U
na scheggia della luna che decade precipita a pochi metri da lui, davanti e poco sulla destra. La osserva schiantarsi al suolo ad una velocità che dovrebbe essere compresa tra i 11,2 e 72,8 km/s. Riscaldata dall’attrito, dalla pressione dinamica, brucia. Un piccolo meteorite che buca il terreno e scivola dentro l’abbraccio caldo di una terra che presto svanirà in briciole, per tornare a ciò che era all’inizio della sua formazione, un ammasso di polveri in attesa di trovare la loro creazionistica stabilità. Samuel sbuffa. Come punto finale di un monologo che sta in piedi solo per vanificare la bellezza di quello che ha creato per distruggere. Sbuffa e scosta lo sguardo dal ragazzo puntandolo verso un lato casuale in cui non guarda nulla, seppure gli occhi della sua mente lo facciano sempre, osservare e analizzare ogni dettaglio in sottofondo così che se mai possa servire, lui sarà sempre pronto. Torna a poggiare gli occhi su Ath senza però girare il volto, lo osservare in tralice con uno sguardo tagliato lateralmente. Si domanda che cosa persista nella mente di un ragazzo troppo cresciuto, cresciuto in modo aberrante, in questo momento. Si chiede se covi rabbia, o odio. Gli piacerebbe se lo rivolgesse proprio a lui e pensa, si chiede, se colpendolo in un punto più molle, in uno spazio più personale, possa riuscire così a scoprire una reazione più scomposta. È la curiosità di uno scienziato, la sua. Scientifica e giocosa, pregna della curiosità di chi sbaglia per trovare nuove risposte. Rilassa i lineamenti del suo volto nel porre a lui tutta la sua diretta attenzione,
«Puoi dirmi che cosa stai provando?». Non crede ad una sola parola di quelle che Ath ha appena pronunciato, ma non ha alcuna importanza.
«Ne sono tremendamente affascinato», sentenzia, immediatamente dopo.