Fire In My Mind

Caleb & Grace | 12 novembre 2021, Pelham Bay and Split Rock Golf Courses

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    Gray ricorda le prime volte di ognuno di loro. Di Caleb ricorda il tetto, del concerto a Central Park che è finito nelle lacrime e gli applausi di chi Joshua Çevik lo seguiva dai tempi dei Morgana. Ricorda di essersi fatto una sveltina dietro la bancarella degli hot dog mentre fuori rimbombava ''Disarm'' e che con quei venti dollari poi ci aveva comprato un peluche per Jonah ed un pacchetto di sigarette. Quella era stata una bella sera. Forse perché Maurice era stato delicato con lui e gli aveva detto con tono che quasi serviva a pulire l'impurità delle sue gesta, che con quei venti dollari avrebbe potuto comprarcisi un gelato. In una carezza poi, che aveva fatto arretrare Gray ma comunque sorridere.
    Con Caleb invece aveva gonfiato i prezzi. Avendolo visto lì sul palco si era detto che, essendo famoso, avrebbe potuto estorcere da lui qualche centesimo in più. Perché quando le richieste si fanno così dirette significa allora che dell'interesse nei suoi confronti c'è a prescindere dal vasto mercato in cui si è inserito a gamba testa e col rischio di venir malmenato per la supremazia di una cazzo di piazzola di sosta.
    Però era carino ed il fatto che poi l'avesse fatto sorridere così tanto da indolenzirgli le guance, aveva portato Gray ad apporre qualche taglio sui prezzi.
    Da lì non ci sono state più così tante prime volte: Caleb è stato sin da subito uno di quei clienti particolari che un po' vengono mossi dal romanticismo. Perché anche le scopate nei vicoli comunque avevano quel retrogusto particolare: Lui dava sempre l'impressione di tenerci in un qualche modo, che poi forse era lo stesso modo che intendeva Gray quando, tornando a casa, comunque continuava a sentire i suoi clienti anche gratuitamente.
    Da lì ha perso il conto delle volte che lo ha visto, che ha respirato il suo odore semplice ed ha riso, nel sentirsi dire che sì, forse lui crede davvero di essere il suo cliente preferito. Ma lui non ne ha davvero di preferiti: A modo loro, quei disadattati che hanno bisogno delle sue attenzioni, sanno farsi voler bene come fossero dei piccoli infanti da accudire.
    Così ha scarpinato per il parco mosso dai cinquanta dollari che questa volta sicuramente gli chiederà e si è fermato, solo quando dinanzi a sé, dopo aver alzato gli occhi dalla posizione che gli ha mandato, si è ritrovato dinanzi ad una roulotte.
    E a lui le roulotte piacciono: Gli ricordano casa propria, Papà e tutte quelle persone che per lui sono state sorelle e fratelli. Allora sorride e lo fa fermandosi quando, pronto per salire le scale e bussare, alza lo sguardo verso il tetto.
    ''Cameron.'' Lo sa che si chiama Caleb, eppure le prime volte ha davvero sbagliato il suo nome. Lo saluta con un sorriso ed un gesto della mano che si sposta dalla fronte in sua direzione, a mo' di saluto militare. ''Anche tu credi nell'abbronzatura lunare?'' Alle ventuno già si vede uno spicchio di luna e tutte le stelle. La cosa bella di questa ubicazione poi, è proprio quella di poter alzare gli occhi e dimenticarsi di vivere in una città dove ''inquinamento luminoso'' è il suo sinonimo. Gray alza il viso verso lo stesso cielo che stava guardando lui. ''Oh, oggi si vede bene Sirio!'' E gliela indica. In Kentucky era molto più facile riconoscere le stelle. ''Li hai tirati fuori i Gormiti?'' E sorride ancora, più forte, ma senza voltarsi dalla sua parte.
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    Si può dire, in gergo, che Caleb si sia "perso via", per un tempo sufficiente a vedere il tramonto del sole ed il sorgere di uno spicchio di luna modestissimo. E' solo che mi stavo rilassando. A detta sua è stata colpa di quel moto che, dopo un accordo normalissimo con una prostituta qualunque, l'ha spinto ad arrampicarsi sul tetto del caravan. Ha sorriso al nulla sopra i suoi occhi, quello su cui davvero può fissarsi fino a perdere la cognizione del tempo. Un po' come ragazzino. Io non sono un ragazzino. Quasi inutili i crampi allo stomaco che sottolineano una fame cronica, un po' come quella che lo costringe ad uscire alcune notti per procurarsi una decente scorta di carne essiccata. Sempre molto piccante, sì. Perché la carne umana fa schifo al cazzo, ecco perché.
    Gray, comunque. Stava pensando a Gray, o ripensando al fatto che dovrebbe smetterla di dargli quella corsia preferenziale sulle altre prostitute che frequenta. Anche se non ne frequenta più nessuna. Lo ricorda il momento in cui ha capito che avrebbe dovuto pagare e che poi si è ritrovato con venti dollari scarsi in tasca ed in volto un sorriso che sperava bastasse a compensare l'ammanco. Ha sorriso ancora da allora, probabilmente sempre, tanto da svuotarsi le tasche per accumulare più soldi possibile, magari anche saltare qualche pasto, ma solo fino a che Çevik non l'ha pagato. Ricorda le sveltine, nei vicoli, o il modo in cui gli aveva preso il braccio - la settimana scorsa - per trascinarlo oltre il bancone di un bar, forse anche lontano da un cliente successivo, per chiudersi nei bagni insieme. Si era sentito così vivo che la sua vita per una volta gli aveva fatto meno schifo. Libero, finalmente libero. E poi è bravo, cazzo se è bravo...
    Ciliegina sulla torta, la scoperta che oltre a baciare bene, Gray è anche.. Grace. Si è mosso in quello un trigger latente di Caleb, una morsa allo stomaco che ogni settimana gli fa tenere da parte almeno cento dollari. Mi costa più dell'avere sul serio un ragazzo, detto e pensato da uno che in genere è sempre stato abituato a vivere prestandosi allo stesso modo, piegandosi a qualche bel musicista fino a farsi pagare la cena o un alloggio.
    Si sarà pur perso via, ma sente la voce di Gray forte e chiara quando ancora una gamba ed un braccio penzolano nel vuoto. Alza proprio quella mano, la sinistra, agitandola con calma in aria, come a dire che: "Quasi, Gustav, c'eri quasi.." digrigna i denti in un mezzo sorriso che scalda un punto preciso del petto. Stronzate. Si rigira come un gatto, lento, appoggiando i gomiti al soffitto e sopra di loro la testa. Sempre con quei denti candidi in bella, bellissima, mostra. "La prossima volta, prova con qualcosa di più corto" che il tono è quello stesso dello scherzo, della burla, di un modo come un altro per sorridere ancora, e per ridere un po'. Gli piace che si sforzi di dimenticare una cosa che difficilmente si dimentica.
    "Ora non dirmi che non avrei una carriera come guerriera Sailor." Allude - spezzando la parola come i fiati nei movimenti - alla luna, a Sirio, ai punto che Gray osserva ma che calamitano ancora poco la sua attenzione, tanto che poi fa forza sulle braccia e salta già, parandoglisi davanti. Sfrutta bene quei dieci centimetri che lo separano in altezza, per inclinare la testa e mantenere un ghigno scaltro che solleva un sopracciglio con sufficienza.
    "E non ti ho ancora parlato delle mie carte da collezione, tarocchi di un gypsy-" allarga un braccio, teatrale, ad indicare l'ingresso bardato e intarsiato "- e delle sue incredibili superstizioni". Ancora, mezzo passo per costringere Gray a farsi indietro, ma solo per un inchino a braccio chiuso in petto. "Benvenuto, chez moi" . E no, non ha mai smesso di sorridere.
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    Alla fine a guardare le stelle Gray ci si è perso davvero un po'. Quella è stato probabilmente uno dei primi svaghi che gli è stato concesso da ragazzino, quando ancora appassionato di letture, ha spiegato un intero atlante stellare a Mckanzie. Poi l'interesse si è affievolito nel tempo, andando di pari passo con il ciclo di una stella che, sa brillare, solo quando muore. E Grace sa brillare più ora di quanto ci sia riuscita prima: Ora che è quel Gray che sa tirar su sorrisi compiaciuti quando il borderline viene scoperto. Ora che vive quei pochi attimi che gli restano come fossero quanto di più prezioso al mondo.
    Perché preziosi sono anche loro. Lo è persino Caleb adesso, che penzola su di una nave che s'affaccia al cielo. Ed è stella anche lui, fragile, triste, perché di quel bagliore è solo la scia che ne resta.
    Sa vivere solo negli occhi di Gray, che li strabuzza nel ritrovarselo davanti e li assottiglia, di pari passo al sorriso, quando incrociando gli occhi ai suoi, vibra per un istante. ''Gustav è un nome di merda.'' Sentenzia. Ed è vero: Quel nome sa ricordargli un vecchio tedesco che deve aver combattuto la Seconda Guerra Mondiale al fianco di Hitler. Qualcuno di cui vergognarsi, insomma. Poi recupera punti e lo fa citando Sailor Moon. Così Gray lo guarda, gli passa le mani tra i capelli tirando su due ciocche da piegare su loro stesse e gli dice che ''Sì, assomigli proprio a Bunny'', la protagonista., che è bionda e slanciata proprio come lui. ''Quindi mi stai dicendo che sono qui per farmi leggere il futuro con le carte?'' Inarca un sopracciglio, ridendo. ''Conosco una persona...'' E parla di Maddy, la tipa con l'irsutismo che legge il futuro nei tarocchi. ''Che ha già provato a leggermelo ma...niente, ci ha visto solo lo schifo. '' E non ha paura a parlare del Maledictus solo che, beh, con alcuni cerca di non dover mai toccare davvero il punto. Meno sanno e meglio è per tutti, no? Poi fa un inchino di quelli mezzi formali, che profumano sempre un po' di ringraziamenti, quelli che si fanno alla fine di ogni spettacolo. ''Oh ma lei è gentilissimo, frequentato un corso di galateo negli ultimi giorni?'' Lo sfotte, zompettando fino alle scale che danno alla roulotte per così provare ad aprire la porta. ''...Non ho sbagliato casa, vero?'' Non ci sono altre roulotte nei paraggi, solo e soltanto una tristissima distesa verde, che prende colore solo grazie a questo gioiellino posto nel bel mezzo della natura. Dev'essere occultata in un qualche modo, altrimenti Caleb sarebbe già sommerso di multe. ''Anche se effettivamente, se dovessi uccidere qualcuno, lo farei in una casa che non è la mia. Sia mai faccia fatica a cancellare ogni mia traccia.'' Sorride restando con la mano sulla maniglia: Non si apre.
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    Conciliare l'essere un cannibale da sempre, l'avere una gemella completamente spostata e così anche una famiglia fritta tra un rituale e l'altro, beh non è semplice. Ah, no eh? Tuttavia Caleb è abbastanza giovane da aver capito che della felicità bisogna farsene tantissimo, e subito, che ha la tendenza - fastidiosa - di svanire in fretta. Ma tanto la sua non lo è mai fino in fondo, che dietro ad occhi così scuri c'è sempre un'ombra che si aggira mentre altre risate si alzano lente. "Hai ragione, Caleb è un nome migliore" Lo soffia riportando le braccia ai fianchi.
    Lo sottolinea con quel modo che ha di sorridere se è convinto di aver trovato una contro battuta decente, lui che ha il sarcasmo sulla punta della lingua, oltre che un paio di piercing niente male. A volte, quando parla, a causa loro sposta le labbra in modo diverso, come se masticasse qualcosa, come se i denti dovessero ripararsi dal ferro in arrivo costantemente. Il dentista non è propriamente un fan, ma c'è poco da fare.
    "Certo, non la volevi una serata così? Cazzo ho sbagliato tutto..." a leggere i tarocchi e pagarlo perfino perché se lo lasci fare. Com'è che non ci ho pensato prima? Sa fingersi serio, anche se per poco, pochissimo, che non sa farlo sparire il sorriso che spezza l'incantesimo. Si ferma ad osservare Gray zompettare fino alla porta, ma solo per il mero gusto di arrivargli - con due passi, che non ce ne vogliono tanti - alle spalle. Respira così un briciolo di serietà nel piegarsi poco per sussurrare che "Io, però.. non ho detto che potevi già entrare", come se si sentisse padrone di qualcosa, anche solo di un gioco che non ha alcuna intenzione che non sia lasciare brividi che vorrebbe rincorrere se potesse già infilarsi sotto la sua pelle. La serietà svanisce in un soffio.
    "Cancellare le tracce è il mio punto forte, nonché la parte più divertente.." scherza, ma solo perché in realtà non lo diverte per niente ripulire il sangue altrui dalle strade e cercare sempre qualcuno che possa sparire senza dare troppo nell'occhio. "Ma, no..-" si fa indietro, dopo aver lasciato la dolce traccia di quel profumo, i fiori d'arancio che sono anche appesi - essiccati - vicino alla lanterna che li illumina adesso. "- è casa mia da ben dieci giorni, anche se non so quanto sia legale un patto tra un vecchio Gypsy e lo strabiliante ragazzo che ha vinto a carte la sua bella casa" Specifica, con quella punta di orgoglio che tende sempre a lasciare che il sorriso si allarghi. "Ne aveva più di una, dai, non sono così una merda" si fa più vicino.
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    La cosa bella del suo lavoro, a detta sua, ovviamente, è che in un modo o nell'altro si finisce sempre per conoscere persone diverse tra loro. Non c'è nessuno come Jonathan o Smeralda, anche se a volte vi è questa caratteristica intrinseca nel rispettare determinati pattern comportamentali e quindi anche sessuali. In altrettanto modo, non esiste nessuno come Caleb. Nessuno che sappia davvero ricopiare i suoi comportamenti o comunque avviciarsi a quel modo "fresco" che ha di vivere la vita. Per questo Gray si è chiesto più volte se il ragazzo fosse minorenne o meno, evitando di rispondersi proprio per non dover evitare di incontrarlo. Perchè Caleb sa di piena adolescenza ed il fatto che questa casa l'abbia davvero vinta a carte fa ridere Gray così tanto da arrossargli le gote. "Ma che dici?" Gli sembra un racconto convincente il suo, per quanto sappia ricordare uno di quei romanzi leggeri per ragazzi. "E quello te l'ha fatta passare così solo perchè sei carino?" Tante case od una sola: Gray non ne darebbe mai via nessuna. Ci si mette radici in posti del genere e per quanto lui sia un nomade, non sa mai come si faccia a reciderle del tutto.
    "Comunque pensavo fossi stufo dei vicoli bui del Bronx." Gli ricorda voltandosi in sua direzione e scendendo uno dei gradini. "Non credo che scopare al parco faccia tanta differenza. Sono troppo vecchio per le pomiciate da pic nic." Non che ci sia mai stata l'opportunità per lui di provare queste cose da giovane. Lo ha fatto sì, nei posti più disparati e squallidi, ma davanti ad amici ed una cofana di tramezzini mai. "Beh, allora mi permetto di fumare una sigaretta prima." Prima di cosa non lo sa. È sicuro di esser venuto qui per farsi scopare da lui, ma più di questo...nada. Allora se ne porta una alle labbra e la passa anche a lui, non tanto per gentilezza, quanto perchè gli piace vederlo fumare. Stare lì ad osservare il movimento delle labbra ed il modo in cui i due piercing sulla lingua sbattono sul filtro. Poi gli passa a fianco, ma solo per mettersi a sedere sul piccolo corrimano che da alla porta. "Dimmelo tu quando sei pronto." Lapidario quanto basta per lasciargli intendere che forse oggi non ha propriamente l'intenzione di essere lui quello a dover accendere la miccia. Per una volta, probabilmente, è lui quello a volersi sentire guidato in qualcosa.
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    Ci sarebbe da dire che il proprietario di quella meraviglia in cui dorme da giorni, non è propriamente ancora in grado di rivalersi di qualcosa. Forse perché è essiccato in freezer? Ma certo che questo non può dirlo, quindi muove appena le dita all'aria, come a minimizzare qualcosa di più importante. "Nah, dormo comunque con un occhio aper-.." però si blocca un attimo, giusto il tempo per allargare il sorriso in un ghigno di falsissima modestia. ".. ma guarda un po', dici che sono carino?" Caleb sa di non essere proprio l'ultima ruota del carro, eppure ha dovuto nascondere un piccolo tuffo al cuore. Poca roba. A detta sua, quando il tonfo si è ben sentito al centro dello sterno. Vorrebbe chiedergli se lo è - carino - più degli altri clienti, ma non lo sa ancora toccare quel tasto, o più che altro non vuole far esplodere la bolla in cui si chiude così bene quando chiama Grac...Gray.
    Non sa proprio smettere di guardarlo con un sorriso che premette segreti racchiusi dentro un caravan. O forse è che vorrei chiudercelo dentro per giorni, così, per dire. Tuttavia resta un pensiero, di quelli poco puri, che lo attraversa nell'allungarsi di poco per stringere un nuovo filtro tra le labbra. "Stai iniziando a ripagare il tuo debito, che bravo Lannister.."allude masticando un po' le parole nel far fuoco dallo zippo ed accendersi la sigaretta. Si perché non conta più quelle che dal pacchetto gli ha sfilato tra una scopata e l'altra. Tiene una mano davanti perché la fiamma non si distragga, soprattutto perché lui è il primo a farlo. E sì, Caleb è anche sul punto di continuare quella chiacchiera, tanto perché si tratta di una corda che non sa spezzare. Ma Gray lo affianca.
    E' un profumo che il fumo non cancella, quasi esalta. E beh, si, Caleb è sempre pronto se vogliamo essere puntuali, vorrebbe solo avere più tempo, ogni volta. Vorrebbe essere capace di rubarglielo, tanto da non doverlo contare in spiccioli che escono dalle tasche.
    "Hai fretta? Hai detto tu che ti basta premere i tasti giusti, posso anche tenerti qui a guardare le stelle per un'ora e mezza, no?" Ma lo sa anche lui che sta scherzando, che il tono che usa sale e scende come quel fumo che sbuffa in respiri finché arriva alla porta. "Dai, vieni" si fa più sorridente, impavido nel far scendere una mano perché stringa quella libera di Gray. Infila le dita nelle sue, quasi impedendogli di disincastrarsi. L'altra la usa per armeggiare con una collana che sfila dal collo in un gesto collaudato.
    Basta un giro della chiave intarsiata nella serratura. Si gira così mentre ancora lo tiene e con la punta dello scarponcino apre lentamente la porta sullo spettacolare monolocale che chiama "casa" ora.
    Lo tira dentro lentamente, perché possa così appoggiarsi Caleb alla porta nel chiuderla e girare la serratura. Non la molla mica la mano, però. Neanche morto.
    Va detto che l'arredamento è un'accozzaglia confusa tra intarsi dorati e tendaggi di varia origine, alcuni logorati, altri evidentemente comprati da nuovo. E' tutto su un unico piano eh, nessun incantesimo di estensione, che Caleb sta meglio quando non vive in un ambiente dispersivo. Anzi, per lui più è stretto e meglio lo fa sentire. Le luci sono soffuse per natura, non perché possa essere diversamente e c'è giusto una fila di led nell'alcova rialzata - ecco l'unico punto sollevato - che nasconde il letto e la piccola vetrata sulle stelle.
    Sulle mensoline si alternano adesivi di band rock, punk, glam, e piccole reali collezioni di quei giochi d'infanzia che non ha mai potuto davvero volere. Anche sul legno che porta al letto ci sono adesivi, ma di titoli di film, trai tanti uno spicca in tutti i colori possibili. Jurassic Park, sì, ma ho anche i miei difetti. Qualche libro si incastra pericolante qua e là e poi, beh, l'incenso alla canapa che invade dolcemente la stanza, mai troppo pesante da soffocare. "Si lo so, è una meraviglia" ne è convinto.
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    ''Non ho detto un cazzo e non so chi siano questi Lannister.'' Dissimula, che l'ha capito com'è che Caleb funziona. Non tanto perché il ragazzo sa rispettare dei pattern quasi prestabiliti, quanto perché più volte è rimasto lì ad osservarlo vivere i loro momenti nel miglior modo gli venisse. Ed è sempre stato interessante quel lasciarsi guidare nel suo mondo, rassicurato forse dal fatto che il biondino non è altro che un ragazzo incapace, sicuramente, di fargli del male. Cosa che invece non avrebbe potuto dire delle altre persone con cui va a letto.
    L'ha capito il modo in cui lo cerca. Ne ha la conferma dalle domande che gli fa e alle quali non risponderà mai se non con un semplice sorrisino a lasciar intendere qualsiasi cosa egli voglia. Certo, però, che se pagasse dell'extra Grace resterebbe davvero lì a recitargli quanto sa esser bella la silhouette del suo viso. Alla fine è bello davvero il suo naso e così le sue labbra carnose.
    Lo ha capito da come intreccia le dita alle sue e forse non lo fa solo perché è istintivamente portato a cercare un contatto che sappia profumare di rassicurazione materna. D'altronde Grace non è sua madre e questo lui lo sa bene.
    Lo ha capito da piccoli dettagli che giornalmente concorrano alla realizzazione che no, forse non dovrebbe più essere lì e non nel modo in cui lo sta invitando Caleb, che trascinandoselo dentro, quasi sembra voglia portarlo a fare il tour della casa.
    A Gray tutto questo non dovrebbe interessare, tanto che dovrebbe sforzarsi di fare un passo indietro e ragionare. Ma ovviamente non fa nulla di tutto questo, anzi, lui si lascia trascinare all'interno della roulotte e mantenendo le dita saldamente ancorate alle sue, inizia a guardarsi in giro fino a soffermarsi sugli adesivi delle varie band da cui Caleb deve prendere d'ispirazione quando sale sul palco.
    ''Figa, sì.'' Ma questa non è una bugia, d'altronde Gray non sa dirle: Non le usa quasi mai. E questo posto davvero è bello. Lo è nel modo in cui sa ricordargli Place de Grève e quindi tutta l'adolescenza che ci ha passato dentro, viaggiando, viaggiando, ma avendo comunque sulla testa il medesimo cielo delle altre città già viste. Ma il tempo è quello che è e per quanto Caleb sia per lui uno dei clienti più ''piacevoli'', sa bene il ragazzo come non potrò soffermarsi a lungo. Ma non può spiegare a Caleb tutti i motivi che lo spingono ad essere così di fretta. L'unica cosa che fa è lasciar scivolare è scostare il medio dalla sua mano solo per farglielo strusciare lentamente lungo il palmo. Che è universale: Lo conoscono più o meno tutti il segnale della scopata.
    ''Certo che se non fosse per la vista stelle mi sentirei quasi in colpa per il suo vecchio proprietario.'' Ma questo perché sì chiede se, nelle altre case in suo possesso, il cielo gli sia possibile vederlo in quel modo esatto. Bello. ''Quindi tu mi staresti pagando per lasciarmi vedere le stelle per un'intera ora?'' Fa lo spavaldo, ma ridendo ed inchinando il capo come per dire ''beh, dove dovrei firmare?'' ''Stai bene?'' Sale in punta di piedi solo per premergli per un istante la fronte contro la sua e ''misurargli'' in modo molto veloce se ha la febbre. ''Eppure mi sembri freddo.''
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    C'è un moto di orgoglio che si rende indubbiamente palese, lo si vede attraverso quello sguardo soddisfatto che riempie gli occhi di Caleb. Si, quella è casa sua, e sì, lo è stata prima ancora di appartenergli. Non è che si sprechi a raccontarlo ora, infatti probabilmente Gray lo ascolta solo perché deve. Solo perché lo pago per interessarsene, insomma. E va anche bene sentirsi patetici e soli, ma solo fino ad una certa.
    "Sapevo che un po' stronzo lo eri..." sussurrato così, quasi fosse un segreto tra loro, quando c'è poco che sappiano celare fino in fondo. Solo un punto, che li vede cercare qualcosa che nessun dovrebbe poter dare: conforto, presenza, un sentimento che scava dallo stomaco al cuore, apre voragini che non sono adatte a due come loro. E sì, la partita a carte l'ha vinta davvero, ma la fame esigeva un suo pegno, così come il bilanciamento del cannibalismo. Che schifo, cazzo. Ma non c'è spazio per smorfie di disgusto al pensiero, c'è solo per accorgersi del medio che solletica il palmo, e del sorriso che si accende, furbesco, immediatamente. Come un agnello travestito da lupo, Caleb si fa più avanti, dismette per un secondo le stronzate. "Io ti pago per.."ché mi sento solo. Silenzio.
    Ma Caleb sta bene? Sicuro? Che in fondo non è proprio una domanda scontata anche se è la prima che sfiora le labbra di tutti. Un ghigno snuda i canini, leggero, che muove appena la fronte seppur non intenda allontanarla di un millimetro. Non sa proprio dissimulare adesso. E' un rospo, quello che manda giù per la gola. Sto benissimo.
    Avrebbe proprio voluto dirlo così, secco, preciso, quasi scazzato per una risposta che non compete ad una puttana. Deve imporsi di capire che a Gray interessa solo finché lo paga e che, quando smetterà di farlo - a breve a contare dai miei risparmi - finirà tutto.
    "Sto.. molto meglio adesso" e non lo sa dire con tristezza, solo con una bruciante sicurezza che fa scavare una mano perché gli si ancori al fianco, ed allora sia il corpo di Gray a ad aderire al suo per primo. "Ti faccio vedere tutte le stelle che vuoi" un'allusione palese, per cui sa ridere tra un respiro e l'altro, mentre scivola più in basso con le labbra, mentre gioca su quel centimetro che le separa. Tra noi non c'è niente. Respira malissimo.
    "Dimmi che un po' ti sono mancato" Strattona lentamente quella mano ancorata alla sua, solo per imporlo. Per imporre un bacio che scavi appena, gentile ma non leggero, solo quell'aria che gli stava mancando.
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    grace gray moore - maledictus - circense - prostituta
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    26 anni
    Sono solo pochi centimetri di contatto. Mani che si aggrappano saldamente ad una convinzione dettata dal denaro, respiri che si fondo al resto degli odori che, una casa del genere, emana a prescindere. Sono attimi che rimangono impressi nello scandire di un tempo che nel benessere un po' accelera la sua corsa. E Grace già sa che di quelle due ore presto non resterà altro che il trascorrere smanioso dei secondi. Ticchettii di lancette che si rincorrono a vicenda solo per decretare la fine di un incontro che dovrebbe essere comune a tanti altri. Non c'è nulla a doverlo trattenere proprio lì: Non la familiarità con la quale già si muove in quegli spazi angusti. Né la delicatezza con la quale Caleb sa rapportarsi al pari di un ragazzino della sua età. Che poi Gray nemmeno sa quanti anni abbia l'altro, sa solo che gli sembra piccolo e che è proprio quello il motivo per il quale di tanto in tanto lo chiama così. Piccolo, non tanto perché mosso dalla tenerezza, quanto perché è davvero quanto più vicino ad un adolescente.
    ''Oh, che romantico che sei.'' Sorride volteggiando come può tra quei mobili, con il naso tirato su ad osservare le pareti curvarsi nel soffitto. Da lì si dovrebbero vedere le stelle migliori: La sua è davvero una posizione strategica. ''Hai sangue francese, giusto?'' Ed il sorriso si trasforma in risa che lo portano poi ad avvicinarsi di nuovo a lui. Si lascia afferrare per i fianchi, avvicinare col viso nella convinzione che sì, adesso Caleb è pronto. Perché nel tira e molla un po' si anima: Gli sembra di divertirsi più del dovuto, di avere maggior spazio di manovra. Ed è per questo che è più felice qui che altrove. Per questo ogni tanto ringrazia di essersi spinto verso Central Park quella sera, anche se di Joshua Çevik non gli è mai interessato nulla e la sua musica, beh, gli sembra quella di tante altre band del medesimo genere. Se non fosse stato per il Park in fest e quei tetti probabilmente ora si ritroverebbe tristemente a pecora dinanzi a Joseph50, pronto a farsi immortalare le fossette di venere durante la penetrazione.
    ''Che un po' ti sono mancato...'' Ricambia il bacio con la sua medesima gentilezza. Lo fa staccando le dita dalle sue solo per portargliele piano lungo il viso, con l'orecchio incastrato tra pollice ed indice. ''Pensavo volessi tagliar via i preliminari solo perché il tempo sta scorrendo velocemente.'' Sono solo provocazioni le sue, che vanno di pari passi con quello che Caleb potrebbe dirgli. Risposte che ne richiedono altre, domande che non sanno essere altro se non retoriche piazzate lì come mine in attesa che qualcuno ci finisca sopra. Il cellulare in tasca segnala una, due, potrei notifiche da whatsapp. ''Non farci caso, è mamma che si starà chiedendo se torno a casa a dormire.'' Un modo per dire che se avesse più soldi, oltre a dirgli che è bello, resterebbe lì per una notte intera? Chissà.
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    Sangue francese? "Ti confondi con Josh.." Soffoca mezza risata, Caleb, in quel "i francesi sono delle merde" che però trattiene solo nei pensieri. Non gli risponde davvero, non ha bisogno di farlo perché gli è bastato un chiodo fisso a muoverlo fino al cellulare. Là dove poi ha premuto appena qualche tasto sullo schermo crepato, giusto per ricordarsi che è a lui che manca Grace, e non potrà mai essere il contrario. Tuttavia non sa rattristarsene, ed è proprio questo il suo problema - ehi! - : nel non pretendere niente da sé, rende tutto più facile. Vorrebbe anche dire che di facile non c'è nulla, eppure eccolo a scavare con la lingua per trovare in Gray risposte che gli servono nell'anima, ma che è giusto non arrivino.
    "Ma-..!" oh non è proprio quello che gli ha chiesto, eppure ride. Caleb ride e sorride, felice in modo quasi insensato anche solo perché hanno lo stesso livello di ironia. Ha capito presto, il biondino, che commiserarsi è inutile, quindi ci prova il più possibile a non appesantire mai nulla. In fondo, è solo un ragazzino a malapena maggiorenne, a cui piace pagare solo una puttana. Sempre quella, sempre Gray. E forse non è proprio il tipo modello, no, che ti chiama e non spreca alcun minuto del suo tempo perché scopa dalla mattina alla sera, ed allora spende poco, per cose come mezz'ora e via. No, magari un po' lo è stato all'inizio, le prime volte, quando gli importava solo spingerlo al muro e ricordarsi perché gli piacesse tanto che fosse ancora un po' ragazza in alcuni punti, e per niente in altri. "Mi pare di capire che dovresti dirmi quello che io ho bisogno di sentire, mica il contrario" e sì, suona esattamente come un complimento, il prossimo, che sussurra in un ringhietto divertito, come un cucciolo che scodinzola quando finalmente sa che può giocare.
    "Quanto sei egocentrico" approfitta dello sganciarsi delle dita, per portare anche la seconda mano lungo i fianchi e darci dentro di più con la pressione lungo le ossa, nel risalire lento che lo vedrebbe sollevare appena la maglia, ma non per toglierla. Tanto lo sa quello che mi piace. Scopare con metà vestiti addosso, almeno per la prima smaniosa sveltina.
    E quando il cellulare suona, Caleb è veloce. Glielo sfila dalla tasca e lo lancia con poca grazia sul divano, ma solo perché l'ha fatto cento volte con il suo e sa che cade sul morbido. Sorride, ancora, nel prendere fiato trai baci che non intende frenare ora. "Scusa mamma, mi sa che Gray non torna per il bacio della buonanotte" eppure lui in genere ai genitori è sempre piac-.. nah, è una balla, con il primo fidanzatino si dovevano vedere solo in cortile, che nemmeno il cane voleva che Caleb entrasse nella proprietà di famiglia. E sì, i clienti rompicazzi possono proprio aspettare che lui faccia i suoi comodi, sono due ore di lavoro, non di riposo, anche se Caleb ha un modo tutto suo per sfruttarle. Finisce, così, che nel bacio successivo ci mette un po' di quell'anima che spinge contro il legno dell'alcova. "Quanto mi costi..." sospira.
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    Credo rasenti l'ironia pensare a come un cliente del genere sappia far sentire Gray nella sua comfort zone, eppure è così che funziona adesso. Questo meccanismo si è già attivato una, due o forse tre settimane fa, il tempo di capire quale punto piacesse ad entrambi affinché nel premerlo attivasse reazioni coerenti, quasi armoniose. E va bene così, d'altronde non esistono modi giusti con cui far determinate cose, non quando sei un maledictus che della sua vita può goderne solo la metà. Così Gray si concede giusto questo piccolo piacere: Studia Caleb come meglio può e nel guadagno insinua la felicità nel sapersi, almeno per quelle due ore, lontano da ciò che potrebbe annoiarlo o per giunta, ferirlo. Perché sa esser stronzo in questo modo. Nella cedevolezza che lo spinge a chiudere gli occhi nel medesimo istante in cui il biondino gli cinge ulteriormente i fianchi e lo fa nel risalire oltre la felpa larga, comoda. Forse non ha mai visto Gray a petto nudo, non conosce, così bene, la cicatrice che si è fatto cadendo dalla bici, né quelle linee leggere della mastectomia. Non sa quali strade percorrono i suoi addominali né quale punto del torso sa fargli solletico. Caleb non lo ha mai costretto nudo dinanzi a lui, come un libro da leggere, differenza di Gray che vorrebbe memorizzare ogni centimetro della sua epidermide. Come a protezione, come per potersi dire che così, solo così sa avere il controllo della situazione.
    ''Ah, il cantante per cui suoni.'' Cerca di non far capire che forse già lo conosce: Che da quella sera ha cercato qualcosa su Google e che le foto dei concerti, non so, un po' lo fanno ridere. Gli piaceva, all'inizio, il modo in cui Caleb veniva immortalato al suo fianco: Avrebbe voluto esser guardato da lui nel medesimo modo in cui lui guardava Joshua in quelle fotografie. ''Il figo dagli occhi di ghiaccio...peccato sia emo.'' E non sa nemmeno di cosa sta parlando: Il suo è solo un modo come un altro di sviare laddove non saprebbe dire nulla di utile o concreto. Che se proprio deve esser lì a farsi due chiacchiere, allora non ha voglia di parlar di Joshua. Non quando dinanzi a sé ha Caleb e non può scoparsi entrambi nello stesso momento.
    ''Dici che Gray non torna a casa dalla mamma?'' Un sibilo gli si incastra tra i denti quando, all'ennesimo bacio, si lascia spostare nella roulotte alla ricerca di una superficie contro la quale farsi braccare e stringere, nel modo in cui sa farlo lui. ''Beh...'' Ma lo sa che la sua non era una domanda ''Altri cento dollari se non vuoi che io me ne vada.'' E glielo soffia sulle labbra nel lasciar risalire le mani lungo i suoi fianchi e fermarsi laddove la cinta bracca i pantaloni. Gli piace farlo in quel modo un po' romantico che profuma di commedia rosa. Lo fa sentire diverso, quasi più libero rispetto alle altre volte in cui, pur non volendo, è costretto a tirarsi sul viso una maschera. ''Uno sconticino, giusto perché sei molto carino.''
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    Cazzo si, Josh è veramente il figo dagli occhi di ghiaccio. Caleb ha pensato a quel corpo, nudo, sotto la doccia, sudato da ore di cocenti esibizioni canore. Talmente tante volte, gli è capitato, da pensare che la cecità fosse proprio dietro l'angolo. E' una fortuna che siano stronzate per bambini. "Lui in carne e perfezione" se lo lascia uscire così, una provocazione innocente che lo vede spingere un po' di più quei fianchi stretti ancora nei jeans. "Ouch.. vacci piano con gli emo, mi danno lavoro" ancora glielo soffia contro, ridendo, che un po' anche lui si è sentito emo per una vita intera, tuttavia sa anche separarsi un attimo dal concetto in sé. O forse è solo che ancora non ha scelto cosa vuole, e quindi nel dubbio si prende tutto. Uomini, donne, colori, bianco e nero, fotografie digitali, polaroid, ogni cosa possa raggiungere, rubare, trascinare con sé. E' la paura, a dirla tutta, di un qualche onere di famiglia che possa capitargli tra capo e collo e trasformarlo nel modo in cui Juno vorrebbe: sposato con una strega di alto lignaggio, padre di marmocchi ingombranti e membro onorario di una società del cazzo. Un fottuto incubo, a detta sua. Uno a cui non sa pensare quando le mani di Gray si muovono e lui, Caleb, si illude che sia perché per una volta ha a che fare con un cliente che non lo obbliga a fare qualcosa di disgustoso. Se lo dice sempre di essere in qualche modo un punto di salvezza per quella puttana denigrata che si fa piegare per lavoro e quasi mai per piacere.
    "Dico che ti sto un po' odiando.." che va bene lo sconto, va bene tutto, ma altri cento dollari sono un salasso per chi sta vedendo esaurirsi la prima rata del pagamento del tour. D'altronde, la logica vuole che senza entrate non debbano esserci uscite, o questo capitale lentamente verrà prosciugato. E, beh, da quando conosce Grace si può anche dire che "lentamente un cazzo". Eppure nel dirlo glielo ringhia trai denti in una smorfia che chiude le labbra per un attimo, che lo lascia pensante. Si, proprio, come se dovesse pensarci davvero prima di fare un rapido calcolo mentale. Uno dettato prettamente da ciò che si agita nelle mutande.
    "Io lo faccio, ma tu poi la smetti di aver fretta" un patto dovrebbe essere un patto, no? Ha forza nella braccia, molta più di quanta traspaia dalla maglia a buchi, e la usa nel fermare la vita di Gray e letteralmente issarlo sullo scalino che porta al letto. Ennesima accozzaglia di profumi, cuscini, pelliccette e stoffa. Gli stringe le caviglie, perché gliele agganci dietro la schiena ancora un po'.
    "Non voglio che te ne vada" ripete, sfiorandogli le labbra con un pollice, e scuote ancora la testa, in una risata che si fa quasi profonda. "Molto, molto, molto carino vorrai dire..."lo corregge, esagera col sorriso, come a sperare che così lo sconto aumenti ancora un po', che non la vuole superare la soglia in cui è disposto a svenarsi per una notte con lui. Poi le dita si allacciano alla nuca, Caleb ancora mostra i denti, come avesse ricevuto un regalo di Natale in anticipo, anche se la letterina è oramai a luci rosse, quasi infuocate. "Hai vinto, sanguisuga" si allunga per tirare fuori da un angolo, incastrato dietro il mobile, così da non staccarsi mai da lui, e stringere altre banconote tra le dita che gli fa piovere dolcemente in testa. Alcune, accartocciate, cadono ai piedi di entrambi. ".. le raccogli domattina, queste, ora zitto" ride, torna su quelle labbra, morbido, affamato.
    Si le banconote le raccoglieranno domattina, esatto, assieme al cuore di Caleb, probabilmente.
    "Ehi..."
    Beh.
    "eh.."
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    Ha ottenuto ciò che voleva, diciamo. Un tetto sotto il quale dormire questa notte in cui non è costretto a tornare al circo, qualcuno che occupi il suo tempo nel modo meno tossico possibile e soldi, più soldi di quanti se ne era aspettati. Ma c'è qualcosa che sa quadrargli meno di altre e non lo sa di cosa si tratti. Sente un prurito salirgli lungo la bocca dello stomaco, come un fastidio messo lì, sottopelle. Un formicolio che in realtà sono piedini di formica a percorrergli l'epidermide. Passo dopo passo. Deglutisce appena. ''Se vuoi puoi far finta che io sia lui.'' Anche se lo sa che gli mancano forse trenta centimetri e che nel fisico no, non ci siamo. Gray vorrebbe essere come Josh, eppure c'è sempre quel dettaglio a differenziarli: Per gli altri lui non è ancora un uomo, non un uomo fatto e finito. Non lo è nemmeno per le anagrafi del paese. Sembra come se non esistesse affatto. ''Cos'è che ti piace di Josh?'' E glielo chiede in una sincerità che non lo scompone: D'altronde lui non sa mentire né nascondere troppo, quindi quella domanda se la fa uscire anche se sa quali potrebbero essere le reazioni di Caleb. Lo sa per supposti: Perché gli umani dinanzi a domande del genere vanno fuori di sé e non tutti nel migliore dei modi.
    Forse nemmeno ci fa caso alle altre cose che Caleb dice. Anche se dovrebbe perché insomma, è lì proprio per dargli quelle attenzioni per cui sta pagando. Ma le sue volontà lo spingono altrove, lo costringono a concentrarsi su un dettaglio soltanto: Lo sguardo che in tutte quelle foto Caleb ha riservato all'altro. Lo sguardo su qualcosa che è perfetto nella forma in cui Grace vorrebbe trasformarsi. Come fosse un cazzo di cicala nella sua crisalide. ''Come tu comandi...Ci andrò piano.'' E gli va bene esser premuto contro i primi gradini, darsi del tempo e provare ad incamerare quell'affermazione che sa farlo sorridere e al col tempo, serrare i denti vicino al suo orecchio. Che si è tirato su con la schiena, scansando i soldi, solo per farglisi vicino. ''Disarm you with a smile...'' E non per ringraziarlo di quella verità che sa ferirlo. Che se Caleb non vuole che lui vada via, allora Gray dovrebbe darsi alla fuga il prima possibile. Non dovrebbe restare lì, non quando affermazioni del genere trasudano determinate emozioni. Emozioni che non vorrebbe mai scatenare, non quando la sua vita sa mostrarsi così breve. ''...And cut you like you want me to.'' Ma questa è l'unica canzone che ricorda di quella sera. La ricorda solo perché era distante da lì quanto bastava per non farsi vedere e, nella carezza dell'altro estraneo, ha letto nei suoi occhi l'ennesima affermazione d'affetto nei suoi confronti. Che Gray deve essere importante per loro. Importante in un modo che può solo immaginare. Sposta le labbra dalle sue per risalire una guancia, e poi riscendere, risalire e così all'infinito. La voce di Joshua è decisamente più profonda della sua, ma comunque Gray spera di toccar tasti che a Caleb potrebbero piacere. D'altronde non sarebbe la prima volta che viene usato come rimpiazzo di un altro. Non è qualcosa che sa rattristarlo così tanto da indurlo a smettere. ''Cut that little child inside of me and such a part of you...'' E gli preme l'indice contro il petto, come a recitare il testo che già non ricorda più. ''Chiudi gli occhi dai, altrimenti non funziona.'' E lo dice come se stessero preparando chissà quale rituale.
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    E' vero, Caleb ha una cotta micidiale per Josh. E' più o meno dai tempi dei Morgana che lui e Juno lo spiano qua e là, tra un poster ed una fantasia. Poi è stata solo una fortuna sfacciata ad averlo portato a suonare per lui, così vicino da averci provato più volte a mettersi in mostra. Tutti fallimenti conclamati. Perché è etero, solo per quello. Si è raccontato tante cose per sopperire alla delusione amorosa, ma in fondo nessuna è mai andata bene. Nessuna. "Cosa?" Non sa fermare il moto che lo porta a voler di Grace ogni cosa, perfino quei baci che vede ricevere ad occhi chiusi. Scatta sempre quel sorriso che lo fa sentire bravo, più che decente, insomma all'altezza di qualcuno che ne ha parecchi - anche troppi! - di clienti. "C-come..?" Un gioco di ruolo semplice: Caleb dovrebbe solo dimenticarsi di avere Gray tra le mani. Gli basterebbe allungargli la schiena, tingere i capelli, strappare gli occhi dalle orbite per cambiarli, costellarlo di tatuaggi. "L'altezza" un colpo basso che affonda, perché sa già dove stanno andando a parare, e sa già cosa vuole realmente fare.
    C'è un vezzo un po' sadico, si, che lo porta a chiudersi in un pensiero, come se sentire Gray cantare potesse aiutarlo. "La.. voce" perché Joshua ha una voce della madonna, eppure no, no le cose così non gli vanno bene per niente. E Caleb non è insolito alle perversioni, ma all'improvviso sente che è tutto un po' troppo strano. Inquietante. E' riuscito giusto a sfilarsi la maglia, così nel credere che in qualche modo funzionasse, ma nel momento in cui Gray lo tocca, una mano di Caleb scatta a stringersi al polso, per tirarlo via di scatto da se. "No". Impone.
    Non si rende conto di quanto resta fermo a fissarlo, come a sgridarlo per aver profanato qualcosa di sacro e, al contempo, averlo ridotto ad un feticista del cazzo. Respira peggio di prima, come se fosse possibile inspirare direttamente anidride carbonica ogni due battiti. Si separa, scioglie l'intreccio delle gambe, ma non lo fa mai del tutto, visto che in fondo non ci riesce, non vuole, e gli resta una mano stretta trai capelli di Gray. Ammorbidisce il tono, di poco, ma quando basta a rilasciare il polso e tutto il resto. "Se stasera avessi voluto scoparmi Joshua Çevik, starei facendo le poste al suo amichetto per farmi entrare a casa" Ringhia.
    Non è certo il cantante, quello che sta pagando per coprire i suoi patetici piagnistei da lupo solitario incapace. E non sta neanche mentendo, è lampante in quegli occhi da cerbiatto. "Per che stronzo mi hai preso, mh?" nel dirlo sente di nuovo quel moto ironico che deve, per forza, sovrastare un momento in cui ha sentito perfino troppo caldo per vivere. "Io non sono come loro. Sono di un'altra categoria..." ed è chiaro come, quel dito che punta al cellulare abbandonato, stia a significare quei clienti che chiamano lui ma vogliono altro, pensano ad altro, sperano in altro. Si riavvicina, piano stavolta, lo guarda un po' dal punto in cui l'ha lasciato. Eppure stavolta, nel dirlo, il tono si fa dolce, gentile. Caleb che per una volta insegna qualcosa a qualcuno, un miracolo della vita proprio. "E poi canti di merda." mente, gli stringe il fianco tra pollice ed indice, per pizzicarlo e punirlo un secondo per quanto il suo pensiero sia stato stupido. "Com'è che ti vengono in mente queste stronzate?" si apre di nuovo un largo sorriso, in passi che lo riportano lì dove vuole restare e merita di restare una notte intera. Ancora uno strattone ai fianchi che se lo porti vicino, che vuole annusare quel profumo, quella droga. "E' perché non ti ho detto che sei molto carino?" la risata porta un nuovo abbassarsi, un ricominciare. "Farò finta che tu non abbia detto niente, ma sappi che è solo una grazia che ti faccio, a non rinfacciarlo a vita" ti fuori la lingua.
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    26 anni
    Con alcuni clienti queste cose funzionano, sono proprio all'ordine del giorno. D'altronde chi va a puttane non è per forza uno screanzato, un criminale. A volte a puttane ci va solo chi è solo, chi è insoddisfatto perché dalla vita vorrebbe altro, ma l'unica cosa che trova è solo un ragazzino bloccato nel corpo di una donna. Un tappo di appena centosessanta centimetri che non sa nemmeno fare un pompino perché, beh, ha avuto la fortuna di avere una clientela diversa da quella delle altre prostitute. D'altronde lui sfoggia qualcosa che altre non hanno o almeno, non nel modo in cui la ha lui. E non è nemmeno bello da vedere: Non è aggraziato nel muoversi in modo, né nel camminare in quei vestiti spesso troppo larghi. Che gli piace indossare roba che abbia almeno una taglia in più della sua. Forse per una questione disforica, forse perché sta davvero più comodo così.
    Ma questo a Caleb sembra non stare bene, per questo forse la smette di cantare e di stargli così vicino. Lo guarda quando gli afferra il polso e non proferisce una parola. Forse per un istante strabuzza persino gli occhi, ma sono giusto dei secondi che servono a cacciar via l'immagine di una violenza che no, non si sta perpetrando. Sono solo battiti di difesa. ''Non intendevo dirti quello.'' Alzerebbe le braccia come a dichiararsi innocente se non fosse che quella sembrerebbe una stupida pantomima. Ma è vero, d'altronde lui non ha molto in comune con gli altri clienti se non il fatto che lo paga, ma sempre ad un prezzo stracciato rispetto agli altri. E non sa coglierlo il sarcasmo nella sua voce, sorride di rimando, certo, ma con un moto di fastidio a raschiargli la gola. ''Sei un bugiardo.'' Sul cantar di merda, intende. ''Facevo parte del coro di voci bianche della chiesa. Se avessi le palle sarei un tenore adesso.'' Ed è solo uno sdrammatizzare eccessivo il suo, giusto perché si sta rendendo conto che, anche se solo per un istante, non potrà mai eguagliare Joshua. E non perché sia lui, ma perché è la forma più vicina al suo ideale di mascolinità.
    ''Credevo potesse piacerti.'' Ma non mente, non ce la fa e questo se lo porta sino in fondo. Anche quando viene afferrato di nuovo e si agita - appena - al suo pizzico. Non lo tiene a distanza però, non quando gli piace crede di poter essere, almeno quella sera, davvero tutto ciò che il biondino desidera. Anche se non è Joshua, anche se c'è un abisso tra loro due e nonostante Caleb sembri pendere per l'altro, beh, oggi ha scelto lui. Ha scelto la via più semplice e Grace, beh, lui ha solo il compito di mostrarsi desiderabile, forse anche accondiscendente. ''Perché non devi dirlo a me, Piccolo'' Lo dice toccando la punta della sua lingua con la sua. Stringendo le mani dietro la sua testa. Tra i capelli, dove si sente la nuca. ''Ma ti ringrazio, d'altronde per te ho messo la felpa buona.'' Che in realtà è monocolore come tutte le altre che ha già visto: Non ha nulla di particolare né di nuovo, giusto il cappuccio da tirar su quando fuori fa freddo e nei vicoli del Bronx finisce per tirar sempre un po' di vento. ''Quindi siamo due carini in una bel caravan...guarda tu le coincidenze.'' I verdoni sono le sue coincidenze. ''Quasi come una coppietta di checche adolescenti che scappa dalla famiglia.'' Sarebbe meglio se riuscisse a cacciar via il sarcasmo. Molto meglio. ''Mi piacciono i tuoi piercing...'' Dice quelli sulla lingua.
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