Vanished

Caleb & Grace | 8 gennaio 2022, un tetto vicino a Central Park.

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    Gli avevi detto di essere occupato perché la tigre aveva iniziato a ringhiare nella tua testa. Un brusio fastidioso il suo, che sa di artigli conficcati nella carne seppur dall'interno: Che se provi a strappartela via poi sai di non riuscirci. Perché da dentro non sai togliere nulla. Nemmeno inducendoti il vomito. Che ficcandoti due dita in gola non risolvi niente.
    La bestia resta lì, prende il tuo posto e lo fa anticipandotelo in giorni di agonia. E sono giorni che Froy ormai conosce. Lo hai guardato, quel 5 di gennaio quando rifiutato da Caleb, hai deciso di cenare con lui ed Oswald.
    ''Sta succedendo di nuovo?'' Ti aveva chiesto lui in tutta pacatezza, tagliandoti una fetta di polpettone. Tu ti eri limitato ad annuire: Un movimento veloce del capo, nulla di più. Che quando ti trasformi Froy finisce per divenire il tuo peggiore nemico. Lo è stato agli inizi, ma continua ad esserlo anche ora. Perché per braccarti deve farti del male: Che ultimamente sei indisponente, più battagliero del solito.
    Così per giorni tu e Caleb non vi siete visti: Lui il 5 non c'era e tu non ci sei stato il 6 di gennaio, quando indossando l'uniforme del circo, stretto nel tuo bavero, hai sorriso alla folla come se nulla fosse. Anche se la tigre si contorceva nel tuo stomaco come un verme e la trasformazione, forse, non è stata nemmeno delle più belle. Tu che eri sempre stato così bravo, quella sera, nonostante la musica che avevi scelto di tuo pugno, hai emesso un gemito di dolore nel lasciare che la schiena si curvasse per lasciar spazio alla bestia. Una trasformazione così dolorosa da indurti un pianto che, fortunatamente, dal pubblico non dev'essersi visto. Perché tutti hanno applaudito, poi, inteneriti dal tuo spettacolo. Chiedendosi, probabilmente, se quei salti negli anelli di fuoco sarebbero stati gli ultimi. Che sei un bell'animale quando la sofferenza finisce e lascia spazio alla regalità dei tuoi passi. Sei bello, ma resti solo qualcosa contro la quale allungare con coraggio una mano.
    E non lo hai visto Caleb tra la folla. Hai guardato forse tra i presenti se potesse esserci un volto nuovo, un volto riconoscibile, ma sotto quelle luci la vista sa farsi sempre troppo sfocata. Sei sempre da solo su quel palco. Tu e Froy, quell'uomo che ti bracca, che ti frusta se non salti come dovresti. Anche se ormai sei diventato bravissimo, anche se ormai...
    Ed il risveglio, un po' come i precedenti, non è stato dei migliori. Lo hai saputo solo da Oswald che Caleb era stato lì quella sera e che per causa di Froy, che forse lo aveva spaventato, se ne era andato a gambe levate.
    Perché li aveva visti parlare ed aveva sentito, stretto nella sua sigaretta, che il tuo amico aveva usato dei toni poco carini per spigargli ciò che tu non hai mai avuto il coraggio di raccontare.

    ''Dimmi perché cazzo lo hai fatto.''
    Sventoli il cellulare dinanzi agli occhi di Froy che, tranquillo sul suo letto, finge di leggere un libro di astronomia.

    ''Per non farlo soffrire.''
    ''Per non farl - e lo fai così?''
    Sei nero di rabbia. Stringi i denti, i tuoi occhi si incastrano a forza in quelli di Froy, vorrebbero fulminarlo all'istante.

    ''Senti, stava diventando pesante. Non potevo lasciarlo gridare il tuo nome per tutta la notte.''
    Ti sente che tiri su col naso, per questo forse smette di guardarti.

    ''Potevi - potevi spiegarglielo, potevi dirgli di stare tran - '' Ma lui ti interrompe e lo fa tirandosi in piedi, ma solo per sovrastarti in altezza e guardarti dall'alto al basso.

    ''Dovevi farlo tu, cazzo! Tu devi farle queste cose, non io, lo capisci?!''

    Vuole aver ragione ed è per questo che alza la voce. Lo fa sempre quando litigate.

    ''Non è compito mio gestire i tuoi clienti, cazzo, né...che cazzo è Grace, il tuo fidanzatino!? Davvero?''
    ''Dovevi almeno evitare di parlare per me!''
    ''Era il modo più utile.''
    ''Il modo più...cazzo Froy, cazzo!''
    Gli batti un pugno in petto, urli.
    ''Io non c'ero Froy! Io non c'ero! Se era compito mio allora dovevi farti i cazzi tuoi, ok!?''
    ''Senti, calmati magari ho - magari ho sbagliato ma.''
    ''No, vaffanculo.''


    E trovarlo su quel tetto forse non è stata solo una fortuna. Per quel poco che conosci Caleb, forse, puoi dirti di saper di lui quanto basta per descriverlo come un ragazzino terribilmente romantico.
    Forse ti sei fatto guidare semplicemente dall'impulso. Da quell'ultima cosa che vi siete detti prima di addormentarvi il primo dell'anno. O da quei venti dollari che tutt'oggi restano i tuoi migliori guadagni. Fumi una sigaretta che si sperde nell'aria. Che fa già freddo a causa di un imbrunire che vede affievolire l'arancione di un tramonto dietro ai palazzi. La sua sagoma non così distante resta l'unica cosa riconoscibile di questa città. L'unico riferimento visivo che hai.
    ''E--ehi.'' Ti trema la voce, non sai che dire, non quando credi che non esista alcuna spiegazione, anche se vera, razionale, a riaggiustare qualcosa che non sai se e quanto si è rotta.
    ''Ho solo venti dollari con me...posso, posso bere in tua compagnia?'' Ma lo dici restando in piedi, con respiri che si spezzano e gambe che tremano da morire.

    Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca.━━━━━━

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    Puzza di Rum. Neanche il Gin riesce più a guardarlo senza che gli venga il magone. Senza che la mente viaggi con costanza lancinante verso quei messaggi.
    Oh Caleb li ha consumati, tanto li ha letti, che li sa a memoria, li può recitare al cazzo di nulla davanti a lui. Ai tetti, che non se lo filano. Agli ubriachi che ciondolano già dall'alba in giro per i peggiori posti che frequenta.
    Ma lui resta in silenzio, da ore ormai, in compagnia di due bottiglie di cui una l'ha già lasciato a piedi. Ma tanto mi lasciano tutti, che differenza fa? Ripete, di continuo, con gli occhi che non si danno tregua. Che il dolore si alterna alla rabbia, che il pianto ha lo stacco di qualche minuto, giusto per odiare un po' il mondo, e molto se stesso, e forse anche un po' Gray e quel suo cazzo di amico. Si quello che gli ha impedito di andare da lui, di capire come stesse. L'ha sbattuto fuori dal circo, solo perché è così stupidamente innamorato da aver gridato "Grace" ai quattro venti, pur di capire che cosa era vero oltre l'angoscia. Oltre la tigre.
    Si stringe di più le gambe al petto. Stupido.
    Un singhiozzo gli alza le spalle. Trema come una foglia e non per il freddo, ma per la stanchezza che porta il pianto, per la disperazione con cui ha dato fondo a grida mute su questo tetto. Che un po' non lo avrà sentito nessuno, e forse un po' l'avranno sentito tutti. Non gliene frega niente, non se può puntare il pensiero in luoghi che gli fanno un male dell'anima. Lì dove i sorrisi di Grace gli bagnano le guance. Mi ha solo mollato, cazzo.
    Le mani salgono ad asciugare l'ennesimo fiotto di tristezza.
    Non lo sa se sia peggio l'aver scoperto in una notte cosa sia un Maledictus, e che questo sia proprio il suo ragazzo, il suo.. recente, ragazzo. Praticamente la persona a cui ha detto "ti amo" per la prima volta, e con cui sicuramente ha fatto anche l'amore la prima bellissima volta. O l'essere stato lasciato con due messaggi.
    Non tre, non quattro. Ghosting dopo due. Che l'importanza che si era quasi dato, non è allora mai esistita.
    Non si dà pace. Si logora e basta, sfilacciato come il maglione che indossa da tre giorni. Forse un po' ha dormito, con la fronte appoggiata ai polsi, forse invece si è solo spento per sentire meno dolore. Potrebbe, cazzo se potrebbe allungare la mano, riaccendere il cellulare, scrivere ad Aaron. Farsi scopare brutalmente senza sosta per un'ora ed avere una quantità di anfetamine e tranquillanti da stenderlo per settimane. Forse se non sentisse più niente starebbe meno male.
    E nonostante tutto, nessuno gli riporterebbe Gray. No, perché l'ha lasciato. "Addio Caleb"
    Beve arricciando le labbra, che neanche vogliono aprirsi, quindi le forza, con una mano che trema appena, gli occhi li chiude e bruciano come se il rum lo avesse bevuto da lì.
    Non c'è una sola battuta ironica che riesca a deconcentrarlo, solo musica lenta nella testa, strappalacrime come se la sua storia non ne chiamasse abbastanza.
    Era andato al circo solo per divertirsi un po', per accontentare Jasper e Jerome, loro insistevano che non è giusto che una volta fidanzato sparisse e visto che Grace era impegnato allora.. allora perché no?
    Già.. perché cazzo di no, eh?! Beve, di nuovo.
    Il petto gli fa male, i polmoni gli chiedono pietà, ma più si ferma, più prende respiri e più Grace tra le lenzuola torna prepotente, e poi gli si allungano le zanne, si trasforma davanti a lui e.. e glielo portano via.
    Cosa ho sbagliato? Prega, nel silenzio dei suoi singhiozzi. ".. ti prego, cazzo" .
    E poi Grace torna anche dal vivo, ma Caleb non ci crede, in un primo momento si immagino solo sia nella sua testa. Quante volte in tre giorni ha immaginato che andasse a parlargli? Troppe, sempre troppe. "Puoi fare il ca-".. zzo che ti pare, direbbe, se non fosse che in parte gli muore tutto in gola, ed in parte alza gli occhi verso Grace. C'è davvero. Oppure le sue immaginazioni si sono fatte ologrammi. Come ferito anche solo dalla visione, dallo schiocco della frusta nella sua testa, Caleb torna a guardare avanti, gli occhi di nuovo umidi - quando mai ha smesso? - la gola riarsa. Trema la mano che usa per grattarsi le tempi, ma non dice altro. Non un fiato, non un respiro. Niente. Finché: "Sei venuto a goderti lo spettacolo, eh? Beh, allora guarda. Perché sta per diventare piuttosto.. patetico" singhiozza, prega. "Vai via.."

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    D'altronde cosa potevi aspettarti? Se Froy si fosse fatto gli affari suoi forse ora riusciresti a dire qualcosa che, solo nell'esser pronunciata, potrebbe quanto meno placare parte di quell'agitazione che sta iniziando a montare in petto ad entrambi. Che sei conscio di come abbia senso tutto questo: L'odore di alcol, ad esempio, che è lo stesso che sentivi quando, rientrando a casa dalla scuola, trovavi tuo padre addormentato sul divano. Nessun pranzo ad aspettarti in cucina, nessun aiuto coi compiti.
    O le sue parole, che sono giuste, sono la diretta causa di ciò che Froy ha scritto e che tu non puoi rimangiarti ora. Non puoi far finta che non siano lì, impresse sulla chat del telefono. Puoi cancellare i messaggi, sì, ma questi non si cancellerebbero dalla sua mente.
    Hai un respiro che si fa tremante nei polmoni. Esce fuori dal naso in sbuffi di fumo che si condensa. Così come lo sbuffo di sigaretta che lasci scivolar dalle labbra quando, facendoti più vicino, lasci che gli occhi si inumidiscano un po'.
    ''Il presentatore ha detto la verità.'' Dici in risposta ai suoi messaggi. Che se non ha senso dirgli che non sei stato tu a scrivere quelle cose, forse ha senso fargli capire che tu non ne sapevi niente. Forse raccontando la cosa peggiore aiuta a spiegare quella più semplice. '' Ecco a voi il ragazzo che si trasformerà per sempre in una bestia. Grace! Il maledictus.'' E lo ripeti imitando un entusiasmo che non si accentua però nella voce. Che il tuo tono oggi è basso, lo è perché lo sterno fa ancora male: Che allargandosi e restringendosi così velocemente non gli fa mai bene.
    ''Io non sapevo fossi lì...'' Lo dici passandoti una mano tra i capelli, per spostar via una ciocca che ti ricade ribelle davanti agli occhi.
    ''Me lo ha detto...me lo ha detto Oswald al mio risveglio.'' Chiami così la trasformazione che ti riporta alla tua umanità. A quel raziocinio che da tigre muta in istinto e a quei ricordi che, da animale, restano sempre un po' offuscati.
    ''E Froy...'' Solo a pronunciare il suo nome digrigni i denti. Ringhi di rabbia. ''Cazzo, è stato un coglione. Ha pensato che quei messaggi potessero risolvere qualcosa...'' Ma lo sai: C'è una parte di te che finisce sempre per dargli ragione. Ed è quella stessa parte che all'inizio ti ha frenato dal provare un sentimento che fosse sincero, sfrenato.
    ''Ma su una cosa aveva ragione..'' Una cosa di cui Caleb non può sapere nulla. ''Avrei dovuto parlartene. Del Maledictus, dico.'' E tieni lo sguardo basso, ad osservare la punta delle converse bagnarsi in una pozzanghera. ''Solo che...'' Forse stai parlando più a te stesso che a lui. ''Solo che fa paura ed io sono un fifone.'' Solo così ti siedi, ma lo fai lasciandogli i suoi spazi. Vicino, ma non troppo da soffocarlo. Con le ginocchia a tua volta premute contro il petto.

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    Vai via. Ripetuto nella testa, dove però nessuno arriva: perché a nessuno importa. Non importa mai abbastanza che Caleb sappia le cose, quando è sempre meglio fargliele sapere in ultima no?
    E lui, stupido, si è davvero innamorato, tanto che non ce l'ha la forza di insistere, di pregarlo sul serio - perfino in ginocchio - di lasciarlo solo. Che l'ha fatto due giorni, quindi perché non farlo adesso? Non si può fare ghosting a metà, fa solo più male.
    Ma quello che è ovvio, sotto pelle, è che Caleb non è pronto. Non è pronto al momento in cui ci si dice tutto e poi si chiude con un addio. E' un momento che ritarderebbe per anni, che lui vuole solo tornare indietro di qualche giorno, al Capodanno più bello di sempre. Quando il cuore stava bene.
    Il Rum amplifica tutto, che se è triste allora diventa disperato, e se è felice sa farsi euforico ma siamo decisamente nella prima delle due emozioni. Scava dentro un solco che lo fa tenere più strette le ginocchia, come se lasciandole sapesse che si forzerebbero per alzarsi ed andargli incontro. Che nonostante tutto ha avuto paura, ne ha ancora, e vorrebbe un dannatissimo abbraccio che potesse almeno fingere una stasi, un "va tutto bene" a cui appendersi.
    Ma niente va bene, Caleb, niente. Ed ora la persona che ami, e che ti ha piantato in asso, morirà tra non si sa quanto perché è maledetta.Perché tigre.
    La bottiglia ciondola, tenuta per il collo dalle dita, mentre lui non sa guardare Grace negli occhi, allora li sposta al lato opposto, ascolta e basta. Così come se ogni frase ed ogni stramaledetta parola non fosse un'altra coltellata. Ed è piccolo, troppo per non tremare. Per non passarsi le mani in viso ogni cinque secondi e, dopo, lasciarle ferme lì.
    Risentirlo, nella testa, quell'uomo che ha presentato Gray, fa così male da togliergli il respiro, da vedere come le labbra vibrino di tutto quello che non sa dire. Lo sguardo resta basso, che un po' è nebbia, un po' solo vergogna per non aver capito prima, per non aver chiesto, per non aver saputo che cazzo fare.
    "Mh-mh.." parlerebbe se sono non avesse paura di soffocare nel pianto ogni parola, ogni cavolo di frase che pensa ma non dice. Che si è sentito una merda perché la trasformazione di Grace è stata bella, all'inizio, spettacolare, degna di una presentazione così accorata. E' un animagus, aveva pensato, devo chiedergli di rifarlo per me, aveva continuato prima che il cuore si spezzasse con un ringhio di troppo, con la sofferenza che non è di chi muta così.
    "Beh ero lì.." infila così da ribadire l'ovvio, in un moto che gli tiene i denti chiusi, come se ora la bestia fosse lui.
    Forse si, forse quei messaggi non li ha scritti Grace, il che sarebbe di grande sollievo se la questione non fosse tanto fresca da farlo smettere di ragionare. Forse ha anche finito le lacrime a disposizione, che non si ricaricano neanche con il Rum.
    "Froy è-... quello alto che mi ha fermato dal seguirti?" La risposta la sa, ma non sa cos'altro dire per non suonare solo stupido. Eppure lo è, lo è quando in fondo volta piano il capo, lento, in respiri che si colmano di ansia. Grace ha paura, Caleb ha paura. Ma forse di due cose diverse. "Non l'ho gestita tanto bene, no.. te l'avrà detto.. E' che non- come avrei..? Non lo so cosa fare e-.. e tu stavi male.. e non voleva farmi passare, non-.. non sapevo niente.. non sapevo come stavi, se.. se poi saresti.. Cazzo." ma gli occhi si riempiono di lacrime di nuovo, che non sa dirlo, non sa chiedergli se sa quando morirà o comunque non tornerà più indietro. Lui che pianificava un amore così bello da saper superare tutto. Che stupido ragazzino. Il problema è che ha una mano che scivola piano sui cocci, lo fa avvicinandosi a metà verso quella di Gray. "Vuoi ancora.. lasciarmi?" trema ogni cosa, perfino il respiro che si condensa tra loro, anche se ci prova a rimanere stabile, sicuro di poter reggere bene. Certo, come ora no? Benissimo.

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    Edited by nocturnæ - 11/1/2022, 09:54
     
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    Hai un cuore che non sa risanarsi da solo. In realtà non hai mai avuto motivo per preoccupartene: Non hai sentito niente, sino ad oggi, che non fossero solo dei semplici fastidi da cui imparare l'indifferenza. Perché l'amore hai creduto di non meritarne mai e che forse, quello dei tuoi amici, non era stato altro che un sentimento dovuto solo dal quieto vivere. Che siete stati tutti adolescenti chiusi nel medesimo spazio vitale. Stretti, forse e per questo, costretti indirettamente ad andare d'accordo.
    E ti sei sentito un peso, all'inizio, quando Froy ti ha accolto per la prima volta tra le sue braccia. Convinto che fosse solo uno stimolo diretto di quello che per lui era stato un compito deciso da Papà: Quello di dover badare a te che eri una ragazzina strappata dal padre.
    Così per anni ti sei convinto di dover badare da solo ai tuoi problemi, anche se gli altri facevano sempre troppe domande per poterti permettere davvero di star per i fattacci tuoi.
    E con Caleb, per forza dell'abitudine, probabilmente, hai fatto la stessa cosa.
    Ti sei chiuso a guscio affinché potesse continuare a baciarti senza chiederti niente. Affinché nel farlo, appunto, potesse evitare risposte troppo dolorose. Ma hai sbagliato e adesso, mentre ti limiti a sentirlo così vicino da soffrirne, ti rendi conto di come sei riuscito a rovinare tutto.
    ''S-sì.'' Osservi la sigaretta consumarsi tra le tue dita. Le nocche ti fanno male come se avessi preso a pugni un muro per giorni. ''Oswald mi ha detto che è stato uno stronzo...io...cazzo Piccolo, mi dispiace.'' Trattieni un singhiozzo che mandi giù tra muco e nicotina. Perché l'ultima cosa che vuoi è far soffrire Caleb. Lo hai sempre detto, eppure adesso non puoi fare a meno di lacerarglielo quel piccolo cuore.
    ''No, no, cazzo.'' Ti odi quando inizi a dire così tante parolacce. Lo sai che è perché sei nervoso, perché anche tuo padre faceva così e da lui, forse, hai ripreso solo il peggio. Lo hai ripreso da entrambi.
    ''Io non ti lascerei mai.'' Ed è vero, lo sai. Perché con Caleb stai bene. Perché gli vuoi bene e sai che se potessi faresti tutto per lui. Ogni singola cosa, anche la più stupida.
    ''Però il maledictus...'' Il Maledictus ti porterà via da tutti. ''Mia madre si è trasformata che aveva trent'anni. Questa è una cosa che si tramanda di figlia in figlia. E...'' Tanto vale dirglielo tutto d'un fiato. Un po' come si strappa via un cerotto ben incollato alla pelle. ''Non lo so, immagino mi restino quattro anni...se sono come lei.'' Cerchi la sua mano tra lo sporco di un tetto che vi ha accolto. Mignolo contro mignolo, nel restare a guardare un sole che ormai si tuffa a capofitto tra il cemento armato. ''Sei tu che non dovresti voler restare con me. Cercarti di meglio...non so.'' Ti pulisci il viso con la manica della felpa.

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    Se potesse, oh se potesse Caleb si ritirerebbe nello sterno. Piccolo, indifeso, come se il mondo fosse solo pronto a crollare di nuovo. Allora come per i terremoti, scenderebbe sotto il tavolo e si chiuderebbe a riccio lì. Al sicuro con se stesso, che resta in ogni caso un posto di merda.
    Lo ricorda negli occhi, che ora hanno solo un sottile velo a coprirli. Solo, si, perché sono esausti come lui. Ricorda il giorno in cui mamma e papà gli sono stati portati via. Che lui c'era, lui ha visto tutto e nel vederlo è stato costretto a nascondersi perché non lo trovassero. E scappare dalle braccia di sua madre è stata la cosa più dura che abbia mai fatto.
    Beh almeno fino al momento in cui non ha visto Grace mutare. Ma neanche, forse quando si è spinto contro il petto di Froy, si è aggrappato alle sue spalle come a volerlo scavalcare. Che nessuno poteva tenerlo lontano dal suo ragazzo. "Sei il mio ragazzo adesso" L'unico e solo.
    Che poi, solo, ci è rimasto sul serio. Un ragazzo che non è neanche in grado di sfondare di pugni uno stronzo che ti tiene lontano. "Piccolo.." lo ripete, in fin di fiato, con quel ghigno che si tira su a tristezza e dolore. Addio Caleb.
    E li ha letti con il suo tono, quei messaggi, in loop. Così da farsi entrare nella testa che erano veri, che Grace era uno stronzo a lasciarlo così senza neanche guardarlo negli occhi. Eppure..
    Due giorni a dirsi che non l'avrebbe più chiamato così, a tenere a bada gli attacchi di panico. "Mamma torna subito, conta fino a dieci.." e poi l'ha vista morire.
    "A-.. anche a me" dispiace. Rialza il muso dal punto in cui si era nascosto. Ha paura che Grace muoia, ha paura che tutti quelli che ama muoiano. Forse è questa la vera maledizione degli Sharp. Che se l'avesse saputo avrebbe chiesto quello all'Albero alla festa.
    "There's no guarantee that this life is easy..." canta, piano, nel silenzio che lascia il dolore. Il vuoto che prova in respiri che non sa davvero prendere. Non profondi, solo distrutti. Ed è un dannato colmo no? Che proprio su quella parole si fosse girato, al matrimonio, per cercarlo. "..così.. così tanto.." gli dispiace così tanto che non sa neanche tenere un filo tra le mani. Sa solo far ricadere la testa avanti in singhiozzi che gli scavano nelle ossa, gli ripiegano la schiena.
    Il mignolo diventa l'intera mano su quella di Grace, dita che si incastrano in una stretta che no, no che non lo lascia, no che non si trova un altro da cui andare, no che non cede. E se quattro sono gli anni che gli restano allora sarà una storia di quattro anni. Quattro.. bellissimi.. anni.. si. Che sa dirlo solo piangendo. Scuote la testa, lento perché ogni mossa è un dolore fisico che parte dalle tempie. Non lo sa come si riprende, ma sta lottando, lo fa con la forza che lo trascina via dal tramonto per vederlo riflesso in Grace e - beh - farsi prendere dall'ennesimo singhiozzo, trattenere le labbra e provare a respirare di nuovo.
    "Mi cercherò di meglio.." promette ".. ma tra quattro anni." Solenne, lascia andare la bottiglia che rotola giù dal tetto, si infrange in frammenti a cui non bada. "E vorrà dire che.. che saranno i tuoi quattro anni migliori.." tra respiri che si bloccano e pianti che trattiene perché anche solo dirlo è la cosa più difficile ed è arrabbiato contro un destino che non meritava nessuno dei due. Ed è triste, ed è spaventato, ma non lo farà da solo. "Te lo giuro, Grace. I migliori" ringhia, è una fontana, ormai.

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    Forse non hai mai sofferto così tanto sino ad oggi. Forse perché hai sempre avuto qualcuno con cui condividerlo il dolore. Qualcuno che ti sfiancasse al punto da non fartici pensare. Come le sere passate a bere dinanzi ad un fuoco confortante. Come quella volta che quel tipo si era dimenticato il preservativo e, dopo due mesi passati a vomitare ogni cosa, Froy ti ha portato in quella clinica ad abortire di tasca sua. Quel debito forse non lo hai mai ripagato. Ma a lui non è mai importato che tu lo facessi. Ti ha solo sorriso quel pomeriggio, accettando di mangiare un kg di gelato con te e di portarti in fumetteria per farti scegliere una serie da iniziare insieme.
    Ci aveva pensato lui a farti dimenticare che eri solo una quindicenne con nemmeno un anno di testosterone in corpo ed i sogni ancora abbozzati su di una pagina di diario sgualcita. Una quindicenne che un figlio non poteva averlo, perché lei stessa era ancora una bambina.
    E lo sei persino oggi, suppongo, che sai tremare dinanzi a verità tanto genuine, tanto dolorose.
    Lo sei quando lui canta o promette cose che non ti saresti mai aspettato di udire. Non da qualcuno che non fosse uno dei tuoi amici di vecchia data. Non da qualcuno che poi avresti scoperto di amare così.
    ''Sarebbe una violenza nei tuoi confronti.'' Accettare, intendi. Anche se non sai mantenere alcuna distanza. Anche se la mano te la lasci stringere e forse fai altrettanto. Ti volti per metterci l'altra sopra. La sigaretta che si tiene in piedi tra indice e medio. Lo guardi e se lui piange piangi anche tu. Perché sei sensibile oggi. Perché ritornare umano dopo giorni passati ad esser tigre è un cazzo di miracolo. Una concessione che Dio deve aver permesso solo perché sei stato buono. Perché al tuo amore, forse, un po' ci tiene. E tu devi occuparti di Caleb, sì. Te ne convinci quando vederlo così non sa fare altro che scavare voragini in petto.
    ''Pi-piccolo.'' Ti trema la voce, ma ormai non te ne vergogni più. Non è con lui che devi indossare la maschera del più forte. Di quello che non scivola mai. Che le ginocchia non sa sbucciarsele.
    ''Dai...'' Quasi lo implori, alzandoti sulle ginocchia solo per pararti dinanzi a lui. Lo stringi forte, così forte che già senti doler le braccia.
    ''Non piangere...io non...scusa, scusa.'' Ed è un'ammissione di colpa per ogni cosa. Per non essere all'altezza di questo salvataggio. Per non essere abbastanza bravo da tenerti distante. Da cercare il meglio per lui. ''Io vorrei solo renderti felice...solo...solo questo.'' Stringi gli occhi per trattenere una sofferenza che sa farsi lampante. Che straripa. Che ti fa ingoiare troppa saliva.

    Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca.━━━━━━

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    Caleb non è mai stato un ragazzino che nascondeva i suoi sentimenti, credo non sappia come si fa o che senso abbia farlo. Certo a volte si è finto coraggioso, forte, capace. A volte lo è stato. Ma mai ha nascosto l'indirizzo del suo cuore, o quale via percorrere per arrivarci. E' semplice, la seconda stella destra, no?
    Peccato che la sua isola esista, faccia male, pesi nello sterno ora che la paura diventa un mare in tempesta. E lui, che si è allontanato in visita ad un cuore vicino, ora non sa come tornare. Annega nello specchio agitato di lacrime salate, e ci affonda - nel petto di Grace - senza neanche pensarci due volte.
    Ed abbracciare un diciottenne disperato, non fa che alimentare la concessione di perdersi in un dolore che fa così male da non avere eguali. Eppure, si ripete, Grace è ancora vivo. Ancora, quattro anni sono tanti no? Sono.. sono tantissimi se visti da uno che ha perso la testa in tre mesi e mezzo. Tanti per andarsi a noia, per odiarsi, per decidere di lasciarsi prima. Tanti per provare mille esperienze insieme, un miliardo di prime volte da condividere, di polaroid da non saper più dove mettere in roulotte. Tanti per dirsi Ti amo ogni giorno e baciarsi, e fare l'amore.
    Ed i respiri che piano si regolarizzano, anche se le mani si aggrappano stringendo tanto da fare di Gray uno scoglio.
    Quattro anni sono pochi. Pochi per racchiudere tutto l'amore che prova, perché non ci vuole arrivare all'ultima volta per tutto, quando lo sa che saranno pochi anche per dirsi quello che non si sono mai detti, per accumulare rimpianti che non vuole esitano mai. Non per noi.
    Pochi per fare l'amore ogni mattina ed ogni sera, pochi per dividerlo con qualcuno che paga per averlo, per rubare tempo a Caleb, per farsi odiare da lui tanto da renderlo insensibile. Forse il mago nero che suo nonno ha sempre voluto fosse. "Te lo giuro.." insiste in un nuovo moto che si fa singhiozzi lenti contro la maglia. "Ora..ora mi.. mi riprendo ok?" certo Caleb. Certo, se dirlo con il magone lo aiuta a crederci allora si è calmato da ore, giorni, forse non ha mai pianto. "Non è giusto cazzo.." gli esce anche questo in quesi sorrisi tirati che sono solo smorfie di dolore. "Non voglio che -.. che tu.." che tu muoia, si dice così, o si dice in un moto che lo obbliga ad un respiro tanto profondo da far male alle tempie prima che ai polmoni.
    Sta già pensando a quando morirà, non deve. Si asciuga gli occhi una volta per tutte, dice, almeno ci prova dai.
    Nessuno ha mai voluto renderlo felice, deve rialzarsi anche solo per questo, per come l'ha detto, per come gli sta credendo. Si sposta, piano, nasconde il volto nel suo collo, rannicchiato come fosse un cucciolo. Forse lo è, forse è solo che questo deve imparare a gestirlo, si.
    "Lo fai già.." renderlo felice, dopo un'infinità di tempo sa dirlo così, diretto, tremolante ma convinto. "..io li voglio questi anni. Hai.. hai letto quello che ti ho scritto.." Rialza il viso per chiudere piano gli occhi contro i suoi. "Non mandarmi via.. ti prego.. non adesso che.. che ti amo.. io- non adesso..ti prego, divento più bravo ok? " l'ultima lacrima la fa scendere così, solitaria lungo una guancia troppo arrossata. "Non piango più" promette, cercando i suoi occhi. "Fammi restare con te" prega.

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    Non ci hai pensato due volte a gettar via la sigaretta per scavalcarlo e sederti su di lui, davanti a lui. Affinché l'abbraccio divenga una presa tanto potente da farti implodere i polmoni. Che non vorresti essere da nessun altra parte ora, se non qui. Con una guancia contro la sua, immobile, a contemplare promesse tanto belle quanto irrealizzabili.
    Perché non si può render felice qualcuno che si sa di dover abbandonare. Forse è pleonastico. Un controsenso contro il quale non sai come appellarti. Eppure non puoi farci niente: Non puoi evitare di essere una lacrima che si lega alla sua, anche se puzza e l'odore che senti ti fa ricordare casa tua. La prima, quella in cui sei cresciuto da solo con Declan e la nonna.
    ''Che io muoia...'' La continui tu la frase, perché credi possa servire ad entrambi parlarne. Avere ben chiaro in testa che morire è forse la variante più vicina a ciò che sarai. Perché con la tigre morirà Grace. Morirà l'amore che senti e tutte quelle immagini che sfrutti per cullarti quando le giornate si fanno pesanti ed il lavoro finisce per prosciugare ogni gioia.
    ''Ma...'' Accogli questa sua affermazione in un singhiozzo, che si mischia al sorriso e lo fa nell'esatto momento in cui stavi pensando che forse vuoi ancora preparargli il caffè la mattina. E addormentarti tardi con lui per non dormire affatto. Che vuoi farci l'amore altre trecentomiliardi di volte prima di non poterlo più fare. Perché lui è così buono e cazzo se vuoi esserlo anche tu prima di ricongiungerti con tua madre. Prima che una pallottola trafigga anche il tuo di cuore.
    ''Tu - tu sei bravissimo Caleb.'' E ti sembra persino stupido doverlo dire. Che ti sembra di star parlando con un bambino quasi dimenticandoti, forse, che Caleb un po' lo è. Piccolo, intendo, così come lo chiami tu. Un ragazzino che hai strappato dalla strada per metterlo sulla tua. Senza chiedergli niente, senza preoccuparti mai se ciò potesse fargli bene o meno. Gli baci nervosamente una guancia, poi la mascella, l'incavo del collo.
    ''Sei bravissimo...sì.'' Un sospiro. Uno strusciarsi ancor di più contro il collo. Nascondersi nella sua pelle fredda dal tempo passato fuori da casa.
    ''Non devi cambiare...ok? A me...'' L'ennesimo singhiozzo. Un vibrare di polmoni che ti spinge a stringere ulteriormente la presa. ''Ti amo così. Ti amo così...cazzo.'' Ti fai ancora più piccolo. Un bozzolo ancorato al suo petto, con le ginocchia che quasi ti risalgono in gola. ''Perdonami...''

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    Caleb non è bravo. Non lo è se poi nasconde il suo, di segreto, lo imbottiglia con i fondi di Rum. Se fosse bravo, ora si staccherebbe da Grace, gli direbbe che c'è una cosa che deve dirgli. Che sono passati quasi dieci anni da quando gli hanno detto di cosa era composta la zuppa di bollito. Caleb non era mai bravo quanto Juno a farsi andare giù pezzi di carne dal sapore disgustoso. Chiudeva gli occhi, si, pregava di riuscire ad immaginare che fosse cervo, selvaggina, qualunque cosa ma non il vicino di casa. Non quell'uomo scomparso che si trovava alle pagine finali dei giornali.
    No, Caleb non è bravo. Ma vorrebbe tanto esserlo, vorrebbe averla la forza di dirgli che in fondo, maledetti lo sono tutti, loro due soprattutto. E non ce l'ha, la verità è che non ce l'ha. E lui si dice invece che il punto sia un altro, il punto è che le anfetamine annullano la fame, allora è come se fossero l'antidoto alla maledizione. Archivia così.
    Strofina il naso contro il suo, lento, in una coccola che per un po' deve solo rassicurare tutti. Lui, che sa adesso di non essere stato lasciato. E Grace, perché Caleb non intende essere da nessun'altra parte. Mai.
    Una mano sale, arranca dita trai capelli, che si stringono in un respiro: rende solo tutto più reale. Caleb non è bravo, ma cazzo se Caleb si impegnerà per esserlo.
    Chiude gli occhi, perché un singhiozzo ne attira sempre un altro. Ed è impossibile dire, ora, chi sia il più grande dei due, il più maturo, il più saggio. Lui non si sente niente di tutto questo, eppure è sua la mano che con un pollice punta a farsi scivolare contro quelle lacrime.
    "Abbiamo ancora tempo" sussurra, finalmente, dopo un altro respiro. Mica lo sa che questo diventerà un motto della vita. Un mantra da ripetersi tutte le volte in cui non ne avranno, o che la trasformazione sembrerà sempre troppo dolorosa e non avrà alcun modo per alleviare la pena, se non gridare a Grace di accettarla. Accettarla che a lui sta bene. E non starà mai bene.
    "E tu scusami per avergli creduto.. per aver.. pensato che fosse reale" il messaggio di Froy, la realtà che lo ha sbattuto in faccia alla possibilità - di nuovo - di essersi semplicemente inventato tutto.
    Caleb che ha i mondi nella testa e non sa prendere realmente qualcosa. Ecco il ragazzino pronto ad aggredire il mondo e sedurlo prima di essere sedotto. Che se si fosse scopato la vita, allora lei non lo avrebbe fottuto.
    "Se-.. sembrava proprio tanto reale" si scusa, ancora.
    Ma la vita non contemplava Grace. Non ha previsto che si innamorasse così, tanto perdutamente da soffrire come un cane per un addio tagliente, così come per quello lento che si sono detti a voce alta, senza definirlo mai. Così, un po' ruvido, con gli occhi lucidi ed il cuore che sanguina, gli prende il volto con entrambe le mani. "Ehi.. non mi baci da quattro giorni" ci prova, a sorridere appena. "Non erano mica questi i patti.." baciami per sempre.

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    Avete ancora tempo, eppure non sai crederci. Ma te lo ripeti, questo sì. Perché hai bisogno di quel sorriso che una frase del genere sa generare. Te lo tira su anche se singhiozzi ed il naso si fa chiuso. Tanto che per respirare hai bisogno della bocca che rimane schiusa. Gli incisivi fanno capolino tra le labbra. Timidi.
    Scuoti il capo, lasciando strusciare nuovamente la punta del naso con la sua piano. Affinché anche le labbra si incontrano, senza però trovarsi totalmente.
    ''Non ne hai una colpa.'' Vuoi rassicurarlo, sì. Perché hai bisogno che qualcuno lo faccia anche con te. Che Caleb ti stringa più di così. Che lo faccia respirandoti sul collo tutto il rum che si è scolato.
    ''Già...ho pensato di farlo, all'inizio. Prima che...'' Un altro singhiozzo interrompe le frasi a metà. Premi la fronte contro una sua spalla come a volerti dar forza. ''Prima della sera del matrimonio di Chrysanthemum e Joshua.'' Perché sì, Caleb ti piaceva già da prima. Aveva, sin dall'inizio, tutti i presupposti per sembrare la persona perfetta. La tua persona preferita.
    Ma quella sera, nonostante sei fuggito, nonostante la paura, l'amore per lui si è esploso così violentemente da lasciarti basito. Forse è stato proprio in quel momento in cui l'hai odiato per non aver indossato il preservativo che hai capito di non voler restare così a lungo lontano da lui.
    Ne hai avuto la conferma giù alla Congrega, per capodanno, quando rivedendolo sul palco hai avvertito un tuffo al cuore. Di quelli stupidi. Di quelli che forse stai iniziando a comprendere solo ora che resti piccolo. Minuto, stretto a lui così saldamente da non saper più come potertene scastrare.
    ''Credo sia umano...no? Fuggire per evitare il dolore.'' Forse adesso cerchi una scusa per te stesso. Solo per te.
    ''Mi sarei sforzato di dimenticarti pur di evitarti questo. Ma sono un'egoista. Io penso a te tutti i giorni che mi è possibile farlo. Penso...'' Respiri, ancori le dita lungo il suo capo. ''Penso alle cose che vorrei fare ma che non so se a te interesserebbero...tipo.'' Alzi il viso dalla sua spalla per poter tornare dinanzi a lui. Faccia a faccia. ''Tipo andare sulle montagne russe. Che mi fanno paura, cazzo. Ma vorrei andarci per cantarti a squarciagola una canzone. Ad esempio.'' E lo guardi, ora. Lo fai per incastrare nei tuoi, di occhi, la luce che c'è nei suoi. Che è una luce data dal pianto, dalle lacrime che calde si son seccate lungo le guance. E cavolo, ti dici, cavolo se è bello anche adesso. Cavolo se vorresti proteggerlo da ogni cosa.
    ''E cavolo, hai ragione!'' Gli lasci un primo bacio che sa di mani a premergli lungo i fianchi. Lo baci tenendolo contro di te. ''Non ti bacio da quattro giorni.'' E gliene lasci un altro, poi un terzo. ''Non ti ho baciato abbastanza.'' Poi un quarto. E ricominci. Ricominci a contare. Uno, due, tre, quattro, fino a che i baci non divengono un richiamo disperato al silenzio, ad un rapporto che va suggellato così affinché esista sempre del coraggio in grado di sconfiggere ciò che vi fa male. ''Voglio baciarti come se non fossi una puttana di tutti. '' Ma come fossi solo suo.

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    Fa correre le dita piano, misurando il volto di Grace come se non lo vedesse da una vita, ed è stato così brutto temere di averlo perso, di aver fatto qualcosa di orribile da aver distrutto tutto, che ora vuole immagazzinare immagini su immagini. Li vuole riempire quegli scatoloni di ricordi che, alla fine, saranno l'unica cosa che gli rimarrà di lui.
    E' questo che lascia occhi umidi e fiato corto perfino in chi ha sempre avuto una parola per tutto. Una stupida, più che altro. Ora che le iridi si fissano piano una nell'altra e non sa, Caleb, se essere felice o triste e come diavolo sia possibile essere entrambi in una volta sola.
    Che il cuore fa male, come perforato da mille aghi, eppure è felice, esulta perché non è più solo e, per qualche anno, non lo sarà. E quello che non sa, è che l'amore può crescere a dismisura, anche quando è convinto di non avere spazio per contenerlo, lo avrà, lo avrà e più grande sarà e più male farà quando tutto gli verrà strappato via.
    "Mi piacevi anche tu quella volta.." quella al matrimonio, quella di una canzone non dedicata agli altri, di un regalo agli sposi che poi era per Grace e basta. Quasi un punto per mettere in mostra con orgoglio che sa fare molte cose, che la musica è un po' ovunque per lui ed era proprio un disperato tentativo. Quel "guardami, come fai a non innamorarti di me?" che poi nell'essere uno scherzo, non lo è mai del tutto.
    Non per un ragazzino ai bordi della strada, quasi pronto a vendersi per un briciolo di attenzioni. Le attenzioni degli adulti, che passavano tutti davanti senza mai fermarsi. Tutti a fare le condoglianze a Tyron, e poi a fermarsi davanti ai gemelli, a dire quanto bella fosse Juno e quanto dovesse essere un ometto lui. Forte, ma mai come il fratello che - in fondo - sarebbe stato l'uomo di casa no?
    "Io però non ti so dimenticare.." lo dice piano, come se fosse un segreto, e non fosse palese del modo in cui i messaggi si sono poi concatenati. ".. non lo avrei fatto mai.." ammette con la colpa di chi, in fondo, è troppo piccolo per capire. Che l'apparenza inganna sempre, e beh, mai come questa sera. "Li.. li chiudi gli occhi ogni tanto?" sussurra, che è una cosa loro e neanche i comignoli posso sentirlo. Vuole saperlo se il suo viso è quello a cui si aggrappa quando lo scopano fino allo sfinimento e non è lui, non è lui quello a trattenersi insieme dopo. Odia già averlo chiesto.
    Ma Caleb non sa fare altro che prendersi piccoli spazi, uno dopo l'altro, non pensare al futuro, pensare al presente che sembra enorme, immenso, a volte soffocante ma libero. Libero ora che non lo passerà a fissare i tetti adiacenti, che non dovrà immaginarsi dove sia il suo ragazzo, quando potrà stringerlo. Perché gli ha promesso che sarebbe tornato no? E tornerà, lui ne ha fiducia.
    Che forse è proprio quella a farlo sorridere ora. Progetti, quanto gli piacciono i progetti, sono l'unica cosa che fa tirare avanti, no?
    "Si" si sforza piano, su labbra che sono invitanti, e che adesso non se ne andranno. Si che vuole andare sulle montagne russe, sì che sorride lento con quel rivolo gemello di lacrime esauste. Si che faranno tutto quello che Grace vuole fare e che Caleb proporrà in ogni forma. Che hanno tempo, parecchio, ma si renderà conto presto che non è assolutamente abbastanza per vivere. "Così quando ti tremeranno le gambe, ti porterò sulla schiena perché sei un cagasotto.. ma.. ma sei il mio cagasotto" che in qualche modo, nel cervello e nel cuore, ha senso.
    E la facilità con cui prende fiato, viene sottratta da un primo bacio. Cazzo finalmente! Uno che allora gli permette di ricambiare, che si fanno tutti i baci che ha mancato e che - terribilmente - gli sono mancati.
    "ok.. ok.. mi-mi sei mancato così tanto.." lo dice aspirando un respiro che si perde insieme, che le mani risalgono a tenere fermo il viso a contenere il bisogno di scavare in baci sempre più profondi. Lo richiama a sé stringendolo, lasciandosi stringere, lasciando che le parole che fanno un male del diavolo, se ne vadano in una stretta di palpebre. Non l'ha detto. Non è la puttana di nessuno. Si ripete, ancora. "Fallo, allora" incita, anche se forse lo fa lui prima di tutti, lo fa con la testa che prende a girare. "Ciao Caleb", gli sorride, sciocco in quello che è il loro gioco: qualcosa che nessuno potrà mai portargli via. "Dovresti farti una doccia, Cal" lo imita, trai baci che non sa frenare, non vuole fermarsi.

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    La tristezza che muove ogni tuo singolo movimento è giustificata. Immagino sia figlia di una repressione che ti sei persino prefigurato come inesistente. Perché persone come te non sanno soffermarsi mai su determinati dettagli. Ci passano sopra, motivati, se così si può dire, da una rassegnazione che ormai è alla base della loro esistenza. Perché senza accettazione forse non vivresti. Non riusciresti a mettere un piede fuori casa senza il terrore che il maledictus possa prendere il sopravvento. A netto delle tue abilità nel percepirlo, quasi nel cedergli il posto quando la voglia di sgranchirsi le gambe sa farsi terribilmente forte.
    Le tue, adesso, vuoi mantenerle ben ancorate ai suoi fianchi. Affinché ti tengano strette a lui, ancorato, tanto da impedirti di scivolar via. Scivolar giù da quel tetto.
    ''Li chiudo tutte le volte...'' Anche adesso, che ti serve per provare a respirare senza sentir i battiti di un cuore malato venir meno. Lasciar bolle d'aria nei polmoni, impedire al sangue di fluire bene laddove dovrebbe scivolare. Ed è vero, che li chiudi. Lo fai proprio per immaginarlo lì al tuo fianco nei momenti peggiori o in quelli che ti sembrano belli, ma che per nessun motivo vuoi renderti conto di star vivendo con qualcun altro. Che gli orgasmi puoi concederli solo a lui. Che i sorrisi, quelli spontanei che vengono durante l'amplesso, sono solo suoi.
    Allora lo baci ancora, di nuovo, quando marcando quel ''mio'' sa farti sentire parte di qualcosa di terribilmente grande. E non solo perché Caleb sia un gigante dalle braccia lunghissime, quanto perché ciò che senti, probabilmente, non lo hai provato per nessuno. Non in questo modo.
    ''Già, Grace.'' Altro bacino. ''Dovrei proprio, anche se tu continui a pensare che sono bellissimo anche così.'' E gli accarezzi il viso in un movimento che resta lento. Perché vuoi assaporarlo, fotografarlo, imprimere nella memoria muscolare ogni suo centimetro. Come se rialzando le braccia in quel modo tu potessi ricreare il suo volto anche nella sua assenza. E gli premi una mano sul petto, sì, affinché scenda col busto contro il tetto. Che si sdrai, che ti faccia risalire col bacino contro il suo inguine. Lasci scivolare la mano dal viso al petto e poi dal petto al bordo dei jeans.

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