Murder Song

Caleb & Grace | Pelham Bay and Split Rock Golf Courses | Bronx | 1 gennaio 2022 | Contenuti sensibili

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    C'è già odore d'arance ancor prima che lui apra la porta. Lo senti nelle narici perché associ quella barriera di legno alla sua casa. A lui che permea in ogni parete, in ogni suo centimetro più nascosto ed impolverato. Senti già il morbido del letto contro le tue costole, il cuscino premerti sotto il viso, le sue mani scalarti i fianchi. Già sorridi, stupidamente, mentre alzi il telefono solo per lasciare un ultimo messaggio indecifrabile a Froy, forse un audio sibilato in pochi secondi un ''non torno a casa scusa, ma sto bene.''
    Stai bene, giusto? E non è solo l'alcol a permeare nello stomaco, nella testa. Alla fine forse lo hai già smaltito: In te c'è solo il rimasuglio di una leggerezza a cui ti aggrappi saldamente, con ogni forza. Con ogni dito, ogni speranza. E lo fai senza stringerti troppo a lui. Mantieni quella distanza che può servirgli per infilare le chiavi nella toppa per invitarti, così nel suo meraviglioso mondo. Vorresti tanto vivere lì, in una roulotte che è come tante altre in cui hai vissuto, ma diversa, solo perché totalmente sua. Personalizzata al punto che non sa esistere uno scorcio uguale all'altro. Banale, infantile. C'è la sua vita là dentro, tutto ciò di cui hai bisogno per conoscerlo, capirlo e forse far tuo ogni suo dettaglio. Perché vorresti essere come lui, a volte. Vorresti somigliargli quanto basta per non sentirti vecchio, per non sentirti già stanco. Eppure sai bene, ormai, come tutto ciò che vuoi finisca sempre per restare un mero desiderio. Una preghiera che non sai pronunciare a ginocchia piegate. Uno sguardo che non sai più rivolgere laddove risiede la fede di tua nonna.
    Non sogni nemmeno più e se lo fai, non sai ricordare nulla se non dei risvegli presi nel sudore di notti passate a credere di non potercela fare. Che hai paura di trasformarti quando non puoi controllarti. Hai paura di farlo senza riuscire ad accorgertene prima. Non come sai fare adesso, non come quando, guardando Froy, finisci per metterti in gabbia da solo.
    Ma non sai dirlo a Caleb. Non pensi mai di farlo, non credi serva davvero: Perché fingi di saperti controllare e questo è l'errore più grande che tu possa fare. La constatazione più fatale in cui tu possa credere fermamente.
    Che è solo questione di una notte. Sempre e solo una notte. Niente di più. Come con il resto dei clienti che ancora ti pagano e per i quali non hai mai fatto nemmeno uno sconto. Caleb è solo un cliente più bello. Un cliente più dolce, più spensierato, più...vivo.
    Ed ha così tanto tempo davanti a sé da renderti geloso. Meschino.
    Entri in casa solo dopo che l'ha fatto lui. Lo fai lasciando strusciare i polpastrelli contro la ringhiera delle scale. Centimetro per centimetro, come a voler trattener per te la polvere e l'umidità che vi si annida. Ti guardi intorno come fosse la prima volta che ci entri dentro. Guardi la cucina dove avete fatto il caffè già troppe volte, guardi il bagno in cui ti sei lavato, il comodino da cui gli rubi i pigiami e poi il letto, poi di nuovo la cucina, il bagno, il letto ed il soffitto, forse. Pensi a quella volta che lo hai trovato a fumare sul tettuccio. Pensi a quella volta in cui hai mangiato il tacos e la gola ha preso a bruciare. Pensi a quando ti sei addormentato sulla sua spalla. A quando avete scopato a terra, nel corridoio, tra le varie cose, ad occhi chiusi, sempre. Con le mani di Caleb sui fianchi. Strette, salde. A tirarti su e poi giù. Hai già i brividi.
    Come quando hai chiesto a Joseph di fare altrettanto, di stringerti forte. Solo lì però. Ed accarezzare di tanto in tanto la tua schiena, passando i polpastrelli lungo la colonna vertebrale, su e giù, sperando di raggiungerlo quel benedetto orgasmo. Sperando di riuscirci anche con gli altri che non fossero lui. Giusto per estirpartelo dalla testa, per salvarti dall'ossessione. Invano.
    ''Alla fine non mi hai detto come sono salvato io sul tuo cellulare.'' Spezzi un silenzio che già sa di ansimi, ti quelle ginocchia che al bar si son strusciate e di quelle mani, che non sapendo dove metterle, le usi per tirar su la felpa dalla camicia. Così un capo è già andato, via, a terra. Che se non facesse così freddo, adesso, forse saresti carino con il colletto abbottonato sino all'ultimo bottone. Tu hai già cambiato il suo. Lo hai fatto prima di scrivere a Froy, ridendo da solo e credendo fosse una scelta decisamente intelligente. Ora ''Piccolo'' è diventato ''Porco - spino.''
    ''Spero in qualcosa tipo: La creatura più bella e simpatica dell'universo che ora sta improvvisando uno spogliarello goffo in casa mia. Ovviamente tutto attaccato, per non rubar troppi caratteri.'' E lo dici iniziando a sbottonare pian piano ogni singolo bottone. Non per sembrare sensuale, quanto perché senti davvero freddo, tanto che la pelle ti si è fatta d'oca. Resta ruvida al tatto. Passi una mano sul petto senza pensarci troppo e solo quando ti accorgi che la clavicola fa ancora un po' male, noti che il succhiotto, forse un po' troppo invadente, che Joseph aveva lasciato lì, beh, ci è rimasto. Non è andato magicamente via dal giorno alla notte. Hai dimenticato di nasconderlo.
    Ci porti il lato della camicia sopra e ti volti, stringendoti nelle spalle alla ricerca di una sigaretta nel suo taschino. ''O semplicemente: Grace, sei un coglione.'' Sorridi tenendo la testa bassa. La sigaretta pende dalle labbra. La tristezza, mista al desiderio sessuale, sta decisamente prendendo il sopravvento. Ed è letale quando sei così. Perché forse sì, scopi persino meglio, ma lo fai sentendoti morire. ''Vorrei stare con te per un tempo ragionevolmente lungo.'' Come almeno un mese, o due, se è possibile.

    Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca.━━━━━━

    Gray Moore
    maledictus ━ circense━ prostituta ━ ftm ━ kentucky accent


    Edited by ( : - 6/1/2022, 09:15
     
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    Con la coda dell'occhio, cattura un sorriso da tenersi stretto in petto. Come se in fondo sapesse dirsi che Grace può renderlo felice anche lui. Che in fondo non sta sbagliando poi così tanto quando sente di essere nel giusto. Dolcemente, senza fretta anche se preme un desiderio difficile da nasconde, per cui sa rider di se stesso sollevando gli angoli delle labbra mentre si allunga a prendere la chiave. Il suo luogo segreto che non lo è così tanto, perché inconsciamente ha sempre lasciato che Gray sapesse dove tiene quel doppione, un po' a dirgli che se c'è qualcuno che può salvarlo, beh è lui. Di cosa, poi, abbia paura Caleb, passa in secondo piano. Lo fa mentre le dita percorrono in legno dei mobili, coordinate al prendersi un po' di spazio. Due scatti della manovella per accendere la stufa, un respiro nell'accendere l'incenso che lasci ancora un po' il profumo che ama.
    Va detto che Caleb ha pensato tanto, troppo, a Gray in quei giorni di vuoto e che non scherzava quando pensava di aver riordinato il suo casino per lui. Giusto un pochino, abbastanza per cambiare le lenzuola, aggiungere una coperta più calda, riordinare le polaroid sul tettuccio, dare acqua alle piante e... rendere tutto più accogliente. Sia mai che voglia vedermi di nuovo, no? Come per fare l'amore la prima volta.
    Dovrebbe essere tanto onesto da dirsi che non è la prima no, non con Gray, di cui sa di essersi innamorato dai primi venti dollari, impunemente come un bambino che sceglie il suo gioco preferito. Oh Caleb li ha sempre condivisi tutti. Con Juno, con Tyron, con i vicini, con gli ospiti. Tuttavia Grace non è un pezzo di carne, non è un prodotto in vetrina che si può acquistare mille volte. O forse si, beh, per alcuni si, ma non per lui. Lui non vorrebbe fosse così perché..
    Trema, nel contemplarlo senza farlo davvero, nel sentire il suo corpo muoversi nel contesto di casa sua, prendersi spazi che gli sono sembrati immensi se non riempiti da qualcuno: o da lui. E sorride, lo fa con una dolcezza che lo rispecchia quando non si guarda attraverso i vetri del mobiletti. Quando è un'ombra cauta che lo circonda, lo fa con una premura che non ha mai riservato a nessun altro. E di motivi ce ne sono infiniti. Forse per quella bellezza che gli vede oltre il genere, che scava tra le imperfezioni e le rendere vitali. Vive. Allora volta il capo, piano, punta gli occhi dove la pelle si scopre. Ride, che non glielo vuole dire come l'ha salvato, non adesso. "Già, non l'ho fatto.." sottolinea, con una voce tanto bassa che un po' stona se si pensa che la perde nel vedere Grace muoversi ancora. Cazzo.. sono proprio finito. Si può voler bene a qualcuno così tanto, oppure è illegale? Dovrebbe esserlo.
    "Mh-mh" annuisce, con un sorriso che spezza le labbra in due, la bocca, le mani, il petto. Tutto. "Pensavo di cambiarlo in-.." ma non la finisce la frase, quando il marchio di un cliente si nota piano oltre una spalla, allora Caleb può solo avanzare un passo, proprio mentre Gray si volta a dargli le spalle. Ha così voglia di strappargli di dosso perfino la vergogna, che sente solo di doverlo fare, di dovergli prendere i fianchi, tenerseli vicino anche quando perfino lui ha freddo, che il caldo fatica ad arrivare ed a petto nudo il tessuto della camicia è gelido. Una pelle d'oca condivisa, che ripercorre con al sinistra, infilandosi piano proprio oltre il collo in quel punto della spalla, dall'alto lui ha un vantaggio. Ed è quello di poter chiudere gli occhi contro i suoi capelli, respirare il profumo del suo shampoo. Picchietta dolce lungo il segno, che l'ha sentito cosa gli ha detto dopo, tanto che ha avuto un brivido a scaldargli inguine e cuore insieme, perché è piccolo e così resta. Stupido, un po' infantile, tanto carino e molto, molto innamorato. "Vorrei poterteli fare solo io.. sono più bravo" non sa dirlo come una critica, e forse non è neanche una preghiera, è un desiderio all'albero, che invece gli fa scendere le labbra al lato opposto, che la mano vuole spogliarlo comunque, vuole che si accetti perché lui è così avanti da renderlo palese ormai. Quanto lo vuole, quanto lo... ama.
    Bacia il collo, la clavicola, ci passa piano la lingua, religioso, come a modellare una statua, come a venerare la sua Venere, che magari vengono entrambi da Marte. La stretta sul fianco si fa solida, polpastrelli che contano centimetri di pelle ruvida. "Dai, resta Grace.." con me, qui.. per un tempo ragionevolmente lungo.

    Posso farti mille promesse. O ingoiarle come compresse. E mandare giu queste parole. Senza neanche sentirne il sapore. Questo mondo da soli non e un granche. Si ma neanche in due..Pero con te e un po meno buio ━━━━

    caleb sharp
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    Edited by nocturnæ - 6/1/2022, 14:23
     
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    Provi uno strano e fastidioso moto di vergogna capace di costringere lo sguardo verso le travi del pavimento. Lo fai anche se sai che questa potrebbe essere l'ennesima ultima volta da poter condividere con lui. Lo fai anche se parla e forse gli stai prestando poca attenzione. Ti sei solo incantato: Sulla tua stessa mano, sulle nocche che un po' si arrossano attorno al bordo della camicia e lo fanno perché stringono. Perché si premurano di nascondere qualcosa che stai cercando di cancellare con il resto delle dita, ma che evidentemente non può andar via. Non ci hai pensato a farlo desistere: Non hai mai avuto motivo di spingere via Joseph, nemmeno quando ti ha stretto perché sei stato tu a chiederglielo. Tu che manovri ogni gioco.

    ''Proviamoci, dai.''
    Le mani di Joseph sono grandi, sicuramente più grandi di quelle di Grace. Forse sono come quelle di Caleb, ma con meno calli dati dal basso e le unghie forse più morsicate. Joseph non fa un lavoro manuale e questo lo porta ad avere mani come nuove. Gray gliele guarda risalirgli le gambe e poi ancorarsi sicure sui fianchi. A Joseph piace riuscire ad allargare i pollici per provare a raggiungergli l'ombelico. Una volta gli ha detto di avere un ombelico carino, ma Gray non ha mai capito cosa volesse intendere.

    ''A fare cosa?'' Gray gliele guida piano: Mani strette attorno ai suoi polsi che di tanto in tanto scivolano lungo gli avambracci. In carezze, forse, dettate semplicemente da una ripetitività capace di scandire il tempo da passare insieme.

    ''A far finta che io sia il tuo amico.''
    Gray sorride, è triste e non se la sente di dirgli che forse è troppo vecchio per poter anche solo pensare di riuscire ad assomigliare a Caleb. Non hanno nulla in comune se non il cazzo.

    ''Ti piace così tanto, eh...''
    Gli da persino fastidio sentirsi chiedere com'è che sta Caleb. Come se Joseph avesse la prerogativa di conoscerlo e scegliere se invitarlo o meno ai loro incontri. Non ha capito, forse, che Gray non glielo porterà mai e che quell'audio, in cui entrambi hanno raggiunto l'orgasmo, non serve di certo a legittimare la sua ossessione. Joseph non deve nemmeno vederlo.

    ''...è che, cazzo, sareste fantastici insieme.''
    Già, lo sarebbero, ma non nel modo in cui lo intende lui. Gray si irrigidisce, ma cerca di non darlo a vedere. Gli scivola sopra, lo fa per ancorargli le mani sulla propria pelle. Lo fa per costringerlo a concentrarsi su di lui.

    ''Beh, puoi accontentarti di avere me per cinquanta dollari.''
    ''Raccontami almeno come ti scopa.''
    ''Come mi scopi tu.''
    ''Dai, almeno un dettaglio.''
    ''T-toccami la cicatrice.''
    E gli guida l'indice lungo la cicatrice che gli percorre il fianco.


    ''Però si marchiano solo gli animali, no?'' Lo dici abbozzando un sorriso che è un leggero quarto di luna sotto al tuo naso. Lo fai alludendo alla tigre e al fatto che sì, magari nel momento è persino bello sentirsi tirar la pelle in quel modo, come se potessero strappartela via per indossarla al posto tuo. Prendere il tuo posto per un attimo. Ma poi, poi non resta niente se non un brutto segno a ricordare agli altri che non sei libero, che appartieni qualcuno. Un po' come la fede al dito.
    E ti lasci afferrare, senza remore, sentendo il respiro farsi più affannato. Forse per il freddo, forse perché siete finalmente soli, in un luogo appartato e non in mezzo ad una pista in cui possono guardarvi tutti.
    ''...vado via solo se mi mandi via tu.'' Lo ansimi, piano, chiudendo nell'immediato gli occhi. ''Chiudili che mi vergogno.'' E nel farlo ti rendi conto di vergognarti a tua volta. Incastri a tua volta le mani lungo i suoi fianchi. Li risali, tocchi costola per costola sino a portare le mani dietro la schiena, vertebra per vertebra, come a scalarlo per afferrarlo dalla collottola.
    ''Forse ti sto facendo una promessa troppo grande.'' Deglutisci, spingendo la testa verso di lui, alla ricerca della sua, appunto. Alla ricerca del suo mento, di una sua guancia, delle sue labbra. ''Dimmelo anche tu che non posso...'' Che di te stesso non ti fidi affatto.

    Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca.━━━━━━

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    "Grace.." lo sussurra, tremando appena con le mani a scendere in vita, a stringere lì un punto che un po' meschinamente gli appartenga. Cucciolo, lo spinge piano piano, fuori dal gioco che lo vedrebbe chiamarlo con il suo nome. Non adesso, non quando è serio, non quando gli dispiace dal profondo che in qualche modo si senta - così - marchiato da segni che altri pagano per lasciargli sul corpo.
    Che non era quello che intendeva Caleb, non quando il suo era solo un gioco, un modo per dirgli che è geloso senza aver la pretesa di aprire bocca in quel senso. Che lo sa, lo sa in quale casino si finisce ad innamorarsi di una puttana. E neanche più sa vederla così, non quando chiudendo forte gli occhi, se non sono assieme, si dice che non lo sta toccando nessun altro, che lavora in un bar o in un generico negozio di vestiti. Che è di turno, si, ma poi finisce e si vedono. Niente corpi che si ammassano fuori dal suo controllo, niente perversi maniaci o feticisti di trans.
    Si dice così anche quando Aaron gli apre la porta di casa e, con prepotenza, pretende tutto in cambio di anfetamine, valium, tranquillanti ed eccitanti, tutto quello che gli strappa di dosso la fame. Ed allora, aspetta che li prenda, lo segue con lo sguardo, gli infila mani ovunque e se lo monta come fosse uno squallido animale, neanche una puttana, neanche qualcuno con cui si voglia stare davvero. Solo un oggetto, uno di carne. Anche lì Caleb chiude gli occhi e si dice che non sta succedendo, che potrà presto tornare a rannicchiarsi nelle lenzuola che profuma di Grace.
    Ora, invece, lo sente come non può mandarlo via. Ah ma dovrebbe e quanto male farà non averlo fatto, che magari un giorno arriverà a dirsi che quei venti dollari del cazzo era meglio non spenderli mai. ".. mi sa che sei fottuto allora.. ti tocca proprio sopportarmi ancora un bel po'" premette, lento, in una risposta che è già lì. Lì nella mani che se lo tirano vicino, che non è neanche un ballo, è un moto che li rende pianeti satelliti, pulsar che gravitano così veloci da esserci e non esserci allo stesso tempo, visibili e non.
    Lo soffia in una risata, prima che sia così incredibilmente serio, quasi triste nel tirarsi fuori l'ovvio, ancora e sempre con la paura che non venga accolto, che resti spezzato a terra come un ramo secco di un albero troppo grande. Troppo amore, troppo in ogni campo. Troppo esuberante, Caleb, ci metti troppo il cuore in quello che fai. Ed è così quando il respiro si spezzerebbe in un singhiozzo ma lui lo frena, lo ferma con uno sfiorarsi di labbra che è molto, molto diverso dalla festa. Lo vuole si, forse anche di più. Forse sempre di più. ".. io non ti mando via mai nella vita.. non voglio" che gli piace troppo, lo ha detto, lo ripeterà fino all'ultimo respiro.
    Aspirato contro le labbra, con quella carezza che si fa presa contro le cosce, che lo spinge a camminare indietro, incastrarsi piano tra i due scalini e le tende, quasi gli fa piegare le gambe perché si appoggino lenti tra l'incenso e le coperte fresche. "Si, si che puoi.. " Sorride, nello scherno che sa essere pura realtà. Che quel che cerca lo trova, i punti di Caleb la cui mano scende, piano a slacciare i jeans, infilando appena una nocca più sotto. "Facciamo il primo dell'anno.. e facciamolo anche tutto l'anno." e stavolta non si è limitato a pensarlo, si è sentito dirlo, che non gli interessa se è un gioco anche questo, per lui è così.

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    Sopportarlo un bel po', dice lui, come se passar del tempo insieme fosse qualcosa di insopportabile, appunto. Una richiesta troppo esigente, un peso che sulle spalle non sa starci. Ne parla come se fosse catastrofico, una cosa brutta a priori, ingestibile. Ma nel farlo, però, non si accorge di come i tuoi occhi finiscano per arrossarsi più di prima, che sì, la scusa la puoi dare all'alcol, ma non sempre, non ancora.
    Non quando la sua vicinanza continua a farti sussultare come se fosse la prima volta. Come se le sue mani fossero gelide a confronto della tua pelle calda. Che oggi non lo è, non quando la casa è così fredda da costringerti ai brividi.
    ''Davvero non vuoi?'' Glielo chiedi in una sincerità che sa scuotere le tue corde vocali. Le lascia vibrare, leggere, timide, come uno svolazzar d'ali di una farfalla. O una libellula, che va a scatti e se non la guardi bene, beh, rischi di perderla di vista.
    Forse la tua domanda si impregna di egoismo. Forse vuoi solo sentirtelo dire ancora ed ancora, continuamente, incessantemente, come se adesso, più di prima, sentissi quel bisogno uterino di appartenere a qualcuno. Ad una casa casa che profuma di arance. A delle mani che non sono crudeli, che a te un po' ci tengono. Ti mantengono in piedi, mettono vicini i pezzi.
    Così ti fai spingere verso l'alcova. Lo fai issandoti sul suo collo. Le braccia lo cingono. Premi la fronte contro la sua, respiri il suo stesso respiro. Sei in bilico, stai bene anche se ti senti triste. Perché lo sai come ciò che vuoi non sappia andare di pari passo con ciò che puoi permetterti. Che non meriti niente e questo, probabilmente, è già troppo. ''Caleb...'' Un gemito che si incastra tra le sue di clavicole. Che gliene baci una, sì, solo perché sei piccolo e lì sai incastrarti bene. Hai lo stomaco che fa male talmente sei scosso adesso.
    ''Caleb...'' Lo chiami di nuovo, ma questa volta con più urgenza, in una preghiera, come se lui fosse così lontano da non averti già sentito prima.
    ''Lo so che prima di far l'amore non vale...'' Te lo aveva detto lui, d'altronde. Quella sera del 9 dicembre, prima che tutto andasse a puttane e la rabbia prendesse il sopravvento sulle altre emozioni. ''Ma...'' Deglutisci perché sai che è una domanda stupida. Ma non vuoi trattenerti, non oggi che siete così sinceri, così diretti l'uno con l'altro. ''Tu mi ami?'' Come Joseph e gli altri o come vorresti tu?

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    Lo trova solo adesso il coraggio di dirsi che stanno per fare l'amore. Che il sesso, come puro divertimento senza emozioni, è perso da un po', naviga in acque tanto agitate da farlo annegare nei suoi stessi respiri. E' piccolo, è vero, molte cose Caleb non le comprende, ma non c'è mai un momento in cui non è sicuro di quello che fa, o di quello che sente.
    Lo è adesso che le mani scendono morbide dai fianchi alla vita, dalla vita all'inguine, e poi le gambe, le caviglie, per sfilare quello che è di troppo, per ripercorrere pelle d'oca da far sua. Ha appena promesso che vorrà scaldarlo sempre, o almeno per un anno. Questo finché al Capodanno prossimo non si troveranno a fare l'amore ancora, e ancora.
    Caleb lo chiama, ma lui è perso, concentrato ad alternare respiri e battiti perché nulla si sfumi se lui non vuole. E lui non vuole, non sa come si lascino andare le persone, non sa come si dica a Grace che dovrebbero smettere di vedersi, perché perfino i soldi ora non c'entrano niente. Sono oltre.
    Momenti che farà male rivivere, ma cavolo se è liberatorio viverli con la persona che vuoi. E stavolta lo vuole, così come non ha mai voluto nessuno nella sua giovane carriera di cuore infranto.
    Caleb ancora, ed allora si forza ad aprire gli occhi, che ansima, che quelli sono davvero gli ultimi neuroni a cui Gray può aspirare per sentirsi dire qualcosa, prima che il fuoco divampi e sia libero di farlo senza freni. "Si..?" chiede ma è solo uno sbuffo di fiato, contro le labbra, contro un modo di gattonargli sopra, di appoggiarlo di schiena tra due cuscini morbidi. Illuminato dalle lucine calde. Gli brillano gli occhi, si, un tantino troppo magari.
    Adesso perfino le labbra tremano un attimo. Insomma lui è palese, così palese che non ha bisogno di prendersi tempo che non sia solo una triste conferma. Triste perché forse non è questo il modo di dirlo alle persone, o perché forse anche amarlo non cambierà le cose, non cambierà che non si può fare.
    Ha una paura folle che Grace scappi, che gliel'ha visto fare quel mezzo passo indietro e si è presentato come un baratro sotto i piedi.
    "Mi sa proprio di si..." soffia, a risalirgli il viso in un bacio lentissimo, carico di tutto quello che non ha mai detto a nessuno. ".. io ti amo.." Grace. Mischiato ad un gemito e forse perfino ad una lacrima, che se non sa chiedergli altrettanto gli chiede di peggio. Con voce roca, sul punto di spezzarsi anche se vuole che questo amore sia dolce, sia gentile e sia forte.
    "E io.." una richiesta, avanti Caleb, puoi farlo adesso. ".. io valgo un po' più di-.." un nodo in gola che scende nel chiudersi come lui chiude le labbra e poi le riapre, che non vuole gli risponda mentre lo bacia, vuole lo faccia mentre le sue carezze scendono ancora e adesso con l'intenzione di fermarsi molto più in basso. "-di tutti gli altri?" e se non è amore questo. Gli basta poco, vero?

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    Sai bene come certe cose esulino dal tuo controllo. Come ogni risposta sia poi data in virtù di stimoli che lui accende. Perché ti completa e affonda le proprie radici laddove tu tu scopri incompleto, squarciato in due da una realtà che accetti solo perché sei costretto ad accettarla e per la quale, probabilmente, non ti sei nemmeno mai battuto. Perché è sempre stato inutile. Lo hai capito quando alla prima trasformazione tuo padre ha pianto e lui, solitamente, di lacrime non ne ha versate mai.
    Ma le cose cambiano quando lui è con te. Hanno iniziato a mutare su quel tetto, coi primi venti dollari che poi ti sei semplicemente limitato a piegare ed inserire nel barattolo che porta il nome di ''Jonah'' sullo scotch carta rovinato, ingiallito ulteriormente dal fumo. Che la falloplastica è solo una bugia di cui ti convinci per render il tutto molto più asettico, più distante. D'altro canto hai capito della sua inutilità quando, probabilmente, sarebbe molto più lunga la degenza che il tempo a disposizione che avresti per guardarti allo specchio e dirti che sì, forse sei finalmente completo.
    Cambiano persino nel modo in cui ti poni e ti lasci guidare come se per la prima volta fosse lui l'esperto. Non tu che ti svendi da dodici anni ormai. Ma lui, che è piccolo e alle prime armi, ma comunque resta la persona migliore a cui affidarsi.
    Affondi nei cuscini. Chiudi gli occhi nel momento in cui la testa vi si adagia. Morbidi, al tatto, leggeri come senti i pensieri adesso. Leggeri ma comunque dolorosi. Punzecchiano di tanto in tanto come aghi infilati a forza nel cranio. Lui ti ama, lo hai sentito bene, tanto che forse sorridi per questo. Hai i polmoni pieni di lacrime che non vuoi far uscire. Sono tue, tue e basta.
    '' A-anche io...'' Biascichi premendotelo contro, in fianchi che lo cercano e col bacino che cerca di aderire al suo. Lo blocchi con le gambe, te lo tieni terribilmente vicino. ''Vali più di tutti gli altri.'' Avvicini il viso al suo, ricerchi il suo naso, ricerchi le sue labbra e senza nemmeno pensarci troppo ti ritrovi a premergli uno ''scusa'' contro. Che glielo dici senza emettere alcun suono. Glielo mimi sulle labbra. Con gli occhi che non sai incastrare ai suoi per paura che possa scoprirti del tutto e svelare ciò che in realtà sei: Una persona meschina. ''Smetterei...se potessi.'' Di svenderti, dici. Di andare da altri. Di arrivare fino a Portland per mille dollari. Di dare modo ai clienti di credere fermamente di conoscerti nel profondo quando, in realtà, non è così. Non ti conosci nemmeno tu.
    ''Verrei a vivere qui.'' E non lo dici per spaventarlo, quanto per fantasticare un istante ad alta voce. Perché vuoi che lui faccia altrettanto. ''Per farti il caffè la mattina e rollarti le canne la sera.'' Sibili leggeri ad accompagnare la mano che percorre tutta la schiena e si ferma su una natica. La stringe piano, da sotto le mutande che con il dorso tiri giù. ''E...e ti bacerei tutti i giorni. Per tutto il giorno.'' Ma una lacrima fugge via e lo fa scivolando dagli angoli degli occhi verso il cuscino. Li stringi forte, respiri a fondo. Trattieni tutte le altre dentro.

    Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca.━━━━━━

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    Pochi sono i pensieri che gli restano, quando ormai sono pelle contro pelle. E la sua la sogna le notti quando quegli occhi chiusi si bagnano un po', si ricordano quanto male faccia non essere mai corrisposti. E forse addirittura, nel caso di Grace se l'è cercata, ha proprio scelto una categoria che - pensava - di persone che non sa amare.
    Ma che Gray non fosse fatto di pietra, gli è stato chiaro subito. Forse al primo sorriso di scherno o alla prima citazione, o no anche quella volta dei tacos, quando alla fine si è trovato accoccolato ed ha capito che l'aveva scelto. Scelto e basta e quando succede così che altro puoi fare? Niente, ti ci abbandoni a rischio di mettere piede su una mina, farti saltare in aria e restare mutilato a vita.
    Un cuore mutilato, ma che ha amato, vale più di un cuore stretto che l'amore non l'ha mai visto.
    Ed allora in quel sorriso s'impigliano ciglia e lacrime, che scaccia via perché c'è un "anche io" che lo fa aderire di più, lo fa premersi contro il petto, contro cicatrici che bacerà ancora, ma non prima di aver ricercato quegli occhi ed averglielo fatto vedere che c'è, che va bene così, anzi, va meglio di ogni aspettativa. Chiedetegli se quella sera era felice, Caleb, e non saprebbe mentire neanche adesso, neanche nel futuro, neanche quando poi..-
    Non è una cosa che sa perdonare perché non deve, non quando esplora un bacio dolce, morbido che si fa un lento mordersi l'un l'altro, che anche lui sembra non farcela più a reggere, a chiedere che il sangue resti ancora un po' nel cervello.
    Annuisce lento, che gli basta davvero sapere che se potesse smetterebbe, che lui ancora non può chiederlo, non vuole farlo anche se poi ci tiene più che per qualsiasi altra cosa. Che Gray stia bene. "Torna solo da me, ok? Torna" lo sussurra piano, senza voce, in una richiesta che fa ad occhi chiusi, stretti al pensiero.
    Trema a quel caffè della mattina, a quell'idea che si pianta in testa quando per prima ha voluto che accadesse, quando svegliarsi senza di lui è una perdita di fiato improvvisa.
    Non pensava che le parole sapessero eccitarlo così, che quell'amore potesse esplodergli in petto, bruciargli gli occhi e piantarlo lì con la voglia inespressa di stringerlo a sé tutta la notte. "Ora però non ti lascio più andare via.." sogghigna, piano, in un lamento che non lo è mai davvero.
    E dove vive una lacrima, forse ne vivono due.. ".. mi consumeresti" ride, che è la cosa più simile ad un "fallo per sempre" che conosca, che gli esca, o che tiri fuori, quando la mano a spostargli l'intimo è l'ultima cosa che sente. "... e faremo l'amore sempre, così.. " gli accarezza, tremante, il viso, nel farsi largo piano nel posto più accogliente che conosca, con la persona che per una volta lo vuole davvero. L'unica, forse, ma la più importante di sicuro. ".. porteresti le tue cose da me" lo dichiara, dolcemente, nel primo profondo affondo che gli strazia l'anima, che riverbera nel cuore, nella mente, in petto ed in un ansimo che gli lascia sulle labbra. Con la testa che si incurva un pochino, che lo sovrasta ma perché vuole tenerlo con sé per sempre. "Cazzo, Grace.." sa dirgli scivolandogli a lato con la lingua, che studia il collo, in una spinta presente, che scava di più ancora. Ha la voce strozzata, che il fiato gli serve in ansimi che gli fanno stringere le labbra, e così i denti, e così una mano che risale in cerca del palmo di quella di Grace, tanto da tenere salde le dita insieme, e premerla verso il materasso. Non l'ha mai fatto così. "Ti amo davvero..." Sorride, giura, e lo tira fuori in un secondo affondo, che graffia pareti, che iniziano a muoverlo lento, a fargli tremare anche l'anima. Oggi vale tutto, anche dirlo mentre si fa l'amore.

    Posso farti mille promesse. O ingoiarle come compresse. E mandare giu queste parole. Senza neanche sentirne il sapore. Questo mondo da soli non e un granche. Si ma neanche in due..Pero con te e un po meno buio ━━━━

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    Edited by nocturnæ - 7/1/2022, 18:54
     
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    Non c'è cosa, adesso, che Caleb possa dirti senza stimolarti il pianto. Nulla che sappia tirar su quel sorriso sino a spaccarti i denti. Nulla che possa sembrare semplice da superare. Che non attecchisca nel modo in cui proprio non vorresti che faccia. Ma presumi che è proprio così che debbano andare le cose, specie quando ti sporgi troppo e la gravità ha la vinta: Nel burrone ci finisci inevitabilmente se ti spingi troppo per guardar giù. Come Narciso nel suo specchio d'acqua. Soffochi e ti va bene farlo. Aggrapparti così saldamente al suo corpo perché col tuo senti solo male. Fa male lo sterno, più della clavicola incriminata.
    ''Va bene...'' Ma lo pensi, non glielo dici. Ti va bene tornare da lui ogniqualvolta il lavoro e le trasformazioni ti permetteranno di farlo. Ti va bene farti scopare da chiunque sapendo che poi puoi tornare nella sua casa. Tra le arance, sì. Tra il caffè ed i tacos.
    Ti va bene, davvero, anche se quel nodo che senti alla gola non sai come sbrogliarlo. Ne conosci persino il nome, la forma e più provi a mandarlo giù, più questo risale come fosse bile.
    Va bene, certo, ma è una promessa che sai bene di non poter mantenere. Perché non esiste un tornare che sappia essere eterno. Tu sai che non tornerai. Un giorno, per queste scale, non salirai più. Per questo forse vorresti che fosse lui a cacciarti via. Ad impedirti di farlo: Perché questo significherebbe non fargli male. Significherebbe dare uno smacco alla tigre.
    Così lo baci mentre parla. Lo fai passando da una guancia all'altra, scendendo per il mento, la gola e poi verso i lobi. Continuamente, affamato, che nei baci vuoi nascondere le tue insicurezze e quelle lacrime, umide, che a forza ricacci dentro. Continuamente, senza darti pace.
    Lo baci per non dovergli rispondere, perché vuoi che smetta di parlarti, di dire ciò che vorresti sentire. Di farti desiderare qualcosa che a priori non può esser tua. Niente ti appartiene, solo qualche illusione.
    Anche se quelle spinte ti fanno sussultare, incurvare la schiena per rispondergli di rimando. Premendoti contro di lui, bacino contro bacino. Con gambe che stringi per fargli male, per tenerlo per te. Stretto, gelosamente. Vorresti essere punito per questo amore che provi. Vorresti punirlo per questo amore che prova. Che più è sbagliato più è bello. Fa male e tu non sai come combatterlo. Come farne di rimando.
    Ma fai risalire le mani. Gliele incastri lungo il viso. Lo fai per costringere il suo naso contro il tuo, in baci che si fanno più lunghi, più arrabbiati. Che solo con la testa lo spingi via. Tiri su il busto in ansimi che ti spezzano il respiro.
    ''...Davvero...'' Continui ansimando ''cazzo...'' Te lo lasci sfuggire. ''Te lo giuro.'' Che lo ami, sì, a modo tuo. Ad occhi chiusi, stringendoti forte a lui ma senza invertire le posizioni. Che oggi ti piace così: Che ti sovrasti, che ti faccia smettere di respirare per davvero. ''Ti scongiuro, non farmi venire subito.'' Una preghiera sibilata a mezza bocca. Che l'orgasmo significa un arrivederci e gli arrivederci, per te, dei meschini ''addio'', tanto che vuoi che vada piano. Che si prenda tutto il tempo e ti esplori, ti faccia soffrire ancora un altro po'.
    ''Sei così bello, cazzo...'' In tutti i sensi: Nel suo essere un ragazzino. Nel suo essere così animale e così delicato allo stesso tempo. Lo è nel suo essere tanto dolce, tanto bravo nel farti godere. Lo è semplicemente.

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    Non ha idea, Caleb, di come si faccia a non sorridere a quei baci. Lui la felicità la mostra coi denti, che è sempre stato abituato così. Sorride in respiri che escono a fatica, che si evolvono in ansimi tanto potenti da tenerlo con una mano sempre incollata al materasso, così da tenersi su. Allenato, ma mai abbastanza.
    In fondo poi, che ha chiesto? Solo che Grace torni. Che tra tutti i posti dove potrebbe rifugiarsi scelga lui, Caleb, il ragazzo della roulotte, quello che ha sempre una battuta pronta, che fa tanto il gradasso poi in fondo non c'è molto di cui vantarsi. Quello che di promesse ne fa sempre, che sa di poterle mantenere e allora.. allora ogni tanto ha bisogno che qualcuno le faccia a lui, che gli insegni che esiste chi può dare cento, per un cento che riceve. E no, stavolta niente dollari. Alla fine è lo stesso che ha sperato di valere qualcosa senza architettare nulla perché Grace finisse tra le sue braccia.
    Le gambe che lo stringono, che gli chiedono di restare, mai di fare in fretta e andarsene. E' un altro gemito che lo prende in piena pancia, in uno scivolarsi dentro che fa male per quanto sia bello oggi, come se d'improvviso tutte le altre volte non contassero un cazzo.
    Si fa spingere, trema come una foglia per un affondo che gli muove le ginocchia più avanti, che con le mani libere adesso lo tiene per la schiena, come fosse un ballerino, come se così chiedesse fin dove può piegarsi prima di spezzarsi.
    Risponde ai baci con la stessa fame, con piercing che puntellano sui denti, che vogliono essere strappati da quanto adesso non trovino pace.
    Sente un calore che non ha bisogno di lenzuola, che brucia contro il ventre, che lo manda in fiamme per ogni punto che scava, per ogni meraviglia che sa raggiungere se solo si allunga un po'.
    Allora qualcosa di buono la so fare davvero. Ecco, ecco è questo quello che ancora pensa nel sapersi spingere dove chiede, a fondo più di chiunque altro.
    "Va.. va bene.." lo sibila trai baci che fa scendere lungo il collo, che non lo sa quanto lui può ancora durare, ma cavolo se si spolvera l'orgoglio adesso, che diventa una sfida anche questa: farlo godere più a lungo che può, che di quel suo ansimare non può averne mai abbastanza. "Allora facciamo così.." si annuncia piano, in un ghigno che gli spezza i brividi, che la mano tesa scende, finché si non piega in un gomito sul materasso, ed allora con l'altra gli tiene solo la schiena inarcata, lo guida in movimenti lenti che forse.. forse per lui peggiorano le cose, forse più potenti sono e più trema. Cuore a cuore, sotto strati di pelle invisibili, scivola su di lui, si muove pano, il cucciolo, fa davvero del suo meglio. "Te ne sei accorto, alla fine.." che è bello, che non si tratta solo di stupida vanità ma di quel perno che, guardandosi allo specchio, gli ha sempre fatto dire che doveva fare di più, perché a nessuno sarebbe piaciuto così com'era.
    Un ringhio lento gli strappa le parole di gola, tanto che il sussurro, dopo, è un vibrato basso che gli incastra prima di moricchiargli il lobo. "..me lo dici di nuovo come mi chiami?" Piccolo.

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    Vorrei sapere cos'è che senti adesso quando, assecondando i movimenti di Caleb, tieni gli occhi così stretti che quasi sembra tu abbia paura di lasciar volar via la sua immagine. Quella che ora ti sovrasta ed è divenuta per te tetto sopra la tua testa, cielo stellato in cui ritrovarti a contare le costellazioni. Stella per stella, con il dito ad indicargliele affinché lui possa leggerle per te. Così come ti sei finto sapesse leggere i tarocchi e fosse bravo a giocare a carte carpendo ogni bluff.
    Vorrei capire cos'è che ti passa per la testa, quando negli ansimi, lasci sfuggire il suo nome. Forse per fissartelo nel cervello, forse per dirti che sì, è vero: Hai Caleb dinanzi agli occhi anche se li tieni chiusi. Resta lui, sempre, anche se non è nei tuoi sogni più vividi od in quelle speranze che a tratti senti morire. Vorresti stringerlo così forte da incastrarti in lui. Affinché ti porti via dalla tua vita: Affinché trattenga a sé ogni cosa e la distrugga.
    Come se l'amore potesse uccidere il Maledictus. Come se foste protagonisti di una di quelle storie maledettamente dolorose, ma dal lieto fine. Solo che la magia non funziona come negli anime: Non esiste sentimento tanto potente da riuscire a strappare via una maledizione e questo lo sai.
    Lo sai quando ti lasci andare ed il cuore batte così forte che potrebbe uscirti direttamente dal petto. Come un Alien, quel film che hai visto solo perché sai che a lui piacciono queste cose vecchie. Queste cose che nessuno ti ha mai fatto vedere quando, da piccolo, venivi lasciato a giocare da solo in giardino.
    ''L'ho sempre sostenuto.'' Biascichi piegando il capo verso il cuscino, sperando di poterci sprofondare, di trattenere lì gli ansimi che ti gonfiano il petto. E ti riferisci a tutte quelle volte che devi aver detto ai tuoi amici di lui. Che era bello e che eri stato fortunato nel trovare un cliente del genere. Perché era bellissimo, aveva stile ed inoltre, cosa forse più importante, era buono.
    Ed il fatto che fosse così buono forse ti ha mandato fuori di testa. Credo sia stato quello a farti scivolare nella sua ragnatela.
    Respiri, alterni ansimi a gemiti. Premi la bocca dove viene: Su un tuo braccio, sul suo viso, non lo sai più.
    ''Piccolo...'' Ripeti in un sorriso che finisce per lasciarti a bocca aperta. Le labbra si schiudono, inarchi ancor di più la schiena. ''Cazzo Caleb...'' Non funziona: In qualunque mondo si muova, senti di esser al limite. ''Cazzo...'' E non vuoi, anche se è bellissimo. Anche se è come ascendere, staccarsi per un istante dal proprio corpo. Che aprendo gli occhi ti sembra di fluttuare. Il corpo si irrigidisce per poi divenire molle, di nuovo. E stai bene. Ogni pensiero si silenzia per un istante. Questa è la sera più bella della tua vita. Non sei più Grace, non sei più Gray. Non sei più il maledictus, la tigre. Ma sei Caleb, l'orgasmo che ti scombussola l'animo. Che ti lascia debole, inerme, ma comunque vincitore.

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    "Più lento, Caleb cazzo così vengo subito" gli aveva detto proprio così, quando, in fondo Caleb davvero avrebbe solo voluto liberarsi di Aaron e di quel peso infilato trai denti. Stretto a forza nelle labbra. Che prima si muoveva e prima avrebbe finito. Ricorda le lacrime quel giorno, che ha tenuto dentro a fatica, perché mostrarsi ancora più debole sarebbe stato stupido. Allora con quella mano stretta trai capelli, a tirarlo indietro, aveva piegato il suo volere a quello del ragazzo, di Aaron. L'aveva fatto più piano, sempre più piano. Stringendo gli occhi, e così i pensieri perché andassero ovunque tranne lì. "Dai che sei bravo.."

    Non sa pensarci, Caleb, adesso che la richiesta di Grace invece gli manda un tuffo al cuore da far tremare le pareti dello sterno. Ma quando mai è stato così felice? Che spesso le scopate erano diventate un punto di divertimento - quando ci riusciva - tra una bevuta e l'altra, a volte perfino da dimenticare, o forse il suo unico argomento di conversazione. Che nessuno ha mai voluto capire cosa avesse da dire e, lui, rapidamente si è messo via anche questo, ripiegato in una tasca come un promemoria che poi neanche ha più letto. Neanche ha messo in pratica. E pagava Grace perché in fondo di certo non gli avrebbe fatto domande, non avrebbe voluto capire chi aveva davanti. Doveva essere un cliente come un altro. Che bello, invece, che le cose siano andare velocemente a rotoli, tanto che è bastata una sera per dirsi che no, no voleva anche tutte le altre attenzioni. un po' le meritava, no? Un po', anche se a pagamento, anche se finte.
    "Grace" miagola, quasi, in quell'ansimo che crepita, vibra come un gemito che si fa spazio in un affondo che sa di ultima spiaggia, ultimo appiglio, che vorrebbe muoversi su di lui per ore. E lo farà, ma un po' alla volta. Ora sa invece prendersi ogni centimetro e godere per il calore che gli provoca sentirsi chiamare per nome: qualcuno finalmente vuole lui, e non perché è in debito di anfetamine.
    Aumenta, lo sa quando deve dare il massimo, quando la presa deve farsi più forte, più salda, quando il corpo di Grace gli finisce contro con la potenza di un urgano, ed allora si che le parole non hanno spazio, che ogni secondo di quell'orgasmo deve riempirlo lui. Lui che viene poco dopo, giusto il tempo di sentire Gray accasciarsi tra le lenzuola.
    Il cuore batte così forte che appoggiarsi piano a Grace significa svelare un segreto già sulla bocca di tutti, una bocca che per Caleb sorride senza sosta. Soddisfatto, appagato, dannatamente innamorato perso. Ecco non si può dire che sia niente di diverso, quando lentamente gli lascia spazio per respirare. O forse è che quando Gray viene, dopo, è in un posto che Caleb sa raggiungere anche solo guardandolo così, beato.
    Tanto che però solo non lo lascia, non se può sdraiarglisi accanto e premere le labbra lungo le guance arrossate. "Vuoi qualcosa..?" sa di chiederlo con il fine meschino di avere già una risposta pronta per lui, che gli serve praticamente subito: "..oltre a baciarmi ogni giorno, chiaro" ride, pianissimo. Felice

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    Ormai andate di pari passo. Come foste un’unica cosa. Un corpo che va armoniosamente. Che danza, forse, tra lenzuola che profumano di Caleb ed incarnano perfettamente l’idea di casa. Questa non è casa tua, ma è sicuramente uno dei posti che più preferisci. Perché tra tutti i luoghi che hai visitato questo ha già le tue radici. Ogni mobile porta la tua impronta e tu stesso sei smussato affinché tra questi spazi possa entrare senza soffrirne le forme. Ti fai giustospazioso come un occamy affinché Caleb possa lasciarti vivere qui. Affinché possa non mandarti via mai. Che tornare indietro fa solo male. Che uscire di qui non fa altro che ricordarti quanto limitato sia il tuo futuro. Tra queste lenzuola sa fermarsi il tempo. Diviene clemente solo perché lo preghi in gemiti che sanno farti lacrimare. Sei in stasi. La luce dei lumini ti illumina le ciglia. Sei fronte imperlata pronta a riacquisire la sua giusta temperatura corporea. Il ventre ti sta bruciando. Ti volti verso di lui solo per lasciargli scivolare l’indice ed il medio lungo una spalla. In una carezza che scende e risale. Lenta, dolce. Rimani ad osservare il modo in cui la pelle sa farsi d’oca, reattiva ai tuoi stimoli. Poi ricerchi lui, il suo sguardo caldo, pieno come un Poket Coffee.
    N-no…“ Non vuoi nient’altro adesso, nulla che sappia prendere il posto di un’effusione che probabilmente ripeteresti in eterno. Ma sorridi nel dirlo, perché nonostante tutto, Caleb non sa mai porsi senza tirar in ballo delle attenzioni che, anche se non dovesse chiedertele mai, tu gli daresti comunque. Perché in questo preciso istante, osservandolo con un orgoglio che non comprendi, senti di volergli dare ogni cosa.
    Cioè, forse una canna, ecco.“ Ma non hai propriamente la forza di alzarti per andare a prendere il grinder nella tasca dei pantaloni. Vuoi restare qui, ad accarezzargli la spalla in eterno, anche se poi il movimento si fa più lento, anche se solo per permetterti di far avvicinare ulteriormente la testa alla sua. Ti stai accoccolando forse per la prima volta in vita tua. Per la prima volta in vita tua da nudo come un verme, si intende.
    Tu invece? Vuoi qualcosa a parte un altro bacio?“ Siete quasi meravigliosi adesso, a guardarvi con questi occhi così grandi. Eppure a volte restano solo sguardi. Restano solo occhi.
    Ma tu i tuoi li chiudi a prescindere, perché raggiungere l’ orgasmo ti rilassata e lo fa ancora di più se pensi di poter dormire con una delle sue mani tra i tuoi capelli. “Non so se riuscirei a fare a meno di te, adesso.“ Che è un modo tutto tuo per dimostrargli amore.


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    Chiude gli occhi a carezze che conosce, eppure a volte è così piccolo da volerne all'infinito. Che si fare l'amore è bellissimo, scopare è divertente, ma qualcuno che lo accarezza gli manca da tanto. Da quando si accoccolavano nel letto lui e Juno, che poi è sempre stato Caleb quello pauroso, che se vedeva un film horror, poi si cagava sotto quindi via ad infilarsi nel lettone di mamma e papà, e quando Tyron lo sbatteva fuori allora era Juno da cui andava. Certo dissimulava sempre, sia mai che lo spilungone avesse anche paura di qualcosa.
    Forse era solo bello poter essere imperfetto, scomposto, se stesso senza essere giudicato. E' bello essere accettati si, la sensazione più potente.
    E no, non si tratta neanche di dover piacere a qualcuno o quel tipo di accettazione di cui sa fare a meno. E' solo che con Grace non si è mai nascosto e se sono arrivati qui, ai grattini lenti lungo il braccio, è perché qualcosa di fondo esiste. Esiste tanto e bene. Esiste nel modo che lo spaventa, che gli fa tenere gli occhi chiusi anche quando Gray parla. O forse è solo che a lui sembra di essersela già fatta una canna, ha i muscoli sciolti, che se si alzasse tremerebbero. E' troppo pigro per farlo, e ride di questo, nel riprendere fiato. Le lucine li abbracciano e così saprebbe anche addormentarsi, dicendosi per una sera che stavolta no, non si sveglia solo con un pugno di lenzuola da buttare.
    Apre gli occhi, perché è certo di quello che ci troverà, e vi si legge un "Ehi" morbido e gentile, grande come il tuffo che il cuore ha compito nel provarlo di un altro battito. Sti stronzi scappano come ladri. "Ricevuto" lo dice in un gioco che vede rincorrersi un altro sorriso, un braccio che bassa sopra il busto di Grace, morbido a sfiorare le cicatrici senza renderle punti di blocco, incroci invalicabili.
    Un po' un segno che si, belle le canne ma no, non si alzerà da lì. E si avvicina un po', scivola piano con la testa vicino alla sua spalla, su cui lascia un bacio gentile, e una leccata perché è stupido.
    "Nah.. per stasera ho tutto quello che mi serve, e senza tacos, pensa quanto sei speciale.." che di fame ne ha una quantità imbarazzante, ma neanche quella sa farlo alzare, che quel che ha detto è importante. Fondamentale, praticamente la confessione del secolo.
    Gioca a rincorrere le ossa del collo, sfiorare in cerchio un punto al centro del petto e poi risalire lo sterno come a sentirlo sotto la pelle. E' una cosa che fa, non ci pensa.
    "Allora ci siamo fottuti per bene, eh..?" una lenta ammissione ad occhi lucidi, che usa per cercare uno sguardo, che arrivi o meno non lo sa se importa. E' che tutto sembra vero. Tutto è vero adesso. Si sono fottuti, non nel modo che lo fa ridere, ma in quello che lo trova ad accettare stavolta di amare una puttana, ma cazzo la migliore. Quello giusto.

    Posso farti mille promesse. O ingoiarle come compresse. E mandare giu queste parole. Senza neanche sentirne il sapore. Questo mondo da soli non e un granche. Si ma neanche in due..Pero con te e un po meno buio ━━━━

    caleb sharp
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    Non sai cosa intenda per ''esservi fottuti''. Se intende nel senso lato od in quello che sì, vi ha visti scopare. Comunque in ogni caso la risposta deve esser definitiva. Perché ciò che avete fatto in questi mesi un po' vi ha fottuto la vita. In bene od in male che sia. E lo ha fatto senza mezzi termini o senza chiedervi necessariamente il permesso per divertirsi in tal senso. Ma come ti sei sempre detto: Le cose vanno così perché così devono andare e se Dio ti ha tolto tutto per poi darti Caleb, allora forse un senso esiste, anche se è un senso che sa far malissimo ad entrambi. E lo fa senza che tu lo dica: Perché non hai ancora intenzione di avvisarlo. Non hai quel coraggio che potrebbe permetterti di fare un passo così lungo. Ti viene meno difficile amarlo che ammettere che un giorno potresti non farlo più. E privarlo di tale amore solo perché la tigre non sa formularlo nel modo in cui fai tu. Lei è istintiva, non razionale e ciò che fa è solo secondo degli stimoli che non può processare nel medesimo modo in cui lo fai tu adesso quando, accarezzandogli la pelle, capisci di volerlo proteggere da ogni cazzo di male. Anche da te stesso. Perché tu sei un male, Grace. Sei come un parassita che si insinua sotto pelle. Ma non lo fai di proposito, lo so. Lo so che a muoverti è solo un bisogno quasi spasmodico di sentirti amato. Così come non ha potuto fare tua madre, così come ha evitato di fare tuo padre. Prediligendo l'indifferenza. Prediligendo la sofferenza.
    ''Beh, tu sei bravo a fottere.'' Lo dici per smorzare la tensione. Per permetterti di ridere e così tirar fuori quel grumo di catarro che ti appesantisce il petto. Lo mandi giù. Lo ingoi con l'ultimo respiro che lasci grattare la gola.
    ''Dunque...'' Ma lo trovi, adesso, il coraggio di guardarlo negli occhi e di nascondere i tuoi dietro zigomi che si gonfiano. Sei allegro, ma triste nel medesimo momento, come se in te convivessero due facce della medesima medaglia.
    ''Adesso sei tipo il mio fidanzato? Uno serio, intendo.'' E sei piccolo, Grace. Piccolo come quel quindicenne che non sei mai stato, perché a quell'età eri già a concederti a chi aveva i doppio dei tuoi anni. Sei piccolo in ciò che stai cercando di recuperare. Che non lo fai mai ricordandoti di essere quasi un trent'enne. Lo fai ritornando indietro, rimettendo insieme i pezzi di un puzzle che non hai mai completato e che, probabilmente, non completerai mai.
    ''Non il Caleb che ho conosciuto al bar...'' Come avevate inventato per il matrimonio di Chrysanthemum e Joshua. ''Ma il Caleb che dopo il suo concerto è venuto su quel tetto a dirmi che, nonostante la fama da rocker quasi famoso, aveva a malapena venti dollari.''

    Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca.━━━━━━

    Gray Moore
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