla in un momento come questo. Che poi lo farei lo stesso, anche se fosse perfettamente felice, però ora forse vale un po' di più perché lo so che non sta bene e i suoi problemi riesco sempre a sentirli più miei dei dovuto.
    «Principessa mi dica tutto ciò di cui ha bisogno.» Lo dico picchiando non troppo violentemente sulla porta prima di socchiuderla piano, anche se so che mi sta aspettando perché quel messaggio è arrivato poco fa e glielo ho fatto sapere subito che sarei venuto qui.
    «A parte se hai bisogno urgente di essere salvata da un principe azzurro perché bleah, mio Dio, non potrei mai
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    Edited by Patrizia. - 7/1/2022, 16:42
     
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    Non sono mai sicura che questo genere di cose, siano giuste. In un certo senso, è come se avessi un lato della mia testa che non fa che ripetermi che sono stupida, e che no, non dovrei girare sempre intorno alle cose e cascare ogni volta come un’idiota. Ma a dirla tutta, credo che questi siano giorni in cui si sta facendo tutto molto più complesso, e in cui il semplice fatto di non poter reagire in quel modo automatico e collaudato, mi pesa. Sì, parlo del prendere una bottiglia di vodka e finirla. Solo che non posso, perché sono incinta, ma anche perché non posso semplicemente eclissarmi come vorrei quando ci sono altre cose che richiedono la mia presenza. Come mio fratello, ad esempio, e tutta una serie di cose secondarie. Il lavoro, quello a cui mi sono dedicata più del normale solo per non dover pensare, perennemente, a tutto quello che è successo. Lo so che in fondo, è solo che ho questa sensazione di star perdendo tutto ad essere corrosiva in mezzo a tutto il resto, e che mi fa spingere nella necessità di impedire che accada. Non posso lasciare che succeda e basta, non posso stringermi in un angolo e sperare solo che tutto passi. Prendo un respiro, lancio uno sguardo verso la cucina, la credenza con gli alcolici che sì, restano un invito anche quando tutto quello che posso permettermi, è il bicchiere di rosso che trattengo fra le dita anche mentre mi sposto verso la porta, mettendo su un sorriso che è uno sbuffo nel sentire Rafe dall’altro lato. C’è quella voce, nella mia testa, è vero, ma c’è anche quella che mi dice che forse va bene così. Che anche tenermi tutto contro è un errore e questo, questo l’ho imparato da poco. Ed è che semplicemente, non penso di essere capace di essere una “persona normale”, ma se questo è vero, vero è anche che ci sono stati momenti della mia vita in cui ho saputo che non era una cosa che dovevo fare. Resto appoggiata contro il muro mentre lo guardo entrare, premendo il bicchiere verso le labbra per prenderne un sorso breve, come se dovessi misurarlo per fare in modo che il vino duri di più, e non si consumi subito in un niente, lasciandomi del tutto a secco. «Davvero ti sembro una da principe azzurro?» mi scosto appena dalla parete, indicando la strada verso il salotto con un cenno della testa prima di avviarmici, con il rumore delle zampe di Whiskey che mi segue nel tragitto fino al divano. Io invece, torno a guardarlo, allungandomi appena per lasciare il bicchiere sul tavolino, e tirando su i piedi per mettermi un po’ più comoda sui cuscini. Se ci penso per un secondo in più, sembra quasi una battuta di quel tipo di umorismo brutale, quello che ho appena detto. C’è un’ironia di fondo, visto che alla fine, invece, posso dire che in tutto questo tempo, sono stata sempre e solo io quella che doveva essere salvata, e che lo è stata. Ma lascio andare un respiro di quelli che sanno di voglia di nicotina, una che resta insoddisfatta come quella di più alcol di quello che ancora, sorseggio brevemente. «Potrei quasi offendermi» lo so che ho un tono meno attivo di tutte le altre volte, uno un po’ stanco, uno un po’ in un modo che onestamente, detesto. «Nah» alzo appena le spalle, mentre con la mano libera gli faccio cenno di sedersi sul divano, di fianco a me. Probabilmente, anche questa mia intenzione è tutta una colossale stronzata, e dovrei rassegnarmi al fatto che non sono fatta per questo tipo di cose. Solo che no, non sono capace di farlo e di starmene solo qui, senza provare a fare niente. «Anche se in realtà, volevo davvero chiederti qualcosa, anche perché ad essere onesti ora come ora dubito davvero che sarei una gran bella compagnia, e non ti odio abbastanza da chiamarti solo per una chiacchiera deprimente con una me davvero troppo sobria»
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    Sono sempre stato abituato a sentirle le cose, a provare la loro pressione sotto pelle come istinti così facili da analizzare e percepire, perché simili ai miei. Crescendo con gente uguale a me è sempre stato naturale, non poter avere segreti, non poter nascondere nulla perché sarebbe impossibile, per noi, reprimere ciò che la nostra anima spinge contro ogni sguardo, ogni smorfia e ogni parola che pronunciamo. E' quasi simpatico come io abbia continuato a circondarmi di gente facile da capire. Perché c'è stata Jude, per un certo periodo, con cui era facile scambiare ogni sensazione. E anche con Edie era così all'inizio, questione di istinti che si capivano e basta, senza il bisogno di fare domande. Eppure adesso penso di conoscerla bene abbastanza da vederlo come ci sia qualcosa che non va, anche se i suoi istinti più facili da percepire si sono spenti con la sua maledizione. Rimane comunque Edie e io forse ho imparato a capirla, almeno un po'.
    «Come se non lo sapessi che mi andrebbe bene anche stare con te in silenzio, sobria e magari pure con la luna storta.» E sono sicuro che non sia per la mia famosa cotta esagerata che penso di avere nei suoi confronti, ma semplicemente perché con lei sto bene e non devo fingere di sapere come ci si comporti, in situazioni come questa. A quanto pare mi ha chiamato per un motivo, ma probabilmente mi sarebbe bastato anche che mi avesse chiamato e basta.
    «Dai, sentiamo cosa vorresti da un me sobrio. Pensavo di essere inutile da sobrio.»
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