[QUEST MUSEO] Primo piano

Heatcliff Loveney, William Knight, Jeremiah Everett

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    Sorry, ho perso la mano...

    Jeremiah
    Everett
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    Dopo la riunione con Walker [x]

    Sperava di non allarmarlo ma evidentemente il tipo aveva subito un qualche tipo di shock. Sicuro, considerando l'approccio pacifico col quale Jeremiah aveva intavolato una conversazione al limite del ridicolo... Abbassò subito lo sguardo sul braccio che il senzatetto gli stava mostrando per paura di un attacco, tentando di comprendere che tipo di ferite fossero le sue. Dalla forma e la profondità de taglio si poteva risalire a molte informazioni come ad esempio l'angolazione d'attacco, la forza impressa nel gesto e ciò che aveva causato le ferite: tipo di arma, unghie, artigli e via discorrendo. Tentò quindi di carpire quante più informazioni possibili con lo sguardo, in modo da avere qualche informazione in più circa l'aggressione. Che il ladro col frammento di sole fosse stato derubato e il barbone si fosse ritrovato inconsapevolmente invischiato in affari magici?
    «Non sono qui per farti del male, ma se ti calmassi potrei aiutarti.», iniziò, deciso però ad ignorare qualunque tipo di opposizione dell'altro, specialmente verbale.
    «Dovresti rispondermi a tre semplici domande, poi ti porto in ospedale prima che quelli ti si infettino. Credimi, non lo vorresti... anche perché questo tipo di ferite infette fa salire il vomito a chi le guarda. Ma questa è un'altra storia.»
    Fece una pausa annuendo, esattamente nel modo in cui annuisce chi chiaramente la sa lunga su qualcosa. A quel punto fece scattare un pollice dal pugno chiuso, così da contare le domande promesse all'uomo.
    «Chi era quell'altro di cui parli?», l'indice andò a far compagnia al pollice, «Di cosa ti sei sbarazzato?», poi toccò al medio, «Sei più furbo di chi e per cosa?», e alla fine, con sorpresa, arrivò l'anulare, «Che significa che sei libero?»
    Continuò a guardarlo fisso negli occhi tenendo la mano con le quattro dita aperte accanto al viso. Dopo un paio di secondi fece un movimento col capo verso quel conteggio sbagliato, le sopracciglia appena corrugate e le labbra che andarono a formare una rapida piega verso il basso, come a voler suggerire di ignorare qualcosa.
    «Sì lo so, dovevano essere tre e invece sono quattro. Ma tu non farci caso, mi sa che ho una specie di malattia che mi fa ripudiare i dispari quindi rispondi e basta, per favore.»

     
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