You promised me you'd be around

Edric/Yaacov | Chiesa itinerante di San Giovanni | 17 Marzo | Contenuti sensibili

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    Ma Chère. Le tue mani, dove sono?
    Dove sei tu?
    Perché non sei qui?
    Perché hai voluto lasciarmi solo?
    Ero davvero così indegno?
    E perché, nel rivederti, non sei tu?
    Lo sai quanto mi mancano le tue mani?


    L'ho implorato, ancora, nel sonno, rigirandomi per cercarlo in un letto vuoto. Con questa immagine che mi ha conquistato per sfinimento. E' stato il mio corpo a cedere, poiché la mia mente non ha mai imparato a farlo.
    Gli occhi bruciano da ieri notte, da quelle poche ore che ho dormito. Il viaggio mi ha messo a dura prova, è vero, ma non abbastanza da impedire al mio orologio biologico di sincronizzarsi con questo Sole.
    Alla fine ho imparato a mettere insieme un movimento dopo l'altro. Lenti gesti che si concatenano. Come il muovermi al limite del suono, calmo, per poggiare le piante a terra. Nude contro il gelido pavimento, lì dove ho cercato un perdono che non posso avere.
    Mi inginocchio di nuovo, ma solo perché l'alba è prossima, ed io ho bisogno di sintonizzare con lei le mie energie. Tenere gli occhi ben chiusi, non permettere al dolore di farsi strada come un rampicante nel cuore, attutirne le spine. Che male, farà sempre male, ma piano piano lo farà di meno. Deve.
    Resto giù fino a che riesco ad inspirare a pieni polmoni, a mente vuota e corpo ristorato, mi nutro di un raggio che filtra appena, ma che ora raggiungerò fuori.
    Il bisogno di respirare si fa costante nelle ossa, lungo lo sterno, anche se ora va meglio, se il volto l'ho pulito, lasciando che bruciassero ancora le palpebre arrossate. Piano, Coniglietto. Li chiudo.
    Dio, lo sento ancora, lo sento sempre anche quando non c'è modo di vederlo. Stanotte la sua voce è stata la sola nel coro delle mie colpe, come se avessi ricordato che dietro alle sbarre c'è stato lui, prima di chiunque altro, prima del mio Dio. Prima della Luce.
    Lo sento, il disappunto con cui mi bacia il collo, affonda i denti nella carne, ne strappa piccoli lembi anche se cammino. Che io so dove relegarlo, come tenerlo in punti che non facciano sempre così male. Lo so perché c'è silenzio, e quando è così, la sua voce si innalza ancora di più. E la mia dev'essere più forte, più intensa, più perentoria. Imperativa perché possa camminare in punti in cui non lo porterò con me.
    Perché ha scelto di lasciarmi.
    Perché non mi ha mai amato.
    Per questo Chrys non è quel Chrys, ed andare da lui adesso richiede tempo. Un tempi vigliacco che ha bisogno di rifugio tra braccia più grandi delle sue. E delle mie.
    Apro il portone, uscendo piano, perché non lo so cosa mi aspetta qui fuori, lo vedo appena con la coda dell'occhio. E' un sorriso che si allarga lento, come la conferma che non sono solo, come se in fondo vedessi l'incarnato di un guardiano. Non ne ho bisogno, lo voglio e basta. Un riferimento.
    "E' un buon giorno per viaggiare?" Devo andare via? Avevo detto che era solo per una notte, lo penso ancora, quasi. Non saprei dove muovere i prossimi passi, anche se li prefiguro in testa. Non ho toccato cibo, l'ho solo preservato, sul comodino, perché non si rovinasse e non andasse perso.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

    edric çevik
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    Edited by nocturnæ - 29/3/2022, 08:32
     
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    Non ho mai voluto approfondire il significato dei fiori. Nemmeno quando li ho legati a te e questo avrebbe, forse, dovuto indicare qualcosa. Non ho mai dato loro un nome che non fosse quello commerciale. Il più conosciuto, il più impersonale. Perché seppur piantandoli ho pensato a te e Charlotte, poi ho pregato affinché nessun altro potesse scorgerne la loro storia. La sofferenza che si mischia alla rugiada di un mattino che ancora non giunge e che nel farlo mi lascia manovre di spazio. Momenti in cui mi è quasi concesso uscir fuori da questa casa. La mia, soltanto. La casa di Dio e di chi confida in lui come un cieco disperato.
    Ed ho alimentato così la loro sofferenza con la mia. A gambe piegate per raggiungere la loro altezza. Essere al pari, seppur vicini alla terra. Come il significato intrinseco che avvolge la morte. Una condizione a cui non apparteremo mai.
    Siamo tulipani, Patrick. Così belli e così fragili. Forti della nostra natura, ma esili nella psiche.
    E mi manchi, da tempo ormai. Come manca il sole su queste mani, che il calore lo prendono dalla terra, dal medesimo concime che alimenta loro.
    Ricordo ancora le passeggiate con Charlotte. Era un mondo così lontano da questo. Lipsia non era come New York. Qui mi sento inghiottito. Mi sento perso. E non tremerei davvero, se l'emozione di un'alba che giungerà a breve non fosse tanto pungente.
    E mi tira su le ginocchia come quando ci rivestivamo. Anche se nudi non sentivamo più il freddo, anche se non avevamo davvero bisogno di altro se non di quella pelle che non si è più uniformata sull'altra. Abbiamo colliso per così tanto tempo che lo scoppio mi è sembrato quasi inevitabile.
    Ma manchi, a volte. Manchi quando scorgo per puro caso il tuo sguardo nei volti di chi mi si fa vicino. Come questo ragazzo, che se sorridesse, forse, sarebbe quanto più simile a te di come potrei pensare. Ed ho paura, immagino, di forzarglielo io quel sorriso. Di ritrovarmi a scorgere l'alba attraverso i suoi occhi. Nei lunghi meandri di una psiche che nemmeno sfioro. Resto distante, laddove la veranda mi protegge da un sole che inizia ad innalzarsi lieve. Non brucia se non raggiunge il suo apice. Non lo fa se gli impedisco di sfiorarmi.
    ''Suppongo di sì. Se è ciò che vuoi.''
    E tiro su un sorriso che sa di melanconia. Un arrivederci impronunciabile. Come quella volta che ti ho baciato ed è stata l'ultima. Uno schiocco di labbra, quello che non ho potuto dare a Charlotte prima che morisse. Per questo ho due tulipani che svettano laddove qualcuno ha deciso di convertire il mio nome in una serie di numeri. Perché siete con me, immacolati, eterni, ovunque io vada.
    ''Credi sia scontato dirti che questa casa resterà comunque aperta per te?''
    Perché abituarsi a vivere e viaggiare da soli non significa apprezzarne l'eterna solitudine. So bene come il suo odore finirà per mancarmi, perché permeerà in queste sale per un tempo esageratamente lungo.
    Così come porto con me l'odore di Charlotte, di Vince e di chiunque abbia mai avuto per me una parola di conforto.
    Mi faccio indietro, quanto basta per essere vicino all'entrata, distante da qualsivoglia raggio solare. Ma il sole è meraviglioso. La palette che ricrea mi fa sospirare.
    ''Credo tu abbia bisogno di tempo.''
    Azzardo, ma d'altro canto io non ne so nulla di queste cose. Di tempo, di infiniti spazi. Di emozioni per nulla replicabili.
    ''Ma sarebbe contro la mia morale trattenerti, se non lo vuoi.''

    Solo un soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.━━━━━━━━━━━━━━━

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    Scuoto il capo, piano, negando in questo sorriso che vedresti se mi guardassi.
    Andare via? No, non è ciò che voglio, e lo so appena lo ammetto a voce altra, che dovrei cambiare strada. Che queste parole sono sbagliate. Figlie dell'idea che ho di fare tutto in fretta, di tornare da Alice e restare quanto più anonimo possibile. Sospiro, lento.
    Non fumo mai prima di colazione, è qualcosa che resta trai difetti che mi attribuisco, trai tanti, tra la codardia ed il vittimismo, c'è un pugno di regole che non transigo mai. Come se portarle avanti facesse di me un uomo retto.
    Lasciati dire, Yaacov, che non lo sono. Sono solo un ragazzino che è cresciuto in fretta, fattosi adulto nel dolore. Ma anche se ne hai avuto un assaggio, non lo sai. "Ciò che voglio.." ripeto, piano.
    Non sai quanto Ma Chère sia andato a fondo con me, spezzandomi tutte le ossa, una ad una.
    Sposto solo il viso, verso di te, a riflettere la luce che mi investe e dalla quale mi lascio scaldare, come se d'improvviso fossero di nuovo pieni i polmoni. Potrei vivere di respiro, ma sarebbe un estremismo degno del Grande Sacerdote. Ed io sono troppo umano, ormai non è quello a cui aspiro, non sono più in vita per essere il migliore. Fallisco sempre.
    Cosa voglio io?
    E' difficile ammettere di voler restare. Per questo ti prego di perdonarmi se non so dirlo, se pongo domande al fine ultimo che sia tu a frenarle. Dimmi che sono troppo giovane, troppo spezzato, che non avrei comunque nient'altro a cui aggrapparmi.
    "Ed è scontato rispondere che credo ne avrò bisogno ancora?" piego il capo, piego anche le labbra che tengo in un'espressione colpevole. Che so di volerla ricambiare quest'ospitalità, e di voler tardare il momento in cui mi lancerò nel vuoto ancora, o tornerò da Chrys.
    Non sono pronto a rivederlo, ma non posso dirlo a te, come a nessun altro. Qui sono solo Edric, senza un cognome e senza un passato che riconduca a volti familiari.
    Mi faccio più vicino, risalgo la veranda stando appena più in ombra. Infilo le mani in tasca, mi limito per un secondo a guardare i tuoi fiori, il modo in cui li curi, il respiro che mi strappano dal petto.
    "Credo di aver bisogno di tempo" ti faccio eco, chiudendo gli occhi al raggio che schivi nel voler rientrare.
    Li riapro nel cercarti dritto in viso, forse più vicino, forse perché non lo so cosa abita i miei pensieri, credo incubi, credo niente di buono per nessuno.
    "Se mi dessi qualcosa da fare, mi sentirei meno in colpa.." aggiungo, che questa è la forma di verità più sincera che ho. "Magari inizio dalla colazione?" Magari resto ancora qualche ora? Non di più, giuro.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

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    Edited by nocturnæ - 29/3/2022, 08:33
     
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    Non voglio guardare questo ragazzo e credere che ti somigli. Nemmeno per un istante, nemmeno nelle sfumature nel suo sguardo. Che mi ricordano le tue, a prescindere, come se ci fosse stato un momento in cui il sole è riuscito a baciarle davvero. Spaccando in due l'iride solo per metterci un po' del suo. Una pennellata, come un pittore espressionista. Come chi sa restaurare un dipinto magnifico, ma corrotto, rovinato dal tempo, dalle intemperie di una vita che ci è stata troppo addosso e che, funesta, ci ha macchiato dei propri peccati.
    Che per un tempo, magari troppo lungo, mi sono davvero convinto di non essere io a far ciò che facevo. Ciò che facevamo.
    Patrick, te lo giuro. Vorrei guardare Edric senza ritrovarmi ogniqualvolta a pensare a te, al coraggio che hai avuto nel fare ciò che hai fatto, nonostante sia stato difficilissimo, per me, accettarlo all'inizio.
    E vorrei essere a mia volta così coraggioso da offrir a lui un riparo. Del conforto affinché ciò che lo attanaglia non sia, come per noi, fonte di un dolore tanto grande da divorarlo.
    Puoi comprendermi, quindi, se nel respirare il suo profumo. Le sfumature di cui è imperlata la sua pelle, io finisca per provar amore. Come un padre, sai. Come chi sente di doverlo guidare il proprio gregge di anime disperse.
    Ma sento di fallire. Anche quando tiro su un sospiro e ricambio il suo sguardo così com'è successo con te quella notte che ti sei fatto vicino per l'ennesima carezza fugace. Alto tradimento per chi ti ha dato la vita.
    ''Nessuna domanda è stupida o scontata, Edric.''
    Calco sul suo nome come se dovessi metter a fuoco la realtà dei fatti. Lui è Edric, non Patrick. Edric, non tu.
    Ed è una cosa stupida, probabilmente, ma a volte queste stupidaggini sono ciò che mi restano dell'uomo che sono stato.
    Ma questo sorriso sul volto non so negarglielo, nemmeno quando apro nuovamente la porta della chiesa e lo faccio per sgusciarvi dentro. Scappar via dalla luce, da quel sole che tanto amo e che resta come te, a volte: Un amante troppo distante, un amore che brucia allo stremo.
    ''Oh, mi dispiace averla già fatta.''
    Mento, ma sono così convincente da esser certo di non dar nell'occhio per questo. Anche se la cucina è linda e pinta e le dispense ancora piene.
    ''Ma mi farebbe piacere usarti come cavia per i miei esperimenti culinari, se non ti dispiace.''
    Tendo una mano in sua direzione affinché me la stringa. Che voglio tenerlo con me, sentirlo parlare sino a che ne avrà la voglia. Vorrei non sentirmi solo in giorni come questi.
    ''Se vuoi spendere il tuo tempo qui.''
    Una provocazione, come a lasciarmi desiderare e comunque lasciar a l'opportunità di scegliere ancora.

    Solo un soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.━━━━━━━━━━━━━━━

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    Lo so di cosa ho bisogno, e non è la colazione, sebbene la fame sia una morsa continua adesso. Sono abituato al digiuno, ma non lo sai. Non te lo posso dire perché in fondo di me hai già visto anche troppo.
    Ed è l mancanza di un contatto, la mia, che ora si fa sentire più di prima. Quest'assenza di una fisicità che mi è stata tolta. Che hanno provato ma nessuno, in fondo, è riuscito a farmi dimenticare la forza di Ma Chère, di Chrys, del suo modo di stringermi tanto da lasciare livi.
    Ad un certo punto, Yaacov, io non volevo nemmeno curarli. Volevo che restassero, come simbolo di un amore costante, lancinante. Presente.
    Ti seguo per questo, e perché sai darmi l'idea di una roccia. Una stabilità in un mondo un po' di merda, trasudi un profumo che non esiste, che non sento perché si incastra tra l'incenso e la calce, ma non è tuo, quasi non sembra vivo. E ti seguo, si, come farebbe un fedele. Non a testa bassa, solo con la certezza che tu possa prenderti cura di qualcuno come me.
    Non ho mai negato l'aiuto, o di sapere di averne bisogno ma.. Yaacov, io ho un problema, ed è piuttosto rilevante ora che la mano te la stringo.
    Mentre le porte si chiudono, il cuore batte e le dita si intrecciano, so solo pensare a come vorrei qualcosa che non puoi dare. Non se resti fedele a questo Dio, le cui declinazioni mi sono note solo in parte. Puoi farlo, Yaacov?
    E' davvero troppo che qualcuno non mi tocca, e nel farmi vicino, nel lasciarmi guidare, ti spingo contro un sorriso diverso, uno più tranquillo. Esagero, non ti conosco, non conosco questa Chiesa, non conosco questa dimensione, eppure qualcosa mi fa dire che devo camminare sui tuoi passi, fidarmi.
    "Forse non sono la cavia perfetta.." anticipo, piano, facendomi strada al tuo fianco, rilassato e teso ad ogni passo. Penso cose a cui non dovrei pensare, penso che mi basti questo per volermi lasciare indietro ogni indumento da qui all'offertorio. Non posso farlo.
    Anche se mi basta poco, pochissimo... solo avere un punto da guardare, che la sicurezza me la prendo con la violenza e tu sei alto, stabile, forse puoi.. Fermami.
    ".. sono vegetariano" un sussurro che si muove sulle labbra. "Ed insisto, stamattina" a muovermi io, almeno arrangiarmi, almeno riprendermi dallo sfinimento di stanotte, almeno muovermi e fare qualcosa, che non posso stare fermo. Braccami e basta, Yaacov, schivizzami tu, rendimi quel suddito che so di essere ed, al contempo, non provarci nemmeno.
    "Credo che.." mi appoggio piano al corridoio stretto, mi fermo un attimo prima della porta. ".. spenderò un po' di tempo qui, si" con te, i tuoi fiori, l'assaggio di una sicurezza da cui ripartire.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

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    Noi ci abbiamo provato così tante volte a sembrare umani da non ricordare più, con così tanta nitidezza, cos'è che abbiamo fatto contro la nostra natura e cosa, invece, ci è uscito tanto spontaneo da meravigliarci.
    Abbiamo forzato così tanto la mano da essere stati ignari e forse ciechi dinanzi a ciò che è stato frutto dello sforzo e ciò che invece c'è stato così vero da sembrare appartenente a qualcun altro.
    Ed è una pecca che porto con me anche oggi, quando seguo i passi di Edric con le orecchie e mi rendo conto di non aver più la sua medesima curiosità ed arrendevolezza agli eventi della vita. Mi sento terribilmente distante da lui, seppur sia quasi mio il compito di far vicini gli uomini sotto una fede che non riconosco più mia o che, forse, a conti fatti, non ho mai stretto davvero. Che Cristo è stato per me la copertura per ogni mio peccato. Per ogni momento di avarizia concesso in virtù di un passato di schiavitù e sofferenze.
    Edric, a primo impatto, solo nell'incrociare questo sguardo cupo, sapresti dirmi cos'è che riesci a vedere?
    Ma non lo chiedo, non quando ripercorriamo la medesima strada di ieri e questa volta, piuttosto che tornare in camera sua, scelgo il salone con il cucinino. Uno spazio grande quanto basta per muoversi liberamente durante gli incontri per gli alcolisti ed i tossicodipendenti. Roba che serve ad accalappiare quante più vittime sacrificali possibili, seppur il sangue di chi fa uso di stupefacenti non è mai così buono. Noi ci inebriavamo di quello di chi beveva assenzio su a Parigi, ma questa è una storia che non posso ripetere da solo: Niente è più piacevole da quando non ci sei tu e la colpa è mia, lo so. Sono io quello che se ne è andato, quello che a lungo andare ha capito di non potercela fare. Non con te, non come ce la facevi tu.
    Mi sembra non abbia importanza imparare com'è che si sopravvive se non posso raccontarti dei miei successi. Se non posso parlarne con nessuno.
    ''E perché mai? Anzi, imparare a cucinare vegano potrebbe giovare alle mie soft skill.''
    Lo dico come se mi interessasse davvero cucinare e questo non fosse un modo come un altro per tenerlo vicino quanto basta per non sentirmi di nuovo solo. Che la sua voce mi conforta, a volte sa tenermi incollato così tanto da spingermi a credere di star parlando con te. Stupido vero? Come una bestia come me, una bestia come te, possa aver poi il bisogno di qualcosa di tanto fragile al quale aggrapparsi saldamente.
    ''Ma se ci tieni così tanto possiamo fare i dolci per il gruppo di supporto di questa sera. Dubito che la dipendenza da zuccheri sia meglio di quella data dall'alcol, ma almeno così finiamo per non privarli davvero di ogni cosa.''
    Ma spero che questa sera lui sarà in giro. Perché ho sete ed è molto più semplice dissetarsi con chi non conosco piuttosto che con chi ho in casa. L'asilo che gli ho offerto dovrebbe essere anche da me, non solo dal mondo là fuori. Mi allontano, quindi, ma solo per picchiettare con le nocche contro una credenza. Lo faccio per attirare la sua attenzione.
    ''Oh, sarai un duro nemico per la mia solitudine.''
    Un sorriso stanco, il mio, anche se lo guardo di nuovo e questa volta per fargli cenno di avvicinarsi.
    ''Qui ci trovi la farina e lo zucchero...hai dormito bene questa notte?''
    Glielo dico solo perché gli occhi finisco per guardarglieli di nuovo. Ed una mano, mossa dal bisogno di assecondare la bestia, scivola ad accarezzargli una guancia. Come a distendergli la pelle per veder meglio le occhiaie.

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    Perdonami se sono tanto spezzato da avere già gli occhi lucidi per una sola carezza, una che tengo a precisare, si pone nel modo più dolce che io conosca. Che nel guardarti negli occhi, non so bene cosa sto cercando.
    E ti ho sentito parlare, Padre Yaacov, ti ho sentito nominare tutti gli ingredienti che potrebbero servirmi, ed ero sul punto di muovermi verso di loro, allungare il corpo perché seguisse una scia, una impostata dalla mia capacità di adattamento.
    Questa non è Villa Sinister, il cui profumo ho cucito addosso. Le memorie della mia vita, dell'amore più profondo, del vuoto che ho dentro da quando se ne è andato. Non posso neanche dire che me l'hanno portato via, se ne è andato via lui, da me. Da me perché non ero abbastanza contro le sue ossessioni. Da me che nell'essere un compagno ho solo fallito. Mi dispiace, Ma Chère, non capirai mai quanto. E se solo sapessi chiudere le palpebre ora la rivedrei ad ogni mio tocco. Il mobile alto, in legno scuro, con un graffio vicino alla manopola. Lì, Ma Chère mi ha preso così male quella volta da ricordare il graffio in un taglio lungo la fronte. Ricordo quanto si è spaventato quando è tornato in sé, quanto mi ha chiesto scusa. Quanto l'ho perdonato.
    E tu, oh.. tu non sai quanto aveva bevuto, e quanto io sapessi amarlo lo stesso. "Ha-.." mi mancano le parole, si fermano lungo le tue dita, lungo quella mano che io non dovrei allungarti contro, né permettere si stringa a lato della veste. "Hai gli alcolisti qui.." mi manca il fiato, sembra il sussurro di un condannato.
    Perdonai, ancora, se mi perdo così in questo respiro che non ho, nel chiudere gli occhi perché non sai quanto l'alcol abbia rovinato la mia vita, quanto male mi abbia fatto, quanto io non possa aiutare nessuno dei tuoi... fedeli?
    So però che non scappo, che ho paura ma resto, che mi incollo in uno sguardo che non chiudo, che cerco tra un'iride e l'altra ogni risposta che non puoi darmi.
    "Non posso mentire così da vicino." Non posso dirti che ho dormito bene, perché non è vero, che avresti potuto sentirmi disperarmi se solo non avessi soffocato ogni grido nel cuscino. E non credere che stanotte sarà tanto diverso. Solo che non la voglio la pietà, anche se mi manca da morire. Che il mio resta un sussurro, un sorriso rassegnato, come a dirmi che non devo avere barriere nella casa di Dio. Non mi servono scudi, nessuno verrà qui a farmi del male, a meno che io non voglia. Io lo voglio?
    "Andrà meglio" ma non mi muovo, mi sposto solo. Piano, pianissimo come un passo di danza lento, con quella mano stretta all'abito, devo giusto appoggiare la schiena al piano, dolce. E neanche mi accordo davvero di cosa sto facendo, di quale male assurdo prego in questo modo. Non togliere la mano da me.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

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    Il nostro primo incontro forse lo ricordo così, sai? Non c'era una chiesa od un luogo in cui sentirci effettivamente al sicuro. Ma mura entro le quali spingerci sì. Ed io forse non so dimenticarla l'asta di legno contro la schiena. Il tuo respiro sul mio collo che suppongo aver solo immaginato e le tue labbra strette al punto da spaccartele coi denti.
    Forse ricordo così quasi tutti i nostri primi incontri. Quel Staffelführer incastrato tra i sussurri. Tu che mi pregavi di star in silenzio finché del mutismo non ne ho fatto che una barriera. E non è una tua colpa, Liebe. Non quando del tuo abbraccio ne hai fatto motivo di vita.
    Ma mettere al mondo qualcuno so bene come dev'essere doloroso. Lo è per me che sono figlio adesso e della tua stretta ne ho goduto per un tempo decisamente lungo.
    Li ricordo ancora i nostri brividi, la neve su Buchenwald, l'ultima frase che ho pronunciato.
    Ti prego
    Ti amo
    Magari è qualcosa che adesso nemmeno ha più la sua importanza. E mi pento di tutto, lo sai. Mi pento di tutto come di niente. Ed è in questo dualismo che a distanza di anni, forse, ancora soffro.
    Quindi comprendimi, magari, se ora rabbrividisco nel notare le sue dita strette alla mia veste. Che questo Edric sa essere così me e così te senza troppo sforzo. Ricordo ancora le mani che stringevano lungo la tua divisa, laddove qualcuno ti aveva appuntato una spilla. Eri un eroe, all'inizio, seppur non il mio.
    ''Anche gli scout, a volte.''
    Un sibilo basso. Ma i bambini non li ho mai toccati seppur l'odore del loro sangue mi tenta. Mi attira più del suo, Pat. Ma a volte sento questo egoismo gonfiarmisi in petto. Tronfio, subdolo: Abbraccio solo chi l'anima ce l'ha persa. Chi non ha modo di richiedermela indietro. Ed è questo, magari, che fa di noi delle bestie senza cuore: La consapevolezza, la scelta.
    Ed ignoro, adesso, di mia spontanea volontà, lo sguardo che lui mi riserva. E quella presa che reclama protezione quando tutto ciò che posso dargli io già gliel'ho dato. Non posso osare più di questo, ma suppongo lui non lo sappia.
    Come se, di base, non conoscesse il Dio di questi uomini e fosse per chissà quale arcano motivo pronto a fronteggiarlo con sfacciataggine. Mi ricorda davvero te, Patrick. Cosa vuoi che ti dica?
    Fermo una mano lungo il bancone alle sue spalle. Lo faccio per tenermi fermo, come se ne avessi realmente bisogno.
    ''Puoi, se senti di farlo.''
    Non respiro, evito di farlo adesso che gli sono così vicino. Adesso che mi sembra di percepire il cuore battergli oltre la pelle. Un tum tum selvaggio al quale cerco di non prestare tantissima attenzione.
    ''Ed io fingerò di crederci.''
    Un sorriso che è stanco solo nel modo che ha di mostrarsi leggero. Un affanno, di quelli che ancora trattengo per me, anche se la sete a volte sa farmi piegare dal dolore. Mi contorce le budella come se il corpo rispondesse davvero a determinati stimoli. Come una volta. Come quando ero vivo.
    ''Non vuoi davvero cucinare, giusto?''
    Ma se vuole, può provare a mentire anche su questo. Resta nella fallacia degli uomini, nella sua mortalità ed imperfezione. Lo respiro, ma lo giuro, solo per un istante.

    Solo un soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.━━━━━━━━━━━━━━━

    monsignor yaacov
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    Ho bisogno, Yaacov, che tu faccia di me qualcuno che non sa guardarsi allo specchio. Che più mi ci rifletto e meno mi vedo. Ci ero riuscito, avevo fatto mille passi avanti ma.. ma poi l'ho visto, ed ho capito - ancora una volta - che la mia carne è debole, il mio spirito è incatenato ed il mio cuore è spezzato. Aperto in due sul pavimento di quella cella, che ora altri non è che una catacomba a Parigi.
    Tu ci sei mai stato a Parigi? Suppongo di no, avrai servito il tuo Dio fino a che hai potuto, fino ad oggi, aiutando anche chi non aveva più alcuna speranza. E' di questo che profumi, Yaacov, e perdonami, te ne prego, se non so toglierla questa mano. Non so stringere di meno quando poi lo faccio di più, ancora, anche con l'altra. "Non voglio farlo.." non voglio mentire, non sento di riuscirci tra queste mura. Mentirò ad altri, qui fuori, mentirò anche a me stesso, ma ho un bisogno viscerale di un luogo in cui io possa confidarmi, di qualcuno che sappia credermi senza emettere giudizio. Una guida, seppur non me ne serva alcuna. Sono adulto, sono in grado di compiere le mie scelte, lo vedi.. no? Però ti prego, ti prego non togliermi questo, che mi appoggio all'Ordine da quando se ne è andato e tu.. tu gli somigli. Al mio Ordine.
    Credo che la mia voce a questo punto sia solo un sussurro tra le pareti, che non arriva oltre le tue spalle larghe. Cazzo, lo sento già premere lungo la schiena, lo sento scaldarsi il fiato dietro le mie, raggiungermi il collo e promettere che brucerà, che farà male quando lo implorerò di andarci piano.
    E paradossalmente ora chiedo a te di non risparmiarti, che se vuoi, e non ti allontani allora dev'essere pesante, cattivo, crudele, spietato in una dolcezza incomparabile.
    Non lo faccio da più di un anno, perdona la mia fame, se puoi. Ho il cuore fuori dal petto, batte come un dannato per la paura che niente si potrà mai paragonare a Ma Chère. Dio, tu non sai quanto mi manca, ti prego fammelo ritrovare almeno un po'. Dammi anche più di quanto io meriti per aver chiesto asilo e perfino ogni altro respiro che hai.
    "Magari-... magari dopo" cuciniamo dopo, ti prego, lasciami respirare vicino a te, alla tua pelle gelida sotto la veste, sotto un abito che dovrebbe tenermi a distanza ed invece mi fa indietreggiare di più, quasi a montare lento su quel piano. Che le gambe le apro solo perché tu sappia farti spazio quando ti tiro a me di più. Ed ogni cazzo di gesto è un tremito, uno lieve che non so impedirmi, come se l'ansia fosse ormai tanto grande da schiacciarmi, ma io lo volessi più delle sue reticenze. Cacciami via, e tienimi con te finché non sarò guarito. Non andarci piano, ti prego. Ho bisogno che tu sia forte tanto che mi induca ad implorarti di fermarti. Sono stato abituato male, Yaacov.
    La vedo la mano con cui ti risalgo un braccio, sotto la manica, per fermarmi lungo il polso, voltare il capo e guardare ogni mia mossa. Espiro, in frammenti. "Perdonami per questo.." per quello che sto per fare, per il modo in cui attirandoti a me ti chiedo già scusa, ti risalgo l'abito al contrario, raggiungo piano la cintura, un respiro lungo il collo. Fammi male anche tu. "Puoi?"

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

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    Edited by nocturnæ - 4/4/2022, 09:30
     
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    Il tuo primo bacio lo ricordo nitidamente. A volte mi sembra di essere ancora lì. Quando sogno, ad esempio, ma lo faccio ad occhi chiusi. Ricordando odori, tipo, ricordando suoni. Allora ritorno sempre lì, all'odore di sporco, delle pareti di legno fredde ed impregnate di umanità. Ricordo ancora il rumore degli spari, quelli dei grossi camion a far avanti e indietro. Poi le luci dei fari, flash veloci come quelle di macchine fotografiche. Istantanee della nostra vita. La mia, la tua, ferme in quel bacio che sapeva di paura, che è stato, per un lungo tempo, terrore puro.
    Ma ancor meglio ricordo il tuo abbraccio: Non quello che ci si da in momenti di conforto, dove due mani incontrano altre mani, spalle da stringere, fianchi da modellare. Ma quello che prevede la rinascita. E tu mi hai rimesso a mondo, sì. Lo hai fatto partendo dal principio, lasciandomi riflettere su ciò che avrei voluto lasciare o portare con me. La mia vita, quella con Charlotte, ad esempio, era solo un ricordo, il sogno di qualcun altro, in confronto a quello che mi stavi dando tu. A volte, persino ora, mi sembra di aver immaginato ogni cosa. Così come ci si immagina la presenza di qualcuno superiore a noi pronto a vegliare sulle nostre teste. Qualcuno che adesso saprebbe giudicarmi. Qualcuno che, forse, dovrebbe farlo davvero. Dio, per esempio, se davvero esisti, ferma questo sguardo, ferma queste mani. Perché dinanzi alla sete, se alimentata così, io non so fermarmi. Non so ignorarla del tutto, non davvero, non quando Edric fa di tutto per lasciarmi spazio, per spingermi ad agire come la bestia desidererebbe che io agisca. Velocemente, d'impulso, nel medesimo impeto d'amore che tu hai deciso di donarmi.
    ''Solo se per primo sai perdonare te stesso.''
    Per aver scelto la tana del lupo piuttosto che quella del bianconiglio. Per esserti lasciato trascinare dalle buone parole, da quelle delicatezze che ho fatto mie in virtù di un'opera più grande. Più mia, decisamente troppo egoista. Ed il tuo tocco mi fa sospirare. Mi ricorda quello di Patrick. Il tuo, sì, Mein Liebe, che mi toccavi i polsi per accertarti che fossi ancora vivo, che potessi sopportarlo ancora. Solo un giorno, uno solo, affinché la vita potesse prendere le pieghe di cui avevo bisogno. Sei stato il mio angelo, Patrick, un angelo mostruoso ma salvifico.
    ''Puoi provarci?''
    L'ennesimo respiro: Imprimo il tuo odore nelle mie narici. Il tuo sangue che ribolle nelle vene, che vi fluisce lento, denso, dolciastro. Ne sento il sapore sulla lingua seppur io non l'abbia ancora sfiorato. Tanto da non accorgermene di quella guancia che sfiora la tua, che ti cerca. Perché se tu vuoi questo, allora io posso dartelo in cambio di una cosa. Una sola, prometto che sarò bravo. Prometto che non farà male e che questo, finché lo vorrai, sarà solo un segreto nostro. Qualcosa da cullare qui con noi. Lasciati andare a me, Edric. Sarà buono, sarò come Patrick mi ha cresciuto. Un gentlemen, la persona più squisita e determinata che tu abbia mai conosciuto.


    Solo un soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.━━━━━━━━━━━━━━━

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    Perdonami se non so tenere ferme le mani, se non so spostarle da te, se non sento il male che da questo può derivare. Se incarno la distruzione che Mordin ha lasciato ai miei piedi, come se potesse contagiarmi il suo corpo morto. Come se in quell'ultimo bacio avesse trovato modo di incastonare un lascito oscuro nel mio petto. Perdonami se sei un uomo di chiesa ed io ti faccio venir meno ai tuoi principi. Anche se sei grande, adulto, forse il doppio di me.
    Ti chiederò di farmi del male, Yaacov, di spingere in me ogni dannata grazia, anche se adesso tremo, se per la prima volta dopo Chrys, io tremo. Nessuno mi ha mai più toccato in questo modo, non ho concesso neanche una carezza, ora invece vorrei che tu facessi a pezzi il mio corpo. Nutriti di me, di ogni stilla del mio sudore, di ogni stupida frase saprà dire quando non avremo argomenti. Fallo senza chiedere, perché sono egoista e sono vigliacco e non posso smettere di ripetermelo. Fatti più vicino a me.
    Non dovresti assecondarmi, però, Yaacov. Io sono instabile, io non controllo il moto che mi porta a stringere di più la veste, a tenerti contro di me, a far risalire una mano per sfiorarti il collo, giocare piano con la fascia bianca, quella che ti dichiara qualcosa che non sei. Perché se lo fossi mi fermeresti, non è così? Non mi consentiresti di deviarti solo perché sto male, ed il mio male si cura con altro dolore, più forte. Perché così posso sentire di nuovo la sua presa su di me. Ti prego, ti prego... "Ti prego.." questo è un gemito che squittisce lento tra le corde vocali, in un implorare che ti dà la giusta idea di me. Un sussurro perché nessuno entrando in Chiesa adesso, veda il posto in cui sei, la posizione che assumi con me. A causa mia.
    Perdona questa mano che sta lentamente slacciando ogni possibilità di cambiare idea. "Si.." ti assecondo, e forse ora mento, perché io non so perdonare me stesso per niente. Io ho condannato l'amore della mia vita a morte certa e per questo non esiste perdono, solo la punizione eterna, le fiamme dell'inferno oscuro. Ma finché non ci arrivo, allora posso.. allora "Mi aiuterai.." a farlo, a perdonarmi, dimmi come si fa, ma dimmelo mentre mi togli ogni ansimo. Sono ossa che devi sfinire, stancare, spezzare e ricostruire. "A-..aiutami.." che lo grida ogni parte di me, quando sento lo scatto della cintura, del bottone, del jeans che spingo io verso il basso, con una foga nuova, una che lentamente morde il collo, il tuo.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

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    Non è mai stato così facile, Patrick. E tu lo sai bene, magari lo sai meglio di me, anche se per buona parte della tua esistenza c'è sempre stato qualcuno pronto ad assecondare la tua sete. E lo hanno fatto per tenerti buono, per tenerti più loro che nostro. Una macchina, sì, al cospetto di un uomo crudele e vile. Sei nato per questo motivo tu ed io non ho mai compreso, all'inizio, le differenze sostanziali del nostro destino. E ti ho odiato, lo sai. All'inizio per me è stato difficile perdonarti, ricercare nel mio dio la giusta risposta a quelle domande che nessuno, nemmeno tu, sapeva quantomeno esplicare. Ti ho odiato di un disprezzo che tutt'ora mi permea nelle ossa, seppur col passare degli anni abbia lasciato posto solo al rancore e alla malinconia. Sei stato per me una guida, un padre, seppur questo faccia in un qualche modo sorridere.
    E sì, sì che sai bene come per noi non sia mai stato facile. Come la caccia sa rivelarsi complicata perché ha sempre necessitato di un determinato studio affinché nessuno potesse scoprirci e per questo, cacciarci a propria volta. Ucciderci nel modo in cui gli altri avrebbero voluto vederci morti. Nel modo in cui tu, invece, sei riuscito a donarmi la vita eterna. E sei più dio tu del mio stesso dio. Più clemente di chi i peccati dovrebbe lavarmeli di dosso alla sola preghiera. E mi inginocchierei ancora al tuo cospetto se tu fossi qui e non altrove. Se la rabbia e la tristezza non avessero lasciato posto ad una solitudine incolmabile.
    Per questo, ovviamente, tradisco i miei preconcetti quando questo ragazzino inizia a spogliarsi delle sue armature. Getta via corazze e lo fa solo per un perdono che un prete qualunque non può concedergli tramite il proprio corpo. Ma io non sono un prete, Patrick e lo sappiamo entrambi, che per un eternità ci siamo vestiti di bugie che non sono nient'altro che una bestia che cerca disperata degli escamotage per assecondare i propri istinti. E lui me li porta al limite, lo fa mostrandosi così accondiscendente, così disponibile, un po' come se avesse già compreso, magari semplicemente in questo scambio di sguardi e carezze cos'è che nascondo sotto la veste ed i sorrisi. Ho voglia di stringerlo, Pat. Di berlo e cullarlo come fosse il portatore incarnato di ogni mia soddisfazione. Non è mai stato così facile.
    Ma lo è, forse, aiutarlo a spogliarmi di ogni difesa. A tirar via i vestiti che coprono la pelle pallida affinché possa abituarsi al gelido delle mie ossa. Alle mani che già lo avvolgono e che da sotto la maglietta, si fanno in su alla ricerca del suo cuore. Battiti che si incastrano tra le dita, che pompano un sangue inebriante. Resta quello tutto ciò che voglio, l'unica cosa a mandarmi avanti, l'unica cosa che sa farmi assecondare i suoi impulsi. D'altro canto siamo uguali, Patrick. Sia la bestia che l'uomo, sono mossi dai medesimi desideri. Ed io non ho problemi a mostrarmi per ciò che sono, seppur in parte. Non ho problemi nel lasciargli intendere che da me può tutto ciò che desidera. Il perdono, la redenzione, la punizione per essere stato ciò che nemmeno conosco.
    ''Certo che lo farò...''
    Un brivido, il suo, che sa accendere i miei. Che mi spinge con il naso contro il suo orecchio, giù verso il collo. A respirare in un bacio lento che già assapora la pelle in cui lasciarsi affondare. Solo un bacio, leggero, controllato, affinché il vero abbraccio possa farsi naturale con lo scandire del tempo. Ho tutta l'eternità davanti.

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    Voglio che sia un rituale, che unisca la mia fede alla tua. Che Padre sei solo fino al momento in cui ti svesto di questo, ti tolgo di dosso quella falsità di cui tutti ci macchiamo. Per cui sei perdonato, Yaacov, non ti condanno per le bugie che ci tengono in piedi, anche se qui non voglio che entrino. L'ho deciso stanotte, forse ieri, forse quando cercando riparo mi sono imbattuto in un luogo consacrato. Resterà tale, questo te lo prometto anche se il petto si alza, la schiena si arcua, la tua pelle è gelo che percorre le ossa in brividi. Un richiamo, il ghiaccio fretto che mi fa rabbrividire. Non sei caldo, e per un secondo credo che tu non sia umano, che il sangue ti si sia gelato nelle vene. Incollato e fermo in un punto del tempo. Vaneggio, sicuro, anche se l'aura si manifesta piano, a protezione, seppur io non glielo abbia chiesto.
    Sento appena il fruscio del cartoncino scivolare al suolo, come quello che resta di noi, di indumenti che coprono parti non vive, non alimentate da un calore che tu non sai raggiungere. Perdona i miei ansimi precoci, che sono instabile ma tu sei forte, a te affido il mio corpo, fanne ciò che vuoi e fanne ciò che voglio io. Lascia che i nostri pensieri si fondano, che siano gli stessi e ti prego, ti prego strappami via questo dolore. Dammene di nuovo, fammi credere che esiste un modo di star male diverso, che demolisca prima di ricostruire, che qualche pezzo sbagliato io l'ho inserito nei punti chiavi. Toglimi questo, Yaacov, ed io te ne sarò eternamente grato. "Sì.. si va bene..." qualunque cosa va bene, va bene che tu abbia mano che scavano e non si arrendono, come le mie che i fianchi te li avvicinano a me. Vorrei già che fossi qui, che non fossi così ritualistico, ma siilo ti prego, rendimi un sigillo da esplorare, cerca la mia storia lungo cicatrici estinte. Che non l'affido a nessun altro, oggi. Solo al modo che ho di tendere i muscoli se passi con il tuo fiato gelido lungo il collo. E ti faccio posto, io lo faccio sempre, sono Edric no? Quello accogliente, quello del "Bravo, Coniglietto" che mi sento nelle orecchie, come se ci fosse lui qui al posto tuo. E' ingiusto, perdonami se puoi. Perdonami se lo sento chiamarmi da dietro le spalle, baciarmi al lato opposto al tuo, con labbra che spingono della stessa pressione. Perdonami se il mio cuore batte in modo assordante, lento ma potente.
    E lascia che sia mio il primo ansimo, un respiro che si spezza contro la gola in fiamme. Che quando tu fai scendere le labbra, io mi ritiro più indietro, solo per distendere il collo, perché tu senta nel mio prende fiato, il tuffo che hanno i polmoni, seguiti dal cuore. Non lo faccio da troppo, tanto che chiudo gli occhi, le ciglia pallide si incastrano tra loro.
    "Non avere pietà di me" ti supplico.

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    Perdonami, Edric, ma non credo tu mi piaccia nel modo in cui vorresti. Con quella fame che ti fa muovere ogni muscolo nella speranza che io ricambi una presa con più solidità, con più forza. Non esistono per me pulsioni più forti di questa. Emotivamente più stabili e a loro modo, invalidanti. E perdonami, se puoi, per questa attenzione che nelle immediate vicinanze verte subito alla prepotenza della sete. In strette che già modello più rigide, affinché tu possa restar qui e non sfuggire, non quando ti do in cambio parte di ciò che desideri ardentemente. E tu ne dai a me altrettanto. Silente, perché di patti del genere non c'è per forza il bisogno di esplicitare ogni cavillo, ogni nota più piccola, più nascosta.
    Ma avrò pietà di te e questa è una promessa che faccio più a me stesso che ad altri. Perché se non lo fissassi nel mio cervello forse finirei per spingermi così a fondo da distruggere ciò che potrebbe nascere tra di noi.
    Lo vuoi questo rapporto di reciproca soddisfazione? Io il mio corpo lo modello affinché ti piaccia.+
    Che dei tuoi ansimi già mi alimento. Soprattutto quando assomigliano ai miei. Spontanei, perché i polmoni finisco per non controllarli più in momenti come questi. Dove la frenesia prende il sopravvento e cavolo, sì, se la sete richiama la tua pelle. Il sangue che vi scorre attraverso. Fiumi di porpora nelle tue vene. Ne sento l'odore attraverso i tuoi respiri. Come se mi bastassero quelli per immergermi totalmente nel tuo rossore.
    E non ti rispondo, no. Non so farlo quando è la bestia a muovere i miei muscoli. A spingerti quanto le riesce lungo questo piano. Che vuole tenerti a sé, sì, con le gambe strette attorno ai fianchi, ad assaporarti come fossi la caccia migliore degli ultimi periodi. E lo sei, Edric, sei la cosa migliore che mi sia capitata ultimamente. Ed è per questo che ti mostro premura anche quando ti sfilo i pantaloni, e lo faccio nel modo in cui sai di volerlo. Per te, affinché tu possa far per me altrettanto. Respirami a tua volta, in questa libertà che mi prendo nel tirarti di più a me, laddove i baci sul collo non sono solo baci di un amore che potrei davvero provare, ma il richiamo muscolare di una sete che cresce, cresce sempre di più. Ma la controllo per te, piccolo rifugiato. Figlio del destino, cucciolo di un male che si annida in tutta questa chiesa. Ne risale le pareti, ne smuove le iconografie. Siamo al sicuro, forse. Sei al sicuro, suppongo, perché ho pietà, invece, per chi sa affidarsi a me in questo modo.
    Succhio la pelle mentre le mani scendono lungo i fianchi. Tiro su il sangue oltre l'epidermide. Ne assaggio l'idea di una vittoria che ti preme i canini lungo la carne. Li struscio piano, mentre in una spinta ti tengo a me così saldamente da sapere come e quanto i tuoi respiri si altereranno. Ed io voglio che il tuo cuore prenda a pulsare così forte da far schizzare il sangue nelle vene. Voglio percorrerle una ad una. Voglio bere le pulsioni che smuovono i tuoi gemiti. Lo volevi così, vero?

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    Ho bisogno, Yaacov, che tu scelga per me la via peggiore, che tu punisca i miei errori: anche se così ne commetto altri. Ed è un circolo, il mio, che non è fatto per fermarsi, solo per alimentarsi. Che devi avere qualcosa di diverso, o non sarei qui a dare questa parte di me ad un uomo dal colletto bianco, dall'abito che ne attesta un ruolo. Io da te vorrei questo, ne sei capace? Si che lo sei.
    Lo so perché lo sento, perché a trascinarmi contro di te sono ansimi leggeri e pesanti, ma che si stanno pian piano calibrando. E la tua sete la sento, la sento come se sapessi che sto andando contro una presa mortale. Non lo so con precisione, e come potrei? Solo che la violenza che permea le ossa non è un mistero, credo semplicemente di aver imparato a riconoscerla subito, a vederla oltre la coltre di un sorriso che non mostra mai i denti. E non ti conosco, ma non importa, so che ti prenderai cura di me, che se l'hai fatto stanotte puoi farlo ancora ed io..
    Io te ne prego, non farmi andare via, tienimi qui dammi un senso. Che tremo quando mi spogli, che ti respiro lungo il collo, e guardo in basso per capire cosa fai, come lo fai, quanto a fondo andrai. Giurami ancora che non avrai pietà, che spingerai finché non sarai sazio, finché non avrai dato anche me qualcosa da tenere a mente per sempre. E' questo l'asilo che dai? Che se è così allora va bene, allora lo voglio. Allora ti spingo il naso lungo la gola, risalgo sulla guancia, quando poi vuoi le mie gambe lungo i fianchi, ed io le stringo, nude, a te.
    "Si.." ho solo bisogno di dirlo, di lasciarlo uscire, di darti conferma anche se vedo che non ne hai più bisogno e ti prendi i tuoi spazi: prendili tutti, ti scongiuro. Che sono pronto.
    Lo sono di più quando i tuoi sembrano morsi, quando la testa si appoggia lenta al mobile, quando chiudo gli occhi, lasciandoti tutto lo spazio del mondo. Non sono mai stato così con qualcun altro, non lo sono da mesi, forse anni.. forse ho dimenticato, ma no, no perché in fondo sei quello che vorrei adesso, sei l'assoluzione da pene eterne che mi spezzano il cuore.
    Che io so sentirmi al sicuro solo così, solo in strette che mi lascino senza fiato, che me lo strappino con forza. Ed il cuore pompa sangue per la paura. Ho paura, lo sai? Perdonami se ne ho, se in parte la mia resta una vendetta dolorosa, un tradimento inconsapevole, la voglia egoista di sentire ancora Ma Chère nella testa, che mi dà degli vigliacco, del traditore, che mi mi strappa dalle tue mani solide e me la fa pagare perché essere stato così distante. Ma tu sei forte Yaacov, io lo sento, e farai male, ed è giusto così per me.
    Mi sento in trappola in quella spinta che fa balzare il cuore in avanti, fuori dal petto, dritto in gola, lì dove attiri il sangue lungo la pelle. Mi piace così, mi piace al punto che la stretta al tuo fianco è mia, ma la mano più vicina a te risale alla nuca, si aggrappa ai capelli, conferma che è qui che vorrei restassi, e non solo.
    Voglio accoglierti, Yaacov, permettimelo ti prego. Fallo, affonda in me come non fa nessuno da troppo. Che vado a fuoco per questo, mi sento bruciare. Ansimo.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

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