Could you take care of a broken soul?

Matìas e Grace | Dormitorio 56, Julliard - 26 gennaio

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    E' solo un altro familiare che se ne sta andando. Dovresti esserci abituato, ma non lo sei, Matìas. Non vuoi che l'incubo ritorni, che tutto succeda di nuovo, che la macchina del dolore riprenda a vorticarti così tanto intorno. E' una tempesta che sapevi sarebbe arrivata da quando hai capito della tigre, di come si stava divorando tuo fratello dall'interno. Non hai neanche avuto il tempo di conoscerlo, tranne questi giorni. Ecco questi giorni in cui gli hai offerto rifugio, avete parlato di tutto, per recuperare il tempo perso. Hai ascoltato la sua vita scorrere nei tuoi occhi e la tua nei suoi. Ti ha sentito suonare, sbagliare, imprecare su quella tesi che prende forma piano piano ed all'improvviso è stato come se non vi foste mai persi. Come se fosse sempre stato in contatto con te per ogni successo ed insuccesso, dolore e gioia. Come se ti avesse stretto le mani quando il medimago ti ha detto che tua madre da lì non sarebbe uscita, che neanche le cure sperimentali stavano funzionando.
    Te lo ricordi come Rosalinda neanche riusciva a riconoscerti, e tu - da quando l'ha messa in isolamento - potevi salutarla solo dal vetro. Per questo, adesso che Grace ti si avvicina, ti sembra di sapere benissimo che cosa sta per dirti. E sono giorni in cui sei silenzioso anche con Dave, che ti fai bastare i suoi abbracci, il suo modo di amarti, per sentirti un pochino al sicuro, appena rincuorato.
    Con lui all'inizio hai parlato un sacco di questa situazione, di come ti sembrasse ingiusto l'allontanarsi di Grace dal circo, il suo non voler stare con Caleb che pensi l'avrebbe amato come Dave ama te. Anche se di loro due non sai niente, non sai cosa hanno davvero passato, ti si spezza solo il cuore nell'immaginare quel ragazzino lì, grande poco meno di te, a rodersi per non poter fare niente.
    In fondo, Titi, neanche tu a quanto pare puoi fare qualcosa di concreto per far star meglio tuo fratello.

    Perché è tuo fratello e basta. E' come se non fosse figlio di una madre differente, per te è sangue puro che si intreccia e fa battere il cuore nello stesso modo. Anche se tu odi vostro padre e lui no, non cambia. Non cambia niente di quanto ti faccia soffrire adesso. Ma ricordi, mh? Ricordi anche cosa hai fatto quando è morta tua madre: ti sei riempito di impegni, hai continuato come niente fosse, convinto che fosse ciò che avrebbe fatto lei, a testa alta. Hai questa cosa, tu, che inneschi un meccanismo automatico, soffri senza piangere se si tratta di non rendere più triste qualcosa di pesante. Piuttosto aspetti di piangere quando sei tra le braccia di Dave, ma cristo se ti contieni con Grace.

    Chiudi gli occhi, ritiri le labbra, prendi un respiro. Che tanto stai già premendo tasti a caso sul piano, giusto per compiere azioni meccaniche che non ti distacchino dalla realtà ma neanche te la facciano assorbire troppo. Tanto vale che ti fermi, e lo guardi. E' vero che Grace andrà in cerca di quella speranza che sarebbe piaciuto avere un po' a tutti quanti, ma qualcosa nel tuo cuore ti dice solo che non funzionerà, che anche in questo caso rimarrai a guardare dietro il vetro, fermo lì, tenuto a debita distanza.

    "Hai-" guardi bene quella borsa, ci allunghi dentro un pacchetto di mikado fondenti, come piacciono a te. "-preso tutto? Ti-ti serve ancora qualcosa?" e parli bene, anche se le labbra hanno qualche piccolo spasmo e la tristezza la nascondi dietro un muso che sembra quasi duro. Ha la febbre, e inizia così. "Mi chiamerai, dopo?"
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    Guardi per l'ennesima volta lo zaino che tieni in piedi sul letto, adagiato contro il muro al quale ti tieni stretto ogni sera. Lo guardi, lo svuoti e lo riempi di nuovo quasi come se non fossi mai sicuro di cos'è che stai facendo. E magari è la febbre a rendere le cose più semplici stranamente difficili. Tanto che non riesci a pensare adesso: i tuoi sono semplicemente gesti automatici, qualcosa sul quale cerchi di soffermarti con attenzione proprio per evitare che a causa della vista annebbiata ti venga poi impossibile portare tutto l'occorrente con te. Che poi non hai scelto nulla se non un cambio, il telefono cellulare ed una bottiglia di acqua che, se tutto andrà bene, berrai calda tra due-tre giorni. Il fatto è che non sai dove poter andare adesso: non c'è un posto, oltre al circo, in cui potresti effettivamente trasformarti in tutta sicurezza. Hai paura, in effetti. Una paura folle di essere braccato e spedito allo zoo che sa farti tremare le gambe. Perché finendo allo zoo ti rimarrebbe difficile andare a cercare il tuo Specialista. Non sai smaterializzarti come fanno i tuoi amici e questo ti spingerebbe poi dinanzi al DCMC, pensi. Perché se una tigre sparisce e nella sua gabbia appare un uomo, forse c'è qualcosa di strano. Qualcosa che viola lo statuto di segretezza, roba del genere, ti dici.
    Ma cerchi di fermarle, le ginocchia, di contenerli, perché non vuoi che Matìas possa capire certi pensieri e provare per questo a prevenirli prima di te. D'altro canto ormai ti conosce bene, quasi come se ti fosse stato accanto per un'intera vita. E tu ti senti trasparente ai suoi occhi. Terribilmente leggibile e per questo messo alle strette. Anche se Matìas non ha mai fatto alcuna pressione su di te. Non ti ha mai detto cosa fosse giusto o sbagliato secondo lui e questo, egoisticamente, ti ha dato una certa sicurezza, un certo vantaggio.
    Eppure lo zaino continui a svuotarlo e riempirlo di nuovo. Lo fai guardandoti stupidamente le mani pallide. Lo fai pensando a ciò che hai deciso di lasciare e che per un certo verso vedi stabile, immobile, agli angoli della tua vista. Ti sembra di aver bloccato il tempo, laggiù al circo, anche se c'è una parte di te che si ripete continuamente di dover andare avanti. Così come saranno già andati avanti loro. Così come dovrebbero fare, ecco. Così come forse ha già fatto Froy, che ti ha scritto solo una volta.

    "Sì...sì suppongo di sì."
    Sobbalzi un istante nel sentire la voce di Matìas. Quasi come se per un istante ti fossi isolato al punto da dimenticare di chi fosse questa stanza e di quelle sere che hai passato a dormire con il naso premuto contro la schiena di tuo fratello e la schiena incastrata verso il muro. L'unico modo, sai bene, in cui sapresti sentirti al sicuro in un momento del genere.
    Sorridi al pacchetto di mikado che lui lascia scivolare nella borsa e sorridi: chissà se alla tigre piacciono così come piacciono a te.

    "Lo-lo sai che resterei qui se non fosse per...insomma, per la tua sicurezza."
    Che glielo hai già spiegato: hai paura che la tigre non riconosca il suo odore così come invece ha fatto con Caleb.
    Caleb...l'unico che sia mai riuscito a far avvicinare. L'unico che la tigre adora, vorrebbe davvero con sé. Ed hai paura, in effetti, che trasformandoti lei possa cercarlo. Che possa vagare per New York alla ricerca del cucciolo che tu hai deliberatamente abbandonato.

    "E se non fosse strano avere una tigre vera come peluche da letto."
    Sibili pianissimo, assecondando i movimenti del corpo che ora ti vogliono vicino a Matìas quanto basta per stringerlo ed incastrare il muso nell'incavo del suo collo. Hai scoperto di poter respirare anche così: di trovar la pace laddove non sapevi nemmeno di avere un fratello. Un fratello che adesso è tutto, anche troppo.

    "Ti prometto che ti scrivo...e che ritorno."
    Tanto questa non è ancora l'ultima trasformazione. Te lo ha detto Elliot: avrai ancora qualche febbre prima di svanire per sempre. Ma non siamo ancora a maggio e tu senti di avere ancora tanto tempo per tornare qui ad abbracciare tuo fratello.
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    Annuisci, mite, vuoi stringerlo anche tu, che lo accogli con amore ogni volta che si avvicina. Lo fai con le mani che gli risalgono la schiena, incastrate in punti che conoscete adesso. Ne hai bisogno per respirare, per sentirlo fisicamente ancora qui. Non è un addio, ok? Non lo è. Lo fai che un po' stringi, appoggi la guancia contro il suo viso incastrato lungo il tuo collo. Grace profuma di selvatico anche quando sta male, anche quando è troppo caldo e suda freddo. "Lo so" sussurri, impastato. "L-lo so"

    Adesso sulla tigre non sai scherzare, ti dispiace solo di essere troppo piccolo, tanto da non poterla avere una casa tua in cui vivere assieme, una con un garage dove spostare una gabbia e tenere Grace con te. Te ne prenderesti cura, lo sai a costo di mettere da parte molte cose per poterci passare altro tempo assieme. Va tutto tutto troppo velocemente, non puoi essere sul punto di perderlo, di vederlo fare le valigie dopo così poco. Sembra ieri che ti spingevi impaurito ai confini del Circo, incerto se rovinargli potenzialmente la vita con la tua esistenza, oppure no. Ma hai finito per fare la cosa più coraggiosa, e la più dolorosa. Perché adesso non sei ben disposto a lasciarlo andare - seppur non lo fermeresti - non dopo notti passate così stretti a dirvi cose sciocche. Tu hai amato tutto, Titi, perché è così che prendi la vita, a grandi e frenetici morsi. Ed ora sei fermo davanti a lui e preghi solo che il tempo rallenti, che la febbre aspetti, che non sia così veloce da distruggergli le ossa prima che tu possa starci ancora un po' assieme. Te l'ha già detto, dura qualche giorno e poi torna, qualche giorno e magari vi troverete un posto migliore. Solo perché non vuoi che l'appartamento di Dave venga invaso da voi due, che questo passi ad essere troppo anche per lui, come per tutti.

    E' un abbraccio a specchio, il tuo, che siete perfetti per incastrarvi bene, uno a conforto dell'altro anche se mai con la capacità di bloccare il dolore. Una lacrima te la concedi, che scenda solo a destra, una gocciolina che non bagni tuo fratello, non lo distragga mentre trattieni il fiato perché non ne seguano altro. Ti ha detto anche che non è un addio, che poi torna, ma l'ha fatto con un tono che non ti tranquillizza, ti tiene ancora più sulle spine.

    "Odio tutto lo stesso" ammetti, in un sorriso che si fa leggero nel cercare la sua guancia per lasciargli un bacio che si stampi lì per sempre. Ma con questo bacio non hai smesso di abbracciarlo, non ti senti in grado di sciogliere l'incastro subito. "Stai attento, per favore." suona come una supplica calda, che scivola piano tra voi. Lo stringi.
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    Sai bene di essere un'egoista. Di amare questo, della tigre: quegli abbracci che sono fortissimi perché fortissime, adesso, sono le trasformazioni. Hai bisogno di rintanarti sempre qui. Sempre tra strette che conosci, tra profumi che non sapresti dimenticare e che al col tempo riesci a distinguere nitidamente. Hai bisogno di amore, Grace. Di un amore che tuo padre ha faticato nel darti, di un amore che forse tua madre ti avrebbe tramandato, se fosse stata ancora viva. Hai bisogno di qualcuno che ci sia e che nell'esserci poi non abbia davvero paura di te. Di ciò che sei, di quel mostro che hai ben capito di non poter allontanare. Neanche quando ci impieghi ogni tua forza. Nemmeno quando ti sforzi di pensarla positivamente.
    E sei stato tu, sì, il primo ad allontanare Caleb. Ma cavolo come hai bisogno adesso di una sua stretta. Di un suo bacio sulla fronte giusto per controllare quant'è alta la febbre. Di una presa salda lungo il fianco e poi il polso. Come hai bisogno, ora, di restare in punta dei piedi. Di tirare i muscoli dei polpacci già doloranti. Di sentirti strappar via dai muscoli, dai tendini.
    Ma hai questo. Hai tuo fratello, qualcuno che ti vuole bene nonostante ciò che sei. E che di te forse non ha paura. Perché tu non sapresti ferirlo, non lo faresti mai. Non come hai sbagliato con Caleb e tutti gli altri. Matìas è ancora salvo, il suo cuore è ancora puro, intonso. Così l'abbraccio non lo molli subito. Hai bisogno di sentirti dentro la sua pelle. Di respirare per le ultime volte quel profumo che sa di una casa nuova. Di un rifugio sicuro. Di una culla, una barca lasciata dondolare nel mezzo di un mare calmo.
    Come vorresti dire alla tigre di essere brava con uno come Matìas. Di far tesoro di questo profumo. Di ricordarlo, quando tutto finirà male e allora forse l'unico modo che avrai di star con lui è quello di cercarlo a carponi.
    Ma lo Specialista potrebbe aiutarti davvero: c'è una parte di te che lo crede davvero, che ci spera con tutta sé stessa e che, proprio per questo, cerca di tramandare fiducia agli altri. O un po' di speranza, ecco, quella di cui tutti, al mondo, hanno fottutamente bisogno.

    "Te lo prometto."
    Gli incroci le dita dietro alla schiena come a sancire così la promessa. Lo fai sfiatandogli addosso, nell'anticipare uno strusciar di naso che richiede gli occhi chiusi. Perché la testa pulsa, fa male ed è difficile mantenere un'espressione rilassata adesso. Avrai forse una temperatura non del tutto gentile addosso. Roba che sa farti sentire le ossa intorpidite. Ma non è niente di ingestibile, ti dici: hai fatto cose ben peggiori con la febbre così alta. Ricordi ancora Portland, ricordi ancora le corse in moto per tornare a casa.
    Non ti distrarrà un momento di delicatezza come questo. Nemmeno quando, confuso, premi appena le labbra contro quelle di Matìas. Per salutarlo, ti dici, anche se ti rendi conto di come forse suoni strano. E allora ti stacchi subito. Ridacchi un attimo. La voce sembra risalirti su dalla pancia. Non apri nemmeno le labbra per ridere.

    "Scusa...sto fuori."
    Sorridi piano, staccandoti solo ora per prendere lo zaino e spingertelo lungo una spalla.

    "Inizio ad aver mal di testa...meglio che vada."
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    Un paio di notti le hai passate ad empatizzare con Caleb, anche se non avresti dovuto. Ma è il lascito di tua madre, una sensibilità a volte troppo impicciona, troppo in cerca di quei segni tangibili di amore rifiutato. Lo hai sospirato quando hai sentito Grace stringerti la prima volta, hai immaginato con quanta forza avresti voluto che Caleb tornasse, che venisse a cercarlo, che si presentasse alla vostra porta per potergli cedere il passo e farlo correre dal suo vero amore. Come per te lo è Dave, stranamente. Magari è questo, sai? Magari è che adesso sei innamorato perso, cotto fino all'osso, ed allora l'amore deve sempre imparare a vincere su ogni cosa. Anche quando tuo fratello ti riporta alla realtà, ti ricorda le vostre differenze. Non ti piace che sia tanto disilluso, che non riesca a sperare, che tu invece speri per mille persone in una. Speri che vada bene sul serio, che Grace trovi un luogo sicuro in cui trasformarsi, che tutto fili liscio e nessuno lo scopra. Che poi possa tornare umano, scriverti e qualunque cosa fari in quel momento lascerai perdere.

    Che a Grace vuoi un bene dell'anima dal primo momento in cui ti ha offerto un Mojito, o forse da quando il chiederti di cercarlo è rientrato nelle ultime parole di tua madre. Ora lei ti manca tanto quanto temi che ti mancherà lui. Forse - stupidamente - anche di più. Gli senti la fronte quanto la appoggia contro la tua, inspiri. Chiudi gli occhi per fissare il momento, congelarlo nel tempo. "Scotti tantissimo" quasi un soffio, carico di quella preoccupazione dolorosa, che fa un po' male. Magari tanto, perché il cuore ti palpita di paura. Ne è ricolmo. Conosci la tigre, ma non l'hai mai vista in azione, non sai quanto male sa fare.
    Perché all'improvviso, tra lui e Dave, la tua vita è tornata a sembrarti completa, e l'assenza di mamma quasi un ricordo agrodolce, e adesso non vuoi che tuo fratello esca da questa stanza, non vuoi che sia una scelta ineluttabile, che ti baci?
    E' caldo, le sue labbra lo sono, non ti permettono di sottrarti. Tu non stai baciando tuo fratello, e lui non sta baciando te, è il solo modo che ha per dirti che ti ama. Per dirti grazie, e non c'è un secondo in cui sai pensarla diversamente. Tu gli sorridi, sciogli piano l'abbraccio se sta meglio un po' più distante da te. Magari con la febbre il calore del tuo corpo non aiuta a stare meglio.

    Ed il mal di testa deve essere il passaggio successivo, prima dei dolori ossei, della perdita di conoscenza. Allora si che deve andare, e si che ti prende un pugno allo stomaco, che alzi il muso con coraggio, lo accompagni pianissimo, in punta di piedi. Non vuoi caricarlo di nessuna tensione, vuoi solo che si ricordi che adesso ha di nuovo una famiglia, che è la tua famiglia. Anche quando non importa se rischia di essere pericoloso per te. "La prossima volta troviamo un posto" uno dove tu possa stargli vicino, essere lì con lui, nella penombra della tua stanza, non basta per rassicurare la tigre. "Ti voglio bene" trema la voce, vorresti un altro abbraccio ma non puoi chiederlo e renderti un peso. Deve fare ciò che deve e tu devi aspettare.
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