Love Anthem

Rabbit/Mordin | Alternative Universe | Fine 2020 | Contenuti sensibili

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    Non posso più ignorare i segnali. Non posso essere così fottutamente cieco di fronte a questo. A casa mia, casa nostra, che deperisce tanto quanto lo fa Chrys. Mordin.
    Quante volte l'ho sussurrato mentre chiudevo gli occhi e lo pregavo di trovare da qualche parte un briciolo di amore anche per me, e non solo guardare mio fratello come fosse la sola fonte di luce. Certo, Joshua è il migliore di tutti noi, è la mia guida, ma non può entrare così a fondo in ogni cosa che faccio.
    E no, no che non è colpa sua... è solo una mia sensazione, una che ora non caccio più via. Lascio che mi investa come il sole che filtra dall'edera e dal glicine. Stanno morendo. Le piante muoiono e Chrys non fa niente per fermarlo. Lo faccio io, tenendole su per finta, solo perché lui non si renda conto di quanto stia cambiando, di come il tempo a nostra disposizione si usuri.
    Caffè per due, nella speranza che si svegli, che riprenda a fare quello che faceva, si. Ma senza la stupida presunzione che non stia cambiando niente. Dio, lo amo troppo per lasciare che si rovini. O che me lo portino via visto che non lo so fare il mio lavoro, né so mantenere le promesse.
    Non mi importa se ci ho messo il mio nome, sopra il suo, se ho temporeggiato perché dessero a me lo spazio di azione migliore, la prima scelta. Io che dovrei purificarlo da settimane, che ora non ha la scusa di dirmi che la corruzione non ha fatto effetto. Lo fa, lo fa eccome. Ed io aspetto, seduto qui - anche se sono in piedi ora - dondolandomi nel vuoto delle sue bugie. "Sto bene" o "la gestisco" o "guardami, sono sempre io, Eddy" non dovrebbero avere così tanta presa su di me.
    Devo dirlo a Joshua, ma non ci riesco. Contano su di me, si fidano tutti, lo sanno che prima o poi mi alzerò da questo torpore e nel farlo lo guarderò dritto negli occhi.. condannandolo.
    Ma fa troppo male, ed io ho ancora tempo. No, non è vero. Non... non lo voglio fare, voglio arrivarci per lasciare che ci ragioni anche lui.
    Cazzo, la verità è che vorrei lo volesse per primo Chrys. E sento che non lo vorrà mai.
    Ho sempre nutrito la speranza che questo momento non sarebbe mai giunto. Mai al punto da fermarmi il cuore.
    Lo so, ok? Lo so che Chrys è al limite, che nega perfino l'evidenza. Però non deve esserlo per forza, non così tragico, non così tanto.
    Mi aggrappo alle mie bugie con le unghie e con i denti, come ora stringo forte i mobili della cucina e prego, e spero che il mio dio mi dica che cazzo devo fare con lui. Anche se resta una scusa, la mia, per non dirmi quello che già so. Quello che - appena chiudo gli occhi - mi tormenta.
    La congrega è sul punto di darci un ultimatum e credo che, se non l'hanno ancora fatto, sia solo perché di mezzo ci andrei io. Perché ho giurato sul mio rango, sulla mia famiglia, che lo avrei purificato non appena fosse stato pronto.
    Ed ogni volta che gli parlo, lui devia nel migliore dei casi, o s'incazza nel peggiore. E' instabile, e.. e non so cosa fare. So solo che se lo dicessi a Josh, mi direbbe di andare via. Di allontanarmi, di farmi da parte e lasciare che sia l'Ordine ad occuparsene. O, perfino, lui.
    Resto così, assorto tanto da non sapere quanto tempo sia trascorso, se due minuti o intere ore. Massaggio piano i lividi sul collo, che ci è andato giù pesante stanotte, ma cazzo se ne avevo bisogno.
    Ho bisogno di te, Chrys ok? Ti prego.

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━━━━━━━━━━

    edric çevik
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    Lui sta bene, se lo ripete solo perché è Edric a pregarlo di farlo. Silenziosamente, involontariamente. Bastano i respiri che emette muovendosi per casa a risvegliare i ringhi di Mordin. Uno stridere di denti leggero che nel far pressione, di tanto in tanto, le labbra gliele spaccano in due. Hanno sanguinato persino oggi, anche se le ha umettate passandoci sopra la lingua. Hanno macchiato persino il filtro della sigaretta che tiene a penzoloni proprio ai loro angoli.
    Un passo cadenzato spolvera l'ultimo gradino della scale. Resta leggero anche quando si trascina, come se le ginocchia faticasse a tirarle su. Ci vuole troppo sforzo, lui non vuole più sforzarsi. Non lo fa nemmeno quando ripercorrendo le stanze della grande villa coloniale cerca il suo profilo lungo le vetrate appannate dietro alle tende scure. Gli basta un naso, il suo, simile a quello di Josh, per convincersi di aver finalmente un motivo per iniziare a vivere la sua giornata. Perché diversamente, invece, non avrebbe senso nemmeno scendere dal letto, ripercorrere strade già conosciute e sforzarsi di sorridere quando di esser felice non c'è alcun senso. Se ne è andato via, rimarca col pensiero, tirando su gli angoli delle labbra alla sua visione quando, beccandolo di schiena, si lascia scivolare al suo fianco come fosse un fantasma. Che non ha peso, ormai ne ha perso parecchio, tanto che le costole un po' sporgono. Tanto che a petto nudo non ha più voglia di starci. Tanto che da Edric vorrebbe non esser toccato, non con la delicatezza che lo contraddistingue e che nell'essere messa in atto è più dolorosa di un coltello spinto in giù nella carne.
    ''Ci mettiamo su uno dei miei unguenti.'' Atono. La voce è piatta, screziata di tanto in tanto da sfumature dure, quasi grattate. Si annuncia così, Chrys, invadendo lo spazio personale di Edric per lasciar scivolare le dita fredde laddove il ragazzo tiene le sue. Non lo guarda nemmeno quando lo dice: Non vuole che il suo volto distrugga nell'immediato l'immagine che ha adesso di Josh. La sua mano lungo il suo collo. Un bacio laddove quelli di ieri sera hanno lasciato lividi.
    ''Smetterà di far male.'' Un commento sottile, pungente laddove sa di dover e poter colpire. Che non è qualcosa di cui lui può far un mantra: Josh non sa passare. Mentre l'idea di purificazione che Edric professa sì, quella la si può spezzare, la si può tenere a distanza. Non mi farai del male. Pensa circumnavigandolo con le braccia. Forse è un abbraccio, forse è solo l'unico modo che Chrys ha per dimostrare il suo dominio e, nel frattempo, sfilargli una tazza di caffè da sotto il naso.

    Il mio corpo l'ho abbandonato. Mangiatelo, avvoltoi! Che la morte ha gia incatenato i nostri nomi e noi. Cosi l'anima vola via, via da un misero mondo perso. Questo amore sara una scia tra le luci dell'universo━━━━━━

    chrys mordin
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    Edited by ( : - 21/2/2022, 00:12
     
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    E' un sussulto quando non lo sento arrivare, anche se so come si muove per casa. Da quando è-.. da quando le cose vanno così, è quasi intangibile. Un soffio di vento contro le serrande lasciate per sbaglio aperte di notte. Fa corrente perché esiste, ma so che l'oscurità me lo sta portando via.
    Il decorso lo conosco, l'ho studiato. Lo abbiamo fatto insieme, io, lui, e mio fratello. Sappiamo che intacca la mente da subito, ma poi lacera il corpo, lo mette alla dura prova, lo prosciuga finché non è la testa a vacillare per ultima.
    Ma ora che ce l'ho davanti, sento solo come sembri meno preoccupante se mi dice che sta bene. Anche quando non gli credo, quando non dovrei cedere ai suoi istinti, quando mi stringe per distrarmi alle analisi che gli spingo contro come fosse un nemico. Chrys non è un nemico. Nella mia testa riverbera un "non ancora" che fa male. Fa sempre male anche se io non mi sposto, non mi muovo, resto qui ad attenderla, quasi, quella mano contro la mia.
    Chiudo gli occhi al gelo che mi lascia un brivido, uno scalatore contro la schiena di ghiaccio.
    Non gli rispondo, mi lascio solo un attimo andare, schiena a busto, che mi sciolgo su di lui. Ed è sbagliato, ma neanche tanto, no? In fondo non ho smesso di volerlo salvare neanche un attimo, mai da quando è tornato a casa quella sera di merda. Mai. Ed ora non vedo come possa essere un problema se mi prendo altri cinque minuti così.
    Mi condanno per ogni secondo che non impiego a convincerlo a farlo, a preparasi alla purificazione. A fidarsi di me, cazzo, perché la farò io. Io che non voglio mai gli succeda qualcosa, o si arrivi a doverlo eliminare perché senza speranza. Tu non sei senza speranza, Ma Chèr.
    "Mh-mh" glielo concedo, di curarmi anche quando potrei farlo da solo. Ed è perché sono convinto che sia giusto così, che può vedere quanto voglia aiutare alla fine di tutto, anche lui. Forse me. Che io sono la sua maggiore spinta, e se davvero mi ama, allora vorrà restarmi accanto. Lo vorrà anche quando saprà che a breve, per farlo, dovrà lasciarsi ripulire.
    "Non fa così male.." non so mentendo, brucia solo un po', ma quando li bacia - quei lividi grattati a sangue - sto già meglio, un po' respiro. Devo ricordargli che ha fatto di peggio, ma non voglio, saprebbe solo di un giudizio che non intendo fargli pendere in capo quando, alla fine, se non lo volessi anche io potrei fermarlo. Ma io del suo tocco ho bisogno, mi ricorda perché combatto ogni giorno. ".. sai che resisto" a molto.

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    Resta in silenzio ma non perché lo sta ascoltando davvero. Le sue parole sono solo un prurito lasciato scivolar via lungo l'epidermide. Che se non lo gratti via prima o poi se ne va da solo, lo fa come se non ci fosse mai stato davvero. Ma la presa resta quella, anche se la tazzina una mano gliela riscalda e rimane una delle poche cose da poter stringere quasi fino a spaccarne la ceramica. Ovviamente si contiene, magari perché glielo ha promesso già da quella sera. Che si sarebbe controllato perché lui, del suo corpo, del suo sangue, ha il potere. E la corruzione l'ha voluta anche se non glielo ha mai raccontato. Così come ha voluto che quella casa fosse anche la sua. Almeno all'inizio, in una richiesta che dev'esser suonata come una preghiera pronunciata a bassa voce, timidamente. Vieni qui, gli ha sibilato.
    Vieni a vivere con me perché senza tuo fratello non so stare, ma questo glielo ha omesso. Se l'è tenuto per sé, come quel motivo che oggi l'ha spinto a raggiungerlo con più decisione. A braccarlo come si fa con gli animali, ma con più grazia, quella che ha negato al suo giardino per donarla ai suoi passi. Che si tiene in bilico solo perché il corpo ricorda com'è che si faccia. Anche se i piedi li trascina, li incastra vicino ai suoi, fianco a fianco come a vedere chi dei due li ha più grandi. Più caldi, più stabili.
    Gli respira piano sui lividi ma no, non parla. Non vuole più sapere cos'è che l'altro sa fare, non quando ogni cosa ha il retrogusto di legittimazione. Se resiste a tutto, allora può resistere anche alla purificazione. Anche se Mordin non la vuole, gliela nega tra una bugia e l'altra. Tra una carezza che è solo un modo come un altro per rabbonirlo. Per distrarlo dai suoi pensieri, da quella vocazione deleteria, straziante.
    Che la sua bontà la disgusta nel medesimo modo in cui ha saputo farlo quella di Joshua. Anche se la sua è diversa, la sua ha deciso di regalarla a Lilian e alla loro bambina.
    ''Lo so...'' Lo biascica solo più tardi, masticandosela qualche parola come se fosse grasso d'animale rimasto a gironzolare nella bocca. Incastrato tra i denti, nascosto tra le gengive e la lingua.
    ''Non è la fine del mondo.'' E deve giustificarsi perché ciò che fa lui non è mai un errore, non è mai qualcosa di cui volersi scusare davvero. Che vorrebbe fargli di peggio e forse gliene ha già fatto. Lo ha dilaniato, aperto in due come fosse una rana da vivisezione giusto per rendersi conto che tra i suoi organi non c'è niente che sappia appartenere a Josh, soprattutto il cuore, che ha moti tutti suoi, che batte davvero per lui, a differenza del maggiore.
    Così gli concede l'ennesima carezza, una di quelle che si da col corpo. Lo fa premendosi contro di lui, pesandogli appena sulla schiena. Magari sta solo cercando i proteggerlo per quanto ne abbia davvero la voglia.
    E solo nei baci gli rivolge lo sguardo, che non gli interessa più com'è che gli si presenta. Ogni tanto gli occhi mutano, si sforzano di divenire del medesimo colore di Edric. Buoni, sinceri, come ad ingannarlo che sì, continuano a vedere il mondo nel medesimo modo, loro due. Non si sono mai distaccati del tutto dal Credo. Anche se Mordin è un corrotto e come tale, merita la purificazione o la morte.
    ''Dai...coniglietto.'' Modula la voce affinché risulti più calda, più profonda. ''Vieni di là, ci metto due secondi.'' Come se avesse dimenticato ogni cosa, quando in realtà ci passa sopra, le scavalca con quel poco di agilità che gli resta.

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    Sono ferite che si rimarginano continuamente. Non le sue, non questi lividi che che colorano la mia pelle. Di questi non lo so se ne avrò mai abbastanza, quando la violenza è il solo modo di amare che ha. Era così anche prima, forse ci andava più leggero, forse neanche me lo ricordo perché ogni giorno qualcosa si spezza.
    No, le ferite sono altre, sono date dalla convinzione profonda che potrò salvarlo, che non siamo alla fine, che non è arrivata tanto presto. Nessuna lama dovrà tagliargli la gola. Né mia, né di chiunque all'interno del nostro Ordine. E soprattutto, non quella di Joshua. Perché non potrei più guardarlo in volto se lo facesse. E lui lo sa. Lo sa quanto tengo a Mordin, almeno da quando mi infilavo in stanza fino a farmi cacciare da loro che con quei tre anni in più si sentivano arrivati. E allora mi chiudevo con Edie, lasciavo che mi raccontasse come crescendo si diventa degli idioti.
    Ho temprato la mia resistenza, l'ho fatto come inno nelle ossa, come memoria muscolare: io resisto a tutto, Chrys. Devo, per tutte le volte in cui mi sbaglio, in cui la corruzione non sa liberare un corpo la cui mente era convinta. Ho rischiato, cazzo se a volte ho rischiato di non tornare a casa, ma ho sempre avuto il mio centro a cui pensare. Queste mani, questi occhi, questi fianchi che si schiacciano sui miei. Lui, in fondo, è la mia àncora. Allora lo sappiamo che non sbaglierò i calcoli, che so analizzare così bene ora da non azzardare mezzo rituale se non sono certo che mi seguirà, che il suo amore per me sarà abbastanza forte da convincerlo a lasciare la presa sul potere che lo lusinga. Gli parla nella testa, ad occhi chiusi, lo porta via da me.
    Non è la fine del mondo. E invece ho paura che lo sia, che restargli accanto magari non serva così tanto adesso. Che lentamente la presa, la mia, scivoli. Mi faccio debole, vittima, anche se il corpo non reagisce così in fretta, anche se non voglio che mi distragga facilmente. Cazzo se lo sa fare, se sa che punti toccare, meschino come pochi.
    Coniglietto, con quello mi strappa uno sbuffo che si fa simile ad un sorriso. Che stronzo sei. Suona così bene nella testa, che l'aria mi arriva benissimo in fondo ai polmoni, rilassando la tensione sullo sterno. Ti odio un po' di più ogni giorno.
    Mi lascia fermo in baci di cui non mi accontento mai, che ne vorrei di più anche se a volte i miei passi avanti corrono nel vuoto. Un salto della fede, dritto nel burrone. Allungo le mani ma non lo trovo, è già svanito, è già sabbia che si piega a lato, solo con la sua sagoma. Tutto quello che ho, è concesso. Non sa più di conquista, non se poi gli do tutto e quello che tengo per me, conta poco o nulla. Quindi si che mi godo tutti i contatti che posso, che chiudo gli occhi per riaprirli nei miei. Neanche gli sta così male il mio colore nei suoi, seppur so di essere dipendente dal verde che li illuminava. Perché adesso neanche li vedo più così tanto, non come il primo anno. Al risveglio ho la sua schiena, o un letto vuoto.
    Una mano la lascio scivolare finché non incastra le dita alle sue. Protesto in mugugni inutili, solo per far scena, solo perché a "coniglietto" sono già suo, e non vorrei dovesse cambiare questo.
    Fusa, lente, che gli spingo lungo il viso, rigirandomi tra le sue braccia. Curami

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    Mordin allenta la presa sulla tazza, lo fa solo per lasciarne scivolare il contenuto tra le labbra. Assapora il caffè come fosse un sapore nuovo. Lo fa umettandole piano, che gli piace l'odore che l'aroma lascia. Ne apprezza il sapore che si mischia a quello dei baci, al respiro di Edric che deve essere simile a quello di Josh. Potrebbe assomigliargli in tutto, pensa. Perché nel profilo è già lui. Sono suoi gli zigomi, la piega dello sguardo, a volte anche il sorriso, quello che riesce a strappargli adesso quando sa che chiamarlo in quel modo sa attivare certe reazioni. Lui se l'è studiate tutte, tanto da sapere quale tasto premere quando sono insieme.
    Infatti la presa non la scioglie, nemmeno quando si scosta per posare di nuovo la tazzina nel lavello anzi, sfrutta la cosa per cingerlo di più- Più forte, più rabbioso. Perché Edric resta di sua proprietà anche se non lo ha mai desiderato così ardentemente. Ed è suo nel modo in cui lo sa essere un oggetto. Lo vuole lì, non lo presta a nessuno, non vuole che gli venga strappato via. Mordin è un bambino che di tanto in tanto la smette, però, di fare i capricci. Allora lascia che il suo coniglietto gli incastri le dita tra le sue. Lo stringa, lo tenga ben saldo a lui. Perché è lì che lo vorrebbe, vicino tanto da meritarseli quei baci che gli lascia sui lividi, dopo che il pollice ci è passato sopra e lo ha fatto premendo. Testando la resistenza della sua pelle come se non l'avesse mai toccata prima di adesso. Come se non ci avesse mai prestato troppe attenzioni.
    ''Lo sai che non bastano i bacini sulla bua.'' Lo dice canzonatorio, mellifluo, nudo e viscido come un verme che gli si arrampica lungo le costole. Una mano la lascia scendere contro il ventre piatto, se lo tiene ben stretto contro, non vuole vederlo scappare. Poi se ne distacca. Finiscono i baci, finiscono gli abbracci, resta solo la stretta nella mano che serve a trascinarlo verso il salone, sulla prima poltrona che trovano lungo la strada.
    ''Mi dispiace.'' Aggiunge senz'anima, in un tono di voce che non sa assumere nessuna sfumatura. Resta lì, immobile, come una stilettata che fende l'aria e poi svanisce. Forse sei riuscito a sentirne il suono, forse no.
    ''Non devi andar via dopo, vero?'' Chiede timidamente, timoroso come un bambino mentre si distacca per prendere un'ampollina dalla credenza in soggiorno. Medicine raggruppate malamente nella scatola dei biscotti. Si riavvicina a lui per tenerlo sott'occhio, ben in vista, fermo sul divano come se potesse legarcelo senza fargli emettere alcun suono. Niente, nemmeno il disappunto o conferme di un piacere sopraffino. Si fa spazio tra le sue gambe, una l'accarezza appena, se la porta contro la propria.
    ''Vorrei farmi perdonare.'' Continua, stappando l'ampolla.

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    Baciami ancora, come agli inizi, per altri cinque minuti. O tutto il giorno, ti prego...
    Per quanto a lungo potrò chiudere gli occhi e dirmi che non è cambiato niente? Poco. Lo so bene che ho studiato troppo perché sia questo mio stupido cuore a guidarmi... anche se ora come ora gli darei tutto. Oppure me lo farei strappare dal petto pur di essere sicuro di ragionare con lucidità.
    Mi pentirò del modo in cui gli rispondo, che un suo tocco è una reazione che si fa uguale e diversa dalle precedenti.
    Coniglietto. Onde che si increspano, io che ciondolo di più verso di lui, respiro un profumo che non gli appartiene. La sua pelle non è più la stessa, niente lo è. Mi corrode l'anima, mi chiudo solo perché non ci voglio pensare, perché è troppo presto, di solito ci mette molto di più la Corruzione, a portarti all'irreversibile. E Chrys non ha ragione di cederle così tanto, non se ci sono io a tenerlo con me. Non ha motivo di usarla, né di abbandonarsi così a lei.
    Ma lui è già diventato una serpe, nell'avvolgermi già stringe, lo fa in punti che non sanno lasciare lividi, che non si lacerano davanti agli occhi, ma restano emorragie interne. Nessuno le sa ricucire, non bastano le sue pozioni, i suoi unguenti, la sua alchimia.
    "Non ne sono convinto.." sussurro, che non bastino questi baci a risanare tutto, che serva per forza qualcosa di più, quando posso implorare per un respiro che si faccia più corto, quasi spezzato ma solo perché non abbiamo tempo e dobbiamo solo amarci. Tu mi ami, no?
    Coniglietto, è una macchia d'inchiostro che si espande ai nostri piedi e sono gli stessi piedi che muovo, da cui mi lascio guidare in reazioni che mi vogliono dove mi vuole lui. Perché lo so cosa succede se lo contraddico ora, perché - cazzo - ci sto ancora provando con le buone. Forse aveva ragione quando mi diceva che lo amavo troppo. Quel troppo che ci condanna tutti, una ghigliottina, solo che la mia testa è sotto quando è la mia stessa mano a reggere la corda.
    Sbuffo, pianissimo, quando mi lascio cadere sulla poltrona, quando si spinge vicino, quando ancora lo guardo e nei suoi occhi non vedo niente di ciò che voglio. Posso abituarmi, ma non va bene.
    Alle scuse non rispondo, non hanno un tono che risuoni diversamente da una stilettata nella schiena. Allarmi che si innalzano con tutto, che forse mi aggrappo davvero all'unica boa che - in questo mare in tempesta - ancora non lampeggia. La speranza vive qui, tra un battito che si crepa ed un respiro che gli permetto di rubare. "Sì che devo..." andare via, più tardi. Gli accarezzo il dorso della mano con cui mi tiene una gamba. Io che mi scuso per non esserci, quando so che ha bisogno di me e mi chiederà di restare, di non lasciarlo solo con il mostro che gli abita le tempie, che si aggira per la villa come un'ombra, che gli vive dentro da anni. "... ma non prima del tramonto" aggiungo, ne avevamo parlato: ho una purificazione, per questo anche se gli occhi li chiudo perché brucerà e mi concedo di mostrare i denti, stringendoli, se devo. "Fatti perdonare, ma chère, però fai piano"

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    ''Ah no?'' E gli ha sorriso piano, dolcemente, un po' come non faceva da tempo perché sono anni ormai che il sorriso un po' l'ha perso. Ha cominciato a farlo quando Joshua e Lilian hanno deciso di sposarsi che erano solo ragazzini e lo erano anche lui ed Edric, tanto che al matrimonio hanno presenziato entrambi. Tra alti e bassi si è comunque fatto strada verso quella carriera che li aveva uniti ma che per lui non era mai stata davvero spinta di rivoluzione. Non lo aveva mai intrattenuto, né soddisfatto, cosa che invece era riuscita a fare benissimo con Edric.
    Ma ora sorride di una dolcezza che gli occhi glieli lascia brillare un po'. Ritornano i suoi, quelli smeraldini che Edric deve essersi fermato ad osservare quando, agli inizi della loro relazione, Chrys riusciva a resistere più di mezz'ora sotto alle coperte, al suo fianco. Perché Edric gli piaceva. A modo suo, anche se non era il suo Joshua.
    ''Gira voce che tu voglia altri baci.'' E continua a rispondergli che già lo ha braccato contro il divano. Le gambe gliele tiene divaricate, ci si incastra come se quello fosse il suo unico posto. E così scende. Si lascia andare ad una scia di sciocchi di labbra a ridisegnargli il collo, ripercorrendo lo stesso percorso che il tatuaggio - sulla sua di pelle - mostra specularmente. Lo ha dedicato a lui, alle loro prime volte, ai baci che Edric, a differenza sua, non gli ha mai negato.
    Lo fa anche se la conferma sul suo dover uscir di casa un po' lo fa tremare ed è uno scatto dei muscoli, la lingua che sbatte contro l'angolo della bocca. Si sente lo schiocco, la saliva che viene risucchiata in gola. Annaspa per un attimo. Che non vuole che Edric si metta in gioco così. Non vuole saperlo rischiare per quella vocazione. Non vuole perderlo com'è successo con Joshua. Non vuole essere lasciato da solo in quella casa. Le luci sfarfallano per un istante, ma è veloce, un battito di ciglia, tanto che forse Edric potrebbe persino non essersene accorto. D'altro canto Chrys non glielo direbbe che sta male, che la corruzione ogni tanto fa scherzetti come quelli e si incastra lungo le vene, tanto da macchiargli la pelle in lividi violacei proprio come quelli che sta medicando a lui.
    ''Non voglio che vai via.'' Bisbiglia interrompendo i baci per lasciarsi inumidire l'indice ed il medio con l'unguento che subito gli poggia delicato contro il collo. Che le sue mani sono delicate anche se a volte stringono troppo. Lo sono anche quando tremano, quasi schizzano.
    Non lo guarda più negli occhi, nemmeno quando smette di medicarlo e ritorna a stringere saldamente le sue cosce. Lo fa per tirarselo contro. Per lasciar aderire l'inguine contro il suo. Non lo vuole, non c'è niente in lui, adesso, che sappia stimolare pienamente la propria fantasia. Nei suoi occhi rivede quelli di Joshua - certo, di qualche tonalità diversa- ma comunque questo non lo aiuta, lo rattrista solo.
    I suoi movimenti, infatti, sono dettati semplicemente da quella che è memoria muscolare. Un impulso privo di raziocinio. Infatti molla subito la presa, spento dall'idea di dover restar da solo.
    ''Magari oggi vengo con te.'' Lo dici che quasi non sembra una richiesta. Non assomiglia ad una proposta quanto più ad un obbligo contrattuale. ''Sperando che a nessuno di loro venga l'idea di metter in mezzo anche me.'' Perché lui crede di saperla controllare la corruzione. Di poterne far un uso congeniale, intelligente. Che gli basterà studiarla meglio per diventare più forte e al col tempo, spiegare agli altri che con certe cose ci si può convivere.
    Allora si allontana, ma lo fa per sedersi sulla poltrona proprio posta dinanzi alla sua. E lo fa mettendogli i piedi vicini, a punzecchiargli stupidamente i fianchi.

    Il mio corpo l'ho abbandonato. Mangiatelo, avvoltoi! Che la morte ha gia incatenato i nostri nomi e noi. Cosi l'anima vola via, via da un misero mondo perso. Questo amore sara una scia tra le luci dell'universo━━━━━━

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    Cosa cazzo darei per un sorriso, non lo so spiegare. Forse è questo che mi fotte il cervello, che anche se so bene come non sia niente di vero o stabile, mi accontento. Me lo faccio andare bene e mi aggrappo a questo, al barlume del mio Chrys, quello di un tempo, per dirmi che esiste ancora. Ed è lui che io devo convincere, su di lui che devo insistere, che il tempo scorre ed io lo vedo sempre meno. Ha gli occhi verdi. Sorrido, lento.
    "E tu dalle retta." Sospiro. A quella voce, quella giusta che sa chiedere baci ma poi mi preme la schiena contro la poltrona, perché lui abbia spazio. Deve assecondarla, deve prenderla la via giusta, e lo prego. Lo prego ogni secondo che incastro il mio sguardo nel suo, che non è qualcosa che posso smettere di fare. Se smettessi mi arrenderei. E no, io non mi arrendo. Non posso credere che ormai di lui sia rimasto poco, che quelle risate sono un'eco distorta di casa sua.
    Mi prendo spazio, ricorro i fianchi con le dita, piego il collo perché abbia più pelle da curare, da mordere, stringer e farmi soffocare. Non glielo sto dicendo apertamente che la violenza inizia a pesare, che si è vero so reggere di peggio, ma non se viene da lui.
    I suoi baci mi danno sempre gli stessi brividi, si imperlano lungo le spalle, scivolano come gocce d'acqua gelida a ridisegnare linee invisibili. Quelle che si è tatuato quando ancora gli piacevo, quando esisteva la voglia di guardarmi, di cercarmi non per far contento me, non per soddisfare un'esigenza, ma perché ero io. Fa male, ma resisto.
    E mi piace sentire quando è in disappunto perché vado via, perché si ossessiona e mi vuole qui, a portata d'occhio. Neanche a me piace lasciarlo solo, quando è tempo che perdo nell'aiutare gli altri, nel seguire una vocazione che non posso rinnegare, che mi incarna e si indossa la pelle che lascio tra queste mura.
    La luce sfarfalla. La corruzione ha piccole onde d'urto, incontrollate, e per questo stringo i denti, ed un po' anche le dita sui fianchi ossuti. Non cede, è bravo, ma così il sangue marcio sta rosicchiando le ossa, strappa lembi di pelle finché non sono gli ultimi che può togliere.
    "Lo so" espiro perché qualcosa si muove quando ad occhi chiusi immagino scene che non esistono, premure che non mi spettano, che se va bene sono contro un muro, ma se va male...
    Mi concede un brivido e basta, uno sguardo che non sa incastrare al mio, un sospiro che lascio andare io nel sentirlo tornare lontano dopo aver accese fiamme inutili. Ritiro le gambe sulla poltrona, le piego per stare più comodo e tirarmi su mentre l'unguento fa ciò che deve, brucia lasciandomi impassibile.
    Silenzio anche dopo che si è proposto, che è statico finché i piedi non spingono contro i miei fianchi, allora ne trattengo uno tra le mani, premo il pollice all'interno del tarso, sgranandone le ossa, religiosamente.
    Abbandono la testa lungo il bracciolo, chiudo gli occhi, sono ancora stanco da questa nottata di lividi. Ho il sospiro di quelle volte in cui sto per dire qualcosa che non gli piacerà per niente, anche se il massaggio non lo placo. "Ma non puoi venire.. questa ragazzina è al limite, se ti avvicini con la corruzione, può saltare tutto" che significa la mia morte e pur non essendo così egoista, non voglio morire oggi. Se devo, almeno sia quando purificherò lui, e lo farò tornare.

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━━━━━━━━━━

    edric çevik
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    E la corruzione richiama la corruzione. Sono potenti scariche che si alimentano, danzano tra di loro, si abbeverano come fossero due amanti. E Chrys sarebbe tra di loro solo per inghiottirla, per far sì che di una ragazzina ne restasse solo un corpo morto, spoglio, inerme. Perché del suo potere egli ne avrebbe fatto vessillo silenzioso di una convinzione tanto cocente.
    Lui sa combatterla, ma glielo dice con gli occhi. Lo fa chiudendoli giusto per assecondare il massaggio di Edric che per piacere sa farlo piegar appena con la schiena. Come se le carezze potessero risalire le gambe e fermarsi sui lombi. Da lì Edric lo prenderebbe, anche se sogna che fosse Joshua a farlo, a tirarlo su da quella poltrona. A mandarlo a calci nel culo fuori da quella casa.
    ''Non puoi morire.'' Glielo dice come se fosse qualcosa che Edric può gestire solo perché gliela si chiede. Non lo implora, non si mette in ginocchio affinché egli possa capire che dietro il velo d'apatia si nasconde dell'affetto morsicato dalla corruzione. Ma non aggiunge altro. Si chiude in se stesso e lo fa lasciando che le spalle lo inglobino così come piano piano la casa sta iniziando a curvare su sé stessa. Ogni tanto qualche crepa ripercorre i soffitti intonacati. Ogni tanto qualche lampadina scoppia nel cuore della notte. Ma nessuno le accende da tempo: A Chrys, troppa luce, da fastidio agli occhi.
    ''Non te lo sto chiedendo come favore.'' E ci tiene a specificarlo. Che mandi qualcun altro! Che per una volta lasciasse perdere questa vocazione che sa essere logorante più di quanto può riuscirci la corruzione. Perché sì, a Chrys mangerà le ossa, tanto da avergliele già scavate, svuotate di netto, ma il concetto di bene che i Çevik stanno difendendo non è qualcosa di tanto diverso.
    ''Non lasciarmi qui.'' Ritira anche il piede questa volta. Lo fa portandoselo con le gambe contro il petto. Si stringe contro la spalliera del divano. Riapre gli occhi per guardarlo sottilmente, digrigna i denti.
    ''Io so controllarmi, Edric.'' Più duro. Il suo nome prende il posto di ''coniglietto''. Che la sua parte la sta indossando bene: Si mostra tenace, combattente, quando in realtà la corruzione l'ha accettata da tempo. Resta lei quella che, divorandolo, comunque lo tira su. Se non fosse per lei a dilaniargli l'anima, probabilmente continuerebbe a farlo l'assenza di Joshua e quella sì che si saprebbe rivelare più deleteria. Almeno ora si parla di uno scambio equivalente: Chrys venderebbe la sua anima pur di divenire invincibile, inattaccabile.
    ''Muoio se vai via...'' Ed ogni tanto gli da modo di credere di non potercela fare: Che se lui va via allora la corruzione potrebbe divorarlo del tutto e lui ha paura. Chrys, che nell'entrare a contatto con quel mago nero ha finto la casualità degli eventi, adesso continua a ripercorrere la scia delle sue menzogne lasciando credere ad Edric di essere un po' più debole oggi di tutti gli altri giorni. Che se lui restasse a casa magari la corruzione si placherebbe. Magari, con un po' di coraggio, potrebbero persino tornare a fare l'amore come nei primi tempi.

    Il mio corpo l'ho abbandonato. Mangiatelo, avvoltoi! Che la morte ha gia incatenato i nostri nomi e noi. Cosi l'anima vola via, via da un misero mondo perso. Questo amore sara una scia tra le luci dell'universo━━━━━━

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    Quella ragazzina è al limite. Me lo ripeto, nel ripercorrere i lineamenti suoi con gli occhi. Lo so cosa mi si incastra nella testa. Anche ma chèr è al limite. Mancano quelle finestre di tempo per convincerlo, che la sua ostinazione è un errore comune. Mi illudo di essere abbastanza, forse l'unico a potergli far entrare in testa che neanche io voglio perderlo. Non lo so cosa farei se dovesse morire. Eppure a Joshua non so chiedere aiuto, non so ascoltarlo quando mi dice che devo prendere le distanze, che non devo dare a Mordin quello che vuole, che non è assecondandolo che lo salverò. Ma forse lui pensa già che sia tutto irrilevante. Io no. Io non do niente per perso, mai.
    Allungo di nuovo le gambe quando toglie il piede dalle mie mani, allora so solo alzarmi piedi facendo perno sui braccioli, liberando fiato con calma.
    "Ti mancherei?" se morissi, saprebbe sentirsi perso? Un ghigno triste mi trattiene le labbra, che stringo, perché non la voglio una risposta, non voglio leggere il vuoto nei suoi occhi, scarico come le scuse di prima. Qualche passo mi porta alla finestra, piano, sfiorando i libri che ora prendono polvere perché non mi legge più niente, neanche quando sto male, quando magari prendersi cura di me aveva un senso, ora deve sempre farsi perdonare qualcosa.
    Ed io lo so, lo so e lo ignoro. Lo so e non voglio vedere, che mi tolgano gli occhi dalle orbite perché mi muovo per casa come un cieco, a tentoni. Toccando punti che voglio gli facciano male, giusto perché apra gli occhi. Che se non posso prenderlo con l'amore, allora sarà il dolore a convincerlo che così non può continuare.
    Spinge sui miei sensi di colpa, mi fa appoggiare la fronte al vetro, così, in respiri che neanche gli voglio dare in pasto. "Il mio scopo non è morire" forse è così piano che mi esce, che la convinzione non esiste mai nel mio tono, solo una rassicurazione che non sono sicuro gli importi davvero. "Oh lo so, tu non me lo stai neanche chiedendo, lo vuoi e basta, è così? Mi vuoi a casa..?" domande retoriche che sgorgano come sangue che gorgoglia da una ferita aperta.
    Non lo guardo neanche adesso, neanche se poi la memoria impone di dirmi che è colpa mia se mi allontano, colpa mia se peggiora, colpa mia che non so farli i passi giusti con lui, che ci tengo al punto da aver paura di rischiare quando magari è la sola cosa da fare.
    "Ho già detto di no." Come se non gli volessi spiegare le cose che già sa. Che lo sto tenendo in gabbia, al sicuro da chi lo tratterebbe nei rifugi dell'Ordine per convincerlo per sfinimento. Ma la verità, è che non voglio lo vedano. Non voglio che al mio "si, è tutto ok" rispondano che è una cazzata perché palesemente siamo al confine, e forse l'abbiamo già superato. "Torno su, devo riposarmi per dopo." Faccio solo questo, un mettere fine alla discussione prima che il cuore mi imploda in petto, passandogli una mano sulla spalla, una carezza, che forse neanche vuole. Perché adesso se gli parlo scateno qualcosa di troppo, che mi dirà la verità e non si potrà più negarla. Fatemela negare ancora cinque minuti.

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    Mordin lo lascia parlare. Non gli risponde e non perché non conosca modi per rabbonirlo, per spingerlo seduto contro la sedia in silenzio per qualche secondo, quanto perché non vuol dargli modo di continuare. Tanto che a quel ''ti mancherei'' si irrigidisce. Alza solo le spalle tanto che la sua risposta potrebbe sembrare un ''certo, è logico'', quanto un ''non so, non chiedermi queste cose.'' Non si concede più di così, né si scosta quando lo osserva abbandonare la stanza e la sua schiena, nel risalire le scale, gli sembra nonostante tutto la cosa più bella che potrebbe vedere in quella casa.
    L'unica cosa, tra tutto il resto, che non saprebbe odiare nemmeno un pochino. Nemmeno quando le luci sfarfallano di nuovo e non perché è come quella sera che si son rivisti per una birra, quando è stato quel forte temporale a bagnarli e far saltare tutto, lo fanno perché si sta innervosendo. Ed è qualcosa che Edric conosce bene, perché in altri giorni si sarebbe alzato, lo avrebbe afferrato per i fianchi e, stringendo forse, gli avrebbe detto di non fare così. Di non ignorare il modo con cui si sforza di essere una persona giusta per lui. Qualcuno meritevole del suo amore, delle sue carezze.
    Perché sì, Edric non sarà Joshua. Se non fosse per il profilo del naso forse non saprebbe somigliargli nemmeno un pochino, ma ha deciso di star con lui e questo deve pur significare qualcosa.
    Non può abbandonarlo così.
    Allora si da del tempo, lo fa per alzarsi su un istante e lasciarsi andare mogio contro il pavimento.
    I piedi nudi aderiscono di nuovo al parquet non più lucido da tempo. Le ginocchia si piegano per un istante. Ha i morsi della fame, ma nessuna voglia di mangiare, di sedersi in cucina con lui per preparargli così la sua pasta italiana con il sugo ed il basilico. Non ha voglia di prendersi cura di sé stesso.
    Ma le scale le sale, lo fa piano, accarezzandone il corrimano come se la casa stessa fosse una persona bisognosa di cure. Lo fa osservando i corridoi come se fosse la prima volta che è lì. Ne ricorda la vita che un tempo sapeva fluirvi: Il sorriso dei suoi genitori morti per la loro stessa causa. Il corpo nudo di Edric avvolto nelle lenzuola. Come se fosse stato un angelo, il suo, per un tempo decisamente lungo.
    Sospira, ma così piano che il suono del respiro sembra impercettibile persino per se stesso. Lo fa avanzando in passi che sembrano lentissimi, eterni, come se il tempo potesse bloccarsi in questo fluire disperato di bisogni.
    Lui ha bisogno che Edric ci sia, seppur non sempre nel medesimo modo.
    Se lo ripete aprendo piano la porta della stanza in cui non dormono più così bene se sono insieme. E lui è lì, gli da la schiena. Respira piano, profondamente.
    Allora Chrys lo guarda, interdetto, pietrificato. Come se fosse appena stato posto dinanzi ad una scelta difficile. E non sceglie, non lo fa razionalmente, si limita solo a scivolare al suo fianco. Un braccio gli stringe la vita, se lo tira contro. Un bacio si incastra lungo la nuca. Respira. Respira pesante.
    ''Perdonami, coniglietto.'' L'ennesimo sibilo morsicato in denti che digrignano, che fanno pressione contro gli altri ed accompagnano lo scivolar di una mano lungo i suoi pantaloni. Glieli sfila piano, lo fa cercando di non infastidirlo troppo. Lo fa per ritrovare lembi di pelle contro i quali aggrapparsi saldamente. La sua pelle è bellissima. Ne accarezza un lembo della natica con il pollice. Respira. Cerca di placare i battiti di un cuore che da fastidio, che accentua l'asma.

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    E sono un vigliacco, quando preferisco non guardarlo negli occhi ed imporre le cose come fa mio padre. Informo, non chiedo, esattamente come ha tentato di fare anche Chrys. Di imporre la sua presenza laddove un suo passo sarebbe la rovina. Farebbe crollare un castello che voglio ancora poter guardare quando chiudo le palpebre.
    Perché lo faccio, mi infilo piano a letto. Stringo lenzuola che non profumano di niente. Né di lui, che dorme in un'altra stanza da quando brucia avere la corruzione a contatto stretto con la luce per tante ore. Né di noi, perché non lo so.. non so quanto durerà un "noi" fatto da me che amo per due. Che spingo questo treno lungo il binario, e mi spacco le braccia per portare avanti anche quello che non mi spetta.
    Se solo potessi strappargli il male da dentro, senza il suo consenso, lo farei. In prima linea, pronto ad affondargli le mani tra le costole, a ripulire con cura i punti che ha raggiunto quando questo male si è espanso, come un cancro silente.
    Chiudo gli occhi in un respiro, che in testa mi grido colpe di ogni sorta, allora devo respirare per forza. Devo chiudere lacrime dietro ciglia chiare, devo dirmi che andrà meglio, oggi è solo qualcosa che si potrà riscrivere domani. Si. Domani mi piace.
    E sono un vigliacco perché dietro le palpebre c'è sempre Chrys, ci sono le prime volte, c'è il primo anno. Io così riesco a dormire, a dissipare l'ansia, il panico, la paura di perderlo. Mi dico che ricorderà di amarmi, di voler restare tra noi. Con me, con Josh, con qualcuno che non sia corrotto.
    Tornerà da me, a ridere in cucina, a non lo so... fare quelle cose che facevamo quando stava bene.
    Così ci riesco. Regolarizzo i battiti, placo i fiati, il corpo si infossa di più nel materasso, mi godo il tepore di un piumino caldo, o la morbidezza del cuscino, con il sole che filtra perché non è ancora tramontato. Da lui traggo il resto della mia luce, mettendola a riposo.
    Ma Chrys torna, e questa sua voce mi risveglia con un bacio dietro la nuca, dove piace a me. Che mi riapre gli occhi in un brivido che sa farmi mancare due battiti consecutivi. Mi secca la gola.
    "L'ho-.." già fatto.. espiro ma la le mani scendono e la mia mascella si serra piano, so bene a dove portano quelle prese. Non credevo di avergli chiesto tanto nel darmi tregua. Ho bisogno di esserci con la testa e con il cuore stanotte.
    Gli fermo la mano per un polso, anche se la stanchezza mi indebolisce la presa. Si, è solo la stanchezza. "...non adesso, dai" ammonisco, poco convinto.

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    A Chrys non piacciono i no. Non piacciono quando è triste e quell'emozione gli si macchia di rabbia, di un'insoddisfazione che s'è fatta prima figlia e poi di nuovo madre. E lo ha cresciuto, sì. Lo ha cullato per troppo tempo, tanto che degli insegnamenti di Erika ed Oleander non ha più niente. A Chrys, questo ragazzino che si stringe tremante contro la schiena di Edric, non è restato nulla se non il fastidio. Un battere forte di denti come se gli stesse masticando il cervelletto dalla nuca. Come se glielo stesse strappando via. Che ne vuole assaporare ogni lembo, per capirlo. Perché c'è questa leggenda che lo spinge a credere di poterlo capire solo così: Divorando ciò che lo confonde, divorando ciò che vorrebbe far proprio.
    Ed Edric lo ha iniziato a masticare già da tempo. Lo fa senza aprirla la bocca, senza mandar giù la saliva. Tanto che poi sbava, quando si arrabbia. Sbava come fosse un cane cresciuto in cattività e che, quando crede di poter essere finalmente felice, viene subito confutato.
    E Chrys di certo non si aspettava di essere respinto così, di poter subire un ''no'' così secco da doverlo spingere ad arretrare. Ma non arretra anzi. Più Edric non lo vuole, più lui si autodetermina e lo fa baciandolo di nuovo sino a lasciar scivolare le labbra lungo la schiena.
    ''Perché no...'' Ma non è una domanda la sua, è solo un'espressione che gli si colora in volto, prendendo posto di quella che inneggia al disprezzo, al dolore.
    ''Mi ami ancora, vero?'' Balbetta appena. Lo sussurra piano, quasi dispiaciuto. Perché se Edric lo ama davvero, ancora come fosse la prima volta, allora deve volerlo. Deve volere quella mano che resta bloccata lungo il bordo dei pantaloni, che Chrys non toglie, perché testardo, perché egoista.
    Sfrutta però la forza nell'avambraccio per girare Edric di schiena: Che vuole guardarlo adesso. Vuole che almeno nel rifiuto ci possa mettere del coraggio.
    ''Vero, coniglietto?'' E prova a braccarlo, a bloccargli le mani contro le lenzuola solo per salirgli sopra e sorridere, piano, nel guardarlo in tutta la sua bellezza.

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    "C-chère..." non farlo, per favore.. un fiato che si scompone, che vibra nello sterno, che si perde in volute di respiri contro una luce che andrà presto a spegnersi.
    Stringo i denti, e gli occhi e perfino un polso che per fortuna blocca, che basta impormi appena perché in qualche modo il dubbio gli venga. Anche se no, non basta mica. Lo sento perché lo conosco. Adesso la violenza è un po' placata, ma potrei attivarla se solo mi opponessi e gli dessi modo di accendere le fiamme della corruzione. Allora non ne uscirei mai vivo, non perché Mordin sia potente, ma perché io non so esserlo davanti a lui.
    E' con questo che moriremo entrambi, con la mia incapacità di imporre voci che non siano sussurri. Vittime di un passapoarola che lascio ai muri, che se mi dice "bravo, coniglietto" a me vengono i brividi. E' così che si ama?
    Sono nudo al suo tocco, scoperto se mi si avvicina. Non è qualcosa che controllo, o che voglio regolare ma so non sa placarsi. A lui non piace quando lo contraddico, detesta se dalle mie labbra non escono conferme che sta facendo la cosa giusta.
    E non la sta facendo neanche adesso, neanche ora che se gli chiedo di lasciarmi in pace, poi lo trovo ad un palmo dai miei fianchi, ad un respiro dalla pelle. Colpa mia, che piego il collo ai baci, che ho un corpo che trema perché farà male.
    E di colpo noi due ne sappiamo, se poi mi apre il petto, punta al cuore e scocca. "Certo che ti amo.." dubita? Sibilo, la risposta la so, i suoi sono i capricci di un bambino che nell'essere io più giovane, mi ruba il posto. Mi volta quasi fossi la sua bambola, la replica perfetta di un giochino, qualcuno con cui divertirsi e forse neanche preoccuparsi di cosa si provi sotto la superficie di ceramica.
    Prima non era così. Su questo mi fisso. E fisso anche i suoi occhi nei miei, quando, sconsolato, mi lascio bloccare i polsi, tiro il collo e respiro più agitato. La calma si annulla. "Si, lo sai.." ormai neanche mi ricordo quante volte lo ripeto, che si, si basta che sia contento.
    "Ma ti ho detto di no" Ringhio d'insicurezza, anche se non voglio, non voglio farlo adesso, ti prego Chrys. Aggancio questo a parole che voglio siano una stilettata.

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    Edited by nocturnæ - 23/2/2022, 16:49
     
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