Don't leave me...

Caleb, Froy, Grace | 29 Gennaio, Bronx

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    Le dita della mano sana, stringono il ferro gelido della gabbia. Ora è caldo, ma perché lui non lo lascia andare. Lui non molla la presa. Né sul tormento che prova, né sulle lacrime ora gli fanno gli occhi gonfi e le guance rigate.
    Chiuso in sé, è tanto silenzioso che si potrebbe pensare non sia lì. Però si sente. Si sente come l'aria sia chiusa, come la tensione sia dolorosa, come si sia lentamente trafiggendo.
    Caleb adesso è l'immagine di un cucciolo puntino, che ha tradito chi amava e nel farlo ha perso ancora qualcosa.
    Non gli importa che Grace lo abbia ferito, che abbia affondato i denti nella carne e così facendo abbia aperto vene, e lo abbia spaventato. Si che ha avuto paura. Ma non di morire, non che lo ferisse, ha paura - tutt'ora - che Grace lo lasci non appena lo scopre, non appena torna.
    Perché torna, vero?
    E la paura è un punto che si apre in petto, una ferita che ne fa il codardo di sempre e che, chiudendosi, lo lascia avvolto in fasce già di nuovo sporche di sangue.
    Un punto che lascia ancora denti a stringere le labbra secche, che gli tiene la testa rivolta in basso, ai piedi. La fronte spinta contro la gabbia. Neanche lo trova il coraggio di alzare il musino verso la tigre, e vedere che adesso ha un taglio a spezzare la pelle vicino all'occhio è per colpa sua.
    Ha sbagliato tutto. E voleva uscire con lui, voleva un appuntamento.. voleva che fosse felice. Invece adesso tornerà, si spaventerà, e vorrà tenerlo lontano. Perché fanno tutti così con Caleb. Lui non è pronto, e allora lo allontanano, pensando che questo lo aiuto a vivere bene. Ma che senso ha se poi non può essere felice.
    "Tienimi qui..." un sussurro flebile, spezzato dai singhiozzi. Che se potesse si chiuderebbe ancora di più, stretto stretto tra le gambe, con il silenzio nelle orecchio. Perché il vociare non lo sente, non lo vuole, neanche li conosce quelli che l'hanno stretto e portato al sicuro.
    E poi.. e poi è un mago nero. L'ha dovuto dire a Froy perché non gli manipolasse il sangue, perché avrebbe dovuto saperlo. Si.. eppure Grace non lo sa, e questo alimento solo il tremolio delle viscere. Tienimi qui, "... anche se è colpa mia" Solo mia.

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    Papà non è felice di sapere che Grace si è trasformato lontano da casa. Non è felice del non essere stato avvertito per tempo e tu lo sai, perché se non fosse partita da te la notizia probabilmente avreste rischiato più del previsto. Ma lo hai rassicurato, lo hai fatto promettendogli discrezione e celerità. Non tanto perché Papà è solito girar per le tende intenzionato a sapere se va tutto bene, quanto perché deve tenere ai suoi figli a prescindere dallo sguardo che gli riserva e tu sei grande abbastanza da far da maggiore per tutti: Se dici che le cose vanno bene, allora dev'essere così, anche se hai lasciato che Caleb vi accompagnasse sino alle tende e che lì vi restasse il tempo di cui ha bisogno per medicarsi il braccio.
    Peccato non sappia preoccuparsi per lui. E sì, probabilmente un po' lo capisci: Qualche notte l'hai passata anche tu lì con Grace. Ci hai girato attorno per assicurarti che nonostante le cure stesse bene, ma poi hai smesso di farlo. Perché non ti è mai servito ad alleviare la preoccupazione con cui sei cresciuto assieme. Non ha mai aiutato a rendere le cose più facili.
    Ma vorresti davvero che Caleb si allontanasse da lì. Glielo dici senza dirglielo direttamente in falcate che ti portano vicino a lui. Stanno bene, per fortuna. Stanno bene entrambi: La tigre non lo accusa più il dolore al muso, non come prima almeno, nonostante resti un segno rosso tra il pelo morbido. Caleb, invece, a differenza sua, ancora sanguina. E tu quelle fasciature gliele guardi, non puoi non lasciarci cadere lo sguardo sopra.
    ''Non è colpa tua.'' Glielo dici secco, fissando lo sguardo sulla tigre che adesso dorme nel fondo della gabbia. Sembra serena, ma forse è grazie al sonnifero che le ha dato Leroy. Dorme come se non fosse successo nulla, come se non avesse intorno a sé una moltitudine di persone pronte a combattere contro i propri sensi di colpa.
    ''Nemmeno sua.'' E ti riferisci alla ferita che gli ha inflitto.
    ''Ti fa tanto male il braccio?'' Glielo indichi con lo sguardo, mentre con una mano, spontaneamente, scendi a scompigliargli i capelli che già son giù, afflosciati, confusi, come fossero le fronde di un salice piangente.
    ''Dovresti entrare dentro, comunque. Puoi stare in tenda da me fintanto che lui non c'è. Ti faccio portare qualcosa da Leroy per il dolore e ti stendi un po'...sarai stanco, Kelly.''

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    Froy Alvarez
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    Alle parole di Froy, ma anche solo al suono della sua voce, non risponde altro che un singhiozzo. Uno che Caleb lo piega di più contro le gambe, che maschera mordendo il braccio sano, soffocando lì, per poi tornare al punto di partenza.
    Magari se piangesse più piano non rischierebbe di avere le attenzioni del circo. Lui, che neanche si ricorda bene come ci è arrivato. Che tutto è un po' confuso, beh un po' tanto. La paura si è alternata alla vergogna, al modo in cui da vigliacco ha sputato fuori l'ennesima verità di cui Grace è all'oscuro. L'ha fatto per un bene superiore, però, perché sarebbe stato mille volte peggio se quel suo amico fosse stato corrotto dal sangue, dal moto che ha avuto la corruzione di entrare in difesa quando già stava bagnando troppo il suolo.
    Ma cosa ha sbagliato stavolta? Quanto?
    Il corpo della tigre si alza e si abbassa a ritmo, ma tanto il cucciolo neanche la guarda, che ha solo un senso di colpa schiacciante, uno che non va via alle parole di Froy, ma si intensifica. Diventano occhi ancora colmi di lacrime, che piano si sollevano in un punto a caso davanti a sé.
    Vuole portarlo via da Grace? No, non si può fare, non è qualcosa di concepibile neanche per scherzo, neanche se insiste sul non averne una colpa.
    Che Caleb la colpa ce l'ha: quella di averlo illuso. Lo ha illuso che avrebbero potuto avere un appuntamento, che avrebbero potuto avere qualunque maledetta cosa avessero voluto, almeno per una sera. Almeno per una volta. E invece ora si ritrova a pensare che sarebbe stato meglio se qualche cliente lo avesse trattenuto e lui avesse cancellato per la seconda volta.
    Ma il braccio, gli fa male? "S..si" ammette, guardandolo, vedendo come lungo le bende ci siano screzi rossi che corrono come fiumi, come disegni di una boccetta di inchiostro lasciata cadere sul foglio bianco. Si ramificano, e lui si incanta lì, chiudendo gli occhi, le labbra tremano. Ci può pensare solo lui, gliel'ha detto: è un sangue che non si può toccare, il suo, non ora.
    Si stringe di più il braccio al busco, ma poi un po' cede, un po' quando Froy si piega e gli sistema i capelli, magari anche peggiorando una situazione già drammatica. E gli si piega piano con il muso lungo la spalla. Gli occhi fissi nel vuoto, poi chiusi, di nuovo. Si calma solo così, solo ora, solo per un cavolo di miracolo. "N-no.. no per favore, lasciami restare qui.. io.. io devo vedere quando si sveglia.." un magone tanto forte che il nodo in gola si fa metallico, come parole che risuonano in corde bassissime, quasi sospiri. "Perché torna.. vero? L-lui.. t.torna da-da me... " e adesso si che la tigre la guarda, inspirando male.

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    Non vuoi che Caleb resti immobile dinanzi alla sua gabbia. Forse non ti sta bene esser spodestato in questo modo dal tuo dolore così privato e persistente. Un sentimento tanto intenso da esser divenuto quanto più simile ad un'insofferenza che sa rafforzarsi nella promessa che non puoi non mantenere, non quando è stato Grace a fartela pronunciare, accettare, come se non vi fosse poi altro rimedio.
    Vorresti che il suo pianto non divenga per forza di cose motivo di ulteriori fastidi, di imbarazzi da parte tua e nervoso da parte di chi, come Papà, non ha voglia che ci siano situazioni del genere, non nel suo circo, non da rischiare di allarmare inutilmente gli altri.
    Ma Caleb continua a piangere, lo fa ancorandosi alla gabbia anche se Grace ora non ha modo di dargli spago, di dar dei cenni di vita che non siano altro che l'abbassarsi e l'alzarsi del suo ventre. Respira serena, sta solo dormendo un po'.
    ''Se continui a piangere la svegli a prescindere.'' Non vuoi dirglielo con cattiveria, ma non esistono, adesso, toni di voce più consoni.
    ''Il sonnifero che le ha dato Leroy è roba blanda. Serve solo a tenerla buona quando...quando succedono cose come queste.'' Che non sono frequenti, anche se ultimamente sono peggiorate. Ultimamente, Grace, è ingestibile. E sai che a breve potrebbe svegliarsi, magari tra un'ora o poco più. Non tornerà forse nell'immediato il Grace che Caleb vorrebbe, non ci riponi molta fiducia, non quando le trasformazioni si son fatte più lunghe del solito. Ma si sveglierà, tornerà tra di voi nella forma in cui riesce a farlo.
    ''Sei pericoloso se giri in questo modo.'' E ti riferisci di nuovo al braccio che sanguina e che, come ti ha detto, non puoi nemmeno sfiorare. Che sarebbe semplice se potessi metterci mano tu, qualche punto di sutura e nel giro di poche ore è a posto. Ma non puoi: Qui non puoi mantenere le promesse fatte a Grace.
    Ti irrigidisci un istante quando lui ti si poggia contro, ma speri di non averglielo dato a vedere.
    ''Come non detto...'' Un sibilo viene smorzato dal brusio della tigre. Un respirare talmente profondo da gonfiarle i polmoni più di prima. Sdraiata sulla schiena, così come dorme Gray stesso, apre piano gli occhi e sì, sì che si vede che è ancora un po' stordita, perché non si muove. Oltre al voltarsi prima su un fianco e poi sulla pancia, non fa altro. Lascia vibrare le fauci, ma è quasi silenziosa, pacata. Non scatta nemmeno all'odore di Froy o a quello del sangue di Caleb. Lentamente, come se fosse ancora in dormiveglia, si limita solamente a nascondere la parte lesa contro una delle zampone, come a volersi medicare l'occhio da sola.
    ''Non mi perdonerà mai per quell'occhio...'' Parli più con te che con lui. Ma lo fai afferrandogli il braccio integro facendo per portarlo via. ''Ma sta benone, guardala.'' Non credi che Caleb possa capirci qualcosa sui grandi felini, ma questo è uno di quei modi che hai per provare a renderlo partecipe, cosa che ti chiedi se è riuscito a fare anche lui, parlando a Grace, oltre che delle anfetamine, anche della sua corruzione.
    ''Lasciala riprendersi.'' Che se non vuol pensare alla propria ferita, almeno che pensi a lei.


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    Ci pensa, Caleb, ma che Grace torni è l'unica cosa che vuole. Intenso come se potesse usarlo per fondere il metallo resistente della gabbia, fissa oltre le fessure, il corpo della tigre. Lo spaventa ancora tanto, lo fa in respiri che non ricordano il suo ragazzo. Come non lo fanno le zampe giganti, che chiamarlo Hobbit adesso è solo un moto che punta a farlo disperare di più.
    Anche le zanne non sono come i denti che gli piace sentirsi passare contro la pelle, o quelli che usava per sorridergli tra le farfalle. Ha una stupida polaroid anche di quello, piegata male nelle tasche sul retro, tirata perché lui sta in bilico sulle ginocchia, tanto che sbilanciarsi verso Froy lo fa traballare un po'.
    Ed è colpa sua, eccome se lo è, che se piange la sveglia, se respira la irrita, se tenta di salvarla la rende aggressiva. Se prova a portarlo fuori per un solo, stupidissimo appuntamento, finisce che sbaglia. In ogni caso, si dice piegando il capo per tornare dritto, non ne fa una giusta. Eppure non vuole smettere di sperare che arriverà quel giorno, quello in cui per una volta le cose andranno bene, senza che debba ricordarsi costantemente che il cuore di Grace è un orologio, uno le cui batterie di ricambio sono introvabili, e che no, non c'è modo di fermarlo. Vorrebbe disinnescarglielo in petto e quando lo pensa, il sangue ribolle. No, no certo che non dice sul serio, è solo... l'ennesima metafora che non salva nessuno, non alleggerisce.
    "A...adesso smette.." di sanguinare, intende, nel forzarsi a richiamare quel sangue che bagna la fasciatura perfetta, ora rosata. Ma la voce gli esce che è un soffio quasi inesistente, aspirato come un sospiro contro un cuscino, come se fare silenzio fosse d'obbligo. Perché la tigre si muove e lui ha un brivido, un sussulto.
    Ha paura.
    E nell'averla, c'è un moto di dolcezza che gli pianta un sorriso debolissimo in volto, uno che ha labbra che tremano ed una mano che le copre, nel vedere come Grace ora sembri solo un gatto. Uno troppo cresciuto. "Certo che se non ti annaffiassero con il Gatorade.." E si rivolge solo a lei, a sua maestosità: la tigre, che per poco gli staccava un braccio a morsi solo per il nervosismo, e si si che Caleb si alza. Ma non lo fa perché Froy ha una stretta su di lui, lo fa perché non vuole tremare tutto il giorno, perché vuole fare qualcosa che gli spezzerà definitivamente le ginocchia. "Fammi entrare.." guarda Froy, ha ancora una mano ancorata alla gabbia, come a dire che no, no che non si sposterà da lì. Ha bisogno di questo.

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    Sai di non poterglielo permettere. Che aprire la gabbia per farci entrare dentro lui è assurdo, è immorale, insensato. Ma non glielo dici, non subito almeno, quando sentendotelo addosso, finisci per bilanciare il suo peso contro quelle delle mani che si serrano nervosamente contro le sbarre.
    La piccola Grace non è più piccola come la ricordavi tu. Anche se la vedi quasi ogni mese ormai ed ogni volta ti sembra sempre la stessa. Come quella prima volta che Papà nella sua gabbia ti ci ha messo ancor prima di dirti che quella ragazzina dai capelli ricci aveva iniziato a trasformarsi in un felino già dai suoi otto anni. Che se ne era andata di casa dopo sei anni di scantinato. Dopo sei anni di solitudini e trasformazioni dolorose.
    La piccola Grace ormai non è più la tua piccola. Non lo è da quando ha deciso di cambiare per trovare una forma che fosse più congeniale alla sua persona. Non una ragazzina del Kentucky intimorita. Non una tigre così piccola da far paura solo a se stessa. Ma il fratello maggiore che tu eri riuscito ad essere per lei.
    Te le ricordi ancora le sue trasformazioni, quelle che venivano anticipate dal pianto e dagli abbracci sotto le lenzuola.
    ''Gracie, dai.'' Le dicevi tu accarezzandole i capelli, spostandoglieli dal viso. ''Lo sai che le tigri sono molto belle? Sono il mio animale preferito.'' Ma questo non la faceva smettere di piangere. Non le impediva di avere quei brutti incubi che di notte non la facevano dormire.
    E c'era già quel dualismo nella sua persona: Perché se fuori sembrava forte, tenace nella scelta che aveva fatto chiedendo a Papà di pagarle la terapia ormonale sostitutiva, nelle tende, poi, finiva per piangere. Per tremarti contro come una foglia flebile, delicatissima. Era il tuo ramoscello spezzato.
    E tu l'hai conosciuta proprio così: Lui ti prese e ti mise là dentro. E all'inizio fu quasi facile, stranamente facile. D'altro canto Grace è una tigre molto curiosa ed è ancora in quell'età in cui le cose, prima di spaventarla, finiscono per piacerle. E tu le piacevi, Froy, le piacevi tanto quando ti sedevi lì vicino per accarezzarle il muso, la punta delle grandi orecchie ovali, il lungo pelo morbido.
    Dunque adesso, sentendo le sue parole, non ce la fai a dirgli un ''no'' capace di rivelarsi categorico. Al suo posto nemmeno tu lo avresti voluto sentire, non quando sai di essere innamorato di una persona che presto non sarà più qui con te.
    E lo capisci, cazzo se lo capisci. Perché se Grace non fosse perennemente arrabbiata con te forse ti lasceresti andare un attimo al suo fianco. Come quando eravate più piccoli ed ogni tanto ti lasciavi persino sfuggire un bacio sul suo muso.
    Allora la gabbia la apri, ma la lasci per un istante socchiusa. Grace è ancora stordita dalla roba che le ha sparato Leroy. Vi guarda, ma non ha la forza di obiettare.
    ''Non farla entrare a contatto con il tuo sangue.'' Ripeti categorico, come fosse un mantra.
    ''Ormai ne conosce l'odore e suppongo proprio che non se la meriti un'altra maledizione.'' Non sei sicuro del fatto che la corruzione possa attecchire anche su un maledictus, ma non ti senti coraggioso nel lasciarglielo provare. O permettere che accada anche solo per sbaglio.
    ''Sii gentile con lei. Se la lasci avvicinare piano, saprà come accoglierti.'' Ha gli occhi lucidi nel dirlo. ''Grace è una tigre molto buona, l'abbiamo addestrata bene, forse anche un po' viziata.'' Sorridi piano, la ami così tanto.
    ''Prima voleva difendersi e difenderti da me...non ti ha morso per attaccarti.'' E gli fai cenno di entrare, anche se un po' di apprensione la senti ancora. Hai il cuore in gola e la paura fottuta che il maledictus possa mutare a tua insaputa e continuare ciò che ha cominciato per puro svago.

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    I piercing sulla lingua scattano. Li tira con i denti, ci gioca, si fa male. Tutto pur di non sentire quella voragine in petto, che scava canion profondissimi.
    Non sa mica cosa risponderebbe se Froy gli dicesse di no. Che non può entrare dalla tigre, non può abbracciare il suo amore, non può coccolarlo e pregarlo di tornare a stringerlo con mani e gambe. A dirgli che le lucciole sono bellissime, che è stato l'appuntamento più romantico della sua vita. Quanto egoismo può racchiudere quasi un metro e novanta di cucciolo di mago nero? Smettila.
    Trema quando si impone di alzare la schiena, di fissare il domatore negli occhi, anche se da questi vede poco o niente, che non vuole subito la voce si incrini in un implorare. Una preghiera, una supplica per la quale scenderebbe in ginocchio. Tutto pur di non andare via, di non provare a bere o fumare qualcosa con gli altri, non se Grace è lì che si contorce ancora assonnato.
    Tanto pronto ad accogliere un "col cazzo che ti faccio entrare" che quando Froy gira la chiave nella toppa, lui ha spalle che si incassano in petto, un risucchio di respiro. L'ombra di qualcosa che sia solo voglia di riabbracciarlo, di scusarsi se come sempre va troppo avanti, se lo fa con la paura che non ci sia mai tempo per fare tutto. Che davvero, quattro anni sono tanti, ma cazzo se sembravano pochi quando il suo ragazzo si è piegato per il dolore e la resistenza davanti a lui. Un colpo di spugna sui buoni propositi ed una lama a trapassargli il cuore. Poco tempo...
    Non vuole singhiozzare, ma neanche sa cosa dirgli, quindi in realtà ciò che fa Caleb è guardare prima uno e poi l'altra, con calma, con rispetto. Annuisce, non le farà toccare il sangue, mai.
    Ah. No che Grace non merita altre maledizioni e questo, beh questo si che fa male sentirselo dire, lo prende come se fosse davvero una sua colpa, come se Froy ce l'avesse con lui per aver portato altri casini nella vita del suo amico. E può negare che sia così? Non ha il coraggio di guardarlo adesso, solo di fissarsi i piedi, ed annuire ancora. Certo che non gli vuole fare altro male, non ha mai voluto che niente lo affossasse a quel punto.
    E non lo sa perché ma con la mano stringe un polso a Froy. "Mi.." ha il nodo in gola a stringere parole ad imbuto. ".. mi dispiace per tutto il casino.." Andrei via se ne avessi il coraggio, ma non posso restare anche senza Grace. Un respiro nasale che si apre a singhiozzo, anche se lo spinge giù per la gola a forza. "Va-vado via appena torna, ok?" sarebbe credibile se non avesse gli occhi lucidi nel dirlo e la certezza che non le saprà più muovere quelle gambe lunghe.
    Sposta la mano dal polso, respira contro un blocco di mattoni nello sterno.
    Aspetta che la gabbia si apra di più, prima di piegare un ginocchio, guardare la sua tigrotta fare il gatto assonnato, rendersi conto che non ha paura di lei. Non ne ha mai avuta, non in quel modo. Forse perché è stupido, e non ha rischiato la morte abbastanza, o forse perché lo ama troppo da dirsi che gli farebbe intenzionalmente del male. "Ehi, piccolina... " coraggio Caleb, meno tremolio nelle parole, su. ".. mi fai stare un po' qui?" la prega, pianissimo.

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    Sì che dovrebbe andare via e Froy lo sa bene. Perché degli esterni nessuno si è mai fermato tanto nel circo: Non è qualcosa che Papà lascia fare con tanta facilità. Ma non è passato nemmeno un giorno da quando Caleb è qui e questo può permettere ai ragazzi di inventarsi una balla qualora lui rischi di fare uno dei suoi saltuari giri di controllo. Gli direbbero che Caleb è una delle innumerevoli avventure di Oswald, uno di quei tipetti che al mangiafuoco piace portare in tenda con sé. Non che è il fidanzatino di Grace: Questo, per quanto per lei non abbia le medesime attenzioni che dedica a Satine, non gli piacerebbe. La piccola puttanella di Papà non può permettersi tante distrazioni, soprattutto non quando, tendenzialmente, è qualcuno che agli altri finisce per affezionarsi.
    Ma non aggiunge altro prima di farlo entrare e chiuderlo così in gabbia con la tigre. Sbuffa solo un ''mhh'' che sa di consenso, ma che rimane talmente flebile da risultare quasi impercettibile.
    E la tigre non fa una grinza quando sente il suo odore farsi più vicino, non si oppone, non ringhia anzi, probabilmente presa dalla tristezza, dalla consapevolezza di aver ferito quello che sin da subito è stato uno dei suoi cuccioli, mugugna un po', stretta nelle zampone.
    Si tira su solo quando Caleb parla ed il suono della sua voce le piace: Non è come quello di Froy che, dietro la calma, sa nascondere la tenacia dell'ennesima frustata. No, il tono della voce di Caleb è tenero, morbido, screziato da una paura che non sa recepire nelle sue sfumature, ma che a modo proprio comprende.
    Allora gli si fa vicina con passo lento, ancora assonnato e lo fa trascinando il muso verso le sue gambe. Lo annusa, di nuovo. Ne respira l'odore lasciando che la lingua si muova in sua direzione. Gli lecca le dita della mano, dimenticandosi probabilmente di non essere un gatto dalle piccole dimensioni. E lo guarda, sì, come a volersi scusare per il male che gli ha fatto. Che lei è buona, sì, Froy glielo ha detto. Buona e terribilmente curiosa. Se Grace non le si opponesse tanto durante la mutazione, probabilmente, ogni cosa saprebbe rivelarsi più facile. Così gli si fa vicina, sì. Lo fa per percepirlo meglio, per inquadrare il suo odore in quello spazio angusto dove sì, può scorrazzare, ma non così liberamente come quando è Froy a portarla a passeggio tra le tende. A Grace piace correre. Se potesse farlo, probabilmente, non sembrerebbe una tigre tanto triste e sconsolata. Bruisce al suo fianco. Forse lo fa per attirare l'attenzione, per farsi accarezzare laddove l'occhio fa malino. Oppure perché è abituata così, un po' come se gli stesse facendo le fusa e volesse ricordargli, adesso che quasi si preme contro una sua gamba, che è il suo cucciolo e che lei non voleva di certo fargli del male. Lo lecca di nuovo, questa volta beccando vestiti, pelle, qualsiasi cosa le capiti a tiro. Lo lecca per chiedergli scusa.

    Io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca.━━━━━━

    Gray Moore
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    Immobile, con una mano che tremando si fa avanti. Eccola qui l'immagine di Caleb che dimentica Froy, quasi fosse entrato in un'altra stanza e non fosse invece lì a guardarli. Due stupidi, uno forse più pericoloso dell'altro. Ma nulla più. Due ragazzini che volevano solo godersi una serata insieme, per una volta, senza clienti ad esigere il corpo di Grace sopra ogni cosa, a prevalere sul suo amore. Senza Aaron a prendere Caleb per i capelli e piegarlo in ginocchio con forza davanti a lui, costringendolo a chiudere gli occhi per non vedere quello che gli dovrà fare per mantenersi in vita.
    Sono solo loro due, spezzati da una maledizione che adesso ne spaventa solo uno, perché la tigre sta benone, l'ha detto anche Froy. Almeno, se può consolarlo, non c'è la coscienza di Grace che urla, in trappola. Ma no, questo forse è anche peggio, perché riempie di nuovo gli occhi di lacrime, come se riprendersi qualche minuto abbia semplicemente dato modo ai dotti di riempirsi di nuovo, di ricominciare da zero. "B-brava.." singhiozza, pianissimo, scendendo in ginocchio quando il muso della tigre si abbatte con dolcezza sulle ginocchia. Incerto, ma perché tutto fa solo male, allunga una mano per sfiorarne i baffoni con le dita, per far passare una carezza lungo il muso, esterno alla fauci. "S-se mi baci anche così, a-abbiamo un problema, sai?.." non sa perché gli parla come se potesse capirlo, che è il suo Grace e non.. non importa se non può rispondere, se non può dirgli che lo perdona, se non può ricambiare un bacio che vorrebbe così tanto adesso. Non importa, c'è la tigre e adesso deve avere lei. E tutto il modo in cui si rivolge a lei è dolce, si immagina parlare ad un Gray che dorme, stanco sfinito, nel suo letto. Così da poterlo accarezzare, da stringersi al suo corpo che respira piano, abbandonato, e infossare il viso dietro la schiena, così da tenersi addosso il profumo più buono del mondo.
    E' triste nel modo in cui si sente di ridacchiare un po' se poi quei baci con la lingua si fanno intensi al punto che gli sollevano gli abiti. "Davanti a tutti, che esibizionista sei.." lo prende in giro, ma quando le labbra le tira su, poi queste tremano e lasciano scivolare giù qualche lacrima. Si preme con la schiena al muro, ha visto che fanno così anche gli esperti su Youtube, che almeno prevengono gli agguati alle spalle.
    E' così basso che può guardarla in muso ed accorgersi, con un dolore lancinante al petto, che gli occhi sono gli stessi di Grace. Le carezza si fanno, dove possibile, ancora più leggere. "Scusami.. io volevo solo che stessi bene una sera.. con.. con me.. mi.. mi dispiace se è colpa mia.." singhiozza ad un centimetro dal suo naso, senza paura che posso aprire la bocca e divorarlo. Gli occhi sono tanto annebbiati che non ci vede con chiarezza, astigmatismo da lacrimoni. "Gracy..." lo piange fuori in un sussurro che gli chiude gli occhi, che avrebbe voluto dirglielo in un momento diverso, non come una preghiera per farlo tornare.

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    Ha morso anche Declan la prima volta che si è trasformata. Lo ha fatto premendo il muso contro una gabbia più grande di lei, che la testolina l'aveva piccola in confronto a quella di sua madre. Lo ha fatto per ripicca, per rabbia, che non voleva essere lasciata in cantina da sola, non quando aveva più paura che altro e quel tipo di emozioni, quando si è piccoli, si tende ad ingigantirle più del dovuto.
    Ed i suoi mostri hanno convissuto con lei a lungo. Lo hanno fatto quando Declan è tornato con la mano fasciata e nonostante il dolore, le ha messo una ciotola di carne tritata davanti. Perché la tigre ha fame, ne ha sempre avuta troppa. E qualcuno si è premurato di soddisfargliela. Che se non era di cibo si trattava di amore, allora Caleb adesso è questo. Lo riconosce, anche se non nella totalità del suo raziocinio e l'unica cosa a cui si è appella è un odore che resta solo suo. L'odore di un cucciolo che una madre ed un padre non lì ha, non qui almeno, perché devono esserselo perso per strada e allora Grace sa bene come tocchi a lei difenderlo, prendersi cura di lei nonostante le ferite che porta sono le sue e questo la fa bruire, quasi miagolare dalla tristezza.
    E non perché capisce di essere stata lei a fargli del male. Forse lo comprende quanto basta per continuare a leccarlo come a volergli chiedere il perdono. Il perdono di percepirlo così triste, così dolorante. Che l'unica cosa su cui sa concentrarsi sono i suoi sussulti, quei sospiri che imperlano gli occhi in un istante e lo fanno spingendo le sue orecchie a tendersi. Resta sull'attenti, ma perché vuole proteggere il suo cucciolo. Vuole solo questo da lui.
    Allora continua a farsi vicina, a spingere con la testa, che nella posizione in cui è Caleb forse gli viene persino comodo premere contro il petto. Come a farlo cadere, ma per gioco. Perché le piace strofinargli il muso contro e probabilmente attirare tutte le attenzioni possibili su di sé. Vuole farsi coccolare come prova del perdono. Perché non vuole essere lasciata in gabbia da sola per l'ennesima volta. Ora che lui è dentro, non vuole mandarlo via.

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    Si incolpa quando le labbra si sollevano in mezzo sorriso. Che più lo fanno e più il suo cuore soffre. Si sente con chiarezza come un piccolo scoppio si abbia proprio al centro, come a distaccare l'aorta. In fondo a che gli serve averne uno che batte, se Grace non può sentirlo?
    Allora ci spera che quando passa il musone addosso, e lo piega a sedere, lo senta. Che senta come batte forte, come non sia paura a premere in vena ma solo la voglia di rivederlo. Solo la timidezza - che non ha mai avuto - che gli prende i muscoli.
    Si convince, così, di capirlo quando parla. Di avere ben chiaro cosa dice e quando, e per questo resta buono, magari un po' il singhiozzo si arresta. Magari può ancora soffocarlo, nasconderlo, non dargli peso.
    Tanto che tiene quel muso su di se, che vuole si accucci, anche se sta scomodo, se una gamba è malamente piegata sotto il corpo del felino.
    Ora sembra ancora più fragile. Apre gli occhi nel dirlo, nel guardare la ferita in carne viva ed in questa leggervi le altre mille colpe che ha. Non gli sono proprio entrare in testa le parole di Froy.
    La accarezza lì, piano perché al primo ringhio potrebbe fermarsi, ma se almeno resta assorto riesce a non piangere a dirotto. "Ti ci riporto, sai?" a vedere le farfalle, a stare bene assieme.
    Abbraccia Grace, lo fa infossando piano il viso trai muscoli del collo, sapendo che se solo si girasse, avrebbe le fauci al punto giusto per spezzargli il collo. Si fida solo del fatto che non lo farà. Oh, quanto si fida il piccolo Caleb, come una preghiera che esala in respiri spezzati. Non piangere adesso, non piangere più. Si impone.
    Imita, spinge con la testa, struscia il volto contro il muso. "Mi hai spaventato a morte.." sussurra direttamente all'orecchio rotondo, ci lascia un bacio all'attaccatura.
    Gli occhi li pulisce con la manica lunga, ormai strappata, che ha già dimenticato il dolore, o di essere un mago nero e non averglielo detto. "Non farlo più.." singhiozza nel respiro. "Ti prego.."

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