Martyr

au.Josh & au.Chrys - Dimensione parallela | Parigi

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    27.
    "Hai una notte, Joshua. Sai cosa fare"

    Ho il passo pesante, voluto, perché deve sentirmi. Deve capire, cazzo, che questa non è una cosa che vorrei fare. Che mi sono opposto finché ho potuto e finché le sue azioni non sono diventate un problema. Uno grosso.
    Chrys delira da settimane, ormai, la sua corruzione lascia tracce nei cuori pure dei non maghi e getta ombre anche su quelli come noi. Ed è mio fratello. Per questo oggi ci sono io e non qualcun altro a caso della mia congrega, non Lilian - a cui ho imposto di restare a casa con Alice, promettendole che sarei tornato presto -, né un secondo alto sacerdote al mio fianco. Nessuno, solo io e quello che per anni è stato un fratello, un amico, un cazzo di elemento fondamentale della mia vita.
    Il respiro pesa quanto i passi, affranti, che trascino lungo i ciottoli dei sottopassi. Invisibile a chiunque mi cerchi, ma perfettamente chiaro per lui e la sua percezione. Vigile, questo lo sono sempre, mi trattengo per sfiorare crepe che si espandono sotto le catacombe. L'umidità si aggrappa alla pelle e tutto, cazzo tutto non fa che rendere il momento più pesante.
    La verità è che vorrei non doverlo fare, perché so come andrà a finire: male. Non voglio eliminare il mio miglior amico, però ha perso la ragione. Gli sto dando una possibilità, solo una, perché è l'ultima che posso concedergli. E prego Pelor che la accolga, che la capisca, che io abbia la forza e la capacità di fargli cambiare idea sulle sue stupide convinzioni e venire con me.
    Quando il medaglione vibra, so che siamo vicini. Può sentirmi, forse può anche vedermi e per questo non impugno nessuna arma, non indosso nessuna protezione. Apro le braccia, non ho davvero cattive intenzioni, e vorrei che bastasse a fargli abbandonare il Dio della distruzione per abbracciare l'unica via plausibile. E si, sarei al suo fianco come lo sono stato quando ha scelto la fazione sbagliata, ed ha giurato che avrebbe potuto controllarla. Non deve andare per forza così.
    Resto immobile. Che mi guardi, che lo veda quanto a fondo questo sappia farmi male. E lo fa, cazzo se lo fa, è come se avessi una lama costantemente puntata al petto. Ed allora penso a Lilian, ad Alice, al fatto che almeno loro saranno sempre con me, che devo proteggerle forse anche da Chrys. Farei tutto per tenerle al sicuro.
    Fermo i passi ed è silenzio nella Corte dei Miracoli. A loro non piace che io sia qui, ma non sono qui per loro, solo per lui. Le braccia sempre larghe e, poi, distese lungo i fianchi.
    «Mordin. So che ci sei» Chrys. Imperativo, anche se un cunicolo qui sotto può valere l'altro, perché questa è la Corte dei Miracoli ed ha sussurri per tutti.
    Lo sento, so che c'è, le tracce le seguo da settimane ma ora è la resa dei conti. Quando il suo nome è finito sul tavolo rotondo dell'Ordine ho capito che avevo solo una piccola, minuscola finestra temporale per convincerlo. Purificarsi è l'unica alternativa. E sì, lo farò io. «Sono qui solo per parlare» e vorrei fosse vero. «Mostrati»
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    Edited by nocturnæ - 4/8/2021, 09:16
     
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    26.
    Undici giorni, cinque ore, trentadue minuti, dodici secondi. Tic tac che si fondono perfettamente al rumore dei passi. Tacchi lucidi a battere contro i ciottoli lisci delle fogne. Tic, tac ed il tempo scorre troppo velocemente oltre ogni dito. Attraverso ogni mano. Tic, tac. La lingua scatta lungo l'angolo della bocca ed ogni movimento porta una ciocca ribelle dei capelli a scivolargli lungo il viso. Ansima, ma solo perché fa fatica a respirare qua sotto. Fa fatica, ma non esce alla luce del giorno a troppo tempo. Tic, tac, gli occhi si sono abituati al buio, alle luci fioche che interrompono la stasi in fasci leggeri, ma potenti quanto basta per schizzare lungo le superfici lisci ed illuminare in buona parte della caverna.
    Undici giorni di digiuno per il corpo filiforme che s'aggira tra oscurità ed oscurità. Le costole sporgono, si vedono persino contro la maglietta di cotone scura. Sono aculei che non fanno male: Non perforano la pelle pallida, bensì la mantengono in piedi, come un uomo morto, una stampella rivestita di pelle umana. Respira e nuvole leggere d'aria si spostano al suo passaggio. Il ticchettio degli stivali si ferma solo quando percepisce di non essere più solo con i suoi pensieri. Un rantolio nervoso si fa su per la sua gola. Le labbra si schiudono appena, screpolate, pallide di fame. Poi gli occhi schizzano, sono piccoli puntini smeraldini in un'oscurità che si imperla di giallo. Cercano Martyr nel buio nonostante la mente ed ogni altro senso l'abbiano già scovato e trascinato fuori dal suo nascondiglio. Sa perché è qui, d'altronde ha tentato di fuggirgli ogni singolo istante conscio che prima o poi questo momento sarebbe giunto. E non ha paura: Non sa provarla neppure per un istante: Perché a costringere la sua attenzione in quella precisa direzione non è l'amigdala che si attiva e manda impulsi al resto del corpo, bensì la corruzione che ribolle in vena come una pentola lasciata sul fuoco troppo a lungo. Sogghigna e lo fa solo prima di teletrasportarsi alle sue spalle. Veloce, silenzioso, come una sferzata di vento gelido che finisce per attraversare la galleria e posarsi proprio dietro il suo collo.
    ''Non c'è bisogno di parlare.'' L'omuncolo respira l'odore che emana: Sa di casa, di Lilian ed Alice e di quella morte che gli è già stata donata, scritta sulla pelle prima ancora che egli possa esser conscio dei suoi piani. Profuma di sua figlia, la bambina che il pastore ha puntato come bersaglio principale affinché lui cedesse. Ma così è troppo facile, si dice curvando la schiena, lasciando che la corruzione gliela spacchi e vi liberi la forza i cui ha bisogno per combatterlo.
    ''Le voci arrivano anche qua sotto.'' La lingua scatta di nuovo, la voce è solo un grido strozzato dai morsi di un pentimento che serve solo e soltanto a rendere la sua condizione ancor più forte, invincibile.
    ''Non mi piegherò alle tue proposte rivestite di premure.'' Gli risale la linea del collo semplicemente con lo sguardo, respirandovi sopra e sentendo i polsi tremargli dalla rabbia e dell'eccitazione. Sentimenti che cozzano decisamente tra di loro, ma che nella sua condizione psicologica ritrovano valore, divengono resistenti come tralicci lungo la roccia. Sono solo emozioni velenose.
    ''Tu, piuttosto, valuta la mia.'' Tira su un po' di saliva rimasta ad inumidirgli le labbra. ''Unisciti a noi. Per la tua bella. Per tua figlia.''
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    Una notte non è niente se comparata ad una vita. Una fatta di amicizia, di patti stretti nel silenzio e della fitta al petto che provo quando so, perché andiamo, lo so, come dovrà finire. Non voglio uccidere Chrys, voglio pensare che ci sia un modo per farlo tornare da me, da noi. Nella parte giusta di una battaglia che non è neutrale, né gentile. E' guerra che si arrampica fino a chiudersi nei cuori e tingerli di nero. Bianco, nero, è tutto fottutamente relativo, ed è per questo che so di dovermi ripetere che lui è impazzito; non è più la persona che conosco e lo sento per come la luce trema se si affaccia l'oscurità. Che prima non era così, non è mai stato così tra noi. E' la croce di chi tiene alle persone, chi le ama, che mi si pianta lungo la schiena, me la trascino dietro ovunque vado. Martyr
    La sua voce è un frammento spezzato, corrotto, inglobato dall'essenza di Tharizdun che ora pervade anche il minimo respiro affannato. Io trattengo i miei, che lo so ci sono cose che posso ancora concedergli. Arrivarmi alle spalle, ad esempio, anche se mi tendo, mi tengo pronto perché non sono tanto sciocco da non capire che per la peggiore delle ipotesi basta un soffio di vento, un alitarsi lungo il collo. Un brivido che è pura tristezza.
    Siamo soldati, ma non certo solo questo. «Serve, eccome.» Parlare, parlarsi, convincersi. «Ma lo so che non vuoi sentirmi» che non vuole sentire come la mia voce possa incrinare la sua, come quello che dico sia vero. Esiste - deve esistere - una parte di lui pronta a questo. Ed io è con Chrys che voglio parlare, seppur temo che Mordin lo abbia fatto suo per sempre. La speranza tiene attiva la candela della volontà con cui resto immobile, lascio solo ciondolare il collo di poco, che i muscoli devono saper scattare e non essere troppo tesi, rischiano di spezzarsi.
    Fanno sempre così, e se pensa che basti richiamare alla mente Lilian o Alice per usarle contro di me, commette un errore. Non uno grave, solo dettato dalla frenesia che gli intarsia le vene, che non lo fa ragionare, non fa capire che se qui ci sono io è perché non cedo a beceri trucchetti. Il mio cuore è sigillato, solido, non entra quando la questione è diversa. Anche se, beh, non siamo tutti invincibili. «Stai delirando.» Lo dichiaro nell'allontanarmi, uno scatto che polverizza l'immagine di me tanto vicina e mi riporta a qualche passo da lui, di fronte, cosicché io possa vedere come si è ridotto e, per questa ragione, stringere i denti in una smorfia di disappunto. «Guardati, ti sta uccidendo.»
    Trattengo le mani molle lungo i fianchi, ma sono pronto, anche se non vorrei. Vorrei ci fosse un modo per parlargli anche quando nei miei occhi si stagliano giudizi continui. E quella fottuta sofferenza che mi trascina il cuore in basso, ai piedi, pronto a farsi calpestare.
    «Sei in tempo, lascia che sia io, ti prego. Farà male, ma non morirai, e non morirò» lo prometto con la forza che ho di imporlo quasi come un ultimatum, «.. non costringermi ad un addio.» Ad ucciderti
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    26.
    Gli occhi iniettati d'ombra scattano velocemente sulla sua figura. Ne ridisegnano i contorni come se non la conoscessero affatto quando, in realtà non è così. La ricalcano, come farebbero se fossero lingua a risalire la carotide in una scia lenta. Cercano di plasmarla con la semplice volontà del pensiero, che costringe poi la testa a dolergli, a pulsargli in più punti come se colpita da numerosi spilli. Lascia scattare lo sguardo, poi di nuovo la lingua e così il corpo lontano da lui. Per proteggersi fisicamente dai suoi colpi, anche se poi sono le parole quelle che finiscono per fargli più male e ridisegnare così tagli lungo le arterie. Autostrade di corruzione che ribolle e che monta impettita. Sicura di non poter essere sottomessa, piegata o anche solo rimodellata.
    La rabbia si agita. Smuove sentimenti sopiti da tanto, troppo tempo. Dando persino voce a quell'ansia che sa creare buchi in petto. Voragini incolmabili di nulla cosmico. Od un tutto straziante, capace di dilaniare anche le menti più forti, più stabili.
    ''In tempo per cosa, per morire? Morire come accadrà a Lilian e ad Alice se non mi darai retta?'' Ha un brivido solo a pronunciarlo. D'altronde lui è padrino di quella bambina: Le ha regalato la sua prima batteria prima ancora che suo padre sapesse cos'è che sa celare lungo le vene, oltre il sangue che non è più suo così come l'anima ormai venduta, strappata via come vengono strappati i petali di un fiore.
    ''Non farmi arrabbiare.'' La testa scatta, la voce si fa più profonda, quasi gutturale così come scuro diviene il suo sguardo. Il verde smeraldino dei suoi occhi oggi non vibra: Le due orbite sono solo pozze nere prive di qualsivoglia emozione.
    ''Non ho voglia di trattarti male, Josh.'' Perché ha sempre una premura per lui. Anche se una sola, anche se non è del tutto così che dovrebbero andare le cose. ''Lo sto facendo per te, non capisco perché non ci arrivi.'' Per noi. Si dice umettandosi le labbra, mantenendo una distanza consona, atta a prevedere ogni sua mossa seppur i sensi facciano già il loro sporco lavoro. Lo conosce, lo conosce così bene da prevederlo, anticiparlo e a volte, da replicare le sue medesime mosse. Sguaina una lama a scatto, ma lo fa solo per passarsi la punta sotto le unghie lunghe e tirar via lo sporco. Si punzecchia la pelle nel farlo, ma comunque non sente dolore. ''Non devi aver paura di Lui. Sa essere gentile, quasi magnanimo. '' Sospira, lo fa portando le braccia dietro alla schiena per sorreggere il peso della colonna vertebrale. Per dilatare meglio i polmoni. ''Fa forse paura...stupore.'' Si teletrasporta di nuovo alle sue spalle e lo fa per colpirgli la giuntura delle ginocchia. Per farlo cadere a terra e lasciar zampillare il suo sangue. ''Sarà delicato, te l'ho promesso, sempre.''
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    Ho visto compagni morire, trafitti in un momento di debolezza. La corruzione è subdola, meschina, avvelena il sangue e per un po' sa convincerti che puoi farcela. Che sei forte, sei potente e così la alimenti. L'ho visto in Chrys, quando del mio amico, di mio fratello, non è rimasto altro che Mordin, la sua ombra.
    Famelica, poi, la corruzione si sposta. Intacca, come un cancro, gli organi interni. Uno ad uno, ma è così infame che li convince che stanno bene, che funzionano ancora. Il blocco sistemico, però, è dietro l'angolo. Ora so leggerlo nel farneticare colto che mi apre la strada verso i suoi occhi. Scuri, hanno perso colore.
    Non vorrei fosse tardi, ma cazzo se lo è. Ed è solo colpa mia. Gli ho dato il beneficio del dubbio, gli ho dato corda, ho creduto che - tra tutti - lui meritasse di farcela, di governarla e di portare il grigio laddove esiste solo bianco e nero.
    Ma sono uno sciocco sentimentale, non so impedirmelo. Martyr è un combattente trai migliori, seppur il mio ego non sappia beneficiarne. Ma davanti a lui mi piego. Mi piego anche alla speranza che si fermi, che lo capisca che io per primo non voglio fargli del male.
    «Hai detto che ti sapevi controllare» devo dirlo, devo stimolare qualcosa in lui, qualunque cosa gli faccia capire che esiste un controllo. Un ultimo sforzo e poi accetterà di farsi purificare da me. Nessun altro dovrà e potrà farlo. Perché il suo potere lo sento, mi spaventa ad ondate che alternano coraggio e timore. E per qualcuno così forte, serve una controparte che sappia reggere il colpo e non morire. Sono io, solo io.
    «Credi di farlo per me, ma non è così.» Josh. E forse è vero che fin dall'inizio, qui sotto, sono stato Josh e non chi dovrei. E più lo dice, più so che devo tendermi sulla schiena, allungare le corde, spezzare l'oscurità. Brilla negli occhi la voglia che ho di implorarlo adesso di smetterla, di ritrovare il senno.
    Forse l'ha perso per sempre.
    Forse l'ho perso per sempre.
    Tharizdun non è magnanimo, o gentile o delicato. Non lo è Pelor nel suo invadere ogni spazio di luce profonda, non può esserlo un Dio che corrompe e logora. «Sei un pasto per lui, nie-» Mi taglia il fiato. Mi piego, stringo i denti ed appoggio a terra una mano, che dalla terra prenda forza. Cazzo è tardi. Ha già fatto un passo che non avrebbe dovuto compiere. E' tardi per salvarlo. No, non può essere tardi, non può. Mi impunto per rialzarmi. E con questo dalla terra raccolgo la la luce in una lama che rapidamente gli illumina la gola.
    Stringo i denti, gli voglio bene cazzo, è sempre stato così, maledizione. «Non farmelo fare tu. Posso aiutarti»
    Un tempo si fidava di me, rivoglio quel tempo, non voglio tagliargli la gola, tanto che per come lo illumino vedo solo ombre, continue, ripetute, soffocanti. «Chrys, ti prego»
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    26.
    ''Non dobbiamo lasciarci andare per forza, lo capisci?'' La voce roca si spezza in un colpo di tosse che lo vede curvare le spalle. Le labbra si inumidiscono del sangue che sale su dai polmoni. Che forse si genera nello sfregare dell'aria contro la trachea. Come se avesse una forte influenza lasciata incurata. Come se non avesse avuto modo di ripararsi dal freddo ed il catarro gli si fosse incastrato in blocchi umidi lungo il torace. Non sente un cazzo oltre alla propria voce rimbombargli nelle orecchie come se a tratti fosse qualcun altro a parlare al suo posto. Perché in quelle parole finisce per non riconoscere i motivi che davvero gli sono stati impartiti da chi gli è superiore, bensì quella pietà piena d'amore che nell'essere pronunciata si sforma, diviene un dono terribile di cui graziare Joshua. E lui l'amore che conosce l'amico non sa provarlo: Non riconosce in sé stesso quelle gesta che un tempo hanno mosso persino Lilian in sua direzione. Non ha mai saputo ricambiarle e questo lo ha reso ciò che è ora: Lo spettro di un uomo che non è mai riuscito a formarsi completamente. Che prima di essere adulto è ancora un ragazzino che ha trovato nelle Arti Oscure una casa entro la quale rifugiarsi dal temporale. Perché Pelor non ha mai saputo placare il suo animo. Non è mai riuscito a donargli quelle risposte di cui lui aveva disperatamente bisogno. Così aveva accettato di consumarsi in virtù di un potere che potesse rivelarsi più forte. Più cruento. A discapito poi dell'unica cosa che era riuscita a farlo star bene tra tutta quella merda che si era ritrovato ad ingoiare in passato. Tossisce di nuovo, come a voler sputare via ogni rospo. Una falena gli si libera dalle labbra, spargendosi nell'oscurità in cui è riversa la caverna. Sì libera nell'aria rarefatta e stride, come un bambino a cui viene strappato via ogni arto a mani nude.
    ''Smettila!'' Lascia andare un grugnito che vede i denti stridere l'uno contro l'altro. In richiamo alla falena, che canta e danza con la sua carcassa putrefacente. Tenuta in piedi grazie a l'unica forza di volontà che ancora mantiene tutto il resto della sua persona lì: L'idea di poter portare Joshua dalla sua parte com'è giusto che sia. Affinché ci sia la fine di una guerra come quella e il potere di Tharizdun faccia da collante. Che Mordin vuole avere Martyr con sé. Lo vuole così tanto da non riuscire a capacitarsi del motivo per il quale, diversamente, non vi sia un ricambio del genere.
    ''Non c'è niente che tu possa o debba fare per me.'' Questo è l'ultimo sibilo che lo vede dividersi in una moltitudine di Acherontia Atropos che prendono ad attaccare Joshua, lo fanno ignorando la lama che può colpirle e che nel farlo le lascia stridere straziantemente. Lo stesso Mordin soffre di quell'attacco, che usa solo per liberarsi dalla sua presa e al col tempo colpirlo: Sfrecciargli addosso come fosse fatto di tante schegge di vetro.
    ''Ghlasadh...'' Sibila tremante, mentre ritorna completamente alla sua forma umana e sfrutta la luce emessa dalla lama di Joshua per agganciarsi all'ombra che si estende ai suoi piedi.
    ''Ti amo, lo sai?'' Sussurra così piano da sperare di essere impercettibile per un istante. Testa l'aggancio alla sua ombra muovendo quella che per lui è la mano libera dalla lama. Se la passa sul viso come una carezza, affinché Josh possa accarezzarsi a sua volta. Una lacrima gli riga il volto scavato. Ma è fredda: niente sa riscaldarlo. ''Ed amo tua figlia, con tutto me stesso.'' Forse sta singhiozzando, ma non si capisce questo. ''Ma lui questo non lo vuole.'' Allora alza velocemente la mano corrispondente a quella con cui Josh stringe la lama di luce e fa per tagliarsi la gola.
    -------------
    Nome: Ombra Riflessa
    Voto: 24
    Lezione: I Lezione III Anno
    Tipologia: Ombra - Prigionia
    Descrizione: Il Mago Nero si allaccia all'ombra dell'avversario. Il bersaglio sarà imprigionato e costretto ad eseguire ogni gesto del Mago Nero come se fosse una sua immagine allo specchio.
    Dura 1 turno.
    Forumula: Ghlasadh
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    Forse in cuor mio sapevo che uno dei due non sarebbe uscito vivo da qui. E non posso pensare di lasciare Lilian ed Alice da sole. Contano su di me, ed io, cazzo io conto su di loro come sulla mia vita.
    Eppure quando la determinazione di Mordin si fa solida, e gliela vedo brillare davanti agli occhi, so anche come prendere fiato sia impossibile. E mi ritrovo a pensare che loro due sono forti, sono brave. Alice è un osso duro già adesso. Lei è brillante, viva, combattiva. Forse più sanguigna di me. Darà del filo da torcere a Ly. E Ly, cazzo, perché sorrido? Forse perché lo so che adesso mi odierebbe, mi imporrebbe di rimettermi in piedi e di essere io a spingere la prima lama contro il petto di Chrys. Ce l'ho pronta, perché ho usato tutte le forze che avevo per richiamarla «Sì, lo so.. » che mi ha sempre amato. Mi esce strozzato come me che so quanto l'ombra sia sua adesso. So che può essere una vendetta facile, quella perché non ho saputo amarlo come voleva. Io, cazzo, l'ho sempre amato a modo mio, come un fratello a cui ho dato il beneficio del dubbio fino alla fine. E non riesco ad ucciderlo. Se non è amore questo, o qualcosa di simile, allora non ho capito un cazzo, e neanche lui.
    Lo sto lasciando fare, si. Forse è questo, forse uccidendomi capirà di essersi spinto troppo avanti. Allora sarà la profezia di Arya a prendere vita davvero, come l'unica alternativa per un futuro che sia roseo per i miei cari, tutti, lui compreso. Allora a questo mi aggrappo, mi rialzo, mi appoggio a questa mano che è la mia seppur sia sua. Lascio cadere a terra la lama con cui avrei potuto ucciderlo, l'altra il cui polso è stato ferito dalle falene. Alcune di loro sono a terra, stridono ancora. «Chrys» Alzo gli occhi su di lui, respiro, sento la lama premere lungo la gola e così parlare sarà difficile, molto. Se non fosse che non voglio morire, non voglio lasciarle da sole in un mondo che fa paura a tutti. Forse a Martyr meno che ad altri, ma perché io ci combatto da una vita e so, cazzo, so che la paura non va alimentata mai. Però ora ne ho. Ne ho perché lo vedo come a fondo Tharizdun gli è entrato dentro, come sia vicino al diventare egli stesso un'Aberrazione tra quelle che controlla, ed essere allora cibo per un Negromante migliore. Ora non devo combattere con le armi, non devo pregarlo di non fare di Lilian una vedova o di Alice un'orfana di padre.
    Sono attimi in cui non respiro più. «Non seguire lui. Ritrovati.. ti prego.. adesso o ma-.. mai... » la lama passa, incide e chiudo gli occhi che una lacrima è anche mia, che lo so quale modo orribile sia di andarsene. «Non farlo vedere ad Alice..» il mio corpo, che perde forze. La mia vita è appesa alla mano che gli stringo sulla spalla.
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    26.
    La lama recide la gola e lo fa scivolando pesantemente contro la pelle. Pezzo dopo pezzo, tirandosela via come fosse un lembo troppo nervoso. Gli occhi di Mordin rimangono fissi in quelli di Joshua mentre le dita fanno pressione, tanto che graffiano persino la sua di pelle, portandosi via gocce di sangue ad incastrarsi nelle unghie lunghe e già sporche di terra ed infusi magici. Lo osserva in silenzio, mentre di quelle parole capisce di non sapere cosa farsene. Che non ha niente da aggiungere il mago nero, nemmeno quando Joshua rivela di conoscere l'amore che lui aveva covato e nutrito nei suoi confronti. Sarebbe di ghiaccio, se non fosse che il corpo gli trema al punto da portarlo a recidere l'epidermide in un taglio che no è chirurgico. Non è preciso, ma porta con sé la titubanza di una scelta che s'è fatta macigno sino a quel momento. Un tumore che continua a crescere nella lacrima che anche per lui, finisce per scivolargli dal dotto lacrimale sino all'angolo delle labbra. Tira fuori la lingua per leccarla via, per pulirsi prima che Joshua, in fin di vita e quasi morente, possa accorgersi in qualche modo che, dietro a quella maschera, si nasconde ancora qualcosa di umano. Un amico da perdonare qualora lo sgarbo fosse meno doloroso di questo. A Mordin non interessa di Lilian in questo momento e forse nemmeno di Alice, della bambina che per anni ha stretto a sé nella consapevolezza di muoversi nel giusto proprio perché ogni passo, ogni singolo passo, profumava dell'idea di poterla proteggere. Da quella guerra continua, da quel potere che ora fatica a ritirare e che continua a riversa su Joshua come fosse un vomitatoio ancora in grado di respirare e per questo controbattere. Ma non risponde più: Non ci sono ulteriori cenni nel corpo di Martyr a decretare cenni di conoscenza. Il corpo è caduto a terra prima sulle ginocchia, poi sul fianco. E lo ha fatto contorcendosi appena, nel medesimo modo in cui si è contorto Mordin. Tenendosi poi i fianchi come a proteggersi dal dolore. Spalancando la bocca, ma senza cacciare alcun suono. Le falene stridono attorno a lui. Si staccano dalle pareti come fossero piccoli pipistrelli e corrono ai piedi di Joshua. Verso il suo sangue: L'ultimo barlume di luce prima della disperazione.
    E passano i secondi. Torna di nuovo il silenzio, quello che fa male e che viene intervallato da respiri pesanti, carichi di pianto.
    ''Josh...'' Il suo nome gli muore in gola, graffia lungo le corde vocali come se avesse ingoiato vetro e lì si incastra. ''Josh...'' E sembra chiamarlo come se volesse risvegliarlo da quel sonno cremisi. Che ora gli macchia le mani, che nell'afferrarlo e portarselo al petto finisce per non bloccare il sangue. Almeno non zampilla più. Sembra solo succo di more a scivolare copioso lungo i suoi polsi.
    Mordin lo guarda come fosse la cosa più bella. Ed effettivamente lo è: Per i suoi occhi lo è sempre stata. Lo guarda, lo studia, passa lo sguardo oltre il taglio che si fa largo sul collo e seppur sappia di dover contattare Roland, non lo fa. Inerme, debole, si lascia scivolare con la spalla al suo fianco. Un'altra lacrima scende gonfia lungo il setto nasale. Gli fa prudere la faccia.
    ''Shhh.'' Gira il cadavere, fa si che la sua schiena combaci perfettamente con il suo petto. ''Shhh.'' Sta piangendo. ''The killer in me...'' Canticchia mischiando la voce al catarro ''...is the killer in you.''
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