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Caleb & Oswald | Place de Grève - 27 Aprile

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    Oh Caleb. Questa ha fatto più male, eh? Lo vedo dal modo in cui i tuoi occhi si riempiono ogni secondo. Che non ti bastava aver rotto con Grace, no. Non bastava sentirlo dall'altra parte del van, del tuo parcheggio. Vederlo rincasare tardissimo e stare fuori, premuto sul tetto, in silenzio perché non si accorgesse che eri sveglio. E tu lo sai quando torna, perché Jupiter si alza, ed anche se sono notti che non vuoi dormire solo, sono notti che Oswald ti fa la grazia di starti accanto, poi ti svegli sempre quando Grace torna. Solo per dirti che se ti sforzi puoi sentire le sue ossa scricchiolare, il suo corpo abbandonarsi al materasso. E quando hai l'ardire di dormire un paio di ore, ti svegli che già non c'è più, che Juppie piagnucola perché si è chiusa fuori e vuole rientrare. Oh, piccolo mio.
    E tu lo amavi Tyron, anche se era uno stronzo, se i suoi giochi con te li condivideva con immenso sforzo, anche se poi ti divertivi con quelli di Juno. Ma lui era il tuo piccolo faro, una guida anche se non lo ascoltavi mai e finivi per fare di testa tua e, dopo mamma e papà, nessun altro doveva morire.
    Ma non scegli tu come va il destino, e dopo aver scosso il Circo con un solo, straziante urlo di dolore, sei crollato. A terra, in ginocchio. Hai rotto lo schermo del telefono nello stesso istante in cui ti si è rotto il cuore, e forse quello che ti fa più male, è che sei solo. Non c'è Grace a correrti incontro, a tenerti stretto e dirti che è solo un brutto sogno, anche questo. Che non è vero che non ti ama più, era solo arrabbiato o confuso ma ti ha perdonato. O quanto lo vorresti anche adesso, senti che hai perso, ancora.
    Hai ferito Oswald, quando ha provato ad entrare, e non lo sai, gli hai storto il polso e l'hai fatto in quell'onda che ha esteso la corruzione, ti ha reso irraggiungibile. Che, in fondo, se non puoi avere neanche l'amore adesso, e neanche più un fratello: tanto vale non avere più niente e nessuno. E vorresti, Dio, vorresti alzarti anche dopo il passaggio di Papà, a cui hai parlato. Ma non ci riesci. Sei fermo, in ginocchio, con un braccio aggrappato malamente alla cucina, ed il resto del corpo così rannicchiato che neanche ti si vede. Ti si può solo sentire, singhiozzare ininterrottamente. Che hai perso Tyron, e come Venus ed Oliver, non tornerà indietro neanche lui. Ma poi, Grace te l'aveva detto, no? Che farai la loro stessa fine. Adesso ti fa paura vedere come avesse ragione, mh?
    E quando Papà va via, sei così svuotato che contieni solo questo: dolore. Non vedi altro, né colori, né niente. E' tutto tremendamente nero, tremendamente enorme, grande, ti sovrasta e vince sulle tue forze. Adesso ti manca il fiato.
    Che chiameresti Grace se ne avessi la forza, e non avessi paura che ti rispondesse per pietà, almeno da quella salvati Caleb, almeno da quella. Che tiri le ginocchia in petto, e non hai neppure la forza di cullarti da solo, non ci riesci. Sei senza voce, il tuo pianto è una cascata che non accenna a frenarsi, a darsi una calmata.
    Il tuo Ty ty è morto. E tu non c'eri.
    Non tornerà lui, non tornerà Grace, non tornerà mai più nessuno per te.
    "Tyron..." lo chiami, ma non ti può rispondere, neanche se lo preghi, se sussurri, se ti convinci che è solo un incubo da cui presto ti sveglierai. "Ty..." e tremi quando piangi, tremi quando parli, tremi che non emetti un fiato. Hai freddo, hai così freddo da morire. "Ti prego non lasciarmi anche tu.. ti prego.. ti.. pre-...." Oh, Caleb differenza fa se lo sussurri al mobile della cucina? Quasi che abbracciandola tu lo sentissi, tuo fratello. "Ti prego.."
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    Edited by nocturnæ - 29/4/2022, 09:04
     
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    Lo so che non sei cattivo, Caleb. Che se il polso mi fa male non è per colpa tua. Non devi preoccuparti, dico davvero, anche se poi non ho modo di dirtelo subito ma solo di pensarlo. Che ti conosco quanto basta per credere che, rivedendomi, finirai per sentirti in colpa. Anche se non sono questi i sentimenti che dovrebbero pervaderti. Anche se nessuno, adesso, avrebbe il diritto di accusarti di niente. Io non posso capire davvero, perché Leroy è ancora qui, è ancora con me. Ma posso immaginare com'è che ci si senta. Quanto male faccia perdere qualcuno che si conosce, qualcuno che si ama così. Ed è una sofferenza strana la mia, magari figlia di un egoismo che sto iniziando a comprendere ora. Perché saperti in questo stato mi fa sentire come se ti avessi perso. Come se non fossi a conoscenza di abbastanza modi per salvarti. Per resuscitare i morti, per fermare maledizioni, per vederti finalmente sorridere. Di nuovo, come agli inizi. Come prima delle trasformazioni ricorrenti di Grace, della vostra separazione, della morte di tuo fratello.
    Per questo gli ho scritto un messaggio seppur senza il tuo permesso. Che per quanto io ci tenga a te, comunque, non è mio il compito di stringerti. Di farti star bene. Allora gli ho detto di sbrigarsi. Di correre qui perché tuo fratello è morto. Perché nessuno di noi è riuscito a difendervi a dovere.
    Ma tu sei vivo, sì. Tu sei ancora qui e questo forse è un bene. Il piccolo miracolo di una giornata di merda. Dimenticabile, se fosse facile farlo.
    Aspetto che Papà ti lasci solo per risalire le scale che portano a te. Che in questi giorni ho dormito così tanto in questa roulotte da sentirla quasi parte della mia vita. Casa mia o comunque un piccolo lembo di terra conosciuta.
    ''Ehi.''
    Non mi annuncio. Non credo o almeno spero, che serva. Lo dico che sono già con un piede dentro. La mano ferma sulla maniglia. Porto la porta con me. Che possiamo restare al buio se vuoi. Io non ho problemi: Ti ritroverei comunque. Seguire la scia del tuo profumo. Seguirei i tuoi singhiozzi.
    ''Mi dispiace tanto.''
    Ma che serve dirlo? Il dispiacere non cambia le cose e questo io l'ho compreso bene. Forse è la prima cosa che mi hanno insegnato da che sono arrivato qui. Muovo un passo in avanti, mi faccio largo laddove forse sarebbe meglio fermarsi. Che se ti toccassi, non so, finiresti per spedirmi via di nuovo. Ma io voglio farlo. Voglio lasciarti capire che ci sono nonostante le parole. Che sono qui, tangibile. Che se volessi abbracciarmi puoi farlo. Anche se volessi picchiarmi. Insomma.

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    Edited by ( : - 28/4/2022, 22:29
     
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    "Tyron.. ti prego..!" che ringhi a quel pianto che non si ferma, lo fai stringendo le mani al petto, lo fai piegati su te stesso, anche anche l'altra scivola via e le tue dita non tengono più in mano nulla. Non afferri niente, perché tutto ciò che vorresti non c'è più. E se ne è andato, non puoi neanche dirti che è solo lontano, che ti manca ma che smetterà di farlo quando lo rivedrai. Eppure un secondo i pausa ce l'hai se la pensi così, se ti immagini tornare a casa e.. magari vederlo in quel letto, che era dei tuoi genitori, un po' malconcio ma in piedi, pronto ancora a dirti che non serve riempirsi il musino di trucco per essere qualcuno. Per farsi vedere, per avere una voce. Tyron te le diceva sempre queste cose, e adesso.. adesso la sua voce si spegnerà come ha fatto quella di mamma. E tu, oh tu hai così tanta paura di dimenticarlo, da perdere il fiato in questo pianto.
    Ti pieghi al punto che quando entra Oswald, lentamente, tu hai la fronte stretta contro il tappeto, quella mezza moquette che riveste a tratti casa tua. E non ti senti a casa, non ti senti niente. Sei una boa senza alcuna ancora, e vaghi in un mare in tempesta.
    Grace non c'è, Grace non ci sarà, e tu solo lui vorresti vedere entrare. Che sei un cucciolo ingrato, dopo aver quasi spezzato il polso ad Os, sembra che neanche tu lo voglia qui.
    Ma non è vero neanche questo, perché il musino verso di lui lo alzi. E i tuoi occhi... oh, i tuoi occhi Caleb, sono talmente arrossati che non so come tu faccia a vederlo. Sei una creatura persa, ora, con un collare al collo stretto a catena. Non hai modo di muoverti perché nessuno può più liberarti dal dolore che ti incatena al suolo.
    Ma Oswald invece lo vuoi, lo vuoi adesso, vicino, a respirarti contro, a tenerti al caldo, che lui è il fuoco mentre a te l'acqua si è gelata nelle vene. Tremi, Caleb, quando lo afferri malamente, lo costringi in ginocchio da te, solo perché - senza neppure scusarti se gli stai facendo male anche adesso - hai bisogno di stringerti a lui. Hai bisogno di spingere il viso, bagnato, lungo il suo collo e nasconderti li, in singhiozzi che non plachi. Non lo sai come si smetta di piangere adesso, per tutto. Per l'amore che hai perso, che sia di Grace, che ami da sentirti male ogni giorno ed ogni notte, o Tyron che era un frammento enorme del tuo cuore, che te l'hanno ucciso e potrebbero farlo anche con Juno e tu allora come faresti a sopravvivere? Tu non vuoi stare da solo, è la tua più grande paura. E Grace lo sa, e Grace non c'è, e allora una mano, tremante, raggiunge il colletto di Oswald. stringi lì dita lì, come a chiedergli di spegnere il tuo dolore in qualche modo, uno qualunque. Anfetamine, alcool, erba, una botta in testa. Qualunque cosa saprebbe andarti bene. "Non...-" biascichi, tra altro pianto ed altri singhiozzi. "-non.. finirà mai.. non finirà mai.." questo dolore, Caleb?
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    Edited by nocturnæ - 29/4/2022, 09:05
     
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    Non è un mistero il motivo per il quale ora Caleb finisce per stringerti così forte. Non lo è per nessuno: Non per Froy che non ha espresso alcun parere a riguardo, né per Leroy, che ti ha solo lanciato un'occhiata di rimprovero. Che poi non sa davvero di punizione, quanto di raccomandazione a muoverti piano. Ad andarci cauto per non ferire nessuno e soprattutto, per non ferire te stesso. Ma nessuno ha ben capito, se non Grace che per questo non ti parla più, come Caleb sappia esser per te una calamita. Ti attrae e lo fa giocando con un dolore che non sa esserti indifferente. E questo non perché tu sia bravo ad empatizzarlo, quanto perché è nella tua indole auspicare il benessere altrui. E chi è amico tuo non merita di soffrire, non quando tu potresti prenderti cura di loro a prescindere da tutto. Allora assecondi le volontà di Caleb. Ti pieghi se lui ti chiede di piegarti, tanto da toccare terra con le ginocchia e poi con tutto il resto. Lo assecondi che sembrate quasi danzare al suolo. Insieme, saldamente stabili. Che tu non lo lasci andare. No. Affatto. Per nulla al mondo. Non lo lasceresti nemmeno se iniziasse a piangerti addosso. E lo fa. Lo fa che già lo stringi. Lo tieni forte a te che il polso nemmeno lo senti più. Non ti interessa, non quando il cuore ha deciso di battere ad un ritmo tutto suo.
    ''Shh.''
    E lo culli per quel che riesci. Lo culli con le labbra a premergli contro la fronte, in una spinta che ti indolenzisce le gambe. Che non lo sai com'è che siete incastrati. Ma non importa.
    ''Sono qui, Kelly. Siamo qui.''
    E ti riferisci a tutti gli altri, non a Grace che ancora non ti ha risposto. Che ancora non ha visualizzato il messaggio.
    ''Sfogati con me. Ok!?''
    Che un singhiozzo, anche se il primo, non riesci a trattenerlo.
    ''Prendimi a pugni, mordi me.''
    Che non deve chiudersi in se stesso. Non deve farlo, per nulla al mondo. Cosa che se dovesse ferirti lo accetti. Accetteresti ogni cosa pur di rivederlo sorridere.

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    Sembra, Caleb, che il tuo cuore così grande sia destinato solo alla sofferenza. Come se vi fosse qualcuno, in un sottoscala, con una tua bambola, pronto a conficcarvi nel petto uno spillo. Uno per la speranza di avere trovato l'amore della vita. Uno per la perdita di Venus ed Oliver. Un altro, più sottile, che si rigira costantemente, per la maledizione che ti scava le ossa. Che se prima quasi non mangiavi, adesso il tuo stomaco è premuto contro le pareti, non lo senti, non si muove: non esiste.
    Un po' come non vorresti esistere tu, che fai di tutto adesso per nascondere i singhiozzi su Oswald, lì dove il suo profumo un po' ti calma, ma solo perché sei svuotato. Non hai capito cosa ti abbia fatto, ma quando Papà ti ha toccato, qualcosa ha iniziato ad espandersi più dolcemente nelle tue vene. E non sai se sia quello, una reazione chimica, una nuova droga, o la presenza di qualcuno, ad abbassare il ritmo del tuo petto. Però contro il tuo amico, il mangiafuoco carino che ti ha preso così bene quella volta, colui la cui mano lungo la schiena ti da sempre un brivido, ecco contro lui si che ti stringi.
    Lo fai senza vergogna, senza pudore, senza nessuno fine meschino. Lo fai perché gli vuoi bene e pare che lui sia uno dei pochi rimasti che ne vuole a te. O che, almeno, ci tiene abbastanza da restare. E tu, imbronciato e deluso da una vita di dolore e basta, tu che avevi giurato che niente ti avrebbe abbattuto, ora sei inguardabile. Sei uno straccione ricurvo su se stesso ed in Oswald ti nascondi, lo fai ascoltando quelle parole che continuano a non avere un senso. Che vuoi solo chiedergli se Grace è tornato, se lo sa.. se qualcuno gliel'ha detto che adesso sei ancora più patetico di prima. E preghi che non l'abbiano fatto, e preghi che l'abbiano fatto tutti. Uno ad uno, pronti a ricordargli cosa sta dimenticando a casa.
    Ecco, si, ti senti dimenticato, Caleb. Perfino dall'amore di Tyron, che hai nutrito come fosse una piantina nel tuo orticello d'amore. Ora c'è passato un orco, ci ha messo un piede sopra e temi che nulla sappia più rinascervi dentro.
    E non vuoi mordere Oswald, non vuoi fargli male, anche se gliene hai fatto ma ancora non lo sai. E di cosa dovresti sfogarti? Di come il dolore sia ineluttabile? Non è patetico, Caleb? Che quando ti chiama Kelly, tu hai un singhiozzo di troppo, quando ti stringe, tu ti rannicchi di più. Che le tue labbra battono il ritmo del dolore lungo il collo, il suo. "Io... io li sto perdendo tutti.. Oz.. non.. non mi resta più nessuno.." e non è vero, ora esageri, però.. beh. Mamma, Papà.. andati. Grace l'hai perso a causa tua, e qualunque cosa accada, finirai per perderlo lo stesso. Tyron, assassinato. Rialzi il muso, piano. Ti si vedono gli zigomi arrossati, ma non guardi Oswald direttamente negli occhi, ti vergogni di come sei. "Mi lasceranno tutti..."
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    Siete un incastro che nel suo essere sconclusionato rasenta quasi la perfezione. Come se ciò fosse dovuto semplicemente dal vostro essere affini, vicini quanto basta per comprendervi. O per spingere te a comprendere lui, ad entrarci in empatia quanto basta per conoscerlo in ogni sua sfumatura. In ogni sua lacrima.
    E lo siete, perfetti dico, tanto che la presa su di lui non la molli. Che non importa con cosa lo stai stringendo: Ti basta sentirlo respirare contro il tuo petto. Cuore a cuore, come se fosse possibile proprio in questo modo condividere il dolore. Togliergli un peso, fargli da bilancia, da Atlante.
    ''No...no.''
    Forse una mano continui a passargliela ancora sul viso. Delicata ma frenetica. Come se i suoi capelli fossero indomabili, un po' come lo sono le sue lacrime. E gliele baceresti via, se non fosse strano. Se non fosse decisamente questo ciò di cui ha bisogno adesso. Ma ciò che ti sta implicitamente chiedendo forse tu nemmeno puoi darglielo. Non quando niente è in tuo potere se non la consapevolezza di poter restar per secondi, minuti, ore o giorni così, immobile. Come una roccia contro la quale lui può infrangersi. Che è un mare in tempesta. Che è forte come uno tsunami. Poi il viso glielo prendi e lo fai per portartelo vicino. Fronte a fronte, come quando finisci per prendere Leroy di petto. Che vuoi che ti guardi durante il panico. Che ti guardi solo per sentirsi quanto possibile consapevole del fatto che tu, in primis, non lo lascerai mai.
    E non importa come Caleb non sappia essere tuo fratello: Tu non abbandonerai nemmeno lui. Non è nella tua indole, non lo sarà mai.
    ''Io non ti lascio.''
    Ed è inutile dirlo, lo ripeto, ma tu senti davvero di doverlo fare. Come se fosse confortante, come se il dolore cessasse di esistere alle tue parole. Così, puff, come se non ci fosse mai stato, come se tutto il tuo potenziale fosse nascosto nella capacità di promettere cose. E tu le promesse vuoi mantenerle tutte. Una ad una. Con tutto te stesso.


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    E tu vuoi credergli, Caleb! Tanto, tantissimo, al punto da dirti che anche se fosse una bugia, sarebbe la verità assoluta. Che Oswald almeno resterà. Che non è Grace, non è l'amore tuo immenso. Non è Tyron, che non troverai mai neanche quando chiuderai fortissimo le palpebre e pregherai di ritrovarlo dopo una lacrima o due. Non è Juno, che ti deve ancora stare distante e non sai per quanto, non sai come, non sai se tutto è ancora un gran casino fuori dal Circo.
    Che tu ci sei entrato perché ti sei sentito protetto, con tutti loro, dal primo minuto. Da quando Grace ti ha presentato a chi mancava, a chi aveva bisogno di un secondo giro di presentazioni dopo la voliera. E ti sei un po' fatto avanti anche nei loro cuori, lo capisci perché non ti vogliono lasciare solo. Neppure quando credi di meritarlo, quando sei così a terra che le ginocchia ancora non puoi muoverle, che le gambe lungo tremano se solo provi a tirarti su. Che preferisci restare in questo angolo, quasi buio, piuttosto che annegare in alcova e forse morirci lentamente. Di stenti, di fame, di dolore.
    E non lo vuoi, perché la voce di Oswald la senti, è.. è Ozzy, e Ozzy è un altro di quelli che ti vuole bene, che quando non reggi perché Grace non ti parla, perché non c'è, lo puoi vedere agli angoli delle tende. Come se almeno dirgli che ti è andato di merda l'ennesimo tentativo, fosse rassicurante, ti aiutasse a buttarlo fuori e non tenerlo dentro a forza, incatenato ad altri punti di dolore. Che tu dentro non ti tieni mai niente, non sai cosa voglia dire covare rancore, o sofferenza solo con la scusa di infliggertela ancora. E' che-.. è che adesso fa tutto troppo male per guardare oltre la spalla del tuo amico e cercare Grace. Fa male perché tanto lo sai meglio di chiunque altro, che non c'è. Non ci sarà più per te. Allora è con forza che ti aggrappi a chi esiste, chi ti respira vicino. Ti fai curare così, ti fai asciugare le lacrime. Speri che non lo faccia per un senso di colpa, che tu non gliene dai nessuna.
    Spingi il naso contro il suo, per quella che sembra una coccola. Perché resti un cucciolo Caleb, solo incredibilmente ferito, ma sempre un cucciolo stupido. Uno che magari non impara finché non si brucia. E neanche dopo, che ci riprova finché non fa troppo male. Allora ti ritiri, uggioli un po', ma dopo torni alla riscossa. Sei.. sei questo, tu, come tua madre amava tanto. Come Tyron a volte non sopportava. Sei.. sei tutto.
    E piangi, ancora, ma annuisci, lento. Respiri, o almeno ci provi a riempire i polmoni anche se singhiozzi, se va tutto a scatti, se dalle labbra le prime volte non esce niente, neanche un suono. E tu le apri, ma non parli.
    Sei proprio a due millimetri da lui, hai gli occhi chiusi, ti brucia anche la gola da quanta disperazione hai gridato fino a poco fa. "Mi-...mi dispiace.. ti.. ti fa male?" lo chiedi quando, pur non spostandoti, il suo polso lo sfiori, dolcemente. Perché tu lo sai cosa hai fatto, lo sai benissimo. Anche se dagli occhi piangi ancora per altro. "S-scusa"
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    Il polso slogato non è un problema e lo sai bene. Non lo è affatto, non perché non ti faccia un po' male - che magari, se ci pensi qualcosa sì, la senti ancora - ma perché non è questo a ciò che pensi ora. Non quando assecondi Caleb e lo fai portandolo vicino quanto basta per dargli un po' del tuo fiato. Un respiro che a te costa meno mentre a lui, lui deve essersi dimenticato di com'è che si faccia. E gli massaggeresti il petto se non fosse stupido. Gliela stimoleresti tu la vita se fosse possibile. Che gliela stringeresti tra le mani. Ti prenderesti cura di lei. Di ogni sua sfaccettatura, ogni suo dettaglio. Perché è preziosa e non vuoi che nulla di lei si spezzi. Non la forza che la smuove. Non i sentimenti che la animano. Perché Caleb è questo: Un groviglio di emozioni meravigliose. Emozioni in cui ti nascondi, coraggioso. Quando tenendolo vicino. Chiudi gli occhi per sentir meglio la punta del naso contro la tua.
    ''No...no stai tranquillo.''
    E comunque non gli diresti mai di sì. Non ti lamenteresti mai di quello che è solo un pulsare su per il polso e fino l'avambraccio. Che non è da te lamentarti, non per dolori del genere, né per quelli dell'anima, a volte.
    ''Respira con me, dai.''
    Che una mano gliela porti sulla schiena. Lo massaggi da lì. Lo consoli così, in movimenti circolari della mano. Piano, pianissimo, che vuoi che i suoi singhiozzi vadano a sincronizzarsi con quello. A calmarsi così, così come tu lo cerchi delicatamente e ridisegni lungo i suoi vestiti quelli che fingi essere dei simboli di protezione. Iconografie che fingi solo vostre. Roba che giusto Caleb potrebbe tradurre, non Leroy, non Froy che bene o male ti conosce. Solo Caleb.
    ''Lo so che non è facile. Ma siamo qui per te. Ok?''
    Uno strusciar di viso che ti porta a lasciargli un bacio sulla fronte, così come si fa coi bambini quando li si culla. Come immagini debbano aver fatto anche con te quando eri piccolo ed in orfanotrofio non dormivi. Qualcuno deve averti baciato la fronte. Deve averti tenuto saldamente la mano nella propria.
    ''Non sei solo...ok? Non lo sarai mai.''
    Occhi ancora chiusi.
    ''Te lo prometto.''

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    Sai, Caleb, forse neanche ti ricordi come si respira. Che è da una settimana esatta che non lo fai. E sai, in cuor tuo, che ognuno dei prossimi giorni sarà terribile, uno di quelli per cui non vorresti essere in grado di esistere, anche solo per passare loro attraverso. E certo non indenne. Perché la luce di Tyron si è spenta e tu non sai pensare a niente altro che non sia la canzone dei Linkin Park. Perché sei stupido, eppure è la sola melodia che ti esce trai singhiozzi, anche se non ha senso. Perché a te importa di ognuna delle tue luci. Che vorresti solo tenerli al sicuro in un barattolino, come fossero lucciole, come quelle che - ti ricordi?- si erano posate su Grace quella volta. Oh, quanto eravate felici. Che più ci pensi, ad occhi chiusi, più speri che, riaprendoli, ci troverai il tuo ragazzo così stretto a te. Respiro a respiro, naso a naso. Con una mano che ti disegna segnali di calma lungo la schiena e l'altra che gli accarezza il collo.
    Ma è Oswald, e tu lo vedi quando lo trovi, in fondo, il coraggio di fare come dice, di affidarti ciecamente a lui. E non perché tu non abbia altre guide, ma perché sei piccolo, Caleb e tendi tremendamente a fidarti del prossimo. Soprattutto se uno come lui, che sembra puro, gentile, sicuro. Magari spaventato perché - come te - non sa bene cosa fare. E tu non sei neanche uno facile da gestire, Kelly. Neanche se ti faresti chiamare così per la vita, ed ancora, ancora, ancora.
    E lui sa che non è facile, e tu neanche riesci a parlare per dirglielo, neanche ti viene in mente qualcosa per dirgli che ha ragione: ma tanto si vede, Caleb, ti si legge in muso che non è facile niente per te. Che la paura, il terrore, di perderli anche se ti promettono di restare, è ormai alle stelle. Che vuoi credergli con forza, perché restano parole a cui fissarti. E tu alle parole dai estrema importanza, tanto che quelle di Grace ti sanno ferire ogni volta, che quando vuole, quando si sente nel torto ed attacca, lo fa nei punti giusti. E tu resti, come uno scoglio, a farti dilaniare dalle onde, nella speranza che il mare torni calmo per abbracciarti. "Who cares if one more-..." balbetti, piano, anche se ci provi a respirare con lui, anche se alle sue labbra ti avvicini. Perché sei stupido, perché non vuoi usarlo come se fosse Grace, tu lo baceresti con affetto proprio perché è Oswald. E lo vedi, anche se nei tuoi occhi ci sono solo preghiere. Lo vedi quando il cuore ormai non ti batte più, ma tu lo ringrazi, tu devi, e non sai in che altro modo. Non sai perché ti scatti l'idea stupida nel cervello che non è niente di male, che non fai male a nessuno se allora le labbra le posi sulle sue, pianissimo. "-light goes out.." glielo sussurri, sopra, lento. Anche se quello diventa un bacio adesso, non d'amore, di disperazione, di rabbia, di un dolore pure e semplice. Di scuse, per quanto gli hai fatto. Nasce e muore lì.
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    Non lo sai tu come in realtà Oswald si sia opposto a quel bacio. Che nel sentire le labbra di Caleb sulle sue ha sorriso. Lo ha stretto di più a sé, ma non ha osato far altro che chiudere le labbra e restar li, immobile, a respirargli sul naso e nient'altro. Che più in la, Oswald, non si spinge mai, soprattutto non quando sa bene che determinate situazioni non richiedono questo tipo di reazione.
    Ed aveva il cuore in petto, il tuo amico. Lo aveva che tu nel vederli stretti così un po' ti sembra di percepire il tuo esplodere. Che sei arrivato quanto prima, nel minor tempo possibile. Che per strada qualche lacrima l'hai cacciata fuori anche tu, tanto che quando sali i gradini della roulotte quasi di corsa, rischi persino di inciampare. E non sei bello da vedere adesso, non quando si percepisce dall'espressione che hai in volto che sei stanco, stanchissimo. Che la notte appena passata non è stata bella ma che questo non puoi dirlo a Caleb. Non ora che la sua si è tramutata in un vero e proprio incubo.
    Ma ti fermi. Lo fai istintivamente. Che vederli stretti così comunque non ti fa sentire bene, al sicuro, al posto giusto nel momento giusto. Tanto che sì, Oswald ti ha scritto di correre da Caleb ma dubiti, dubiti davvero adesso che Caleb ti voglia lì con lui. Che ha giustamente trovato un ripiego più valido. Qualcuno che a differenza tua un cuore lo ha davvero o comunque, lo sa usare come si confà a chi è una brava persona. Cosa che, insomma, tu credi di non essere da un bel po'.
    E lui si scosta. Lo fa appena ti sente arrivare come un ladro che è stato colto in flagrante. E tu vorresti chiederti da quant'è che è lì a baciare il tuo ragazzo. Vorresti ma no, non lo fai. Che in questo momento, quando il volto rosso di Caleb entra nel tuo campo visivo, capisci di non poter dire o fare nulla per salvare la situazione. Certe cose, ti ripeti, non si salvano a priori. Così va la vita. Va male come te.
    ''Grace...''
    E lo vedi come si tira su. Come ti sembri goffo, uno stupido codardo. Lo vedi come tu osi un passo in avanti, che no, non vuoi uscire. Non vuoi lasciargli alcun momento di intimità. E non lo guardi. Tu, all'inizio, Oswald non lo guardi nemmeno. La tua attenzione è completamente ferma sul corpo rannicchiato del tuo ragazzo.
    ''Mi dispiace, Piccolo...''
    Ed il tuo è un respiro che fischia tra gli incisivi. Un sussurro che è leggero come il vento che c'è fuori. Che lo senti giusto quando sbatte forte contro le finestre.
    Ed adesso lo guardi. Passi da Caleb ad Oswald. E lo fai che il tuo sguardo non è clemente. Non è nulla se non screziato da sfumature di levigata tristezza.
    ''Posso venire laggiù con te?''
    Ma lo dici che ancora guardi Oswald. Lo dici che lo stai silenziosamente pregando di alzare i tacchi ed andarsene.

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    Baci Oswald, Caleb. Lo fai con quel muoversi di labbra tremanti, umide, lo fai baciandogli il sorriso in un moto che è tanto patetico quanto disperato. Che hai bisogno di affetto, di cure, di qualcuno che ti ricordi che devi mangiare pur se non ne hai voglia, se si e no fai un pasto da quando hai perso Grace. Ed ora, forse, ti limiterai a quello che gli spettacoli hanno da offrire. Se riuscirai ad annullare la tua anima, soffrirai di meno? Lo senti, però, che il tuo amico è gentile, è molto più saggio di te, ti riguarda e non ricambia. Ma neanche ti manda via di scatto, neanche ti respinge, aspetta solo che tu finisca di renderti ridicolo. Di cantare canzoni deprimenti e .. Grace?
    Non ti accorgi dello spostamento d'aria, non ti accorgi che non è uno dei tuoi sogni, quelli in cui ti chiama ancora "Piccolo". Che tu, al primo risentirlo, già trattieni un singhiozzo, già ti fai piccolo nel tuo angolo. Anche se gli occhi non li alzi. Annuisci solo, piano, che se vuol scendere qui, allora può farlo. Magari ti vuole stare vicino, magari adesso le cose andranno meglio, anche se non ci credi. No, ti dici che è qui perché l'hanno chiamato, altrimenti non l'avrebbe mai saputo. Ti dici che è qui perché ci passeranno tutti a farti le condoglianze che non vuoi, che non saprai mai prendere bene. Non è qui per te, è qui perché si fa così.
    Però ci speri, anche se tremi.
    "A-avevi ragione." lo tiri fuori dallo sterno, che è una lama di filo spinato. E più spingi per estrarlo dalla gola, e più brucia. Più esplode in un dolore che ti rende impossibile parlare, spiegarti. Ma Grace non può dimenticare quello che ti ha detto, come non sai farlo tu. Che invece piangi, di nuovo, nel rannicchiarti contro te stesso e chiuderti lentamente, premendoti contro quel mobile. E gli parli, si, al tuo ex ragazzo, ma lo fai senza guardarlo, che non vuoi veda come sei preso, quanto male faccia anche solo sentirlo entrare. Sentirlo magari avere compassione per te, quando per una settimana sei stato il suo mostro. Qualcuno indegno di essere salutato. Questa cosa è cambiata ora che Tyron è morto? "Io.. mo-morirò...come.. come è morto lui.. come moriranno lo-loro.." ti trema anche lo stomaco mentre lo dici, mentre senti la nausea, ancora. Mentre gli occhi si riempiono di lacrime che scivolano rigandoti il volto in solchi già visti, già esplorati. Tyron è morto e con lui una parte di te che si tiene in piedi a fatica, e questo brucia gli occhi, la gola, il cuore. Manda ogni cosa in fiamme, ma sono così veloci ad ardere che, tu, ti senti cenere. Hanno reso cenere anche lui, che non hai neanche un corpo da piangere. E piangi, così tanto adesso che neanche li freni i singhiozzi, neanche lo sai cosa faranno loro due e chiunque altro li fuori. Non ti importa niente, solo del tuo dolore, solo che vorresti ti lasciassero a piangere per sempre. E tu ne saresti in grado.
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    Oswald esce dalla roulotte che tu non smetti di guardarlo. Lo fa che lo sguardo su Caleb nemmeno lo posa più. Neanche per un istante, un po' come se stesse cercando di portarvi rispetto o come se, nel farlo potesse cancellare ciò che credi di aver visto benissimo. Che non sai cancellare l'immagine delle loro strette, delle sue labbra su quelle di Caleb, ma fingi di esserne capace. Di essere bravissimo, forte, tanto che nel sentire la porta chiudersi alle tue spalle scivoli in ginocchio e lo fai tanto quanto basta per finire laggiù dov'è nascosto il tuo Piccolo. Che non sfiori, non ci riesci. Non lo fai nemmeno quando ti parla e nelle sue parole riscopri l'accusa, la delusione. Allora non dici nulla e seppur una lacrima sfugge anche a te l'unica cosa che sai fare è scivolare al suo fianco, sdraiarti sulla schiena e volgere una mano in sua direzione. Che se vuole può stringerla, certo, ma no sarai tu a fare la prima mossa, non quando, a quanto pare, sei diventato bravo persino a prevedere il futuro. Fissi il soffitto sora le vostre teste e resti in silenzio. Un religiosissimo silenzio, laddove preghi il dio di tua nonna di prendersi cura di suo fratello, se ne è capace.
    ''...io non avevo ragione.''
    Sibili piano, questa volta lasciando scorrere il mignolo e l'anulare lungo il pavimento. Magari va bene, se non ci pensi troppo, lasciar che sia tu a legarti a lui. Dita a dita. Che se decidesse di intrecciarle alle tue allora saresti felice. Che se sapesse perdonarti, adesso, per una crudeltà che credi avvenuta proprio per causa tua, allora staresti decisamente meglio.
    ''Non la ho mai...''
    Nemmeno sulla sua scelta lì al circo. Nemmeno su tutto il resto. Che tu sei solo fumo e nulla più. Una fiamma che arde velocemente ma che con la stessa velocità si spegne. Solo puzza di bruciato.
    ''Capisci, no?''
    Che forse è il modo che hai per chiedergli di perdonarti senza chiederglielo affatto. Che non ne hai il coraggio né la forza, forse, di accettare quello che ti suona essere inaccettabile. Che per lui sogni, sin da sempre un altro futuro. Futuro che, purtroppo non avrete mai.

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    Hai capito, Caleb? Lo senti che Grace ti parla, anche se lo fa sopra i tuoi singhiozzi. Sopra il tuo pianto, sopra il modo disperato a cui ti aggrappi ora ai ricordi. Che non te lo chiedo nemmeno cosa vedresti se li aprissi. Di certo non Grace, non Oswald, non la roulotte. Probabilmente quella volta, in cucina, quando gli hai detto che saresti andato via qualche mese. O l'altra, quando sei tornato a casa e lui già non c'era. E ti è sembrato come di perdere l'occasione per dirgli che gli volevi bene. Che tu glielo hai sempre detto, no? Perché sei questo, tu. Sei un amore che arde per tutti coloro che si guadagnano un posto nel tuo cuore. Ed i tuoi fratelli ce l'hanno di diritto. Tanto che quando ci pensi, anche ora, non fai che morire di più, che scivolare più a fondo. Che è l'istinto a dirti di restare immobile se lui si muove. Oh, hai rovinato così tante cose della tua vita, piccolino, che non vuoi farlo anche adesso. Anche quando ti sembra fuori luogo, diverso, strano. Come se anche la normalità non avesse senso. Non se Tyron è davvero morto. Se lo hanno bruciato e di lui non ti è rimasto niente, neanche ossa da piangere. Neanche il suo viso da guardare di nuovo, che hai tanto il terrore di immaginare la sua figura svanire dalle fotografie mentali che hai. E ti vergogni, che ci siano solo quelle tue e di Grace a tappezzare la roulotte, oltre quella che avevate fatto da bambini.
    Vorrei che non piangessi così tanto mentre qualcuno ti parla, anche mentre ti chiede scusa a modo suo, come può farlo solo Grace: perché adesso non sai più niente, non hai una certezza che sia una e ti fa così paura l'idea di aggrapparti al suo dito, che all'inizio non lo fai. Lo senti, lo vedi, anche riaprendo gli occhi sul serio, ma non ti resta nessuna immagine che super la coltre di lacrime, il musino arrossato che ti ritrovi. Che, piano, in quel buio, ti volti solo verso quello che è stato il tuo ragazzo, un po' l'amore della tua vita, e non sai neanche parlargli, non ci riesci, non ti esce niente che non sia strozzato in partenza. Fissi solo gli occhietti lucidi nei suoi, ed allora ripartono le lacrime, che ti deformano il viso, che tu non volevi che tuo fratello morisse, non così.. no, proprio mai e basta. Tutti quelli che ami devono essere immortali. E invece guardi Grace consapevole di averlo perso, e questo ti spezza il cuore di nuovo, che non sai chiedergli scusa, non quando tutto ti sovrasta, ti schiaccia che non sai alzarti. Spingi solo, piano, la fronte contro le sue tempie, chiudi fortissimo gli occhi e preghi che non vada via, che stia lì anche quando tu riprendi a piangere. Più forte, più disperato, più a lungo. E tremi, oh quanto tremi Caleb. Che avresti sonno, fame, freddo. Tutto, ma non importa niente se queste cose, Tyron, non le può più sentire. Ti fa solo male, da morire.
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