Once again...

Edric & Oswald | Chiesa itinerante di San Giovanni - 28 Aprile

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    Forse non sbagliano, a chiamarmi Angelo. Anche se io so sentirmi solo dalla parte dei caduti, quelli che hanno commesso troppi passi falsi da infilare i piedi nudi per l'ultima volta nella terra, e lì rimanere. Ed i miei, nudi, lo sono ancora. Sento il tepore del suolo, caldo nel punto in cui il sole batte di più. E tu lo sai, Ma Chère, che nonostante tutto io non ho mai temuto il mio Dio. La Luce, il sole, il calore. Che mi ci bagno come se non potessi vivere senza. Non saprei mai sopportare una vita come Yaacov, a goderne di riflesso, che forse sa solo sentire calda la mia pelle e mai la sua. Io no, io ho bisogno che questi raggi arrivino a scaldare anche dove non ci si aspetta di trovare nessuno a goderne, anche nelle ore più calde. Anche se così - trai marchi che mi timbrano la pelle - il mio colorito cambia un po'. Anche se in viso sono più arrossato, se la fatica non è un problema quando mossa da una giusta causa.
    Così sono qui, adesso. A fare quello che ti piaceva facessi nelle nostre serre, quando alla rose finivo per guardare solo io. Avevo la speranza che prima o poi, guardandole, ti saresti accorto di quanti passi avevi già fatto così lontano da me. Ed ecco che magari saresti anche tornato indietro. Allora un tulipano è per te, amore mio immenso, che non sei più qui, sei solo dove io ti ho promesso di ritrovarti, c'è solo la tua anima dove dobbiamo far sì che si ritrovi con la mia. Sospeso. E non lo so se parlarti ti aiuta a seguirmi, se mi odi che ora il mio corpo non è un tuo tempio. E le dita vanno più a fondo nella terra, le richiamo io le radici che tengano in piedi lo stelo, preservino il bulo. Con quell'acqua che lentamente scivola oltre le crepe. Poca, che è meglio darla al tramonto, o quando il sole non è più così alto.
    Un altro tulipano è per Yaacov, rosso come il mio sangue e la sua forza, come quel punto imprecisato del tempo in cui si sono fermate le sue lancette: quelle di un morto che cammina, che batte il suolo che si maschera ma conserva un amore devoto. Uno accanto all'altro, nel dolore che anche oggi non mi lascia stare.
    Ma l'ultimo, è per Oswald Morales, che tu odieresti se anche solo ti affacciassi a vedere come siamo stupidi quando ci vediamo, come vorrei rivederlo, come il due maggio si avvicina ed io allora spero per lui che sia almeno distante abbastanza da avermi in parte dimenticato. E' meglio che creature così, come lui, non abbiano a che fare con me, con te che mi vivi dentro a quel punto. E' solo un peccato, tinto di blu stavolta, che non ci sia stato modo. In fondo, erano Orfeo ed Euridice, non so quale modo migliore per parlargli di me, di noi, senza doverlo fare per davvero, senza che siano mie le parole. Mie, che mi sono voltato forse perfino troppo tardi, che tu sei morto due volte tra le mie braccia.
    Li spingo di più nella terra, li lego piano, pianissimo. Ed approfitto di quel che resta dell'acqua per rinfrescarmi le spalle, il collo, le braccia. E' insolitamente caldo in questo mondo. E mi fa bene, Chrys.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

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    Non c'è risposta emotiva adatta a situazioni come queste. Non ci sono sorrisi o volti mogi a mitigarla. A renderla migliore, quasi come se ci fosse davvero qualcuno a far sì che tutto sia più intimo, più accorato. Non c'è niente che tu possa fare per gli altri, a volte. Perché non è certamente nelle tue competenze resuscitare i morti o proteggere chiunque ti stia a cuore al punto da non saperlo mai sofferente. Che non vorresti mai che qualcuno possa soffrire e soprattutto, non Caleb, che è la persona più pura che tu abbia conosciuto sino ad ora. Più di Leroy e Froy messi insieme. Un po' come se nonostante le circostanze, l'arrivo del nonpiùbiondino sia stato solo e soltanto una benedizione per voi. E tu ti senti benedetto, Oswald? Questa è qualcosa a cui credi davvero o è solo il sintomo dell'impegno che hai preso? Perché da Yaacov stai andando per recuperare qualcosa che Grace ha lasciato in chiesa la scorsa domenica. Ed è ironico, forse, di come tra tutti debba andarci proprio tu. Tu che non gli sei più a genio, tu che nutri dell'affetto nei confronti del suo fidanzato. Un affetto tenero, sincero, ma decisamente logorante.
    Ed è tutto questo rimuginare, in effetti, che ti fa camminare distratto: Con la coda dell'occhio sempre rivolta al telefono in attesa che Caleb risponda al tuo messaggio. Che poi non gli hai scritto nulla di che, gli hai mandato solo un cuoricino giallo. Giallo come erano i suoi capelli.
    Ma tu funzioni così: Hai una testa che non si placa ed un cuore che sa battere solo se in virtù di altri. Come se si esaltasse ad eroe a tutto ciò che più hai di potente. E saltelli, su nel Bronx con la pesantezza di chi si sente un vinto, un inetto. Che se non puoi aiutare Caleb ed i tuoi amici allora sei inutile. Che se non riesci a far pace con Grace, per quanto a quasi trent'anni si possa parlar di pace, allora c'è qualcosa che non va. E magari stai diventando tu una cattiva persona. Tu che hai le farfalle nello stomaco per Caleb così come te le senti con Edric. Tu che hai dato buca a Leroy per le prove di quello spettacolo dove l'attore protagonista si è infortunato. Povero Matheo, con la sua gamba rotta. Quasi sai sentirti in colpa anche per questo: Per aver desiderato tanto quel posto al punto da ritrovarti a sostituire l'attore principale. Un po' come se fossi stato tu ad infortunarlo di proposito.
    Allora davanti la chiesa ci arrivi che forse non ti senti miracolato o benedetto. Ti senti cattivo, ma non così tanto da entrare e chiedere a Padre Yaacov la confessione dei tuoi peccati. Preferisci tenerle per te certe cose, un po' come se anche il male fosse parte del percorso. Un percorso che sinceramente non sai dove finirà per condurti e no, non lo chiederai ad Elliot.
    ''Fa caldo vero?''
    Ma ti fermi, che un sussulto sa prenderti in petto come un pugno. Un colpo che ti toglie il fiato e che riesce a tirarti su l'ennesimo sorriso pacato di cui tutti conoscono l'inclinazione esatta. Che se stai male non importa: Tu non lo dai a vedere. E di certo non deve vederlo Edric, adesso, che è davvero un miraggio là tra i tulipani. Una coincidenza meravigliosa che non sa non farti sentire spaesato, innamorato come un bambino della fatalità, del caos.

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    "Terribil-...mente" che non è dispregiativo, no, per me è solo strano, ci sono cose a cui non sono del tutto abituato ma.. beh, Oswald, la tua voce è già talmente incastrata nel mio cervello che non faccio alcuna fatica a riconoscerla. E quindi si, io.. non lo so, so che avrei voluto finire la frase ma si è un attimo incastrata, qui tra il tuo sorriso ed il mio. Che poi faccio lentamente sfociare in una risata, perché sono ancora in ginocchio, ed uso tutta la calma che ho, adesso, quasi serafica, per rialzarmi in piedi. Ti stringerei la mano, ma sono pieno di terra e non credo sia quello per cui sei davvero venuto fin qui. O si? Non saprei.
    So che per un attimo resto qui e ti guardo, magari è solo stupido, raccolgo appena lo straccio per asciugarmi dove l'acqua ancora cola. E credo di capire che no, non ti aspettassi di vedermi. Ma io sono un angelo, dopotutto, no? Non è forse questo il luogo più appropriato per uno come me? Per uno che è talmente vigliacco da non dirti quanti peccati in realtà sappia nascondere in un bacio, o qualcosa di più.
    Come il mio cuore, che all'improvviso batte come un tamburo.
    Lo sai, non ti dirò mai che quel tulipano blu ha il tuo nome, che forse fatico a trovare in generale ogni parola, anche se mi schiarisco la voce, e lo straccio appallottolato finisce in fondo verso gli altri vasi ancora da fare. Avevo promesso a Yaacov che li avrei piantati tutti, ma una pausa è sacrosanta. Soprattutto ora che lui dorme. Che è il motivo per cui sono sveglio io, adempiere ai suoi doveri quando qualche devoto viene a chiedere qualcosa di specifico, purché non sia una confessione, quelle hanno i suoi orari, solo dopo il tramonto.
    "Ti-.." serviva qualcosa? Dalla chiesa che indico, magari. "Ehm, Padre Yaacov non c'è al momento, ma posso aiutarti io.." che suona male per il modo in cui la pongo, per quel sorriso che ancora non ha smesso di mostrare i miei denti a te. Sono un cretino. Cazzo.
    Vorrei baciarti, scusa, è un pugno allo stomaco. Ma ho paura che questo non sia proprio il posto e poi tu non puoi sapere di Yaacov, ed io.. io lo realizzo adesso, che ti voglio il più lontano possibile da qui. Non ci puoi stare, non è sicuro. Lo è solo per me. Tu.. tu torna a casa, ok? "A meno che non cercassi casualmente proprio me" che magari mezzo passo avanti lo faccio, sempre tenendo il cuore in un punto ben preciso: in gola. "Mi hai trovato, in tal caso" sussurro, bravò, Oswald.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

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    Magari stai solo fantasticando troppo. Magari non dovresti distaccare la tua attenzione sugli impegni che ti hanno affidato così facilmente. Magari non dovresti semplicemente pensare a lui. In nessun modo, non così tanto da sentire il viso bruciare dall'emozione. Non dovresti tardare e basta: E non tanto perché tu abbia degli orari da rispettare, quanto perché conosci i tuoi desideri ed il modo che l'altro ha di permettere di crederci sino a fondo. Che ti alimenta, ti istiga di proposito, forse e lo fa tirando su il musino dalla terra senza sapere che quella pelle arrossata dal sole ti fa tremare le ginocchia. Che quegli occhi, sotto questa luce, sono meravigliosi. Indescrivibili. Tu lo guardi, non puoi farne a meno e nel momento esatto in cui i vostri sguardi collidono, forse un battito in più finisci per perderlo. Lo lasci scivolare chissà dove, ma sicuramente via dal corpo. Perché se potessi fare un paragone, forse, ti descriveresti come di gomma. Come volatile, libero, decisamente fuori posto considerando la situazione che state vivendo al circo.
    E ci provi a respirare, ci provi davvero, solo che queste coincidenze, insomma, te lo impediscono.
    ''Sì ehm io...sono passato a prendere la Bibbia di Grace. L'ha lasciata qui domenica scor...scorsa.''
    E quella Bibbia sai bene come sia importante. Lo è perché gliel'ha regalata sua nonna e perché ci sono dei passi che Grace ha sentito di dover sottolineare. Per non parlare degli appunti e di tutto ciò che è lì a raccontare la sua infanzia.
    Ma non capisci, adesso. Non sai mettere in moto i neuroni in maniera efficiente. Tanto che lo guardo e più lo fai, più ti chiedi se le sue parole non siano un invito palese a restar lì. A far qualcosa con lui o, non sai, magari a baciarlo così forte da riuscire finalmente a dirgli che sì, da quel ventidue di aprile ti è mancato. Ti è mancato come se non fossero passati solo sei giorni. Che bambino che sei.
    ''...Cazzo Edric.''
    Che è più un esortazione che fai a te stesso. Come per tirarti indietro e non ritrovarti con una mano pronta a sfiorargli la guancia. Che vorresti baciarlo, ma finisci semplicemente per togliergli un po' di terra dal viso.


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    Dimentico facilmente come si respira, come si mettano in linea due pensieri che non possono non collidere ogni volta. Ma tu non puoi farmi questo effetto, anche se per un attimo il sorriso mi muore. Non stavi cercando realmente me, non che sia una cosa sbagliata.. no tu fai bene a non cercarmi, Oswald, io non sono niente di buono. Non sono davvero un angelo, quanto più il serpente del tuo Eden, e dovresti preservarlo intatto, molto lontano da me. Anche se la luce del sole brilla nei tuoi occhi. Ed è questo che mi lascia senza parole, un po' come credo sia tu. Che non ti ho ancora visto così in bilico come adesso. Va tutto bene, vero?
    Non te lo chiedo, indago piano, da me, guardandoti senza che sia solo un peso, ma un po' come se non spostando gli occhi rischiassi di dirmi che è un miraggio. "Oh, Moore, giusto?" non conosco nessuna Grace, ma so che qualcuno ha lasciato una Bibbia e che prima o poi sarebbe tornato a prenderla, forse prima della prossima funzione, forse alla funzione stessa. Lo so perché Yaacov mi fa la lista di ciò che si aspetta possa accadere quando si rinchiude laddove la luce non filtra neanche per sbaglio.
    E so che il mio sa essere un sussurro molto flebile, quasi inesistente, se poi ti avvicini e distruggi un po' il mio proposito di restare fermo qui. Cazzo, Oswald! Lui sentirà il tuo odore, e adesso che le tue dita mi passano sul viso, lo sentirà anche su di me.
    E mi sta bene, purché non sia un rischio che tu corri, non voglio accada. Non lo voglio anche se non dovrebbe importare nulla, perché non stavi cercando me. Perché forse hai deciso saggiamente che non andavo bene. E sarebbe giusto, non farei niente per fermarti dall'andare via e scegliere di stare bene: lontano da me, da questa chiesa, dal mio stesso nome.
    Quello che quando pronunci mi riporta il sorriso, anche se io poi non ti tocco. Non ti sfioro, ma neppure ti fermo. Ti sorrido e basta. "Ti sporco di terra se ti tocco.." che è un modo per dirti che vorrei farlo, che ho questa stupida urgenza adesso, ma che posso resistere. Ora che il tuo profumo è mio, che posso un attimo chiudere gli occhi e respirarti. Seppur poi so riprenderti, sollevare piano un sopracciglio, sfiorarti un fianco con il dorso della mano, quello più pulito, più o meno. "Quindi non mi stavi cercando.." non me la sono presa, lo senti dal tono che si apre in una risata leggera. In un soffio quasi, lungo il viso.

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    ''Già, Moore.''
    Che rispondi senza nemmeno ragionare troppo. Che lo fai in un automatismo, perché è corretto rispondere a chi fa una domanda. Significa portare rispetto e tu non hai motivi adesso per sviare il discorso o per fingere altro. Sei un libro aperto, Oswald, ma questo non gioca sempre a tuo favore, non sempre, insomma. Perché tendi a mostrare ogni lato di te, persino quello imbarazzato adesso, che ti colora le gote nel medesimo modo in cui il sole ha colorato le sue, ma senza lasciar intravedere sul tuo di viso le piccole efelidi che si risvegliano con la primavera.
    ''Non è importante...posso, posso farmi una doccia dopo, insomma. Quello.''
    Che vuoi essere sfiorato a tua volta questo è chiaro. Lo è nel modo in cui accorci le distanze e ti fai un passo in avanti, tra l'erba ed i suoi fiori, ma stando religiosamente attento a non calpestarli. Lo fai che lui ti cerca, ti accarezza il fianco con una mano, ti attira nella sua tela. E la sua ragnatela è meravigliosa, tanto accogliente, tanto invitante. Ti avvicini che la mano ti scivola lungo il suo orecchio, poi ad accarezzare con la punta delle dita il collo, la nuca. Che se non può toccarti lui, ti dici, magari puoi toccarlo tu. Accarezzarlo un attimino, respirare il suo stesso fiato. Roba così, roba che ti fa annodare lo stomaco. Che ti fa respirare strano.
    ''Ti cerco sempre...in realtà.''
    Lo fai da che hai mandato Froy a parlare con lui.
    ''Solo che...non immaginavo di trovarti qui.''
    Lo guardi negli occhi che sì, sotto questo sole sono decisamente fantastici, quasi trasparenti. Camaleontici.
    ''Io accompagno spesso Grace qui e non ti ho mai...''
    Ti rendi subito conto, però, che parlare magari non serve a niente. Che a lui potrebbe non interessare la storia della tua vita, di quella di Grace e di sua nonna. Lui potrebbe persino sentirsi annoiato da te.
    ''...Non posso aver voglia di baciarti ogni volta che ti vedo.''
    Su due piedi, come se non esistessero altre emozioni a padroneggiare su questa. Come se il cuore non riuscisse a fermarsi. A darti tempo.

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    E forse non lo sto neanche aspettando il tuo permesso, per girare piano la mano, e sentire lentamente il tessuto sotto le dita. Il tuo fianco in una stretta morbida, come se ora sapessi respirare eppure stessi continuamente dimenticandomi come si fa. Lo so fare, non riesco a farlo. In un alternarsi continuo, che non sa mai darmi pace. Neanche nel dirmi che non ti meriti quello che sono, che va bene, non siamo proprio niente, ancora. E non dovremmo neppure esserlo, tuttavia... tutta via fatico anche io, se può servirti saperlo. Fatico perché questo non è il luogo in cui avrei voluto che mi vedessi. Seppur ce l'avevo il sospetto che sarebbe successo, da quando Yaacov mi ha detto di conoscervi. Tu, i tuoi amici, o i tuoi fratelli, voi degli spettacoli itineranti.
    Quindi poi non so fermarlo questo meccanismo, quello che ti tiene più vicino, che ti vede muoverti senza alcun controllo da parte mia. Che mi sfiori ed io non smetto di fissarmi in te un solo secondo, quasi non volessi battere ciglia. Sono passati sei giorni, e li ho contati, ma solo perché il due maggio è a breve e probabilmente fino all'uno non ti avrei dato per disperso. Dopo, beh, dopo mi sarei messo il cuore in pace. Tanto, non ne ho uno. E' morto, il mio. Anni fa ormai.. anche se poi mi batte in petto un po' di più quando le dita giocano dietro la testa. "Beh, se è così.." se davvero puoi lavarti, nel senso che non è un problema, lasciamo che anche l'altra mia mano segua la scia della tua, che scostandoti piani i capelli dalla fronte, ti disegni una piccola scia di terra. E rido, un po', di come ti stia dipingendo io, come se d'un tratto potessi far spuntare fiori dai solchi tracciati, seminarci qualcosa che ti abbellisca il viso, anche se è già bello così.
    E mi cerchi sempre, e questo è un male. Da questo dovrei metterti in guardia, perché più cercherai e più saprai cose che non devi sapere. Come quello che succede alle mia spalle quando cala la notte. Ma io ti terrò lontano da tutto questo, è il minimo che posso fare, no?
    E mi rendo conto di fermarmi quando senti sotto le dita la linea del tuo collo, il respiro incastrato tra pollice ed indice.
    "Sì, ho... trovato alloggio qui un mese fa.." che nel dirlo cerco solo di renderlo meno inquietante di come potrebbe mai sembrare, che per me è normale, ma non vorrei che già da ora mi chiedessi cosa faccio per vivere o come ho vissuto prima. Lascia che io sia un mistero ancora un po'. Che neanche so rimanere serio, se mi dici che vuoi baciarmi ogni volta che mi vedi, ed io non vorrei prendessi così letteralmente i miei pensieri per riversarmeli a parole davanti. Che lo sento anche io, come l'aria sia elettrica ora che.. ora che vorrei.. Ora che mi piacerebbe... un egoista.
    Che prendo un respiro prima di essere sempre io a tuffarmi oltre il tuo viso, spingermi piano, naso a naso, in un mezzo sorriso che forse senti sulle labbra. Non ti lascerò baciarmi così facilmente adesso, non così presto, non quando poi amo questi momenti di tensione, io ci vivo dentro. Almeno ora che posso, lasciamelo fare. "Dovrei andare a prenderti quella Bibbia... e anche un'altra cosa.." ed è tutto in condizionale, quando a massaggiarti la nuca sono io, a respirarti anche, a volermi abbassare di un millimetro e mandare ancora a monte tutto. Ma mi va bene anche restare fermi così, te lo giuro.

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    Tu non credi a nulla che non abbia del fondamento scientifico. Nulla che vada oltre la magia, a quelle manifestazioni tangibili che a modo loro ti hanno forgiato rendendoti quello che sei. E non avresti creduto nemmeno a quella, forse, se il tuo fuoco non ti avesse prima bruciato la gamba e poi fosse divenuto il tuo lavoro. Quello che esegui bene e che tutti sanno come sia quasi figlio di un trattamento di favore che Papà ha riservato per te. Perché tutti gli altri sono lì al circo per adempiere a cose che a te non affiderebbero mai mentre tu, a differenza loro, finisci sempre per dedicarti all'arte. Il tuo spettacolo è pura arte ed abilità scenica. Nulla di troppo doloroso, a volte. Nemmeno quando il fuoco spaventa e lo fa lasciandoti gli occhi tremanti.
    Tu non credi a qualcosa di intangibile, di fittizio, ma queste coincidenze ti fanno terribilmente ridere. Ma non ridi, questo è palese. Non sguaiatamente almeno, che il sorriso sulle labbra, purtroppo, non sa togliertelo nessuno. Nemmeno in questi giorni così tristi, dove forse non esiste nulla per cui festeggiare, per cui gioire. E quasi ti senti un sabotatore nello stare qui, un approfittatore di cui Caleb non merita nemmeno la vicinanza. Perché il cellulare hai smesso di guardarlo nel momento esatto in cui hai incrociato gli occhi di Edric e questo, per un certo verso, ti fa sentire sporco. Un terribile egoista.
    Ma lui è meraviglioso, lo è con quelle mani sporche di terra, lo è nelle carezze che ti concede. Che siete delicati, da sempre. Lo siete stati in quel bagno, continuate a farlo anche ora. Un po' come se aveste paura di toccarvi più del dovuto, più di quanto vi sia concesso.
    E tu lo stringi piano, quando lui si fa più vicino, a trattenere il fiato sul suo viso, che gli guardi la punta del naso incrociando gli occhi. Che poi torni a guardare lui e come sempre, non credi di poter piacere così tanto a qualcuno. Non un nomade come te. Non un orfano con una protesi e nessuna possibilità di vivere a lungo fuori da quel circo.
    ''Posso dirti che sei un po' crudele?''
    Ma un po', poco poco, che speravi fosse lui a baciare tu e non di nuovo tu, a tuffarti pianissimo sulle sue labbra. Che muovi le tua con altrettanta delicatezza, nella speranza che nessuno possa vedervi così dinanzi la casa del suo Dio.

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    Respiro, so di farlo molto piano, quasi come se non servisse. E, Oswald, neanche lo sai quante volte avrei semplicemente voluto smettere di farlo. Perché niente avrebbe più avuto senso da un preciso giorno in poi. Certo, non ti avrei mai incontrato, non avrei mai ritrovato Alice, né scoperto quello che era successo a lei, a sua madre. Non avrei conosciuto una dimensione in decadimento, come questa, né avrei trovato un posto come la Chiesa di Yaacov, abitata da un mostro buono.
    E' per questo che in un secondo è la mia, la mano che trema lungo il tuo viso, che è come se spostarti quel filo di capelli perfettamente dritto fosse un'impresa titanica. Un po' come lo è restare qui a sorriderti tra le labbra, per dilatare il tempo. E lo faccio, meschinamente, mi prendo anche del crudele. Che mi lascia un risata nata proprio sulla tua bocca.
    Non lo sai, che io ero la persona più buona di quel maledetto universo, Oswald? L'insospettabile, l'irriducibile coniglietto, un vero angelo quella volta. Colui che sapeva strappare la corruzione, come quella che permea le vene del tuo amico, il ragazzino cannibale. Troppo giovane per essere già così sotto un riflettore. Ma suppongo che non sia più affar mio neanche questo, non qui. Che di gente come me non ne ho vista, e non ora che non so più dove stia il confine del "come me", e dove inizi altro.
    Che mentre macini i millimetri che ci separano, mi prendo i respiri che lasci, uno ad uno. Potrei renderla più lunga di così, ma solo perché voglio sapere che mi cercherai con più impegno la prossima volta, o forse.. o forse spero che tu scelga l'opzione migliore, che non ne valga la pena. Perché il mio cuore non può battere quando ti dico che.. "Saresti il primo.." a dirmi che che sono crudele. E te lo lascio fare, che gli occhi lucidi li nascondo, spingendomi su di te. Mi basta un passo per distruggere le distanze, che non so più se hai iniziato tu oppure io. E non è corretto baciarsi qui fuori, non lo è trai fiori se ti spingo più indietro e la tua schiena si appoggia al mio tavolo da lavoro. Se poi una mano ti ferma il fianco, e l'altra si infila di più trai capelli, confondendosi con la terra che ti lascio ovunque. Oswald, questo è un bacio. Uno che mi fa perdere il tempo, che sfugge dalle dita, così come ogni pudore. Che nel baciarti perdo fiato, mi piego solo quel che serve ad imprimere un concetto in profondità, mentre una parte di me muore. Mentre mi spezzo e non te lo do a vedere. "S-scusa.." che forse volevi più attesa, forse dovevo già darteli quei biglietti? Mi stacco, piano.

    Ci sono cose che non so e che non sai spiegarmi. Ma dici che il silenzio a volte limita gli sbagli. Ma tanto tu lo sai che tenendomi piu stretto. Puoi riuscire a sentire le cose che non ti ho mai detto ━━━━━

    edric çevik
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    Ma non puoi, non adesso, ormai, tirarti indietro. Convincerti che puoi benissimo tirar avanti senza un bacio. Nessun altro, non i suoi. Che se per giorni non lo hai visto allora credi di potercela fare anche adesso. Che non è necessario, insomma, che lui soddisfi i tuoi desideri. Che ti baci solo perché magari glielo hai detto e questo lo ha portato a sentirsi in dovere nei tuoi confronti. Ma bacia così bene che non sai come poter non ricambiare. Bacia così bene che nei suoi baci vorresti morirci, affogarci, addormentartici dolcemente. Che le sue labbra a volte le sogni: Le hai frapposte a quella di Caleb, forse, quando l'eccitazione e l'alcol hanno deciso di non collaborare perfettamente assieme. E magari questo va bene, dico. Che non dovete per forza chiedere altro da questi baci, non quando sono perfetti così. Non quando chiedere troppo sarebbe quasi ingiusto, quasi scortese. Che un angelo del genere, per aver scelto te forse si è impazzito ed il solo pensarlo, sì, ti fa sorridere. Ma tu sei tutto un sorriso, Oswald. Lo sei ancora adesso, che a volte sembri baciarlo con i denti talmente sei felice, talmente sei...tu. Non c'è altro modo per descriverti ed è questo che forse agli altri tipi che hai conosciuto online non è mai piaciuto. Che sei così, che non hai filtri e la tua espansività a volte sa essere contagiosa se non del tutto invadente.
    Allora lo assecondi, ti fai spingere dove vuole lui. Che faresti i salti mortali per un tipo così. Qualsiasi cosa di stupido e spericolato se lui lo volesse davvero. E lo baci, cavolo se lo baci, che quando ti chiede scusa vorresti non lo facesse. Affatto, per niente, proprio perché non c'è nulla per cui scusarsi, non quando non ci si pente affatto di nulla. E tu come potresti pentirti di queste mani, di queste delicatezze?
    ''Di...di cosa...'' Che hai ancora una mano stretta ai suoi fianchi. A tenertelo vicino, vicinissimo, anche se lui sta cercando di farsi distante, di darti, forse, i tuoi spazi. Ma tu non ne vuoi, non adesso che lo hai ritrovato e che alla Bibbia di Grace nemmeno ci pensi più.
    ''Dio non vuole che mi baci?''
    Ridi piano, che stai scherzando e trovi sia tenero avere a che fare con un altro credente. Come se la delicatezza, almeno Grace, l'avesse presa dal suo Dio.

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    Come fai? Come riesci a sciogliere quel blocco di ghiaccio che mi porto dentro? E' forse il fuoco il tuo segreto, Oswald? O è che non mi opponi resistenza? Abbiamo una sola corda, lo sai, e per adesso la sento così stretta alle nostre vite che non riesco a capire in anticipo quando tirarla la renderà inutilizzabile. E non ci penso, non se poi mi ricambi, se dove non respiro io, lo fai tu, e viceversa in strette che - tue - sento risalirmi i fianchi, come a dirmi di restare. Lo che ti ho instillato la paura che potrebbe non durare.
    Penso sia giusto così, che tu la provi, per allora non sto proprio sbagliando ogni cosa, e di fondo la sensazione giusta di vedermi sparire di punto in bianco, è corretta. Forse la migliore a cui tu ti possa aggrappare, quando in questi baci muoio. Con te, per te, che forse erano la sola cosa che cercavo, così a darmi pace per altri giorni, che ne passeranno alcuni prima del due. E neanche voglio che sia una promessa. Potresti esserci come non esserci ed io... io saprei solo come rialzare il muso dai vasi di fiori e tornare in piedi.
    Scusami solo perché sono fatto di gomma, e più tu spingi più io lo so che tornerò nella stessa posizione di prima, come se non ci fossi mai stato. Certo, è quello che devo dirmi. Quindi scusami se ora sorrido con te, se il modo che hai di dire tutto ciò che ti passa per la mente, mi scalda un po'. Anche più del sole. E te lo specifico, mentre a stento respiro, in quel centimetro che ci ho dato di spazio. "Non è questo il mio Dio.." è solo un'altra piccola cosa che puoi sapere di me, anche se io lo sai che faccio così. Ti lascio le briciole, che sia tu ad unirle come anche no, che se lo dico così forse può assumere meno importanza, come quando faccio scivolare via la mia mano da te. Prima una, poi l'altra, che mi stringi ancora ma sto via due secondi, dammi un attimo ok? Che ti guardo, ti chiedo il permesso. "Conta solo fino a dieci.." che te lo sussurro in un bacio ancora, uno che sa avere spinta anche senza mani che aiutino a tenere i nostri corpi più vicini. Vorrei molto di più, adesso. Ma non è il luogo, non è il modo. Non lo meriti.
    E sparisco.
    E ritorno, ad un passo da te, appena a portata di mano. Che sapevo dov'era la Bibbia della tua amica, e so dove ho lasciato i biglietti. Mi dispiace che non li abbia scelti io ma.. ma sono solo perfetti, per un'ironia orribile che è solo mia.
    Che torno comunque con il sorriso. "Vois.." vedi.. un passo solo, tanto che voglio tornarci con la tua mano sul mio fianco, e quasi te la porto per dirti esattamente dove la voglio. E quanto. Lascio il testo sacro sul tavolo, alzo solo i biglietti tra me e te, lasciandoteli leggere. ".. ti ho detto che ti pensavo" rido.

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    edric çevik
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    Magari non è giusto, ti ripeti, sentirti fortunato così. Che non dovrebbero essere per te certe sorprese, quanto per chi ha perso tutto ciò che aveva di importante e nel farlo, comunque si è ritrovato senza nulla da poter stringere. Non te che sei qui con Edric, né Grace che avete perso chissà dove. Che al circo ci torna solo quando cala la notte più profonda, per poi sparire con le prime luci del mattino. Senza mangiare, né dormire come si dovrebbe, quasi come se fosse sempre impegnato quando, in realtà, Papà ha trovato per lui un impiego diverso.
    Ma tu fino a dieci ci conti comunque e lo fai chiudendo gli occhi quando lo vedi allontanarsi. Lo fai per mantenere stabile il battito di un cuore che è un tamburo, che batte forte come le ali di un colibrì. E tu sei un essere meraviglioso, lo sai. Sei libero, libero da quelle catene che comunque ti si cingono alle caviglie. Libero nel modo che hai di percepire tutto nella propria positività, nonostante poi, fuori dalla tua bolla, il resto finisca sempre per decadere. Per infrangersi in mille pezzi.
    Il tuo egoismo ti tiene in piedi, ti fa stringere le mani lungo il bordo del tavolo. Ti fa sorridere ancora ed ancora come se non ne avessi mi abbastanza. Come se riascoltar nuovamente la sua voce non ti mettesse in imbarazzo. Ma non importa, ti dici, se nel guardarti Edric potrebbe notare l'arrossarsi delle gote. Quei fiori scarlatti sono suoi. Tutta la tua attenzione, adesso, è per lui.
    ''...Orpheus al Paradise Theater.''
    Gli occhi ti brillano, luminosi, commossi quasi. Che tu alla coincidenza non ci credi. Tu non credi a queste realtà intangibili eppure oggi, cavolo sì, oggi sei quasi costretto a ricrederti. Che ti fa sorridere terribilmente il modo in cui Edric, che di per sé è già una fortuna, sia riuscito a rimediare dei biglietti proprio per quello spettacolo a cui hai la fortuna di partecipare come protagonista. Tu che facendo il provino non avevi mai immaginato di poter essere assunto prima come sostituto del protagonista e poi come il protagonista stesso. Che Matheo sarà fuorigioco per solo un mese ma cavolo se trenta giorni ti sembrano eterni adesso che quei biglietti li guardi ed un po' di ansia da prestazione torna a sabotarti.
    ''Io...''
    E cerchi di non ridere, di non sentirti un folle solo perché tutta la situazione ti sembra un po' assurda.
    ''Io non ci sono quel giorno...mi dispiace.''
    Che lo sguardo lo abbassi davvero, ma per trattenerti, per non lasciarti scoprire subito.
    ''Ma devi assolutamente andare a vederlo.''
    Che la sola idea di ritrovarlo tra il pubblico ti emoziona e fa mancare il fiato contemporaneamente.
    ''Dicono che il cast sia meraviglioso e che il tipo che fa Orfeo è un bono assurdo.''
    E per fortuna sei già rosso in viso, altrimenti il tuo intento sarebbe risultato vano.
    ''Sei gentile...comunque.''

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    "Oh.." Lo vedi come, piano, il sorriso si crepa? Ma non è niente, è solo che quando mi sono arrivati questi biglietti ho creduto che fosse.. la cosa giusta. Se non altro era la prima che mi è venuta in mente. Con tutta l'incertezza di poterti ritrovare o meno, che neanche ti avrei cercato, ha fatto tutto il destino. Già. Tuttavia mi dispiace, che tu non possa, nonostante sappia vederlo da me l'effetto che ha fatto anche solo la mia richiesta. Che le guance, arrossate, le sfioro senza chiederti il permesso. Prima una, poi l'altra. Che il tuo sorriso vorrei solo tenerlo per me, stringermelo al petto per un secondo e fissarlo nella testa.
    A volte finisco per cercarti trai fiori, e questo è colpa mia, immagino, che finisco presto per fissarmi con qualcosa che ha il tuo aspetto. I tuoi occhi, le tue labbra, che ancora adesso vorrei baciare quasi non m'importasse la tua risposta. Che al tuo primo "io" sono già qui che - in qualche modo - lo sento come andrà.
    Che le mani scivolano fino ai fianchi, i biglietti mi tornano lentamente in tasca.
    Potrei aver trattenuto il fiato, Oswald, e non avertelo detto. Quando le dita si sono strette di nuovo al tuo fianco, al tuo polso, alla tua mano, a qualunque cosa ti appartenga. "Quindi è famoso..." lo spettacolo a cui non andremo assieme, ma a cui sarei andato anche senza che me lo avessi venduto così bene.
    Non ho bisogno di dirlo, o di pianificarlo, posso farlo anche da solo. E mi sta bene, Oswald, è forse il segno più giusto questo, ed io lo devo ascoltare. Che il sorriso lo mantengo, per te, perché sia uno specchio del tuo, del modo di rendere anche un "no" troppo simile ad un "si".
    "Se però .. ti dovessi liberare dal tuo impegno, credo sia il balcone a destra.. o così mi hanno detto"
    E su questo di poco il piede va in avanti, giusto per tornare dove prima mi piaceva stare, quando ancora i miei piani potevano funzionare alla grande. Tant'è che mi serve a dimenticare un po' questo, con l'idea che mi ero fatto di... non lo so, forse è meglio così. "Ah si? Prima ero crudele.. ora sono gentile.. Che altro sono?" che dovrei anche aspettare una risposta, è che quando sorridi, Oswald, io sono in bilico. Indeciso perenne tra il restare a guardarti, a prendermi uno spazio del puro spettatore, o farmi avanti e toglierti tutto affinché si stampi sulle mie labbra. E forse, forse lo faccio anche adesso, ma più piano, più lento. Come a dirlo che mi dispiace se non ci sarai, ma sono grande abbastanza per farlo anche da solo. E dacché avevo deciso di proporlo a te, quel posto accanto resterà vuoto, mi sembra solo giusto così. "Andrò, allora", e magari ne parleremo, dopo.

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    Forse si sta creando una situazione strana. Qualcosa che resta perennemente in bilico tra il piacere e l'angoscia. Come se ti sentissi sicuro nel trovarti nel posto giusto e poi, subito dopo, in quello sbagliato. In bilico, perennemente. Tra un bacio che sa stamparti sorrisi ogni dove ed un brivido che ti fa tremare le sopracciglia. Visibilmente, sì, che quasi ti senti in colpa a mentirgli in questo modo, anche se si tratta di una menzogna a fin di bene, una di quelle che sicuramente poi porteranno ad altri sorrisi, a gioie più durature. E le guance si infiammano ulteriormente quando lui te le sfiora. Quasi che la pelle possa andare in fiamme davvero e che bastasse un suo dito ad accenderle. Lui è la miccia, lo è dal primo giorno che ci hai messo gli occhi sopra, che ti sei detto di volerlo conoscere, di volerlo vicino a te. Prima per puro egoismo, certo, poi per un crescente desiderio di conoscerlo, di comprendere più a fondo cosa celasse quel suo bel viso.
    Ma non ti tradisci, non lo fai nemmeno al suo sospiro, né quando lui incalza e ti ricorda dov'è che sarà seduto. Perché verrà, ha detto di sì e questo sa farti mancare un ulteriore battito. Uno di quelli che non recuperi, non puoi farlo d'altronde, non quando lui ti bacia con quella delicatezza che sa tanto di intimità. Che ti fa sentire parte di qualcosa. L'amore di qualcuno.
    E deglutisci. Lo fai su quelle labbra. Lo fai spingendoti indietro, verso il tavolo che ormai ti è entrato nei lombi. Che ti toglie lui, insieme a tutto il resto, il fiato di cui hai bisogno.
    ''Non lo so.''
    Sibili in altri sorrisi, alternandoli a baci che non riesci a negare. Non saprai farlo mai, nemmeno quando sentirai di poterne soffrire. Nemmeno quando ti ritroverai a sanguinare per lui.
    ''Magari puoi dirmelo tu cosa sei.''
    L'ultimo bacio glielo dai tu, che non puoi restare qui per sempre, non quando inizi a sentire la paura di ciò che potresti dire salire in gola tanto da fermartela. Tanto da disidratarti.
    ''Ma non ora...''
    Che vuoi promettergli di rivederlo. Che lo ritroverai, certo. E non per puro caso, non più. Ma lo baci, di nuovo, all'angolo della bocca, lasciando scivolare la mano sinistra lungo la Bibbia di Grace. Non vuoi andare via, ma hai paura di dirgli che ti piace e rovinare ogni cosa.
    ''Quando mi racconterai dello spettacolo.''
    Smetti di sorridere adesso. O almeno, nascondi i denti pallidi alla sua vista. Che ti scosti piano e farlo, ti fa davvero strano.
    ''Grazie per questa, Grace non smetterà di fare lo stronzo, ma almeno sarà contento per qualcosa.''

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    E va bene, se vuoi andare via adesso. Va bene se posso ancora respirare un po' di quel profumo che lasci, di quella polvere da sparo che sente solo Yaacov, ma che per me ha tutt'altro senso. Va bene se ti lascio andare, se ti libero da una presa che non ho diritto di trattenere per primo. E non che sia facile, oh, Oswald, niente è mai facile per me. Neanche vederti e rimanere fermo così, a chiedermi perché nel potere del mio Dio non ci sia quello di fermare il tempo. Che mi basterebbe poco, ma quanto ci farei in quel tempo.
    Sei una bella parentesi, Oswald, forse la migliore che mi sia mai capitata in questi ultimi.. mesi.
    Continuo a credere che sia ironico, che un angelo cammini nel teatro del Paradiso, ma va bene anche questo, penso che non ci sia niente di sbagliato nel vedere come alcuni tasselli non li comandiamo noi. Non più.
    E perdonami, Oswald, se non posso dirti chi sono, se resto piano a ristabilire un sorriso che somiglia in parte al primo che mi hai visto. Non ti avrei risposto, non davvero, che se non mi avessi fermato forse sarebbe calato piano il silenzio. Avrei cercato di riempirlo in altri modi, sicuramente, m questo perché di me non puoi sapere ciò che vuoi. Seppur il mio desiderio esista, preme lungo ogni vena, fa tremare le labbra in un ultimo bacio.
    Lo riconosco, il sapore che ha. Riconosco che non ci posso più ricamare niente sopra, che conviene io taccia finché non te ne andrai, ed allora potrò - a fatica - riprendere a respirare trai fiori, affondare le mani nella terra e lì farmi medicare ogni ferita. Io non sono.
    Ma esisto, in quel bacio all'angolo delle labbra, che solleva le mie e mi chiude gli occhi per un secondo. Ti tengo fermo qui, giusto un attimo, che la mia mano ti scivola via dal collo, proprio il tempo di un saluto. "Arrivederci, allora" mi piace usarti le stesse parole che mi hai rivolto, quella sera di qualche giorno fa. Mi piace quando ti lascio andare, mi faccio indietro di un paio di passi e chino appena il capo. Che ridarti la Bibbia di Moore è il minimo che potessi fare, rientra in quei compiti che mi tengono impegnato, cosicché non siano solo i miei demoni a divorarmi pezzo per pezzo. E nessuno di questi è vivo, sono tutti sopiti, calmi nella mia testa, pronti ad aggredirmi solo quando non sarai più in vista. Ma tu, non tornare qui.

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