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Josh/Slater | 1 Novembre

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    Edie non era solo distrutta, era a pezzi. Lo so, non ci sarebbe voluto un genio a capirlo e lo so perché sento i suoi frammenti che mi tormentano l'anima. Non ho chiuso occhi e non mi interessa, dormire al momento è irrilevante quando è solo ansia quella che provo. Ma non è solo quella, no cazzo sarebbe troppo facile, è dolore, puro. Tutto quello che aveva da dare, tutto quello che aveva per potersi mettere in piedi le è stato tolto nell'impossibilità di fare anche solo una scelta con una certezza di aver preso in considerazione ogni cosa. La nostra famiglia è sempre stata una merda, sempre, anche quando ci siamo detti che sarebbe andato tutto bene, che mamma sarebbe tornata e che anche non fosse successo allora noi saremo andati avanti. E lei, più di tutti, ha vissuto con qualcosa che io nemmeno saprei descrivere, non lo so cosa sia avere un fottuto timer sul cuore, so che ho fatto ogni dannata cosa di merda per strapparglielo via e che l'unica cosa che non sono riuscito a fare è stato prenderlo al posto suo, e non ce l'ho fatta perché se questa è stata la reazione per Morgan, non oso immaginare cosa avrebbe fatto se l'anima al Primo Ordine l'avessi venduta io. Ho quasi la fottuta presunzione di credere che sarebbe stato peggio, ma quello che non volevo vedere era invece quello che ho visto ieri. Lei, a pezzi e così tanto da farmi capire al volo che quella testa di cazzo di Crain proprio non ha saputo starle distante come avrebbe dovuto fare, no lui l'ha messa incinta e quel che è peggio, per questo non è la cosa peggiore, insomma un bambino non ha colpe. No la cosa peggiore è che l'ha illusa di poter avere una famiglia, un inizio di qualcosa che la sapesse elevare, che le desse la cazzo di speranza che noi abbiamo sempre voluto di poter costruire finalmente qualcosa e non sentirsi di distruggerlo e basta. Ed io lo so, perché quello che ha provato l'ho tenuto stretto per tanti di quegli anni, nella speranza di strapparglielo via, che doverlo fare, doverla ferire così ha spezzato qualcosa proprio qui in mezzo al petto. E non so più dirmi se sia stato meglio ora, o dopo, ma sono piuttosto sicuro che un trauma al nono mese di gravidanza non sia poi tanto sano per un bambino e per lei. E cazzo è mia sorella, non dovevo permettere che venisse strappata così a qualcosa in cui aveva la possibilità di credere. Morgan Crain non sa un cazzo di noi, ed è evidente o l'avrebbe fermata prima che arrivasse da me con la felicità che io ho saputo strapparle dalle mani e no, no non è solo mia la colpa di questa omissione di cui mi sono fottutamente fatto carico. Mi dispiace così tanto Edie. Ecco io questo vorrei fare, scriverglielo a ripetizione finché anche le parole avranno un senso. Ed invece devo solo pensare che sarò qui se lo vorrà ancora, se lo vorrà davvero, e sarò qui perché si rialzi, prenda questa nuova vita nel modo migliore, non muoia quando le dimensioni collasseranno o quello che diceva Slater, e così via. E dopo, quanto tutto sarà finito e questo pericolo non graverà più sulle nostre teste, allora giuro che a costo di non farmi più vedere mi assicurerò che abbia la vita che merita. Una vita che non è in attesa di avere la notizia di una cazzo di veglia in arrivo, di punto in bianco. Non si può essere così fottutamente egoisti da condannare una persona ad una vita così, e non lo si può fare con mia sorella. Punto. Ma non è solo a questo che penso, è che ci sono cose che devo ancora capire, che adesso hanno bisogno di certezze fatte di questi discorsi che ancora non abbiamo fatto. Quindi lo osservo un po' davanti allo specchio del mio appartamento questo segno, mescolato trai tatuaggi che mi riempiono le maniche. Non lo sto chiamando perché mi serve un conforto, di queste stronzate non me ne frega un cazzo, ho bisogno che siano chiari alcuni punti, e basta, perché alla luce di nuovi eventi io non posso non avere la situazione sotto controllo, di nuovo. "Slater" è facile, premo con due dita lungo la linea scura, lo richiamo così e non certo per una cazzata, non lo farei se non avessi una valida ragione oltre a quello che mi pesa in petto e che certo non è quello di cui voglio parlare così a fondo. Negli occhi ho ancora Edie che si sposta da me.
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    Lo sguardo di Faust restituisce violenza all’oscurità da cui Slater è vomitato fuori. Può avere i vestiti di Joshua, può avere il suo volto, la sua espressione e i suoi occhi. Può essere Cevik e muoversi come un cane in gabbia prima di un combattimento, affamato, infuriato. Eppure tutto ciò che Slater vede è Faust. Non va bene. I confini tra chi è e quello che dovrebbe essere non devono confondersi, non possono sovrapporsi, perché quando gli servirà che sia un mago nero vuole la certezza che non provi nemmeno per un istante le debolezze di Joshua. Persino il modo in cui l’ha richiamato, uno strappo proveniente dall’altro lato del paese, aveva un'urgenza particolare. Gli ha concesso fiducia, lunghi periodi in cui non ha sorvegliato i suoi spostamenti. L’ha osservato da lontano per un po’, ma poi è tornato su Morgan, mentre la sua ombra si assicura tutt'ora che Esther sia al sicuro. Comincia a pensare che sia stato un errore. Ha sacrificato la sua posizione di vedetta all’ennesimo buco in cui i Crain si nascondono come topi per essere qui adesso. Lo osserva e si dice che sarà meglio per lui che sia qualcosa d’interessante, perché che sia importante non lo mette in dubbio. Lo legge nello sguardo di Faust ed è l’unica ragione per cui non ha ancora aperto bocca. Si muove lì intorno. Abbassa lo sguardo sugli oggetti della casa, è incuriosito dal fatto di essere in uno di questi luoghi apparentemente così intimi. Ci sono molti aspetti che dovrebbero parlargli di Joshua, ma che interpreta come casuale disordine. Una pianola. Non ha mai capito la musica. Il divano è sgualcito, forse è lì da prima che arrivasse lui. Non trova elementi rilevanti, non come in casa di Esther, sicuramente ci sono meno oggetti inutili. “Faust…” esordisce completando difronte a lui i pochi passi con cui già si è appropriato degli spazi dell’appartamento. Non è la sua casa, ma si comporta come fossero nella dimensione ombra, non sembra scalfito da quel tipo di circostanza, perché in verità si ritiene padrone di ogni dimensione perchè lo è Tharizdun. “Sono sicuro che si tratta di qualcosa d’importante”, con sorpresa il suo tono non è monotono e indifferente, per l’occasione ha scelto un’inflessione più dura, la stessa che spesso ha sentito pronunciare ad Eli, il suo maestro. Non gli serve, ma è essenziale che capisca quanto rari debbano essere i momenti in cui è lui a cercarlo. “Sii breve, durate il giorno ho… degli impegni”, gli sorride cercando di sembrare accomodante, ma non eccessivamente, gli angoli sollevati suggeriscono più una minaccia di ripercussioni che non si affretta a sottolineare a voce.
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    Se non fosse una cosa importante non ti avrei invocato. Questo mi si legge negli occhi quando glieli punto addosso mentre prende forma a casa mia. Mai si è avvicinato tanto a qualcosa di mio fisicamente, eppure nella mia mente ha affondato le mani fino a strappare le radici di rampicanti e diventare un tutt'uno con le paure che ancora adesso sento prendermi dentro come cazzo di Nalusa che tornano a nascondersi nell'ombra appena li guardo. Slater è qualcosa di diverso, non assomiglia a quello stronzo che mi ha corrotto lasciandomi per strada senza niente in mano, oh no, Slater è potere che si muove nella sicurezza di conoscenze che vanno ben oltre quelle che ho accumulato io negli anni in giro per questo cazzo di mondo. Quando ho accettato i termini della sua offerta, mesi fa, ho accettato di avere a che fare con qualcuno che ha poi speso tempo per me, e non farei mai la cazzata di chiamarlo da qualunque dimensione venga, solo per dirgli qualcosa che non saprà interessare i nostri accordi o questo futuro che si abbatterà sul mio mondo tra pochi mesi. E cazzo sì, io non so ancora niente di quello che dovrei sapere e sono convinto che invece sia arrivato anche per lui il momento di dirmi di più. Ma non sono un coglione fino a questo punto, credo si sapere quando chiedere e quando ascoltare, quando colpire e quando invece difendermi. L'inflessione nel tono mi fa fare mezzo passo indietro perché sì, cazzo Faust sa come comportarsi ma non vuol dire che non senta il brivido che allerta i nervi. Loro, poi, sono così tesi a fior di pelle che posso vedere le mie vene ingrossarsi come riflesso di un desiderio che non è poi tanto celato. Alzo lo sguardo su di lui e trattengo per me le informazioni irrilevanti. Non mi interessa sapere cosa fa durante il giorno, registro solo che è impegnato, così so che se dovrà esserci una prossima volta, non sarà alla luce del sole. Estendo un braccio alla porta, devo insonorizzare la stanza perché conosco la vecchia che mi abita di fronte e lo so che ha sentito Edie ieri, e non vorrei fosse di nuovo in ascolto, deve imparare anche lei a farsi i cazzi suoi, come metà degli stronzi che mi gravitano attorno di recente evidentemente. «Lo è» anticipo sapendo che sto solo scegliendo le parole per dire qualcosa e lo faccio con lo sguardo fisso nei suoi occhi, fermo nell'essere Faust più che Josh ma nel volere in ogni caso la stessa cosa, che la salvezza di Edie non cambi in base a quanto sto per dire ora. Adesso anche suo figlio o sua figlia, dovrà essere incluso nella salvezza che ho promesso loro attraverso Slater. Questo è l'unico fottuto punto che importa. Quindi sono serio, sono molto serio e sto stringendo i denti perché non esca incontrollata quella rabbia che fa di me solo un cazzo di animale se ripenso a tutto quello che è successo meno di dodici ore fa. «Edie è incinta.» Lo so come si deforma la mia espressione nell'incredula fottutta verità che continuo a ripetermi allo specchio sperando sia solo un cazzo di incubo, di nuovo. Inutilmente, per forza. «Non è l'unica persona che intendo salvare adesso, ora c'è anche suo figlio, o figlia.» Non una parola del padre, lui deve morire e non farò niente per impedirlo, non mi interessa.
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    Slater si ferma a fissarlo. Se inizialmente arrangiava movimenti che lo facessero apparire più umano, adesso è perfettamente immobile. Ha sotto la pelle ossa di metallo, fibre intrecciate ai muscoli, così che nessuno dei suoi movimenti è mai davvero naturale se non quello che accompagna i suoi stessi respiri. Rimane fermo eppure sospeso su un gesto che sta per compiersi, in bilico su di una riflessione che si anima con attenzione in ogni direzione possibile, c’è un’infinità di risvolti che possono riguardare Morgan e la fine del mondo. Abbassa lo sguardo chiedendosi quale sia il modo migliore per usare quell’informazione. Lo lascia interdetto il fatto di avere tra le mani un’informazione così frivola eppure così potente da non avere idea di come gestirla in futuro. Probabilmente Sirthareth saprà cosa farne più di lui, potrebbe chiedergli un consiglio.
    Torna su Faust come se lo rivedesse solo in quel momento, quando invece non gli ha mai staccato gli occhi di dosso. “O figli, ad essere precisi. Ma per quanti saranno o di quale genere, li porterò con voi… finché farai quello che ti dico”, gli basterà ricevere quello che chiede e nessuno Cevik oltre Joshua sarà una pedina sulla sua scacchiera. Sempre se Tharizdun non sceglierà il contrario. “Ma come già ti ho detto sono in moto forze più grandi di me, se qualcuno o qualcosa dovesse decidere che Edie, o più probabilmente i suoi figli abbiano un valore, io non potrò fare niente per oppormi”, indaga con più attenzione lo sguardo del ragazzo, aspetta di vedere lo scatto d’ira, la perdita di controllo. Perché se anche non ha i vestiti di Faust in questo momento si aspetta che sia lui ad avere il comando. “La dimensione ombra non farà mai del male a nessuno di loro, ma è il momento che inizi a temere anche ciò che non riguarda Tharizdun. E se non cominci a controllarti, quando dovrai farlo perderai la testa e invece di proteggere la tua famiglia ti farai solamente ammazzare. Ti è chiaro?” lo dice sottovoce, un filo che solamente Joshua può sentire, gli si fa anche più vicino perché sia tutto molto chiaro e niente di ciò che crede possa essere in grado di fare ora gli sembri nemmeno lontanamente abbastanza. “Fino ad ora ti sei comportato solo come un cane rabbioso, non come l’uomo che tira i fili”, è un rimprovero, un’invettiva che non ha bisogno di un tono più duro questa volta perché ritiene che da sola sia sufficiente a fargli capire che ora più che mai deve tenere insieme le sue emozioni ed essere razionale. Morgan non può morire. Non per mano sua e se per impedirglielo dovrà ucciderlo non esiterà nemmeno un istante.
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    Ho detto che con Slater non si scherza, e cazzo vorrei si potesse dire altrettanto di me. Ed invece mentre lui anche solo camminando rende chiaro un concetto prima di aprire bocca, io per quanto mi incazzi non so fare niente di così utile a me o per Edie. Resto in una gabbia aperta, e vado avanti come un animale, nervoso e senza capirci una sega di niente. Devo capire come cazzo fa, e farlo anche io perché posso stare in piedi quanto voglio ma continuerà a mancarmi il fiato. Mi sono allenato, ho forzato porte della mente che neppure sapevo esistessero, ma mancano ancora parti di me da incollare ad un quadro che non mi è palese, e spero almeno lo sia a lui a cui sto affidando anche più di quanto dovrei. E, adesso, Edie è incinta. Questo per me può solo voler dire che dovrò impegnarmi di più perché stia bene, sul serio, dopo l'uragano Morgan, non permetterò che non sappia ricostruire i suoi pezzi e farò di tutto per aiutarla a divorarsi il Mondo, se servirà. Ora però, ho chiamato Slater. E lo so che sta pensando a quello che gli ho detto nel momento in cui mi sembra quasi di vederlo ragionare, e quindi sì ora l'avrà anche capito che questa non è una stronzata, e voglio sapere cosa ha da dire. Figli. Ecco, partiamo molto male. Questo plurale che cazzo vuol dire? Non voglio pensare che possano essere due, penso solo che quando Crain sarà morto, almeno non potrà farne altri. Alzo la testa anche io, perché non penso ci sia bisogno di rimarcare che farò esattamente tutto quello che Slater chiederà, ho dato la mia parola e per quanto quella di altri sia solo una stronzata, la mia non lo è mai. «Questo lo s-..» Ok lo ammetto che freno il rimarcare del patto perché non mi piace che ci sia un "ma" nel suo tono. Cazzo, questo è un discorso che non mi aspettavo di sentire, il fatto che qualcosa o qualcuno possa decidere che i figli di Crain vanno rivendicati in qualche modo. Merda. Ma perché Edie? Come cazzo ci sei finita in questa merda proprio tu? Cristo. C'è Josh che muore di rabbia dentro di me, si abbatte contro ogni fottuta parete e tenere in piedi Faust, così, è una fatica atroce, ma è una che devo compiere perché lo sento come la debolezza adesso non sia più contemplata ed a Slater basterebbe poco per distruggere la vita di Edie eliminando me dall'equazione. Cazzo, cazzo, cazzo. E' un lampo quello che mi attraversa lo sguardo, ma c'è ed è rabbia che mi consuma gli occhi anche se li tengo puntati in quelli di Slater che non voglio ci veda niente di diverso da quello che già gli ho promesso. Perché se lui non interverrà, lo farò io nel caso in cui qualcos'altro vorrà farsi vedere. Per riuscirci so che mi servirà imparare ancora di più. Ora non basta, ora io non basto e Faust non è completo. «Chiaro» nell'ammetterlo, stringo i denti e rilasso le mani prima che le nocche diventino totalmente bianche. Non è che la discussione tra me e me sia finita qui, ma Slater non è arrivato per questo, e quello che doveva dirmi l'ha detto, ora so che lui non avrà pretese sul bambino, e se le avrà qualcun altro farò in modo che passare sul mio cadavere sia davvero tanto, tanto difficile. La dimensione Ombra non è esattamente il luogo in cui crescere un figlio, spero che non si debba arrivare a questo. Comunque che io sia ancora incazzato penso sia evidente, ho addosso il nervosismo latente che la discussione di ieri ha generato, la meditazione non è servita ad un cazzo quando ho solo saputo ricordare la disperazione di Edie. Il rimprovero arriva, e nel farlo sento la mascella indurirsi, come si irrigidisce il corpo e la mia espressione è una smorfia di fastidio che provo solo nei miei confronti, nella debolezza di Josh che ancora frena Faust dall'essere quello che deve. «Migliorerò, Slater.» Non aggiungo scusanti, perché non esistono giornate di merda che possano giustificare una mancanza così grande di autocontrollo, non dopo che sono sceso in quel lago del cazzo, non posso più permettermelo. Ma come cazzo li tiro i fili di qualcosa che non vedo? «Quali sono i miei fili?» voglio sapere.
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    “I tuoi fili…” gli fa eco con calma, non perché voglia iniziare un discorso, ma per soppesare quello che ha da dirgli e ciò che gli dirà davvero. Lo fa ad alta voce perché Faust afferri che non avrà facilmente le risposte che cerca. È la prima volta che è così diretto, la prima che insiste, anche se vagamente, per sapere quello che verrà dopo, quello che può cambiare. “Ti senti impotente, o sbaglio?” commenta lasciando che quella conversazione si sposti da sé a Faust ancora una volta. Si sofferma a guardarlo un altro istante poi torna a muoversi. Cammina in direzione della tastiera, non lo fa con alcuna fretta, eppure è evidente che segua la linea di un pensiero che è il percorso che lo separa dallo strumento. “Finché permetterai a Morgan di distrarti in questo modo non riuscirai a vedere ciò di cui puoi essere capace”, non dubita che in fondo il problema sia questo. Morgan ha legato a sé più stretta Edie e adesso Josh non riesce a focalizzarsi più su niente perché ha gli occhi puntati su questo odio immenso, agitato come mare in tempesta. Sta cercando di tenersi a galla, ma finirà per lasciarsene sopraffare, lo considera indubbio. Ha osservato Morgan molto a lungo, ha una personalità temprata, una convinzione esacerbata dalla consapevolezza che morirà molto presto, indipendentemente da quanto vi si opporrà. Ha sempre creduto di avere potere sulla propria esistenza, ha giocato con la morte e ne è uscito vincitore troppe volte perché non possegga quella certezza salda di poter gestire qualsiasi cosa. Tranne che la morte per mano di un dio, ma solo perchè è stato lui a sceglierla. E anche in quel frangente dubita si sia davvero completamente arreso. È proprio quella caparbietà che lo intriga tanto, l’irrazionale rimanere aggrappato a qualcosa. Scegliere di avere dei figli adesso è l’emblema di tutto ciò che vorrebbe vedere spezzarsi solo per misurarne il limite lì dove esiste. “Faust” mormora il suo nome con una freddezza tagliente. Toglie con cura i guanti e li poggia sul bordo della tastiera che accende. “Ho fatto delle ricerche su questo nome, per poter capire” compone le prime note del valzer di Liszt con assoluta precisione e certamente se anche la ripetesse dopo anni la farebbe nello stesso identico modo. Ha uno stile perfetto e un dominio del tempo senza paragoni, eppure un orecchio attento, uno capace di ascoltare davvero, capirebbe che quella melodia non ha un’anima. Non c’è niente dentro di lui che possa trasparire nelle note che compone. È un suono morto quello che nasce tra le sue mani. “Lo sai che uccide Margherita? All’inizio, quando riceve il potere dal diavolo in cambio della sua anima. Non lo fa volontariamente, ma la porta alla pazzia e alla morte” e sta parlando di Edie, ovviamente, parla di come Joshua la porterà sul baratro se continuerà a mostrarsi così debole da perdere il controllo. Eppure parla anche di Morgan, che porterà anche lui la ragazza sul bordo di un salto nel vuoto quando morirà se continuerà a legarla a lui. La sua sopravvivenza potrebbe non dipendere affatto da Slater e dubita che uno di loro se ne sia ancora reso conto, perchè impegnati a odiare l'altro o a vivere abbastanza prima di morire. “Alla fine Margherita salva l’anima di Faust dall’inferno, ma può farlo solo perchè è morta”, ancora una volta immagina un futuro possibile in cui la ragazza sarà la ragione per cui Morgan si salverà dalle fauci di Samenar e forse persino Joshua arriverà ad allontanarsi da Tharizdun per lei. Teme che quel giorno arriverà accompagnato dalla sua morte, così da realizzare lui stesso una premonizione che Joshua ha scritto per sé il giorno in cui ha scelto il nome del proprio demone. “Vuoi arrivare a quel punto?”, la melodia si arresta nel silenzio bruscamente. Alza lo sguardo su di lui, “Se la risposta è no, potrei avere in mente una nuova lezione per te”.
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    I miei fili, sì. Il fatto che io continui a sentirmi uno stupido stronzo dovrebbe chiarire abbastanza quanto io non stia riuscendo a mettere in pratica proprio un cazzo. Sì sono un cane rabbioso, sì Faust non è felice di questo, del non essere in comando quando dovrebbe ed a riposo quando serve io sia solo Josh, un fratello, a volte un amico - di merda - e qualcos'altro che ho sicuramente già perso per strada. Cazzo. Non va bene e non ho bisogno che me lo faccia capire Slater anche se invece forse sì, forse è questo che mi serve, rendermi conto di quanto fottutamente sia pericoloso non rispettare i nostri accordi, per me. E non parlo del rischiare di sentirsi insultati per ore, io parlo del venire lentamente ripiegati su se stessi fino a che non ci si spezza, che poi è la cazzo di cose che vuoi imparare a fare piuttosto che invece venga fatta a te. Ed io la tengo in mente quando mi passa accanto e resto fermo nel vederlo muoversi verso il mio gioiellino. Ma non sono un bambino, quindi se vorrà distruggerla me ne farò una ragione e lo dico anche se non lo penso perché da quello che ho visto di lui, non fa nulla se non ha un buon motivo per farlo e non una sciocca ripicca. Quelle non sembrano scalfirlo, e cazzo quanto è malato che io voglia essere come Slater? Capace di muovermi, controllarmi in ogni mia parte per essere ciò che devo ed annullare quello che può attaccarmi come se davvero niente sapesse sfiorarmi. Ti senti impotente, o sbaglio? Devo rispondere? Non è evidente come sia così in ogni parte? E sì, so che non devo dire proprio niente perché è la vergogna che provo per me stesso ad avere voce in capitolo, e si riversa in uno sguardo che punto nel vuoto davanti a me. Credevo di aver imparato, invece un cazzo. Invece lo seguo lentamente quando si appoggia sui miei tasti, non so che cazzo voglia fare, quindi gli lascio campo libero, che tanto non ha bisogno del permesso di nessuno per fare quello che vuole, meno che meno il mio. Mi costringo ad abbassare lo sguardo in sospiri di frustrazione che non possono che dargli ragione, se ne fossi capace, ora ringhierei come la bestia in gabbia che sono, perché se bastato così poco - e poco, non è, cazzo Edie è incinta! - per distruggere mesi di lavoro e di impalcature costruite ad arte, non va un cazzo bene. Dove ho sbagliato nell'incanalare il mio odio? Perché ho perso di vista lo scopo finale? Mi chiedo tutto, ma mi fermo prima che ogni cosa abbia un senso in me, mi fermo perché è la sua musica ad inchiodarmi e non è il valzer, che conosco, quanto più il modo in cui la sua precisione preme tasti senza un cuore che li segua. E' una melodia senz'anima, impeccabile e vuota. E' alienante, mi inchioda la gola, mi tiene fermo in uno stonare che non esiste ma c'è, ed è profondamente sbagliato perfino quando non sbaglia una nota, o l'intensità o il ritmo. Cazzo. So chi è Faust, non l'ho capito subito quando il nome mi è uscito di getto, istintivo, ma lo so e so che non voglio mi ripeta quello che invece puntualmente dice. Perché Slater è così, implacabile nel trovare un punto cieco, una ferita e premere la punta della lama fino a riaprirla ancora, ancora e fottutamente ancora. E mi serve, mi serve che lo faccia anche quando non ho voglia di affrontare un cazzo, perché devo e non è una scelta che posso compiere io. Lo so, conosco la storia e non posso permettere ad Edie di essere Margherita, non deve succedere, e cazzo se sta succedendo devo fermarlo, devo... fermarmi. Parla di pazzia e di morte e vedo impresse nelle iridi le immagini di ieri, quando la reazione è stata tanto estesa da rendere chiaro che per qualcosa sia già tardi, ed io non... Edie non salverà la mia anima da niente, non voglio lo faccia, per quanto io possa essere già perduto o meno, non importa, io so quello che sto facendo e proprio per questo lo farò a prescindere da tutto. Lei non si sacrificherà per me, e non permetterò lo faccia per Morgan. Il valzer muore tra le dita di Slater, incompiuto, fermo nell'ansia di un crescendo che si spezza. Il mio cuore fa lo stesso, gli chiedo di smettere di lamentarsi, di rialzarsi perché non è un bambino e non lo sono io, non c'è lamentela di una difficoltà che avanza. Ci sono solo io, con Faust, che riscriverò la storia perché non sia una condanna per nessuno, tranne che per me. Ma so anche che sto accettando di diventare quello che devo perché l'alternativa è ancora peggiore. Voglio arrivare al punto in cui Edie dovrà morire perché io viva? No, mai. Esitare è impossibile, sono sicuro di ciò che desidero per lei e per noi, e sono sicuro che niente dovrà sapermi fermare, neppure Josh nella debolezza della bestia ferita che sente ancora di essere. Però no, cazzo no. Che Edie muoia, o se ne vada o si trasformi per sempre è stato il mio incubo di una vita intera, e adesso col cazzo che permetterò a qualcosa di realizzarlo. E se sarò io quello di troppo, allora saprò cosa fare. «No» mi esce che è la conferma di quello che mi passa per la testa, un commento che non deve niente a nessuno. Non è affrettato, è solo quello che è: vero. «No, mai» di nuovo.
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    “Bene”, lancia un’occhiata a Faust per un istante poi torna ad osservare la pianola. Non ha ancora finito, ma d’altronde ormai è qui e ha attirato la sua attenzione in maniera abbastanza convincente. Non apprezza il modo in cui si agita, ma in fondo la ritiene in parte una sua colpa, è stato troppo gentile fino ad ora. Ha tentato di comprenderlo, di lambirlo, di proteggerlo persino, ma non ha mai assecondato completamente il seme del caos che Tharizdun ha piantato dentro il suo sangue.Apparentemente è arrivato il momento di svezzare il ragazzo. “Lasceremo a Morgan un messaggio, delle congratulazioni per il lieto evento”, decide di esordire così quando affonda inesorabilmente le dita sui tasti per il primo accordo del Mefistofele. È il terzo movimento del Faust di Liszt ed è quello a suo parere ritmicamente più complesso. Non genera temi propri, li riprende tutti dal primo movimento e li mutila in distorsioni monche, non lo trova originale, ma razionalmente afferra l’ironia che si nasconde nel riprendere i temi di un altro e trasformarli in qualcosa di completamente diverso, come un’immagine distorta allo specchio. La metamorfosi tematica forse è il concetto su cui considera valga la pena soffermarsi in queste particolari circostanze. La nascita nella chiave della morte e la salvezza da una maledizione per condannare la generazione successiva. Ogni cosa ritorna indietro, niente viene ceduto per caso nella storia di Morgan Crain ed è singolare che non debba nemmeno cercarle quelle informazioni per riceverle sulla porta di casa. Lo ha detto a Sirthareth, lo trova distratto. In fondo però, l’ineluttabilità del destino è lì, nei punti che non vengono uniti, negli indizi che non si sommano, nelle soluzioni che non si trovano mai in tempo, ma solo un attimo dopo quando è troppo tardi e il piano si è già svolto. “Se avrà paura per la sua famiglia si comporterà come un animale messo alle strette” il brano sotto le sue mani si spinge fino al bordo stesso dell’atonalità per mezzo di un cromatismo che rimane sempre alto senza dare tregua. I passaggi ritmici sono rapidi, troppo per dare respiro e le sezioni talmente precise da tagliare il silenzio in microfrazioni di tempo assolutamente identiche. Non è una melodia è una litania, ripetuta, un mantra ipnotico, non ha lo scopo d’irretire, ma d’imprigionare ineluttabilmente tra sbarre fatte di note. “E forse, con un po’ di fortuna, potrebbe anche arrivare ad allontanare tua sorella se teme per la sua vita. A quel punto tu non avrai mosso un dito e lui sarà fuori dai giochi” modifica il ritmo per generare una fuga. Mefistofele scopre di essere privo di qualsiasi potere difronte l’innocenza di Margherita, così il tema della sinfonia si arresta d’improvviso tornando a diventare più melodico, accenna alla salvezza di Faust per mano dell’amata, ma niente di quello che farà sarà valso a qualcosa perché lei è perduta per sempre. “Ovviamente se non le farai capire che può fidarsi di te non verrà mai a rifugiarsi tra le tue braccia. Rischieresti che rimanga sola e le persone sole fanno sempre cose stupide”, quindi tutto dipende da Joshua. Spegne il pianoforte con un gesto preciso. Poi torna ad infilare i guanti, uno alla volta. Si avvicina al ragazzo senza il bisogno di guardarlo negli occhi perché quella è una riflessione che riguarda solamente lui. “Questo è quello che faremo, tutto quello che separa te da tua sorella è la tua capacità di mantenere il controllo e spingerla a credere che sei ancora il fratellino che tanto ama. In ogni caso per sicurezza comincerò a seguirla, non voglio si faccia male proprio adesso”, ha idea che la vita di Morgan dipenda da questo e anche se forse l’unica minaccia per Edie Cevik è Morgan stesso non vuole che le sue pedine si muovano nell’ombra.
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    JOSHUA ÇEVIK - BROTHER - ROCK STAR - FAUST
    mago nero
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    Ho sbagliato tutto. Ne ho la convinzione nel momento esatto in cui sento che per quanto abbia annuito, confermato ipotesi e seguito i suoi fottuti insegnamenti, non li ho fatti miei. Non abbastanza da rialzarmi, abbracciare Edie, bermi perfino la sua birra e parlare di quanto sarebbe meraviglioso crescere un bambino sull'orlo di un' Apocalisse, con una bella casa nuova e sedie a dondolo in veranda. Non sono stato abbastanza bravo da impedirle di leggermi nel momento in cui ho voluto che lo facesse, ho voluto che mi scavasse dentro fino al punto in cui ha trovato l'informazione che le tenevo nascosta per mesi. Informazione che ho conservato perché il cazzo di errore che ho commesso nel fidarmi di qualcuno che non fosse lei. Ora dovrei farlo almeno di me, dovrei sapermi affidare a me, cazzo. Avrei dovuto fare tante cose, che non ho fatto, ma ora credo di capire, ora so che è stat qualcosa in me che me lo ha impedito, inducendomi a tornare sui miei passi, come se mi servisse far vedere ad Edie che avevo bisogno della sua corde per risalire un baratro. Invece avrei dovuto lanciarmi nel vuoto e basta, vivermi queste ombre che formicolano appena Slater si avvicina, abbracciare la corruzione sul serio, e non per finta o per gioco, non solo con la fatica fisica, il mio cambiamento dev'essere più grande, molto più profondo. Il modo in cui suona non ha un potere vero su di me, se non l'attrito che crea la mancanza di cuore, ed è forse così che dovrò diventare io: apparire sempre il solito Josh, in equilibrio, magari un po' sopra le righe, ma niente di diverso da quello che Faust sarà in realtà. Un cazzo di Mago Nero, perché è esattamente ciò che sono. Anche ora che non so dove Slater voglia arrivare, mi trovo solo a dire che devo ascoltarlo e basta, perché ora è tardi; ora si va solo avanti, ma non per inerzia, si va avanti come è giusto fare. Tengo gli occhi fissi sui tasti che preme senza amore, con la precisione di un chirurgo, e stridono continuamente, ma stavolta li ignoro perché sono le parole quelle che davvero mi interessano. C'è ancora questo moto di ribellione in me, qualcosa che mi allerta, ma al tempo stesso mi calma. Non so che cazzo abbia in mente, lo giuro, ma voglio che me lo dica, perché sono ancora troppe le cose che non so. Quello che capisco, è che non dovrò essere io ad allontanare Edie da quello stronzo, ma potrebbe farlo Morgan stesso, con le giuste leve. E' un disegno ampio, quello che Slater tratteggia appena davanti a me, ma lo sto accettando senza fiatare, lo sto tenendo a mente perché anche quando ho visto dentro la mia anima, non mi è bastato a capire i suoi progetti. Se sarà così, comunque, se riusciremo e dovrò solo accogliere di nuovo Edie tra le mie braccia, allora non potrò chiedere di meglio, allora nessun prezzo sarà troppo alto da pagare. Quindi sì, cazzo, sono qui e non intendo tirarmi indietro. E Slater ha ragione, ho rischiato troppo che lei non si sentisse sicura con me, e non lo farò due volte se posso evitarlo. Anzi, cazzo, lo eviterò e basta lei dovrà e potrà sempre contare su di me e non è qualcosa che devo fingere di volere, è praticamente la sola cosa che voglio. E' per questo che devo vivere due vite in una. Faust, che agirà nell'ombra. Josh, alla luce del sole. Tutto in questo corpo corrotto dal volere di Tharizdun che anche se non sento mio, vedo come buio in fondo al tunnel che ho scelto di percorrere. «D'accordo» mi sta bene che lui la segua, che si assicuri che non le succeda niente per il momento, perché è evidentemente l'unica cazzo di cosa che non so fare. «Non intendo tornare indietro mai più.» Sia chiaro, la mia anima è fottuta, ed anche io: ma non vuol dire che non farò le cose per bene. Che se almeno devono fottermi, possa piacermi cazzo. Avrò il controllo, e basta.
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    Gli abissi ai profondi.
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    Fratellanza Scarlatta
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    Annuisce sicuro. Non sbaglierà più. Non ne può avere la certezza. L’unica cosa certa nella sua vita è la voce di Tharizdun, ma è convinto che lui ci creda. Lo legge nei suoi occhi che osserva inflessibile sotto l’orlo del cappuccio. Avrebbe preferito lasciarlo in disparte ancora un po’, ma a questo punto la storia deve andare avanti e se non fosse in grado di capire adesso quello che non è riuscito ancora ad imparare potrebbe rivelarsi un problema. Rimane in silenzio per altri lunghi istanti, protratti in modo esasperante perché Josh arrivi a dover faticare per mantenere il suo sguardo. Eppure è a quel punto che aspetta di vedere se cede, se la verità di quanto sia resistente venga fuori. “Tornerò questa notte” esordisce assertivo continuando a mantenere il suo sguardo perché Faust non lo allontani nemmeno un istante dandogli così l’idea che sia troppo debole per quello che lo aspetta. “Fatti trovare pronto. Questa notte darai la caccia ad un uomo, uno della gente di Morgan Crain. Uno con abilità simili alle sue, con un aspetto vagamente simile al suo, con un nome meno importante, ma questo tornerà utile perché causerà meno problemi”, l’ha cercato appositamente per lui, per quel momento. Non è stato casuale, dal primo giorno con i Nalusa ha deciso che quello sarebbe stato il suo battesimo di sangue. L’avrebbe cresciuto nell’odio verso di lui per vedere cosa sarebbe successo. “Lo ucciderai” aggiunge affilando gli occhi chiari, due pezzi di ghiaccio, piantati nelle sue orbite. “E non hai scelta”, vuole che sia chiaro. È tutto ciò per cui si è allenato fino a quel momento, perché di certo l’autodifesa è essenziale, ma per essere davvero utile a qualcosa deve anche essere in grado di affondare la lama. “Dopo di che ti farai una doccia fredda. Ti vestirai. Andrai da tua sorella e rimedierai a tutti gli errori che hai fatto in questo momento. La convincerai che ami lei, che ami il bambino che porta e soprattutto che per lei accetterai che Morgan faccia parte della vostra vita”, finché sarà vivo, ovviamene. “Io mi occuperò del resto. Dopo di che non chiamarmi più per nessuna ragione al mondo, o Morgan scoprirà che sei coinvolto. Sarò io a cercarti quando sarà sicuro”. Non aspetta una risposta perché non è necessaria. Né l’assenso che gli è dovuto, né un rifiuto che Faust non può permettersi. Fa un passo in dietro e in un attimo le mani dell’oscurità vorticarono intorno a lui per afferrarlo e trascinarlo via.
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