Howling in my bones

Horace & Vivianne | Sacred Heart Hospital - 16 Marzo

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    Vivianne Dixon. Vivi. O semplicemente - per come ti conosciamo noi - la compagna di Lucian. La sua femmina, il cui odore non ha saputo nascondere per tutte quelle volte in cui ci siamo visti.
    Nessuno mi ha mai spinto a fare quello che sto facendo, né a muovermi con circospezione in questo posto. Sono solo un bastardo fortunato, e prima che la rivolta esploda, prima che il movimento tiri fuori l'armamento, devo vedere come stai. Sono fortunato perché questo muso che mi ritrovo non è ancora finito in prima pagina, ma credo sia questione di mesi, se non settimane. Non potremmo sempre nasconderci, non noi, né quello che facciamo.
    Tuttavia tu non sai chi sono, e questa è la mia prima mossa. Lo spazio che ho per farmi avanti per primo, affinché sembri più accettabile.
    Lucian ci ha protetti, ed in cambio noi abbiamo protetto il suo mondo, oscurato la sua presenza, avvalorato il suo credo. I suoi affari non sono mai stati i nostri, quando è riuscito per primo a scappare da Detroit. Ma era nostro fratello. Era mio fratello. Ed io non imparo mai. Come dice Tamara: soldato sei, e soldato resti.
    Quindi si, sono qui per accertarmi che la compagna di Luc sia ancora in grado di muoversi, che sia protetta, che tu non finisca nel mezzo della merda che verrà fuori molto a breve, o che tu sappia da che parte ti converrà stare.
    Tu non sai cosa sono, non sai cosa voglio, ma ho cercato per settimane informazioni su di te. Non ho potuto concentrarmi quanto avrei voluto sull'assassino di Lucian. No, non credo si sia fatto questo da solo. Non credo sia annegato. Lucian era diverso, non aveva quei problemi che ti logorano il cervello, quelli da cui sono scappato a fatica anche io, dopo l'Air Force. Ci sono uscito grazie a quello che sono adesso, pur non avendolo mai scelto.
    Ma non sono così folle - ancora - da presentarmi per ciò che sono, né a darti alcun indizio. E' che quando ne ho l'opportunità, in questo tramonto rosato, mi faccio avanti. Ad ogni passo mi rendo conto che non so cosa dirti, non so come iniziare. Mi ero già preparato a mentire, un aggancio, un qualcosa per offrirti da bere ed indagare a distanza.
    Sento solo di doverlo fare per Lucian, anche se forse... beh non so se Benjamin capisca, agli altri non andrei comunque a dirlo.
    Per quanto è successo a me, avrei voluto che qualcuno lo facesse, dopo Joseph.
    "Vivianne, vero?"
    Potresti essere sulla difensiva, avresti ragione. Lo sarei anche io.

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    Edited by nocturnæ - 19/3/2023, 20:44
     
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    Non ha senso. Hanno cominciato a perdere di senso davvero tante cose. Tutte quelle fatte fino ad ora. Tutti gli sforzi, tutto il mio impegnarmi e lottare per…
    Non importa. Ormai lo penso: non ha più senso niente. La mia vita ruotava attorno a quello, ed è tutto andato. Sento come se si fossero bruciati tutti questi anni, perché il mio faro, la mia spinta a continuare a portare avanti tutte queste lotte giuste è morto. È morto. Non è servito a nulla, è morto tutto insieme a lui.
    Mi chiedo pure se non sia stata stupida fino ad ora, se non avessi dovuto aspettarmelo, vedermelo arrivare così prima o poi. Mi chiedo se mi fossi illusa che ci fosse un altro modo, che non succedesse e basta.
    Forse sono stata una bambina che ha creduto di vivere in una sorta di mondo fantastico dove non importa chi sei, da dove vieni, tutto si può sistemare, tutto andrà comunque per il giusto verso soltanto perché in due l'hanno sperato. Era questo che io e lui ci dicevamo, no? Che le cose sarebbero andate meglio. Siamo stati due stupidi allora? Siamo stati due emeriti idioti offuscati da… inutili speranze, consolazioni? Forse una stupida sola, forse ci ha creduto una soltanto, io.
    Ma ciò non cancella una cosa. Il fatto che mi manchi.
    Mi manca. Mi manca da morire.
    Darei il mio sangue pur di rivederlo anche soltanto per un minuto. Per riaverlo ancora per un misero istante con me e me soltanto a Sunset Park. Lo vorrei rivedere soltanto un minuto. Dirgli che non è giusto che si sia ridotto tutto quanto a questo, a un corpo morto e seppellito. Non riesco ad accettarlo che Lucian sia questo adesso.
    Di nuovo, è sempre l'inerzia che mi trascina qui. È sempre la consapevolezza che forse è meglio fare il burattino qui che rimanere a casa, senza fili, immobile con il niente.
    La sigaretta di nuovo stretta tra i denti, perché qui ci sono rimasta finché ho potuto, e cioè il massima, ma alla fine il momento di tornare a casa arriva sempre. Devo tornare a Manhattan, è una sorta di obbligo, anche se ho una gran voglia di farmi del male a Sunset Park.
    Non lo noto finché non fa il mio nome. Ho dimenticato anche una delle norme fondamentali degli insegnamenti di mio padre. Dovrei forse insospettirmi di più, ma da quando ho cominciato pratica qui in diversi conoscono il mio nome. Lo guardo meglio, anche se non credo di averlo mai visto, ma potrei benissimo sbagliarmi. Sembra uno dei volti che potrebbe benissimo confondersi con tutti gli altri che mi si imprimono come timbri nel cervello e poi, uno sopra all'altro, finiscono per confondersi e diventare tutti parte di un'unica grande macchia.
    La cosa alla fine è semplice.
    «No, mi spiace.» mentre tento di riprendere il passo sulla strada.
    Che, anche nel migliore dei casi, non ho davvero voglia.
     
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    Ok, lo so che sei tu. E va bene se te la giochi così, immagino il commento di Lucian in questo momento. O forse fantastico e non lo conoscevo abbastanza, ma a me lasci un ghigno che si apre piano al tuo passaggio. Mi va male perché forse non hai più il cartellino in vista, ti sei già cambiata, in qualche modo potresti avvalorare la tua tesi.
    Hai ragione, vero? Io ho sbagliato persona e finisce qui. Mi chiedo se sia perché tu non ti senti più una persona. Io, beh neanche io mi ci sono sentito tanto a lungo.
    A dir il vero adesso neanche lo sono - una persona - ma non ha rilevanza. Quando è morto Joe, non ho più voluto niente. Mangiavo perché mi forzavano, non bevevo perché mi tenevano d'occhio. Sono rimasto in piedi perché avevo degli obblighi, e immagino tu non li abbia, o che non siano altrettanto forti.
    Io due mesi dopo dovevo già togliermi dal cazzo, sparire da casa mia, stare lontano da una famiglia che non voleva più vedermi, tu.. tu ce l'hai una famiglia, Vivianne?
    "Non ho sbagliato persona"
    Ok forse adesso sono insistente, forse mi esce un ringhio da qui sotto, da un punto vicino allo stomaco che mi dice di non insistere. Io lo faccio, ovviamente, non so mai ascoltarmi come dovrei.
    Penso che non ti piacerà tutto questo, perciò lo so come per un momento esito. Esito nel dire altro, perché forse dovrei lasciarti in pace, lasciarti fare, lasciarti andare verso dovunque sia casa per te.
    Ad esempio non dovrei farti capire che ti ho seguita, questi giorni. Che ho letto gli errori della tua routine, i modi in cui non sai superare il punto chiave.
    Ma non te ne faccio una colpa, non posso, non devo. Io a volte ancora mi rabbuio se Ben esagera, se qualcuno tocca Jerry o se finiscono a dirmi come non dovrei avere l'anniversario di un lutto.
    Io lo so, e te l'ho letto negli occhi per quel mezzo secondo in cui mi hai guardato, so riconoscere quello che senti ma non ti dirò mai che so cosa si prova. Non è vero, nessuno lo sa, sono solo stronzate.
    "Conoscevo Lucian"
    Il vuoto, un tonfo nell'abisso. Ma lo dico a voce più bassa, perché senta solo tu, quando passi abbastanza vicina perché sia indirizzato solo a te.
    E' per questo che sono qui, anche se mi aspetto qualunque cosa adesso mentre ingoio gli aghi che ho in gola.
    Hai tenuto il segreto a Lucian, perché lo amavi. Non so se lo terrai a me, se ci stai già arrivando o se la cosa è talmente distante che sono al sicuro. Bem mi dirà che sto rischiando per il cazzo, perché sono uno stupido sentimentale.
    Ben su questo non sbaglia mai.

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    Non me ne frega niente. Non ho voglia nemmeno di stare a parlare. Trovo sia più comodo così, fingere che non sia io e tirare a dritto. Magari informarmi dopo, magari dirlo a papà e che ci pensi lui, anche se magari si tratta solo di una stronzata, di uno che chiede se sono io solo perché mi ha visto lì al Sacred. Innocuo oppure no, non sento neanche di avere più la fissazione di mio padre di considerare ogni singola cosa una minaccia, anche se in questo caso avrebbe ragione di pensarlo. Lucian è morto male, ed io stavo con lui. La mafia doveva conoscermi; certo che mi conosceva, lo tenevano al guinzaglio, sapevano ogni singola cosa. Quei grandissimi figli di puttana, possono morire tutti quanti. Tutti i suoi superiori, i suoi cari colleghi, per me possono tutti bruciare all'inferno, perché come minimo sono stati loro a volersi liberare di lui. Che, forse, era arrivato solamente al punto in cui non serviva più. E allora era già scritto, già deciso, c'era già una data, e non lo sapevamo, e abbiamo continuato a sperare.
    Ho tenuto così tanti segreti. Per niente.
    E poi fa il suo nome, e allora mi costringe a fermarmi, come se neanche lo decidessi io. Forse non mi va di sentire il suo nome, forse non mi va di parlarne, di condividere qualcosa con qualuno. Non mi va di sapere niente, di sentire condoglianze. Non mi va nemmeno di avere qualche rivelazione. Proprio non voglio.
    Voglio solo essere lasciata in pace, cazzo, e vorrei che la gente se lo ficcasse nel cervello.
    Lo guardo in silenzio per qualche istante, perché so che la cosa potrebbe rivelarsi ora pericolosa. Perché conosce il mio nome, sa chi sono - erano pochi quelli in grado di associare me a una persona come Lucian - e perché Lucian è morto ammazzato.
    «Allora che vuoi?» Non mi va nemmeno di essere gentile.
    Infilo le mani nelle tasche dei jeans. Un'altra prescrizione di Abel non rispettata: non ho neanche un coltellino con me in questo momento, ma almeno posso rigirarmi tra le dita qualche grumo di energia.
     
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    Cosa voglio? Voglio sapere se stai bene, ma non è qualcosa che posso dire ad alta voce senza sentirmi un pazzo. E mi ci sono già sentito abbastanza in questi ultimi mesi.
    E va bene non sono cose che puoi sapere, né che vuoi sapere.
    Neanche io volevo tanto parlare con chi mi si parava davanti. Anche se, beh, nessuno voleva davvero parlarmi di Joe, ma nessuno l'aveva mai conosciuto. Era solo una parte di me, che ha preso fuoco appena sopra l'hangar. E sono ricordi che mi restano addosso quando passano davanti agli occhi, è fuoco nelle iridi.
    Però se mi rispondi così mi sale quel mezzo ringhio, che trattengo solo perché Lucian ci ha davvero chiesto di occuparci di te, insomma per come siamo fatti restiamo creature da uccidere a vista, sarebbe potuto succedere. Ma non lo avrei mai voluto, non ho mai voluto questo momento. Né guardarti negli occhi per dirti qualcosa.
    Non so cosa dirti, che non sia banale, inutile, scontato.

    "Mi parlava di te"
    Perché ti amava, Vivianne, di quell'amore che non può essere stupido, che era bloccato da mille cose che non si potevano dire. Non le diceva a noi, immagino non le abbia mai dette neanche a te, vero?
    Lo so che tirar fuori così quelle lettere che compongono il suo nome deve far male, ne ha fatto a me per dirlo a voce alta. Per me non è morto, Vivi, è qui con noi due. E' qui che tra qualche settimana mi si piazza in casa, mi trova al Nido, mi chiede una birra per staccarsi un po' da tutto e non ricevere consigli. Che io non ne so dare.
    Io so solo come si sopravvive alla morte del cuore, bene o male che sia, ma non sono qui per insegnartelo.
    Sono qui per guardarti adesso con tutto il rispetto militare che possiedo e che Benjamin tanto detesta. Sono un soldato, resto un soldato.

    "Vedere come stai andando avanti" anche se non lo stai facendo, sei ricaduta in errori che non ho potuto provare su di me. Mi hanno sempre fatto gola, mi sono chiesto come sarebbe stato toccare il fondo, a volte con la voglia di provare nelle ossa. Ma non ho mai potuto. L'America non me lo ha concesso e poi non lo ha fatto Princip.

    "Se sei al sicuro. Io, io sono Horace" ma non allungo mani, non le stringeresti, non quando resto a fare un passo indietro per darti fiato, respiro, quello che non è giusto ti venga sottratto. Sono Horace, per te, non Race. Un nome umano su cui fare affidamento, non quello per cui potresti leggere in altri notiziari. "Solo questo"

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    Non voglio sentirlo.
    Forse tempo fa sarebbe stato diverso. Forse sarei stata pù paziente, più gentile, sarei stata anche più paziente, più brava a sopportare. Ma mi sembra che anche quella parte di me se ne sia andata con Lucian, forse per seguirlo ovunque egli sia andato. Perchè non ho certezze neanche su questo, non ho neanche idea di dove sia andato a finire, se esiste veramente qualcosa oltre al niente o se a lui solo quello fosse riservato. Senza che abbia neanche avuto il tempo di redimersi per peccati che alla fine non ha commesso davvero, non volontariamente.
    Per questo non voglio sentirlo parlare. Perché non voglio sentire la voce di Lucian dall'oltretomba, non voglio sentire l'eco della sua voce e delle sue volontà che prima di sparire del tutto si sono rivolte a lasciare una loro ultima traccia per me e me soltanto. Per assicurarsi che dopo di lui, indipendentemente da tutto e da tutti, da come sarebbe andata la storia, io continuassi a tirare avanti, a non guardarmi indietro, non fermare il passo. Che nessuno venga lasciato indietro forse è qualcosa che pensa solo mio padre, ma sa perfettamente anche lui che quando non c'è più niente da fare allora non resta più niente neanche per cui voltarsi.
    Allora è come se Lucian si stesse assicurando che io non mi volti indietro. Per questo non lo voglio ascoltare. Perché non è giusto.
    Perchè? Lo sapeva di morire? E allora anche questo mi fa davvero rabbia. Mi uccide il cuore. Perché forse vorrei invece sapere che non ha pensato a nulla quando è morto, perché è morto condividendo la mia stessa speranza che le cose potessero andare davvero meglio. Che saremmo riusciti a rendere stabile questo breve lasso di felicità che condividevamo. Mi fa rabbia perché non è morto sapendo che eravamo arrivati alla serenità, avevamo concluso il nostro viaggio. Stroncato. E io adesso dovrei andare avanti? E io adesso dovrei ancora sperare in qualche cosa? Ma vaffanculo. Che si fottano tutti quanti.
    Non lo voglio sapere che parlava di me, che ci pensava a me oltre a quando stavamo insieme. Non lo voglio sapere che mi amava davvero quanto io amavo lui. Forse adesso preferirei scoprire che in realtà mi odiava, perché almeno lo odierei di rimando e non soffrirei così per la sua sofferenza.
    «Tutto qui?»
    Cerco di indurire il cuore, ma è difficile nascondere gli occhi che pungono e si lucidano con una patina di lacrime.
    «E chi cazzo saresti?»
     
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    Solo questo. Anche se non basta, niente basta. Come a me non è servita la mano del Maggior Gale sulla spalla, a dirmi che insomma potevo smettere di guardare il fuoco bruciare perché da quei rottami non ne sarebbe uscito vivo neanche un supereroe.
    E Joseph non era un eroe, anche se si era arruolato con la stupida ossessione di diventarlo, di battersi per la patria, con la paura negli occhi ogni volta che si alzavano i caccia.
    Ma non sono miei i traumi che adesso devono lasciare orme in questo parcheggio. Non ho mai capito cosa significasse per Lucian amare, ma credo che "proteggere" fosse il suo modo, simile al mio. Ognuno caccia con un metodo ed ama con un metodo, non posso illudermi come fa Benjamin, non posso credere che esista un mondo dove istinto ed amore non si compenetrino.
    Ma non sono un romantico, Vivianne, sono solo un amico del tuo compagno, uno che crede fermamente che qualunque cosa gli sia successa abbia un peso enorme e adesso vada ripagata con altrettanta moneta.
    Non ti dirò che sospettavo anche di te, non sarebbe stata la prima volta che un amico si faceva fottere da una donna, o da un cuore debole. Ma Luc non era debole, non mi è mai sembrato il tipo che non ragiona sulle cose.

    E comunque, che tu sia innocente lo leggo nei tuoi occhi, quando si velano sotto il mio sguardo e devo restare impassibile, meno debole perché il mio non faccia altrettanto.
    "Un amico." Suo, sicuramente, tuo... non si sa, lo deciderai tu quando vorrai. "Uno di quelli di cui fidarsi" per lui che ogni volta lasciava le ultime disposizioni. Forse con il tempo l'ho capito che cosa faceva e per chi, ma non sono nomi saggi da dire a voce alta. Né sussurrati. Non si dovrebbe neppure pensarli. "Con cui parlare"

    Che è per questo che sto per fare un'altra cosa che Ben sconsiglierebbe. Ho già scritto questo numero, un usa e getta non tracciabile. Sento solo Lucian annuire e dio, cristo, se devo tenermi davvero più buono di così adesso, un solo ringhio e ti potrebbe ricordare istantaneamente lui. E cosa sono, e quanto siamo simili. Ti allungo il foglio di carta, strappato a cazzo da un blocco che non era mio.
    "Horace - +1 (408) 768 6351." Il resto forse non te lo dovrei dire adesso. Una cazzata al giorno può bastare.

    Vorrei solo che prendessi questo foglio, che capissi da come continuo a guardarti che Lucian lo conoscevo davvero. "Nessuna trappola, niente inganni"

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    Edited by nocturnæ - 20/3/2023, 16:03
     
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    Non so se lo sta dicendo a me, se si sta riferendo a ciò che c'era tra lui e Lucian, non lo so veramente. Io non voglio parlare di Lucian, non voglio farlo con nessuno. Cosa dovrei dire? Che cosa cazzo dovrei dire di lui, di me? Che sto male? Che non mi riesce pensare ad altro e non ci credo che Lucian non ci sia più, che sia morto, che ci sia solamente silenzio? Che tutto ciò che ho amato adesso non esiste più a questo mondo e non posso andarlo a recuperare da nessuna parte? Non posso andarmelo a riprendere. Se c'è una cosa veramente impossibile a questo mondo è la morte, ed io lì non posso andare a riprendermelo. Di cosa cazzo dovrei parlare? Del fatto che pagherei non so cosa per riaverlo per un istante, per lasciarlo andare?
    Io non voglio fidarmi di nessuno. Nemmeno dei miei amici, perché non sono disposta a farmi aiutare da nessuno, perché non sopporto nemmeno gli sguardi della gente. Non sopporto la gente che parla, non sopporto neanche che respiri. Tanto è tutto inutile, non voglio nemmeno essere protetta. Da cosa poi adesso che non c'è più alcun motivo per opporsi a qualcosa.
    E allora lo guardo, Horace.
    «Puoi dirmi come è morto?»
    No
    «E allora non mi servi a niente»
    E prendere il suo numero, stracciarglielo sul viso, perché non mi serve a niente, perché non voglio nè aiuto, nè compassione, non voglio nemmeno qualcuno che si preoccupi del fatto che sia ancora viva e che tiri avanti. Qualcuno che non so neanche chi cazzo sia e che per questo deve solamente lasciarmi in pace e farsi i cazzi suoi. Che si faccia la sua vita, che pensi a sè stesso e lasci in pace me.

    Tutto questo l'ho solo pensato, solo pensato in questo misero istante in cui vorrei prendere a pugni il mondo.
    Ma non lo faccio. Da qualche parte cedo, perché quell'eco si fa di nuovo presente e c'è Lucian dietro questa volontà. Ed io posso odiarlo come e quanto voglio in questo momento, perché non ci ha creduto abbastanza, per consolarmi - non lo so - ma non riesco a non raccogliere ogni sua singola traccia come fosse un'eredità lasciata, una collana da ricomporre e custodire gelosamente. Non riesco a non voler proteggere ogni singola cosa che ha lasciato, anche l'asfalto sul quale ha camminato, anche l'aria che ha respirato. Non mi riesce lasciarlo andare, lasciarlo svanire più di quanto questo mondo non abbia fatto cercando di cancellarlo perché era semplicemente l'ultimo tra gli ultimi.
    Signor Nato-per perdere.
    Non mi riesce non rimanere ad ascoltare quello che ha pensato di me fino all'ultimo istante.
    «Che vuol dire un amico?»
    E da un lato c'è questo non riuscire a sopportare neanche l'idea di qualcuno che me lo venga a togliere, che rivendichi qualcosa su di lui nella quale io non possa neanche entrare perché non ne facevo parte. Non voglio che qualcuno mi strappi le tracce della sua vita.
     
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    "Vuol dire che so cos'era" ecco, vedi, poi alla fine davvero una stronzata tira l'altra, ed io mi ci butto in questo mare di merda. Ma lo faccio a bassa voce, direzionando ogni tono perché intorno a noi niente si allarmi. Non mi sembri una che viene controllata ma non posso saperlo, non sono bravo a spiare fino a quel punto: ho solo visto che non stai vivendo.
    Lucian non vorrebbe questo e tu probabilmente te ne stai fottendo, come è giusto che sia. E' giusto che tu non voglia sentirti dire niente, per questo avrei dovuto andarci anche più piano di così, ma non posso.
    Qualcosa dentro brucia, mi dice che ho bisogno che tu ti possa fidare di me. Magari non adesso, ora tornerai a casa, senza passare per quel parco dove gli piaceva portarti. Torna a casa, accartoccia il numero, o lascialo in vista da qualche parte. Fai sedimentare il fatto che potrebbe servirti non essere sola. Per quanto tu voglia starci.

    "L'ho conosciuto a Detroit" ancora, sottovoce quasi, in un ringhio basso che azzardo in mezzo passo avanti, non troppi, nulla che tolga il fiato. Ti ho lasciato un biglietto, significa che non ho il tuo numero, che non ti tormenterò di mio. Probabilmente dopo oggi - a meno che non sia tu a volerlo - non ci vedremo mai più.
    "Ci facevamo una birra ogni tanto... siamo rimasti in contatto"
    Soprattutto questi ultimi mesi, e quei giorni di gennaio.

    E non ti voglio raccontare l'ovvio, né dare ad una donna in lutto il coltello dalla parte del manico. Non voglio confermarti niente, né dare al tuo ragazzo del mostro. Lucian era del branco, alla fine l'ho sempre pensata in quel modo. I suoi desideri, le strozzature del suo lavoro, tutto riverberava anche attraverso noi. Non voglio dirti come devi sentirti, spero che tu lo capisca alla fine di questa fiera dell'orrore. Ma convincersi di non aver bisogno di aiuto, è stupido, Vivianne, inutile quanto il contrario.

    "Credo si fidasse di me, per questo sono qui. Nessuna stronzata psicologica, non funzionano mai. Sono solo lì, su quel foglietto." va bene?

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    'cause i've got monsters still under my bed that i could never fight off
    Io non credo di voler qualcuno con cui parlare di Lucian. Io di Lucian non voglio parlare e basta, perché mi sembra sia tutto l'emblema di un grande fallimento. Di cosa? Di così tante cose.
    Lucian diceva che dovevo smettere di sforzarmi di voler salvare la gente a tutti i costi, però lo riteneva un mio pregio, quello di credere che vi fosse speranza per tutti, salvezza per ciascuno che l'avesse desiderata. Ed io volevo che la desiderasse, volevo che la desiderasse con tutto sé stesso, forse con egoismo. Adesso però capisco anche un sentimento come quello di mio padre, che ho provato per così tanto tempo a salvare anche lui, che non voleva essere salvato in alcun modo, ed io non lo comprendevo questo assurdo desiderio. Ma adesso è chiaro, perché sento la stessa cosa, perché ho capito. È solo inutile. Aveva ragione papà, questo mondo è cattivo, anche se forse non è questo ciò che vorrebbe apprendessi. Ma è tardi, è piuttosto chiaro. Il mondo è cattivo. Oltremodo cattivo. E di fronte a ciò molte cose perdono di senso. Molte regole si rivelano inutili. Anche i gesti, anche le buone intenzioni a che servono se il mondo è il primo ad essere cattivo? Se qua fuori ci sono soltanto lupi? Forse sono stata una stupida fino ad ora, forse è il caso che diventi lupo anche io tra i tanti, quantomeno per non subire tali odiosi colpi dalla gente.
    Detroit pure. Quello è un mondo dal quale Lucian ha sempre voluto tenermi fuori, ed io l'ho rispettato, ho rispettato un passato doloroso, spine che non potevo togliergli a forza con la pretesa di dimostrargli che poi le ferite sarebbero guarite. E adesso lui torna da Detroit, forse dove è andata ad abitare la sua anima, e da laggiù arriva tutto il resto della sua eredità che non ha lasciato qui a New York. Arriva qualche birra e volti sconosciuti ai quali ha affidato qualcosa apparentemente.
    Io non voglio parlare di Lucian, non voglio ricamare il suo elogio funebre e poi gettarlo così, al vento, tra parole inutili. Non voglio stringermi a nessuno per consolarmi e ricordarmi come era. Voglio solo essere lasciata in pace. Ad un certo punto desidero che anche il suo spettro e i suoi ricordi mi lascino in pace. Non voglio avercelo un amico o una spalla su cui piangere, non voglio avere qualcuno che mi vada a fare la spesa, che mi faccia favori soltanto perché sono stata così sfortunata. Non voglio fare pena a nessuno, non voglio neanche l'aiuto di me stessa. Non voglio cedere la mia durezza.
    Però una cosa la voglio sapere.
    «Io voglio solo sapere come è morto.»
    Io ho solo bisogno di sapere la verità. Le bugie infiocchettate o rassicuranti mi fanno schifo. Voglio solo sapere chi me lo ha ammazzato e chi incolpare in questo mondo così schifoso.
     
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    sheet look 27y.o.



    So che non dovrei ridurre Lucian a "Detroit", perché non era solo quello. Questa è la punta di un iceberg che fa male ogni volta che lo guardo. Come se il suo fondo fosse infinito, ci metterò sempre il nome di qualcuno ad allungare il suo strato di ghiaccio perforante. E' ironico, perché io non soffro il freddo, e magari tu con lui eri abituata a questo. E lo so che siamo bestie da macello, siamo nati nell'illegalità, siamo quelli a cui sparare a vista, a cui non fare mezzo processo perché la legge è legge. E noi viviamo talmente lontani dai suoi confini. Ma io lo so che non è stato un incidente, neanche uno di quelli sfortunati. Io ho solo rabbia, una rabbia del cazzo che non si rassegna. Sarà anche come mio padre ma è quello che mi tira avanti adesso. Che mi ha concesso di muovere i passi per arrivare qui a vedere come sta la sua... beh, tu.

    Magari lui non era un mostro, anche se lo siamo tutti e questo tira fuori il peggio di noi, è vero. Ma Lucian era umano, come lo sono stato io ai tempi miei - che sembrano lontanissimi ora. E l'umano soffre, si preoccupa, ama, ringhia. Cazzo se ringhia. Sai, noi lo temevamo Lucian, perché se si incazzava erano grandi problemi, era il più forte tra noi. E non ho neanche mai tentato una rivalsa su di lui, non ho tentato mai di prendermi un posto che non era mio. Perché a me, come per lui, il potere non interessa. Può esserci un istinto che ci guida, si, ma tutto qui. Non voglio essere il capo di niente, né che qualcuno penda dalle mia labbra o dalle mie cure. Per questo so che non voglio insistere con te. Non voglio un pensiero fisso, ma voglio che tu vada avanti perché Lucian ci ha chiesto di provvedere in qualche modo.

    Oh io non ho idea di quale sia quello giusto, ho ancora il fiato che spinge male in gola, anche se faccio pure l'altro mezzo passo che mi spetta. Che non mi va di sussurrare a troppi metri di distanza, o di distogliere uno sguardo che resta fisso nel tuo. Solido anche quando le iridi un po' cedono. Ma il mio è un dolore che nasce dalla rabbia, perché so cosa vuoi. Cristo ho cercato quel fottuto stronzo che ha sparato quel missile per ore, finché non mi hanno riportato a casa in manette. O neanche ci sarei tornato. Tu però non la dovrai fare questa fine. Me lo immagino - o spero, cristo - dirmi che non vuole che tu passi il tempo a ragionare su una cosa che ormai è andata. Come è andato lui. Ma non dirlo a me, perché sono il primo che questo consiglio non lo seguirebbe mai. Io troverò quegli stronzi, e se davvero lui è morto, allora mi pulirò i denti dalle loro carni, con le loro ossa.

    "Anche io" suona come un riverbero lento, feroce. Mi devo fermare qui.

    I could be up all night, but I'm paralyzed when the creature comes alive
    Don't wanna feel
    I could be honest, I could be human
    I could become the silver bullet in your head

    horace armstrong
    wendigo ━ militante nhr ━ luna crescente ━ fratello maggiore
     
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    'cause i've got monsters still under my bed that i could never fight off
    Già. Anche io. Perché è evidente che neanche lui lo sappia. Che Lucian aveva dei nemici, certo che li aveva, come chi non dovrebbe stare al mondo e si ritrova a respirare alle sue spalle quelli che hanno scritto le loro leggi tanto giuste e democratiche. Ma questo non importa ormai, a me basterebbe soltanto avere un nome, solo un nome, solo qualcuno a cui…
    Sì, sono arrivata fino a questo punto. Non importa che Lucian fosse un wendigo, un abominio legalmente e giustamente perseguibile, non importa: io voglio sapere chi è che gli ha tolto la vita come un codardo. Penso anche che sarebbe stato meglio se lo avessero ucciso e lo avessero… no lo so, distrutto, bruciato, qualsiasi cosa purché fosse più dignitosa di lasciarlo così, nella baia.
    Fa un male allucinante. Se continuo a pensarci mi metto a piangere più di quanto non stia facendo già adesso. E che, poi, quell'immagine finisce per essere comunque parte di me. Non si tratta più neanche semplicemente di uno spettro che mi aleggia dentro le pareti del cranio e del torace per tormentarmi. No, penso sia diventata l'effige che porto nelle ossa di questo finale mostruoso.
    Misero, fino alla fine.
    Non è giusto.
    Non meritava questo l'amore mio.
    Non meritava di nascere e morire nella stessa miseria. Non meritava di essere carne da macello, un uomo da usare e poi da buttare. Non meritava tutto questo disincanto.
    E forse un po' sento di volermi male, di avercela anche con me per non essere riuscita a proteggerlo abbastanza. E adesso è morto, adesso l'ho perso definitivamente. Dio, pagherei non so cosa per poterlo rivedere, per non sentire questo silenzio assordante, senza sapere se il suo spirito mi resta una compagnia invisibile oppure se sono così, definitivamente sola.
    Mi passo una mano sotto il naso, tirando un po' su e rigirandomi il foglietto tra le dita.
    «Horace
    E annuisco. Con quell'andare su e giù del capo, senza aggiungere altro, gli faccio un cenno e gli do le spalle per riprendere la mia strada. Che forse adesso ho veramente bisogno di restare da sola a Sunset Park.
     
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