Alive and Burning (part1)

Josh/Slater - 20 Gennaio

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    JOSHUA ÇEVIK – brother – lead singer – you fucking dogfaust
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    "Dobbiamo parlare". Che stronzata. Ho sempre pensato che fosse una battuta di merda, un prendere tempo quando non esiste che se ne abbia così tanto in una fottuta vita. Nei film sai già che sarà il principio di una pugnalata al cuore, o alle spalle a seconda di quanto sia magnanimo il protagonista e, nella realtà, è anche fottutamente peggio di così. Mi ricordo quando è stata Gretchen a dirmelo ed io già sapevo dove sarebbe andata a parare e speravo solo che tagliasse la corda in fretta, che facesse quello che doveva senza rubarmi respiri che si sarebbe portata via per sempre. Dobbiamo parlare, è l'anticamera dell'incapacità di dire una cazzo di cosa in modo diretto e perfino semplice. Sarà una merda? Sì. Farà male? Cristo, si. Ma almeno è chiara. E quindi lo so che quando penso quelle due parole nella mia testa, e le rivolgo a Slater, sono già incazzato. Con me, con lui e con il fottuto Universo che non ne vuole sapere di darmi respiro. Io e lui dobbiamo parlare perché questa situazione mi sta logorando, non riesco a tenermi fermo nei miei nervi ed è un cazzo di problema considerato quello che dobbiamo fare. Ma no, no perché lui tra le persone che doveva uccidere ha scelto un cazzo di boss mafioso dei Cacciatori che adesso sono come iene intorno alla mia famiglia ed è esattamente quello che non doveva succedere, cristo santo. Tutta la mia fottuta buona espressione l'ho lasciata alle mie spalle, e lo so perché quando il portale si chiude dietro di me non c'è niente che non sia una rabbia che mi logora le vene. La Corruzione brucia, lo fa sempre e non diminuisce mai, sei solo tu che ti abitui ed all'improvviso non è più dolore ma solo certezza che sia questo il tuo cazzo di posto. E sì, per me è così quando entro nella Dimensione Ombra, anche se lo so che non saprei sopportarla troppo a lungo, non come fa lui. Ma lui è un cazzo di santone di Tharizdun e questo è un vantaggio che io non posso avere. Ma la verità, quella stronza che si infila tra le piaghe che mi tormentano, è che non sono abbastanza forte. Non ancora. Perché non so cosa fare quando non riesco ad essere sicuro che la mia mente saprebbe reggere. Devo essere il fratello migliore di questo fottuto mondo, e devo essere Faust perché la cosa resti in piedi, eppure adesso devo anche imparare a proteggere la mia vera identità prima che ogni pensiero crolli e diventi alla mercé di tutti. La stronzata di Slater ha accelerato le cose, io non sono pronto. Ho gli occhi dei Nalusa su di me. Li sento alitarmi alle spalle, sono pronti a nutrirsi di ogni cosa io abbia in serbo per loro e dalla velocità con cui metto mano alle lame penso sia chiaro che sono pronto anche io. E lo so che aspetto avrebbero oggi: Slater. Slater che uccide la persona sbagliata ed io che non posso rimanere all'oscuro dei suoi cazzo di pensieri perché non intendo restare lontano da Edie così tanto. «Dobbiamo parlare» ed è così un fottuto imperativo che me lo sento nelle ossa.
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    Edited by nocturnæ - 18/2/2021, 11:46
     
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    La dimensione ombra è cupa e tranquilla. L’oscurità immobile, ma viva, si trascina in ogni angolo e si gonfia nervosamente. I passi di Slater smuovono il terreno senza che però, il buio tenti di aggredirlo. Emerge tra le ombre come vi avesse sempre fatto parte e solo d’un tratto abbia deciso di prendere forma e identità. Ciò che agita il caos, ciò che in profondità si oppone ad esso con violenza come una preda nel fondo dello stomaco di una creatura ben più grande, è sempre lui. Faust. La frequenza delle sue lezioni si è andata ad esaurirsi bruscamente, ma d’altronde non crede di avere altro da insegnare fin quando continuerà ad opporsi. È un bambino che ha imparato a camminare e adesso pensa di poter conquistare il mondo, decidere per sé, fare propria la capacità di plasmare ogni cosa, senza nemmeno riuscirle a vedere. Aggredisce, si sente aggredito, sembra quasi non fare differenza mentre lo osserva agitarsi tra i nalusa più fluidamente di quanto non facesse in passato, ma ancora lontano dalla precisione che dovrebbe appartenergli. “Continui ad attrarre i Nalusa” e ad agitare le ombre. Fiutano i nervi deboli che si addentrano al loro interno, quelli che invece di accogliere l’oscurità ne diventano le vittime, non importa niente che siano maghi neri, il caos non ha alcuna pietà, non accetta nessun compromesso. È limpido, chiaro, persino nella sua imprevedibilità, forse, si dice guardandolo, è questo il motivo per cui è così attratto dal guardare i Crain agitarsi ogni volta che smuove le acque. “Non è un bene”, si ferma al limite di quello scontro, certo che in fondo davanti agli occhi non ha che un rantolo di speranza di una vita che sta morendo. Ancora non accetta il fatto che quelle vecchie spoglie non gli appartengono più, adesso è qualcosa di nuovo, qualcosa che assomiglia di più a Slater. Poggia una mano su un fianco, dove c’è il manico della sua lama, appena sporgente. “Sei agitato”, lo deduce per via dei nalusa, niente di più che una matematica caotica per arrivare ad una conclusione che non gli suggerisce alcunché riguardo ciò di cui voglia parlare.
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    Il problema è che io voglio che lo veda, Slater. Cazzo voglio che veda che fottuta forma hanno i suoi mostri, che si renda conto della merda in cui mi ha letteralmente lanciato e no, non me la bevo la stronzata del "eri pronto", non lo ero per un cazzo e lui avrebbe dovuto saperlo anche meglio di me. Lo so come non lo sono quando lasciare Edie è sempre la cosa più difficile e sbagliata che faccio e se sono arrivato a questo è perché non avevo in mano nessuna soluzione, nessuno di quei meravigliosi fili di merda che ha detto che avrei preso in mano. Beh, no, anche col cazzo che è così e lo so, Cristo è nelle mie vene che si accumula ogni fottuto nervo teso. Sì, può lusingare Faust quanto cazzo gli pare e sento come i miei tendini si tirano in allarmi che mi impongono di stare attento a quello che dico, ma mi sono rotto il cazzo anche di questo. E' una rabbia che non nascondo perché mi sono trascinato fin qui per sfogarla in corpi molli di ombre che si ammassano. E continuano, gli fanno largo perché il loro abitante preferito passi avanti e non venga minimamente scalfito, mentre io li vedo con la code dell'occhio e si, si li attiro ancora va bene? «Sorpreso?» Ringhio perché adesso ne ho abbastanza, ho raggiunto un limite che mi sta spingendo troppo lontano anche dove non vedo e no, non sono in grado di guardare più in là della sua figura e lasciargli addosso tutto quello che ho nella testa. Può interpretarlo come cazzo gli pare, perché dobbiamo parlare e così non va bene. I Nalusa non mi interessano, non me ne fotte niente che si avventino su di me al punto che il sangue mi cola dalle braccia e no, non mi fermo anche mentre gli parlo, perché non so tenermi in un punto che non sia rabbia, frustrazione e l'odio del cane che sono. Perché lo sa meglio di me come non cambi mai questo lato e sia sempre sul punto di diventare un problema fottutamente enorme. E beh, sarebbe carino se lui evitasse di gettare benzina sul fuoco. Non sono il suo allievo modello? Beh vaffanculo anche a questo. Lo vedo come abbassa una mano verso la lama e comincio a pensare che già sappia. Non è un bene che io sia ancora a questo punto, che ci torni ogni fottuta volta che qualcosa non va, ma porca puttana se ne avessimo parlato avrei saputo cosa fare. Lo conosco il mio compito eppure adesso voglio che tiri fuori la lama e mi dia una cazzo di lezione da ricordare a vita. «Agitato mh?» un altro fottuto ringhio. «E secondo te perché cazzo sono agitato? Tu che hai tutto in mano, dimmelo
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    Se Joshua non stesse alzando la voce gli sarebbe facile capire che i nalusa stanno turbinando famelici intorno a lui. Copie del suo maestro si dissolvono non appena Joshua distoglie lo sguardo e lo concentra sull’unico reale. Le acque si smuovono ed è il momento in cui Slater abbassando lo sguardo vede cerchi concentrici allargarsi intorno al punto in cui ha lanciato il sasso. Viaggiano rapidamente sollevando il pelo dell’acqua per arrivare fino ai suoi piedi. A quel punto non sono che una carezza contro i suoi stivali spessi, nemmeno le percepisce tanto è incapace di capirlo. Sposta lo sguardo sul ragazzo, lo osserva attento sbraitare, ma capace solo di cogliere il leggero rossore del suo viso e le vene ingrossate sul suo collo che pulsano quanto ancora gli rimane del suo sangue. Gli ha detto che quando usa la magia del sangue deve mantenere controllato il battito, deve averlo dimenticato, ma in verità lo ha insegnato a Faust, trova evidente che non è con lui che sta parlando, quanto con un rigurgito della sua confusa umanità. “Non ho niente in mano”, glielo mostra perché in effetti anche se guantate le sue mani non stringono alcunché. Quando le abbassa riprende a camminare, lo fa in quella foresta di nalusa, senza che badino minimamente a lui, perché se Joshua è carta moschicida lui è la lastra di vetro di una finestra chiusa, niente esce, niente entra, eppure ci guardano attraverso come non esistesse. “Quindi deduco che tu fossi metaforico”, lo mormora sovrappensiero, osservandolo da quell’angolazione in movimento che gli permette di cogliere tutti i modi in cui la luce malsana della dimensione ombra si riflette sul suo viso. Si aspetta che anche lui lo segua con lo sguardo, in quel modo a testa bassa che taglia il suo sguardo lì dove si trova quella linea invisibile calata insieme alle sopracciglia. “Ma non ho niente anche in quel caso. Quindi perché chiedi a me perché sei agitato e non a te stesso?”, si ferma quando ormai è alle sue spalle, è tra i nalusa e ognuno di loro ha la forma solo di un’ombra, pronti però a prendere le sue sembianze se Joshua sarà capace di guardare in faccia ciò che crede lo renda debole. “Fingi di credere che sia io il problema, ma ho ucciso qualcuno di cui non t’importa niente, qualcuno che non fa parte della vita di tua sorella, qualcuno che poteva agitare Morgan, che ha agitato te che stai facendo esattamente ciò che sperava accadesse, quindi qual è il passo successivo? Vuoi portargli la mia testa?”, tocca a Slater rivolgergli uno sguardo tagliente che ottiene mimando il suo, lo trova interessante, si chiede cosa ci vedrà e se mai si accorgerà di avere davanti un effetto molto simile alla sua stessa maschera.
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    Non so essere Faust quando devo, ma non è il mio cazzo di problema oggi. No, perché è sceso il Re dei Nalusa del cazzo che a quanto pare sa sempre come non farsi scalfire da niente che sia anche solo un briciolo umano. E lo sapevo che Slater non lo era, l'ho sempre saputo e non so se sia perché è un cazzo di viaggiatore o qualunque altra cosa, non potrò mai essere così infallibile e questo è stato evidente nel momento in cui mi ha lasciato nella merda e se ne è andato a farsi i cazzi suoi. E non è nemmeno una fottuta balia quella che voglio, Cristo non sono un bambino anche se adesso può sembrare solo questo. Ho la corruzione che non sembra attendere altro che me; la mia rabbia, il livello che raggiungo quando mi rompono troppo il cazzo ed allora contenermi non è fattibile. Mi rigiro le lame tra le mani, sto perdendo troppo sangue, lo so, per questo provo a contenerlo nell'attesa che fa fremere i polsi, come se volessi che fosse in grado di togliersi dal cazzo e lasciarmi andare avanti ad affondare ancora, ed ancora finché non saranno loro ad averla vinta. E no, non l'avranno mai. Non ho parole per quanto non capisca, per quanto tutto per lui sia logico oppure un cazzo di niente, ma c'è di più in questo mondo e, mi dispiace per te Slater ma ce l'hai davanti: non sono una macchina. Non sono un fottuto essere incapace di provare niente e lo vorrei, si. Si che lo vorrei perché tutto così maledettamente facile. Sarebbe facile guardare Edie spaventata a morte e non provare niente, o avventarmi su Chrys e non sentire un muscolo tendersi per proteggerlo, o guardare negli occhi Lilian ed avere una pietra al posto del cuore. Nemmeno Faust saprebbe essere così, anche se sento come voglia parlare con il suo fottuto maestro. Così come sento l'Aura di Slater e so che è che paura quella che scende lungo la spina dorsale. Me ne sbatto i coglioni, sinceramente. Stringo i denti e resto in silenzio, con un respiro che si affanna per la fatica e la rabbia, che mi tengo trai denti come se dovessi essere in grado sul serio di continuare per giorni. E che cazzo di domande sono poi, eh? Perché non lo chiedo a me che cazzo ho? Perché lo so! E' lui che dovrebbe capirlo, ma mi rendo conto che devo proprio entrare nei fottuti dettagli. Solo che quando cammina io resto fermo, sempre immobile perché mi arrivi alle spalle e sì che è una mossa del cazzo, perché lo sto calcolando adesso che potrei aver appena dimostrato di non essergli utile in queste condizioni. E lo sappiamo tutti molto bene cosa succede quando non sei più utile al tuo fottuto maestro oscuro. Non sono ancora pronto neanche a questo. Le lame si allungano, lo fanno senza che io chieda loro niente, prendendosi così ancora più sangue ma non ho il tempo di sentirmi stanco, non ho mai il tempo di fare un cazzo di niente a dirla tutta. Io sono scappato, non è una cosa che mi piace fare. E sono anche sul punto di spiegargli davvero l'ovvio finché non ci pensa lui ed allora lo sa che abbiamo lo stesso sguardo, solo che il suo è molto peggio del mio, cristo. "Vuoi portargli la mia testa?". Posso dire che questo è il momento in cui i denti li stringo ancora di più, perché se mai fossi stato in grado di farlo forse lo avrei già fatto ma le cose sarebbero andate diversamente fin dall'inizio. «No» ovviamente no, se avessi voluto tradirlo non mi sarei mosso da casa. «Abbiamo un accordo.» Adesso lo sento quanto Faust prema nelle vene e come la testa stia solamente per esplodermi. Ritiro le lame in uno schiocco che fa un male cane, ma non importa perché non c'è dolore che mi offuschi adesso. «Ma non è andata come credevi tu. Non è solo un cazzo di circolo di azioni che si conseguono.» Ringhio, ancora, perché gliela devo proprio far capire questa cosa. «Quello che hai ucciso era un fottuto capo di una loro piccola setta di stronzi e adesso lo vogliono vendicare, e questo coinvolge mia sorella e dopo direttamente me. Mi hanno chiesto di venderti, ma come vedi io sono qui e non lì.» E mi rode anche troppo, ma andiamo avanti. «Non si fermeranno, le manderanno la loro fottuta congrega contro anche se c'è Morgan, e continueranno finché non avranno me, perché vogliono arrivare a te e farlo attraverso tutto quelli che conosco.» La verità però è solo questa, quella che mi esce con un filo di voce che è biasimo verso di me. «Non sono pronto a questo»
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    Si muove tranquillo tra le sue mimesi, quelle che una alla volta si avventano su Joshua quando hanno la sfortuna d’incrociare il suo sguardo. Dovrebbe dirgli di respirare. Trattiene sempre il respiro quando perde il controllo, ma d’altronde presto o tardi finirà per stramazzare esausto e allora forse se ne ricorderà la volta successiva.
    Per adesso lascia che sia lui a parlare, più della sua voce i suoi movimenti e più dei suoi movimenti i suoi errori, quelli che ha imparato ad interpretare.
    “Non sei stato tu a confermare che sei il mio allievo?”, si ferma davanti ad un nalusa con le sue sembianze gli trafigge la schiena da parte a parte. Poi con tutta calma estrae la spada, la creatura si dissolve in una nuvola di fumo nero.
    Adesso Joshua è di nuovo davanti ai suoi occhi, ha ritratto le lame di sangue e lo osserva. Le creature restanti rimangono cautamente distanti, nascoste alla periferia del suo sguardo. In ogni caso non è su di loro che si concentra, ma sul ragazzo. In parte sperava di scoprire se fare i conti con le sue scelte da debole lo avrebbe spinto a tenere la bocca chiusa in futuro. Suppone che lo scoprirà se finirà per farsi uccidere.
    Rimise la lama nella custodia sotto la cappa, tralasciò le sue sciocche insinuazioni. Qualsiasi impatto avessero le sue decisioni sulla vita del ragazzo erano interessanti solo per gli effetti sul suo comportamento, il resto non aveva alcuna rilevanza.
    “Non faranno niente a Edie” ne era certo, anche solo per il cane da guardia che Morgan aveva messo accanto alla sua porta.
    “A te, d’altra parte…” l'avrebbero ucciso se fossero riusciti a mettere le mani su di lui. Era ancora fresco il ricordo del loro ultimo scontro, non erano da sottovalutare e il fatto che la minaccia fosse così consistente rendeva le cose piacevolmente complesse.
    “Sarà meglio che tu sparisca per un po’, se non vuoi che tua sorella si metta in mezzo per difenderti” soppesò quelle parole oscillando appena la testa, era piuttosto facile immaginarsela morta a quel punto Joshua l'avrebbe solamente seguita.
    “Penso che lei continui a vederti come una vittima”, la sua ipotesi è che creda sia balia degli eventi, Joshua le si sarà mostrato debole ed è ironico che l’unica cosa di cui si preoccupa lui invece, è che sia lei a diventare una vittima. Lo trova un circolo vizioso futile per entrambi.
    “D’altro canto Morgan è forte, influente, arrogante, sarà in grado di proteggerla dalla congrega di New Orleans, mentre inizio a credere che tu non sia altrettanto duro, Joshua”, si avvicina lentamente e ad ogni passo gli stivali affondano nella polvere.
    “Le avversità per i Crain sono al loro inizio e non saranno solo i miei piccoli incoraggiamenti a scatenarle. Intorno ai due fratelli si stanno addensando nuvole di tempesta e alla fine li renderanno più forti, più furbi, più audaci... sempre se non li uccideranno. Tu invece, continui ad annaspare nel rapporto con tua sorella e la cosa peggiore è che invece di rafforzarti ti rende debole, distratto e nervoso, ancora non hai preso in mano la tua vita e penso sia perché le tue emozioni hanno sempre la meglio, l’amore, l’odio, la rabbia” inutili suppellettili di una vita che scorre velocemente e lo lascia ad affondare in un oblio a cui invece di arrendersi si oppone per tenersi a galla e respirare la stessa aria di Edie. Non abbraccia il caos, non afferra quella sua capacità di alienare dagli affetti, come ha fatto per lui e come sempre farà per tutti i maghi neri.
    “Edie si è creata una famiglia, mentre tu hai deciso di far parte di un altro mondo, il mio mondo. Eppure fino ad ora hai finto che potesse non essere così, che potessi essere anche parte del suo. E hai fallito, è bastato un solo morto perché il tuo castello di sabbia crollasse”.
    Adesso è vicinissimo al ragazzo, lo guarda sotto il bordo del cappuccio calato fino a tagliare il suo sguardo. Si sorprende a scoprire che lo sta sfidando, lo incuriosisce l’idea di vedere la sua reazione, rabbia violenta, glaciale rigidità, qualsiasi cosa possa soddisfare la sua sfrenata curiosità, “fin ora dopotutto ho fallito anche io, nel darti l’unica cosa che mi hai chiesto. È la sola ragione per cui ti rispetterei se provassi ad uccidermi. Purtroppo le due circostanze sono inconciliabili con una conclusione felice per te e questo tu lo sai. Quindi ho intenzione di spezzarti, Joshua. Forse ricostruendoti d’accapo potrei riuscire a fare di te qualcosa di migliore di quello che sei adesso”.
    La linea sottile delle sue labbra si distende in una piega obliqua, “ovviamente sempre se questo non finirà per ucciderti”. Per come la vede Slater non ha alternativa che accettare, il grumo sofferente che si trova davanti agli occhi non merita di sopravvivere.
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    Ho visto la lama trapassare quell'ombra e per un attimo ho pensato che avrei potuto essere io, sarebbe stato facile per lui come bere un fottuto bicchiere di acqua. Perché lo so come ogni goccia di sangue che bagna il suolo, si porti via una parte delle mie forse: sono un fottuto masochista. E no, è anche la ragione per cui non saprei mettermi contro Slater. Lui può piegarmi, gli basta una simbolica mano del cazzo sulla spalla e saprei finire in ginocchio come un bambino. E so anche che è l'esatto motivo per cui sono ancora qui a farmi dare lezioni che non so se sarò mai in grado di seguire, il motivo per cui accetto che ci sia qualcuno che ancora mi dica cosa fare. Non è perché sto annegando nel mio stesso sangue o nel terrore di saperlo quanto sia madornale la cazzata che ho fatto quella volta, no... è perché lui è più forte di me e forse di qualunque Mago Nero, e lo so cosa devo fare in questi casi, lo so quando è Faust che preme nelle vene per mostrarsi come un fottuto scolaretto. E quindi è così che fermo il gocciolare del mio stesso sangue a formare pozze circolari, gli impongo semplicemente di smetterla, di restare dove deve e rimanere al mio comando. Adesso i miei respiri sono a pieni polmoni perché sono stanco, sono incazzato ed il mio stesso corpo è in balia della corruzione: tutto brucia, si infiamma. Io sono ricoperto di benzina, vado in giro così ed è un cazzo di problema quando poi chiunque può avere in mano una miccia e tanto saluti alla mia cazzo di calma, al mio zen, a quella fottuta meditazione e tutte le belle stronzate che ho imparato. Cristo. «Sì» Sì sono io il suo allievo. E nell'essere la mia copertura è anche un problema se va in giro ad ammazzare chi cazzo gli pare nella vita di Morgan, e poi non mi dice nulla. Ma proprio niente, e lascia che il caos prenda piede. E mi starebbe anche bene eh, ma non così, non se poi devo tirar fuori tutto di nuovo perché Edie è in pericolo. Mi dice che dovrei sparire per un po' e sapevo che doveva essere così, l'ho capito quando ho lasciato Edie che no, non sarei tornato tanto presto. Però mentre lo dice so solo raddrizzare lo sguardo, puntarlo avanti e spegnerlo così come soffoco la rabbia che mi farebbe stringere i denti perché sono stanco anche di questo. «Questo lo penserà sempre, lo fa da quando ho scelto questa via.» Risuona più fredda la mia voce, perché sì non sono certo andato da Edie a dirle che sto facendo fuori le persone che mi vengono indicate o che si mettono sulla mia strada, non avrebbe più senso niente se lei lo scoprisse. Ma so anche che la parola che sento e riverbera nella mia testa è "debole". Sono debole, ancora troppo e no, non posso perché li abbiamo visti tutti i fottuti film, sappiamo che fine fa l'apprendista se non rialza il culo quando serve. Non lo so come cazzo faccio a stare così fermo quando viene a dirmi in muso che non sono abbastanza forte, non quanto Morgan, ed allora è il punto chiave ed è come un premere ripetuto lungo una ferita che sanguina più di me, internamente. Credo che però ad affondarmi sia questa frase, quella che non mi lascerà mai per quanto sia vera. "Edie si è creata una famiglia, mentre tu hai deciso di far parte di un altro mondo, il mio mondo." Non so ancora alzarlo lo sguardo, lo lascio dritto anche quando Slater è ad un fottuto passo da me e può vederlo come io faccia fatica anche solo a non esplodere, non andare in mille pezzi per così poco. Eppure negli occhi ho il gelo, uno che mi pianta a terra con un fermezza marziale. Lo so che così non va, cazzo io sono qui esattamente perché così non va. Ho un brivido, uno solo quando dice che vuole spezzarmi ed allora cazzo fallo Slater, fammi a pezzi e vedi tu cosa riesci a ricavarne perché io non posso andare avanti così. Non posso non avere quello di cui ho un fottuto bisogno che tu dovrai darmi quindi sì, sì facciamo come vuoi tu e stavolta facciamolo bene. Credo sia per questo che ho già accettato che non rivedrò Edie, né Lilian, tanto presto. Ma è ad un bene più alto che penso, uno che non sia solo mio ma della mia famiglia, in qualunque punto del fottuto mondo sia divisa. Non devo dirlo che ho accettato, lo guardo e basta, penso sia palese che sì, deve spezzarmi.
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