Have a nice day

Josh & Lilian | Con i morgana, sala prove, 9 dicembre 2020

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    Lo so già da una settimana, ma ancora non ho avuto modo di rifletterci davvero su. Di accettarlo al punto da riuscire guardare Josh negli occhi è dirgli tutto: Che abbiamo fatto uno sbaglio più grande di noi e che a questo sbaglio ho intenzione di porre rimedio. Perché non possiamo permettercelo ed io non sono affatto in grado di coprire il ruolo che mi spetterebbe qualora decidessi di portare avanti la gravidanza. Non è qualcosa su cui ho davvero scelta: Non quando noi due non siamo nulla se non delle mani che si sfiorano e cercano quando altri non vedono. Nulla più.
    Lo so già da una settimana che è suo e questo non può fare a meno di mutare il mio umore. Lo sento scivolarmi inerme dalle dita come fosse qualcosa che in realtà potrei afferrare e manipolare a mio piacimento. Ma è una cosa che non riesco a fare e questo mi svilisce, ma non al punto da indurmi a dimenticare quale giorno sia oggi: Ce lo stiamo preparando da così tanto tempo che quasi potrei far finta di essere allegra per un giorno.
    Abbiamo preparato tutto affinché lui possa divertirsi e al col tempo, sentirsi in imbarazzo per tutte le attenzioni che nel pomeriggio gli dedicheremo. Non è niente di che, ma siamo così carini vestiti a festa che quasi vien da piangere a me per l'emozione. ''Ce la concediamo una foto senza il festeggiato?'' Domando posizionando la reflex con il timer che già suona sul tavolo, per poi correre dagli altri e mettere un braccio attorno al fianco di Adam. Siamo così belli da aver bisogno di immortalarci così: Felici, spensierati, come se non ci fosse nessun altro a compromettere la nostra unione ed il progetto che grazie al carisma di Josh portiamo avanti con passione. Non posso accettare che il bambino possa in qualche modo distruggere tutto questo. Non sono pronta.
    Abbiamo appuntamento con lui per le 16.00 come nostro solito: La sala prove però, per quanto sembri essere la stessa di sempre, in realtà nasconde qualcosa di nuovo. C'è un tavolo con un po' di alcolici nascosto dietro agli amplificatori ed abbiamo fatto spazio, affinché al centro di essa spicchi il microfono e due sedie: Una per Josh ed una per il chitarrista che ci accompagnerà. Il nostro regalo, oltre a quelli che scarteremo con lui in privato, è un mini concerto in acustica delle sue canzoni preferite: Abbiamo Jack con Nothing Else Matters, Hugo con Separate Ways, Adam con Have a nice day e me, con The Kill.
    A pensarci bene non ho mai cantato in pubblico: Accompagnare Josh non vale quando in live è lui quello a ricevere l'attenzione di tutti. Non fa così paura.
    ''Eccolo!'' Mi sbraccio nella speranza che gli altri capiscano di dover coprire il più possibile tutto ciò che possa far presagire una festa a sorpresa. Ma non sono io ad accoglierlo: Se ne occupa Hugo, che senza fargli gli auguri - vogliamo fingere di esserci dimenticati il suo compleanno - gli dice di sedersi, che dobbiamo parlargli.
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    Il problema, quando sei abituato alle teste di cazzo, come Hugo, che saprebbero ridere per mandare a fanculo anche il Diavolo senza preoccuparsi di nulla, è che poi quando ti dicono che il gruppo deve parlarti, ti preoccupi. Quindi il sorriso che nemmeno avevo, si è spento sul nascere proprio, così, grazie al cazzo. Sono stato scostante, distratto. Lo so, ho le mie colpe. Ho mancato alcune prove, cosa che non è mai successa in più di cinque anni e sono sempre, sempre stato il primo a fare il culo a chi si comportava esattamente come me in questi mesi. Abbiamo annullato un paio di concerti perché ero troppo stanco dopo l'allenamento sulla Dimensione Ombra, per prendere in mano un microfono e fare fottutamente finta di niente. L'etichetta non ci ha richiamati, o se l'ha fatto potrei non aver sentito la chiamata, non averle dato il giusto peso perché devo mantenere la mia copertura da onesto cittadino del cazzo, però è difficile. Lo sanno che ho avuto giorni di merda, forse Jack lo sa più degli altri, ma lui sa anche altro, quindi allungo il collo per vederli oltre la spalla di Hugo, giusto per assicurarmi che invece il problema non sia Lilian. Lei, io non lo so che cazzo mi ha fatto, ma è da quella fottuta sera che non riesco ad ignorarla come dovrei, mi comporto come sempre, finché ci sono tutti gli altri, ma poi basta passarle appena più vicino perché mi venga voglia di trascinarla su di me. E' solo chimica, ma cazzo se ce n'è, e questo mi accorcia il fiato perché anche se una persona l'ha capito, vorrei che Adam e Hugo continuassero a non capirci un cazzo e non vedere niente di quello che succede appena lasciano il magazzino, la nostra sala prove. Non ho smesso di credere nel nostro progetto, ma lo sento che non è più tanto importante come lo era prima. Prima che Edie rimanesse incinta, prima che Morgan spezzasse la maledizione, prima che io sapessi della dannata fine del mondo che incombe mangiandosi giorni come fossero pasticche di coca. Sul palco io libero i miei demoni, ma adesso non è più l'unico modo che ho per farlo, e quindi non so come cazzo si faccia a non sentirsi in colpa quando i miei piedi rimbombano quasi nel silenzio. Li sto già guardando come se non avessi abbastanza pazienza da aspettare di sedermi e capire quello che vogliono dirmi. Sì un po' mi cade di più l'occhio sulle scarpe di Lilian, dio, come vorrei prendermi ancora un po' di quel cazzo di tempo che il mondo non ci lascia. Non ci penso neppure al fatto che sia il mio compleanno, non è rilevante quando adesso le prospettive per il futuro, almeno il mio, non sono tra le più rosee, già arrivare ai ventotto sarà un'impresa, i ventisette non sono poi così importanti. Forse dovrei iniziare io a dire qualcosa, ma invece mi siedo, un po' perché Hugo ne approfitta per tenermi con una spalla e piantarmi il culo sulla sedia che "grazie amico, anche meno" e poi me la stringe ancora prima di lasciarla. E se sapessero di Faust? Beh cazzo quello sarebbe un casino, dovrei dare il peggio.
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    In questa farsa sono l'unica probabilmente a non riuscire a recitare come gli altri. Hugo è così serio che quasi potrebbe spaventare anche a me. Ed un po' mi fa rabbrividire effettivamente, quasi come se su quella sedia ci fossi io e la spalla che ora stringe con forza fosse la mia e non quella di Josh. Dev'essere brutto essere lì, al centro e davanti a tutti, con la ingenuità che Josh ostenta sedendosi e guardandoci con il volto colpevole di chi sente di dover essere punito per qualcosa. Ma nessuno di noi ha bisogno di punirlo, né di rimproverarlo per ciò che ha fatto negli ultimi tempi: La sua è stata solo stanchezza insomma, è normale essere stanchi al punto da non riuscire a dare il massimo nelle prove. Ci siamo passati tutti. Scelgo un angolo in cui non ci sono gli altri: Non per stare lontana dagli altri, ma perché mi piace osservare il suo profilo. Lo faccio già dalla prima volta che abbiamo suonato insieme, proprio perché è bello ed appagante vederlo sorridere nel fare ciò che più ama.
    Credo che a questo punto il regalo di compleanno sia più mio che suo: Perché sto aspettando che Adam afferri il microfono e che Hugo vada a sedersi. Sto aspettando di ascoltar partire le prime note solo per poter tornare a guardare lui e vedere gli angoli delle sue labbra tirarsi su appena. Basta solo qualche centimetro affinché le labbra scoprano i denti perlacei ed automaticamente, vadano a scoprire anche i miei. Sorrido sempre insieme a loro: Sono anche la mia famiglia, giusto?
    A volte penso che il tempo potrebbe benissimo fermarsi su momenti come questi: Su occhi che si chiudono per far sì che la musica entri meglio, su sorrisi che si fanno più ampi trasformandosi in risate e su atomi che smettono di mutare, che non danno forma ad un bambino fatto di muscoli ed organi.
    Vorrei fermare tutto: Trattenere una fotografia da nascondere nel taschino della giacca affinché la gioia sia sempre con me anche se a breve sarà il mio turno e forse ce l'ho un po' di paura. Comincio a schiarirmi la gola, lo faccio piano per non interrompere Jack che ha una voce così profonda, travolgente. Dev'essere tenero quando canta la canzone della buonanotte ai suoi figli. I suoi figli.
    Ci facciamo tutti l'applauso quando finiamo, spostando forse di poco l'attenzione da Josh agli altri affinché questo sia anche un momento di convivialità e non solo di festeggiamenti. Già festeggiamo tutti i giorni, in fondo.
    Ma tutto finisce in un battito di ciglia: Sento Jack guardarmi e questo mi spinge a fare un passo in avanti. Non voglio dire che gli altri sono pronti a puntarmi lo sguardo contro, dico solo che i sensi di colpa che sento mi fanno sentire decisamente in soggezione. Ma non importa, è il suo compleanno.
    Prendo posto dietro l'asta, stringo il microfono con tutte e due le mani e dietro questo lo guardo. Mi sfugge un sorriso di rimando. ''Tanti auguri di buon compleanno, Josh.'' Poi guardo Hugo e gli do l'ok per partire.
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    Io non lo so cosa ho fatto per meritare questo, che queste teste di cazzo decidessero di farmi un concerto sorpresa, uno dopo l'altro. Giuro che mi si è incastrato qualcosa in gola di molto simile al "grazie" che non riesco a dire se non tra una risata ed un applauso. Per un attimo, lungo il corridoio con il silenzio tombale di Hugo ho pensato che volessero dirmi che ero fuori, che è matematicamente impossibile perché il gruppo è mio, ma che non ci sarebbero più stati loro. E lo so, mi sento un po' un ingrato del cazzo quando penso che fino all'anno scorso erano la mia seconda famiglia e che ne abbiamo passate di stronzate assieme e adesso mi sembra solo che sti sbiadendo tutto. Ogni cosa perderà sapore nei prossimi mesi, fino a svanire quando non potrò dimenticare che il mondo per come lo conosco potrebbe finire. E potrebbe non dipendere da me, quindi io potrei non vedere più nessuno di loro, e dovermi esiliare nella Dimensione Ombra con Edie, in cerca di qualcosa che sembri una Terra più di quella in cui siamo vissuti fino ad oggi. E forse sono un fatalista del cazzo, ma ne ho prese di pugnalate dalla vita e non posso aspettarmi che tutti fili liscio per forza. E sì, sì ci penso anche quando loro cantano e si divertono e io me lo stampo un sorriso che è fottutamente grato. Perché questo sono: grato di momenti che nel sembrarmi una perdita di tempo, poi non lo sono mai fino in fondo. Se non vivessi, se non mi sforzassi per Edie di avere anche una vita normale oltre a quella nell'ombra, non avrei ricordi a cui appellarmi per dirmi che le cose le faccio per una ragione ma non è la sola che ho. E poi Jack canta da Dio, gliel'ho sempre detto ma si ostina a non volerli fare i controcanti che mi servono nelle seconde voci, lasciando il compito agli altri tre. Giuro che potrei dire di essermi quasi commosso sulle ultimo note della sua dedica, e si forse un cuore ce l'ho ancora anche se è sotto strati di pelle nera e adesso è anche ben protetto da catene di sangue corrotto, insomma c'è. E quindi quando viene verso di me lo faccio sedere accanto e lo ringrazio, perché come cazzo farei a non farlo? E' un po' il fratello maggiore, quello che si occupa sempre degli ingaggi, dei locali, delle finanze e di metà del merchandise, se non ci fosse lui non esisteremmo noi. Quindi grazie amico, davvero, grazie. E torno serio quando invece tocca a Lilian e per un attimo c'è un respiro che manca, quello che perdo nel far scivolare il mio sguardo su di lei, dalle scarpe che ancora fisso, ai capelli biondi la cui morbidezza ricordo benissimo tra le mie mani. Sono uno stronzo perché per un attimo non me ne frega un cazzo del fatto che stia cantando, andrei lì, la prenderei con me e le imporrei un silenzio di sospiri, ansimi e grida. Non si può fare, quindi resto fermo ed ogni tanto guardo anche Adam e Jack che mi hanno affiancato così da non destare alcun sospetto, anche se vedo che sono molto attenti alle mie espressioni. E Lilian è brava a catturare la mia attenzione, troppo, perché lo so che è da quella fottuta sera che la cerco troppo con lo sguardo alla fine dei concerti, che aspetto che arrivi da me per non restare per ultimi sempre in sala prove, o che mi chiedo dove si infili tra un drink e l'altro. Credo sia l'indole del cane rabbioso, quella che ho nelle ossa. Questi stronzi sono stati bravi e quindi alla fine, dopo averle rivolto uno sguardo che ha indugiato un po' più a lungo nei suoi occhi, mi rivolgo a tutti ed è un applauso che si meritano. «Siete delle teste di cazzo!» ed è un po' il mio modo di dire grazie quando per un minuto intero non smetto di sorridere. «Da quanto la state organizzando 'sta cosa? Mh? » Ma non voglio davvero saperlo, perché quello che spendono per me e con me, è tempo perso, eppure sembrano volerlo fare, sinceramente. Quindi dopo una spallata di gruppo, quando penso che potrei riprendermi il microfono perché magari proviamo anche, mi rendo conto che le cose non andranno così, c'è da bere e questo significa una sola cosa: niente musica per un po'. Forse. E dico che mi sta bene, che oggi ci sta. Affianco Lilian quando gli altri hanno già preso il loro solo per dirle, abbassando di molto il tono: «Non mi avevi detto niente» ma non sono arrabbiato, sono forse preoccupato.
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    Lui è rimasto contento, posso tirare le somme incastrando di nuovo lo sguardo nei suoi denti, lungo le labbra, nel modo in cui si arcuano.
    È la mia mezza luna.
    Una di quelle poche vittorie che uno sa di poter ottenere nella vita. Credo possa essere considerata come una vera e propria gioia quel sorriso che gli squarcia in due il viso e lo rende più bello di quanto già non lo sia.
    I denti bianchi, le labbra rosse, gli occhi che si stringono e quasi spariscono.
    Vorrei smettere di guardarlo perché questa contentezza che mi incastona nel petto sono sicura di non meritarla, non quando credo di non avere alcun motivo per gioire. Forse dovrei ritornare a convincermi che sarebbe meglio sciogliere i muscoli: Che scambiarmi sguardi con Jack non sia così producente come dovrebbe e che l'unica cosa di cui preoccuparmi ora è solo il suo divertimento.
    Non staremo di certo festeggiando i suoi trent'anni, ma nemmeno i ventisette si compiono tutti i giorni.
    Ho bisogno di qualche scusa che mi distragga totalmente.
    Alla fine non ho motivo di pensar male di questa serata: Il mini concerto è persino andato bene ed io non mi sento affatto in dovere di vergognarmi per una voce che non avevo mai tirato fuori. Mal che vada, questa sarà l'ultima volta. ''Da un po'.'' Gli faccio spalluce, accelerando di poco il passo. Ho sempre paura di far capire che c'è qualcosa che non va tra di noi: Qualcosa per cui forse altri dovrebbero essere felici, ma non i ragazzi della band. Loro non devono sapere niente anche se Jack in realtà ha già capito troppo.
    Restiamo un po' dietro rispetto agli altri. Istintivamente, appena noto che nessuno è lì a prestarci troppa attenzione, lascio avvicinare un indice al dorso della sua mano. La sfioro appena.
    ''Ci sono cose che non possono essere dette, Josh.'' Lo so, è una stilettata al cuore, uno stupido e fortuito caso. Egli non può sapere del test di gravidanza positivo, altrimenti il sorriso non sarebbe ancora lì. Sorrido di mia volta per smorzare la tensione, mentre la mano si stacca subito, al minimo voltarsi degli altri. ''Vieni, devi partecipare al brindisi.'' Vorrei afferrargli un polso per tirarlo a me, per tirarlo a noi, ma non ci riesco.
    Mi limito solo ad anticipare i tempi, ad accelerare il passo e per far sì che ogni mia risposta possa affogare nel contenuto di cui è ricolmo il bicchiere che Adam mi porge. Non guardo Jack, non voglio un altro rimprovero. ''A Joshua.'' Lo alzo in direzione degli altri affinché tutti possano fare lo stesso, poi mando giù il primo sorso di vino, che subito diventano due, poi un intero bicchiere.
    Ho cominciato ad apprezzare l'alcol in compagnia di Nicholas: Lui era estremamente affezionato ai liquori italiani ed al limoncello. Il primo sorso l'ho bevuto a casa sua, dopo anni passati a sorseggiare solo del misero vino rosso e della birra. Il limoncello poi è diventato uno dei miei alcolici preferiti, così come il caffè accompagnato alla sigaretta una certezza della giornata. Nonostante ciò, bere il limoncello ora mi da alla nausea, così come ci riesce l'odore della pasta ajo e ojo e no, non è la gravidanza. Non c'è niente qua dentro se non uno sbaglio.
    Facciamo più di un brindisi dopo questo: Prima brindiamo semplicemente a Josh, poi andando avanti aggiungiamo aggettivi stupidi come ''A Josh, il più piacione di tutti''...è qualcosa di rincuorante, insomma. Questo però mi da la scusa per continuare a bere e desiderare di fumare una sigaretta lunga quanto un braccio.
    Per questo forse ne approfitto del fatto che Hugo debba andarsene: Perché ho bisogno di uscire senza dar l'impressione di volermela fumare per conto mio, solo in compagnia di Josh. ''Aspetta, ti accompagno fuori.'' Quello che mi vede in uno scatto, è solo il movimento che porta il tacchetto delle scarpe lucide a battere contro il pavimento. A lui piacciono parecchio, gliele ho viste guardarmele. Ho deciso, stupidamente forse, di farmi carina appositamente per lui. Che ingenua.
    Usciti fuori saluto Hugo con un cenno della mano e poi porto la sigaretta alle labbra. Il vino ha fatto il suo compito: Mi piace il modo in cui tutto sembra più calmo, forse perché sono i battiti del cuore a rallentare appena. Credo che il bello della sbronza, non dell'ubriacatura vera e propria, sia proprio questo senso di leggerezza che poi uno ha. Ed io ho bisogno di sentirmi piuma.
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    Lo guardo il suo dito che mi sfiora, ma solo con la coda dell'occhio perché poi devo ignorarla per forza. Non perché voglio essere stronzo, quello sempre, ma perché non è qualcosa che possiamo concederci, è tutto troppo in evidenza. Già rischiamo come due imbecilli quando gli altri se ne vanno e crediamo che non avranno alcun motivo per tornare indietro e vedere le scie dei nostri vestiti lungo il palco. La cosa forse mi sta un po' sfuggendo dal controllo e questo in genere non mi piace, affronto già parecchie ansie esistenziali che vorrei dire di aver risolto ma, col cazzo, ovviamente, quindi devo ignorare anche la spinta che mi muoverebbe verso di lei, così per spiegarle che sfiorarmi e basta non le è concesso, non quando io voglio molto di più. Forse voglio semplicemente più di quanto Lilian, o chiunque altra, possa darmi. Solo perché potrei arrivare a non stringere più niente tra le mani a metà della prossima estate. Non posso permettermi variabili che non controllerò, ed è per questo che tengo la cosa tra noi, perché non avrà una vita così lunga da essere contemplata come esistente. Incasso il colpo che sono le sue parole contro le mie, quando abbasso la testa, scuoto il capo e continuo a sorridere perché almeno so anche che non sono l'unico stronzo del duo. Le concedo solo uno sguardo che è una sfida a non sfidarmi davvero così apertamente, ma in realtà è solo un fottuto preliminare, uno di cui non so averne abbastanza. Gioca con me, e sono sicuro l'abbia fatto anche quando ha deciso che avrebbe cantato anche lei, ed è forse la ragione per cui non riesco a lasciarla andare, a troncare una cosa iniziata per il solo senso di togliersi uno sfizio, una curiosità che ci ha preso entrambi, ed invece adesso è ancora qui. E' che pulsa quando mi dico che non cederò a niente e invece lo faccio perché ne ho bisogno. Dobbiamo tornare dagli altri e per questo la lascio andare avanti senza guardarla, tengo solo stretta la bottiglia tra le mani e poi con l'aria di chi si aspetta di essere investito delle peggiori cariche, mi sottopongo anche a questo. Lo so già che sarà uno strazio quando dovrò dire addio a tutto, lo so che non lo sarà perché non c'è nulla che valga più di Edie, di mio nipote, e del nuovo scopo della mia vita. Però lo sento come la malinconia è sempre fottutamente in agguato, e lo è da una vita perché io non ho mai vissuto davvero e non posso permettermi di iniziare a farlo adesso. Ci sono troppe cose che loro non sanno, alcune non le sapevano nemmeno prima, altre è bene non le sappiano mai più. Jack forse qualcosa di Edie l'aveva capita, ma credo si fosse sempre immaginato una sorta di malattia autoimmune e degenerativa e forse non ci è mai andato troppo distante. Ora, quando devo per forza implorarli di smetterla, mi rendo conto che questi momenti non torneranno mai, che fanno male in ogni secondo che passo a viverli quando ancora è una perdita di tempo che Faust non contempla, e che Josh anela come ossigeno in fondo all'oceano. Ridiamo, scherziamo, beviamo parecchio, quasi ho voglia di ricordarmi di uno di quei compleanni in famiglia, ma l'unico che mi ricordo è il primo dopo la scomparsa di nostra madre. Non sono uscito dalla mia stanza ed è toccato ad Edie venire a prendermi e mi ricordo di cosa abbiamo parlato, così come mi rendo conto che il sorriso si crepa, si incrina come un vetro infranto e quando Adam e Hugo escono, con Lilian, e resto solo con Jack non mi sembra di avere più un motivo per mantenerlo. La testa sarà anche più leggera, ma il cuore proprio no. «Sì, si va tutto bene... » gli rispondo quando si preoccupa del mio cambio d'umore. Poi, però, non perde l'occasione di accennare proprio a Lilian. Perché lo so io, e lo sa lei, che lui ha capito tutto. Conosce me da troppo tempo perché una mia distrazione non diventi il centro della sua attenzione. «Non è una cosa seria» glielo dico che fisso il punto oltre cui è sparita. E non mi crede, ma deve farlo perché io mi oppongo a qualsiasi altra cosa. Alla fine mi dice solo che dovrei stare attento perché è un casino in ogni caso... e cosa devo dirgli? Lo so che è un casino, stiamo facendo i ragazzini quando non lo siamo più, e dovrei essere io a mettere fine a tutto, e dovrei farlo adesso. Adesso che Jack se ne va e che se lei rientra saremo soli di nuovo. Decido però che voglio restare così, con le spalle al muro, il bicchiere in mano ed un mezzo ghigno. Ancora peggio quando penso che me la farei, di nuovo, Lilian... adesso.
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    È la sigaretta più lunga che io abbia mai fumato. La mano segue un movimento lento, quasi impercettibile: Porto i polpastrelli alle labbra, poi li allontano insieme alla sigaretta in linea retta e così ricomincio, in micromovimenti continui che mi portano a credere di essere davvero rallentata a causa del tutto l'alcol che ci siamo bevuto per festeggiare Josh. Ed è una bella sensazione, cazzo se lo è: Anche se mi sembra così triste ritrovarmi a pensare che riesco a rilassarmi solo quando bevo così ed il corpo quasi mi sembra diventare di gomma. Lascio scivolare la schiena contro il muro e chiudo gli occhi, ma giusto per qualche secondo.
    Amo sentire la testa così leggera e le gambe quasi prive di giunture: Mi spingono a credere che effettivamente sanno esserci squarci di pace anche nella vita di chi fatica a gestirsela. Ma la tranquillità dura poco, perché ora come ora non posso permettermi di guardare gli altri andarsene e di salutarli con un gesto veloce della mano. Non posso permettermi di rintanarmi qui e così aspettare che sia anche Josh ad andarsene come tutti gli altri. In silenzio, in uno sguardo che si ancorerebbe con tristezza al suo, fino al momento in cui scivolerà sulle labbra e su quel solito ed eterno sorriso che finisce per portare via con sé.
    Per questo probabilmente spengo il filtro sotto i tacchi e ritorno dentro: Non tanto perché ho davvero voglia di farlo, conscia di essere forse alticcia abbastanza da cedere a qualsivoglia barriera mentale io mi sia premurata di tirar su prima di arrivare qui, quanto perché credo che, restandomene qui, rischierei solo per dare troppo nell'occhio.
    Ed io non voglio che egli, guardandomi, possa in qualche modo scoprire qualcosa. ''Cosa gli hai detto per farli scappare così?'' Sto scherzando, credo lo si possa notare guardandomi semplicemente in faccia. Perché sì, rido e questo è più o meno l'effetto che mi fa stare in loro compagnia. ''Mi ero giusto giusto liberata per un prossimo brindisi.'' Mi accorgo di sentirmi a disagio solo quando inizio a sistemare la sala, in movimenti quasi lenti, come a voler comunque impiegare quanto più tempo possibile e, nel medesimo istante, trovare una scusa affinché mi sia impossibile guardarlo negli occhi. Perché lo so, lo so come andrà a finire questa giornata, tanto da sentire già il rimorso che mi farà compagnia quando salendo in macchina, andrò altrove. Un altrove che sarà diverso da casa mia. Non vedo l'ora di firmare i documenti dell'affetto ed andare a vivere da sola. ''Hai sentito che voce ha Jack? Te la saresti mai immaginata così dai controcanti?'' Divago un po' iniziando ad accatastare i bicchieri di plastica usati. ''È stato davvero figo.'' Dico tutto ciò che abbiamo messo su in così pochi mesi, non Jack.
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    Me lo tengo addosso il mio sorriso del cazzo, perché lo so che Lilian sta tornando e non mi preoccupo minimamente di nascondere come io stia studiando le sue movenze. Sono un po' una testa di cazzo, ma se c'è qualcosa di cui posso godere un fottuto secondo in più, è una bella vista e intendo tenermela stretta. Lo so perché poi non faccio un passo senza ricordarmi che morirà. Morirà come moriranno tutti se le cose vanno come devono, tra qualche mese, quando il Mondo sarà solo un cartonato di ciò che era. Ora mi sento anche più fatalista del solito, forse perché è il mio compleanno e potrei non arrivare io stesso a festeggiare il prossimo. Ma anche perché pensarla così rende più facile dirmi che sarò capace di togliermi questa dipendenza dalla testa, prima che distrugga ognuna delle cose per cui ho sudato nel costruirmi un gruppo che sapesse dare spazio al mio smisurato ego da palcoscenico e quelle parole che non so mai dire sul serio se non quando le canto con tutto il fiato che mi resta in corpo. Comunque poi la stacco la schiena dal muro, ed anche quando vedo che Lilian non mi si avvicina, so dirmi che è molto più brava di me, perché io faccio già abbastanza fatica a dirmi che non posso prendere tutto quello che penso di avere e farlo mi ogni volta che lo desidero. Quindi le giro attorno come uno squalo, so che potrei metterla a disagio, ma mi piace quando cerca di capire dove sono e si rende conto che la sto guardando, mi piace che a volte non sappi contenere il rossore e mi piace portarla al limite facendole credere che io non abbia già raggiunto il mio. «Beh, non è detto che non si possa fare comunque... » un brindisi, dico, quindi mentre lei li impila i bicchieri di carta che abbiamo usato, io ne sfilo due di nuovi e ci verso poco di quello che è rimasto, lo faccio per il contrasto che mi dà anche solo la sensazione che lei stia riordinando e io tirando fuori altra roba. E sì, lo so che non siamo mai al sicuro qui dentro perché chiunque potrebbe tornare a prendere qualcosa che ha dimenticato in ogni momento, ed è per questo che lo sento come tutto sia al limite della mia sopportazione, e per questo abbia un sapore diverso sulla lingua. La sfioro solo con la spalla, ma so cosa sto facendo, so perché la sto distraendo da qualunque cosa stia usando per non fingere che saprebbe stare ferma davanti a me anche adesso. Quindi aspetto che si muova ancora un po', le faccio credere che avrà tutto il tempo del mondo per girarmi attorno ma che non è così davvero, perché poi allungo il bicchiere verso di lei e le sorrido come un'idiota. «Vuoi brindare alla voce di Jack?» Ci scherzo, perché si vede dal modo in cui la guardo che non ho intenzione di parlare di lui il resto della sera. In verità ho promesso ad Edie che non avrei tardato troppo, abbiamo delle tradizioni da rispettare e sono il primo che vuole farlo, però so anche come fermo Lilian per un fianco con la mano libera dal suo bicchiere e la tiro un po' verso di me, con calma che non ho davvero così tanta fretta. Basta che la mia mano sfiori il tessuto del suo vestito e per un attimo mi sembra quasi di respirare meglio. Alla fine sono un cazzo di sentimentale anche io, anche se non dovrei, anche se Lilian mi è entrata dentro come una fottuta scheggia di cui non riesco a liberarmi. Io non ho tempo per te, Lilian, non ne avrò mai. E' questo che dovrei dirle, invece sa uscirmi qualcosa di completamente diverso. «Anche tu hai una bella voce.»
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    In realtà non dovrei brindare a nulla, nemmeno alla scelta che ho intrapreso ancor prima che Josh potesse in qualche modo accorgersi di ciò. Eppure mi viene facile nascondere nella convivialità un'insicurezza capace di mostrarsi soffocante: Non tanto perché l'alcol sa rendere la mente molto più leggera, quanto perché ho la possibilità di fingere che i suoi sorrisi siano anche un po' miei. Di riflesso, come se baciando quelle labbra io abbia acquisito la capacità di stirare le mie in una gioia condivisa.
    Mi piace fingere che in realtà tutto ciò di cui sento il bisogno ora sia proprio questo, nonché il consenso che vedo brillare nei suoi occhi, quando lasciandomi affiancare, alzo finalmente lo sguardo verso di lui in un coraggio che probabilmente non sa davvero appartenermi.
    Mi sento così ingrata a nascondergli una scelta del genere, specie dopo aver passato la vita a difendere dei diritti che ora non sto facendo altro che privargli. Al col tempo, però, sono conscia di nona ver la forza di affrontare un discorso tanto complesso, non quando so che farlo ad alta voce significherà renderlo vero, più reale di quanto già non lo sia.
    E lo so. Lo so. Sono solo una ragazzina stupida, forse.
    Lo so che dovrei affrontare con maturità la situazione e dirgli a cuore aperto che sì, è successo ciò che non sarebbe dovuto accadere, ma che ho tutta l'intenzione di rimediare affinché nulla cambi davvero. Ma allora qualcosa cambierà comunque.
    Se glielo dicessi...probabilmente non avrei più la possibilità di godere di quei suoi sorrisi sinceri, ma solo di quelli che mi rivolgerà con la premura di chi, come me probabilmente, non saprà cosa fare né con quale tatto sfiorare l'argomento. Non sappiamo essere tutti così cinici ed io non so quale risposta vorrei avere da lui.
    Non dirgli nulla, a conti fatti, mi sembra la soluzione più brutta, ma anche la più facile da prendere.
    Per questo sto zitta. ''Possiamo brindare alla tua, in realtà.'' Mi piace sentirlo cantare: È uno dei motivi per il quale ho deciso di fare quel provino. Perché Josh non è solo bravo. Josh è un artista a tutto tondo ed il suo carisma non è altro che il collante della band.
    Mi lascio trattenere, come se fossi una molla, un boomerang che torna sempre verso di lui. Inesorabilmente: Perché quello è il mio nuovo posto. ''Niente complimenti: È solo merito loro se sono riuscita a capire come usare il diaframma.'' Perché non è la voce il mio punto forte. Non lo è mai stato, nemmeno quando ho creduto che urlare ciò che pensavo potesse in qualche modo servire a qualcosa. ''Josh.'' Incastro una mano attorno al suo fianco. Mi ci aggrappo direttamente, in un movimento che mi porta a lasciar scivolare il naso contro il suo. ''È stato divertente però.'' Viziarlo come se fosse un bambino. ''È ora di andare, vero?'' Non vorrei tornare a casa, non quando potrei continuare a respirare la sua stessa anidrite carbonica.
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    C'è sempre qualcosa di Lilian che non capisco, punti che non mi lascia vedere. E va bene così, lo so perché non deve come non deve fidarsi di me mai nella sua vita, eppure questo mi spinge contro di lei, ancora solo per rubarle ogni centimetro di pelle e cercare così i punti giusti da premere per avere tutto ciò che mi nasconde. Ma sono anche molto più semplice di così quando sapere che non rifiuta un mio contatto aziona già i miei meccanismi, mi fa mettere da parte la festa, la felicità che ho provato ed il fatto che mi sia detto di non meritarlo, tutto ha la capacità di diventare palesemente irrilevante. L'ho già detto che voglio bene a questi stronzi, veramente tanto, ma è vero che se invece di loro avessi trovato qui direttamente Lilian non mi sarei risentito di nulla. Ed infatti adesso voglio solo questo, lei con le mani che si arrampicano con una lieve incertezza che ha vita breve, lungo il mio fianco. Resta aggrappata a me, Ly. Nella mia testa, quando mi concedo di pensare di poterlo avere un cazzo di futuro in ogni cosa non sarà solo un "vediamo se arrivo a domani prima che il mondo imploda" la vedo qui davanti a me, con i suoi occhi immensi ed il modo che ha di non dirmi niente anche quando mi dice ogni cosa. Non lo so come si chiami questo, ed io so tante cose, è solo che forse adesso è il momento sbagliato. Anzi, cazzo, è il peggior momento di sempre per appoggiare il mio bicchiere vuoto sul tavolo e fermarle una ciocca con la mano che ora è libera, come volessi già aggiustare qualcosa che romperò. Dovrei lasciarla andare, lo so. Dovrei farlo ogni volta che mi chiama per nome, che lo fa con il tono che ha adesso che poi è quello che mi ricorda quanto sia enorme la nostra stronzata, quella che portiamo avanti nel silenzio che ci chiama in ogni angolo buio di questo cazzo di posto. Lo so così bene che non ho voglia di essere il primo a dirlo anche quando è mio compito, non sono come leader ma anche come fottuto uomo. E invece no, invece succede sempre che mi dico che sarà l'ultima volta, che sarà l'ultimo momento di una fottuta gioia che saprò tenermi stretto e che durerà solo il tempo che io gli darò. E così credo di avere un controllo che non ho, non quando mi si avvicina e mi sfiora, richiamando ogni cosa sappia farmi stringere di più la mano sul fianco. «Vuoi andare via?» glielo suggerisco che in parte è solo una preghiera che vorrei assecondasse, ma in verità so che sto già cercando le sue labbra, così da poter soffiare un respiro talmente vicino da rendermi impossibile non fermarle la mano lungo il collo e impedirle ogni movimento che non sia avvicinarsi a me. Di più. «Ly» non le ho mai dato questo soprannome sul serio, solo nella mia testa dove la mia vita a volte non è una merda. E nel dirlo smetto di guardarla perché sto già prendendo un bacio che mi spetta, uno che voglio imprima ogni sensazione che sto provando quando è come se solo ora riprendessi a respirare.
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    No che non voglio. Non sono mai voluta andare via, né scappare come invece il mio corpo mi sta suggerendo da un po'. Per questo mi costringo ad una tranquillità che diversamente saprebbe farmi sciogliere i muscoli. Perché nel calore del suo corpo ho sempre ritrovato la medicina ad un susseguirsi di pensieri che cessano di rincorrersi solo quando i suoi occhi vanno a posarsi suoi miei. Non voglio chiamarla pace, ma spesso ci si avvicina in quei sospiri che sanno farmi salire il magone dalla felicità.
    Vorrei sentirmi per sempre così, in effetti: Sollevata nel sentirmi afferrare in questo modo seppur conscia che non ci sarà mai un seguito per chi come noi finisce per ricercarsi solo di nascosto. Eppure non è detto che una cosa debba essere belle solo se come tante altre e anche se tra di noi non c'è altro se non questo ed il soprannome che gli sfugge dalle labbra, io sono sicura di essere felice così. In un modo totalmente egoistico e tossico, dove finisco per desiderare Josh più di qualsiasi altra cosa. Più della mia stessa stabilità emotiva.
    ''No che non voglio.'' Sembra quasi una sfida questo soffio sulle labbra che mi spinge a stringere un po' di più il tessuto della sua maglia tra le dita. Avessi la possibilità probabilmente premerei la fronte contro il suo petto. Solo per un secondo, giusto per tornare a respirare un profumo che ormai conosco bene e che ogni volta che ci vediamo poi porto a casa con me, come una stupida fotografia dalla quale non so separarmi. Ce l'ho sempre con me Josh, come se fosse così piccolo da poterlo nascondere nel taschino di una camicia.
    ''Ma sarà inevitabile.'' Non lo dico con rammarico, ma con il tono di chi vuole marchiarsi a fuoco questa convinzione nella testa anche se poi cedo ed il bacio glielo ricambio come se fosse la cosa di cui ho più bisogno in un momento in cui la sua vicinanza in realtà non fa altro che ricordarmi altro.
    ''È parte degli accordi, no?'' Non lo so se è questo segreto a rendere i baci più belli o se a far ciò è un sentimento che reprimo per sicurezza e vergogna.
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    Non vuole andare, e questo non dovrebbe farmi sorridere così, eppure arrivo anche io ad un punto in cui non posso proprio negare l'effetto che mi fa averla a due centimetri da me. Respiro il suo profumo appoggiando le labbra sul collo, ed è come prendere finalmente un momento che sia mio e basta, mio come voglio sia lei ogni volta che restiamo soli. A me non frega un cazzo se dopo andrà in giro, se tornerà a casa sua o qualunque altra cosa succeda tra un concerto, un serata o altre stronzate. Quando è con me, è mia. E' questo l'unico patto che assecondo, che ha già superato i rimorsi per il rischio che ogni passo che facciamo allunghi un possibile divario nella band, un buco nero che è poi quello in cui io trascino tutto ciò che mi si avvicina. Sto sbagliando tutto quello che posso sbagliare, sto facendo l'esatto opposto di ciò che dovrei fare e non mi allontano di un passo. Tengo fottutamente stretta la sensazione di poter stringere ancora qualcosa di bello tra le mani, una volta tanto, senza che sia un impegno a lungo termine, o che mi rubi promesse che non potrei mantenere. C'è solo, e sempre, quella punta di tristezza che mi ricorda che mentre le mie mani la esplorano, lentamente, arriverà il momento in cui non lo faranno più. Perché lei forse morirà, perché la nostra dimensione potrebbe finire così per come la conosciamo, perché forse morirò io, ma questa è una cosa che non mi concederò di fare finché Edie non sarà al sicuro. E poi lo so che sono una testa di cazzo e più mi si dice che una cosa non devo farla, più io la faccio e mi ci impegno anche solo per dimostrare a me stesso che non era poi così impossibile. Quindi sì, Lilian che non è per niente convinta di quello che dice, e questo sa solo farmi sospirare ad un millimetro da lei, ha ragione quando dice che sarà inevitabile. Lo sarà, quando davvero vedrò che non c'è altro da fare, taglierò i fili di questi incontri perché non si ripetano e non ce ne sia un altro di cui non so fare a meno. «Ma non oggi» So che non devo neppure essere così convincente perché mi allungo su di lei e non mi contrasta come dovrebbe. Non ha forza quando prova ad imporsi un rigore che io voglio sciogliere nodo per nodo come fosse la mia piccola missione secondaria. Rido quando mi parla di accordi, quelli che a voce non abbiamo mai siglato, e la guardo in silenzio, incapace di rimanere serio. «Ricordami quali sono questi accordi...» suggerisco la mia richiesta ma è un tono che è solo una battuta per distrarla quando la attiro a me e stavolta le sue labbra non hanno scampo, non voglio ne abbiano, voglio che lei respiri solo perché ci sono io a tenera così premuta contro il petto.
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    Sto ridacchiando contro il suo volto, lasciando che la punta del naso rossa e calda dall'alcol venga premuta contro la sua pelle, laddove non c'è barba ma solo l'incavo tra mandibola e mascella. Respiro piano il suo odore, poi mi forzo di scegliere delle azioni che possano in qualche modo fugare ogni dubbio sui sentimenti che potrei ingenuamente provare nei suoi confronti e che stupidamente mi portano a ricercare un contatto che possa andare anche oltre il magnifico sesso che facciamo nella speranza che nessuno possa scoprirci. Così torno a mantenere le distanze sapendo che lui percepirà ciò come un invito a far altro che non preveda lo stringersi di mani ed il respirare insieme senza che tra un po' di fiato ed altro ci sia il gemere di una passione che sa farsi viva nello sfregarsi della nostra pelle. Lo richiamo nella finzione che non sa vedermi legata a lui perché qualcosa mi spinge a sentire il cuore morirmi in gola, ma come qualcuno che ha semplicemente bisogno di soddisfare i propri bisogni fisici, carnali.
    Vorrei che un domani non giungesse mai proprio perché prendo le sue parole come una promessa e se oggi possiamo ancora restare così, avviluppati l'uno all'altra, allora non voglio nient'altro.
    ''Quelli che ci vedono destare lo sguardo quando ci viene voglia davanti agli altri, che domande.'' Gli lancio una frecciatina divertita, proprio perché so che da adulti non bisognerebbe aver vergogna di mettere in luce ciò che in realtà ci piace e potrebbe in qualche modo far felice anche l'altro. Chissà se l'ha sentite le dita sfiorargli il dorso della mano. Chissà se Josh è uno attento a certi segnali. Oggi forse vorrei che lo fosse più delle altre volte, perché ho qualcosa da nascondergli ed ho bisogno che la sua attenzione sia rivolta ad altro piuttosto che alla tristezza che potrebbe scurire i miei occhi.
    Sono contenta quindi che mi baci e che lo faccia con tutta la forza che ha, proprio perché c'è una parte di me che ha disperatamente bisogno di ancorarsi a quelle labbra anche se la mente mi dice che tutto ciò è sbagliato e che forse potrei pretendere più di questo. Perché io voglio tutto e non solo dei baci così, che sanno farmi rabbrividire e respirare con più fatica, eppure al col tempo mi convinco di star facendo ogni cosa nell'ordine più corretto: Di essere stata brava nelle mie scelte, così come lo sono quando lo lascio andare e non gli do troppe attenzioni quando accetto che le altre gli si avvicinino con le mie stesse intenzioni. Lo desidero così tanto, come non ho mai desiderato nessuno, eppure non ho alcuna voglia di legarlo a me così stretto da vederlo soffocare.
    Allora la mano scivola nuovamente lungo la nuca e tra le ciocche di capelli. Accarezza piano la pelle mentre arretro e cerco per noi due un posto che possa essere stabile, come il tavolo che provo a liberare velocemente con la mano libera, mentre con l'altra mi tengo incollata a lui conscia di non aver più bisogno di respirare, né la voglia. Voglio avere i polmoni gonfi dei suoi respiri e delle sue parole. Ho bisogno di sentirmi ricolma del suo sorriso e così in qualche stupido e romantico modo, riuscire ad affrontare ciò che in realtà fatico ancora ad accettare.
    Voglio essere spinta contro un muro e voglio che a farlo sia Josh. Perché ora ogni verità saprei ascoltarla solo da lui, al quale però mento spudoratamente e dalla quale morsa cerco riparo anche quando in realtà vorrei tutt'altro. ''Josh...?''
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    Sa come mi muovo, sa cosa significa fingere di allontanarsi solo perché io possa fingere di sciogliere una presa che non ho mai lasciato davvero. E' da quel giorno che non la lascio, da quando si è presentata a casa mia e le cose hanno preso una piega di merda. Non dovrei lamentarmi, ma cazzo è il momento sbagliato per ogni cosa, e lo è per lei che non sa davvero chi sono e forse quello che le piace è qualcuno che non esiste. Perché io spero che si limiti a questo, lei, a farsi piacere l'unico Josh che posso darle, quello che graffia il microfono e poi si lascia piantare le unghie nella schiena per ore di sesso frenetico, stupido e fottutamente intenso. Non può volere altro, io non posso dare altro. Ma non so che cazzo mi ha fatto perché da quel giorno del cazzo io non riesco a non seguirla ogni volta che posso, o guardare un po' di merda chi pensa che fissarla sia una buona idea solo perché è un nuovo componente della mia band. La seguo anche quando esce, per un po', solo per assicurarmi che sia sola... o forse per sperare che non lo sia, così da non sentirmi ancora più una testa di cazzo per quello che dovrò farle. Non lo so che cazzo mi prende, e non lo so che cazzo mi ha fatto, ma metto da parte tutto perché gioca con me ed io non ho più voglia di ragionare. Posso mandare velocemente a fanculo ogni cosa solo perché è un po' fa la cretina quando mi dice cose che davvero non serviva dire ad alta voce. Ed invece anche questo mi piace, con la sua espressione angelica che di buono non ha nulla per nessuno dei due. Mi trascina senza bisogno di toccarmi, e stasera voglio rendergliela facile, quasi noiosa perché sono due giorni che sono più stanco di quanto dovrei, ed anche se mi hanno sorpreso, questi stronzi, non ho voglia di non darle ciò che vuole, perché io non aspetto altro che ritrovarmela sotto le dita per percorrere ogni centimetro della sua pelle. «Ora però non c'è nessuno» Non mi serve neppure parlare, non mi serve che lei arretri perché su quel tavolo quel che resta lo sposto io con un solo braccio, mentre con l'altro torno a stringerla a me fino a premerla conto il confine in legno. Le sue mani mi trovano di nuovo, e lei non ha idea di quanto cazzo io la voglia adesso. Ma lo capirà molto presto, perché i miei respiri velocizzano un bacio che diventa urgente, affamato. Io sono affamato di ogni cosa saprà darmi e non aspetto più nessun consenso, li ho già tutti. La spingo di più contro il tavolo vuoto, la sollevo perché ci si sieda e mi dia modo di lasciar scivolare le mani lungo le sue gambe, fino ad in filarsi sotto la gonna visibilmente corta per farmi impazzire. So cosa vuole, e so che l'avrà perché mi ha capito, perché sa cosa sono quando non c'è niente a frenare i miei istinti. Mi fermo solo un attimo, quando già corro a slacciare i jeans, e lo faccio perché mi chiama, un po' mi invoca ed io vorrei solo dirle di pregarmi come ha fatto la prima volta. Invece no, resto a guardarla, e non so come cazzo mi esca quello che le dico, come se dovessi rassicurarla quando in me di rassicurante non c'è niente. «Sono qui» e dura poco, prima che io decida di prendermi il tempo per un fottuto bacio che la porti con me oltre il limite che le farò sfiorare anche stasera, solo perché senta che io non cambio mai, che non ci sarà speranza che succeda o qualunque cosa che le permetta di aggrapparsi ad un sentimento che, adesso, invade ogni spazio. Io non la amo, io la voglio completamente. Voglio che gema sotto di me, che mi stringa una mano al collo e mi chieda di più, finché non saremo sfiniti e stanchi e con l'ennesimo ricordo che dovrò dimenticare. Devo dimenticarla anche quando mi spingo contro di lei, in una sfida che è più un modo che avremo di perdere entrambi.
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