Papercut

Caleb/Gray | Place de Grèves | Undercity | 14 Marzo | Contenuti sensibili

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    ''P-papà?''
    Grace richiama Declan dall'altra stanza. L'uomo è in salone, come di consueto negli ultimi mesi. Beve qualcosa da un bicchiere di vetro. Il giallognolo del liquido riflette la luce del sole. Una luce flebilissima. Il suo gioiello giallo.

    ''Dimmi, Gree Gree.''
    Declan risponde svogliato. Ha una gamba che fa su e giù come antistress e sull'altra, quella ferma, tiene saldamente questo bicchiere. Guarda il riflettersi della luce a sua volta. Un sorriso amaro gli si dipinge in volto. Resta stanco, lo è da giorni d'altronde. Ha quest'alone violaceo che gli accentua ulteriormente gli occhi azzurrini.

    ''Devo farti vedere una cosa, però non arrabbiarti, ok?''
    Che non sa, la sua Gree Gree, se l'aver dato asilo ad un cucciolino potrebbe scombussolare l'animo di Declan. Non quando è così fragile, così distante. Ma il cucciolo ha piagnucolato per tutto il tempo fuori casa che portarlo dentro le è sembrato la cosa giusta da fare.
    E già lo ha nutrito, sì. Lo ha fatto portando fuori una ciotola di latte di nascosto. Che Gree Gree è brava. Proprio una bambina che non sporca né disturba.
    Ma Declan non risponde, tanto che la bambina, nell'entrare nella stanza, lo fa con passo felpato. Leggero, affinché la sacralità di quel momento non venga totalmente distrutta dalla sua presenza.
    Ed è solo lì che Declan si volta per guardare sua figlia ed il cucciolo di Jack Russell che tiene in mano.

    ''Gree, non possiamo...''
    Ma Grace sente di doverlo fermare. Di provarci almeno. Perché lì si sente sola e l'idea di potersi prendere di qualcun altro la entusiasma. Dice che sarebbe una mamma brava. Cioè, non lo dice, ma sicuramente lo pensa.

    ''Mi prenderò cura io di lui. Te lo prometto.''
    Ma Declan non ha la forza di mettersi in casa un'altra bestiola a cui badare, non quando il maledictus lo ha allontanato dalla passione che aveva per i cani e qualsivoglia animale da compagnia. Non ha mai detto a sua figlia che vederla al pari di quel cane gli ha sempre fatto un po' male. Per questo sua madre non è lì con loro, ma esposta, per quel che crede Grace, sopra il camino della loro casa.

    ''Gree, ascolta tuo padre una buona volta.''
    ''Ti prego, ti prego.''
    Grace si lagna, ma lo fa sempre contenendosi almeno un po'.
    Per questo forse, Declan dopo un po' di tira e molla cede e lo fa permettendo a sua figlia di tenere Billy lì con loro, seppur per una notte soltanto.
    L'indomani la sua Gree Gree avrebbe imparato la medesima lezione che ha afflitto Declan qualche anno prima: Tutto ciò che credi di poter amare prima o poi se ne va.


    Ma ora le cose son diverse e te ne convinci perché forse sei grande e allora ti dici di poter osare quanto basta per tardare al vostro appuntamento. Che al circo non ci torni, non subito, seppur Caleb dev'essere lì da tempo ed il cliente, comunque, un po' più del dovuto ti ha trattenuto. Ma sono soldi extra che vanno ad aggiungersi al corrispettivo che devi a Papà. Cinquanta dollari per lui e l'extra di venti dollari pronto ad accartocciarsi nel barattolo che porta il nome di Caleb. Un guadagno non proprio equo, ma che piano piano ti permetterà di metter su un gruzzolo utile alla sopravvivenza di entrambi. Dell'amore della tua vita e di quel bambino a cui daresti davvero il cuore.
    Ma uscendo dalla casa di Franz non hai potuto fare a meno di fermarti un secondo di più. Che sei stanco, sì, tanto che nel sedersi sul motorino il fastidio alle gambe lo hai accusato un po'. Però poi sei sceso di nuovo, vuoi perché mosso da quell'immagine che per forza di cose porti ancora nel cuore, vuoi perché è l'istinto, a volte, a parlare per sé. Ma scendi per far sì che quel suono abbia un'immagine ben nitida nella tua testa e lo vedi, sì, quel cucciolo stretto tra stracci impaurito, solo.
    ''Ciao trovatello...''
    Vorresti evitare di farti così vicino da sentire il cuore in petto esploderti. Come quando eri bambina e per indole sei sempre stato portato a prenderci cura di chi ti sembrava più debole. Più bisognoso. Così come lo eri tu anche se tuo padre la maggior parte delle volte ti spingeva a far le cose da sola. A crescere in fretta per andartene, così, via prima. E non affezionarsi mai, già. Mai al punto da piangerti così come faceva con tua madre quando, guardando la sua testa lo ritrovavi con gli occhi gonfi ed i pugni serrati.
    Ma tu sei come Froy o comunque da lui devi aver ripreso molto, tanto quanto basta per tirar su quel fagottino e portarlo via con te. Che non ha padroni, non dovrebbe, non quando è perfettamente avvolto in una maglia da uomo.
    Ed il viaggio in motorino ve lo fate insieme. Lui è così buono da dormirti in grembo. Sulle gambe. Anche se la strada a volte è dissestata e tu svincoli per non farvi cadere, per regalargli un viaggio che sia decente.
    E Papà, supponi, non si lamenterà della sua presenza, non quando sarai tu a pensarci o anche Caleb, sì. Che l'idea di portarglielo in dono ti elettrizza, di rende così felice.
    Al circo, poi ci arrivare, sì. Lo fate parcheggiando il motorino nel Bronx per poi sgusciare giù nella metropolitana. Lo fate in ritardo, così tanto che Caleb poi non lo trovi nella sua roulotte, né nella tua tenda. E lo cerchi sì. Con un sorriso stupidissimo in volto ed il cucciolo stretto al petto come fosse un tesoro. Il tuo fagottino, qualcosa da crescere insieme come foste due genitori. Proprietari di qualcosa di tanto grande.
    Ma ti fermi, sì. Lo fai istintivamente, trattenendo il respiro. Quando i suoi capelli a punta, li trovi sdraiati vicino a quelli di Ozy. Sorridi, ma senti che comunque, a prescindere da tutto, qualcosa finisce per colpirti il petto.

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    "Grace" che all'inizio è un sussurro, come portato dal vento. Come se, anche di spalle, anche di schiena e con un braccio sotto l'erba, con la mente altrove, lui riuscisse a sentirlo. Anche se a due millimetri da Oswald, che la bolla d'acqua per poco non diventa un gavettone.
    Sì uno di quelli poco gentili, che si riverserebbero in uno "scusa" proprio a denti stretti, che nel rialzarsi il contesto ha già perso totalmente senso.
    Non lo sa mica, Piccolo, quanto tempo è passato da quando Grace sarebbe dovuto tornare a quando invece ha rimesso piede in circo. Ma, come per i cani - il che è ironico ora - sa riconoscere il rumore dei suoi passi. Che non proprio uno leggero. Gli è parso che tremasse anche la terra.
    O forse era il cuore. Oddio, probabilmente era il cuore e basta.
    "Grace!" diventa l'esclamazione della conferma, nel rialzarsi di scatto, che un po' la testa gli gira ma non importa. In fondo è normale che le giraffe non abbiano sempre tutte un buon equilibrio.
    Infatti si rimette in piedi, più o mano, che scuote la testa e sistema i capelli persi un po' in giro, tra la fronte ed il muso. Ha un sorriso, Caleb, che non potrebbe essere più sincero di così, si allarga fino a nascondere gli occhi un secondo solo. Quei pozzi nocciola che tremano come la prima volta. Come se quello fosse un appuntamento, e non un "ti aspetto a casa dopo che ti hanno scopato anche più del dovuto". Sarà mica così diverso? No, infatti.No, e se convince, che quanto detto con Oswald dovrà restare a terra, insieme all'erba fumata male e poco, insieme alle confessioni che non contano se il cuore batte allo stremo.
    "Ehi.." gli va incontro, con la pretesa di fare piano, quando invece mastica a falcate quello spazio che manca e l'occhio cade sul fagottino. C'è un secondo di terrore che gli mozza il fiato, si perché da lontano gli sembrava una fasciatura e non esiste che qualcuno gli faccia del male, neanche per gioco. "Cosa ti ha-.. Oh.. oh ciao tu" Gli trema un po' lo stomaco, gli fa male in realtà tutto, che vorrebbe stringersi Grace affondare il muso nel suo collo, chiudersi in quelle paure che non ha proprio affrontato da bravo cucciolo, ma c'è un pigolio tra loro che non si può ignorare.
    E Caleb per un attimo li guarda entrambi, è così stupido che gli occhi tornano lucidi, un po' rossi, un po' qualunque cosa gli prenda che non si può placare, che a dolcezza risponde per forza dolcezza. Tanto che Piccolo trema con quella mano che si allunga verso il cucciolo.
    Però non ha capito, e per questo alza il muso su Grace. Con quei denti ancora in mostra, ancora fissi in prima linea.

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    Sentirti chiamare per nome, forse per il momento in cui sei arrivato, un po' ti fa trasalire. E non di paura o stupore, quanto di una gioia che, stupida, si fa largo lungo il tuo petto. E lo senti, ora, quel fuoco che anima i tuoi sorrisi: Loki che risale la gola ed infiamma le gote. Che sì, Caleb sarà anche decisamente carino lì con Oswald, così carino che avevi persino pensato di far marcia indietro ed andartene, lasciargli altri momenti per loro che fossero scalati dal tempo che ti resta, ma lui cerca te. Ed è una cosa lampante, chiarissima. Perché nell'udire il tuo nome così nitidamente quasi scodinzoli come il cane che tieni in braccio e che a sua volta si sveglia, ti guarda e come animato dal tuo stesso fuoco, scalpita per ricevere attenzioni. Siete due cuccioli sperduti voi due. Abbandonati a voi stessi ed in attesa di un padrone che possa tenervi con sé sino alla fine dei vostri giorni. Un Caleb, ad esempio, che sa toglierti il fiato già solo dai movimenti. Tanto che protendi il corpo in sua direzione, di slancio, come fossi leggero. Come se potessi volare tra le sue braccia.
    ''Ehi, Piccolo!''
    Hai un sorriso inconfondibile. Di quelli che gonfiano tantissimo gli zigomi e che sanno farti svanire gli occhi lucidi dietro le lunghe ciglia scure. Le narici si dilatano appena, il diastema non lo nascondi più da quando conosci lui.
    ''Come hai fatto a capire che ero qui?''
    E lo sai, probabilmente, solo che vuoi sentirtelo dire ancora ed ancora. In eterno, come se non ne avessi mai abbastanza di lui e del modo che ha di dimostrarti che sei importante, che c'è qualcuno, qui, che oltre agli amici di una vita, ti ama davvero e lo fa senza alcuna riserva.
    E stai per abbracciarlo, perché tanto il cagnolino si tiene da solo su di un braccio talmente è piccolo e leggero. Ma non lo fai, non quando vedi che subito sei riuscito a catturare la sua attenzione.
    ''Ciao Caleb.''
    Ed imiti la voce del cane in un modo totalmente goffo ed inquietante. Come se quel cucciolino minuscolo potesse comunicare proprio in quel modo. Tanto che lui ti guarda perché eccessivamente curioso.
    ''Mi ha detto Grace che adesso faccio parte della famiglia e che tu sei il mio nuovo papà.''
    E sei talmente sciocco che ti vien da ridere, come se fosse davvero divertente ciò che fai. Come se adesso fosse proprio il caso di ignorare i baci e le strette di Caleb in vista del nuovo arrivato. Non gli chiedi nemmeno se è pronto a far da ''padre'' ad un cane. La butti lì e basta. Come se fosse scontato perché troppo bello a prescindere.
    ''Dai, vai tranquillo.''
    Ma quella mano la vedi e senti di doverlo in un qualche modo rassicurare.
    ''Dai non morde, quello lo faccio solo io.''
    Glielo dici con malizia, di proposito. Perché ti è mancato, da morire ed anche se ora sei stanco non vedi l'ora di rintanarti a far l'amore con lui.
    ''Forse ha solo le pulci, ma quelle le abbiamo tutti e tre.''

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    "Ho i sensi di ragno" sorride, stupido, così nel dire frasi che hanno senso solo in uno spiccato universo nerd. Praticamente quello in cui si rifugia appena la realtà fa più male. Quello o le anfetamine, o entrambi in momenti divertenti della vita.
    Picchietta anche il naso, come a dire che vengano da lì, o forse li aveva in testa Peter Parker? Non ha letto abbastanza fumetti per saperlo, e non conosce i ragni a dirla tutta. Ma sono dettagli quando può puntarsi sul sorriso di Grace e spingergli contro la fronte, anche se in mezzo a loro c'è quel cucciolo che è solo amore puro.
    Voleva un cane da bambino, poi un gatto, un criceto, un topo.. la cosa era risalita al punto che una volta aveva chiesto a Venus un cavallo.
    Alla fine però niente, e sapersi gestire a fatica - per quanto fierissimo di come sta in piedi - ha impedito di farlo. Solo che.. solo che ora gli sembra tutto perfetto. Il momento, il tipo, perfino gli occhietti chiari della bestiola senza nome (che senza nome resterà per pochissimo).
    E dovrebbe aggiungere altro, tipo che lo ama da impazzire e per questo, quando lo aspetta, ogni movimento nel campo visivo assume le sue sembianze. Ma ha come il sospetto che Grace lo sappia già, e che il motivo di un regalo tanto bisognoso, sia quello di consolidarlo.
    "Oh... quindi adesso Grace deve badare a due cuccioli, eh?" che nel prendersi in giro è il numero uno, tanto che lo dice come un azzardo, con un occhio chiuso ed uno aperto sul volto del suo ragazzo, solo per vedere come cambia.
    E forse nascondere così la voglia che ha di farlo suo, anche davanti a tutti, anche come un saluto. Che è così che ci si ritrova non appena c'è tempo, prima di tutto ci si ama, e dopo magari si parla, no? E' stato abituato terribilmente bene, anche se resta un piccolo e sensibile ragazzino, che se Grace fosse stanco non obietterebbe.
    Da dove si trova il sole, il tempo è passato più a lungo del previsto, e Caleb non vuole sapere né come, né con chi, non vuole sentire nulla che non siano i suoi respiri sulla pelle.
    "Ehi.. non vale parlarmi dei tuoi morsi davanti al piccolo, insomma, anche tu.." che finge di tappare le orecchie al cane, che nel sentirsi le mani così vicino, sta già iniziando a spingere con il muso per avere più grattini, esattamente in quel punto piccino dietro le orecchie. "Glielo spieghi tu che papà e papà hanno bisogno di un po' di privacy.. cioè tutto molto bello, lui è meraviglioso e lo voglio tantissimo ma tu.." e nel dirlo si piega piano perché una mano si stringa al fianco di Grace. "Non ci sto capendo più niente.." ammette, sorridendo come se fosse palese l'addio dei neuroni.
    Che è bellissimo il cane, ma non sta realizzando. È bellissimo Grace, ma lo stava aspettando, e l’insieme è solo quella risata che gli ricorda di aver anche fumato l’erba sbagliata poco prima.
    “Dici che lo aspetta venti minuti, per avere un nome..?” E lo sussurra a Grace come fosse qualcosa che il piccolino non deve sentire.

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    Sei felice oggi e questo è un sentimento che è emerso solo ora che lo hai rivisto. Che nei suoi sorrisi ci hai riscoperto i tuoi e nelle sue parole ci hai scorto la leggerezza di un abbraccio. Come se non vi foste visti da tanto ed il tempo che è passato è sì, stato logorante, ma comunque per nulla in grado di sciogliere ciò che siete. Che c'è dell'affetto e questo è chiaro. Lo è perché Ozy ti saluta proprio per lasciarvi da soli un istante. Lo è per ogni dettaglio su cui ti soffermi. Sulle sua ciglia umide che non giudichi, sui suoi denti perfetti, pallidi così come la sua pelle.
    Ti è mancato così tanto, oggi, che dirglielo ti sembra quasi sciocco. Non serve, è palese. Te lo si legge in faccia. Adesso che tutto è così cristallino, così lampante, forse basta solo una carezza a spiegare ogni cosa.
    ''Oh, no.''
    Scuoti la testa e lo fai mantenendo un sorriso dolce, che sì, resta tale anche quando ciò che dici è in grado di ferire. Ma è qualcosa di reale, qualcosa da cui non si può scappare affatto.
    ''Sei tu a doverti prendere cura di due cuccioli adesso.''
    Come se accettando te avesse acconsentito a tutto il pacchetto: Prendersi cura della tigre e del cane. Insieme, per così essere ancor più skillato nel futuro.
    E non ti dispiace, quasi mai, lasciarti andare alle sue attenzioni. Anche se sono figlie di una mente ancora giovane, poco preparata a quel che c'è dopo l'adolescenza. Magari ti piacciono proprio per quello: Perché sono mosse da sentimenti forti, acerbi, incontrollati.
    ''Venti minuti...''
    E ti lasci afferrare, stringere, sommergere dalla sua risata. Ti lasci fare qualsiasi cosa, perché sei leggero adesso: Non c'è alcun cliente a millantare i propri possedimenti. Nessuna vibrazione del telefono nella tasca dei pantaloni. Niente che possa distrarti da lui, dall'odore forte di fumo che gli si è impregnato addosso e che nel percepire sa farti sorridere solo di più.
    ''Il tempo che ti serve per farti passare la fattanza?''
    Ma il tuo non è un rimprovero, solo un modo che ha di farti vedere autoritario, come se a differenza sua tu non avresti fumato sino a non capirci nulla. Come se non fosse già successo e questo non vi avesse regalato delle scopate bellissime. Che far l'amore da fatti è meraviglioso. Il fumo dilata il tempo, intensifica le sensazioni.
    ''Aspetta il tempo che ci serve.''
    Un sussurro, uno soltanto, perché poi ti stacchi, scivoli via dalla sua presa e lo fai solo per iniziare a correre verso la roulotte di Caleb con il cane stretto al petto.

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    E stupido e fatto lo è davvero, al punto che barcolla un attimo quando Grace glielo dice, ed ha un brivido nel sentire la sua voce farsi così perentoria. Tanto che poi lo guarda e si lecca piano i denti davanti, solo per dire che si, mica è un bravo ragazzo lui.
    Poi, che sia un pezzo di pane ancora intatto nella merda in cui vive, è diverso, è un punto che non raggiunge con il pensiero quando poi gli basta essere il suo pezzo di pane.
    C'è da giurare che nella testa di Caleb tutto questo abbia un senso, uno che in pratica capisce solo lui, accettando quell'altra carezza che viene da un ansimo. Uno che gli spinge contro impunemente, come a dire che si, ci sono due cuccioli e - dopo - sarà bellissimo rotolarsi in roulotte con il nuovo cucciolo.
    Magari anche panificare come si cresca una bestiola, sentirsi genitori responsabili, e chiedersi che succederà quando, tra quattro anni, un papà verrà meno.
    Però sono pensieri lontani, spazzati via dalla fretta con cui Caleb ricerca il contatto, continuo, molesto. "Dai" Si lamenta, mugugna quando scatta per raggiungere il suo ragazzo, ignorando tutto il resto, perfino chi potrebbe avere gli occhi puntati su di loro. Sono innamorati, il resto non conta niente. Il resto è una serie di "non dovresti, ti farai male, sei fottuto Kelly" che non ascolterà mai.
    Mai se può raggiungere Grace in due falcate, e fingere anche se sia stato faticoso, afferrarlo in vita, spingerlo contro la porta e baciarlo con passione, poco dopo quel sorriso lasciato a fior di labbra. Ride, Piccolo.
    Sta attento, attentissimo a non schiacciare loro figlio, ma intanto ci dà dento, gli divora le labbra, una dopo l'altra, a turno, sembra tornare a respirare così, ad occhi chiusi contro di lui. "Mh, ce ne serve tanto.." di tempo, in quell'ansimo che gli fa cercare la porta dietro la schiena di Grace.
    E quando entra, fa lui il gesto di appoggiare il cagnolino a terra, per poi guardare per bene il suo ragazzo, avere un brivido che gli scompone la schiena, senza fiato per quanto resti sempre la visione più bella del mondo. E forse fatto lo è un po' troppo, perché gli brillano gli occhi, quasi grato di averlo ancora per un po'. Dimmi che non sei stanco, ti prego, dimmi che non ti ha fatto male. Sembra chiedere con uno sguardo che non lascia uscire alcuna parola, mentre supera il fagotto e gli si avvicina ancora, pronto a mille baci, pronto a farci l'amore. "Ti voglio.." in colpa "Tanto"

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    Alla fine si tratta sempre di una corsa. Di un muovere le gambe agilmente. Uno scattare folle, tanto da sentir subito la gola ed i polmoni bruciare dopo i primi metri. Si tratta sempre di una fuga a cui non sei abituato, nonostante poi la vita abbia deciso arbitrariamente di andar così veloce da soffocarti. E tu le cammini affianco, a volte agile, a volte meno. Con le tue gambe corte che divengono poi zampe ed il sorriso, a volte rassegnato, di chi comunque a quella stronza centometrista è a proprio modo grato.
    Così scappi via da Caleb per puro gioco, questa volta. Non perché senti qualcosa bruciarti in petto così intensamente da spingerti a cercare una soluzione. Un modo più veloce e semplice per non finire a fuoco. Per non far la fine, seppur solo simbolica, di Oswald.
    Ma lui ti raggiunge, d'altro canto il Piccolo ha gambe così lunghe che un suo passo sono due dei tuoi, a volte anche tre. Quindi è facile, sì, lasciarsi braccare nell'ennesimo bacio che ti vede indietreggiare contro la porta della roulotte. E il cucciolo mugugna, sì, ma forse di felicità nel vedere i suoi genitori amarsi così tanto da non aver nemmeno il tempo di riprendere respiro tra un bacio e l'altro.
    ''Ehi...''
    E a te non possono che fuggire sorrisi sinceri. Di quelli che si fanno delicati anche quando indietreggiando hai paura di finire a terra. Così gli sorrisi sulle labbra e te lo tiri contro, quando il cucciolo ormai è al sicuro ed inizia a scorrazzare piano piano in quell'area circoscritta. Sei finalmente a casa, che poi è la sua, non la tua. Ma sei in un luogo sicuro. Uno familiare. Un posto di cui finisci per sentire la mancanza ogni volta che sei fuori, via per troppo tempo.
    ''Pensavo volessi rivedere Jurassic Park.''
    Lo prendi in giro, mentre con una mano per tirargli su la maglia. Che bello che è, non è vero? Così perfetto nella sua crescita. Ed è diverso, sì. Ogni giorno che passa, quel piccolo cucciolo d'uomo non fa che sembrarti diverso dal giorno prima. Perché continua a crescere e lo fa marcando la mascella che subito baci in punta dei piedi. Lo fa allargando le spalle, delineando il petto.
    ''Ozzy ti ha annaffiato anche oggi?''
    Continui con l'intento di farlo parlare, anche se baciarlo è meraviglioso, seppur ti impedisce di sentir il suono della sua voce. E quella ti è mancata molto. Lo fa ogni volta che c'è qualcun altro a parlare al posto suo. A dirti cose che vorresti uscissero dalle sue labbra.
    ''A breve rischio di non raggiungerti più.''
    Ti spogli per lui.

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    Caleb non ha quella disperazione nella voce. Quella che ti fa dire che quando una cosa è troppo bella, allora non è destinata a rimaner pura.
    Oh no, questo piccolo cannibale è solo innamorato. Tanto da volersi godere ogni secondo buono, ed allora più ne gode e più soffre d'astinenza quando mancano.
    Quando Grace vogliono scoparselo in più persone per un solo giorno, quando lui vorrebbe poter ringhiare loro, che quel Maledictus è il suo. Che lo ama. Che non vuole glielo portino via così tanto.
    Vorrebbe farlo, avrebbe il coraggio di pregarli. E lo sa, perché ci ha pensato.
    Ci stava pensando anche prima, quando poi Oswald l'ha braccato e portato via dai suoi loop sciocchi: ha pensato che vorrebbe dividersi per lui. Piuttosto si farebbe scopare dividendo i clienti a metà, tanto.. un buco è sempre un buco, no?
    E lo sa che non è giusto rimanere a pensarci anche quando Grace ricambia i baci ed è così vivo da far male. Talmente pronto a prenderlo in contropiede da innescare i ringhiotti felici di un cucciolo alto quasi due metri. Che lui, meglio del cane, uggiola se resta solo, e poi fa le feste al suo amore che rientra. Si somigliano.
    "E perdermi il momento in cui ti addormenti a guardarlo? M a i! " scandisce, vittima di quelle battute che saldano una coppia, la sigillano in scherzi che restano privati e nell'esserlo sanno fare di lui l'unico.
    L'unico che Grace ama.
    L'unico da cui Grace torna.
    L'unico che puoi dormi-.. no, questo no.
    Soffoca in un bacio anche il dolore, anche l'esasperazione a cui è stato portato. Che si è capace di ridere e di piangere e poi tornare a ridere come se il mondo non pesasse più per lui. Divide tutto, separa tutto.
    Così affonda con i piedi che arretrano, mentre lo aiuta a sfilarsi tutto, e per ogni pezzo che va via, c'è una mano che attrae al corpo, che lo accende, gli dà fuoco come se fosse stato tutto un deserto fino a quel momento. Arido, seppur viva di sentimenti che sbucano fuori continuamente.
    "Ti regalo" un bacio, che prosegue dai brividi che gli hanno preso la gola "... uno sgabello, così mi raggiungi.." e si, sta parlando a caso perché poi sono sue le mani che si tirano contro i fianchi di Grace, che li modellano con voglia, con foga, con la pressione che hanno i cuccioli, come se fosse davvero il regalo migliore che potessi fargli. E si, si fare l'amore è bellissimo, ma è così perché si tratta di Grace, ed ogni volta si avvicina all'ultima. Che è lontana, ma cazzo se gli sembra sia dietro l'angolo. "Mi sei mancato.. da morire" ripete, stupido, con quel nodo in gola. Lui non vuole parlare di Ozzy, vuole amare il suo ragazzo e poterlo fare per sempre. Chiede troppo?
    E lo spinge piano, camminandogli incontro, con la schiena verso le scalette, le mani che salgono fino al collo, a tenerlo per la nuca, a scavare trai capelli, stringerli piano. Lo fa con fame, come se baciarlo fosse più importante di tutto, anche di quel punto in vita che si scalda velocemente. ".. da morire" continua.

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    Cazzo, se è bello essere tornati, vero? Sei a casa adesso, davvero e non in quel modo che hai ultimamente di fingerti altrove pur di lasciar che quel particolare lasso di tempo scorra più velocemente di altri. Sei a casa, questa volta davvero e non solo nei ricordi che hai di Caleb e che gelosamente porti con te ovunque tu vada. Anche laddove non è giusto, magari, trascinarli. Forzarli appositamente in un incastro che é perfetto solo in virtù del denaro. Sei a casa davvero e te ne puoi rendere conto non solo da Caleb che sì, effettivamente vedi nitidamente davanti a te, ma quanto per gli odori ed i suoni che ormai fanno parte del tuo quotidiano. Come i suoi respiri, sempre pesanti perché forse fuma più di quanto dovrebbe. E quelli ansimi che, cazzo se ti piacciono, se costellano ogni tuo sogno, dal più pudico al meno pudico.
    Sei a casa, sei nella tua vita. Al centro esatto del mondo in cui vorresti essere. Felice, certo e per questo mai esausto, nemmeno se in realtà vorresti dormire un po’, recuperare quel sonno che il lavoro ti fa perdere. Che l’amore della tua vita ti strappa via gentilmente.
    Non puoi mai essere stanco di questo. Delle carezze violente, degli strappi gentili. Non puoi mai essere stanco del modo che ha di baciarti, di stringerti e di farti sentire… cazzo, sì, terribilmente importante. Un tesoro, il suo gioiello e non solo un buco da scopare sino allo sfinimento. Lui ti ama, ti ama nonostante tutto e questo lo sai bene. Ti ama più di ogni altro, più di quanto altri potrebbero auspicare di fare. Ti ama in un modo così suo che a volte quasi finisci per sentirti inferiore.
    Ma lo ami, sì, anche se magari a volte finisci per non saperglielo dire, non a voce almeno, che ti sembra sempre una pratica forse troppo abusata, quasi priva della magia che effettivamente secerne un sentimento del genere. Tu lo ami così, nel modo che hai di ridisegnargli il corpo. Ogni santo giorno, ogni volta che la vostra pelle si ritrova a collidere. Perfettamente, come se non esistesse davvero altro incastro. Nulla di così perfetto, di così meraviglioso. Allora lo accarezzi, lo stringi, te lo tiri contro sino a toglierti il fiato da solo. Che ti piace far l’amore così, ormai: Stretto stretto, in abbraccio che quasi sembra una morsa, che non lascia scampo. Che dei suoi respiri vuoi alimentare i tuoi e magari impegnarti affinché succeda lo stesso anche per lui. Che dei tuoi baci vuoi farne lettere d’amore, nenie, scuse per non esserci come invece vorresti. Che tu Caleb lo porti sempre con te, sì, ma non sai se lui può farlo con te nel medesimo modo.
    Cazzo…cazzo se mi sei mancato.
    E glielo dici anche tu, sì, gemendogli suo muso, sfrontato, fomentato, così contento, ora, da poter quasi rischiare di andar a fuoco e così trascinare anche lui con te.
    Tantissimo…
    Occhi chiusi, di muovo, sì, anche se potresti tenerli aperti per guardar lui. D’altro canto ora è qui, proprio qui con te e no, non ti manderà via.
    P-più forte…

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    "Si.. si" Ed allora, che "di più" sia. Che sia più forte nell'amarlo come l'unico vero centro del suo universo. Perché questo è. E non gli importa che altri vogliano pensarla uguale, che paghino per avere lo stesso corpo, nelle stesse posizioni, che sussurra parole che inneschino la velocità affinché finisca in fretta.
    Perché Caleb, per sopravvivere alla gelosia, al dolore, all'assenza, sa dirsi questo: che Grace non viene con nessuno, non per davvero. Solo con lui, solo tra le braccia del suo ragazzo, il suo "piccolo" grande amore. Che per tutti gli altri è Gray, quello che dovrebbe avere il cazzo e invece no.
    E invece si muove bene sotto di lui, invece gli rizza i peli lungo le braccia, accende i brividi per la colonna e poi li rincorre con i polpastrelli, uno ad uno.
    Cazzo se gli piace che gli dica che gli è mancato, che non è l'unico stronzo dei due che poi si trova a fumare e chiudere gli occhi fortissimo anche solo per non avere in testa le immagini sbagliate di lui.
    Perché tutto si cancella in un braccio che si fa amore, con la voracità di un diciottenne sempre affamato, sempre con i crampi allo stomaco. Il suo ragazzo è la portata migliore, quella che non importa quante altre possono presentarsi, resta l'unica che sa aprire lo stomaco.
    Allora il biondino affonda di nuovo, di più, che non ha neanche la forza di issarlo su, di fargli fare le scale e magari amarlo sul morbido, come in quei film da sogno. A volte non ci arrivano e basta, che essere romantici ha un senso tutto loro, se poi lo fanno anche tra lo sporto, l'unto, in campi aperti, infilati tra due roulotte, negli angoli dei locali dell'Undercity. Niente importa, basta ci siano loro due. I loro fuochi inestinguibili. Ed è così che Caleb si forza a non commuoversi, a non sentire già da ora sciogliersi i suoi problemi, etichettarli come cose da nulla, come lacrime che può versare quando Grace non c'è. Che invece se c'è va amato fino all'ultimo respiro. Non gli permetterà certo di esalarlo finché fanno l'amore. Questo è un dictat nella testa, lo sa, Caleb, che non ci si trasforma scopando, così fa durare tutto di più. Che è affamato, molto, da matti, ma è anche un cucciolo bravo, che trai gemiti soffoca le sue preghiere.
    Ti prego non lasciarmi solo. E spinge, affonda, arranca in un calore che cuoce lentamente, a puntino, rosola per bene il cucciolo d'uomo che si fa immortale per quei minuti instancabili.
    Vuole baciarlo continuamente, e lo fa, lo fa portandogli via fiato e parole, lo fa impegnandosi in spinte più veloci, più forti, più come un terremoto che aumenta la scala per ogni respiro.
    Ansima in sorrisi, perché lo fa sempre così, quando farci l'amore lo rende felice, gli fa capire di avere ancora un posto e che, tra tutti, verrà sempre scelto lui per primo, e perfino per ultimo. Lui e basta, come se non esistesse nessun altro. Ed in questo momento è così, è una legge universale.
    Allora si fa caldo, mentre la lingua scivola lungo la clavicola di Grace, la mano sulla schiena la inarca imponendo lui il movimento, i piercing che battono sulle ossa. "Cazzo.." un gemito profondo, ma non basta, le ginocchia arrossate contro le scale, le guance rosse per il calore che emana ogni movimento. E più affonda, e più affonderebbe.

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    Il fatto che voi siate quasi solo questo non significa che siete sbagliati. Che c'è qualcosa da correggere nel tiro, da modificare solo perché con le altre coppie forse non c'entrate nulla. Non assomigliate a nessuno voi e nessuno ha questo onore di poter somigliare a voi. Di amare nel medesimo modo in cui riuscite voi in spinte vigorose e sorrisi, oggi, a collidere perfettamente con quelli dell'altro. Denti contro denti, denti contro pelle, a strappar qualsiasi cosa.
    Il vostro essere disfunzionali è ciò che vi resta da vivere. Ed ha senso, purtroppo, essere così rotti da aver bisogno di aggiustarvi a vicenda. Che nelle carezze vi ritrovate, smussate gli angoli dei vostri cocci e riscoprite così i respiri di cui avete bisogno per vivere, per andare avanti.
    Allora va bene così. Va bene tornare a casa anche tardi, ma comunque ritrovarvi stretti in una morsa che sa di amore e basta. Di amore e disperazione.
    Perché te lo baci tu, come se questa potesse essere l'ultima scopata della vostra vita. E lo fai che no, il sorriso non ti abbandona, non se ne va via oggi. Come se avessi fumato tu con Caleb e non Oswald. Come se del fumo potessi prenderlo da lui. Dai suoi respiri, dai suoi baci. E cazzo se è fottutamente bello, se è meraviglioso restar così, con i polmoni costretti ai suoi. Con il cuore a battere all'uniscono ed il viso a cercarlo sempre in fusa dolci, umide di sudore. Che ti premi, sì, ti premi ulteriormente, disperatamente, come se non avessi bisogno di altro adesso se non di questo amore infantile, ma vero, pregno di tutte quelle cose che altri non possono darti. Pregno di tutte quelle cose che non ti hanno mai insegnato a dare a tua volta. Che sei stato avaro, piccolo Grace. Avaro sin da bambino e forse persino poco elastico, poco propenso a dare ciò che persino ai tuoi occhi appariva come qualcosa di strano.
    Tu, dell'amore, non hai mai saputo cosa farci, ma questo non significa che tu non possa imparare ora. E Caleb può davvero essere tuo insegnante. Già lo fa, a modo suo. Ti traccia linee da seguire, ti alimenta e poi resta lì a badare al tuo fuoco. Lo direziona lui affinché bruci il giusto, affinché non faccia male a nessuno ma comunque continui a divampare.
    La schiena fa male contro le scale, ma non ci badi molto, non quando puoi stringerti saldamente a lui, chiudere gli occhi e poi lasciar andare tutto a quel piacere che ti fa contorcere lo stomaco. E cazzo se è bello, se è tutto ciò di cui hai bisogno ora per dimenticare di essere la solita puttana di tutti. Per credere di aver sempre, per sempre, un posto sicuro al quale poter tornare. E Caleb è davvero casa tua. Caleb è tutta la tua vita, quella che ti resta da vivere e che non sai affatto immaginare.
    ''Sposami, cazzo.''
    Ti sfugge, di nuovo, come a confermare i kg di anelli di cipolla che hai lasciato per giorni davanti alla sua porta. Che ti sposasse, sì, perché il matrimonio, quando eri solo una ragazzina, lo hai sempre sognato. Perché tua nonna ti ha detto che l'amore si conferma solo così. Solo diventando marito e moglie. Solo come hanno fatto i tuoi genitori anche se poi tuo padre ha affisso al muro la testa di tua madre.

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    E sono corpi, alla fine che vivono nella testa di Caleb, che vede Grace in continuazione. Quando non c'è, si riempie dei suoi ricordi, a volte vaga sfiorando le sue foto in giro per casa. Che poi "casa" sia una roulotte sgangherata, ricoperta di cianfrusaglie è un'altra cosa: una che scalda il cuore.
    Perché Piccolo sorride, lo fa in ogni sforzo, in ogni presa che nel farsi profonda gli sconvolge lo stomaco crea voragini. Se ne riempie in tutti gli affondi che rilasciano brividi, in dita che si fermano sulla carne lungo i fianchi di Grace, che lo tengono alto verso cicatrici che restano da baciare.
    Ma la cosa più bella è quando il ritmo del loro cuore va all'unisono, e che questa sia l'avventura di dieci minuti o la scopata di due ore, poco importa se poi il raggiungimento è uno sciogliersi muscolare tanto intenso ed appagante. E Caleb ha un difetto - ne avrebbe parecchi, ma diciamone uno - ed è che il fumo accelera i suoi tempi, intensifica le sensazioni, ma allarga troppo velocemente i vasi sanguigni e quindi, è già al punto in cui le spinte si fanno veloci, aggressive, fameliche.
    In cui il cervello ha quei barlumi di speranza che poi lo spengono, che non ci sono riflessioni in grado di frenarlo, solo un muto spostarsi. Solo un tenerselo stretto nel gattonare, divertito, su per le scale sfidando la forza di gravità. Si perché non esce, non vuole disincastrare l'incastro perfetto, non quando per quanto lui sia alto e Grace minuto, sono perfetti.
    E non sa dirle le frasi, che non siano un o "scusa" sussurrato a fior di labbra, nel premersi lungo i cuscini e schiacciarci il corpo del suo ragazzo contro, perché senta meno dolore, perché nel prenderlo, Caleb possa voltarsi. Possa appoggiare la schiena all'oblò, e tenersi Grace in braccio, in affondi che si fanno pesanti, puri, con gemiti che Caleb regala, che sono la sua moneta di scambio. "Dio.. G-grace..." e ci penserà poi, ridendo, a quanto questa sembri al margine tra una bestemmia ed un'invocazione dei fedeli. Che lui di questo ragazzo che fa la puttana, ne ha fatta una religione.
    Ha il cuore fuori dal petto, nel risalire, affondare baci lungo le spalle, trasformarli in morsi, ripercorrerne i segni con la lingua. Usa le mani per dare il ritmo, per spingerselo contro e penetrare con forza, con tutta l'attesa che ha messo mentre aspettava che finissero di scoparselo tutti, che il cliente fosse soddisfatto che resta un buco al cuore insanabile.
    Ma lui è piccolo e non lo può dire, l'ha promesso ad Oswald che l'avrebbe detto prima a lui, per il timore che in fondo Grace possa prendere le sue parole diversamente e decidere che Froy aveva ragione. E Kelly di questo si tormenta ancora.
    E lo vuole sposare, e non può dirlo ora! "S-..scopando.. non v-ale.." ci prova a parlare, nel sorriso che è un si a tutto tondo, che è un motivo in più per sentirsi liquefare tra le sue braccia. "Chiedimelo ancora.." basso, con una sensualità che non gli appartiene e la fretta di ansimi che si fanno gemiti, che si fanno pressanti come la voglia che ha di sentirlo spirare tra respiri che non prendono neanche più. In un bacio che sia un ricercare una lingua da capire, a cui incastrarsi indissolubilmente. "Cazzo.."
    E l'orgasmo è lì, tra la vergogna e l'appagamento.

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    Scopando vale tutto, invece. Facendo l'amore, quindi, vale il doppio. Ogni cosa ora vale. Ogni sua carezza, ogni sua spinta. Anche il respiro più profondo che sai trappargli e così ricucire ai tuoi. Tutto conta ora. Lo fa quando siete una cosa sola. Quando muovendosi, Caleb, finisce per muovere anche te. Ti modella sotto le sue prese, ti appende alle pareti di questa roulotte come fossi un cazzo di quadro meraviglioso da restare ad osservare sbalorditi. Sei la sua Sindrome di Stendhal e lui è la tua. Lo è sin dal principio, sin da quella volta che, sul tetto, gli hai sorriso languido, alticcio e stupido. Che volevi più lui dei suoi soldi. Perché era carino, sì, ma Caleb lo resta tutt'ora.
    E in amore tutto vale. Valgono i baci, gli ansimi, gli occhi chiusi quando lo si fa. Che te lo ha detto lui di farlo in questo modo. Di chiudere i tuoi grandi pianeti marroni agli altri. Per averlo, forse, incastonato tra le ciglia, sempre a portata di sguardo, come fosse una fotografia meravigliosa da tener ben incastonata nel taschino della giacca. Come un diamante su di un anello, come un anello al dito.
    E non ne vuoi tu: Gli anelli non ti piacciono, nemmeno quando lo assecondi e al limite dell'orgasmo, gli chiedi di sposarti di nuovo. Ancora ed ancora, che lo ami, sì e vuoi che lui lo capisca una volta per tutte. Che non c'è motivo per essere triste, non quando si è marito e marito e si vive insieme sino all'ultimo dei propri giorni. Si vive insieme al piccolo cane che da oggi vi farà da figlio. E sareste una bella famigliola, sì. Ci pensi che la prima ondata di piacere ti travolge in pieno, ma non sai come finisce per preannunciare la seconda. Che è nell'incastro dell'alcova che ti riscopri due volte. E con Caleb succede spesso, sì, che l'orgasmo ne annunci subito un altro. Perché lo ami e lui, amandoti di rimando, sa come prenderti, come tenerti saldamente incollato a sé. Come farti sentire terribilmente amato e protetto.
    ''Dio mio...''
    Ti sfugge così, nel modo che hai di irrigidirti per un istante e lasciarti così avvolgere dalla tua stessa presa. Che ti avvinghi a lui, ovviamente, proprio come fossi un piccolo koala stretto saldamente alla sua giraffa preferita.
    ''Quanto ti amo...''

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    E gli piace, oh a Caleb piace da impazzire assistere al momento in cui Grace si lascia andare. E se poi ben capisce che è stata una doppietta, proprio sul finale, è il suo ego che ulula alla luna. Ma lui, invece, se lo tiene stretto, come a voler riservare per sé ogni ansimo rimanente, ogni sorriso, ogni istante che resta super prezioso. Si perché questi li immagazzina tutti, perché ha il terrore di dimenticarsene. Ha paura che poi finirà come per mamma, come per quella voce di Venus che ha dovuto racchiudere per non perdere. Lui vorrebbe poter accedere a questi ricordi già da ora. Perché la mente di Caleb è giovane, è pronta e lui, come musicista tanto affermato ha anche una memoria di ferro. Ricorda tutto, ed ha sempre quella costante vibrazione al cuore quando deve ripensarci con Grace.
    Esistono volte in cui, se lui non c'è, se il cellulare resta spento, se non scatta nessuna lucina in piena notte, se non lo sente tornare da lui in roulotte, allora ci ripensa. Allora la mente viaggia a quando non ci sarà più, ed a quanto in fretta i giorni passano e vorrebbe fermarli si, ma come? Come si fa ad impedire che il suo ragazzo stia così bene con lui da goderne, mh? Beh non si può, bisogna vivere e basta. Vivere per saperlo fare ogni giorni, per sentirlo ripetutamente chiedere trai baci di sposarsi e non crederci lo stesso.
    Sei ingiusto Grace, ed anche un po' crudele, perché tu sai che il tuo Piccolo accetterebbe subito, che se potesse e se sapesse che hai una lista su cui scrivi i desideri da realizzare, la strapperebbe dalle tue mani solo per farli avverare tutti. Oh, diventerebbe lo scopo della sua vita fino alla tua morte.
    Tanto che poi quando i corpi sono così incastrati, quando Caleb raccoglie in un bacio quegli ultimi ansimi che lo invocano, sa sentirsi vivo e morto in contemporanea, sospeso in un limbo di pace. "Troppo, mh?" risponde lui, estasiato, rotolando dolce su un fianco e portando Grace con se. Lo fa perché vuole da morire le coccole che seguono il sesso, che per carità è bellissimo, ma sai come esplode meglio il cuore, dopo?
    Gli sorride, dolce, tenendolo per i fianchi, anche solo per ammirare il rossore di quelle guance mentre gli occhi si incastrano tra loro. "Grace Sharp, mh?" ha paura, si, che trema un po', anche se questo è così palese da non andar per niente nascosto. "Dici che Netflix poi lo produce un film su di noi?" lento, che la voce esce un po' a fatica, un po' perché il fumo è svanito, lasciandogli addosso la pesantezza di quei discorsi con Oswald, del fatto che Grace non è davvero felice con lui, solo più preoccupato di giorno in giorno.
    Lo bacia, piano, ad occhi chiusi, solo per farsi più avanti e non lasciarlo scappar via. "Io lo guarderei fino a conoscere le battute a memoria" come con Jurassic Park. E' lo stesso, no?

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    Ma va bene così Grace, decisamente. Vanno bene quelle lucine che per un momento ti annebbiano la vista, che sono un po' come le lucciole di quella sera, quelle che hai rimosso, quelle di cui hai avuto paura.
    Va bene averne anche adesso che la vista sembra tornare e tutto torna a farsi particolarmente chiaro, limpido. Va bene ogni cosa, se c'è Caleb a sopportarlo con te. Se ti tende una mano anche quando siete stanchi, sfiniti e comunque la prima reazione che hai è proprio quella di stringerla saldamente alla tua. Così forte da amare le nocche che sbiancano. Così saldamente da sentire il battito del suo cuore passare dal polso al tuo.
    Va bene tutto, ok? Datti pace, ti prego. Fallo trovando una posizione a te comoda. Incastrati sotto la sua ascella, ad esempio o nell'incavo del suo collo. In quei posti al caldo in cui ti piace riposare. Ma respira. Respira a fondo da recuperar così gli ansimi che ti ha strappato via. I gemiti di cui si è beato e che tu non hai trattenuto nemmeno per un istante. Perché in cambio volevi i suoi ed è proprio questo che hai ottenuto.
    Respira e stai a sentirlo. Che la sua voce ti piace, ti piace da morire, tanto che quando non è con te ascolti di continuo i suoi vocali. Quelli stupidi, ad esempio: Come quelli della buonanotte che vi date in sussurri affinché Froy non vi senta. Ascoltalo, sì e sorridi pure di quelle parole che ti cacciano fuori i denti ed il diastema di cui ti sei vergognato per una vita.
    ''Troppo, sì.''
    Ti fai comodo, certo. Di tanto in tanto passi la punta del naso contro la sua, poi torni nascosto tra la sua pelle. Tra la tua, che non sei mai riuscito a tener nuda dinanzi a nessuno. Nemmeno coi tuoi clienti, ai quali ti sei quasi sempre mostrato in una piccola parte. O sopra o sotto a meno che non si trattasse di Joseph.
    ''Non capisco perché debba essere io a prendere il tuo cognome, ma suona bene.''
    Sorridi, ma se pensi ad un matrimonio forse nemmeno ti ci vedi. Non per lui, quanto per l'immagine di te stesso che non sai come riempire. Come fossi una sagoma lasciata colorare ad un bambino che sta conoscendo i colori solo adesso.
    ''Se fossimo prodotti da Netflix probabilmente io sarei Elliot.''
    Il cartomante di origini Pakistane che alloggia a qualche tenda di distanza dalla loro. Dicono sia bravo a leggere il futuro, ma perché i clienti che lo interpellano durante le aperture del circo non sanno che è un veggente ed un percettore spiritico. Per questo se ne sta sempre per i fatti suoi: Perché è uno schizzato assurdo, almeno a detta tua.
    ''E non avrei battute, solo qualche vagito, perché lo stronzo nemmeno parla.''
    E lo dici ricambiando il bacio in una stretta che si fa più salda, più sicura.
    ''Non lo so perché...''
    Hai un sospiro.
    ''Ma mi sento così felice di vederti, oggi.''

    You feel it, eyes racing my feet were buried in the ground my chains break, I can't take the sounds i don't feel like I still have anything to hold me here my steps fade, she can't take the sound━━━━━━━━━━━━━━━

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    maledictus ━ prostituta ━ circense ━ nomade di strada ━ ftm
     
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