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Il Cantamorte & Mordin| Francia, Place de Grève | 22 novembre 2020 [AU]

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    Fuori è novembre. Dicembre si avvicina ma non sono di certo questi i periodi in cui nevica in Francia. A Parigi, solitamente, i palazzi si imbiancano che è già inverno inoltrato. Si parla del natale, ad esempio, ma anche delle befana e di tutte quelle feste per cui Chrysanthemum si era attrezzato così bene. D'altro canto, a Parigi, c'era andato per far visita alla sua figlioccia. E lui, ad Alice, ci aveva tenuto così tanto da accatastare un numero ingente di doni.

    ''Un giorno andremo a trovarli, vero?''
    Aveva chiesto un mattino di settembre ad Edric. Fissando il vuoto oltre la finestra: Una distesa gentile di fiori per cui non riusciva più a provare alcun sentimento. Non li sfiorava più, non quando sapeva di rischiare di stropicciarli. Di calpestarli. Di tirarli via contro la propria volontà.
    La risposta di Edric non l'ha mai udita però. Non davvero, ma nemmeno nella propria testa. Tanto che in Francia non ci erano più andati e se prima Chrys aveva compreso come il motivo era dato proprio dal suo essere un corrotto, col passar del tempo aveva iniziato a nutrire dei sentimenti contrastanti nei confronti del proprio compagno.
    Fu lui a non portarlo mai a vedere la neve. Non più, non al fianco della sua nipotina.

    Ma quell'ultima volta fecero l'amore. Ed era già novembre inoltrato, la Francia non si era ancora imbiancata e continua a non farlo nemmeno ora.
    Per quanto Chrysanthemum provi ad alzare il viso oltre le piccole fessure da cui passa l'aria: Finestre tanto alte da essere irraggiungibili. Per quanto stia pregando.
    Si ode la sua voce lungo il corridoio. Non si sposta laddove un tempo, forse, vi era incatenato qualcuno come lui. Rimane circuita. Supera giusto la porta, una grande lastra metallica che si erge dritta contro il suo arco. Spacca la roccia, ci si incastra perfettamente dentro quando è chiusa.
    Non emette alcun rumore, ma questo perché nessuno passa a trovarlo. Così si stringe nelle braccia. La Francia non si è ancora imbiancata, ma il freddo lo prende alle ossa.
    E quella notte, quell'ultima notte, con Edric ha fatto davvero l'amore.

    ''Davvero davvero.''
    Le labbra gli si schiudono piano, leggermente, tanto che il movimento sembra quasi impercettibile. La presa d'aria permette alla melodia che sta cantando di farsi più intensa, seppur intervallata tra una parola e l'altra. Come se stesse dialogando con qualcuno. Come se non fosse davvero solo in quelle quattro mura.

    ''Ma voi siete miei.''
    Un risolino spacca il silenzio e lo fa accompagnando una delle due braccia verso l'alto. Con l'indice Chrysanthemum indica la luce che attraversa fioca la finestra più alta. Che bacia la pietra ai suoi piedi, tanto che è proprio per questo che muove una gamba affinché almeno quella venga riscaldata. Un movimento brusco, forse, perché il rumore del suo ginocchio che scrocchia lo si sente perfettamente. Qui c'è una cassa di risonanza perfetta. La nenia si sperde tra le pareti. Si distorce piano: Prima accompagna una voce, poi ne accompagna un'altra. E queste mutano, si aggravano ed assottigliano nel tono. Lo fanno per non scoprirsi sole. Per non scoprirsi figlie della medesima fonte: Il rimpianto.

    ''Coniglietto!''
    L'indice si muove ancora alto. Rotea su se stesso come se volesse attorcigliare su di sé quell'unico fascio. Ride quando lo pronuncia. Lo fa lasciando tremare il corpo in avanti. Uno spasmo che nel curvargli la schiena mette in mostra le vertebre sotto la grande maglia scura. Un grigio scolorito, sporco di terra.

    ''Quando li andiamo a trovare?''
    Un ghigno. Non sa più cosa sia la rabbia. Come la si controlla.
    Premendo le mani aperte contro il pavimento si trascina verso il primo angolo disponibile. Un angolo, anche quello più lontano dal sole, affinché abbia modo di poggiar la schiena contro qualcosa.
    Ed il muro è accogliente.

    ''Josh...mh?''
    E sussurra ancor più piano, intervallando i momenti di silenzio a quelli cantati. La nenia si distorce ulteriormente. La testa batte piano contro il muro. Non fa nemmeno male.

    ''Eccomi...ehi.''
    Con una mano gioca con l'intrecciarsi del mattonato. Spinge la punta dell'indice al centro esatto della fuga. Ci gioca un po', come se la stesse masturbando. Poi si ferma, apre il palmo e ce lo lascia aderire direttamente. Ha la pelle d'oca ed inizia a balbettare dal freddo. I piedi sono così intorpiditi da fargli male.

    ''R-rispondimi...no?''
    Un altro colpo al muro, che non si arresta, non subito. Soprattutto non quando Chrys rimane lì e l'unica cosa che fa è tirar avanti la guancia contro la roccia. Piano, in una fusa che però la pelle gliela gratta. Gliel'arrossa.
    Gli sfugge un singhiozzo. La guancia gli fa male. Gli occhi si imperlano appena.

    ''Ti-ti-TI PREGO! mmmh.''
    E la nenia continua di nuovo, ripetutamente, nel modo fastidioso che ha Chrys di non riuscir ad intonare la voce quando è deconcentrato. Porta l'indice che prima era contro il muro, lungo il medio dell'altra mano. Lo guarda per un istante quel momento in cui i due fanno contatto, poi inizia a far camminare la mano lungo il dorso e così oltre il polso, l'avambraccio ed infine la spalla.

    ''Sono qui per te...''
    ''Davvero?''
    Si stringe la spalla con la propria mano.
    ''Per portarti via.''

    Il mio corpo l'ho abbandonato Mangiatelo, avvoltoi Che la morte ha già incatenato I nostri nomi e noi Così l'anima vola via Via da un misero mondo perso Questo amore sarà una scia Tra le luci dell'universo

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    Edited by ( : - 28/3/2022, 00:14
     
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    "Non devi farlo per forza"
    "Soul.. ha ragione, Eddy, dai.."
    "Vedete altri Cantamorte qui?"
    Sono voci, voci che non ascolto, perché a trovarlo riverso sul cadavere di mio fratello, sono stato io. E potrei non avere la stabilità per salvare anche la sua maledetta anima ma, ma sono l'unico che può farlo. Un continuo piegarmi a lui, che finirà una volta per tutte. Mancano quattro ore.

    "Non lo merita, un Canto!"
    "Ha ucciso Joshua.. non era salvabile"
    "Ma lui diceva di averlo sotto con-.. Edric!"

    "Fatemi entrare"
    In cella, dall'amore della mia vita, contro i ringhi che si spingono tra le labbra. Per una forza che dico di avere, si, ma che non ho. Non posso tenerla stretta nelle ossa se i miei occhi provano a mentire. Lo fanno anche quando resto solido davanti alle guardie. Stiamo aspettando che arrivi Yevir l'Illuminato, non c'è tempo.

    "Fatemi. Andare. Da. Lui. Adesso"
    "Hai ancor-" "Tre ore, lo so, apri"
    Mi costringono ad insistere e nel farlo neanche mantengo la calma. Perché lo sto sentendo, sento come si culla, come la follia l'ha preso dalle ossa e minaccia di rendere vano anche il mio Canto. Lo so che non pensano che lo meriti ma.. ma lui è Ma Chère, ed io non mi farò fermare da quattro braccia.

    Le celle sono buie, e penso che questo sia il punto più basso che si possa raggiungere, l'incastro più oscuro dell'anima. E lo so come le gambe tremano, come gli occhi siano umidi di rabbia. Perché nonostante abbia ucciso mio fratello, io... io lo amo. Io sento il cuore farsi a pezzi per ogni passo che muovo avanti.
    Credo mi stiano dando una grazia che non merito, perché se siamo qui, è anche colpa mia. Dovevo fermare Josh, o dovevo ammettere prima che Chrys non lo si poteva salvare. Che l'amore della mia stramaledetta vita, era corrotto fino al midollo, ed i suoi pensieri, non più lucidi.
    Io. Io dovevo capirlo. E nessun altro.
    E invece mi ha ingannato, promettendomi amore fino in ultima, mi ha ucciso tenendomi fermo per il tempo che gli serviva, giocando come me come fossi la sua bambola.
    Il suo Coniglietto.
    E sono arrabbiato, dio se lo sono, così ferito che non lo so come la tirerò fuori la voce che mi servirà a tenergli in serbo l'anima. Questo, mi dico, un passo pesante dopo l'altro. Che se non ho potuto salvarlo nel corpo, almeno non condannerò la sua anima. La sigillerò oltre il velo di Luce, e da lì ci rincontreremo quando sarà il mio momento. E spero presto, perché questo dolore non lo sopporto più.

    Ha ucciso Joshua. Quando l'ho trovato stava per..
    Non so neanche cosa dire, so che vorrei vomitargli addosso il mio odio, so che vorrei implorarlo di scappare, aprire questa cazzo di porta e andare via.. perché non può morire. Io non posso perderne due in due giorni. Non possono farmi questo, ma lo faranno, perché lui ha ucciso Joshua.
    Mi fermo ad un passo dalla cella, dalle sbarre improvvisate di una catacomba che lo tenga fermo, buono per quelle poche ore che mancano all'alba ed all'arrivo della Grande Corte. Sarà un'esecuzione pubblica. Sarà la mia fine.
    "Dovevi.. arrivare a questo?" Lo sibilo, tra me, con un odio che fa tremare le labbra, mentre lo cerco oltre il velo scuro. Accendo una candela, come monito, come guida alla mia luce, come fastidio che lo obblighi a guardarmi. A rendersi conto di cosa ha fatto, anche se è tardi. "Dovevi uccidere JOSHUA!" E' un urlo muto, che smuove le pareti del silenzio, che mi si strappa dal cuore, ormai lacerato a morte, che scuote la testa mentre l'abbasso e la spingo piano contro le sbarre, senza toccarle, non posso."Non posso più salvarti.” Ma Chère

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━

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    Edited by nocturnæ - 27/3/2022, 09:38
     
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    I denti battono piano. Cuspide contro cuspide. In uno stridere lento, quasi leggero. Come leggero è l'incastonar di unghie lungo le fughe dei muri. Una mano resta lì, alla ricerca di una via di fuga, mentre l'altra risale il petto, la spalla e poi il collo. Una carezza che Joshua non avrebbe mai potuto regalargli, ma che adesso Mordin sente davvero lì. Come se non fosse solo: Che nella cella, con lui, c'è sì, qualcuno, ma quel qualcuno non è propriamente lui. Non lo sarà mai, mai più.
    Il freddo gli ha intorpidito le dita dei piedi, che tiene strette contro la pianta. Arricciate, strette al punto da divenire viola. Così come violacee sono le dita delle mani: Piccoli bastoncini scheletrici da cui le nocche e le falangi sbucano fuori prepotenti.
    Mordin è solo lo scheletro dell'uomo che è stato un tempo. Velo di quella morte che incombe sulla sua testa già da prima che l'omicidio avesse confermato la sentenza.
    Un rintocco, uno scadere del tempo che va di pari passo con il bruxismo. Ogni battito di cuspidi è un secondo. Sessanta secondi fanno un minuto, poi il resto si sa: Questa è la vita, no?
    Ma tra i battiti di un cuore che ancora non conosce la verità. Tra il tremare di labbra spaccate, Mordin continua la sua canzone. Una nenia lenta, straziante, che nell'emergere laddove l'oscurità, parzialmente, nasconde ogni cosa, non sa nemmeno rendere giustizia all'amore della sua vita.

    ''Vieni a prendermi?''
    E non si sa a chi si riferisca, se alla morte o se a Joshua. In entrambi i casi, il suo volto resta sereno. Gli occhi vitrei fissano un punto indistinto dinanzi a loro. Un gioco di luci. Il pulviscolo atmosferico dei piani soprastanti. Una vecchia fotografia rimasta incastonata nella retina. Capovolta, appesa, sospesa in cielo come l'impiccato.
    Dondola. Lo fa su se stesso. Lo fa curvando la schiena così tanto che le vertebre sembrano quasi spezzarsi. Ma lui non sente nulla. Niente capace di avvicinarsi al dolore o a qualsiasi altro sentimento. Né la colpa, né l'amore.
    Per questo sguscia su se stesso come fosse un invertebrato. Una grossa lumaca dai capelli sporchi di sangue e gli occhi vitrei. Pozze verdi che hanno sbiadito la loro luce. Biglie inanimate.
    In testa le sue immagini. Tra le ciocche castane il sangue del suo Joshua.

    ''No?''
    Che non può più essere salvato? Che nessuno lo passerà a prendere?
    Cerca una conferma. Una scusa, un motivo che possa spingerlo coi gomiti lungo il pavimento. Distende la schiena per un istante, ma il freddo, seppur continuo, lo fa rabbrividire. Gli spacca la pelle. Ma è una sensazione quasi piacevole. Quasi, perché la canzone si interrompe e la voce si strozza. Un istante solo, come se la vita se ne fosse già volata via.

    ''Spengi la luce! Coniglietto...''
    La voce si fa dolce. Acuta nei punti giusti, ma comunque flebile, delicata. Così come delicato è il movimento dei fianchi. Una gamba scappa dalla luce solare. Lo fa per issare il tallone a terra e spingerlo così verso la sua voce. Non è quella di Joshua. Ma Joshua, dov'è?
    E sguscia così. Schiena a graffiarsi per un istante, fino a che poi non si gira di pancia. Piega le ginocchia, si tira su ma non abbastanza da sostenere il proprio peso.
    Cammina nell'oscurità a quattro zampe come fosse una bestia.

    ''Co - co - coniglietto.''
    Una cantilena sfuggita da un sorriso. Chiude gli occhi per un dover guardare la luce. Ma alza il viso in sua direzione. Come un cane che è appena stato chiamato. Attento, fedele.
    ''Coniglietto, spegni la luce. Dobbiamo andare a dormire.''

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    "Non c'è tempo, Eddy." ed io lo sapevo, l'ho sempre saputo. "Josh.. ti prego.." e l'ho pregato davvero, nel silenzio del suo appartamento. Per ore, con gli occhi fissi di chi almeno per un attimo ci ha provato. Ricordo le sue mani lungo il collo, a tenermi saldo per la nuca, fronte a fronte come da bambini. Calmo in un respiro che doveva fermare me. "Lo sai meglio di me cosa può fargli l'Ordine" si, si che lo so. Lo sapevo allora e lo so adesso che il ricordo diventano voci nella testa. "Josh.." non ho saputo parlare, ne far altro che non fosse scendere in ginocchio anche davanti a lui, pregarlo di non muoversi fino a voler piantare un pugnale nel suo cuore. "Alzati, Edric"

    Io non mi sono alzato, Ma Chère. Non ci sono riuscito, ho sentito solo il suo ringhio contro la porta che ha sbattuto alle mie spalle. E sono rimasto così a raccogliere da terra il mio silenzio. Il nulla assoluto, la certezza che doveva venire a prenderti o ti avrebbero ucciso, che poteva tentare l'ultima ma voleva farlo da solo. E la mia colpa, adesso, è che l'ho lasciato fare. Non sono stato capace di fermarlo, ho tenuto Alice stretta al petto anche se sapevo dov'è che ti stavi nascondendo. Vedevo il tuo cuore farsi arido, incastonato male nello scheletro.
    La tua voce suona così male, così distrutta che prende la mia e la schiaccia sotto il suo peso. Un peso che non esiste, perché tu non esisti più. Tu eri la cosa più bella che potessi vedere ogni mattina, eri il mio dannato sole e ti ho tenuto stretto tra le dita anche quando lo sapevo che non era me che volevi.
    Credevo che prima o poi lo avresti capito, avresti accettato che come ripiego non era poi così male, credevo - cazzo - che non mi avresti voluto lasciare mai. A costo di morire con me, tra le mie braccia e non portarmi via tutto così male.
    Non lo so dove la trovo la forza di rimanere a guardarti, a vederti torcerti contro la luce. Ti innalzeranno all'alba, non ho tempo che per questo addio. E fai male, Chrys, fai malissimo adesso, che sento il mio respiro spezzarsi in un singhiozzo cupo. Adulto e stupido come me. Che la forza di un canto la devo tirar fuori, devo almeno salvarti l'anima ma.. ma fa male, capisci? Fa troppo male.
    Però non posso inginocchiarmi oggi. Che sono chiamato a stare in piedi per Joshua, per Alice, per Lilian. Per mio padre e mia madre. Per tutti quelli che lo amavano come lo amavo io. E per me, che non avrei mai dovuto amarti.
    "Dormirai molto presto.." almeno questo te lo posso dire, questo posso farlo, accompagnarti al cappio che t'attende come un amante segreto. Tu lo sapevi che sarebbe arrivato. Io ti odio.
    "Ma non posso spegnere la luce, Mordin" non posso chiamarlo Chrys, non dopo che gli ha tolto la vita. "Dimmi che ti penti di quello che hai fatto.. ti prego.." stringo nelle dita la catena dei canti, devo iniziare ma ho bisogno prima di questo, di una mano che sfiora le sbarre, di occhi che non vedono. Ma Chère, che hai fatto?

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    ''Mordin.''
    Il proprio nome scivola duro contro i denti. La R si incastra come un trattore inceppato. Gira su se stessa, si aggroviglia e lo fa solo per dar durezza ad un nome che potrebbe essere di chiunque. Sei lettere come tante altre ma che messe insieme raccontano qualcosa. Una storia impronunciabile, che solo ad udirla forse si piange, ci si strappa disperatamente i capelli.
    Ed i suoi sono un groviglio di nodi adesso, che ricadono lungo il viso magrissimo come fossero un salice piangente. Un albero maestoso ma dal nome nefasto. In attesa che il suo boia cali la prima ascia.

    ''Spengila, coniglietto, dai.''
    Una preghiera più forzata. Che alle sbarre non si avvicina. Resta nell'oscurità, oltre il raggio di luce. Braccato tra la candela ed il sole. In bilico, laddove l'oscurità si mischia al freddo ed il freddo ormai gli ha spaccato la pelle. Gli ha irrigidito i muscoli. La lingua scatta ai lati della bocca. Li umetta, fa sì che non si secchino di nuovo, più del dovuto, sino a sanguinare. Sino ad impedirgli di parlare.

    ''Chrys non ha fatto niente.''
    Il silenzio viene interrotto solo da queste parole. Come se Mordin volesse in un qualche modo ricordare ad Edric cos'è stato prima di questo. Chrysanthemum Sinister, un abile pozionista, il suo amante più legato. L'unico sole a brillare dentro Villa Sinister. Più di lui, certamente.
    Si chiude nuovamente a riccio, lo fa per un istante, tirandosi sulle ginocchia, spingendosi contro il primo muro. Che un leggero singhiozzo si fa largo nella sua gola. La voce gracchia, ma solo per un istante. Giusto quello che precede un singhiozzo più grande, ma che si interrompe e lo fa nel momento in cui una lacrima scivola giù e gli si ghiaccia lungo la guancia.

    ''J-josh?''
    Lo chiama, balbetta. Ma il timbro cambia, come se in quella cella ci fossero davvero più persone e non solo Mordin. Un assassino, un fratricida.
    E lo si sente per un istante, un altro, uno solo, che si interrompe con il rumore che fa la testa quando viene sbattuta di nuovo al muro.

    ''Io non ho fatto niente.''
    E sta piangendo, Mordin, rannicchiato contro le proprie ginocchia.
    ''JOSH!''
    Urla con il fiato che gli resta. Urla e singhiozza, singhiozza ed urla.
    ''Josh! Io non ho fatto niente...niente.''
    Non vede più talmente le lacrime.
    ''Diglielo, amore mio.''

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    Non ho mai saputo resistere ai tuoi singhiozzi. Al modo in cui il pianto sapeva tirarti via il fiato, svuotarti i polmoni e poi a fatica riempirli. E le poche volte che eri lucido, faceva ancora più male, perché sapevi che stavi raggiungendo il limite.
    Ma questo prima di Mordin, prima che la sua identità fosse manifesto di violenza, prima che riuscisse a spingermi contro ogni muro e violarmi come se fossi un chiodo da piantarci conto. Magari per appendere un bellissimo quadro. Magari uno di Joshua. Che tu amavi lui. Lo amavi quando stavi imparando a volere me, e non hai più smesso di amarlo dopo.
    Dimmi che te lo ricordavo, che in fondo un Çevik poteva solo valerne un altro e che io lo ero a metà, spezzato dall'idea di non essere mai abbastanza.
    Ma avevi ragione. Te lo dico nella testa, quando la luce della candela tremula. Ti hanno impedito l'ha magia, e l'ho fatto io.
    Io ti ho strappato dal suo corpo, mentre ti dondolavi piangente sui tuoi errori. Io ho pregato che mio fratello respirasse ancora, quando ti ho visto così ricurvo. Quando ho visto la pozza di sangue, troppo, su cui giaceva.
    La tua sola grazia, è che ti abbia consentito un Canto, perché per alto tradimento è negato. E tu hai tradito.
    Me, prima dell'Ordine.
    Josh, nella fiducia che aveva in te.
    Noi, per quanto volevamo dalla vita.
    Ti avevo chiesto solo di resistere, agli impulsi, alla brama di morte, a tutto per me. Ti ho chiesto troppo solo immaginando che, a parti inverse, io lo avrei fatto. Ne sono certo.
    Lo so che non lo capisci, lo so che non ci sei, che non sei più tu. Ed è forse l'unica cosa che mi dà la forza di ignorare le tue grida.
    Perché sarei già lì, mani oltre il corpo scheletrico che ti è rimasto, e saprei stringerti anche così, quasi sperando tu possa uccidere anche me, allungare il pugnale. Ed in verità no, in verità aspiro sempre ad avere la forza di fermarti e la capacità di convincerti che vuoi vivere per me.
    Ma tu non vuoi, ed io faccio un passo indietro. Tiro su la schiena. "Alzati, Edric" le ultime parole di mio fratello, perché tu hai strappato tutte quelle dopo. E ti amo, si. Ma morirai.
    "Nessun Coniglietto. Oggi sono il tuo Cantamorte" E credo esista una parte di te che sa cosa intendo, cosa voglio dire e, soprattutto, cosa sto per fare. Il tuo Cantamorte.
    Non credo mi farai uso del silenzio che mi serve, per questo le candele diventano due, poi tre, mi circondano mentre ti cerco con lo sguardo, vedo il tuo profilo. Non ho da immaginare, perché ho visto come ti sei ridotto, Ma Chère. "Mi mancherai da morire" sussurro solo l'ultima verità che mi resta, come la dovessi confessare a quel lato che è già morto, sia mai esista che Mordin te lo faccia avere, come messaggio.
    Apro il libro dei canti. Intono, piano.

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    All'aumentare della luce schizza via come un topo di fogna. Squittisce tra le lacrime, si rannicchia ulteriormente. Gli occhi coperti dai capelli. Un viso contorto dal dolore e dalla paura. Un singhiozzo si mischia ad un ringhio. Le ginocchia si sbucciano nel continuo strusciare. Lascia lembi di pelle morta lungo le fughe della cella. Non c'è riparo qui se non degli angoli che non saranno mai accoglienti. Ci si preme contro per non guardarlo. Per non restar ad osservare Edric e la sua luce. Quella che l'ha sempre illuminato e che anche oggi porta con sé. Nonostante tutto, nonostante il dolore di cui l'ha circondato come se fosse quella la vendetta di una scelta tanto affrettata e di un amore tanto vivo quanto non corrisposto. Violento, infelice. Ingiustificato.
    E preme la fronte insanguinata contro l'angolo della stanza. Per cercar conforto alla ferita aperta. Per respirare tra i singhiozzi, per opporsi, di nuovo, in risposta ad una reazione che non gli piace, che non gli lascia scampo.

    ''Tutto quello che vuoi.''
    La voce si irrigidisce di nuovo. Pacata, quasi sensuale. Come se così facendo Mordin volesse portare Edric dalla sua parte. Convincerlo a restare a liberarlo. A sostituire il canto con un gemito, poi un altro. Un ansimare continuo accompagnato da spinte. Da cuori che si affaticano perché l'amore è fatica, è mestizia.

    ''C o n i g l i e t t o''
    Che lo rimarca, sì, con la prepotenza di chi vuol aver ragione anche alla fine. Sempre, come se non vi fosse altro modo per uscire indenni se non vincitori. Pronti a schiacciar via i perdenti.
    Ma la sfrontatezza torna dolore ed il dolore chiude di nuovo le narici, irrita pesantemente la gola.

    ''Anche tu...''
    Chrys riprende il proprio posto. Lo fa con voce spezzata. Balbettando ancora, lasciando scattare la lingua fuori dalla bocca. Ansimando, tirando su col naso. In preda alla paura, in preda alla disperazione.

    ''Cazzo...''
    Si porta una mano al viso. Scosta via i capelli, ma solo per coprirsi gli occhi con il palmo delle mani. La pelle è rovinata, grattata dalla roccia contro la quale si è stretto forte. La pelle è rossa, brucia.

    ''Uccidimi tu, amore mio.''
    Un ultimo desiderio, quello più vile. Un sussurro che potrebbe benissimo perdersi nel vento ma che nell'essere pronunciato comunque non lo volta.
    E mentre Edric intona i canti Chrysanthemum lo segue a sua volta. Seppur non ne conosca le parole. Seppur una mano inventa accordi per pianoforte in aria. Li ridisegna in bilico.

    Per così cantare insieme, magari un'ultima volta. Come quella volta che si son seduti al pianoforte e Chrys ha preso le sue mani. I suoi polsi pallidi, le sue nocche gelide.

    E allora canta. Caccia via le lacrime e canta con Edric. Inventa parole, cerca di memorizzare le sue. Almeno la melodia. Qualcosa da tener stretto tra i denti. L'ultima cosa che vuol concedersi. Una cosa da far insieme. Li digrigna.

    Il mio corpo l'ho abbandonato Mangiatelo, avvoltoi Che la morte ha già incatenato I nostri nomi e noi Così l'anima vola via Via da un misero mondo perso Questo amore sarà una scia Tra le luci dell'universo

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    Sta zitto, ti prego. Non dire niente, non piangere, non entrarmi nella testa. Non prendermi per i polsi in questo modo, non tenermi così vicino a te. Che non ti posso uccidere e non ti posso amare, io non posso fare niente per te. Niente che non sia salvare almeno la tua anima.
    Mi sono battuto per questo ed è la sola cosa che ho fatto, l'unica e l'ultima. Quindi ti prego, ti scongiuro amore mio non piangere come se fossi innocente. Non lo sei, non hai voluto esserlo.
    Mi sono chiesto se la corruzione alla fine sei andato a cercartela, se hai voluto dirmi che era troppo, stare con me, troppo perché tu potessi sopportare.
    Ed allora ti guardo ritrarti, ti sento nelle lamentele che fanno di te una vipera, la mia. Ma Chère perché siamo arrivati a questo, perché non ti sei fidato?
    Non stai morendo. Non stai per morire, me lo devo dire con forza, imprimendolo nella voce che si abbassa, mentre chiudo gli occhi. So solo immaginare i nostri momenti migliori, dirmi nella testa che mi amerai per sempre, con l'amore che mi hai dimostrato. Quando ancora era puro, quando la corruzione non l'aveva fatto a brandelli, smascherato brutalmente schiacciandomi.
    E lo senti, forse, il singhiozzo sulla fine, quello che non voglio spezzi il canto perché non avrei la forza di ricominciare, di riprendere dalla prima pagina. Non ce l'ho, non voglio averla Chrys. Non voglio pensare che quello sulla picca sari tu. Non voglio che ti portino via da me, più di quanto non hai fatto tu stesso.
    I tuoi fiori, la tua casa, la nostra.. C'è ancora tutto, ma ti prego, ti prego dimmi che torni, che non te ne stai andando davvero, che non-.. "basta"
    Mi fermo, in un silenzio che ansima, perché sono questo, ho finito, ho cantato, ho distrutto ogni mia possibilità di riaverti. Se non dopo la morte. E questa arriverà a breve. Troppo presto perché io sappia come si dice addio anche a te.
    Non l'ho ancora detto a Joshua, non riesco a crederlo morto. Non riesco ad immaginare che non tornerà a dirmi che sono stato bravo a restare in piedi per fare questo, per Cantare come canta un Cantamorte.
    So che ci sei, so che sei qui, e che la mia trance ha un limite palpabile, perché il libro mi cade dalle mani ed io che ho retto fino ad ora, devo crollare.
    Lo faccio ai tuoi piedi, come ho sempre fatto. Che sentirti intonare con me, mi ha ucciso, ha generato queste lacrime che mi spingono un sorriso di dolore. Uno che si fa ringhio basso, che il libro finisce contro la prima parete e rimbomba da solo.
    So che mi stanno guardando, ora che ho fatto rumore, ma so anche che non entreranno. Io non sono un traditore.
    Si spengono tutte le candele, resta l'arrivo dell'alba, ancora mesto. E mi spengo io, che scivolando a terra non ho più fiato, che mi piego in ginocchio con la fronte al pavimento, nella speranza che così prima o poi tutto passi. Che il mio pianto sia solo un modo per lasciare la tua morte qui, per resistere a quando l'esecutore tirerà la leva, aprirà la botola e tu non ci sarai più.
    "Io.. io non.." non ho parole che sovrastino il singhiozzare lento e costante, che spezza i discorsi anche nella testa, che spezza le luce in lacrime di pura sconfitta. Io ho perso, ho perso quanto avrei potuto perdere. "Chrys.."

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━

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    Come il canto dell'Athene Noctua, che è per molti simbolo di morte preannunciata, Chrys si unisce ad Edric in quella che resta una nenia sibilata. Trascinata a stento. E fa male, sì, lasciarla trapelare tra i denti, come un pugnale conficcato su per la trachea. Come il colpo che ha tagliato di netto la carotide di Joshua.
    Canta in una disperazione che gli pesa addosso, che lo tiene schiacciato a terra. Col viso chino ed il collo a spezzarsi sotto il peso del capo. Delle colpe, che riassestano le ossa in click meccanici, dolorosi.
    Ma si dice che se il canto della civetta fa ''ciu ciu'' allora c'è speranza di una nuova vita. Se lo ripete Mordin continuando a cantare a forzare quel canto affinché le preghiere che ha disimparato non siano solo sintomo di un pianto che cresce e che si fa roco. Spezza il ritmo, confonde i toni. Li stupra totalmente. Tanto che persino Edric smette, mosso a sua volta dallo strazio, da quel dolore che si instilla insalubre nel petto. Che scava, scava e nel farlo richiama la corruzione.

    ''Scusa...''
    Trema di nuovo la voce così come tremano le ossa. E le scuse andrebbero utilizzate per ogni cosa. Per l'aver accettato un dolore tanto grande e per averlo trasformato in omicidio, ad esempio.
    Ma non basterebbero. Non bastano mai.
    Allora c'è un momento in cui la musica cessa. I respiri nascondono note e le sostituiscono con nubi di pioggia. Lacrime che pur scendendo lentamente bruciano ad ogni solco. Scavano vie, grattano la pelle sporca di terra.
    Ma Chrysanthemum non sa darsi pace, non quando Edric non sa assecondare il suo volere e lo tiene in vita, ancora, come se volesse davvero rispettare il volere altrui ed evitare così di farsi giustizia da solo. D'altro canto avrebbe senso: Permettere a Mordin di morire per mano di chi ha amato non è una vera e propria punizione. E a lui è stato abbonato troppo. Edric gliel'ha sempre fatta passare liscia.
    Ma a quell'interruzione lui si volta e lo fa per guardarlo. Per fissare la sua immagine nella testa. L'ultima che può permettersi di immortalare

    ''E-hi''
    Sguscia vicino a lui. Capo a capo, a testa china, come quando ancora meditavano in giardino, laddove non c'erano ancora le rose, quelle che sin da subito sono diventate indice di corruzione, di una vita che al matrimonio non ci sarebbe mai arrivata e che si sarebbe frantumata troppo in fretta.
    Preme il capo contro il suo e lo fa per ricercare attenzioni.

    ''Ti va di fare l'amore?''
    Delicatamente, piano, come la prima volta. Come l'ultima volta. In quei movimenti lenti che sanno cullare- Che potrebbero portarli via seppur per un solo istante. Un quarto d'ora scarso fuori da questa cella, laddove non esistono pareti e soffitti né da piangere.

    ''O - o...''
    E si avvicina di più. Lo fa premendo di nuovo, insistentemente, come se potesse rimediare così e modulare quindi il corpo affinché non ricordi un grosso insetto pronto a perdere arti. Che su quattro zampe ci resta. Lo fa perché fa ancora troppo freddo e perché i muscoli tirano se li si costringe ad una posizione diversa. Come se fosse nato così. Già storpio, rattrappito e costretto ad una forma che non è la sua.

    ''O di darmi un ultimo bacio...''

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    Si, si mi va di darti ogni cosa, non solo un bacio, non solo l’amore che mi resta. Anche il mio corpo, anche quello che fa di me un uomo. Tutto, ti darei la mia anima se potessi barattarla con la tua. Prenderei io la tua condanna, per lasciarti libero. Che sarei morto provandoci se me lo avessi permesso. Mi hai fatto l’ultimo sgarro arrivando a farti condannare così. Davanti a me. Ai miei occhi lo capisci? Come puoi chiedermi tanto adesso, COME? Come Ma Chère..
    Che il pianto non si ferma, tiro solo la testa più in alto, la lascio scivolare tra le sbarre come se potesse incastrarsi lì, nella matassa di quello che siamo, di ciò che è rimasto di noi.
    Niente, solo corpi rannicchiati, solo il dolore di quei momenti in cui tu c’eri ancora, che mi sentivi, mi capivi e mi chiedevi di perdonarti.
    Ed allora lo facevo. L’ho sempre fatto, lo sento ancora il meccanismo che si apre e ti lascia entrare, fa scattare la molla del perdono. Della grazie che ti devo sempre, per avermi amato almeno un po’.
    Sempre troppo poco. Poco per quanto invece io ho amato te, ho sudato per te ogni promessa, ogni lacrima. Ogni singhiozzo che adesso si muove lento, come se anche loro sapessero di essere inutili. Spezzati. Che non piangessi ora, ne morirei più avanti, se non fosse che ti sento.
    Ed allora chiudo gli occhi con più forza, mi strappi in respiro che si incastra in gola, che apro le labbra ma non esce una parola. Né di conforto, né di condanna.
    Niente per te che hai avuto tutto e non te lo sei fatto andare bene
    Che mi hai amato, a modo tuo, e lo fai anche ora, quando sai che tutto ciò che mi chiedi io non posso più dartelo.
    Che potresti tagliare la gola anche a me, ed allora io me lo lascerei fare, mi lascerei corrompere dal tuo sangue per capire cosa si prova fino in fondo. Capire perché questo amore di una vita non ti è bastato.
    Perché te ne devi andare così? E perché, se amavi anche Josh, me lo hai ucciso?
 “Chère…” ti prego basta, ti prego non chiedermi quello che non posso darti, che se potessi sarei già lì, a stringere il tuo corpo, a farmi dare un cappio a fianco al tuo, per poterti guardare, tenerti per mano e giurarti che questo, almeno, non farà male. Se potessi privarti di qualsiasi dolore, io lo farei. 
E questo fa di me un uomo orrendo, indegno dell’ordine e perfino della luce, sto per baciare l’assassino di mio fratello. Se solo tu non fossi l’amore della mia fottuta vita ora saprei alzarmi, e mettere chilometri tra noi. Invece non lo faccio, perché sarai sempre, e per sempre, così distante da uccidermi. 
Quindi perdonami, Josh, se sono così debole, se avevi ragione a farlo tu, che sennò a terra, riverso nel sangue, ci sarei stato io. 
Perdonami, fratello, se rischio ora più di quanto vorresti, se mi sporgo oltre la cella, se con due mani tengo il ferro stretto, fino a che le nocche sbiancano, se sento la pressione di una fronte a cui mi sono avvicinato troppe volte per non farlo ora. “Non so smettere di amarti..” lo dichiaro come la mia più grande sconfitta, e nel farlo, un bacio lo voglio anche io. Lo pretendo. Credo di meritare anche attraverso labbra salate, quello che è un addio di quel poco che resta di noi.
    Di me e di te, Chrys. Vorrei non arrivasse mai l’alba. Non voglio che tu muoia, ti ho perdonato tutto, credimi. Vorrei tenerti in questa posa statica, mentre con un ginocchio vengo più vicino e lo sai, lo sai che non posso entrare, che mi diranno di stare distante quando ringhierò loro, come l’animale ferito che sono. Non zoppico neanche, non ne ho la forza. Ma chiudo gli occhi nel cercare le tua labbra oltre il gelo, che ci passiamo appena, ma ho bisogno di te un’ultima volta. "Non soffrirai" te lo giuro amore mio. Starai bene.

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━

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    Non credo di averti mai baciato così, Edric. Così piano, intendo. Con questa precisione quasi maniacale. Suppongo che gli altri abbiano ragione. Che a proprio modo ne ha anche Mordin. Anche se adesso smette di parlarmi e si distende lontano, più giù. Ci lascia un momento che è solo nostro, così come lo è stata quell'ultima sera. Quella dei sorrisi e degli sforzi. Che per tutto il giorno a seguire ho avuto dolori ovunque. Sono stato così male da dar di stomaco non appena sono giunto in Francia. Ma non te l'ho raccontato. Come avrei potuto? Mordin non ha mai voluto che io portassi avanti tutto questo: Una relazione fragile, ma basata su forti volontà di cambiamento. Magari avremmo avuto bisogno di tempo, ma chissà, un giorno ci saremmo riusciti. Non credi? Tu che hai fiducia in molte cose, che della pazienza te ne fai un vento, cosa pensi di tutto questo?
    Ma io non credo di averti mai baciato così. Di aver mai ridisegnato le tue labbra con tanta devozione, tanta delicatezza. Tanto che quasi non so com'è che si bacia senza essere avari, senza essere spinti da una frenesia che nell'agitarsi mi mangia le ossa, mi fa contorcere le viscere. Ed ho creduto, davvero, che per tutto il tempo in cui c'è stata, quello fosse il modo che avevo di amarti. Di comprenderti e comprendermi, tanto da non darci poi così per scontati, nemmeno quando la tristezza si è impossessata prepotentemente di ogni mia emozione e riflettere, a volte, mi è sembrato impossibile.
    Non ti ho mai baciato così e tu non hai mai baciato le mie lacrime, non in questo modo. Perché continuo a piangere come se fosse impossibile smettere. Che c'è una parte di me, sopra tutte le altre, che lo sa bene cos'è che Mordin ha fatto. E cavolo, te lo giuro: Se potessi tornare davvero indietro, anche solo una sola volta, anche se solo per pochi istanti, io riscriverei tutto. Lo fermerei, mi fermerei.
    Ma baciarti è tutto ciò di cui ho bisogno adesso. Perché tra le tue labbra mi sembra di percepire meno freddo. E le ossa non fanno male, così come non dolgono più i muscoli. Non voglio che questo sia l'ultimo ricordo che hai di me, ma ho bisogno, così egoisticamente, di imprimere le tue labbra nei miei. L'ultima cosa che vedrò prima di essere impiccato. L'ultima sensazione a cui mi aggrapperò quando la vita mi sembrerà venir meno. Quando la disperazione sarà peggiore di questa ed io non avrò più fiato per respirare il tuo, per sussurrarti che ti amo. Sì, Edric. A modo mio io ti ho sempre amato.
    Ma non te lo dico, non posso, non mi riesce. Che l'unico suono che so emettere è un balbettio ricorrente. Un mordersi insistente delle pellicine della bocca.
    Perché per un istante mi stacco. Lo faccio perché lui mi sta chiamando e perché tutto questo fa un male boia. Avrei voluto morire per mano tua, te lo dico davvero. E non perché col tuo amore mi avresti risparmiato, quanto perché saresti stato giusto. Coraggioso.
    Ed io voglio che tu mi faccia a pezzi. Adesso, prima che Mordin lo senta, prima che capisca le mie volontà.
    Per questo guardo per un istante l'angolo in fondo al buio. La sua presenza è qualcosa di ingombrante: Mi schiaccia, mi fa venir la pelle d'oca. Lui se ne sta calmo, ma è pronto, gli manco così tanto. Anche tu mi mancherai così tanto. Anche Josh...Cavolo, Josh.
    Perdonami, per quanto questo possa essere un ultimo desiderio.
    Non risparmiarmi, non più. Ti prego. Lasciami scontare la pena come tutti gli altri. Non valgo più niente, Amore mio. Non siamo più nulla.

    ''Ti amo, Coniglietto''
    Che non è una menzogna, lo sai, anche se lui si prende gioco di noi. Così allontano le dita dalle sbarre. Smetto di ricercare le tue, di sfiorarle anche solo per un istante e sentirmele addosso come fossero un mantello. Mi volto di nuovo, lui si è spostato. Un'altra lacrima scivola lungo il viso. Devo tornare indietro, tu magari avanza, vai avanti. Fallo, se riesci. Io vorrei solo morire adesso.
    La nenia ritorna. L'ho sognata così tante volte che ora ne ho la nausea. Mi vien da vomitare. Ho il tuo sapore sulle mie labbra. Perdonami.


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    E’ ingiusto e doloroso che tu sappia baciarmi così adesso. Adesso che è tardi, adesso che tra pochi minuti ti strapperanno dalle mie braccia ed io non potrò più fare niente per salvarti. Perché "no.. no.. no.." non voglio che ti uccidano, non meriti di morire così tanto. No, ti prego, lasciami piangere, dammi un bacio che sia orrendo e non questo cercarci così dolce. Che mi piace e mi uccide, ormai tutto ha questo retrogusto che è morte. Che sei dolce ed allora le mia dita ti sfiorano dietro la testa, ti tengono premuto a me con la disperazione che provo nel volerti accanto. Avevi promesso che ci saremmo sposati, avevamo preparato tutto. Lo avrei fatto, Cazzo, sposami adesso, ti prego.
    Maledirò quel giorno per tutta la vita, quello in cui ho creduto di bastarti, quello che mi incolla in un bacio che non voglio lasciare andare. Ma tu non hai tempo e ti ho tirato fuori da lì solo per miracolo, solo perché allora una parte di te mi amava davvero.
    E vorrei mordere queste labbra che non possono più averti, perché non avranno allora più nessun altro.
    Ti amo di un amore che uccide.
    "Addio, a-amore ...m-mio" non ti ho mai chiamato così, ma lo sei, lo sei sempre stato. Ti lascio andare adesso, prima che sia tardi, che lui possa riprenderti con sé e dare a me solo i resti, solo una mano che devo strappar via dalla tua, anche se fa male. Fa male ogni centimetro di pelle che ti lascio andare, che le dita non le posso incastrare alle tue. Io non potrei mai lasciarti così, eppure devo farlo, lo capisci? Devo perché se mi macchiassi di tradimento allora sarebbe la fine. La fine di questa vita che senza te sarà impossibile, che mi trascinerà avanti a fatica perché lei sa che deve, io invece no. Io so che finirò in mano a chi si prenderà cura di me come non hai potuto fare nemmeno tu.
    Ma pronunciare questo addio mi sta facendo a pezzi, mi hai tolto il fiato in un bacio mai durato tanto a lungo. Solo i primi tempi, solo quando eravamo felici.
    Ti ringrazio, Chrys, per questo addio che almeno un po' mi ha ricordato l'amore, e non solo l'odio, non solo il dolore che adesso mi apre in due.
    Adesso che sono qui a portarti via ed io sono una vedova dal cuore infranto, che si rialza sulle ginocchia e chiude gli occhi per non vedere, per non guardare come ti tirano su, come non pesi niente. Aprono la cella e ti portano via per sempre, ma no, ti ho promesso che non avresti sofferto e questo, questo è il mio ultimo gesto per te. No, vi prego..
    Ho salvato la tua anima, ma neanche lo sai quanto cazzo mi mancherai comunque, per sempre, ogni singolo giorno. E lo sanno queste dita che stringo intorno ai nostri anelli. Mi conserveranno il tuo, con sdegno e sfiducia, ma non importa, io lo voglio al petto. Vicino al cuore, perché lì rimarrai sempre.
    Che se queste altre braccia, che non riconosco, mi tengono in vita, io so solo guardare te, con occhi che non vedono nulla se non opaco, offuscato, come fossero i tuoi. Ti guardo e prego che non ti volti a dirmi niente, che basta così, che io non ce la faccio più a resistere. Mi piego solo perché questo grido esca dal cuore, dai polmoni, li laceri come una lama che spacca tutto in due. A metà, diviso che una parte del mio cuore sarà tua per la vita. Anche quella che non vivremo assieme, come ci eravamo promessi. Che non sono sposato, ma sono già vedovo.
    Impiccate anche il mio cuore, vi prego.

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    Un ultimo bacio, uno di quelli che si concede ad ogni condannato. Come l'ultima richiesta, una preghiera nascosta nel taschino della giacca di jeans. Poi le sbarre si aprono che Edric già non c'è più: Resta in piedi, lontano, ma non così tanto da non riuscire a percepirne comunque il respiro sbattere contro le pareti talmente è pesante. Né lui né Chrysanthemum hanno smesso di piangere. O di guardarsi, cercarsi nel panico che afferra Edric per i fianchi e trascina Chrys per le braccia. Ed non si ode più una parola, nemmeno un grido. Il volto pallido del corrotto si volta solo un istante, quello di cui ha bisogno per ritrovare di nuovo Edric ed accertarsi che sì, è ancora lì, pronto a coprirgli le spalle anche se lo stanno portando via. E lo ha sentito forte e chiaro, Chrys, quell'addio che gli ha gelato le ossa e spinto via, senza forza alcuna, senza anima a cui aggrapparsi. Che ora è solo un burattino tra le mani del suo boia. Tanto che al centro della piazza giunge senza troppa fatica. Quasi lo lanciano su quel palco, sopra gli schiamazzi di chi gode nel veder morire quelli come lui. Bestie, mostri terrificanti. Uno spettacolo a cui una bambina come Alice non dovrebbe assistere: Non quando ha sua madre che piange disperata al suo fianco. Non quando la folla si mostra inferocita e sbraita, urla. Chrysanthemum la guarda: Non può evitarlo, d'altro canto i suoi occhi sono proprio come quelli di suo padre. Come quelli di Joshua. E resta così, anche quando lo spogliano delle vesti che gli resta e mostrar quel corpo nudo, contrito dal dolore e dalla corruzione, lo fa arrossire in volto. Perché anche un assassino prova vergogna e lo fa, soprattutto, quando gli occhi di una bambina tanto piccola ricambiano il suo sguardo sbarrati, ma non ancora al limite del pianto. E lei è forte, sì, forte proprio come lo era suo padre. C'é una luce, ora che Chrys vede bene, che attraversa quell'azzurro velocemente. Ma è un lacrimare, quello, che se non le fosse concesso si tramuterebbe in una violenza bella e buona. Hanno tutti il diritto di piangere qui e deriderlo, svergognarlo.
    Soprattutto quando gli stringono il cappio intorno al collo e lui deglutisce. Perché la corda gli da fastidio, perché il pomo d'Adamo ci sbatte contro ma questo, ovviamente, non interessa a nessuno.
    Forse nemmeno ad Edric, verso il quale lascia scivolare il suo sguardo. E resta in silenzio, sì, anche se la paura, adesso, riesce a prendere il sopravvento più di prima. Anche se il terrore lo assale al punto da spingerlo a chiamare Edric, anche se la voce non gli esce ed il suo risulta solo un riprodurre le lettere del suo nome con i movimenti della bocca.
    Qualcuno parla, ma Chrysanthemum non ci fa caso. Mordin sembra essere assopito, fuggito, rimasto nascosto all'angolo della cella, in pace, quasi. In attesa che Chrys muoia per andarsene via, per lasciarselo alle spalle, prendersi una meritata vacanza o svanire semplicemente con esso.
    ''E-edr-ric.''
    Le lacrime gli rigano il viso. Gli si imperlano sulle ciglia offuscando l'immagine: Adesso Edric è solo una chiazza di colore su uno sfondo cupo, grigio. Una macchia di acquerello sparsa su di un foglio troppo grande. Sperduto, lontano, ma meraviglioso se lo si guarda da vicino.
    ''Ciao, amore mio.''
    Un altro muoversi delle labbra che anticipa il movimento della leva. Come nei metodi più arcaici la botola si apre sotto i suoi piedi e Chrysanthemum, Mordin o quel che era, adesso non esiste più. C'è solo un corpo appeso, un grumo di carne pallido e tirato che penzola delicato alla forca.
    Ci rivedremo nella luce.

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