My Baby Shot Me Down

Josh/Lilian| 2025 Walton Ave (West Bronx) | Bronx | Contenuti sensibili

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    Non sono una cattiva persona, ma lui è morto. Inizio così ogni pagina del mio diario, ma questa volta la situazione è diversa e più mi sforzo di comprendere la formula più giusta affinché i miei pensieri vengano messi su carta col fine di alleviarmi delle mie colpe, più comprendo quanto in realtà la mia mente faccia fatica ad accettare tutto questo.
    Lui è morto, non per mano mia, ma comunque non c'è più e le sensazioni che provo non mi sembrano giuste.
    Non riesco a sentirmi in colpa, eppure la notte non chiudo più occhio ed ogni volta che ci provo poi qualcosa mi torna alla mente.
    Come i dettagli più insignificanti, quelli che ormai collego a lui al punto da non riuscire più a guardarli con un'ottica diversa. Un po' come l'odore del limoncello, che solo al sentirlo mi provoca nausea.
    Ma lui è morto: Hanno trovato il suo corpo privo della testa e questo dovrebbe bastare affinché io possa trovare giustizia anche in un atto così efferato. Io stessa ho provato a farlo fuori, seppur mi sfugga ancora quel coraggio di cui so di non essere padrona. Perché anche in quel momento le mani mi hanno tremato, un po' come quando salgo sul palco e le dita quasi faticano a pizzicare le corde del basso. Ero paralizzata, eppure ho premuto il grilletto. Come se quella fosse l'unica cosa giusta che potessi fare. Eppure ho avuto subito paura, tanto da confondere i sensi di colpa con quella boccata d'aria che sa darci la sensazione di essere finalmente liberi.
    Liberi da cosa non saprei, perché lui era ancora vivo quando me ne sono andata ed è morto da solo alcuni giorni dopo, quando ero già lontana, sotto le coperte di un letto caldo che avrebbe dovuto essermi di conforto. Ma nulla riesce ad esserlo, non quando nella mia testa continuo a formulare pensieri in grado di auto-sabotarmi: Perché so di dovermi sentire in colpa, che ciò che ho fatto non è giusto, eppure non ci riesco.
    Ed il motivo per cui ora mi ritrovo davanti casa di Josh forse è semplice: Perché dopo settimane, mesi passati a mantenere le distanze forse ho capito l'importanza di mantener ben salde le amicizie salutari come la nostra, che forse si insaldano proprio grazie alla vocazione di tutto il gruppo. ''Josh, sono io. Ti ho portato un regalino.'' Ho solo preso un po' di ravioli al vapore, degli involtini primavera e tanto riso alla cantonese.
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    Non lo so quanto a lungo ho premuto questi tasti prima che arrivassi, ero un po' fuori allenamento e mi sa che se ne sono accorti alle prove, cazzo per un attimo ho pensato di mollare tutto. Ma non glielo avrei mai detto se non ne fossi stato sicuro e possiamo anche dire che nella mia vita di sicuro non c'è mai un cazzo di niente, quindi no, persona fuori dalla mia porta, non lo so quanto ci ho speso qui seduto nel tentare di comporre questa melodia che forse, se supererà la mia valutazione finale, impareranno a conoscere anche gli altri. Però sento che ti avvicini, ho imparato a riconoscere quasi ossessivamente i suoni che mi circondano ed i passi sul pianerottolo sono i primi, non arrivo ancora a sentire se stai respirando e quanto ma mi basta per smettere di suonare ed alzarmi in piedi. Lentamente già mi allungo verso di te e per un attimo, anzi più di uno, mi chiedo se tu sia Edie, in fondo lei mi piomba in casa ogni volta che vuole e, Cristo, diventano le serate migliori della mia triste esistenza, quindi sono quasi pronto ma poi la tua voce mi raggiunge e non sai strapparmelo via il sorriso che stavo già indossando. Ah, Lilian. Devo dirtelo, non mi aspettavo di trovarti qui davanti alla porta di casa mia, mi hai sorpreso anche se lo so che è palese perché te lo lascio leggere sul mio volto. Non stavo facendo niente di speciale, in fondo, se te lo stai chiedendo, è già abbastanza impegnativo - e questo finché non imparerò a farlo davvero bene come dovrei - tenere lontani i pensieri di Faust da me quando devo limitarmi ad essere l'amichevole Josh di quartiere. Ok Edie la capirebbe questa citazione e mi chiedo se la capiresti anche tu, ma in fondo non è questo che mi importa sul serio quando ti apro la porta di casa mia e mi trovi nella comodità più assoluta. Ma ehi, sono a casa quindi cambia solo che non indosso la giacca di pelle, un bel passo avanti non trovi? «Lilian!» c'è un po' di enfasi nel modo in cui sottolineo il tuo nome, mi fa piacere che tu sia passata ma ammetto che l'occhio cade anche sulle buste che hai in mano e mi rendo conto che ho perso tempo perché non mi sono accorto che fosse già ora di cena. Un po' meno teatrale del solito, ma allargo il braccio la cui mano non resta ferma sul pomello per indicarti di entrare. «Accetto la tua offerta. Dai, entra» Non te lo dico neanche che casa mia ha qualche muro che cade a pezzi o che sono sicuro che la vicina della porta accanto ti sta osservando dallo spioncino, aspetto solo che tu ti faccia largo per chiudere la porta sul suo spettacolo preferito: i cazzi miei. Il profumo dei ravioli sta già attivando ogni mio senso e mi chiedo se tu non mi conosca un pochino troppo, ma in realtà so che non è così, nessuno adesso può dire di conoscermi davvero, però è stato un bel pensiero il tuo, tanto che provo ad alleggerirti del peso portando le borse in cucina. E' tutto ancora abbastanza caldo che non servirà scaldarlo al microonde, però servono le birre che prendo dopo aver aperto il frigo con un piede. Fa parte delle mie skills, sì. «Fai come fossi a casa tua, non è che ci sia molto oltre quello che vedi quindi, insomma, il tour è praticamente finito» tengo a sottolinearlo perché tu non ti faccia nessuna aspettativa, insomma lo vedi da te dove vivo. «Come mai da queste parti?» dalle mie parti, per essere precisi. Te lo chiedo che ti sto già offrendo una birra e nella stessa mano, tra le dita, tengo stretto anche il piccolo cavatappi del bar all'angolo. Ora sono curioso.
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    ''Ehi, ciao.'' Una volta ero una ragazza diversa. Non saprei nemmeno spiegare in cosa e di quanto, ma lo ero e questa convinzione è probabilmente figlia della sensazione che mi travolge non appena metto piede in casa sua. Non ci bado nemmeno al luogo in cui effettivamente vive: Non mi soffermo su alcun mobile, né sulle mura che potrebbero mostrarsi ingiallite dal fumo o rovinate dall'umidità. Dettagli come questi non mi colpiscono o almeno, non mi servono perché non ho alcun bisogno di giudicarlo per il luogo in cui vive seppur da parte mia ci si possa aspettare qualcosa del genere. Casa mia non ha nulla a che vedere con questa, eppure basta un passo in più per riuscire a respirare quell'aria di libertà che da me quasi non esiste. Non ho mai vissuto da sola, a dir la verità: Non so nemmeno com'è che ci si potrebbe sentire a combattere duramente ogni mese per far sì che lo stipendio vada a coprire un affitto e delle bollette, eppure mi basta qualche secondo per iniziare a pensare nuovamente a quel bisogno, forse ancora adolescenziale, di autonomia che sento.
    Alla fine sono diventata adulta, suppongo. E se sono riuscita a superare Nicholas probabilmente posso riuscire persino a trovare una casa modesta in cui iniziare ad costruire il mio futuro. Mattone su mattone, affitto dopo affitto, sino al giorno in cui finalmente riuscirò davvero ad ottenere qualcosa di mio senza dover contare sull'aiuto dei miei genitori e allora lì essere finalmente libera, quasi realizzata.
    Ma non so se ora ho davvero voglia di pensarci: Non credo di meritare l'incombenza di altri pensieri pronti ad accumularsi a quelli che già ci sono, perché so di essere diventata una bugiarda, tanto da sapere che mi resta poco tempo prima che il mio castello di carte cada rovinosamente al suolo. Ciò che ci ha fatto Nicholas io non so se riesco a superarlo, così come forse non sono sicura di riuscire a chiudere occhio in una casa silenziosa, che tra le sue mura ospita solo me. Più ci penso e lo desiderio, più lo trovo agghiacciante. ''Me lo ha detto Jack che avrei potuto trovarti in casa.'' Io non lo so se è una scusa buona o se devo adornarla con qualche altra cazzata affinché egli possa credere che sono qui per puro caso e che non sono come una qualunque delle sue fan, pronta a riempirlo di attenzioni ben studiate. Sì, l'indirizzo di casa sua me lo ha passato sempre Jack, ma del cibo ho ricordato semplicemente i piatti che ha ordinato l'ultima volta che ci siamo stati a mangiare tutti insieme. Forse è solo memoria fotografica la mia. La cosa che mi rattrista ulteriormente, invece, è che più mento più mi sento bene. Ci penso mentre mi spoglio del chiodo e glielo appendo vicino alla porta, che probabilmente è solo qui che sarei potuta venire: Non da Jack che forse è troppo gentile, non da Adam od Hugo, né tantomeno da Abel che ora vive con sua moglie, ma qui, da lui. Ed il perché mi viene in mente solo quando mi lascio scivolare dalle mani le buste di cibo: Il fatto è che mi sento in colpa di non essere stata all'altezza della promessa che gli ho fatto il primo giorno che l'ho conosciuto. Mi sento in colpa per qualsiasi cosa ultimamente. ''Ero a vedere delle case.'' Annuisco stringendo le mani intorno alla bottiglia. Ovviamente non ho visto nulla, nemmeno un annuncio di vendita o di affitto, però questa non è una bugia grande come tutte le altre, perché nell'immagine che mi fisso in mente, nella quale mi vedo davvero impegnata nella ricerca di quella che potrebbe essere una possibile nuova dimora, ritrovo immediatamente il bisogno di farlo davvero e di risparmiare quanto più possibile. ''Ma per ora non ne ho trovate di convincenti.'' Credo sia il modo giusto per chiudere immediatamente il discorso e passare oltre, nella speranza che il mio alibi possa risultargli convincente. ''Tu invece? Cioè...ho interrotto qualcosa?'' E nascondo l'imbarazzo dietro il primo sorso di birra.
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    Non sono sicuro di capirti Lilian, ma non importa perché in realtà adesso hai tutta la mia attenzione. Quasi la sbuffo questa mezza risata prima di bere un sorso con il collo della bottiglia di vetro stretto in mano. E' grazie ad Edie che adesso non ti ritrovi a bere da una lattina come ho fatto per anni finché non abbiamo scoperto che avere un fornitore di alcolici è tutt'altra storia. Ma se rido è perché lo so come è fatto Jack e lo so cosa passa per la sua testa, ci conosciamo abbastanza perché io sia sicuro che tu non menti. Però lui ti avrà anche detto dove trovarmi, ma tu gli hai chiesto dove abito e ti sei presentata qui, perciò sono quasi convinto che non sia solo una questione che riguardi una casa da prendere o una stronzata del genere. E' un quartiere di merda, non il peggiore del Bronx ma non ci siamo lontani. Non ti vedo proprio a vivere in un postaccio, sai? Anche se ancora noi non sappiamo molto di te, sappiamo quello che ci serve perché tu ti senta parte di noi, qualsiasi cosa il "noi" a cui mi riferisco quando poi "io" sono un'altra cosa ancora, ma ti ho sempre immaginata diversa e credo tu lo sia. «Mh» Facciamo che potrei crederti perché sei appena arrivata e qualunque sia la ragione per cui ti sei spinta fin qui, me la dirai prima o poi, perciò non vedo perché insistere su un discorso che hai già tanta fretta di chiudere, io lo sottolineo e basta mentre appoggio la bottiglia al tavolo e tiro fuori i pacchettini quasi fumanti. Hai ampia scelta tra ben due fantastiche opzioni, il tavolo vinicino alla vetrata che dà sul buio assoluto, o il divano che in genere è la mia scelta perché ci sto più comodo e le mie ossa ultimamente richiedono un cazzo di attimo di pace tra una fase sfiancante del mio addestramento e l'altra. Non so neanche perché mi sto concentrando tanto su di te, ora i miei progetti stanno riducendo di molto il tempo che posso dedicare al nostro gruppo e se da una parte mi dispiace, dall'altra so che non potreste capire il motivo per mi spinge a fare quello che faccio, non entrerò in argomento, no. Ci penso un secondo quando ti do le spalle per un attimo ma è solo perché devo recuperare le bachette che hanno messo in fondo alla busta. Sono rimasto in silenzio apposta per vedere quanto ti saresti spinta a dirmi qualcosa ed in effetti ancora una volta mi sorprende come tu gestisca con una certa timidezza la conversazione. Suoniamo insieme da mesi, non sei tranquilla con me? «Nah, stavo provando a mettere due note di seguito per la demo ma non è ancora niente di buono.» Non ho ragione di mentire, forse mi hai anche sentito suonare prima di bussare alla mia porta, ma non ti farò sentire quello che ho provato a fare perché in fondo ha perso importanza quando mi hai dato qualcosa di diverso a cui pensare. Non sono di buon umore che può sembrare, Lilian, dentro di me c'è un cazzo di demone che pretende un pegno sempre più importante, ed io non vedo l'ora di continuare quello che ho solo accennato... ma forse sto imparando ad essere anche una cazzo di persona apparentemente normale nelle ore in cui posso concedermelo, e non solo con Edie. «Fai la tua scelta, e fingi che da questo non dipenda il tuo rimanere nella band» te lo dico che è uno scherzo prima ancora di iniziare ma so essere quasi solennemente serio quando ti sottopongo la scelta tra bacchette e posate. La verità è che invece se non mi dirai tu perché sei qui, te lo chiederò io appena avremo finito con le stronzate di contorno che, non fraintendermi, mi divertono ma non sono niente a conti fatti.«Allora?»
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    Non dovrei provate timore nel nutrire dell'interesse nei confronti di qualcuno. In fin dei conti non è questo a decretare ciò che sono, né a lasciar cadere su di me l'immagine comune di chi forse sa essere una poco di buono. Questi stereotipi li ho combattuti per tutta la vita, eppure mi accorgo solo ora di come la presenza di Nicholas sia riuscita a ribaltare ogni mia convinzione ferrea.
    In effetti, anche quella notte era cominciata proprio in questo modo: Non ero stata io a portar da mangiare ma era stato lui ad offrirsi di cucinarmi qualcosa. Vista da questo punto di vista quasi mi sento di incarnare il ruolo di aguzzino, anche se in realtà non sto facendo niente di male e questa mia ''offerta di pace'' in realtà non è altro che il piacere di passare del tempo in compagnia di Josh. Non c'è davvero un secondo fine od un bisogno quasi atavico di metter punto laddove passo i piedi. Ad ogni modo mi sento già in colpa per averlo pensato e questo mi pone nel tranello in cui tante altre vittime son scivolate prima di me. Questo perché probabilmente non mi sento più libera di guardare Josh negli occhi e di pensare, tra me e me affinché tale elucubrazione non risulti troppo invasiva, che lui mi piace. In un modo molto ingenuo poi: Perché sì, è sicuramente bello, ma ciò che forse mi preme di più ora, è quella sicurezza di poter passare del tempo in totale sicurezza. Come se questa casa che nemmeno conosco fosse in qualche modo capace di proteggermi da ciò che c'è là fuori. Mi piace persino l'idea di poter parlare con lui, perché questa è la sensazione che sa dare Josh seppur non a primo impatto: Che è una persona che sa ascoltare. Nonostante ciò, dubito che riuscirei a sbloccarmi totalmente, anche se sarebbe bello e forse anche liberatorio. ''Dammi le bacchette.'' Mi fingo risoluta, sporgendomi in sua direzione solo per strappargliele amichevolmente dalle mani ed iniziare così a tamburellarci la superficie del tavolo. ''Dopo cena mi farai sentire cos'è che hai prodotto? Il parere altrui è fondamentale.'' Vorrei fosse così solo in ambito musicale e non per tutto ciò che concerne la nostra esistenza. Per me che non ho alcuna intenzione di cedere al mio stesso giudizio, spogliarmi e prostrarmi laddove rischierei una gogna mediatica proprio non mi va. E forse sono stata persino fortunata: Perché di Nicholas se ne è parlato poco, come se qualcuno avesse voluto insabbiare l'accaduto. Fosse accaduto diversamente, ora forse sarei solo e soltanto la ''fidanzatina del ricco imprenditore dalle origini italiane''. Così come sono stata per tutta la vita ''La figlia del quasi presidente Strickler'' e non Lilian, la capace giornalista del Ghost o l'egregia bassista dei Morgana. ''Sappi che non te lo sto chiedendo. Voglio essere la fortunata che questa sera assisterà ad un concerto privato dell'affascinante e carismatico signorino Joshua Çevik. Le tue fan mi scuoierebbero viva. Ma è proprio questo a rendere tutto così eccitante.'' Anche se sento il mondo crollarmi addosso, non ho voglia di essere perennemente la musona di turno. Uso la bacchetta come arma e ci infilzo la scatolina di ravioli. ''Mia.''
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    Ho smesso di raccontarmi cazzate, Lilian, e questo adesso include anche te. E non me lo aspettavo, ma è vero che da quando ti sei presentata in sala prove, nel nostro magazzino un po' di merda che chiamiamo "casa" c'è stato qualcosa che ho saputo ignorare. Ignorare fino ad un certo punto perché sei nel mio appartamento, hai portato la cena, mi stai raccontando una balla per non dirmi perché sei davvero qui e lo vedo, vedo come mi guardi e sarei uno stronzo se dicessi che mi dà fastidio. Non lo fa. E non perché io sia un egocentrico del cazzo, la mia è solo scena, teatralità, il vivermi un personaggio che mi scivola via di mano quando non mi interessa mantenerlo in piedi più di tanto. E' che poi tu hai un modo di fare diverso, non riesco a capire mai quando sei davvero ingenua rispetto ad una serie infinita di verità che ti serviamo su un piatto d'argento, e quanto invece semplicemente sei come me e passi sopra a tutto perché un bel "vaffanculo", anche il Mondo se lo merita. Da me, da te, da chi cazzo ne ha voglia. Divago e tengo tutto per me mentre ti lascio 'sto mezzo sorriso che è in fondo solo perché non ti avrei permesso di prendere le posate nemmeno se mi avessi implorato, piuttosto ti avrei insegnato a tenere la bacchette tra le dita, ma tu hai fatto la scelta giusta per un secondo e questo a volte basta. «Lo sai che non lo faccio...» lo senti da te che uso sempre il mio tono, quello che è un ammonimento nel non esserlo mai fino in fondo. Non vi lascio mai canzoni a metà, melodie che non hanno un senso o che sono ancora nel limbo del mio cervello. E adesso ti assicuro che tu nella mia mente non ci vuoi entrare. Però tu fai un passo oltre, e non so dirti se sia un passo falso, so che per un attimo le tue lusinghe non scivolano via come dovrebbero e puoi vederlo che sono appena più serio anche se mi prendo un attimo di un sorriso mezzo divertito e mezzo fiero. Sarei un po' un ipocrita del cazzo se non ammettessi che quella poca fama che abbiamo e che sta aumentando, non mi abbia portato ad esperienze decisamente piacevoli, cazzo sì, ne ho avute. Ma se lo dici tu le cose sembra cambino un po', stonino forse perché sei parte dello stesso gruppo e non ti ho mai vista approfittare della cosa come facciamo noi, che siamo un po' degli animali lo ammetto. E mi chiedo, come sempre, se sai cosa stai facendo, se ti rendi conto del gioco a cui stai giocando. Perché no, tu di me non sai niente, eppure sei qui e adesso mi dispiacerebbe se te ne andassi tanto in fretta. Questa casa può essere una merda, ma io sono un musicista e quindi l'impianto è la cosa per cui ho speso di più, perché la musica si infilasse in ogni angolo senza essere mai invadente, così mi basta lasciar distrattamente scivolare la mano lungo l'interruttore vicino alla luce della cucina perché la playlist riempia il silenzio. C'è un po' di tutto ma prevalentemente ballate lente, calme perché ne ho un cazzo di bisogno che neanche ti immagini. E sì, forse un po' ci vorrei giocare con te, ma non voglio farti male Lilian, la merda in cui sono immerso fino al collo non la merita nessuno se non io e non posso, davvero, io non posso pensare anche a te. Però adesso sono anche stanco, quindi seppur non te lo do a vedere, quando ci provi a rubarmi i ravioli allungo la mano sul tavolo e stringo le dita intorno alla scatola, così posso approfittare del fatto che ci sei ancora collegata e la trascino verso di me. Di scatto ma dolcemente, così che tu sia ad un soffio da me, così vicina che potrei leggere ogni tua intenzione senza bisogno di sondarti in nessun modo. Lo sai che sei bella sì? «Provaci»
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    ''Sei cattivo allora.'' Lo sto canzonando così come farebbe un amico qualunque. Come se al mio posto ci fosse Jack o Hugo o qualsiasi altra persona con cui Josh dev'essersi fermato a farsi una birra così tante volte da essersi ritrovato a raccontare se stesso. Uso toni del genere perché penso che dopo mesi passati a provare le sue canzoni forse un po' posso permettermelo, anche se la timidezza di tanto in tanto torna su meschina, arrossando delle guance che se potessi ora nasconderei, perché lo sento come bruciano, specie quando lo vedo premere un interruttore e subito parte We can't stop di Miley Cyrus.
    Non lo so se mi viene da ridere. Cioè, un po' sì, perché di certo non ero venuta qui per questo, eppure più passano i minuti più mi sembra di dimenticare il reale motivo per cui mi sono spinta fino nel Bronx. Forse volevo solo qualcuno che capisse e non facesse troppe domande. Non so cos'è che Josh dovrebbe capire, però mi sembra che di domande non ne faccia affatto e questo è geniale. Forse anche perfetto.
    ''Le rimorchi così le ragazze?'' Andrei a tempo della canzone se non fosse che questa versione mi sembra diversa da quella che conosco. Sembra quasi romantica e quasi fa strano pensare che uno come Josh ascolti questa roba quando è solo in casa. Almeno è bella.
    Ad ogni modo io non so minimamente coltivare le situazioni che altri vanno creando. Non ci riesco ad immedesimarmi in quelle donne da commedie rose che, scivolando verso la direzione da cui ora lui tira via la vaschetta per così perdersi nei suoi occhi. Ha dei begli occhi e lo diventano ancor di più quando se li trucca, ma non è questo il punto.
    Io son una di quelle persone che deve distruggere ogni cosa nella convinzione, così, di aver più controllo.
    Seguo il suo gesto solo per sporgermi ulteriormente e lasciargli un bacio ingenuo, forse anche per gioco, a fior di labbra. ''Ho vinto io.'' Nella gara di chi cerca di resisterti nonostante tutto. Perché un bacio del genere non è niente, non quando due sono amici e si comportano da stupidi. Quindi dammeli, sono miei i ravioli, me li merito.
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    «Funziona?» Sollevo un sopracciglio e ti guardo con un certo ironico sospetto, e ci metto anche impegno nel fingermi il conquistatore che non sono, perché no in realtà non conquisto nessuno così, è solo quello di cui ho bisogno per respirare tra un passaggio e l'altro nella Dimensione Ombra. Però ci navigo su questa stronzata facendoti quasi capire che mi hai scoperto e sono completamente disarmato. Tralasciamo il fatto che ho mezzo sorriso ironicamente anche quando mi hai detto che sono una cattiva persona perché l'hai fatto con il tono che avrebbe usato chiunque di noi e questo mi ricorda quanto sia riuscita ad integrarti tra noi bestie senza gloria e forse un po' mi piace tutto questo. In realtà però rido e basta, ed è una risata bassa che scava un po' nelle corde vocali che ho messo a dura prova di recente e mi rendono più roco di quanto vorrei essere. Rido perché non mi sto prendendo sul serio, non ho bisogno che pensi che io voglia conquistarti, le cose con me non funzionano con tutti questi piccoli schemi che la gente usa. Io adesso non so più come funziona un cazzo di niente, ma so che stai giocando con me ed io lo sto facendo con te. E fintanto che sapremo che è un gioco, nessuno si farà male no? E' così che vanno le cose Lilian? Mi piace che ci sia un qualcosa che nella mia testa mi spinge a mandarti via di casa molto in fretta perché mi piace anche ignorare ogni mia barriera solo per il gusto di infrangerla e calpestarne i frammenti a terra. Quindi sì, sei un po' una stronza quando ti avvicini e mi lasci un bacio che non mi dà il tempo di rendermi conto per bene di quanto siano morbide le tue labbra. Però mi piace, muove cose Lilian che tu non conosci e penso lo sappiamo entrambi che adesso da qui può andare solo peggio, ma per chi non saprei dirtelo, so che non ti lascio distanziarti tanto neppure quando pensi di aver vinto perché una mano è salda sulla scatoletta mentre scuoto il capo lentamente e l'altra si arrampica lungo i tuoi fianchi, quanto basta perché le mie dita giochino con il tessuto della maglietta che ti scopre così bene le clavicole. E stavolta non avvicino te, ma mi avvicino io, che mi serve solo un passo perché la distanza sia la stessa di prima, ma mi spingo oltre con te ed arrivo a sfiorartele io le labbra, mentre ancora ti guardo perché voglio vedere come reagisci e se sei pronta per l'artiglieria pesante, e lo faccio solo per sussurrarti questo..«Sono sicuro che tu possa impegnarti di più... » e prendermi un pugno se serve, perché non te li mollo i ravioli per così poco, e no, a dirla tutta non ho più fame, tocca a te.
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    Sì, funziona. Ma non è la musica, non è la prospettiva di una cena in buona compagnia a creare la giusta atmosfera per momenti come questi, ma un'insieme di tante altre cose che non dovrei essere qui ad elencare come giustificanti per una risposta fisica così istintiva come la sua o la mia. Siamo adulti. Degli adulti liberi ed in grado di comprendere quale strada percorrere affinché sussista la felicità di entrambi. Non importa la forma in cui questa possa realizzarsi, se nella mano che ricerca il fianco o le braccia che subito si gettano dietro al suo collo affinché ci sia una presa ed i miei occhi possano in qualche modo sfuggire ai suoi.
    Non voglio vederci nel momento in cui scivolo in bisogni semplici come questi. Voglio solo sentirlo e tornare così a scoprire che non esiste alcuna vergogna nel lasciargli intravedere lembi di pelle affinché egli possa desiderarne di altri più nascosti. Io, d'altronde, voglio altrettanto. Voglio contare ogni suo tatuaggio, uno ad uno. Voglio che mi si stampino addosso come se fossero trasferibili, malleabili al tatto, come se passandoci sopra un polpastrello io possa in qualche modo farlo mio. Diventarne l'artista, il critico. Ma nel pensarlo mi vergogno ancora, tanto che vorrei che questo rossore svanisse via di colpo, che il cuore non battesse così forte come se fossi in procinto di provare amore. Perché non è quello ciò che sento ora: Non è tutto così semplice da collocare.
    Non esiste una parola che possa rivelarsi in grado di esprimere il mio grado di contentezza, né quella paura che mi prende alla gola ogni qualvolta torno a sentirlo vicino e l'odore del tabacco si mischia a quello della birra. Del cibo cinese non sento più nulla: né la fame, né l'odore invitante. C'è solo lui adesso, o forse sono io, che so di saliva, di sigaretta lasciata mezza spenta nel posacenere, di una casa accogliente, di cose per le quali si dovrebbe gioire e basta, senza pensare ad alcuna conseguenza né alle scelte che mi ci hanno spinta. Non ho deciso davvero ed il fatto che ogni cosa sia accaduta così, senza preavviso, mi lascia quella mancanza di fiato che non sentivo da tempo. E non fa male smettere di respirare, non ora almeno, che mi sforzo di distinguere le differenze che intercorrono tra un suo bacio e quello di Nicholas. Nonostante ciò, sono io a scegliere di continuare, di ricambiare affinché egli faccia altrettanto. Affinché mi tenga stretta come quella confezione di ravioli, come tiene stretto a sé il microfono quando canta e lo fa come se ci stesse scopando con la musica. Voglio essere scopata in quel modo: Con la medesima forza e naturalezza. Come se mi stesse urlando parole nell'orecchio ed io fossi pronta ad accompagnarle. Voglio spegnere la mente adesso, cacciar via il passato e sentire solo queste mani. Solo queste mani. ''Non so se ce la faccio ad essere alla tua altezza.'' Questo è l'unico sussurro a fior di labbra che mi concedo, forse in un gemito. Non gli sto dicendo di essere una vergine, il mio corpo non è devoto al Signore. Dico solo di non aver avuto così tante esperienze da sentirmi brava.
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    Lo so che sto facendo una stronzata, che tu sei un componente del gruppo ed avrei sempre e solo dovuto vederti così. E lo sai anche tu perché ci abbiamo girato intorno per mesi, come squali in una sola teca. Ti ho studiata quando non ci pensavi e non ci pensavo io, ma distrattamente perché non ho tempo per la vita di nessuno che entri nella mia. Non ci entrerai, te lo dico adesso così non avrai da rifletterci dopo, è chiaro che questa è una parentesi. La aprirò e la chiuderò davanti ai tuoi occhi, perché siamo in grado di capire che non c'è amore qui dentro, solo la mia fottuta voglia di prenderti con me e la tua di non tirarti indietro. Mi sono rotto il cazzo di forzarmi a negare che io voglia le tue braccia attorno al mio collo ed il tuo corpo ad un millimetro dal mio, ma solo per divorare anche quello. Lasciarti il tempo di respirare sarà solo un mio atto di carità, uno che ti concederò fingendo che non servirà anche a me. Potevi fare tante cose ancora, potevi allontanarti da me e forse stavolta ti avrei lasciata andare, o forse solo per poter tornare in argomento con te più tardi, ma sai cosa Lilian? Ora è tardi per ogni pensiero perché tutti si fermano quando lo vedo che vuoi quello che voglio io. Non so le tue ragioni, sono anche un pezzo di merda perché non le voglio sapere. Conosco le mie e mi bastano per dirmi che stanotte il mondo andrà un po' a fanculo e guarderà da un'altra parte, oppure punterà i fari su di noi, che faccia un po' il cazzo che vuole. Quindi sì, non mi interessa quello che dici, perché non ha senso. «Non dirlo» potrei sentirmi una merda se lo dicessi di nuovo a voce alta. E' quasi un ordine il mio, che ti lascio fra le labbra prima di dirmi che il resto della cena si fredderà e non sentirne il minimo dispiacere. Non lo so chi tu credi che io sia, quali standard pensi che io abbia quando mi sono scopato ragazze che a volte a stento si tenevano in piedi, o si aggrappavano a me come fossi un cazzo di albero, ma non voglio che tu ti senta incapace perché potrai vederlo come mi trascini verso di te senza il minimo sforzo. Ho voglia Lilian. Adesso è di te, domani forse di infilare una lama nella gola di qualcuno, ma adesso è di te. Ho il palmo caldo perché ho stretto troppo la confezione e adesso sotto la mia pelle ci sei tu, c'è il tuo collo che risalgo con la sicurezza che mi spinge a compiere gesti che conosco ma che diventano nuovi ogni volta, perché ognuno è diverso per me. Sono io che sono sempre lo stesso. Stringo di più la presa sul fianco, avvicino la tua schiena al muro della cucina, non ho fretta, voglio godermela e voglio che tu non ti senta in grado di non essere all'altezza che se me lo avessi detto in un altro contesto avrei reso, ora però non lo faccio. Ora il sorriso che intervallo quando ti tengo ancora a me, ha un sapore differente. La mano scende a slacciare il bottone dei tuoi jeans, e nel farlo mi prendo un altro secondo per guardarti, per dirtelo con gli occhi quello che sto per fare e che un po' odio che tu abbia incastrato la maglia così, impedendomi di togliertela con la facilità di cui ho bisogno adesso.
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    Ho bisogno di far mente locale sulla situazione in cui ci siamo appena invischiati. Di fare qualche calcolo veloce, come se valutare i pro ed i contro di certi consensi possa aiutarmi davvero a fare un passo avanti e così spingermi ad uscire dal torpore in cui mi sono rannicchiata sino ad oggi. Vorrei avere modo di capire il motivo per cui mi piace tanto sentirlo muoversi in questo modo come se la mia pelle già gli appartenesse ed non ci fossero alcuna scusanti affinché io possa privargliene. Non voglio farlo e questo un po' mi pone in una posizione pregna di vergogna, dove continuo a ricambiare i baci e a mia volta incastro le dita sotto la maglia che tiro su. Centimetro per centimetro, un po' per farmi forza aggrappandomi alle sue costole un po' come se volessi accertarmi che lui sia proprio come me: Che sia fatto di pelle e muscoli, di organi che si contraggono un po' come sento contratto il mio stomaco, di emozioni che ci spingono a mutare la pelle: A rizzare o meno i pelli delle braccia come fossero lo scudo dietro il quale ci nascondiamo affinché momenti come questi non ci facciano male, non ci rimangano impressi come sigarette che spegniamo sulla pelle.
    Non pretendo niente da questo se non un piacere effimero, fatto di respiri che nemmeno sento più miei, di mani pronte ad accarezzare lembi che ancora bruciano per il modo in cui in passato sono stati stretti, masticati. Voglio sentire male, forse, un pizzicore risalirmi su la schiena, dei polmoni pronti a schiacciarla, a schiacciare i miei. Purché non mi guardi. Perché non posso accettare di essere guardata con gli occhi di chi sotto questi vestiti sa vederci solo ciò che potrebbe essere considerato bello.
    Ma non oppongo resistenza anzi, lo aiuto a spogliarmi che tanto non fa più freddo, anche se è novembre e fuori di qui i respiri mutano in nuvole di fumo. Forse sono persino un po' smaniosa, forse non mi interessa più solo la pelle del busto, la linea che parte dall'ombelico e raggiunge il petto. Forse ho bisogno di invertire la rotta, di circumnavigarlo l'ombelico per raggiungere l'inguine e tuffare la prima falange oltre l'elastico della mutanda. Voglio sbottonargli i pantaloni ma mi si è letteralmente imputtanato il cervello.
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    Joshua Çevik
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    E' dal momento in cui sei è entrata che ho voluto finisse così, ma non ti avrei mai forzata se non lo avessi voluto anche tu. E lo vuoi, mi vuoi e non mi serve niente altro per capire che adesso le cose andranno a puttane e fottermene altamente. Un po' non me ne frega più un cazzo anche che sei la nostra bassista, voglio che tu sappia dimenticare il tuo nome, ma non il mio. E' per questo che mi basta sentire la tua pelle sotto le mani per dirmi che non mi fermerò finché ogni parte di te non sarà svelata, finché non avrò reclamato ogni centimetro del tuo corpo e questo perché non penso ad altro. Non penso al casino che sarà rivederti domani o al fatto che che forse sto approfittando di un'idea che hai su di me che è completamente distorta dalla realtà. Mi prendo le tue labbra e lo faccio perché è così che respirerai adesso, con me, in me. E, Cristo, tu non lo sai cosa mi fa starti tanto vicino da dirmi che non ho davvero mai pensato ad altro che a questo, con te, qui, o sul palco, o quando suoni e ti inserisci così bene nel nostro sound che vorrei parlassimo di questo sempre e che tu non parlassi più. Respiro il fumo che ti è rimasto incastrato come patina lungo il collo ed il profumo del tuo balsamo ed è inebriante. E facciamo come vuoi tu, la mia maglia è già a terra, e mi separo da te solo per tornare a stringerti con più forza, come se potessi davvero andartene o decidere di fermarti e fermarmi. Non sapresti farlo, Lilian, non sapresti impedirmi di averti stasera. Ed io ti prego di non farlo, di non impedirmelo mentre mi aiuti a spogliarti ed ora che la tua maglia fa compagnia alla mia, a terra dove rimarrà per molto tempo, non ho niente a frenare le mie mani che ti percorrono i fianchi fermandosi lungo la linea del ferro che sorregge il tuo seno perfetto. So già farla scivolare la mia mano, perché sganci la serratura del cotone, ma tu sei più veloce e mi stupisci, mi togli il respiro per un secondo quando lasci che la tua curiosità affondi oltre la mia cintura. Oh, Lilian, hai così tanta fretta di avermi? Non fraintendermi, questo mi piace, ma non stai giocando ad armi pari tu. E mi piace ancora di più, quindi ti stringo appena il polso sempre senza smettere di toglierti il respiro per potermici riempire i polmoni. Fermo la tua mano con dolcezza, e non perché non voglio che tu mi tocchi, lo farai ogni volta che vorrai, ma non voglio che tu abbia fretta se posso vedere l'effetto che fa il tuo desiderio con i miei occhi. «Non avere fretta...» un ammonimento che vuole essere un consiglio quando poi non ti do il tempo di fare niente, e ti sollevo. E' facile farlo anche se aggredisco di nuovo le tue labbra con la chiara intenzione di non lasciarle andare tanto presto. Ti alzo per i fianchi e vorrei ti stringessi a me per sentire che nemmeno tu te ne andrai stasera. Posso tenerti a me con una sola mano e con l'altra ancora ti trascino con me mentre ci spostiamo in salone, vicino al divano, il tuo reggiseno è già a terra. Sento la tua pelle sulla mia. Lilian.
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    lilian strickler
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    Non lo so se riesco ad arretrare, a fare quel giusto passo indietro capace di pormi ad una distanza ottimale dal completo coinvolgimento emotivo. Non so se indietreggiando rischierei di inciampare e questo un po' mi spaventa, più dei movimenti che ostento come se fossi una bambina viziata, ingorda probabilmente di ciò che sento di poter far mio in un batter di ciglia. Non so cosa mi da così tanta sicurezza da spingermi oltre: A tenermi ben salda laddove non avrei mai creduto di poter trovare un appiglio come questo. Non so cos'è che Josh riesce a fare quando, con un semplice movimento del corpo, mi spinge a credere di poter buttar giù ogni barriera, di infrangerla al suolo nella convinzione sempre più crescente di poter trovare tra le sue costole il giusto luogo in cui incastonarmi.
    Mi sento persino in colpa ora, di costringerlo a fare passi che da solo avrebbe compiuto con più leggerezza, un po' come se gli stessi urlando di sbrigarsi, di stringermi con più forza perché è così che voglio essere presa: Con la sicurezza di chi non ha timore - a differenza mia - di far suo ciò che desidera.
    Non provo più nemmeno la vergogna iniziale, quella che per un momento mi ha fatto credere di non essere all'altezza di chissà quale compito egli mi stesse ponendo dinanzi. Nemmeno tremo più, avvinghiata a lui come fossi parte integrante del suo corpo: Un terzo braccio, un ulteriore pezzo di petto. Non ho nemmeno voglia di dargli modo di staccarmisi di dosso, anche se ora può guardarmi e forse scoprire persino che non ho nulla di speciale a differenza di altre. Non voglio che mi dica che sono bella, non voglio sentirmelo dire. Eppure mi piace il modo in cui me lo fa credere, che stupida che sono, che civetta. Potrebbe fare qualsiasi cosa voglia ora, senza alcuna remore né paura di come torneremo a guardarci domani quando ci saranno anche gli altri con noi e allora ciò che succederà sta sera sarà soltanto un vago ricordo.
    Non lo desidererò con me un'altra volta ancora, anche se sarà fantastico e questa notte tornerò a casa con il suo profumo addosso, come se fosse con me, nel mio letto ed io fossi meritevole di ciò. Di godere per frivolezze per le quali altre si strappano i capelli a vicenda. ''Josh...ti prego.'' Questo sussurro potrebbe chiedergli innumerevoli cose. Che sia delicato o che non se ne preoccupi affatto. Che chiuda la bocca o che continui a parlarmi come chi ci tiene davvero a te e allora si premura di metterti a tuo agio anche con le parole. Con quella voce che ora rivolge solo a me, tanto da farmi vibrare il petto in respiri che mi si strozzano in gola.
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    Mi vedi mentre ti sollevo e ti tengo con me perché voglio che tu non smetta di avanzare come se non desiderassi altro che me. Cosa fanno le tue parole, quando mentre ti avviso che non c'è fretta, che non intendo trattarti come qualcuno per cui non saprei impegnarmi un po' di più, e cazzo ho una voglia di te adesso che non sa trovare una barriera solida a cui appoggiarsi, tu mi preghi. Ci sono solo io, e ci sei tu. E ti avviso sì, ma non te ne frega un cazzo perché continui, mi spogli, mi segui e ti lasci trascinare come se ancora i tuoi polmoni sapessero vivere nella mia apnea. Pregami ancora Lilian. Pregami tutte le volte che ne senti il bisogno. Perché quello che fa la tua voce è spingermi contro di te con più foga. Ti stringo al punto che se non modulassi la forza potrei farti male e forse un po’ ne ho un fottuto bisogno. Hai fretta, vuoi che io non mi fermi, e cazzo non te lo devo dire che non intendo farlo, lo vedi da te quando nell'avvicinarmi al divano ti spingo appena più in alto, perché tu possa capire che non sei di nessuno adesso, sei mia e basta. La tua pelle ha un profumo che mi riempie, mi soffoca, mentre seguo la curva della tua clavicola con le labbra e ti tengo stretta per la nuca, così che tu non possa neppure ribellarti se ti allontano per darmi spazio. Te lo farò sudare quello che vuoi, e sarà perché è così che lo voglio io, perché ti voglio Lilian e questa cosa sa sono ingigantirsi ogni respiro di più, come se il tempo lo contassimo in battiti, o per tutte le volte che rinsaldo la mia presa su di te o ti permetto di ricominciare da dove abbiamo lasciato. Forse la voglio ascoltare la tua preghiera, voglio liberare me e te dai resiti che rimangono a separarci, voglio trascinarti sul fondo di questa cosa e entrare così in profondità che non capirai più cosa sia mio e cosa sia tuo. O forse no, forse invece voglio farti soffrire, voglio farti capire che più mi implorerai di avvicinarmi a te e di strapparti via ogni cosa e più lo farò, ed ogni volta sarà più difficile prendere delle fotture distante da me. Ma tu non vuoi starmi distante, e cazzo non lo voglio nemmeno io, quindi ti porto con me finché non appoggio io la schiena sul divano, ed è con entrambe le mani che risalgo la tua colonna portante, come se volessi demolirla pezzo per pezzo, premo nel risalire perché tu non ti perda niente di quanto mi stia piacendo esplorarti centimetro per cenitmetro. Che se proprio dobbiamo farla sta stronzata, facciamola bene. Facciamo che me li slaccio io i jeans adesso, e li calcio via con te ancora su di me, e voglio che tu ti muova, che non ti fermi perché ogni istante che mi rubi è uno in più che ti metterò in conto quando ti trascinerò di nuovo verso di me. E questo bacio, questo mio modo di avventarmi su di te, lo sento anche io che è diverso, è respiro che prendo a fatica. Le mie mani non stanno ferme, ora sono sul tuo collo, entrambe, risalgono e ridiscendono lungo curve che ho solo potuto immaginare attraverso quello che hai sempre indossato, o lasciato scoperto, ed ancora affondo un morso che è un mezzo ringhio che ti fermo lungo la clavicola. Pregami Lilian, ancora, di nuovo.
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    Riscopro un modo nuovo con il quale farmi vicina e trattenere a me ciò che considero mio. Perché su questo corpo estraneo, che resto ad osservare nell'intreccio di tatuaggi capaci di renderlo una vera e propria opera d'arte per chi tra le spalle va ad aggrapparsi lasciando che dita fragili vadano a ridisegnare sul collo vene ed incavi, trovo l'incastro perfetto. E non ho alcuna intenzione di lasciarlo ed andarmene via, anche quando ormai a separarci non ci sono più strati di vestiti contro i quali lottare affinché nulla ci venga precluso alla vista e al tatto e restiamo solo noi, che forse nemmeno sappiamo collidere in questi intrecci che ci vedono affondare le unghie nella carne nel disperato tentativo di tenerci aggrappati l'uno all'altro. Io non gli somiglio, lui non mi somiglia, eppure riscopro la perfezione nello strusciarsi di pelli differenti, che si incontrano e si respingono anche quando tutto ciò che vogliono è ferirsi come monito di ciò che dovrebbe essere evitato.
    Perché fuori da qui tutto questo non andrà bene e saremo forse costretti a fingere che non ci sia stato nulla, nemmeno un bacio, né un morso, che mi fa trasalire e boccheggiare un ''Cazzo!''. Potrebbe mangiarmi e glielo lascerei fare, perché portando a casa i segni del suo passaggio probabilmente rischierei di perdermici dentro, laddove si incastrerebbero perfettamente i suoi denti e le labbra delle quali ho già imparato le curve, gli angoli più dolci.
    Dovrei fermarlo qui, scendere dalle sue gambe e rivestirmi al volo. Perché per la band sarà un casino, lo sarà per la mia testa quando scoprirò di aver portato con me l'odore di un profumo che avevo già assaggiato più volte, ma mai al punto da incollarmelo addosso come se fosse il mio. Ma non lo faccio, perché sono un'ipocrita, un animale e questo mi spinge ad aiutarlo nello sfilarsi i pantaloni e a spostar l'elastico degli slip affinché abbia spazio. Affinché si incastri perfettamente a tutto ciò che fino ad oggi ho odiato e gli dia un senso. Perché questa carne non è più mia e mi sta bene che ora divenga sua, così che possa muoverne i lembi, rimodellarla a suo piacimento nell'aiuto di mani che scendono lungo l'inguine solo nella finzione di poter controllare ancora tutto ciò.
    Voglio sentirlo cantare, respirarmi male addosso, sulla clavicola che ancora brucia, nel suo incavo. Anche lungo tutto il collo, in faccia, sul petto, lungo le spalle, la schiena. Ti prego, non avere ripensamenti ora.
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