Cosmic Dancer

Den/Liz | 20 Marzo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1   -1
     
    .

    Senior Member
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Zombies
    Posts
    33,368
    Reputation
    +10,975
    Location
    Chevy Impala '67

    Status
    NEW_POST




    Eliza Graham


    eliza graham ⋆ crossroads calvary's crier ⋆ possessed ⋆ New york ACCENT

    H
    o cominciato ad abbracciare la romantica follia che se ci avessi sperato abbastanza, la fine non sarebbe mai arrivata. È stato come pregare per una notte eterna, un cielo rosso perenne, una meraviglia naturale impossibile. Devo aver pregato come lo facevo da viva, una divinità alla volta per richiedere miracoli che non sarebbero avvenuti, le ho sfiorate tutte prima di arrivare a quella che sì, mi ha reso qualcosa che volevo ma mi ha portato via tutto il resto. Mi sono domandata molte volte se lo sapessero, quanto avessi anelato la libertà, così da vincere nel sadismo più sordo quando me l’hanno tolta per sempre. Senza sapere che a una donna come me si può togliere tutto, l’amore, la famiglia, qualsiasi desideri, tranne quello che è sempre stato una ragione di vita. Pazienta. Mi ripetevo. Pazienta, Eliza, arriverà. E alla fine è arrivato. Faccio fatica a guardarlo, il momento in cui finalmente posso riprendermi ciò che è sempre stato mio, ciò che io devo a me stessa, che necessito dalla mia nascita. Quando ricompaio nel salotto di questa casa, illuminato solo dai neon, rimango immobile e in silenzio per qualche istante. Ascolto un silenzio che non è realmente composto da solitudine, ma anzi, è pieno. È ricolmo della sua presenza. Lo ascolto, lo accarezzo, è forse l’istante più sincero che possa permettermi in sua presenza, perché lui è in un’altra stanza. Perché non può vedermi, non può sentirmi, non può stringermi, non può toccarmi. Non sa neanche che sono tornata. E questo è il momento più sincero che posso avere con lui, uno in cui siamo distanti metri di stanze in una casa buia e silenziosa. Scosto i capelli all’indietro, prendo un respiro dalle narici raddrizzando la schiena, sollevando il mento. Mi sfilo il cappotto, lo abbandono su un divano e poi mi muovo verso la stanza da letto. Immagino sia lì. A ogni passo mi concentro sulla mia espressione per renderla più dolce, meno crepata, meno amara, meno aspra. Mi impegno per avere un sorriso quando alla fine vedo la luce della camera da letto illuminare il corridoio, e un po’ in realtà non ho bisogno di impegnarmi. Un po’, vien da sé, un sorriso. Per quanto malinconico e rovinato. Mi fermo sulla soglia della porta, poggiandomi allo stipite con una mano che lo tiene e la testa inclinata da un lato per poggiarcisi sopra. «Ehi», un mormorio che ha paura di farsi sentire. Gli sorrido e per qualche istante, lo guardo e basta. Non mi muovo ancora, quasi temessi di crollare su me stessa una volta perso il pilastro su cui mi reggo. So che non è così, ma è una bella sensazione quella di essere sul punto di lasciarsi andare. «Ho una bella notizia, che è anche un po’ brutta.»


    aes
    32y.o.
    414y.o.
    crier

     
    Top
    .
  2.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,617
    Reputation
    +8,978
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    hunter
    half-native
    hoodoo
    parabatai
    maine
    28 y.o.
    spirit perciever
    caiden crain
    Non so come chiamare questa cosa. Una pausa, una vacanza, un prendersi il tempo anche quando non c’è, però non c’è neanche qualcosa di concreto da fare e allora al massimo posso spendere altre ottanta ore al giorno buttato su libri che ormai posso anche recitare a memoria. Però c’è sempre, alla fine, quel senso che anche in casi come questo, mi dice che sto non lo so, oziando. O qualcosa di molto simile. Che non sono produttivo, ecco. È una sensazione strana, una che non provavo da un bel po’, da quanto quei tre anni me li sono presi, e ogni giorno avevo proprio questa sensazione addosso, anche se ero bravo, circa, a cacciarla in fondo a tutto per non doverla stare a sentire, non con così tanta consapevolezza almeno. Adesso è un po’ diverso, forse perché non si tratta di idee, o pensieri più astratti, ma di qualcosa di incredibilmente concreto che se ne sta fermo, lì, e si fa aspettare. Però, probabilmente, è anche vero che mi serviva staccare per un po’ la spina, e non restare appunto sempre su quegli stessi libri come se magicamente, da un momento all’altro, fra una rilettura e l’altra, potesse apparire qualcosa che misteriosamente mi ero perso, o non avevo capito bene. Impossibile, ovvio, perché non sono un’idiota, quindi partivo già abbastanza consapevole di quanto fosse inutile. Ma uno ci prova, soprattutto quando non ha altro da fare. Non è che adesso non ci sia quella sensazione lì, ovvio c’è sempre, però è un po’ più gestibile. Non so se sia perché sono molto bravo a raccontarmele, o se perché al mio cervello davvero serviva così tanto una pausa, in un’aria diversa da quella di casa, che pur di tenersela stretta caccia in fondo tutto il resto, lo prende a calci di modo che non mi aggredisca lì dove mi aggredisce sempre tutto. E sì, ovviamente è la mia testa, quel punto in cui tutto mi aggredisce sempre. Classico. Anche se razionalmente so che dovrei invece preoccuparmi di tutto, disperarmi, questo e quello. Arrivato a questo punto, però, penso solo che c’è una sorta di accettazione mista a qualcosa che credo sia speranza, quella che in fondo, le cose andranno come devono, e quando sarà il momento, potremo solo provare a contrastarle. Non so se sia una consolazione o meno, ma ad un certo punto, durante il silenzio fra una cosa e l’altra, ho semplicemente accettato questa cosa e basta, così com’è. Quindi sì, alla fine forse è una sorta di strana vacanza, questa. Non so neanche dire se sia una cosa meritata, alla fine, credo soltanto che ho imparato anche a pensare che quando ci sono dei momenti “vuoti”, va bene riempirli di qualcosa che non sia sempre la stessa merda. Voglio dire, altrimenti è ovvio che poi uno prende e da di matto malissimo, e butta giù un casino. Sento i suoi passi poco prima della sua voce, perché per quanto possa essere in un momento di “rilassamento”, e pausa e quel che è, certe cose non cambiano. Per me è normale tenere sempre le orecchie ben aperte per sentire tutto quello che mi circonda, normale aspettarmi senza aspettarmelo mai, che qualcosa possa andare storto, ed essere sempre pronto a reagire. È il motivo per cui nonostante tutto, ho sempre a portata di mano un’arma o due. Che sia paranoia o meno, è anche quello che ci permette di, insomma, non morire malissimo mentre si è magari sulla tazza del cesso. Sarebbe terribile, più perché lo racconterebbero tutti per il resto dei giorni che altro. Abbasso il libro sullo stomaco, girando appena la testa in un gesto che mi porta a stiracchiare i muscoli delle braccia, alzandole e portandole dietro la testa, leggermente rialzata in una posizione fra steso e seduto. Mi giro un po’ per guardarla e prendere un respiro dalle narici, di quel tipo che un po’ sa di uno scherzo, un po’ si trascina quel tipo di pensiero che se lo chiede, adesso, cosa può esserci di un po’ brutto. Annuisco, stringendo appena le labbra, mi sistemo più seduto, abbastanza da poter tenere la schiena dritta, allungando la mano per arrivare al portasigarette e sfilarne una infilandola in bocca. «Spara» lo dico mentre accendo la sigaretta con uno scatto dell’accendino, tornando ad alzare gli occhi verso di lei.
     
    Top
    .
  3.     +1   -1   -1
     
    .

    Senior Member
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Zombies
    Posts
    33,368
    Reputation
    +10,975
    Location
    Chevy Impala '67

    Status
    NEW_POST




    Eliza Graham


    eliza graham ⋆ crossroads calvary's crier ⋆ possessed ⋆ New york ACCENT

    M
    i scosto dallo stipite con uno colpo del bacino, mentre mi muovo verso il letto piego una gamba e poi l’altra sfilando le scarpe e lasciandole cadere per terra con un suono secco. Fortunatamente, la bugia che gli sto raccontando ha quella nota amara che mi permette di giustificare l’espressione ancora pesante, insistente sul volto. Se fosse vera, non vorrei chiedergli di farlo esattamente come non voglio chiedergli di credermi adesso. Non glielo chiederò, però, farò in modo che lo faccia. Arrivo al bordo del materasso, ci poggio le mani da prima con le punte delle dita e poi tutto il palmo, il peso si sposta dal corpo al morbido incuneato quando ci salgo sopra, sedendomi sul confine del lato corto. Le gambe in obliquo, appese oltre l’angolo. «Mi hanno chiamata per darmi l’ordine di farti spezzare l’ultimo Sigillo, più o meno. O meglio, farti fare qualcosa che porterà a questo.» Ci ho pensato così tanto a quest’ultima bugia, vivendo questa scena nella mia mente sempre più dettagliata, così da arrivare al punto in cui avrei dovuto sentirla davvero sulla pelle, recitando con la naturalezza migliore. Ognuna di queste parole le so a memoria. Le ho studiate, analizzate, modificate, ripensate, riorganizzate, per farle sembrare meno una stronzata e più una verità pesante da sopportare. In fondo devo ammettere che ciò che siamo io e lui ora mi ha aiutata ad arrivare qui indenne, e con la capacità di soffrire davvero, di soffrire in un modo che questo lo rende tutto molto più sincero. Nonostante tutto. «C’è un Luogotenente che chiamano il Dormiente, perché sai, dorme. Solo lui può spezzare l’ultimo Sigillo, non mi hanno detto come. Ma per farlo beh, deve svegliarsi ovviamente.» Allungo una mano per cercare la sua gamba, poco sopra la caviglia, un contatto che non ha alcun proposito se non quello di sentirlo. Di collezionare solo un altro ultimo momento prima di non avere mai più questo, noi. «Se serviva un uomo giusto per spezzare il primo, serve un uomo che ha tradito per spezzare l’ultimo, in parte per lo meno. Tu, puoi svegliarlo, perché hai tradito la tua stirpe vendendoti a Samenar.» Ancora mormoro, e lo faccio guardandolo negli occhi, perché so quanto questi concetti siano spine nel suo cuore. Lo so quanto, anche se si tratta di rivoltargli tutto contro, sia difficile metabolizzare il fatto di essere stati usati sin dall’inizio. Di essere stati un’arma che non si voleva essere. Di essere diventati mostri per una battaglia contro cui si voleva combattere. «E tu puoi anche ucciderlo prima che vada a spezzarlo.» Penso che capirà subito, senza bisogno di dirlo, a cosa mi sto sottintendendo pur senza nominarlo. L’unico modo che ha un uomo di combattere, più o meno ad armi pari, con un Luogotenente. Un Luogotenente che ha dormito per millenni, contro un umano imbottito di sangue di Banditore, può essere fattibile. In fondo spero lo sia perché almeno ne avrebbe tolto di mezzo uno dopo aver spezzato l’ultimo Sigillo. È ironico pensare che sin dall’inizio ho pensato la stessa identica cosa, che alla fine si rivela vera esattamente quanto lo è la sua condanna: doveva essere lui. Poteva essere solo lui, per così tanti motivi che adesso mi portano qui, a dirglielo, senza parole.


    aes
    32y.o.
    414y.o.
    crier

     
    Top
    .
  4.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,617
    Reputation
    +8,978
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    hunter
    half-native
    hoodoo
    parabatai
    maine
    28 y.o.
    spirit perciever
    caiden crain
    Ci sono tante cose in quello che dice e, penso distintamente, se le ascolto tutte finisce male. Del resto, c’è un motivo se Morgan è l’uomo giusto, e io quest’altra cosa. Non è una novità, a pensarci bene, anzi, potrei dire che è un po’ la parabola della mia vita, da prima ancora che ci fosse tutta questa storia. Da quando mi sono preso quei tre anni, appunto. Quindi, non posso dire che sentendolo, non ci trovi un senso. In fondo, è vero. È quello che sono, e l’ho pensato così tanto spesso, che non mi sembra neanche una cosa nuova. Una grande notizia. Mi sembra solo quel tipo di cose che uno cerca di mettere un po’ sotto il tappeto, e che invece qualcuno mette alla luce del sole, sotto mille fari che la illuminano in ogni minimo dettaglio. Ovvia contro gli occhi di tutti. Prendo un tiro che è un respiro, perché ho bisogno di sentire il peso di quello che mi scende dentro i polmoni, e diventa lungo, mi fa abbassare gli occhi in quel modo che alla fine, ho sempre avuto quando ci sono certe cose nella mia testa, e nel non volerle sentire, vedere, non voglio neanche che qualcun altro le riconosca. Come se questo potesse impedire loro di crescere, di esistere altrove, e mi desse modo invece di ucciderle direttamente nella mia testa. Ha mai funzionato? No. Ma sono sempre stato uno parecchio ostinato, su certe cose. Va bene così. Alla fine, non ho mai cercato di essere giusto, o almeno, l’ho fatto. Prima di tante cose, prima che probabilmente fossero semplicemente troppe, e allora ogni sforzo non può neanche avvicinarsi a rimediare, figurarsi andare completamente dall’altro lato. Penso di aver corrugato le sopracciglia, poi ne sono sicuro, poi passo una mano sulla faccia e un po’ ce la lascio mentre annuisco. Questo, è esattamente quel tipo di cose a cui non prestare ascolto adesso, perché non è il momento. Probabilmente, non lo sarà mai davvero, e almeno questo a qualcuno lo devo. Riuscire a superare i buchi nella mia testa, per andare oltre, a tutto il resto, quello che è utile. Mi stavo giusto lamentando di quanto fosse difficile star seduto a non fare niente, e questo credo sia l’esempio più ovvio del attento a quel che desideri. Ma, del resto, non posso dire che mi aspettassi che sarebbe stato facile. Che sarebbe bastato andare da qualche parte, che sarebbe bastata qualsiasi cosa non richiedesse, dall’altro lato, tutto. Penso, è una nostra precisa responsabilità chiudere questa storia. Penso, anche se non so se posso farlo, almeno devo provare. Come ho provato con Morgan. Mi viene da prendere un altro respiro, mentre la mano scivola via dalla faccia, e allora infilo di nuovo la sigaretta fra le labbra, per un altro tiro che asciuga i polmoni. Mi ricordo, che lo aveva detto. Che era più difficile con i Mastini, che con i pezzi grossi. Ma mi sembra per un secondo, di girare intorno e trovare a fissare la mia stessa schiena, e per un secondo penso, perché dovrei essere capace di fare una cosa del genere? Ma anche questo lo butto via, perché è quel tipo di cose, che non posso davvero permettermi di pensare. È tutto solo un “o la va, o la spacca”, non è che posso chiedere una certezza in più, una sicurezza, un qualsiasi cosa che non sia semplicemente muovere i piedi in una direzione, e sperare che basti. Non è che potessi aspettarmi qualcosa di diverso. Da questo, da me, da tutto. Lo so che c’è una parte di me, che è semplicemente spaventata. Come un bambino. Perché per quella roba ci sono passato, e me lo ricordo ancora. Mi ricordo quanto è stato difficile, dopo, prendere e togliermela dalle vene, dalla testa. Questa, è una cosa che ho promesso, e so anche questo. Da un altro lato, mi spaventa invece quanto basti anche solo accennarlo, per sentire i muscoli tendersi in un modo che mi sembra come un allungarsi verso qualcosa per afferrarla. Invece non mi muovo, alzo solo un po’ lo sguardo verso di lei, tenendo la sigaretta premuta fra le labbra. «Sicura che posso? È passato davvero un sacco di tempo, Liz» non so se sia un punto logico nella mia testa, o se invece sia solo come arrampicarsi su una parete che sembra davvero troppa liscia, ma che lascia comunque l’istinto a provare a risalire contro le ossa. Penso, non voglio farlo. Penso, devo farlo. Muovo un po’ gli occhi da lei, alla sua mano. Anche questo è vigliacco, lo so. «Non so se ne sono ancora capace» lo so che alla fine, questo è un modo stupido per chiedere se c’è un altro modo. Neanche a lei, non davvero. Come cercare di passare sotto un ostacolo, senza prendere la rincorsa per saltarlo e andare avanti, oltre.
     
    Top
    .
  5.     +1   -1   -1
     
    .

    Senior Member
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Zombies
    Posts
    33,368
    Reputation
    +10,975
    Location
    Chevy Impala '67

    Status
    NEW_POST




    Eliza Graham


    eliza graham ⋆ crossroads calvary's crier ⋆ possessed ⋆ New york ACCENT

    N
    on ha avuto neanche un secondo di dubbio. Niente, non un lampo negli occhi, non un’incertezza nella voce. Niente, ed è un bene, ma è anche una ferita aperta dentro lo stomaco, bruciore nei polmoni, bile che risale. Vorrei sapere che cosa sta pensando, invece di riflettere sulla mia sincerità. Vorrei saperlo con una sicurezza in più, perché non è un caso che abbia scelto questa versione, questo modo di porgliela. Certe dinamiche tra fratelli non cambiano mai, potranno essere passati secoli da quando di sorelle ne avevo anche io, quando ancora le vedevo, ma ricordo com’era. Ricordo quali pesi avessi e che cosa loro vedessero in me, e che cosa pensassero, quanto lottassero per compiere un passo che le portasse più vicine in modo da condividere un peso, una responsabilità, o quell’immagine di perfezione di cui erano invidiose. Lo conosco abbastanza da poter desumere che c’è qualcosa di simile in lui, come in tutte le famiglie. E sapevo che molto di quello che ho detto , insieme alla fiducia, l’avrebbe portato a concentrarsi altrove, al di là del fatto concreto, di quanto è realistico e di quanto è fattibile. Sapevo che avrebbe dubitato di sé stesso, soprattutto messo di fronte ad un confronto ed è il punto in cui scivoleranno le mie parole, affilate per entrare perfettamente in una lacerazione già aperta, per iniettarla di veleno. Mi sposto sul letto verso di lui, sul bordo del lato lungo questa volta, risalendo fino a poter arrivare a prendergli una mano senza dovermi sporgere ma anzi, dovendomi fare più piccola con le gambe piegate sotto di me. «Puoi. Il tuo corpo è abituato ormai, per quanto ti possa ripulire non ci riuscirai mai del tutto.» Anche questa è una di quelle cose che va rimarcata adesso, in tutti i suoi molteplici significati dolorosi. In tutto ciò che può significare, nella pratica, in qualcosa di più profondo. «Dovrai prenderne molto tutto in una volta, anche se prima iniziamo meglio è.» Gli lascio la mano solo per salire al volto con la stessa, poggiarla sulla sua guancia e sollevarlo leggermente, un invito a guardarmi per guardarlo. «Non c’è un altro modo e non c’è un’altra occasione. E non c’è nessun altro che possa farlo.» Anche l’altra mano segue la prima cercando una presa delicata ma solida sulla sua guancia opposta. «Solo tu puoi.»


    aes
    32y.o.
    414y.o.
    crier

     
    Top
    .
  6.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,617
    Reputation
    +8,978
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    hunter
    half-native
    hoodoo
    parabatai
    maine
    28 y.o.
    spirit perciever
    caiden crain
    Anche questo, lo sapevo. Non ci riuscirai mai del tutto. Lo so. Non posso dire che anche questo, non sia qualcosa che è rimasto incastrato da qualche parte, nella mia testa. C’è, c’è sempre stato, dal momento in cui ho deciso di smettere, e prima ancora dalla prima volta in cui in questa cosa ci sono entrato. È esattamente quello che mi ha accompagnato per tutto questo tempo, in un modo fisico, sì, ma anche in un modo diverso, più esteso. Forse, è solo che è una sensazione che conosco, quella di sentirmi in qualche modo incrinato da qualche parte, e guardando quel punto, sapere semplicemente che non c’è un modo di rimetterlo dritto senza lasciare un segno evidente, senza lasciare una spaccatura, un qualsiasi cosa. Non c’è modo di renderlo liscio. Va bene anche questo, alla fine. In un modo contorto, perché non si tratta di me, e proprio perché non lo fa, e non deve farlo, posso muovere tutto in un posto che si dimentica di sé stesso, come vorrei poter fare sul serio. Mi sembra tutto sbagliato, ma lo sembra solo se mi fermo per un secondo a pensare a quanto ci ho provato, e provato davvero, a togliere qualcosa da dentro di me, che andava oltre un gesto, andava oltre anche le conseguenze più fisiche, e che scivolava in tante di quelle cose, che mi ha richiesto ogni sforzo possibile. Mi sembra sbagliato perché ci ho provato, appunto, con tutte le forse, e adesso anche questo mi sembra essere stato semplicemente tutto inutile. È davvero facile, troppo facile, arrivare esattamente a sentire questo. Troppo facile sentire di nuovo quella sensazione preponderante che mi tiene incastrato in un punto, e che anche nel farmi allontanare a fatica anche solo un po’, alla fine torna a trascinarmi qui. Ma si tratta di qualcosa di molto più grande di me, e anche se non fosse che posso solo io, mi chiedo se sarei capace di dire no, consapevole che toccherebbe a qualcun altro. Qualcuno che magari ha sbagliato meno di me, che ha inciampato meno, e che ha davvero sempre cercato di tenersi sui binari, la strada giusti. Voglio credere di no, e voglio credere che almeno questo, almeno questo non è cambiato così tanto, da essersi imbrattato come tutto il resto. Non è facile seguire la sua richiesta di guardarla, non lo è per niente. Un po’, per qualche secondo, probabilmente provo a resistere, ma alla fine mi piove solo addosso quella matassa di doveri che è stata cresciuta insieme a me, come un fermo immobile nel mio sterno, che non mi lascia libero mai. Penso che non importerà, che ci ho provato. Penso, non dovrei neanche pensare una cosa del genere, quando non si tratta davvero di me. Stringo per un secondo le labbra contro il filtro, così forte da sentirlo appiattirsi fra di loro, prima di scostare la sigaretta con un gesto lento della mano, solo per umettare le labbra qualche secondo alzando appena le spalle. Sconfitto, immagino, anche se è una sconfitta strana, perché non è un lasciare le armi a terra e dire “sono k.o.”. Non tutte, almeno, solo alcune. Smuovo un po’ la testa annuendo, in un gesto che un po’ cerca di scrollare tutto via, un po’ è solo arreso a qualcosa che davvero, avrei dovuto vedere arrivare. Anche se no, non l’ho fatto. Non davvero, non così. «Va bene» non c’è molto altro da dire, perché penso di sentire come ogni possibile via, si sia chiusa su sé stessa, per lasciarne solo una. Ed è una sensazione che conosco, che mi fa sentire come un topo in gabbia che ha solo pensato di essere libero, prima di scoprire di essere stato sempre costretto nello stesso punto. «Va bene» lo ripeto più per sentirlo, che per altro. Per premermelo a fondo, come se dovessi prenderlo e stringerlo per sentirlo, realizzarlo. Guardare tutto, e dire che sono di nuovo lì. Che ci sto andando. Nonostante tutto. «Lo farò»
     
    Top
    .
  7.     +1   -1   -1
     
    .

    Senior Member
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Zombies
    Posts
    33,368
    Reputation
    +10,975
    Location
    Chevy Impala '67

    Status
    NEW_POST




    Eliza Graham


    eliza graham ⋆ crossroads calvary's crier ⋆ possessed ⋆ New york ACCENT

    I
    n una versione utopica di noi, gli tolgo tutto questo di dosso. Pezzo per pezzo, la svestizione di un’armatura. Porto via ogni singolo “va bene”, che si dice perché altrimenti non sarebbe capace ad aggiungere poi un “lo farò”. Non aggiungo nessuna pietra su quel cesto pieno che si porta dietro da quando è nato. Non gioco con le sue ferite slabbrandone i bordi. Non lo avveleno. Invece lo amo e basta, e lo ascolto, capisco i suoi silenzi e sorrido, e rido, e lo faccio ridere e lo faccio sorridere. Gli dico che può dormire, può riposare, e gli do anche qualche obbiettivo da rincorrere, che sia amaro al punto giusto ma che non faccia male per davvero. E sono al suo fianco, come lo sono stata di alcuni uomini e in un modo del tutto diverso. Sono al suo fianco ovunque, sempre, invisibile e visibile, luminosa come un astro che riflette più forte la luce di qualcos’altro. Gli faccio strada e lo aspetto per ogni passo, insieme. In una versione utopica di noi, non lo ferirei mai, non lo deluderei mai, e lo farei in quelle piccole cose che non sono mai irrimediabili. Qui però, lo sono. Insanabili, io e lui. Le mani scivolano su di lui, lungo il collo, si fermano sulle spalle. Schiudo le labbra nell’istinto di dirgli no, no, non farlo. L’ultimo singulto di quello che sono per lui, prima di tornare a essere il mostro che l’ha distrutto. Le premo una sull’altra, le mordo dall’interno. Adesso sono io a scostare gli occhi da lui, perché so che questo è qualcos’altro di difficile, di complesso e di ulteriormente irrimediabile. Qualcosa che è davvero un chiedergli molto sotto qualunque aspetto. Il più importante, perché non si tratta solo di lui. Si tratta della sua famiglia e di promesse che ha fatto, che gli sto domandando di rompere. Che gli sto dicendo che è necessario rompere. Mi costringo a sollevare lo sguardo, «Non puoi dirlo a tuo fratello.» Deglutisco, dissimulandolo con un schiacciare le labbra una sull’altra. Cerco un tono morbido, ma rendo più ferrea la presa su di lui e così anche l’espressione, mista all’incertezza del dubbio, mista alla gravità di quello che significa. «Farebbe casino e perderemmo la nostra copertura per essere lì.»


    aes
    32y.o.
    414y.o.
    crier

     
    Top
    .
  8.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,617
    Reputation
    +8,978
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    hunter
    half-native
    hoodoo
    parabatai
    maine
    28 y.o.
    spirit perciever
    caiden crain
    Sento il bisogno impellente di fare qualcosa. Fare qualcosa che sia un gesto contratto, duro, come prendere a pungi un muro per nessun motivo particolare, se non quello di sentire quanto è più duro delle nocche, tanto da farle rompere contro quella superficie. Per questo prendo un respiro dalle narici, con le labbra tanto strette da non sentirle più, e mi sposto, con un rumore che non nasce se non nella mia testa, ed è come unghie contro una lavagna che risuonano fino a spaccarmi i timpani. Mi muovo per scostarmi, alzarmi dopo qualche gesto che sento scattante, come se fossi un vecchio cartone animato frame per frame ma qualcuno, di mezzo, mancasse e allora va avanti così: a scatti. Non la guardo, le do invece le spalle, muovendo qualche passo verso proprio niente. Verso tutte le direzioni che non esistono, e da cui vorrei scappare. Essere oltre di me. Uscire dalla mia stessa schiena, spaccandola in due, per scivolare da qualche altra parte, e guardando tutto da fuori rendermi conto solo di quanto sia stupido. Invece, inizio a premere la parte bassa del palmo contro la fronte, piegandomi appena. Una, due, tre volte, prima che diventi una pressione costante che mi fa scuotere la testa ad occhi chiusi contro quel punto. Ovvio, anche questo. Dannatamente ovvio. Penso a me e Morgan, penso a me e Morgan dopo mamma, quando papà non c’era, ed era tutto un silenzio da un lato, tutto un chiedersi tanti perché che tra di noi conoscevamo, ma non abbiamo mai formulato a voce. Non ci siamo mai seduti e guardandoci, detti sinceramente che c’erano tante cose, di papà, che non sapevamo. Però era diverso, era un fronte a parte, e ad un certo punto, penso proprio che è così che ho iniziato a sentirlo. Penso che è così che ha iniziato a sentirmi mio fratello. E alla fine, è davvero come tornare al punto di partenza, a tutto quello che ho cercato di grattarmi via dalla pelle, a tutto quello che ho combattuto perché anche lui, lo vedesse che era andato via. Lo so che una parte di me, aveva bisogno che Morgan dicesse che era passato così, forse, ci avrei creduto un po’ di più anche io. Che era finito, che ero pulito, che ero io. Ma non è successo mai davvero, e adesso corro all’indietro per andare ancora più a fondo, di nuovo. Mi premo la sigaretta fra le labbra, mettendomi con la schiena dritta a fissare un punto imprecisato della parete e ci penso davvero, ad andare lì e colpirla. Però non lo faccio. Sarebbe stupido, non avrebbe senso. Sarebbe cercare di buttare fuori qualcosa che tanto, lo so tornerebbe indietro come un boomerang, s’incuneerebbe come un amo per colpire di nuovo il suo punto di partenza. Prendo un tiro, uno che m’incava le guance, si allunga tanto da farmi quasi grattare la gola, farmi quasi tossire, ma è una sensazione che mi trattengo in gola lasciando andare con la stessa durezza tutto dalle labbra. Sono così stanco di tutte queste bugie, lo ero già mentre ancora, continuavo a mentire, e mi dicevo che ci fosse un motivo, uno che era importante. Mi chiedo se saprei dirmelo anche adesso, e la risposta è no. Mi passo la mano fra i capelli, la trattengo lì per tirarli indietro mentre io mi giro per tornare a guardare verso di lei, con dei passi che all’indietro, finiscono a spingermi con la schiena contro il muro, con un po’ più di forza di quanta ne serve. «Posso parlargli, e spiegargli la situazione» lo so che non è vero, lo so anche prima di dirlo. Lo so che è solo che ho bisogno di farlo, e di non trovarmi di nuovo in un punto che soffoca, e mi dice solo quanto sia tutto talmente lontano, da essere impossibile riprenderlo. Solo che ora sarebbe ancora peggio, perché sarebbe un di nuovo che non gode dell’incertezza di una prima volta. Ha troppa consapevolezza, troppa davvero, per poter essere meno che un punto infame e putrescente. «Non glielo posso fare di nuovo» guardo verso di lei, ma non la vedo davvero. Ed è questa la cosa, questo il punto. Io non posso farglielo di nuovo, non posso. Non voglio, e se anche volessi, non penso ne sarei così capace come lo sono stato la prima volta. Perché adesso lo so, e lo so con una precisione che non lascia spazio a nessuna delle mie cazzate, nessuna stronzata, nessuna giustificazione. E questo è troppo. Davvero troppo.
     
    Top
    .
  9.     +1   -1   -1
     
    .

    Senior Member
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Zombies
    Posts
    33,368
    Reputation
    +10,975
    Location
    Chevy Impala '67

    Status
    NEW_POST




    Eliza Graham


    eliza graham ⋆ crossroads calvary's crier ⋆ possessed ⋆ New york ACCENT

    A
    vevo ben presente che questa parte non sarebbe stata semplice come il resto. Ammesso che quello lo sia stato. Quando si tratta di suo fratello è sempre diverso, è sempre oltre, è sempre un prezzo che non può pagare. Ma questa volta deve farlo, deve, per quello che ne sa lui da questa decisione dipende il destino dell’umanità. Vorrei non dovergli chiedere di rinunciare alla sua umanità per salvare il mondo, e non parlo del sangue, di trasformarsi in un mostro ancora, di scegliere di esserlo. Parlo di quell’umanità che lo rende solo Caiden, l’uomo di cui mi sono innamorata, l’uomo che mi ha cambiata, mi ha resa una persona più di quanto lo sia mai stata anche prima di morire. L’uomo che mi ha fatta diventare una donna che adesso si odia per il male che sta causando a qualcun altro, a lui. Non credevo fosse possibile, sempre meno man mano che gli anni nella mia storia si accumulavano e mi rendevano sempre meno morbida, sempre più spigolosa, tagliente, odiosa e terribile. Incapace di empatia, di dolcezza, di affetto. Gli sono grata anche per quello che sento adesso, per quanto mi ha reso difficile distruggerlo, per quanto è difficile guardarlo così, devastarsi in una pozzanghera di frammenti di sé. Non ha senso, ma lo amo anche perché c’è stato un periodo in cui l’ho odiato per questo. Mi scosto i capelli dal volto sedendomi meglio sul letto, più verso il centro del materasso. Sistemo il vestito incastrato sotto le gambe e per questo breve momento gli lascio la privacy di uno sguardo puntato altrove. Lo rialzo solo quando sento il suo addosso a me. Oltre alle motivazioni che mi hanno portato a chiedergli di nuovo silenzio, ho sempre pensato che il loro rapporto fosse sbagliato, insano, terrificante per entrambi. Caiden ha fatto così tanto e non credo abbia mai ricevuto un ringraziamento, per alcuno dei suoi sacrifici. Posso immaginare solo rabbia, e fa arrabbiare me che gli sia stato rivolto un trattamento del genere. Non è alla pari, quello che hanno e forse sarò io ad essere di parte ma è ciò che ho visto. «Lo sai anche tu che non è possibile.» Ci avrò avuto a che fare poche volte, ma ho già capito il tipo. E ho capito che non funzionerebbe, soprattutto perché ho cercato di infilarmi in quella casa e nonostante tra le mie intenzione ci fosse anche il semplice desiderio di essere parte della vita di Caiden, so quanto può essere malinterpretato. Un’invasione, un tentativo di conquista, un cavallo di Troia. «E sai che cercherebbe di impedire questa cosa, perché non può accettare che ti sacrifichi tu al posto suo.» Questa frase ha una doppia valenza. Una dolce, una crudele, ed è vero che risuona anche dello stillicidio del mio astio. Ma non sta a me spiegarla, è per la sua testa che esiste il lavoro infame della cattiveria. «Non possiamo perdere questa occasione.»


    aes
    32y.o.
    414y.o.
    crier

     
    Top
    .
  10.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,617
    Reputation
    +8,978
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    hunter
    half-native
    hoodoo
    parabatai
    maine
    28 y.o.
    spirit perciever
    caiden crain
    Non so perché, ma mi viene da pensare a quello che abbiamo trovato sull’altro diario di Papà. Mi viene da pensare a lui e mamma dopo. Mi viene da pensare a com’è che è stato, scoprire che per tutto quel tempo che io l’avevo aspettata, perché me lo aveva promesso, giurato, che ci sarebbe stata, aveva invece continuato ad andare altrove. A lasciare me. Ci penso, penso a quel giorno in quel magazzino, penso a quel diario, a parole su parole che hanno fatto nascere, per me, domande su domande. Una più inutile dell’altra, perché siamo onesti. Tutto quello che avrei voluto chiedere, e che ancora vorrei chiedere, a entrambi è sempre stato perché. Di tante cose, di tutto, e alla fine non c’è mai modo di saperlo, come non ci sarebbe neanche se vivi, risponderebbero in ogni modo possibile. Ci sono spazi che non possono essere riempiti, e domande che anche con risposte che si susseguono, restano appese nella testa e non vanno mai via. E macchie che niente può pulire. E fiducia che non può mai essere riconquistata. E io penso di essere tutte queste cose, e penso che devo continuare ad esserlo. Anche se non voglio. Non volevo neanche quando ho iniziato ad esserlo, adesso è solo di meno. Un di meno inutile, che non serve a niente. Perché abbiamo dei doveri, e io me ne sono fregato per così tanto tempo, e anche volendo sacrificare tutti, lo so che in fondo, in fondo si tratterebbe di qualcosa di peggio. Si tratterebbe di vedere Morgan con la certezza che crede che sia tutto colpa sua, e si tratterebbe di vederlo soccombere sotto troppe cose. Troppe altre ancora. E si tratterebbe di essere stato vigliacco, io, ancora una volta. Un bambino che ha bisogno della luce accesa, che ha bisogno che suo fratello si intrufoli di nascosto in case infestate in cui dovrebbe stare da solo per imparare. Non penso di essere mai stato altro che il piccolo Denny, anche quando sbattendo i piedi per terra, ho detto che ero cresciuto. Non sono più un bambino, penso di averlo ripetuto tremila volte, e di più. Non sono un bambino, neanche adesso. E ho delle priorità, dovrei averle. Dovrei pensare che almeno, almeno sarà finita. Che poi sarà quel che sarà, come lo pensavo quando ho detto per la prima volta, ed ero davvero pronto a mandare tutto a fanculo. L’ho fatto, senza pensare mai che ci sarebbe stato un perdono. Ma poi c’è stato, quel tanto che bastava almeno. Bastava a non farmi stare in un punto con solo me stesso. Prendo un respiro, so quanto vorrei farmi piccolo, stringermi da qualche parte, dimenticare tutto. Viaggiare altrove, in un punto che non ha spazio, non ha tempo, non ha niente. Ma le cose hanno questa brutta abitudine di non lasciarti andare. E lei ha ragione, e io questo lo so. È una di quelle verità palpabili, ovvie, conclamate. Una di quelle che se ne sta lì, e ti guarda, ti guarda, ti guarda. Non puoi davvero scappare, scivolare via dal suo fascio di luce come se fosse un faro che illumina ogni scogliera, ogni fiordo. Non c’è insenatura che ne possa sfuggire. Morgan non mi ha mai lasciato da solo, e io questo lo so. Anche quando lo ha fatto, non è stato davvero così. Sono sempre stato io, e sono anche io adesso. E io sono così stanco. E sono così consapevole che anche questo non importa. Non c’è spazio, e anche se si soffoca, qui dentro, si deve continuare a muoversi. Per forza. Non c’è un rimedio, non c’è mai stato. E penso che in fondo, lo sapessero tutti. Ne serviva uno giusto, per l’inizio, e poi uno che invece, non lo era e basta. Me lo chiedo, però, se è più egoista dirglielo o meno. Me lo chiedo davvero, e penso che una risposta non ci sia. Non c’è mai. Anche quando la vorrei. Chiara e netta, decisa. Senza sfumature. Una linea dritta in mezzo a tutto, che divide precisamente ogni cosa, e ti lascia certo di cosa sia da una parte, e cosa dall’altra. Ma non c’è. E sono stanco anche di questo. Annuisco, non so neanche con quale intento. Forse quello di dirle che sì, è vero, che lo so. Forse quello di dire che non è che ho molte scelte. Forse quello di dire che voglio solo saltare altrove, oltre questa conversazione, oltre tutto. Forse proprio nessun intento, invece, solo quello di un movimento che toglie fuoco agli occhi. Non ci credo che, di nuovo, anche senza che ci sia quel facciamolo io e te, e come se dovessi premere di nuovo un “no” in mezzo a tutto. Penso, non è giusto. E basta. Non e giusto, punto. Non lo è, ma è anche com’è che sono le cose, e per quanto possa impuntare i piedi, io lo so. Per quanto non sia giusto, funziona così. Ha sempre funzionato così, a prescindere da quello che avrei voluto, da tutto. Penso di premere la testa all’indietro, di sbatterla contro la parete a ripetizione. Ma non lo faccio. Me ne resto fermo, mentre le forme che vedo diventano solo colori sbiaditi che non hanno più senso. E io sono stanco, ma non importa. La pelle mi stritola. «Lo so» perché lo so davvero. Lo so, com’è che sarebbe se adesso, lo chiamassi e gli dicessi di venire qui, per parlarne. Buttare giù idee, piani, qualsiasi cosa. Insieme. Lo so. Lo conosco. Ma non mi sembra giusto lo stesso, e so che non lo è. «Ma gli devo almeno questo, Liz. Almeno provarci» e so anche che non dovrei, davvero. Che è una cosa più grande di me e mio fratello, lo so davvero. Che è un capriccio, una cosa egoista la mia. Lo so. Lo so. Ma glielo devo, anche questo è vero. Glielo devo, perché in fondo, siamo stati io e lui, dall’inizio. In mezzo a tutto questo. E almeno questo, almeno questo. Vorrei dire, ti prego, ma non lo faccio. Non sarebbe neanche rivolto a lei, non sarebbe rivolto a nessuno perché non c’è più nessuno a cui chinare la testa con una concezione che va oltre me, e implora una grazia.
     
    Top
    .
  11.     +1   -1   -1
     
    .

    Senior Member
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Zombies
    Posts
    33,368
    Reputation
    +10,975
    Location
    Chevy Impala '67

    Status
    NEW_POST




    Eliza Graham


    eliza graham ⋆ crossroads calvary's crier ⋆ possessed ⋆ New york ACCENT

    D
    irei sì, va bene adesso, è ciò che sento sulla punta della lingua. Sembra che stia implorando una tregua, Caiden, e vorrei potergliela dare. Ma gli sto dando una fine, costi quel che costi, anche se non è nel modo in cui pensa. Gli sto dando gli strumenti per chiuderla definitivamente, in un modo che le impedisca di tornare, uccida sul nascere un nuovo tentativo. Dobbiamo sacrificare molto di più, qualcosa che nemmeno saprà se non all’ultimo secondo, ma è necessario ogni passo per compiere quelli che ho programmato in avanti. Quindi no, non dico che può dirglielo, non dico che può rovinare tutto per colpa di un coglione impulsivo che non accetta che suo fratello gli salvi il culo. Non gli dico che va bene se suo fratello si mette in mezzo, prende la posizione del comandante e decide cosa debbano fare gli altri intorno a lui, per lui, a sua disposizione come tende a credere che tutto il mondo sia. Io non lo sono e non permetterò a lui, e a loro rapporto malato di rovinare quello per cui ho lottato fino a ora, ciò che per cui anche adesso mi sto strappando pezzi di cuore, calpestandoli mentre guardo Caiden pregare per una via d’uscita che non esiste. Abbasso il capo, le pieghe del vestito sono onde scure che si confondono con le coperte. Prendo un respiro profondo e mi alzo dal letto con uno scatto iniziale che si consuma subito per diventare un scivolare lento verso di lui. Mantengo distanze lunghe ancora. «Ti perdonerà», e bisbiglio, come se questo dovesse essere un segreto. E lo è. Lo sfioro con la voce che, docile, anche lei mantiene distanze, si stende su di lui come un velo sospeso per aria a pochi centimetri di distanza, «Capirà anche lui che non c’è spazio per queste cose adesso.» Mi fermo a un paio di passi. «Puoi chiuderla, Den. Puoi fare in modo che finisca.» Se allungassi una mano lo toccherei, ma non lo faccio. Invece lascio che i sussurri imperversino indulgenti, anche quando toccano corde di rancore, colorate di un livore desaturato. «E scusa se lo dico, ma stai sistemando il suo casino. Dovrebbe esserti riconoscente.»


    aes
    32y.o.
    414y.o.
    crier

     
    Top
    .
  12.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,617
    Reputation
    +8,978
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    hunter
    half-native
    hoodoo
    parabatai
    maine
    28 y.o.
    spirit perciever
    caiden crain
    Queste, sono cose che non può sapere. Sono cose diverse, cose complesse, cose che parlano di molto prima di ora, di tutta una vita. Non si tratta di perdonarmi, non in quel senso che può intendere lei, non in quel modo che ti mette in una situazione in cui c’è da guardarsi, riconoscere un torto, e dire va bene andiamo avanti. È molto più complesso di così. Io ho deluso Morgan, in più di un’occasione, e non è neanche solo questo. È che il nostro, per forza, è un mondo che vive di regole diverse, vive di quelle per cui quando vai lì fuori, e rischi la vita, devi pensare in un certo modo. Avere certe certezze. Avere questo, e non quello. Non è così semplice, quando semplice non lo è stato mai, neanche una volta. E non è qualcosa che può eclissarsi in poche lettere, quando noi non ne usiamo mai abbastanza, e le razziamo per trascinarle a fondo, imprigionarle dove non possano uscire mai. Vittime di una guerra che non so quando è iniziata, ma so che è rimasta ferma nello sterno e lì si è mossa. Mi premo le mani in faccia. Sento la frustrazione, sento il peso, sento una vergogna che inizia e non ha fine, cresce nelle ossa e mi fa venire una stretta allo stomaco che è facile confondere per nausea. Sento quello che in mezzo, si arrabbia come si è sempre arrabbiato ogni volta che c’erano parole che hanno montato tutto in un modo semplice, troppo diverso da come è scritto lì dove esiste. Non mi perdonerà, e non si tratta del suo casino, del mio, non si tratta di risolvere, non risolvere. Non è neanche lontanamente questo il punto, e posso saperlo io. Io, lui, e basta. Questo lo so. Ma premo le mani in faccia, con forza, piegandomi appena su me stesso come se avessi raggiunto un punto massimo di sopportazione, e alla fine è così. Un punto massimo di sopportazione per tutto. Un punto massimo di sopportazione che guarda una situazione, e sa esattamente come andrà, cosa succederà, com’è che tutto si muoverà dopo questo punto. E so che non voglio affrontarlo, in nessun modo. E so che devo. E so che non posso scappare come non ho potuto mai, dall’inizio di questa storia. Da ancora prima. Non è il casino di Morgan, questo. È un casino che ci hanno spinto addosso, sputato negli occhi, e ci hanno detto che poi dovevamo risolverlo noi. Non mi piace mai, mai, quando parlano così di mio fratello. Non mi è mai piaciuto. Lascio cadere le mani, sono pesanti contro le gambe, quando poi mi metto più dritto e lascio il muro con una spinta della spalla destra. La sento grattare contro l’intonaco, mentre la testa si piega di lato in un cenno di diniego che spinge aria giù dalle narici, uno sbuffo che parte da molto più a fondo. «Non sai di che cazzo stai parlando» siamo cresciuti in un certo modo, io e lui. Siamo cresciuti con certe idee, certi punti fermi. Siamo cresciuti e siamo stati buttati in pasto ai porci, siamo stati masticati e sputati. Ed è questa, questa la verità. E io lo so che tutto quello che faccio, è perché voglio tornare a qualcosa di impossibile. E io lo so, che tutto quello che fa, è perché vuole tornare a qualcosa di impossibile. E invece, alla fine, ogni cosa che dobbiamo fare per quello, è una cosa che ci porta sempre più lontani. Via da tutto. «Non dovrebbe essermi riconoscente di davvero proprio un cazzo» stanco, più che arrabbiato. Esausto, più che infastidito. Prendo un tiro, anche questo lungo, di più ancora. Come se mi ci volessi soffocare, con la sigaretta. Per quanto sia impossibile. «Sono tutte stronzate» mi muovo, lasciando crollare la mano che tiene la sigaretta. Mi muovo lungo la stanza, parallelo al letto, con quella voglia di alzare tutto e rovesciarlo, come se dietro ogni cazzo di cosa, potessi trovare qualcosa di diverso. Come se fosse tutto solo un assurdo palcoscenico, e stessi cercando di scendere, uscire da tutto, da un ruolo stretto in gola come lo è sulle mani. Solo che non si può, non sono così stupido da non rendermene conto. E io non voglio parlare di questo, non ora. Non voglio mai. Ci sono troppi punti, troppi, che sono pronti a saltare uno dopo l’altro. Non so gestirli. La verità è questa. Non ho saputo mai gestirli. E non voglio che si riversi tutto qui, solo perché è toccato a lei dirmi questo. Mi premo di nuovo la mano in faccia, la stropiccio sotto i polpastrelli. Vorrei sfilarmi anche questa, e diventare solo un pezzo immobile di niente, niente che può essere ricoperto da qualcosa di diverso. Senza ricordare da dov’è che vengo, cos’è che è successo. Tutto quello che ho fatto. «È un mio casino tanto quanto lo è suo»
     
    Top
    .
  13.     +1   -1   -1
     
    .

    Senior Member
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Zombies
    Posts
    33,368
    Reputation
    +10,975
    Location
    Chevy Impala '67

    Status
    NEW_POST




    Eliza Graham


    eliza graham ⋆ crossroads calvary's crier ⋆ possessed ⋆ New york ACCENT

    C
    ontinuo a pensare a quando scoprirà tutto, e tornerà indietro a trovare momenti come questo. Momenti in cui di fronte a me ha ceduto, anche se mai del tutto, mi ha concesso di vedere qualcosa che di norma tiene segregato e nascosto. Momenti in cui si è concesso, anche a sé stesso, di lasciarsi andare un pochino di più. Enormità, per me, sono enormità. Non me lo merito questo, non mi merito lui. Lo guardo scappare di nuovo, allontanarsi, mettere altre distanze e proteggersi da non so cosa, oppure cercare di fuggire, da me, da questa stanza, dalla vita che gli crolla addosso e gli impone ingiustizie come quella di cui sono stata portavoce oggi, e che tra le mie mani segretamente mi rende carnefice. Vorrei che li collezionassimo insieme, attimi come questo, anche se sanno essere terribili almeno sarebbero ricordi su cui poggiamo le mani entrambi. Invece no. Invece io ne avrò una versione e lui un’altra, separate con violenza da una forza che li danneggerà per sempre. So di non sapere di che cazzo sto parlando, la maggior parte di quello che credo di sapere è una piccola percentuale e non ho dubbi su questo, ma non credo neanche che Caiden sia capace di vederla lucidamente. È normale, è all’interno di un meccanismo che si nasconde in sé stesso. Non credo che sia capace di vedere l’affetto velenoso, la ricerca di attenzioni, il sedersi sulle sue spalle per risalire in superficie e prendere un po’ d’aria, l’ossessione morbosa, il possesso, il bisogno di prevalere, la responsabilità tossica che genera dislivelli e necessità asfissianti. La spinta all’annullamento l’uno per l’altro e al tempo stesso, il disequilibrio anche in questo, quando uno ha una famiglia, una moglie e dei figli, e l’altro si contorce per l’obbligo a una bugia. Il suicidio, tentato e auto-commesso, egoista ed egocentrico, che non ha guardato in faccia a nessuno, nemmeno a lui. «Caiden», sospiro il suo nome seguendo il suono nell’abbassare la testa, fissare il pavimento, guardare lui nella visione periferica. Di nuovo scosto i capelli dal volto solo per non tenere le braccia del tutto ferme ai fianchi, non guardarlo direttamente mentre gli chiedo «Scusa, non dovevo parlarne così» e non mi muovo. Non mi avvicino, nonostante vorrei farlo. Arrivare fino a toccarlo e stringerlo, dirgli che è tutto passato e no, non deve fare niente di tutto questo. Sposto e incastro gli occhi contro il muro e li lascio lì, a divorare intonaco e colore antico. «Mi dispiace, c’è un solo modo di far funzionare questa cosa.»


    aes
    32y.o.
    414y.o.
    crier

     
    Top
    .
  14.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,617
    Reputation
    +8,978
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    hunter
    half-native
    hoodoo
    parabatai
    maine
    28 y.o.
    spirit perciever
    caiden crain
    Mi chiedo se esitano altre persone, al mondo, che vedono un unico, solo momento della loro vita, e sanno volerlo distruggere come faccio io. Come faccio io guardandone uno, indietro, uno di tanti anni fa, rendendolo un demonio nella mia stessa mente, la mia stessa vita. Un punto da cui, come da un vaso di Pandora, partono tutti i mali del mondo. Il mio mondo. Penso, quello che era successo prima, potevo sopportarlo. Ero fatto per farlo, ero pronto, anche quando sono caduto, e ho preteso più tempo di quanto non ne fosse permesso. Me lo aspettavo. Sapevo che avrei seppellito mio padre, sapevo che probabilmente, avrei seppellito mia madre. Un giorno, pensavo, avrei seppellito mio fratello. Quello, penso, quello era sopportabile, quello che era successo fino a quel momento lo era. Anche se non l’ho sopportato. Ma questo è peggio e, penso, viene tutto da lì. Da quella decisione, che decisione non lo era per niente. Quella di non alzarmi, quella di dire quello che ho detto a Morgan, quella che ha aperto tre anni staccati uno dall’altro, e che di punto in punto, ha portato questo. Odio, quel momento. Odio, quel me. Odio tutto. Odio anche tutto quello che c’è adesso, e che non so come sopporto quando per molto meno, ho ceduto. Forse è solo perché l’ho fatto, e so di non poterlo fare di nuovo, e allora premo ostinazione contro ostinazione, contro il niente perché non ci sono davvero strutture che reggono, ma solo quel moto che preme e preme. Penso, lo so che le dispiace. Lo so che le dispiace davvero. Perché lo so che Liz, adesso, può capire e vedere com’è che si muovono quei fili nascosti, quelli che sono usurati, quasi rotti, ma che ho tenuto, ho tenuto, ho tenuto ancora a costo di scorticarmi le mani, di erodere la pelle strato dopo strato, fino ad arrivare ad i muscoli. Io vorrei solo che finisse, davvero. Tutto, ogni cosa. È quella richiesta che uno non fa, perché sarebbe inutile. Finirebbe solo a far sentire peggio, più deboli, meno resistenti, più aperti ad ogni cosa che muovendosi contro, finisce a ferire. Non lo dico, ma vorrei solo che finisse. Di più, vorrei tornare a quel momento, quello preciso, e da lì cambiare tutto. Una volontà che sa sovrastare tutto, anche adesso, e diventa un chiodo fisso nella testa. Solo che non posso, non sono nato capace di certe cose, e probabilmente anche se lo fossi stato, avrei scoperto che così, avrei sbagliato solo tutto in un altro modo. Uno diverso da questo. Vorrei spingere la testa sott’acqua, e da lì sentire tutto talmente ovattato, talmente lontano, da poter quasi illudermi che sia tutto di qualcun altro. Tutto questo, di qualcun altro. Per un secondo la guardo, e non so neanche come. Non so neanche cosa dirlo, perché lo so, davvero, lo so. Lo so che tutte queste, sono stronzate paragonate a quello di cui stiamo parlando. Lo so che io sono una grandissima stronzata, proprio adesso. Penso ancora a prendere il muro a testate, ad essere onesto, ma non lo faccio neanche questa volta. Mi ci lascio poggiare con la schiena, premendoci solo la nuca nel guardare in alto, uno degli angoli fra parete e soffitto. A caso, del tutto. Non mi aspetto di trovarci niente, lì, forse solo di vedere ancora più colori, ancora meno forme. Prendo un respiro, mi lascio cadere a terra. E ci provo, davvero, ci provo come ci provo sempre. A prendere, smontare, buttare giù come colate di acido lungo la gola, ma senza farne scivolare fuori neanche un sola goccia. Penso, devo ricominciare. Penso, non credo di essere capace ad uscirne di nuovo. Penso, sono in un maledetto labirinto che però ha solo un’entrata, e nessun’uscita. Come la stanza si stinge, sento anche l’impulso di farlo con le mani, contro di me. Non lo faccio, non sono un bambino. E non c’è nessuno che entra da una porta, una finestra, e viene a farmi compagnia. Nessuno che può accendere la luce, e aiutarmi a scacciare via tutto. Però la testa fra le mani la prendo, con solo la vaga concezione della presenza del fumo che si muove ad ogni gesto, e va altrove. Fisso un punto fra le ginocchia che si piegano appena, allargate, malmesse, chiedendomi tante cose e nessuna. Mi sto solo infilando un concetto nella testa. Penso, vorrei essere da solo. Penso, non è vero che voglio esserlo. Ed è questo, alla fine, quella grande ed immensa paura di fronte a me. Essere da solo. Perché sapevo che avrei seppellito mio padre, mia madre, mio fratello. Penso, è esattamente per questo che me ne sono andato. Ed è esattamente per questo che adesso invece, non me ne posso andare. Premo il fondo del palmo contro l’occhio, assaggio la grandezza sotto l’osso orbicolare e premo lì, qualche secondo, muovendo appena la mano a destra e sinistra. Come se stessi davvero premendo qualcosa da lì, perché entri a fondo nel cervello. «È davvero incasinato, cazzo» lo dico solo per dire qualcosa, mangiare gli spazi che altrimenti potrebbero vivere liberi nella mia testa. Però non la guardo, mi concentro su quello che brucia, e che cerco di tenere giù, sempre giù, ancora più giù. «Posso farlo» sento il bisogno di dirlo altre dieci, cento, mille volte. Non lo faccio. Perché paradossalmente, nel bisogno di dirlo per renderlo vero, mi farebbe sentire anche quanto è solo costruito, finto. Un po’ di più per ogni volta che lascia le labbra. Quindi lo tengo lì, una volta sola. Deve bastare, e basta anche quando non lo fa. Mi sento schifosamente miserabile, adesso. Abbasso la mano, alzo la testa, un po’ perché lo so, cerco di togliere il volto dalla sua visuale. Premo la sigaretta nelle labbra. Penso, voglio solo che finisca. Tutto quanto.


    Edited by usul; - 1/5/2022, 14:52
     
    Top
    .
  15.     +1   -1   -1
     
    .

    Senior Member
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Zombies
    Posts
    33,368
    Reputation
    +10,975
    Location
    Chevy Impala '67

    Status
    NEW_POST




    Eliza Graham


    eliza graham ⋆ crossroads calvary's crier ⋆ possessed ⋆ New york ACCENT

    I
    l modo in cui Caiden si restringe in questa stanza, sbattendo contro i muri come un insetto intrappolato sotto un bicchiere, credo sia una buona rappresentazione di quello che sta accadendo parallelamente nella sua testa. Con le spalle al muro si lascia andare fino a terra, crollando eppure ancora non del tutto, stringendosi e non del tutto, soffrendo senza espiarlo all’esterno. Guardarlo così è una sofferenza, non solo per l’impotenza, per la colpevolezza, ma anche per quella sensazione di star osservando un fiore che appassisce in un secondo, una cosa bella che deperisce, divorata dall’interno fino a corrodere la superficie della pelle. È davvero incasinato, penso che si riferisca a sé stesso. Non credo che qualcuno gli abbia mai insegnato a condurre i suoi sentimenti lunga una strada dritta, liscia, ma che invece la sua sia piena di buche e ostacoli che lo fanno finire fuori oltre la banchina. È un peccato, perché è questo che succede quando una cosa così bella come la sua mente si perde in quel labirinto intrinseco. Cammino lentamente fino a raggiungere il muro contro cui si è poggiato, scivolo al suo fianco, con pochi centimetri di separazione da una spalla all’altra. Tiro le gambe piegate contro il petto e vi poggio sopra il mento. Non guardo lui, guardo dritto di fronte a me. Voglio stargli vicino, ma voglio anche che senta uno spazio per sé stesso, che non abbia uno sguardo piantato addosso che attende, che osserva, che analizza. L’ha detto, ha detto che lo farà e io so che lo farà, quindi basta così. Ho fatto quel che dovevo e non voglio aggiungere nient’altro. Non voglio continuare a tentare di fargli capire che è questa la cosa giusta da fare, quella migliore per la situazione, l’unica possibile per approfittare di un momento irripetibile. Non voglio dire più niente. Non voglio fare più niente. Se non essere, qui, per lui, in qualunque modo voglia, in qualunque modo ne abbia bisogno, che sia in silenzio o con un fiume di parole, con un tocco gentile, con l’aria tra di noi e nient’altro. Con occhi che si puntano l’un nell’altro oppure no. In tutto questo ultimo sentenziare di condanne e bugie, voglio amarlo almeno un po’. Non solo nella maniera crudele che mi sono costretta a possedere, ma anche nella mia, semplice, la mia maniera di amare lui.


    aes
    32y.o.
    414y.o.
    crier

     
    Top
    .
36 replies since 29/4/2022, 21:14   308 views
  Share  
.
Top