Alive And Burning (part2)

Slater & Josh | 4 febbraio

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    Gli abissi ai profondi.
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    Slater
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    Il monastero è abbarbicato sul fianco roccioso di una gola profonda. S’inabissa nel ventre di un pianeta martoriato da soprusi che soffocano giorno dopo giorno un popolo schiavizzato. Il cuore caldo è un magna che ribolle costantemente e sfoga la pressione in fumarole che si aprono a decine e decine in quella stessa gola. Al punto che l’umidità rende quasi impossibile vedere più in là di quanto vada la tua mano. I discepoli di Tharizdun lì si nascondono invisibili nelle ombre che li liberano in una nuova prigione. Hanno trovato solo nella violenza la possibilità di ottenere la proprietà del loro stesso copro. Per loro il caos è l’anarchia di cui sono stati privati. Comprendono molto più di altri quanto la sofferenza sia l’unica via per il cambiamento. Per questo Slater ha scelto loro, gli accoliti di quello che chiamano Taarhas, perché insegnino a Joshua ad abbracciare ciò che continua a combattere.
    Slater entra nel monastero indisturbato, le porte si aprono al suo passaggio, si chiudono dietro di lui con un cigolio e un tonfo. Ogni sala nel cuore della roccia è immersa nel buio, ma lui non ha bisogno di alcuna luce per poter avanzare a passo fermo. Ridiscende fino alle profondità abissine in cui Joshua sta scoprendo se stesso e se l’ambiente buio in modo opprimente non è ancora riuscito a soffocarlo lo fa certamente il senso di ineluttabile sofferenza senza fine davanti a lui.
    I Taarhassiani si inchinano al passaggio di Slater, sono visibili solo per quelle luminescenze violacee sul loro corpo. Slater non si ferma a salutare nessuno di loro, né ad ascoltare le loro preghiere sommesse nella lingua che ha imparato a conoscere e che è certo persino Joshua ormai abbia afferrato. Non è articolata in parole vere e proprie, ma con la proiezione d’intenzioni, quasi emozioni, ma si guardano bene dal lasciarle sfuggire.
    Slater per loro è muto, come il caos. Non risponde, non parla, non cerca e non dice, non ha bisogno di farlo perché sono più capaci di chiunque altro di cogliere anche le più piccole intenzioni sul suo volto, nei suoi gesti. Questo è tutto. Per il resto del tempo il silenzio è imperante, ma non possiede quel senso di assenza, anzi pesa denso insieme all’umidità. Per le particolari doti di Joshua quel popolo non potrebbe essere più adatto. Spera che lui abbia saputo farne tesoro.
    Il risuonare dei passi precede Slater di qualche istante poi emerge dalle ombre davanti la stanza di Joshua. Alla porta non c’è alcun lucchetto, nessuna serratura, può uscire quando vuole, può scappare, o almeno provare. La sua sopravvivenza non importa a nessuno lì. Ed Edie è lontana.
    Slater abbassa lo sguardo su di lui.
    “Ti arrendi?”
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    27.
    Cazzo, il tempo passa eh? Per tutti credo no? Beh non per me. No perché qui non c'è proprio un fottuto niente che mi dica da quanto cazzo sono qui. Da quanto tutto questo è iniziato e, Cristo, a me sembrano anni. Di merda aggiungo, perché non lo so che posti conosca Slater ma ogni volta mi ritrovo così a raccogliere frammenti di un'esistenza che non esiste. Ma è perché io non esisto, forse non sono mai esistito. A volte mi chiedo se ho già smesso di respirare e semplicemente non me ne sono accorto. Può essere perché tutto qui è fottutamente possibile. Ma stringo i denti ok? Sputo sangue e faccio il cazzo che devo per uscirne, per risalire un pozzo che dopo mi rimanda giù in un abisso che sembra ogni volta più distante, come se la caduta si dilatasse, come se il mio cervello fosse diventato l'ennesima prigione da cui uscire. Lui non mi ha detto quando sarebbe tornato, immagino fosse parte del mio fottuto patto e sì, sì loro mi mancano giorno dopo giorno, anche se nel buio non vedo un cazzo e non so quando il tempo scorre e come. Potrei essere qui da anni e forse mi auguro siano solo andati tutti avanti senza di me, che non sono ancora il fottuto Conte di Montecristo. Quello era un bello stronzo, anni di prigioni e dopo è sbucato da un buco nel nulla con tutto quello che gli serviva per riprendersi la vita che gli era dovuta. Ma ad un cane del cazzo come me non è dovuto mai niente, quindi io non invento per magia lezioni per ragazzini, io mi faccio spezzare le ossa, la schiena e lacerare la pelle perché ci infilino ogni fottuta lama che hanno, anche quelle che tengono nascoste nella mente. Sono dei viscidi stronzi quelli che abitano questo pianeta, ed io la luce non so più che cazzo sia. Ma è ironico, dovrebbe esserlo, perché è così che mi rendo conto di cosa davvero ho fatto quando mi sono corrotto. Io mi illudevo che la mia vita sarebbe continuata normalmente, solo con una cosa in più da controllare. Che razza di stronzo. Me lo dico che rido e non è una di quelle risate che piacciono alla gente, la mia, non più. Tiro solo le labbra quando è amarezza che si infrange contro i passi che sento. Il bello di non vederci un cazzo, è che ancora prima che i tuoi occhi si abituano, impari a sentire tutto. Due passi, un uomo, non troppo pesante ed ha il mantello che nel silenzio si muove sollevano fruscii che mi arrivano. Lo fanno anche se la mia testa è appoggiata a questo muro umido, se il mio corpo è seminudo in questa profondità e le ferite che ho sto smettendo di contarle. Gocce che imperlano la mia fottuta pelle lacerata, ecco cosa c'è qui sotto, e più scivolo e peggio si mette per me. E no, non ho proprio bisogno che vada anche più male di così. Però Slater - è lui che si avvicina, lo so, lo sento - aveva ragione a portarmi qui. Lo sto capendo adesso, con calma, perché sono sempre quel fottuto cane che ha bisogno di continue bastonate prima di imparare il ritmo di una mano e poi, con i denti, spezzare il legno e le mie catene. Lo capisco che la mia vita è una recita del cazzo, io non riavrò indietro quello che avevo solo perché Edie non è più maledetta. Maledictus o meno, io sono un servo di Tharizdun adesso e questo significa che cambio io e non gli altri. E se non lo accetterò, morirò. L'ho visto come è stato semplice per loro scivolarmi nella testa, prendersi ogni cazzo di paura e farmela rivivere all'infinito, ed io sono fottutamente di marmo al punto che ci è voluto davvero, davvero troppo perché ci arrivassi. E sono stanco, lo sono anche se il sorriso del cazzo mi resta un secondo mentre Slater si avvicina al punto che si rivolge a me, e dopo muore come frammenti di Joshua sparsi al suolo, tra litri di sangue perso, sprecato per una debolezza che non dovrà più esistere. Mi arrendo? «No» Lo ringhio perché è faticoso anche dirlo, tirarmela fuori la voglia di non lasciare che per una volta sia io a dire "basta, non ne posso più". Non sarò meno di nessuno, mai più. Ho i muscoli distrutti, le ossa rigide ed ancora alcune ferite non si sono rimarginate, ma non me ne frega un cazzo, mi trascino per alzarmi quanto basta a mettermi in piedi anche se è difficile, anche se fa male. «No, mai» rimarco perché sia chiaro: io resisterò a questo. Anche se sono stanco.
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    Slater
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    La voce di Joshua risuona nel buio. È roca, mormorata tra i denti, grattata dalle labbra secche. Ha navigato attraverso quei giorni per arrivare fino a quel momento. Slater percepisce il peso di quello sforzo portato allo stremo. Si è assicurato che lì lo demolissero, pezzo dopo pezzo, per strappargli la voglia di opporsi. Doveva insinuarsi dentro di lui l’idea che il buio fosse tutto il suo mondo.
    Non ci sarebbe stato niente dentro, o fuori che l’avrebbe potuto trarre in salvo. Lontano dai suoi affetti. Lontano da chi alimentava la sua morsa di rabbia. Ogni cosa doveva essere spazzata via dal dolore.
    Allora nella sua mente sarebbe rimasta solo una quiete cieca.
    Forse avrebbe salvato Edie.
    Forse avrebbe smesso di curarsi delle azioni dei Crain.
    L’avrebbe potuto fare solo se dentro di lui non ci sarebbe stato più niente a cui le sue emozioni si sarebbero potute aggrappare.
    “Solo il dolore ti salverà, Joshua. Nemmeno io” ed è l’unica verità che vuole conosca, l’unica che s’imprima a fuoco nella sua mente.
    “Voglio che tu capisca che non devi fuggirlo, ma andargli incontro. A quel punto non ci sarà nessuno in grado di dominare la tua mente” fino ad allora invece, era stato in balia degli avvenimenti, in balia delle emozioni e degli altri. Era inconcepibile il fatto che non se ne rendesse conto.
    “Tu ora appartieni ad una dimensione diversa da quella degli altri”, l’alienazione lo terrà al di sopra della morale, al di sopra delle offese e della realtà in cui si agitano tutte quelle piccole persone, ossessionate da questioni fini a se stesse.
    Niente ha importanza nel caos, tutto è effimero, niente ha significato.
    E poi esiste Tharizdun, al di sopra anche di lui.
    “Nel buio io cerco Tharizdun. Agisco perché ogni cosa gli porti tutti i vantaggi. Tu chi cerchi?” si ferma accanto a Joshua, vicino abbastanza perché possa sentire i suoi sussurri.
    “Sei riuscito a capirlo? o ancora ti preoccupano le opinioni dei Crain su chi sei, cosa fai, chi hai ucciso? Ancora ti chiedi se Morgan ti metterà contro tua sorella? Pensi che ciò che ti lega a lei possa essere messo in discussione da Morgan, o che cambi se lei cambierà opinione su chi sei?”, mille pensieri, parole inutili, affanni senza alcun senso. Vuole che veda attraverso i suoi occhi quanto siano insignificanti rispetto alla promessa del dolore che lo attende domani e poi il giorno dopo ancora. In mezzo a tutto quanto poteva aggrapparsi ad una cosa sola ed era l’unica che poteva trovare spazio nella sua mente.
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    27.
    La prima cosa che impari è che il silenzio non esiste. Me lo sono inciso sulla pelle, l'ho fatto anche io come se le cicatrice che si accumulavano non fossero mai abbastanza. Il silenzio non esiste quando non puoi vedere cosa ti si muove attorno e non vuoi, cazzo no che non vuoi, che arrivi qualcosa o qualcuno alle spalle e non avere così il tempo di difenderti. Non vuoi che ti spezzino un ginocchio al contrario per vedere in quanto tempo saprebbe rigenerarsi. Non vuoi e basta, ed allora impari a sentire le voci del silenzio. Respiri, passi, fottute goccioline di umidità che scandiscono tempi incostanti. Questo impari come prima cosa, ancora prima di sapere di cosa morirai oggi, se di fame, di sete o se sarà la mente a cedere per prima. Cristo dovrei quasi ringraziare Slater per avermi fatto smettere di fumare. Così ogni sentito tutta l'umidità riempire i polmoni al posto del catrame, impedendo così un respiro che non fosse roco. Non lo so quanto cazzo di tempo ci ho messo a non avere solo un rantolo al posto della voce. Anche se adesso è così di nuovo, quando mi alzo perché non so ancora cosa voglia ma non intendo scoprirlo con il culo a terra ed i nervi sciolti, devono restare attivi così come la mia mente. Perché poi c'è la seconda cosa che impari qui sotto: che con te stesso ci devi vivere, con tutte le stronzate che hai fatto, anche ammettendo che lo sono state più di quanto vorresti, perché se l'unica persona con cui vivrai per sempre e non è un cazzo facile. Non lo è stato per me, ma se non lo fai, se non trovi un fottuto perno su cui puntare, impazzisci, esci dai confini e così diventi irrecuperabile. Io penso che Faust mi abbia impedito di perdere ogni cazzo di neurone rimasto. Adesso è in me quanto io sono in lui, adesso non c'è distinzione che non sia nella facciata che la gente dovrà vedere, ma questo solo se mai qualcuno mi guarderà ancora. La verità è che spero mi porti via, ma so anche che questo fottuta speranza sarà il motivo per cui rimarrò qui ancora. Dolore, una dimensione diversa dagli altri. Lo so, me ne rendo conto quando ne parla che perfino nel silenzio sono fottutamente d'accordo con lui. Io ho scelto la mia strada ed è con questa che farà i conto tutta la vita perché no, non posso più essere chi sono stato prima della corruzione, evolvo, cambio, divento quello che devo per sopravvivere e no, nemmeno solo questo: per vivere. Per essere chi voglio essere e non dover perdere proprio tutto, non nel senso in cui è la morte a portar via cose e persone. Ma nel vuoto, nel buio e ne dolore, io chi cazzo cerco? «Io cerco me.» Stringo questo trai denti la verità, che quando non c'è nessuno a cui appellarmi ci sono io e basta. Raddrizzo di più le spalle, respirare fa male allo sterno in un dolore che si estende a macchia, si ramifica arrampicandosi ungo le clavicole e comprimendo i polmoni. Inspiro gelo, umidità e il soffocante senso di oppressione che ancora provo quando Slater si avvicina troppo. Ma sento anche come sia il mio sangue a rispondere, a fremere nelle vene perché io gli consenta di uscire, di riprenderne il controllo ed usarlo secondo il mio solo volere. Guardo avanti anche se non vedo niente, è la risoluzione che mi sposta il volto anche se so bene da dove proviene adesso la sua voce. Non sarò impreparato Slater, mai più. «Ci sono solo io»
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    Slater cerca nel buio il profilo del corpo di Joshua. È lento e irrigidito dal dolore. È così che deve essere e così che lo vuole.
    Annuisce quando gli dice che il suo centro è lui.
    “D’accordo”, non importa se non è Tharizdun. Non importa nemmeno a Tharizdun probabilmente, non finché porterà il caos per spazzare via la distanza che c’è tra la sua dimensione e quella in cui opera Faust. Alla fine, quando sarà morto, diventerà parte di Tharizdun, che lui lo voglia o meno.
    “Sbaglierai ancora, tutto questo non ti sta rendendo più furbo, più forte, più veloce di quanto non fossi anche prima”, non era quello il punto, non lo era fin dall’inizio, anche se aveva fatto di tutto per indurire la sua pelle e accelerare i suoi movimenti. Voleva che fosse armonioso, ma questo per dargli una possibilità di sopravvivere quando sarebbe arrivato il suo momento.
    Se questo posto lo ha portato a scoprire che tutto ciò a cui vuole affidarsi è solo se stesso, che così sia. Adesso Slater vuole che questa verità sia abbastanza salda da non essere spazzata via fuori da lì.
    “Questo posto deve trasformare la tua mente in una fortezza imperturbabile. Non c’è ragione di opporsi al caos che c’è nel tuo mondo. Tutto ciò che sei adesso lo devi al caos. Più le cose si faranno confuse, più minacceranno di trascinarti in eventi fuori dal tuo controllo, più tu sarai calmo, vuoto. Come lo sei adesso. Il dolore ti riporterà sempre qui, lontano da chiunque, irraggiungibile”
    A questo punto Slater affonda una mano guantata nella tasca. Ne tira fuori una piccolissima boccetta. All’interno c’è un liquido viola, uminescente e denso. La solleva perché riesca a vederla.
    “Questo è un estratto dal sangue delle creature che si sono prese cura di te. Scommetto che ormai hai capito che sono entità empatiche, mi hanno parlato dei tuoi progressi. Pensano che io debba rilasciarti, ma io credo che tu semplicemente sia molto resistente. Voglio una prova del fatto che sei cambiato”, rigira la fialetta mentre parla. Poi tira fuori una corta siringa, la infila nel tappo e estrae tutto il suo contenuto.
    “Questa è una droga, ti farà sentire meglio di quanto tu ti sia mai sentito. Meglio di quanto tu possa immaginare di poterti sentire, e la cosa ti farà paura. Perché dopo che sarà passato l’effetto i nostri amici ti distruggeranno di nuovo, distruggeranno la speranza di un futuro fuori dal dolore. Allora sarà molto peggio di com’è adesso. Ma credo che la forza delle tue capacità di proiezione emotiva sarà superiore”, ha scoperto in anni di osservazione che la frustrazione e l’odio e la rabbia, sono sempre peggiori quando vengono da qualcuno che ha sfiorato la felicità. Questo è un metodo più artificiale, ma funzionerà. O almeno lo spera, in fondo non può averne la certezza. Se impazzirà potrà tornare utile comunque, se morirà rafforzerà Tharizdun. Non c'è caso in cui perda.
    Porge la siringa a Joshua.
    “La scelta è tua. Posso riportarti indietro anche adesso, basta che tu me lo chieda”
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4 replies since 14/3/2021, 19:11   109 views
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